N. 205 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 ottobre 2024
Ordinanza del 10 ottobre 2024 del Tribunale di Brindisi sul ricorso
proposto da L. B.; K. H.; F. T. contro Ministero delle infrastrutture
e dei trasporti e altri.
Straniero - Immigrazione - Sanzioni amministrative - Gestione dei
flussi migratori - Sanzioni amministrative applicate al comandante
della nave o all'armatore che non fornisce le informazioni
richieste dalla competente autorita' nazionale per la ricerca e il
soccorso in mare nonche' dalla struttura nazionale preposta al
coordinamento delle attivita' di polizia di frontiera e di
contrasto dell'immigrazione clandestina o non si uniforma alle loro
indicazioni - Sanzione amministrativa accessoria del fermo
amministrativo per venti giorni della nave utilizzata per
commettere la violazione.
- Decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130 (Disposizioni urgenti in
materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare,
modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice
penale, nonche' misure in materia di divieto di accesso agli
esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di
contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante
nazionale dei diritti delle persone private della liberta'
personale), convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre
2020, n. 173, art. 1, comma 2-sexies, inserito dall'art. 1, comma
1, lettera b), del decreto-legge 2 gennaio 2023, n. 1 (Disposizioni
urgenti per la gestione dei flussi migratori), convertito, con
modificazioni, nella legge 24 febbraio 2023, n. 15.
(GU n. 46 del 13-11-2024)
TRIBUNALE DI BRINDISI
Sezione civile
Il Tribunale di Brindisi, in composizione monocratica, in persona
del Giudice, Roberta Marra, ha emesso la seguente ordinanza:
nella causa iscritta al n. R. G., avente ad oggetto «ricorso
in opposizione a fermo amministrativo di nave» tra B. L.,
rappresentato e difeso dagli avv. Dario Belluccio, Francesca
Cancellara e Francesco Iacoviello;
nonche' K. H., in qualita' di legale rappresentante della
Societa' ... con sede legale in ..., ..., ... proprietario ed
armatore della ... di bandiera norvegese e F. T., in qualita' di
legale rappresentante pro tempore della ..., rappresentati e difesi
dagli avv. Dario Belluccio e Francesca Cancellaro, tutti
elettivamente domiciliati presso gli indicati indirizzi di posta
elettronica certificata e presso lo studio legale dell'avv. Dario
Belluccio, a Bari, in via Quintino Sella n. 5, giusta procure in
calce al presente atto; ricorrenti
e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in persona
del Ministro pro tempore - (C.F. 97532760580), Ministero dell'interno
in persona del Ministro pro tempore (C.F.: 97149560589); Ministero
delle infrastrutture e dei trasporti, Capitaneria di porto - Guardia
costiera di Brindisi, in persona del legale rappresentante in carica
(C.F.: 80001820747.); Questura Brindisi - in persona del questore
(C.F.: 80003970748); Guardia di finanza - Sezione operativa navale di
Brindisi- in persona del legale rappresentante in carica
(C.F.:90011020592), rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura
distrettuale dello Stato di Lecce, C.F. (ADS80018710758), presso i
cui uffici in Lecce - via F. Rubichi n. 39, per legge domiciliano;
resistenti
lette le note depositate dalle parti, osserva quanto segue.
