N. 98 ORDINANZA (Atto di promovimento) 03 maggio 2023
Ordinanza del 3 maggio 2023 del Consiglio di Stato sul ricorso
proposto da A. C. contro Ministero dell'economia e delle finanze e
altri.
Polizia (Forze di) - Guardia di Finanza - Ammissione al corso per la
promozione a finanziere, mediante concorso - Requisiti - Previsione
quale causa di esclusione dall'arruolamento anche della guida in
stato di ebbrezza costituente reato.
- Decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 199 (Attuazione dell'art. 3
della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di nuovo inquadramento
del personale non direttivo e non dirigente del Corpo della Guardia
di finanza), art. 6, comma 1, lettera i).
(GU n. 33 del 16-08-2023)
IL CONSIGLIO DI STATO
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
Ordinanza
sul ricorso numero di registro generale 8895 del 2022, proposto
dal signor A. C., rappresentato e difeso dagli avvocati Stefano Monti
e Giovanni Carlo Parente Zamparelli, con domicilio digitale come da
PEC registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio del
secondo in Roma, via Emilia, n. 81,
contro: il Ministero dell'economia e delle finanze, in persona
del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege
dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei
Portoghesi, n. 12,
nei confronti: dei signori M.A., M.P., F.M. e E.R. non costituiti
in giudizio,
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il
Lazio - Sezione Quarta - 30 giugno 2022, n. 8859, resa tra le parti,
concernente l'esclusione dal concorso, per titoli ed esami, per il
reclutamento di 1.409 allievi finanzieri per l'anno 2021.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero
dell'economia e delle finanze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 aprile 2023, in vista
della quale la difesa dell'appellante ha chiesto il passaggio in
decisione senza previa discussione orale, il Cons. Antonella
Manzione.
I. Fatto e svolgimento del processo di primo grado.
1. Con il ricorso in epigrafe il signor A C ha impugnato la
sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Roma,
sez. IV, del 30 giugno 2022, n. 8859, che ne ha respinto il ricorso
avverso la determinazione del con cui il capo del primo reparto del
comando generale della Guardia di finanza lo ha escluso dalla
procedura concorsuale, per titoli ed esami, per il reclutamento di n.
1409 allievi finanzieri riferita all'anno 2021, perche' ritenuto non
in possesso dei requisiti di moralita' e di condotta previsti
dall'art. 2, comma 1, lettera g), del relativo bando di concorso.
In punto di fatto ha dedotto:
di essersi arruolato il quale volontario in ferma prefissata
dell'Esercito italiano e di essere rimasto ininterrottamente in
servizio fino al , conseguendo sempre valutazioni caratteristiche
«eccellenti»;
di essere stato eletto consigliere comunale in una lista
civica presso il Comune di , con conseguente verifica dei previsti
requisiti anche morali di candidabilita' ed eleggibilita';
di aver partecipato al concorso per l'arruolamento di 1.409
allievi finanzieri indetto con determinazione n. 245928 del 3
settembre 2021, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana - 4ª Serie speciale «Concorsi ed esami» - n. 72 del 10
settembre 2021, per i posti riservati ai volontari in ferma
prefissata - contingente ordinario, senza specializzazione, superando
tutte le selezioni e venendo sempre giudicato idoneo;
di essere infine stato escluso dalla selezione poiche'
ritenuto carente dei «requisiti di moralita' e di condotta previsti
dall'art. 2, comma 1, lettera g), del bando di concorso», essendo
stato emesso nei suoi confronti un decreto penale del G.I.P. del
Tribunale di , divenuto esecutivo il , per il reato di cui agli
articoli 186-bis, comma 1, lettera a) e comma 3 in relazione all'art.
186, comma 2, lettera b) e comma 2-sexies («Guida sotto l'influenza
dell'alcool per conducenti di eta' inferiore a ventuno anni, per i
neopatentati e per chi esercita professionalmente l'attivita' di
trasporto di persona o di cose») del decreto legislativo 30 aprile
1992, n. 285 («Nuovo codice della strada»), commesso in ( ) il
1.2. Ha documentato altresi' l'avvenuta dichiarazione
dell'estinzione del reato da parte del giudice dell'esecuzione ai
sensi dell'art. 186, comma 9-bis, del richiamato Codice della strada,
all'esito della positiva valutazione del lavoro di pubblica utilita'
svolto presso la di dall' al
1.3. A fondamento del ricorso ha dedotto, con unico e articolato
motivo, la violazione della legge 29 ottobre 1984, n. 732 e dell'art.
26 della legge 1° febbraio 1989, n. 53, nonche' l'eccesso di potere
per difetto d'istruttoria e di motivazione. Ha chiesto altresi' una
lettura costituzionalmente orientata dell'art. 6, lettera i), del
decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 199, nella parte introdotta
dall'art. 33, comma 1, lettera c), punto 1.6, del decreto legisltivo
29 maggio 2017, n. 95, in relazione agli articoli 1, 3, 4, 27, 35 e
97 della Costituzione, tale cioe' da imporre la valutazione in
concreto del disvalore sotteso alla condotta ascrittagli, superando
qualsivoglia ipotesi di automatismo esclusivo.
2. Il primo giudice ha rigettato il ricorso da un lato
richiamando l'ampia discrezionalita' della valutazione
dell'amministrazione in ordine al requisito della «incensurabilita'»
della condotta; dall'altro, tuttavia, sottolineando come nel caso di
specie e' il legislatore ad avere tipizzato a monte le fattispecie
ostative al reclutamento, evidentemente ravvisando nelle stesse un
tale disvalore da renderle sempre incompatibili con il tipo di
rapporto di pubblico impiego che si vorrebbe instaurare. Ha infine
ricordato che la previsione trasfusa nell'art. 2, comma 1, lettera g)
del bando di concorso era perfettamente nota al ricorrente, come
sostanziato dall'obbligo di dichiarane la conoscenza imposto
dall'art. 4 dello stesso. Ridetto bando a sua volta avrebbe solo
doverosamente stabilito, «con perfetta corrispondenza alla
disposizione sopra citata, che "il Corpo della guardia di finanza
accerta, d'ufficio, l'irreprensibilita' del comportamento del
candidato in rapporto alle funzioni proprie del grado da rivestire" e
che sono "causa di esclusione dall'arruolamento anche l'esito
positivo agli accertamenti diagnostici", oltre che, come e' appunto
accaduto al sig. C , "la guida in stato di ebbrezza costituente
reato"».
