N. 78 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 marzo 2023
Ordinanza del 27 marzo 2023 del Consiglio di Stato sul ricorso
proposto da S. G. contro la Camera di commercio di Taranto.
Trasporto pubblico - Servizio di noleggio con conducente - Norme
della Regione Puglia - Esame di idoneita' all'esercizio del
relativo servizio - Prevista allegazione, alla domanda di
partecipazione, di una dichiarazione sostitutiva dell'atto di
notorieta', attestante, tra l'altro, l'assenza di carichi pendenti.
- Legge della Regione Puglia 3 aprile 1995, n. 14 (Modalita' di
attuazione della legge 15 gennaio 1992, n. 21 «Legge-quadro per il
trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea»),
art. 8, comma 3.
(GU n. 24 del 14-06-2023)
IL CONSIGLIO DI STATO
in sede giurisdizionale (sezione quinta)
Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di
registro generale 590 del 2022, proposto da G. S., rappresentato e
difeso dall'avvocato Giorgia Calella, con domicilio digitale come da
PEC da registri di Giustizia;
Contro Camera di commercio di Taranto, in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato
Gianluca Prete, con domicilio digitale come da PEC da registri di
Giustizia;
Per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo
regionale per la Puglia sezione staccata di Lecce (sezione terza) n.
... relativa all'impugnativa della determinazione dirigenziale n. ...
del ..., a firma del vice segretario generale vicario della Camera di
commercio industria artigianato e agricoltura (C.C.I.A.A.) di
Taranto, ricevuta in data ..., con cui veniva disposto nei confronti
del sig. S. G. l'annullamento/decadenza in via di autotutela, con
effetto ex tunc, del superamento dell'esame di idoneita' (sostenuto
con esito positivo il ... finalizzato all'iscrizione nel ruolo
provinciale dei conducenti dei veicoli e natanti adibiti ad
autoservizi pubblici non di linea istituito presso la C.C.I.A.A.,
quale effetto derivante dalla decadenza dai benefici conseguiti sulla
scorta delle dichiarazioni sostitutive di atto notorio rese nel ... e
nel ..., ritenute non veritiere, ex articoli 46, 47 e 76 del decreto
del Presidente della Repubblica n. 445/2000 e per l'accertata carenza
dei requisiti morali previsti dall'art. 8, comma 3, della legge
regionale pugliese n. 14/1995 e di tutti i provvedimenti presupposti,
consequenziali e/o connessi;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Camera di commercio
di Taranto;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 ottobre 2022, il
cons. Diana Caminiti e uditi per le parti gli avvocati;
Viste le conclusioni delle parti come da verbale;
I. Fatto e svolgimento del processo di primo grado.
1. Con atto notificato in data 12 gennaio 2022 e depositato il
successivo 24 gennaio G. S. ha interposto appello avverso la sentenza
del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione
staccata di Lecce, sezione terza, n. ... con cui si e' rigettato il
ricorso da Egli proposto per l'annullamento della determinazione
dirigenziale n. ... del ..., a firma del vice segretario generale
vicario della Camera di commercio industria artigianato e agricoltura
(C.C.I.A.A.) di Taranto, con cui veniva disposto nei suoi confronti
l'annullamento/decadenza in via di autotutela, con effetto ex tunc,
del superamento dell'esame di idoneita' (sostenuto con esito positivo
il ..., finalizzato all'iscrizione nel ruolo provinciale dei
conducenti dei veicoli e natanti adibiti ad autoservizi pubblici non
di linea, istituito presso la C.C.I.A.A., quale effetto derivante
dalla decadenza dai benefici conseguiti sulla scorta delle
dichiarazioni sostitutive di atto notorio rese nel ... e nel ...,
ritenute non veritiere, ex articoli 46, 47 e 76 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 445/2000 e per l'accertata carenza dei
requisiti morali previsti dall'art. 8, comma 3, della legge regionale
pugliese n. 14/1995.