Il presente giudizio trae origine dal ricorso in opposizione
avverso il provvedimento di fermo amministrativo e affidamento in
custodia della nave ... di cui al verbale di contestazione e notifica
n. «...» ... del ... e di ogni altro atto consequenziale e/o
presupposto. I ricorrenti - capitano, proprietario, armatore, e
noleggiatore dell'imbarcazione ... n. ..., battente bandiera
norvegese - hanno riferito di aver effettuato il ... quattro
operazioni di salvataggio nelle acque del Mar Mediterraneo; che la
quarta sarebbe avvenuta in acque internazionali ed in area SAR
libica, nel corso della quale, sul luogo dell'avvistamento, la nave
avrebbe dovuto fronteggiare un motoscafo intento ad effettuare
manovre aggressive e minacciose nei confronti propri e degli stessi
migranti che quel motoscafo portava a bordo; ha aggiunto di avere
avvertito della situazione tutte le competenti autorita' prima di
procedere alle operazioni di salvataggio. All'arrivo presso il porto
di Brindisi, all'imbarcazione ... e' stata applicata dalla Questura
di Brindisi, dalla Capitaneria di porto e dalla Guardia di finanza,
la sanzione pecuniaria principale e quella accessoria del fermo
amministrativo, ai sensi dagli articoli 1 comma 2-sexies, del
decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130 e 214 del decreto legislativo
30 aprile 1992, n. 285, per non avere osservato le indicazioni
fornite dalla autorita' competente per il coordinamento delle
operazioni di soccorso, creando situazioni di pericolo; i ricorrenti,
pagata la sanzione pecuniaria inflitta, hanno impugnato il verbale di
fermo amministrativo e di affidamento in custodia dell'imbarcazione;
ne hanno chiesto la sospensione inaudita altera parte, e, nel merito,
hanno eccepito il difetto di competenza dell'autorita' italiana
sull'operazione di soccorso in oggetto, avvenuta in acque
internazionali; hanno negato che essa abbia creato una situazione di
pericolo «a bordo» della nave, (art. 1, comma 2-bis, lett. f)); hanno
invocato lo «stato di necessita'» che avrebbe imposto di portare a
termine l'operazione di salvataggio, rilevando altresi' la carenza di
istruttoria da parte dell'amministrazione prima dell'irrogazione
della sanzione; hanno infine evidenziato il possibile contrasto fra
la disposizione di diritto interno applicata dall'amministrazione ed
il diritto internazionale consuetudinario e convenzionale che impone
il salvataggio di vite in mare nonche' l'obbligo di tutela della vita
umana, sollecitando il Tribunale, per il caso in cui non fosse
possibile fornire della disposizione una interpretazione
costituzionalmente orientata, a sollevare questione di legittimita'
costituzionale della disposizione in oggetto.
Costituitesi in giudizio, le amministrazioni resistenti hanno
chiesto, nel merito, il rigetto dell'opposizione, rilevando
l'applicazione nel caso di specie della Convenzione di Amburgo, che,
nel perseguire l'obiettivo della cooperazione internazionale fra le
organizzazioni che partecipano alle operazioni di ricerca e soccorso,
ha previsto l'adozione di un programma di integrazione dei piani
nazionali per la gestione dei flussi migratori; in particolare hanno
rilevato che la condotta della nave ..., nell'operazione poi
sanzionata, sarebbe stata inottemperante alle indicazioni pervenute
dall'Autorita' libica competente nel coordinamento delle operazioni
di soccorso.
Il verbale di contestazione del fermo amministrativo e' stato
sospeso con decreto inaudita altera parte, provvedimento poi
confermato a seguito dell'instaurazione del contraddittorio fra le
parti.
Questo giudice, esaminati gli atti di causa e sentite le parti,
dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2-sexies
del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, convertito in legge 18
dicembre 2020, n. 173, come modificato dal decreto-legge 2 gennaio
2023, n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 febbraio
2023, n. 15, nella parte in cui prevede che «(...) quando il
comandante della nave o l'armatore non fornisce le informazioni
richieste dalla competente autorita' nazionale per la ricerca e il
soccorso in mare nonche' dalla struttura nazionale preposta al
coordinamento delle attivita' di polizia di frontiera e di contrasto
dell'immigrazione clandestina o non si uniforma alle loro indicazioni
(...), alla contestazione della violazione consegue l'applicazione
della sanzione amministrativa accessoria del fermo amministrativo per
venti giorni della nave utilizzata per commettere la violazione»,
oltre alla sanzione amministrativa principale del pagamento di una
somma da euro 2.000 a euro 10.000.
La questione di legittimita' costituzionale appare rilevante. Nel
verbale impugnato, e' stata contestata al Comandante della nave « ...
» la violazione dell'art. 1, comma 2-sexies citato, «in quanto non ha
rispettato le indicazioni fornite dal competente centro per il
soccorso marittimo nella cui area di responsabilita' si e' svolto
l'evento. Specificamente e' stato ravvisato il mancato rispetto della
condizione posta dalla lettera f) del menzionato art. 1, comma 2-bis,
poiche' in occasione delle operazioni di soccorso avvenute in acque
SAR libiche il ... non rispettava le indicazioni fornite dal
competente Centro per il soccorso marittimo, concorrendo nel creare
situazioni di pericolo». La ravvisata violazione ha comportato
pertanto l'applicazione da parte dell'autorita' amministrativa della
sanzione pecuniaria, nonche', in via automatica, di quella accessoria
del fermo amministrativo.