II. Il giudizio di appello.
3. Con il presente appello il signor C ha formulato in chiave
critica le medesime censure gia' avanzate in primo grado, precisando
meglio i profili di ritenuto contrasto della normativa in
contestazione con specifici principi costituzionali, e pertanto
insistendo per la sua rimessione alla Corte costituzionale. Pur non
disconoscendo affatto la specialita' degli ordinamenti delle forze
armate e di polizia, ha ricordato come la stessa non possa estendersi
fino al punto di limitare per i relativi appartenenti l'esercizio dei
diritti spettanti a qualsivoglia cittadino (v. Corte costituzionale
n. 120 del 13 giugno 2018, che ha abrogato l'art. 1475, comma 2, del
Codice dell'ordinamento militare, che vietava per gli appartenenti ai
predetti Corpi l'attivita' sindacale). Ha quindi ripercorso
l'evoluzione della disciplina dei limiti di accesso al pubblico
impiego, a partire dall'avvenuto superamento del requisito della
buona condotta con la legge n. 732 del 1984, richiamando i principi
espressi in relazione al suo originario mantenimento nel testo unico
delle leggi di pubblica sicurezza al fine dell'esercizio
dell'attivita' di guardia particolare giurata dalla Corte
costituzionale nella sentenza del 25 luglio 1996, n. 311, che ne ha
stigmatizzato in specie il «carattere indefinito» e la «conseguente
larghezza di apprezzamento discrezionale che ne deriva in capo
all'amministrazione». Ha individuato una sorta di «fil rouge» tra
ulteriori pronunce della Corte costituzionale che a vario titolo
hanno espresso contrarieta' a qualsivoglia automatismo sanzionatorio
destinato ad incidere sulla prosecuzione del rapporto di lavoro, e
cio' a far data dalla sentenza del 14 ottobre 1988, n. 971, che ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 85, lettera a),
del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3,
Statuto degli impiegati civili dello Stato, nella parte in cui
prevedeva la automatica destituzione del pubblico dipendente
all'esito di condanna penale per taluni reati, fino a quella che ha
di recente cassato le disposizioni del Codice dell'ordinamento
militare che prevedevano la perdita del grado per rimozione, senza
giudizio disciplinare, in caso di avvenuta irrogazione della pena
accessoria della rimozione o della interdizione temporanea dai
pubblici uffici (Corte costituzionale, 19 ottobre - 15 dicembre 2016,
n. 268).
«Una presunzione assoluta (nella specie di incompatibilita' con
il rapporto di servizio) deve poi essere rispettosa dei canoni
esplicitati dalla Corte in proposito. Secondo la costante
giurisprudenza costituzionale, infatti, "le presunzioni assolute,
specie quando limitano un diritto fondamentale della persona, violano
il principio di eguaglianza, se sono arbitrarie e irrazionali, cioe'
se non rispondono a dati di esperienza generalizzati, riassunti nella
formula dell'id quod plerumque accidit", con la conseguenza che
"l'irragionevolezza della presunzione assoluta si puo' cogliere tutte
le volte in cui sia "agevole" formulare ipotesi di accadimenti reali
contrari alla generalizzazione posta a base della presunzione stessa"
(ex multis, sentenze n. 185 del 2015, n. 232 e n. 213 del 2013, n.
182 e n. 164 del 2011, n. 265 e n. 139 del 2010)». Affermazioni tutte
che si attaglierebbero perfettamente anche alla diversa ipotesi in
cui venga all'evidenza la mancata instaurazione del rapporto di
lavoro, anziche' la sua cessazione, come pure riconosciuto dalla
giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. Stato, sez. III, 26 agosto
2011, n. 4812).
4. L'art. 6, lettera i), del decreto legislativo n. 199 del 1995,
nella parte evidenziata si porrebbe dunque in contrasto:
con l'art. 3, sotto vari profili. In primo luogo, rileverebbe
la disparita' di trattamento che la scelta di requisiti piu'
stringenti per la sola Guardia di finanza pone sia in generale in
relazione agli altri dipendenti pubblici, che con specifico
riferimento agli appartenenti ad altre Forze di polizia, e
segnatamente all'Arma dei carabinieri. La tipologia di pena
sostitutiva accettata, ovvero il lavoro di pubblica utilita',
rendendo la condanna inappellabile e inestinguibile, creerebbe a sua
volta un regime discriminatorio rispetto a colui che, pur avendo
commesso reati ben piu' gravi, abbia ottenuto la riabilitazione;
con l'art. 24, secondo comma della Costituzione, in quanto
l'automatismo della esclusione dal concorso impedisce all'interessato
qualsiasi difesa in merito, oltre che palesarsi comunque
irragionevole alla luce di quanto gia' affermato dalla Corte con
riferimento all'irrogazione della pena accessoria dell'interdizione
temporanea dai pubblici uffici;
con gli articoli 1, 4 e 35 della Costituzione, in quanto la
condizione ostativa assoluta crea uno sbarramento all'accesso al
lavoro, quand'anche venga ascritto al candidato un episodio
marginale, isolato e risalente nel tempo;
con l'art. 27 della Costituzione, in quanto essa ostacola
altresi' il reinserimento del cittadino nel mondo del lavoro, compito
che non puo' essere rimesso esclusivamente ai datori di lavoro
privati, ma del quale deve farsi carico anche lo Stato, consentendo
l'accesso alle pubbliche amministrazioni di coloro che, seppure
incorsi in violazioni delle regole dell'ordinamento, meritino una
positiva valutazione, tenendo conto del tipo di reato commesso, della
inclinazione a delinquere del colpevole, del suo ravvedimento e delle
mansioni correlate alla qualifica da ricoprire;
con l'art. 97 della Costituzione, in quanto il medesimo
automatismo pregiudica pure il buon andamento della pubblica
amministrazione, impedendole ogni valutazione sulla convenienza
dell'assunzione in servizio e, quindi, sulla possibilita' di
utilizzazione di valide risorse professionali, gia' selezionate e
idonee, per giunta provenienti da un'altra forza armata, dove
prestavano servizio, seppure a tempo determinato.