2. Con il ricorso di primo grado il ricorrente deduceva in punto
di fatto:
in data ... presentava alla Camera di commercio industria
artigianato e agricoltura (C.C.I.A.A.) di Taranto la domanda per
essere ammesso a sostenere l'esame di idoneita' all'esercizio del
servizio di taxi e di noleggio con conducente, dichiarando, ai sensi
e per gli effetti di cui all'art. 46, del decreto del Presidente
della Repubblica n. 445/2000, di non avere carichi pendenti e di non
avere condanne che comportino l'interdizione dai pubblici uffici;
sostenuto e superato l'esame suindicato (il ...), in data ...
presentava la domanda di iscrizione nel ruolo dei conducenti di
veicoli e natanti adibiti ad autoservizi pubblici non di linea,
istituito presso la Camera di commercio industria artigianato e
agricoltura, nuovamente attestando, sotto la propria responsabilita',
ai sensi e per gli effetti del decreto del Presidente della
Repubblica n. 445/2000, di non avere carichi penali pendenti e di non
avere condanne comportanti l'interdizione dai pubblici uffici;
con due distinte comunicazioni, datate entrambe ..., la
Camera di commercio industria artigianato e agricoltura di Taranto,
dando atto che in seguito ad accertamenti effettuati era emerso che
dal certificato dei carichi pendenti risultava nei suoi confronti un
decreto penale di condanna per il reato di cui all'art. 1 della legge
n. 211/1994 (decreto penale dell'..., opposto in data ...), nonche'
altro decreto penale di condanna per il reato di cui all'art. 388,
comma 4, codice penale (decreto penale del ...), lo invitava a
presentare deduzioni difensive entro il termine di dieci giorni,
scaduti inutilmente i quali, preannunciava l'adozione nei suoi
confronti del provvedimento di annullamento/decadenza del superamento
dell'esame di idoneita' suindicato e del provvedimento di
annullamento/decadenza dell'iscrizione nell'albo provinciale;
con determinazione dirigenziale n. ... del ..., notificata in
data ..., il vice segretario vicario della Camera di commercio
industria artigianato e agricoltura di Taranto disponeva dunque
l'annullamento/decadenza in via di autotutela, con effetto ex tunc,
del superamento dell'esame di idoneita' finalizzato all'iscrizione
nel ruolo provinciale dei conducenti dei veicoli e natanti adibiti ad
autoservizi pubblici non di linea, quale effetto derivante dalla
decadenza dai benefici conseguiti sulla scorta delle dichiarazioni
sostitutive di atto notorio, rese nel ... e nel ..., ritenute non
veritiere, ex articoli 46, 47 e 76, del decreto del Presidente della
Repubblica n. 445/2000 e per l'accertata carenza dei requisiti morali
previsti dall'art. 8, comma 3, della legge regionale Puglia n.
14/1995.
3. A sostegno del gravame G. S. con il ricorso di prime cure
articolava le censure di seguito rubricate:
I - Violazione e/o falsa applicazione di legge, in particolare
degli articoli 46 e 76, del decreto del Presidente della Repubblica
n. 445/2000, nonche' delle disposizioni sugli effetti dei decreti
penali di condanna, di cui agli articoli 459 e seguenti, codice
procedura penale - falsa applicazione dell'art. 8 della legge
regionale n. 14/1995 - Carenza di istruttoria, contraddittorieta',
falsa presupposizione ed erroneita' dei presupposti.
II - Illegittimita' costituzionale dell'art. 8 della legge
Regione Puglia n. 14/1995, per contrasto con il principio di
presunzione di innocenza di cui all'art. 27, secondo comma,
Costituzione - Irrazionalita' ed illogicita' manifesta.
4. Il primo giudice ha rigettato il ricorso, ritenendo
l'infondatezza del primo motivo sulla base del rilievo che
l'amministrazione resistente si era doverosamente attenuta al
disposto dell'art. 8, comma 3, n. 1, della legge regionale Puglia 3
aprile 1995, n. 14 recante «Modalita' di attuazione della legge 15
gennaio 1992, n. 21 - legge quadro per il trasporto di persone
mediante autoservizi pubblici non di linea» che prevede, a pena di
esclusione dall'esame, che alla domanda per sostenere l'esame di
idoneita' all'esercizio del servizio taxi e noleggio con conducente,
debba essere allegata, fra gli altri documenti, una dichiarazione
sostitutiva di notorieta' attestante «l'assenza di carichi pendenti».
Segnatamente, secondo il giudice di prime cure, l'istruttoria
compiuta dalla Camera di commercio industria artigianato e
agricoltura di Taranto aveva evidenziato un decreto penale di
condanna dell'... e un coevo decreto dell'... per il reato di cui
all'art. 1 della legge n. 211 del 1994, oltre ad altro decreto penale
del ... per il reato di cui all'art. 388, codice penale, accertato il
....