L'applicazione nel giudizio a quo dell'art. 1, comma 2-sexies,
impedisce infatti a questo giudice di valutare la congruita' della
sanzione del fermo impugnata dai ricorrenti: prevedendo che
all'applicazione della sanzione pecuniaria «segue» automaticamente
quella accessoria del fermo, e' sottratta al giudicante la
possibilita' di valutare le circostanze di fatto e di diritto sulla
cui base essa e' stata applicata, al fine di proporzionarne
l'entita'.
Ne' appare d'altro canto percorribile una interpretazione
costituzionalmente orientata della disposizione richiamata, posto che
il tenore letterale della medesima non offre alcun margine
interpretativo al giudicante.
Quanto alla non manifesta infondatezza e con specifico riguardo
alla previsione della sanzione accessoria del fermo amministrativo,
la disposizione appare censurabile in ragione dell'automatismo
previsto dal legislatore nella sua applicazione. La sanzione del
fermo e' prevista, oltre che per quella contestata nel caso in esame
(di cui all'art. 1, comma 2-sexies) anche per una molteplicita' di
condotte largamente eterogenee elencate all'art. 1, comma 2-bis (a
titolo esemplificativo, quella della nave che non abbia operato in
conformita' alle certificazioni e ai documenti rilasciati dalle
competenti autorita' dello Stato di bandiera o che non si sia essere
mantenuta conforme agli stessi ai fini della sicurezza della
navigazione, della prevenzione dell'inquinamento, della
certificazione e dell'addestramento del personale marittimo nonche'
delle condizioni di vita e di lavoro a bordo (lettera a); o ancora
quella dell'omessa informazione alle persone prese a bordo della
possibilita' di richiedere la protezione internazionale e, in caso di
interesse, a raccogliere i dati rilevanti da mettere a disposizione
delle autorita' (lettera b)).
Alla luce di tale eterogeneita' delle fattispecie per le quali e'
prevista la medesima sanzione del fermo, sembra ancor piu' necessario
che la norma incriminatrice preveda la possibilita' per l'autorita'
giudiziaria investita della questione di graduarne l'applicazione, in
ragione delle peculiarita' del caso specifico, tanto al fine di
salvaguardare i principi di individualizzazione e proporzionalita'
della pena (1) .
Nel caso di specie, la sanzione accessoria appare, peraltro,
maggiormente afflittiva di quella principale, determinando a carico
del comandante e dell'armatore della nave una rilevante lesione della
propria sfera giuridica; molto piu' della sanzione pecuniaria,
infatti, e' il fermo dell'imbarcazione per venti giorni che
maggiormente lede l'esercizio del diritto costituzionalmente tutelato
e produce un rilevante danno economico al soggetto sanzionato.
L'art. 1, comma 2-sexies si pone pertanto in contrasto con l'art.
3 della Costituzione: il trattamento sanzionatorio comune previsto
per situazioni di fatto non omogenee appare infatti contrario al
principio di ragionevolezza, la cui osservanza garantisce altresi'
l'adeguatezza della risposta punitiva ai casi concreti e quindi il
carattere «personale» della responsabilita' penale, nella prospettiva
segnata dall'art. 27, primo comma; al contempo, la determinazione
della pena puo' realizzare la sua finalita' rieducativa (art. 27
della Costituzione, terzo comma), nella materia penale come in quella
amministrativa afflittiva, secondo i presupposti e i fini assegnati
alla sanzione nel sistema costituzionale. Tanto e' possibile solo
laddove l'articolazione legale del sistema sanzionatorio renda
possibile tale adeguamento individualizzato, proporzionale, delle
pene inflitte con le sentenze di condanna, fornendo al giudice,
nell'esercizio del suo apprezzamento, appropriati criteri di
valutazione (Corte costituzionale n. 50/1980) (2) , sul presupposto
che «l'attuazione di una riparatrice giustizia distributiva esige la
differenziazione piu' che l'uniformita'» (Corte costituzionale n. 104
del 1968, richiamata da Corte costituzionale n. 50/1980).