4.1. Quanto alla immediata lesivita' del bando di concorso, pure
impugnato al Tribunale amministrativo regionale in uno con l'atto di
esclusione, il mero riferimento alla «guida in stato di ebbrezza
costituente reato» in esso contenuta, mutuato dalla norma primaria,
in assenza di ulteriori precisazioni, non lasciava affatto presagire
la ritenuta inutilita' della speciale causa di estinzione del reato
di cui all'art. 186, comma 9-bis, del Codice della strada, che
l'appellante si era premurato di ottenere.
5. Si e' costituito in giudizio il Ministero delle finanze per
chiedere il rigetto dell'appello e la conferma della sentenza di
prime cure. Con tre successive memorie in controdeduzione ha ribadito
la correttezza della scelta dell'Amministrazione, che a fronte della
chiara indicazione del legislatore non solo non poteva, ma
addirittura non doveva compiere valutazioni aggiuntive riferibili al
reato ascritto al ricorrente. La sua avvenuta tipizzazione a monte,
nella disciplina del reclutamento dei finanzieri, si inserirebbe del
resto nel solco delle scelte che da un lato hanno elevato la soglia
di perseguibilita' penale della fattispecie (v. art. 33 della legge
29 luglio 2010, n. 120, che ha decriminalizzato l'ipotesi di cui al
comma 2, lettera a), della norma, riferita ad un tasso alcolemico
compreso tra 0,5 e 0,8 grammi per litro), ma dall'altro hanno
accentuato il rigorismo sanzionatorio delle possibili conseguenze di
ridette condotte (si pensi all' avvenuta introduzione nel codice
penale, ad opera della legge 23 marzo 2016, n. 41, dei reati di
omicidio stradale - art. 589-bis - e lesioni personali stradali gravi
o gravissime - art. 590-bis, che individuano, quale elemento di colpa
specifica, tra le altre violazioni stradali anche l'essersi messi
alla guida in stato di ebbrezza alcolica costituente reato).
Come affermato dalla giurisprudenza ormai maggioritaria in
materia (da ultimo, v. Cons. Stato, 17 gennaio 2023, n. 609) anche un
singolo episodio, pur risalente nel tempo, puo' essere ostativo al
reclutamento, avuto riguardo alla peculiarita' del ruolo del
finanziere, e alla evidente prognosi di inaffidabilita' che
conseguirebbe alla commissione di tale specifica contravvenzione
stradale, giusta la sua codificata gravita'.
6. La domanda cautelare, presentata da parte appellante ai fini
dell'ottenimento della sospensione dell'esecutivita' della sentenza
gravata, e' stata accolta dalla Sezione con ordinanza n. 5792 del 14
dicembre 2022 ai soli fini di cui all'art. 55, comma 10, c.p.a.
7. La stessa ha quindi depositato istanza di passaggio in
decisione senza discussione della causa.
8. Alla pubblica udienza del 4 aprile 2023 la causa e' stata
trattenuta in decisione.
III. Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale.
9. Ai fini della disamina della rilevanza della questione di
costituzionalita' posta, va delibato in limine litis il profilo di
inammissibilita' del ricorso di primo grado adombrato dal Tribunale
amministrativo regionale e ripreso dalla difesa erariale, seppure
senza formulare alcuna esplicita eccezione, in ragione della mancata
impugnativa del bando di concorso, che conteneva la chiara
indicazione della portata escludente della guida in stato di ebbrezza
costituente reato.
9.1. Come rappresentato dall'appellante, la capacita' lesiva
delle disposizioni in esso contenute si e' palesata solo al momento
dell'esclusione dalla procedura sull'assunta irrilevanza della
dichiarazione di avvenuta estinzione del reato, in quanto
quest'ultima «non cancella il fatto criminoso; non elide il
pregiudizio derivante dall'accertamento della condotta del soggetto
aspirante al reclutamento, potendo l'amministrazione valutare lo
stesso fatto per l'accertamento del requisito della condotta
incensurabile; non deve essere necessariamente valutata in termini
positivi nell'ambito del bilanciamento che interessa, considerata la
sua inidoneita' a cancellare comunque il fatto materiale di cui
trattasi» (cosi' testualmente nell'atto impugnato).
Al contrario, proprio la specialita' dell'istituto richiamato per
come disciplinato dall'art. 186, comma 9-bis, del Codice della
strada, ben poteva indurre l'interessato a non sentirsi «toccato»
dalla disposizione, si' da non preoccuparsi di dichiarare la previa
conoscenza delle condizioni statuite dal bando ex art. 4 dello
stesso, pur omettendo, per quanto consta in atti, di fare riferimento
al decreto penale del Tribunale di , evidentemente ritenendolo
«superato» dalle sopravvenienze processuali, senza che ridetta
omissione informativa gli sia stata in qualche modo contestata.
Cio' comporta l'insussistenza della (pur adombrata) causa di
inammissibilita' del ricorso instaurativo del giudizio di primo
grado.
9.2. Il giudice di prime cure ha respinto il ricorso sul rilievo
che il quadro normativo vigente rendeva necessitata la scelta
dell'amministrazione, avendo gia' qualificato come incompatibile con
lo status di finanziere l'avvenuta condanna per guida in stato di
ebbrezza, che seppure aggravata dalla sua giovane eta' (da qui, il
richiamo nel capo di imputazione all'art. 186-bis del Codice) e
dall'avvenuta commissione in orario considerato notturno (ovvero dopo
le 22) non ha attinto la fascia sanzionatoria piu' grave (lettera c)
della norma) e non ha causato alcun sinistro stradale, essendo stata
accertata nell'ambito di normali controlli di polizia stradale. 9.3.
Osserva sul punto il Collegio che effettivamente l'art. 6 del decreto
legislativo n. 199 del 1995, per come modificato dal decreto
legislativo 29 maggio 2017, n. 95, non lasciava all'amministrazione
operante alcun margine di discrezionalita', sicche' il riferimento
alla inconciliabilita' con i basilari doveri del militare,
richiamandone anche i poteri di polizia giudiziaria,
economico-finanziaria e di pubblica sicurezza ne costituisce lo
stereotipo precipitato motivazionale, a giustificazione formale di
una scelta doverosa.
9.4. Sotto tale profilo, dunque, l'atto e' esente da qualsivoglia
ulteriore censura, il che ne rende rilevante lo scrutinio
esclusivamente alla luce della disposizione della cui legittimita'
parte appellante dubita.
