Cos'è la Corte
La Corte costituzionale italiana
Come è nata la Corte
Quando l'Assemblea costituente si accinse ad elaborare il testo della Costituzione della Repubblica italiana
(approvato poi il 22 dicembre 1947, promulgato dal Capo dello Stato il 27 dicembre ed entrato in vigore il 1°
gennaio 1948), fece una scelta di fondo: attribuire alla nuova Costituzione una forza "superlegislativa", così che
le leggi "ordinarie" non potessero modificarla né derogare ad essa (per far ciò è necessario seguire uno speciale
procedimento più complesso, previsto dall'articolo 138 della stessa Costituzione): così da attribuire ai diritti e
doveri sanciti dalla Costituzione e alle altre regole che assicurano l'equilibrio fra i poteri la massima resistenza
anche di fronte alle leggi del Parlamento. A questa scelta la Costituente fece seguire coerentemente anche se non
tutte le forze politiche furono pienamente convinte, allora, di fronte a questa novità che a qualcuno sembrò una
"bizzarria" la previsione, fra le "Garanzie della Costituzione" (titolo VI della parte seconda), di una Corte
costituzionale, con le funzioni, indicate nell'articolo 134, di giudicare: «sulle controversie relative alla
legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni; sui
conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni; sulle
accuse promosse contro il Presidente della Repubblica, a norma della Costituzione», nei casi di alto tradimento e
attentato alla Costituzione.
A quest'ultimo compito si aggiungeva originariamente quello di giudicare i ministri per
reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni. Un'ulteriore funzione della Corte, quella riguardante il giudizio
sull'ammissibilità delle richieste di referendum abrogativo, fu aggiunta dalla legge costituzionale n. 1 del 1953.
La lenta attuazione
La Costituzione ha previsto la istituzione della Corte e le sue funzioni fondamentali (articolo 134), la sua composizione (articolo 135), gli effetti delle sue decisioni sulle leggi (articolo 136); ma ha rinviato a successive leggi costituzionali e ordinarie l'ulteriore disciplina di essa e della sua attività. Era dunque necessario che venissero approvate queste leggi, perché la Corte potesse concretamente costituirsi e iniziare a funzionare. Nel febbraio del 1948 la stessa Assemblea costituente (i cui poteri erano stati prorogati per due mesi) approvò la legge costituzionale n. 1 del 1948, che stabilisce chi e come può ricorrere alla Corte. Si dovettero attendere però cinque anni perché venissero approvate la legge costituzionale n. 1 del 1953 e la legge ordinaria n. 87 dello stesso anno, che completano l'ordinamento della Corte. Dopo lo scioglimento delle Camere e le nuove elezioni (svoltesi sempre nel 1953), altri ritardi furono dovuti alle difficoltà del Parlamento di trovare gli accordi necessari ad eleggere, con le elevate maggioranze richieste, i cinque giudici di sua competenza. Solo nel 1955 fu completata la prima composizione della Corte costituzionale, che si insediò nel palazzo della Consulta e si diede la prima necessaria organizzazione, emanando anche le norme regolamentari per la disciplina dei suoi procedimenti: le cosiddette "Norme integrative". Sette anni dopo l'entrata in vigore della Costituzione, finalmente la Corte era in grado di funzionare.
La prima udienza e la prima questione
Il 23 aprile 1956 si tenne la prima udienza pubblica della Corte, presieduta dal suo primo Presidente, Enrico De
Nicola: lo stesso che aveva ricoperto la carica di capo provvisorio dello Stato repubblicano nonché, per pochi mesi,
di Presidente della Repubblica.
La prima questione discussa riguardava la costituzionalità di una norma della
vecchia legge di pubblica sicurezza del 1931, che richiedeva un'autorizzazione di polizia per distribuire volantini
o affiggere manifesti, e puniva la distribuzione o affissione non autorizzate: questione sollevata da una trentina
di giudici penali di tutto il paese, i quali dubitavano della conformità della norma all'articolo 21 della
Costituzione, che garantisce la libertà di manifestazione del pensiero. Per sostenere l'incostituzionalità della
legge parlarono alcuni fra gli avvocati e i giuristi più illustri, fra cui Costantino Mortati, Vezio Crisafulli e
Giuliano Vassalli (tutti, più tardi, in tempi diversi, nominati giudici costituzionali), nonché Piero Calamandrei,
già membro dell'Assemblea costituente e grande studioso del processo e della Corte costituzionale e ancora Massimo
Severo Giannini, già capo di gabinetto al ministero per la Costituente.
La Corte dovette anzitutto decidere sul
punto, molto discusso, se la sua competenza a controllare la costituzionalità delle leggi si estendesse anche alle
leggi emanate prima della Costituzione (come appunto la legge di pubblica sicurezza del 1931) o fosse invece
limitata (come sosteneva l'Avvocatura generale dello Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio) alle
leggi approvate dopo la Costituzione. È evidente l'importanza del problema, dato che gran parte della legislazione
che allora, e ancora per molti anni in sèguito, componeva l'ordinamento del nostro Stato veniva dal fascismo e
dall'epoca precedente ed era rimasta in vigore.
Escludere il controllo della Corte su di essa avrebbe significato
impedire di fatto che la Costituzione diventasse davvero operante in molti settori dell'ordinamento, rinviandone
l'attuazione a tempo indefinito. La Corte affermò che tutte le leggi, anteriori o posteriori alla Costituzione,
potevano essere controllate e dovevano essere annullate se contrastanti con la Costituzione. I princìpi di questa,
infatti, non si rivolgono solo al legislatore, ma si impongono immediatamente a tutti: cittadini, autorità e
giudici. La norma della legge di pubblica sicurezza che era stata impugnata fu così dichiarata incostituzionale.
È tale storica sentenza n. 1 del 1956 che ha aperto la strada ad innumerevoli sentenze successive, le quali hanno
"bonificato" l'ordinamento da molte norme delle vecchie leggi non in armonia con la nuova Costituzione, nei campi in
cui l'intervento innovatore del Parlamento nel tempo è mancato, ha tardato o è stato inadeguato.
Qualche dato
Dal 1956 la Corte ha pronunciato molte migliaia di decisioni.
Negli ultimi tre anni i casi sottoposti all'esame
della Corte sono stati più di 300 all'anno, e la Corte li ha decisi (con riunione dei casi simili)
pubblicando, nello stesso periodo, in media, all'incirca, 300 pronunce. Dopo lo straordinario impegno richiestole
nel 1978-79 per il processo "Lockheed", che aveva provocato un certo ritardo nella risoluzione delle altre cause,
essa si è "messa in pari" nel 1988, con uno sforzo organizzativo eccezionale, compiuto sotto la presidenza di
Francesco Saja, e da allora si mantiene al passo con il ritmo dei casi che sopravvengono ogni anno.
All'inizio di
ogni anno il Presidente della Corte svolge una relazione pubblica, nel corso di un incontro con la stampa,
illustrando il lavoro del periodo trascorso e dando conto degli orientamenti delle decisioni più importanti e dei
dati statistici sull'attività. Le decisioni della Corte e gli atti che introducono i giudizi sono tutti pubblicati
ogni mercoledì in una serie speciale della Gazzetta Ufficiale della Repubblica. Oggi le decisioni, le relazioni e
altri documenti sono disponibili sul sito Internet della Corte (www.cortecostituzionale.it), oltre che in
pubblicazioni e supporti informatici specializzati.