Dubita altresi' questo giudice della legittimita' costituzionale
dell'art. 1, comma 2-sexies anche con riguardo ai presupposti
previsti per l'applicazione della sanzione accessoria, ovvero
l'inottemperanza da parte del comandante della nave alle indicazioni
fornite dal competente centro per il soccorso marittimo nella cui
area di responsabilita' si e' svolta l'operazione di' soccorso. Ferme
la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione, per le
ragioni anzidette, l'art. 1, comma 2-sexies, in parte qua, appare in
contrasto con il principio di determinatezza della fattispecie
incriminatrice, corollario del principio di legalita' (art. 25 della
Costituzione), nella misura in cui, nel descrivere la condotta
suscettibile di sanzione amministrativa, richiama per relationem
l'ordine impartito dall'autorita' incaricata di coordinare le
operazioni di soccorso.
Il riferimento e' al sistema di coordinamento del soccorso in
mare previsto dalla Convenzione internazionale di Amburgo sulla
ricerca e il soccorso in mare del 1979 (Convenzione SAR, ratificata
dall'Italia, con legge 3 aprile 1989, n. 147), la quale mira a
«...garantire che sia prestata assistenza ad ogni persona in pericolo
in mare ... senza distinzioni relative alla nazionalita' o allo
status di tale persona o alle circostanze nelle quali tale persona
viene trovata» (Capitolo 2.1.10) ed a « (...) fornirle le prime cure
mediche o di altro genere ed a trasferirla in un luogo sicuro».
(Capitolo 1.3.2). La Convenzione ha istituito un sistema di
coordinamento delle attivita' di ricerca e di soccorso in mare,
distribuendo fra i vari Paesi aderenti una competenza per cosi' dire
turnaria nelle operazioni di soccorso, mediante l'esercizio delle
rispettive prerogative quali soggetti di diritto internazionale (art.
11 della Costituzione). E tuttavia, il sistema sanzionatorio previsto
dalla disposizione in esame nei confronti dell'imbarcazione approdata
sul territorio nazionale, si traduce nel rinvio in bianco all'ordine
impartito da tale autorita', diversa da quella italiana, competente
secondo il sistema SAR (3) , ancorche' esso non sia stato
formalizzato in un atto amministrativo (nel caso di specie
l'amministrazione ha fondato l'emissione del verbale di contestazione
su una comunicazione via e-mail ricevuta dalla Libyan Coast Guard);
quell'ordine, condizionato dalla contingenza del caso singolo di
volta in volta occorso, difetta del tutto del requisito della
prevedibilita', proprio della legge, invece generale e astratta,
impedendo di verificarne la conformita' ai limiti di legge e
costituzionali vigenti nell'ordinamento nazionale.
E' noto che il principio di determinatezza impone che ogni
disposizione legislativa descriva tassativamente in tutti i suoi
elementi costitutivi la condotta criminosa, spettando pertanto al
giudice investito della questione indagare, volta per volta, se la
legge dello Stato che rinvii a un provvedimento della pubblica
autorita' abbia a monte determinato «con sufficiente specificazione»
le condizioni e l'ambito di applicazione del provvedimento se esso
sia stato poi emesso nell'esercizio di un potere-dovere previsto
dalla legge e (principio in particolare espresso dalla Corte in
materia di art. 650 del codice di procedura civile: ex multis, Corte
costituzionale 58 del 1975, come gia' n. 26 del 1966, e n. 61 del
1969, n. 168 del 1971 e n. 11 del 1977). Ebbene, non sembra che nel
caso dell'art. 1, comma 2-sexies, in esame, la «materialita' della
contravvenzione sia stata descritta in tutti i suoi elementi
costitutivi», atteso che la descrizione della condotta sanzionata e'
affidata al rinvio in bianco alle determinazioni di altra autorita',
senza alcuna indicazione dei criteri di offensivita' e punibilita'
rilevanti ed al fine perseguito da quelle prescrizioni poi disattese.
La disposizione in esame appare infine in contrasto con gli
articoli 10 e 117 della Costituzione, nella misura in cui,
riconoscendo la valida esistenza di una «zona SAR» libica e la
legittimita' degli ordini impartiti da quell'autorita' nelle
operazioni di soccorso, contrasta con obblighi imposti all'Italia dal
diritto internazionale consuetudinario e convenzionale.