Infatti, solo la disposizione applicata al caso in esame ha
determinato l'esclusione dal reclutamento dell'appellante,
precludendo qualsivoglia diversa valutazione in ordine alla effettiva
portata lesiva in termini prognostici del necessario rapporto
fiduciario che prelude ad un proficuo rapporto di servizio. Ridetta
valutazione, cioe', e' gia' stata effettuata a monte dal legislatore
e il provvedimento impugnato si limita a fornire alla stessa una
giustificazione, definendo la «guida in stato di ebbrezza costituente
reato», pur commessa anni prima dal candidato, come «inconciliabile»
con il reclutamento, oltre che «esplicita causa di esclusione».
9.5. L'eventuale accoglimento della questione di
costituzionalita', invece, determinando l'eliminazione della norma
dall'ordinamento con effetto ex tunc, farebbe venir meno la causa
ostativa al reclutamento nella Guardia di finanza, derubricandola a
fattispecie valutabile, alla stregua di qualsivoglia altro episodio
idoneo ad impingere l'«incensurabilita'» della condotta del
candidato, senza prescindere, peraltro, dalla piu' volte ricordata
avvenuta estinzione del reato sulla base di un paradigma normativo
declinato ad hoc (sul quale piu' avanti nel prosieguo).
IV. Sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 6 del decreto legislativo n. 199 del 1995.
10. Tanto premesso, va innanzi tutto esaminata la possibilita' di
una lettura costituzionalmente orientata della norma di legge
statale, tale da far venir meno il dovere di rimessione della
questione alla Corte costituzionale.
10.1. Ad avviso del Collegio, ad essa si oppone il chiaro tenore
letterale della norma, che a tal punto ha inteso dare rilievo alla
fattispecie, da averne richiamato sic et simpliciter la rubrica
(«guida in stato di ebbrezza», seppure connotandola con riferimento
alle ipotesi costituenti reato), con cio' rischiando di elevare a
condizione ostativa finanche il mero accertamento della stessa,
giusta l'omesso riferimento all'avvenuta condanna ovvero
all'applicazione della pena ai sensi dell'art. 444 del codice di
procedura penale.
Essa, cioe', e' ineludibilmente indicata come condizione ostativa
al reclutamento, in pretermissione dei criteri di razionalita' e
proporzionalita' che costituiscono un limite all'esercizio della
discrezionalita' del legislatore.
11. Il primo giudice ha giustificato la previsione dell'art. 6,
comma 1, lettera i), del decreto legislativo n. 199/1995 quale
«espressione di discrezionalita' legislativa, cioe' dell'esercizio di
una potesta' che - come ha teorizzato la dottrina pubblicistica - e'
da considerare libera e incondizionata, cosicche' quando un atto
legislativo risulti costituzionalmente vincolato al perseguimento di
determinate finalita' pubbliche (nella specie un'efficace selezione
dei finanzieri), la discrezionalita' legislativa esprimera' un limite
funzionale di natura prevalentemente interna alla produzione
normativa». Con cio' avendo presumibilmente a mente le peculiarita'
degli ordinamenti militari rispetto a quelli civili, tali da
legittimare un maggior vaglio qualitativo all'accesso, ma senza
fornire alcuna plausibile motivazione della maggior selettivita' di
quello preteso per i finanzieri rispetto alle altre forze di polizia,
anche di carattere militare.
11.1. In relazione a tale profilo, in conformita' con l'obbligo
di interpretazione costituzionalmente conforme quale vaglio
preliminare indispensabile per la non manifesta infondatezza di ogni
questione di legittimita' costituzionale, il collegio ha esaminato la
possibilita' di ravvisare la ratio della disparita' di trattamento
nella tipologia diversificata delle funzioni degli appartenenti ai
vari ruoli di polizia.
11.2. Va al riguardo ricordato che il richiamato decreto
legislativo n. 95 del 2017, in attuazione della delega contenuta
all'art. 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124,
ha dettato disposizioni riferibili ai ruoli di tutte le forze di
polizia. Esso, dunque, ha stralciato dal d.lgs. n. 66 del 2010,
abrogandole, le specifiche norme corrispondenti afferenti, in
particolare, all'accesso agli stessi. Allo stesso modo, con finalita'
anche di riassetto organico della materia, ha interpolato le singole
disposizioni di settore adeguandole alle indicazioni del legislatore
delegante.
11.2.1. Tra i principi e criteri direttivi cui il legislatore
delegato doveva attenersi nel dare attuazione al sopra richiamato
art. 8 della l. n. 124 del 2015, si rinvengono i seguenti:
«razionalizzazione e potenziamento dell'efficacia delle funzioni di
polizia anche in funzione di una migliore cooperazione sul territorio
al fine di evitare sovrapposizioni di competenze e di favorire la
gestione associata dei servizi strumentali [ ... ] modificazioni agli
ordinamenti del personale delle Forze di polizia di cui all'articolo
16 della legge 1º aprile 1981, n. 121, in aderenza al nuovo assetto
funzionale e organizzativo, anche attraverso: 1) la revisione della
disciplina in materia di reclutamento, di stato giuridico e di
progressione in carriera, tenendo conto del merito e delle
professionalita', nell'ottica della semplificazione delle relative
procedure, prevedendo l'eventuale unificazione, soppressione ovvero
istituzione di ruoli, gradi e qualifiche e la rideterminazione delle
relative dotazioni organiche, comprese quelle complessive di ciascuna
Forza di polizia, in ragione delle esigenze di funzionalita' e della
consistenza effettiva alla data di entrata in vigore della presente
legge, ferme restando le facolta' assunzionali previste alla medesima
data, nonche' assicurando il mantenimento della sostanziale
equiordinazione del personale delle Forze di polizia e dei connessi
trattamenti economici, anche in relazione alle occorrenti
disposizioni transitorie, fermi restando le peculiarita'
ordinamentali e funzionali del personale di ciascuna Forza di
polizia, nonche' i contenuti e i principi di cui all'articolo 19
della legge 4 novembre 2010, n. 183, e tenuto conto dei criteri di
delega della presente legge, in quanto compatibili».
11.2.2. Il richiamo alle peculiarita' ordinamentali e funzionali
di ciascuna Forza di polizia puo' ben spiegare la diversificazione di
talune scelte, come ad esempio avvenuto in relazione al limite di
eta' (sul punto, v. Cons. Stato, sez. II, 30 gennaio 2023, n. 1030).