Il ricorrente aveva pertanto espresso in entrambe le domande
(rispettivamente: di ammissione all'esame della idoneita' e di
iscrizione nel ruolo provinciale dei conducenti di veicoli e natanti
adibiti ad autoservizi pubblici non di linea), dichiarazioni
sostitutive di atto notorio mendaci - rilevanti ai sensi degli
articoli 46, 47 e 76 del decreto del Presidente della Repubblica n.
445/2000 - attestando l'insussistenza (non veritiera) di carichi
pendenti (invece esistenti come dimostrato, infine, dal certificato
della Procura della Repubblica di ... il ...), non rilevando i
successivi sviluppi dei procedimenti penali e la (successiva)
depenalizzazione del reato per l'omesso versamento delle ritenute
previdenziali, ai sensi di quanto disposto dall'art. 2, comma 2,
lettera c), legge n. 67/2014 «tanto piu' che, comunque, ai fini
dell'annullamento/decadenza della idoneita' in questione, risultava
sufficiente la sussistenza dell'ulteriore carico penale - relativo al
decreto penale del ... per il reato di cui all'art. 388, codice
penale -pendente alla data della domanda di iscrizione al ruolo
predetto e, quindi al momento della dichiarazione mendace
suindicata».
Quanto al secondo motivo di ricorso, il giudice di prime cure, ha
ritenuto la dedotta questione di costituzionalita' dell'art. 8 della
legge regionale Puglia n. 14/1995, per asserito contrasto con il
principio di presunzione di innocenza (rectius di non colpevolezza)
di cui all'art. 27, secondo comma, Costituzione, manifestamente
infondata, essendo del tutto estraneo alla presente fattispecie il
principio sancito dall'art. 27 della Costituzione circa la
presunzione di non colpevolezza fino a sentenza definitiva, atteso
che la controversia in esame concerne i requisiti di ammissione
all'esame di idoneita' e di iscrizione al ruolo provinciale dei
conducenti di veicoli e natanti adibiti ad autoservizi pubblici non
di linea, la cui individuazione «non attiene ad ipotesi di
affermazione di responsabilita' penale», oltre ad essere «estranea al
perimetro delle garanzie innanzi ricordate»; peraltro, secondo il
giudice di prime cure, il requisito predetto risulterebbe dettato
dalla ragionevole esigenza di bilanciamento tra la liberta' di
iniziativa economica riconosciuta dall'art. 41 della Costituzione e
l'interesse pubblico alla salvaguardia della sicurezza nel settore
dei trasporti pubblici e quindi del buon andamento della pubblica
amministrazione, nell'ambito della discrezionalita' spettante al
legislatore regionale nello stabilire i requisiti morali.
II. Il giudizio di appello.
5. Con il presente appello G. S. ha formulato le seguenti censure
avverso la sentenza di prime cure:
I - Erroneita' della sentenza di I° grado ed ingiustizia della
motivazione per il mancato accoglimento del primo motivo di ricorso -
Violazione e/o falsa applicazione di legge, in particolare degli
articoli 46 e 75 del decreto del Presidente della Repubblica n.
445/2000, nonche' delle disposizioni relative agli effetti dei
decreti penali di condanna, di cui agli articoli 459 e seguenti,
codice procedura civile - Falsa applicazione dell'art. 8, legge
regionale della Regione Puglia n. 14/05 - Carenza di istruttoria,
contraddittorieta', falsa presupposizione ed erroneita' dei
presupposti.
L'appellante lamenta l'erroneita' della sentenza di primo grado
nel punto in cui fa riferimento alla sussistenza di tre decreti
penali di condanna anziche' di due, evidenziando peraltro che l'unico
carico penale realmente esistente alla data del ..., ovvero alla data
della prima dichiarazione di non avere carichi pendenti (resa ai fini
dell'ammissione all'esame di idoneita' oggetto del provvedimento di
autotutela gravato), riguardava il procedimento penale per omesso
versamento delle ritenute previdenziali, per un importo inferiore ad
euro 10.000,00 e come tale successivamente depenalizzato con legge n.
67/2014, ovvero in data antecedente alla data in cui era intervenuto
il provvedimento oggetto di impugnativa.