Ferma restando la discrezionalita' legislativa esercitata con
l'adesione dello Stato italiano al sistema di coordinamento nelle
operazioni di soccorso, delineato dalla Convenzione di Amburgo,
espressione del potere di indirizzo in materia di politica estera,
nel caso di specie, l'applicazione della disposizione censurata
imporrebbe a questo giudice di assumere che lo Stato libico
costituisca un «porto sicuro», secondo l'accezione fornita, fra le
altre, dalla stessa Convenzione di Amburgo, a seguito della
sottoscrizione da parte degli stati aderenti della Risoluzione
MSC.167(78) del 2004, con l'obbligo di «... fornire un luogo sicuro o
di assicurare che tale luogo venga fornito...» (§2.5) ai naufraghi e
ai sopravvissuti soccorsi.
Ebbene, tale assunto sembra essere invero smentito da numerosi
elementi di fatto (4) , richiamati peraltro dalla giurisprudenza
nazionale (Cass. n. 4557/2024), che, valorizzando la mancata ratifica
da parte di quel Paese della Convenzione di Ginevra e
l'ineffettivita' del sistema di accoglienza libico per le «condizioni
inumane e degradanti presenti nei centri di detenzione per i
migranti», ha escluso la sicurezza dell'approdo dei migranti in
Libia, all'esito di un giudizio penale conclusosi con la condanna in
via definitiva del comandante di un'imbarcazione battente bandiera
italiana.
L'osservanza dell'ordine impartito dall'autorita' libica, sul
presupposto della sicurezza dei suoi porti, e l'applicazione
dell'art. 1, comma 2-sexies, potrebbe comportare la violazione di
obblighi imposti dal diritto internazionale consuetudinario - quanto
al divieto di respingimento dei migranti e della tortura - e
convenzionale, al cui rispetto l'ordinamento nazionale si e'
vincolato, con la conseguente limitazione della sua sovranita', allo
scopo di assicurare «la pace e la giustizia fra le Nazioni» (art. 11
della Costituzione e art. 117, I comma, della Costituzione). Il
riferimento e' al principio del non-refoulement, richiamato dall'art.
33 della Convenzione di Ginevra, secondo cui «Nessuno Stato
contraente espellera' o respingera', in qualsiasi modo, un rifugiato
verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua liberta'
sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione,
della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o
delle sue opinioni politiche» (5) . Si richiama inoltre la
Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita in mare
(nota come Convenzione SOLAS, cui l'Italia ha aderito con la legge 23
maggio 1980, n. 313), nella sua nuova versione del 1974, che, al
Capitolo V, dedicato alla sicurezza nella navigazione, impone agli
Stati firmatari l'obbligo di «accertarsi che tutte le necessarie
disposizioni siano prese per la sorveglianza delle coste e per il
salvataggio delle persone in pericolo lungo le loro coste» (regola n.
15). Il medesimo divieto di espulsioni collettive e' d'altra parte
sancito dall'art. 19 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione
europea (Protezione in caso di allontanamento, di espulsione e di
estradizione) - in cui e' precisato che «nessuno puo' essere
allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un
rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o
ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti» - nonche' dall'art.
4 del Quarto protocollo allegato alla Convenzione europea a
salvaguardia dei diritti dell'Uomo.
Tanto premesso, il Tribunale di Brindisi, in composizione
monocratica.
(1) A partire dalle sentenze n. 67 del 1963 e n. 50 del 1980,
l'«individualizzazione» della pena, finalizzata a tenere conto
dell'effettiva entita' della condotta posta in essere e della
proporzionalita' della sanzione imposta, costituisce attuazione e
sviluppo di principi costituzionali, tanto di ordine generale
(principio d'uguaglianza) quanto attinenti direttamente alla
materia penale; essi, come e' noto, possono analogicamente
ritenersi applicabili nel caso di specie, sulla base del
principio, affermato in particolare dalla giurisprudenza della
Corte europea dei Diritti dell'Uomo EDU del carattere
«sostanzialmente penale» delle «sanzioni amministrative punitive»
(si richiamano, sul punto, a partire dalla sentenza Engel dell'8
giugno 1976, caso n. 5100/71, ex plurimis, la sentenza 26 marzo
1982, Adojf c. Austria, par. 30; sentenza 9 febbraio 1995, Welch
c. Regno Unito, par. 27; sentenza 25 agosto 1987, Lutz c.