Ma non fornisce adeguata giustificazione all'introduzione, solo per
il reclutamento nella Guardia di finanza, della guida in stato di
ebbrezza costituente reato quale situazione impediente l'assunzione.
V. Sul possibile contrasto con gli articoli 3 e 51 della
Costituzione.
12. La modifica apportata dall'art. 33, comma 1, lettera c),
punto 1.6 del decreto legislativo n. 95 del 2017 ha introdotto dunque
nell'art. 6, lettera i), del decreto legislativo n. 199 del 1995,
esclusivamente per il reclutamento nella Guardia di finanza,
specifiche cause ostative, tra le quali, oltre a quelle inerenti
l'uso o la detenzione di stupefacenti, il reato di guida in stato di
ebbrezza.
La formulazione originaria della norma rinviava assai piu'
laconicamente all'art. 26 della legge 1° febbraio 1989, n. 53, che
avrebbe comunque trovato applicazione, giusta la sua dichiarata
riferibilita' agli appartenenti a tutte le Forze di polizia indicate
all'articolo 16 della legge 1° aprile 1981, n. 121 (tra le quali
rientra, ovviamente, la Guardia di finanza). Tale ultima disposizione
richiama a sua volta il possesso delle qualita' morali e di condotta
stabilite per l'ammissione ai concorsi della magistratura ordinaria,
ovvero il requisito cosiddetto della «incensurabilita'», di cui
all'art. 2, lettera b-bis) del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.
160, che ha abrogato la previgente previsione contenuta nell'art. 8
dell'Ordinamento giudiziario. Trattasi, evidentemente, di una formula
ampia che, seppure aliena dalle suggestioni, anche moralistiche e
ideologiche, della «buona condotta» di un tempo, ben si giustifica in
relazione alla delicatezza e significativita' sociale del ruolo che
si aspira a ricoprire, in riferimento al quale possono assumere
rilievo, previa adeguata valutazione e motivazione, singoli episodi
sintomatici di ambiguita' comportamentali o relazionali, pur al di
fuori della sfera del vero e proprio fatto-reato. La loro
esemplificazione preventiva, pero', nella misura in cui pretende di
assurgere a parametro insormontabile e non mero elemento di giudizio,
quale presunzione assoluta di inidoneita' al ruolo di finanziere,
sfugge ai canoni di ragionevolezza cui la loro previsione deve
ispirarsi «specie quando limitano un diritto fondamentale della
persona» (Corte costituzionale, n. 268 del 2016, cit. sub § 2).
13. La sentenza di primo grado appare peraltro intrinsecamente
contraddittoria laddove richiama anche l'insindacabilita' ab externo
dell'ampia discrezionalita' valutativa dell'amministrazione che si
sia motivatamente pronunciata sulla «censurabilita'» della condotta
seppure concretizzatasi in un episodio isolato e risalente nel tempo.
Nel caso di specie, infatti, alla stessa non e' concesso alcun
margine di discrezionalita', dovendosi essa limitare semplicemente a
prendere atto dell'esistenza del fatto-reato, quale che ne sia stata,
peraltro, la modalita' di accertamento, giusta la gia' ricordata
infelice formulazione della norma anche a tale proposito.
14. In verita', la giurisprudenza richiamata sul punto dal
Tribunale amministrativo regionale e ripresa dalla difesa erariale,
come gia' consolidatasi prima della novella del 2017, si riferisce
esclusivamente ai fenomeni di consumo episodico di sostanze
stupefacenti, che per sua natura collide con gli specifici compiti di
contrasto allo stesso ed al loro spaccio demandati alla Guardia di
finanza, rendendone non illogica la valutazione ostativa, seppure in
passato «soppesata» caso per caso. Dopo la modifica all'art. 6,
lettera i), decreto legislativo n. 199/1995, si e' pertanto ritenuto
che quel rigoroso accertamento preteso dall'amministrazione sia stato
codificato a monte dal legislatore parametrandolo proprio alla
tipologia dei compiti della Guardia di finanza, si' da considerarlo
ragionevolmente inconciliabile con l'habitus comportamentale che deve
contraddistinguere gli appartenenti al Corpo, anche a prescindere
dalla mancanza di conseguenze penali o amministrative e dal fatto che
si sia trattato di un episodio isolato. Decisivo rilievo viene cioe'
attribuito alla circostanza che l'utilizzo di sostanze stupefacenti
comporta necessariamente un previo contatto col mondo della
criminalita', che dello spaccio di queste sostanze si alimenta, e
dunque una contiguita', non importa se solo occasionale, proprio con
quei soggetti e con quegli ambienti la cui attivita' delittuosa la
Guardia di finanza ha il compito specifico di contrastare e reprimere
(v. ex multis Cons. Stato, sez. II, 17 gennaio 2023, n. 609; id, 10
febbraio 2022 n. 980; 5 aprile 2022, n. 2540; 4 marzo 2021, n.
1848;12 ottobre 2021 n. 6862; 11 ottobre 2021, n. 6791).
14.1. Si e' in sostanza ritenuto che ridetto (gia') prevalente
orientamento giurisprudenziale in ordine alla natura escludente
dell'episodio di detenzione o uso, anche se risalente o occasionale,
e' stato semplicemente recepito sul piano del diritto positivo,
purche' ovviamente lo stesso venga rigorosamente accertato in capo
all'interessato e non dedotto in via meramente presuntiva o
indiziaria, poiche' solo nel primo caso e' possibile affermare con
certezza che il candidato difetta dei requisiti di moralita'
richiesti per appartenere al Corpo a cui aspira.
15. Non si vede tuttavia come analoghe considerazioni possano
essere estese all'accertamento del reato di guida in stato di
ebbrezza.
16. Va infatti ricordato che i servizi di polizia stradale, tra i
quali figurano in primo luogo la prevenzione e l'accertamento delle
violazioni in materia di circolazione stradale, competono «in via
principale alla specialita' Polizia stradale della Polizia di Stato»
(art. 12, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 285 del
1992), ferma restando evidentemente la possibilita' che essi vengano
svolti anche dal rimanente personale della stessa (lettera b), da
quello dell'Arma dei carabinieri (lettera c), dai Corpi e servizi di
polizia municipale, nell'ambito del territorio di competenza (lettera
e), dai funzionari del Ministero dell'interno a cio' addetti (lettera
f), oltre che, ovviamente, dal Corpo della Guardia di finanza
(lettera d).
17. Ne' appare convincente la lettura che della novella all'art.
6 del decreto legislativo n. 199/1995 pretenderebbe di dare la difesa
erariale, laddove la indica quale punto di approdo del climax
ascendente in termini punitivi messo in atto dal legislatore al fine
di arginare la drammatica problematica delle morti stradali,
soprattutto riferite alle giovani generazioni, ovvero delle
conseguenze invalidanti della diffusa sinistrosita' stradale, che
finisce per impattare negativamente anche sulla finanza pubblica, in
termini di aggravio delle spese del servizio sanitario nazionale,
come dimostrato dalle statistiche periodicamente divulgate dagli
organismi competenti. Ove, infatti, si fosse voluta imporre una
scelta di rigore, anche in funzione preventivo-educativa, avuto
riguardo al reclutamento in strutture che saranno comunque chiamate a
perseguire tali tipologie di condotte, cio' avrebbe dovuto avvenire
in maniera omogenea per tutti i soggetti accertatori, ovvero, volendo
operare una scelta distintiva, con priorita' per quelli
istituzionalmente preposti in maniera esclusiva a ridetta vigilanza
sulle strade. Il che, invece, non e'. Quanto previsto, dunque, anche
alla luce della sua parzialita' ed irragionevolezza, finisce con
l'incidere sul principio di eguaglianza, di cui all'art. 3, comma 1
della Costituzione, nonche' sul principio di accesso ai pubblici
uffici in condizioni di eguaglianza, di cui all'art. 51, comma 1
della Costituzione.
VI. Sul possibile contrasto con l'art. 27, comma 3, della
Costituzione.
18. D'altro canto, senza ovviamente impingere nelle scelte di
politica criminale in materia di circolazione stradale, la innegabile
pericolosita' sociale in astratto del reato di guida in stato di
ebbrezza non ne esclude addirittura la possibile non punibilita'
avuto riguardo alla ritenuta particolare tenuita' del fatto.
19. Sono noti, infatti, gli ormai acquisiti arresti dei giudici
di legittimita' in ordine all'applicabilita' anche ai casi di specie
della causa di non punibilita' di cui all'art. 131-bis del codice
penale, ivi inserita dal decreto legislativo 16 marzo 2015, n. 28.
Le Sezioni unite della Cassazione, cioe', superando le originarie
incertezze in merito, hanno gia' da anni ritenuto non ostativa alla
configurabilita', in presenza dei presupposti e nei limiti fissati
dalla norma, della causa di non punibilita' della particolare
tenuita' del fatto di cui al richiamato art. 131-bis c.p., della
presenza di soglie di punibilita' all'interno della fattispecie
tipica, rapportate ai valori dei tassi alcolemici accertati (Cass.,
SS.UU., 25 febbraio 2016, n. 13681). Tali soglie, infatti, non
impediscono di valutare in concreto la portata offensiva della
condotta, avuto riguardo alle circostanze di tempo e di luogo in cui
e' stata posta in essere, all'entita' del tasso alcolemico
parametrato alle stesse, alle conseguenze sulla guida, all'entita'
del pericolo provocato agli utenti della strada, agli eventuali
sinistri, con o senza coinvolgimento di persone, che ne siano
conseguiti (v. Cass., sez. IV penale, 29 marzo 2021, n. 11655, che ne
ha riconosciuto l'applicabilita' in un caso per il quale
l'accertamento mediante etilometro dava esiti riconducibili per
entrambe le prove alla fattispecie di reato piu' grave di cui
all'art. 186, lettera c); nonche' id., n. 11699, che e' addivenuta
alla decisione di segno diametralmente opposto, pur in presenza di
un'ipotesi astrattamente meno grave). L'applicazione della causa di
non punibilita', peraltro, che prevede comunque che il giudice
proceda ad un accertamento sulla commissione del fatto nonche' sulla
sussistenza dell'elemento soggettivo, egualmente non farebbe venire
meno la portata ostativa della fattispecie, secondo le chiare
indicazioni della norma.
20. Occorre a questo punto ricordare la specificita' del regime
sanzionatorio declinato dal Codice della Strada per il reato di guida
in stato di ebbrezza.
20.1. La legge n. 120 del 2010, ricordata dalla difesa erariale
avuto riguardo alla decriminalizzazione dell'ipotesi piu' lieve di
superamento del tasso alcolemico, ha infatti anche introdotto
nell'art. 186 il comma 9 bis, che prevede la sostituzione delle pene
detentive e pecuniarie irrogate con lo svolgimento non retribuito di
lavori di pubblica utilita' (per non piu' di una volta, precisa
l'ultimo periodo del comma), secondo le modalita' di cui all'art. 54,
decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, ad eccezione del caso in
cui il conducente abbia provocato un incidente.
L'istituto del lavoro di pubblica utilita', ispirato al modello
anglosassone del community service order, ed inserito per la prima
volta nella legge 24 novembre 1981, n. 689, con riferimento alle sole
pene pecuniarie, ha, almeno nelle intenzioni del legislatore, un alto
potenziale rieducativo e risocializzante. Esso si concretizza nella
prestazione di un'attivita' non retribuita in favore della
collettivita', da svolgere preferibilmente nel campo della sicurezza
e dell'educazione stradale presso enti pubblici o associazioni di
volontariato o presso centri specializzati di lotta alle dipendenze.
Puo' essere irrogato (come accaduto nel caso di specie) con decreto
penale di condanna, non e' indefettibile la richiesta dell'imputato,
ma e' necessario e sufficiente che egli non si opponga, e la sua
durata e' parametrata sulla pena (detentiva o pecuniaria, convertita
ad un tasso di maggiore severita' di quello ordinario) in concreto
irrogata.
Nell'ipotesi del positivo svolgimento del lavoro sostitutivo, e'
previsto che il giudice fissi un'udienza ad hoc per dichiarare
estinto il reato, per ridurre della meta' il periodo di sospensione
della patente di guida e per revocare la confisca del veicolo
sequestrato. Trattasi di una vera e propria causa di estinzione del
reato a valenza premiale, resa tangibile finanche dall'anomalo
meccanismo della «revoca» della confisca, la cui giustificazione
risiede nella ricordata finalita' rieducativa.