Germania, par. 54; sentenza 21 febbraio 1984, Öztürk c. Germania,
par. 50; 22 febbraio 1996, Putz v. Austria, par. 31; 21 ottobre
1997, Pierre-Bloch c. Francia, par. 54; sentenza 24 settembre
1997, Garyfallou AEBE c. Grecia, par. 32. Con riguardo alle
sanzioni irrogate dalle Amministrazioni «italiane», vanno
ricordate le sentenze: 27 settembre 2011, caso n. 43509/08, ...
c. Italia; 4 marzo 2014, casi nn. 18640/10, 18647/10, 18663/10,
18668/10 e 18698/10, ... et Autres c. Italie; tutte hanno
ribadito che la qualificazione attribuita alla sanzione dal
legislatore di uno degli stati membri non e' sufficiente ad
escluderla dall'ambito di applicazione delle garanzie predisposte
dalla CEDU per le sanzioni penali, potendo essa rientrarvi in
virtu' di uno degli ulteriori due criteri individuati nella
natura della sanzione - alla luce della sua funzione
punitiva-deterrente - o nella sua severita', ovvero la gravita'
del sacrificio che essa impone al suo destinatario).
(2) La giurisprudenza costituzionale, come e' noto, e' costante
nell'affermare che la previsione di una sanzione accessoria
comporta la violazione dell'art. 3 della Costituzione tutte le
volte in cui la sua applicazione sia imposta in via automatica,
impedendo cosi' il rispetto del principio della necessaria
proporzionalita' della sanzione amministrativa all'illecito
commesso, precludendo cosi' al giudice in sede di impugnazione,
di valutarne la congruita', apprezzando le conseguenze della sua
inflizione nel caso specifico. Il riferimento e' a Corte
costituzionale n. 246/2022, che ha dichiarato costituzionalmente
illegittimo, per violazione dell'art. 3 della Costituzione,
l'art. 213, comma 8, del decreto legislativo n. 285 del 1992,
come modificato dall'art. 23-bis del decreto-legge n. 113 del
2018, introdotto, in sede di conversione, dalla legge n. 132 del
2018, nella parte in cui dispone che «si applica», anziche' «puo'
essere applicata», la sanzione accessoria della revoca della
patente per il custode di veicolo sequestrato che circoli
abusivamente con il veicolo stesso o consenta che altri vi
circolino abusivamente; n. 99/2020 che per le medesime ragioni ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 120, comma
2, del decreto legislativo n. 285 del 1992, come sostituito
dall'art. 3, comma 52, lett. a), della legge n. 94 del 2009 e
come modificato dall'art. 19, comma 2, lett. a) e b), della legge
n. 120 del 2010 e dall'art. 8, comma 1, lett. b), del decreto
legislativo n. 59 del 2011, nella parte in cui dispone che il
prefetto «provvede» - invece che «puo' provvedere» - alla revoca
della patente di guida nei confronti dei soggetti che sono o sono
stati sottoposti a misure di prevenzione, ai sensi del decreto
legislativo n. 159 del 2011; la n. 24/2020 - che ha dichiarato
costituzionalmente illegittimo l'art. 120, comma 2, del decreto
legislativo n. 285 del 1992, come sostituito dall'art. 3, comma
52, lett. a), della legge n. 94 del 2009, e come modificato
dall'art. 19, comma 2, lett. a) e b), della legge n. 120 del
2010, in materia di applicazione della sanzione della revoca
della patente di guida nei confronti di coloro che sono
sottoposti a misura di sicurezza personale. O ancora la sentenza
n. 88/2019, con riguardo all'art. 222, comma 2, quarto periodo,
del decreto legislativo n. 285 del 1992, nella parte in cui non
prevede che, in caso di condanna, ovvero di applicazione della
pena su richiesta delle parti a norma dell'art. 444 del codice di
procedura penale, per i reati di cui agli artt. 589-bis (Omicidio
stradale) e 590-bis (Lesioni personali stradali gravi o
gravissime) c.p., il giudice possa disporre, in alternativa alla
revoca della patente di guida, la sospensione della stessa ai
sensi del secondo e terzo periodo dello stesso comma 2 dell'art.
222 cod. strada allorche' non ricorra alcuna delle circostanze
aggravanti previste dai rispettivi commi secondo e terzo degli
artt. 589-bis e 590-bis c.p.); o la sentenza n. 22/2018, che ha
dichiarato costituzionalmente illegittimo, l'art. 216, ultimo
comma, della legge fallimentare (r.d. n. 267 del 1942), nella
parte in cui dispone «la condanna per uno dei fatti previsti dal
presente articolo importa per la durata di dieci anni
l'inabilitazione all'esercizio di una impresa commerciale e
l'incapacita' per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi
presso qualsiasi impresa», anziche': «la condanna per uno dei
fatti previsti dal presente articolo importa l'inabilitazione
all'esercizio di una impresa commerciale e l'incapacita' ad
esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a dieci
anni»).