20.2. La Corte costituzionale ha avuto modo a sua volta di
pronunciarsi su ridetta finalita' premiale dell'estinzione del reato
in conseguenza del valutato esito positivo dello svolgimento del
lavoro di pubblica utilita', irrogato in sostituzione delle pene
previste dall' art. 186 del Codice della Strada (Corte
costituzionale, 30 luglio 2020, n. 179, che ha dichiarato illegittimo
l'art. 24 del decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre
2002, n. 313, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di casellario giudiziale, di casellario
giudiziale europeo, di anagrafe delle sanzioni amministrative
dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti» nella parte in
cui non prevedeva che nel certificato richiesto dall'interessato non
fossero riportate le iscrizioni della sentenza di condanna per uno
dei reati di cui all'art. 186 del Codice della Strada che sia stato
dichiarato estinto in seguito al positivo svolgimento del lavoro di
pubblica utilita').
In tale occasione, richiamando la propria precedente pronuncia n.
231 del 2018, riferita alla messa in prova, la Corte ne ha accomunato
l'essenza, ravvisata nel fatto che sono entrambi istituti «orientati
anche a una finalita' deflattiva con correlativi risvolti premiali
per l'imputato». In maggior dettaglio il «lavoro di pubblica
utilita', disposto quale sanzione sostitutiva per la contravvenzione
di cui all'art. 186 cod. strada [... ] - proprio come la messa alla
prova - comporta per il condannato un percorso che implica lo
svolgimento di un'attivita' in favore della collettivita', e dunque
esprime una meritevolezza maggiore - in caso di svolgimento positivo
dell'attivita' - rispetto a quella espressa da chi si limiti a
concordare la propria pena con il pubblico ministero, ovvero non si
opponga al decreto penale di condanna, beneficiando per cio' stesso
della non menzione nei certificati del casellario richiesti dai
privati». L'irragionevole disparita' di trattamento rispetto alle
situazioni poc'anzi richiamate e' stata ritenuta ancor piu' grave in
ragione del fatto che «in questi casi l'interessato non ha nemmeno la
possibilita' di ottenere la non menzione per effetto della
riabilitazione, che e' per definizione esclusa nel momento in cui il
reato sia estinto».
21. Con riferimento agli effetti della riabilitazione sulla
portata ostativa ad un'assunzione della sottesa condanna, la
giurisprudenza, laddove ha manifestato aperture, ha comunque
richiesto l'accertamento da parte del giudice dell'esecuzione ai
sensi dell'art. 676 del codice di procedura penale che non siano
stati commessi, nel lasso temporale necessario allo scopo - la cui
decorrenza e' ex se irrilevante- reati della stessa indole (v. Cons.
Stato, sez. V, 18 gennaio 2022, n. 320).
Vero si e' che con riferimento alla guida in stato di ebbrezza,
invece, l'accettazione di un percorso alternativo che ha conosciuto,
fino ad oggi, un sensibile incremento casistico legato proprio al suo
abbinamento alla stessa, finisce per divenire astrattamente
penalizzante non consentendo mai di accedere alla riabilitazione e,
con essa, alla possibile valutazione positiva del proprio status.
22. E' in tale direzione, dunque, piuttosto che nel senso
invocato dell'obbligo gravante sulla p.a. di farsi carico del
reinserimento nel mondo del lavoro di chi sia incorso in una
precedente condanna, che il Collegio ravvisa profili di contrasto con
la finalita' rieducativa della pena di cui all'art. 27, comma 3,
della Costituzione.
Le scelte del legislatore mirate ad ampliare il sistema della
sicurezza stradale lato sensu inteso spaziano infatti dalla politica
degli investimenti (si pensi alla destinazione vincolata anche a
studi, ricerche e propaganda ai fini della sicurezza stradale degli
introiti delle relative sanzioni pecuniarie contenuto nell'art. 208
del Codice), a quella del coinvolgimento, non potendo, per essere
efficaci, limitarsi all'inasprimento delle sanzioni, a maggior
ragione laddove dalla condotta posta in essere non siano
concretamente derivati danni a persone o cose. La denegata
possibilita' per la pubblica amministrazione di «appropriarsi»,
quanto meno valutandola, della esperienza lavorativa gratuita
effettuata come vera e propria forma di espiazione della pena, pare
contrastare proprio con la specifica finalita' rieducativa sottesa
alla sua introduzione in una modalita' peraltro calata sulla
specificita' del caso e per questo per molti aspetti difforme dal
modello generale. L'apertura fiduciaria verso i condannati, di cui si
presuppone l'integrale recupero attraverso la scelta di lavoro a
titolo gratuito a favore della collettivita' offesa, quale evidente
segno di riconciliazione sociale, cioe', finisce per perdere
qualsivoglia potenzialita' attrattiva (solo) per un aspirante
finanziere. Cio' a maggior ragione se si considera che nel
procedimento de quo il giudice dell'esecuzione non «certifica» solo
l'avvenuta decorrenza del tempo in assenza di commissione di nuovi
reati, ma anche il buon esito dell'attivita', riferito evidentemente
non alla sua redditivita', ma alla sua rispondenza agli obiettivi
rieducativi e risocializzanti che ne hanno comportato l'irrogazione.
VII. Sul possibile contrasto con gli artt. 4, 35 e 97 della
Costituzione.
23. Il Collegio nutre dubbi anche in relazione agli adombrati
profili di contrasto con gli art. 4, 35 e 97 della Costituzione.
Pur senza attingere alla tematica del divieto di automatismi
esclusivi, elaborato dalla Corte in relazione ai procedimenti
sanzionatori espulsivi, e non riferibile all'instaurazione dei
rapporti di lavoro che il legislatore ha inteso sottoporre a
requisiti piu' stringenti in chiave di ricerca della qualita' degli
appartenenti alla pubblica amministrazione, a maggior ragione ove ad
ordinamento speciale, non puo' negarsi che l'individuazione degli
stessi, per essere razionale, deve rispondere anche a requisiti di
proporzionalita' rispetto al diritto cui si vanno a contrapporre,
negandolo.
Per contro, la focalizzata attenzione su singole ipotesi
contravvenzionali riconducibili alle medesime norme, strettamente
connesse tra di loro (gli artt. 186 e 186 bis del Codice della
Strada), non correlate in maniera indissolubile alle future mansioni
da svolgere, finisce per ledere anche il diritto al lavoro, nella sua
accezione di diritto alla soddisfazione delle proprie specifiche
aspettative professionali.
23.1. Cio' trova indiretta conferma nei principi eurounitari in
materia di divieti di discriminazioni all'accesso, seppure in
relazione alle specifiche motivazioni enunciate all'art. 1 della
direttiva 2000/78/CE del Consiglio del 27 novembre 2000, che
stabilisce un quadro generale per la parita' di trattamento in
materia di occupazione e di condizioni di lavoro (attuata in Italia
con il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216). Vero e' che il
punto 18 della premessa della direttiva medesima, infatti, prevede
che la stessa «non puo' avere l'effetto di costringere le forze
armate nonche' i servizi di polizia, penitenziari o di soccorso ad
assumere o mantenere nel posto di lavoro persone che non possiedano i
requisiti necessari per svolgere l'insieme delle funzioni che possono
essere chiamate ad esercitare, in considerazione dell'obiettivo
legittimo di salvaguardare il carattere operativo di siffatti
servizi».
Ma nel caso di specie la ricordata non sussumibilita' dei servizi
di polizia stradale tra quelli tipicamente ascritti alla (sola)
guardia di finanza, diversamente da quanto accade per altre Forze di
polizia, che addirittura contemplano al loro interno un'articolazione
a connotazione specialistica, non giustifica la preclusione e ancor
piu' i termini assoluti che la connotano. Mutuando infatti le
indicazioni della direttiva si puo' escludere una discriminazione
(art. 4, paragrafo 1) solo laddove «per la natura di un'attivita'
lavorativa o per il contesto in cui essa viene espletata, tale
caratteristica costituisca un requisito essenziale e determinante per
lo svolgimento dell'attivita' lavorativa, purche' la finalita' sia
legittima e il requisito proporzionato» (con riferimento all'eta', di
cui al successivo art. 6, vedi da ultimo C.G.U.E. del 17 novembre
2022, in causa C-304/21).
24. La circostanza poi che l'introduzione di preclusioni
asistematiche operi come sbarramento all'accesso anche per le
categorie riservate che le selezioni mirano a reclutare, valorizzando
pregresse esperienze professionali evidentemente ritenute affini,
laddove egualmente non si giustifichi con riferimento alle
specificita' settoriali comunque da tutelare, finisce per impattare
negativamente sull'economicita' di tali scelte procedurali e cosi'
anche sull'invocato principio di buon andamento della pubblica
amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione. La ratio,
infatti, della diversa valutazione dei medesimi requisiti, in ragione
della sua portata escludente, deve comunque essere ravvisata nella
finalizzazione della richiesta/verifica aggiuntiva alla peculiarita'
del (nuovo) ruolo che si vorrebbe ricoprire.
Conclusioni.
25. In sintesi, con riferimento alle questioni di maggior
impatto, per le ragioni esposte, la previsione dell'immediata
preclusione all'accesso al Corpo della Guardia di finanza in caso di
(condanna per il ) reato di guida in stato di ebbrezza, contenuta
nell'art. 6, lettera i), del decreto legislativo n. 199 del 1995, non
appare sorretta da una giustificazione razionale, ne' tiene conto
delle specificita' sanzionatorie della relativa fattispecie, che
privilegia l'accesso al lavoro sostitutivo di pubblica utilita' quale
modalita' di recupero e di reinserimento, premiandone il buon esito
con una particolare ipotesi di estinzione del reato.
La ragione della preclusione, infatti, non si rinviene ne' nella
specificita' dei compiti di istituto di tale forza di polizia, che
con riferimento all'attivita' di polizia giudiziaria in ambito di
polizia stradale e' per cosi' dire recessiva rispetto alla
generalizzata competenza della polizia stradale, a livello nazionale
e delle polizie locali, con riferimento al proprio territorio; ne'
nel disvalore assoluto attribuito dal legislatore alla fattispecie,
giusta la possibilita' della gradazione della sua offensivita' a
prescindere dalle fasce predeterminate che trova espressione nella
riconosciuta applicabilita' della causa di non punibilita' per
speciale tenuita' del fatto.
26. La diversita' di ruoli e di carriera non consente di superare
il dubbio di legittimita' costituzionale della disposizione, che ha
inteso introdurre una specifica ipotesi di reato contravvenzionale
quale indice ineludibile di censurabilita' della condotta a fini
assunzionali.
27. Alla stregua dei rilievi fin qui svolti, devono quindi essere
dichiarate rilevanti e non manifestamente infondate le descritte
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 1, lett.
i), del decreto legislativo n. 199 del 1995, nella parte in cui
prevede quale causa di esclusione dall'arruolamento anche la guida in
stato di ebbrezza costituente reato, con riferimento agli articoli 3
e 51, 4 e 35, 27, comma 3 e 97 della Costituzione.
28. Vanno conseguentemente disposte, ai sensi dell'art. 23 della
legge 11 marzo 1953, n. 87, la sospensione del presente giudizio e la
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, secondo le
modalita' indicate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sezione Seconda,
pronunciando sull'appello in esame, dichiara rilevante e non
manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 6, comma 1, lettera i) del decreto legislativo 12 maggio
1995, n. 199, nella parte in cui prevede quale causa di esclusione
dall'arruolamento anche la guida in stato di ebbrezza costituente
reato, con riferimento agli artt. 3 e 51, 4 e 35, 27, comma 3 e 97
della Costituzione.
Sospende il giudizio in corso e ordina l'immediata trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale.
Ordina che a cura della Segreteria la presente ordinanza sia
notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri e
comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera
dei deputati.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, commi 1
e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo
10 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del
Consiglio del 27 aprile 2016, atutela dei diritti o della dignita'
della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere
all'oscuramento delle generalita' nonche' di qualsiasi altro dato
idoneo ad identificare l'appellante.
Cosi' deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 4
aprile 2023 con l'intervento dei magistrati:
Oberdan Forlenza, Presidente;
Dario Simeoli, consigliere;
Antonella Manzione, consigliere, estensore;
Francesco Guarracino, consigliere;
Carmelina Addesso, consigliere.
Il Presidente: Forlenza
L'estensore: Manzione