(3) La Convenzione, al punto 3.1.9, oggetto di un emendamento
introdotto nel 2004, prevede che «la Parte responsabile della
zona di ricerca e salvataggio in cui viene prestata assistenza si
assume in primo luogo la responsabilita' di vigilare affinche'
siano assicurati il coordinamento e la cooperazione suddetti,
affinche' i sopravvissuti cui e' stato prestato soccorso vengano
sbarcati dalla nave che li ha raccolti e condotti in luogo
sicuro, tenuto conto della situazione particolare e delle
direttive elaborate dall'Organizzazione marittima internazionale
(Imo). In questi casi, le Parti interessate devono adottare le
disposizioni necessarie affinche' lo sbarco in questione abbia
luogo nel piu' breve tempo ragionevolmente possibile».
(4) Vale richiamare, a titolo esemplificativo, la posizione espressa
dall'Alto commissariato ONU per i rifugiati sin dal 2019,
allorche' e' stata espressa preoccupazione per l'elevatissimo
numero di migranti intercettati dalla Guardia costiera libica e
riportati in Libia nel periodo compreso fra gennaio e novembre
2019; la situazione sembra essere invariata, alla luce della
relazione della Commissione indipendente ONU sui diritti umani
chiusa nel maggio del 2023 e consegnata ai vertici ONU il 21
luglio 2023, in cui si conclude per l'esistenza di «ragionevoli
motivi per ritenere che il personale di alto livello della
Guardia costiera libica, dell'Apparato di supporto alla
stabilita' e della direzione per la lotta alla migrazione
illegale sia colluso con trafficanti e contrabbandieri, che
sarebbero collegati a gruppi di miliziani, nel contesto
dell'intercettazione e della privazione della liberta' dei
migranti», e quindi affermando l'esistenza di un intero sistema
criminale dedito alla « ... Tratta, la riduzione in schiavitu',
il lavoro forzato, la detenzione, l'estorsione e il contrabbando
di esseri umani hanno generato entrate significative per
individui, gruppi e istituzioni statali». Analoga la posizione
espressa dall'OIM, Organizzazione internazionale per le
migrazioni, e dall'UNHCR, Agenzia ONU per i rifugiati.
(5) Obbligo ribadito nel rapporto «Rescue at Sea: A guide to
principles and practice as applied to migrants and refugees»,
elaborato nel 2006 dall'IMO e dall'UNHCR e sottoposto ad
aggiornamento nel 2015, in cui e' stato evidenziato l'obbligo per
il comandante della nave che compie l'intervento di soccorso di
tutelare adeguatamente i richiedenti asilo, verificando la loro
presenza a bordo, comunicandola all'UNCHR ed effettuando lo
sbarco unicamente laddove sia possibile garantire loro adeguata
protezione.
P. Q. M.
Visto l'art. 23 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 87,
ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2-sexies del
decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, convertito in legge 18
dicembre 2020, n. 173, come modificato dal decreto-legge 2 gennaio
2023, n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 febbraio
2023, n. 15, in riferimento agli articoli 3, 11, 25, 27 e 117 della
Costituzione, nella parte in cui, dopo aver inflitto la sanzione
principale del pagamento di una somma da euro 2.000 a euro 10.000 nei
confronti di chi non si «uniforma alle indicazioni» fornite dalla
«competente autorita' nazionale per la ricerca e il soccorso in mare
nonche' dalla struttura nazionale preposta al coordinamento delle
attivita' di polizia di frontiera e di contrasto dell'immigrazione
clandestina o non si uniforma alle loro indicazioni», prevede che
«alla contestazione della violazione consegue l'applicazione della
sanzione amministrativa accessoria del fermo amministrativo per venti
giorni della nave utilizzata per commettere la violazione»;
dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale e la sospensione del presente giudizio;
dispone altresi' che la presente ordinanza sia notificata a
cura della cancelleria al pubblico ministero, alle parti ed al
Presidente del Consiglio dei ministri nonche' comunicata ai
Presidenti delle due Camere.
Brindisi, 10 ottobre 2024
Il Giudice: Marra