Infatti, esaminando il certificato dei carichi pendenti prodotto
in primo grado da parte dell'amministrazione resistente, era
possibile constatare che alla data del ... nei confronti del
ricorrente risultava il procedimento contraddistinto con il numero PM
... GIP ... DIB ... - con le seguenti scansioni: ... richiesta del PM
di emissione di decreto penale; ... emissione del decreto penale da
parte del GIP con applicazione della multa di euro 3.950,00; ...
opposizione da parte del sig. S. G.; ... decreto che disponeva il
giudizio immediato - riguardante l'omesso versamento di contributi
previdenziali, gia' a tale data depenalizzato; nonche' il
procedimento con il numero PM ... GIP ..., per la fattispecie di
reato di cui all'art. 388 codice penale, (successivamente estinto per
remissione di querela, accettata in data ... come da certificazione
in atti), in relazione al quale solo la richiesta da parte del P.M. -
risalente al ... - era antecedente alla dichiarazione resa ai fini
dell'iscrizione nell'albo provinciale, mentre la sua adozione ad
opera del giudice per le indagini preliminari era avvenuta solo
successivamente, ovvero in data ... maggio ... .
Diversamente da quanto ritenuto dal TAR, pertanto, l'unico carico
penale realmente esistente nei confronti del ricorrente alla data del
..., in cui questi aveva reso la dichiarazione di non avere carichi
pendenti ai fini dell'ammissione all'esame di idoneita' in questione,
riguardava il procedimento penale per omesso versamento delle
ritenute previdenziali, per un importo inferiore ad euro 10.000,00 e
come tale successivamente depenalizzato con legge n. 67/2014. Gia'
per tale motivo, quindi, la sentenza risulta, in tesi di parte
appellante, viziata per aver dato rilievo a fatti in realta' non
esistenti.
L'appellante censura inoltre la motivazione della sentenza in
quanto dettata da un rigido formalismo nella valutazione della
dichiarazione resa ai fini dell'ammissione all'esame di idoneita',
tra l'altro su di un modulo prestampato della C.C.I.A.A. di Taranto,
del tutto sproporzionato rispetto al fatto materiale non dichiarato,
trattandosi di una fattispecie depenalizzata e al suo significato
sociale e giuridico, evidenziando come secondo l'interpretazione
della Corte costituzionale per la decadenza o per il diniego del
beneficio non sarebbe determinante il profilo formale della falsita'
della dichiarazione, bensi' quello sostanziale, costituito dalla
mancanza del requisito falsamente dichiarato e come all'esito
dell'opposizione, proposta in data ..., ovvero in data antecedente
alla prima dichiarazione, gli effetti del decreto penale erano venuti
meno.
Assume pertanto che alla data della dichiarazione, resa ai fini
dell'iscrizione all'esame di abilitazione (..., non esisteva neanche
la richiesta di emissione del secondo decreto penale da parte del PM
- proc. PM ... GIP ... - e che in ogni caso anche alla data della
seconda dichiarazione egli era del tutto ignaro dell'esistenza di
tale procedimento, tant'e' che il decreto penale veniva emesso dal
GIP solo in data ..., e depositato in cancelleria in data ..., vale a
dire, addirittura, due mesi dopo la presentazione della sua domanda
di iscrizione nell'elenco provinciale in questione (datata ... e
protocollata il ... seguente).
Invoca pertanto la figura del falso innocuo, vertendo l'unica
dichiarazione falsa su un reato nelle more depenalizzato.
II - Erroneita' ed ingiustizia della sentenza impugnata per
mancato accoglimento del secondo motivo di ricorso - omessa pronunzia
- illegittimita' costituzionale dell'art. 8 della legge Regione
Puglia n. 14/1995, per contrasto con il principio di presunzione di
innocenza, di cui all'art. 27, secondo comma, Costituzione, nonche'
con i principi in materia di potesta' legislativa concorrente
spettante alle regioni, ai sensi dell'art. 117 della Costituzione -
irrazionalita' ed ingiustizia manifesta.
L'appellante evidenzia inoltre come la sentenza impugnata, oltre
ad essere erronea nel punto in cui aveva ritenuto non fondata la
questione di costituzionalita' per contrasto con l'art. 27 Cost., si
era trincerata dietro un'omessa pronunzia, relativamente
all'ulteriore rilievo di illegittimita' costituzionale dell'art. 8,
comma 3, legge regionale Puglia n. 14/1995 per contrasto con l'art.
117, terzo comma della Costituzione, rilevando come, nonostante la
stessa fosse stata sollevata solo con la memoria conclusiva del 24
aprile, riguardasse una questione di incostituzionalita' della legge
regionale, applicata nel caso di specie, rilevabile anche d'ufficio.
Lamenta in particolare come la normativa regionale aveva finito per
introdurre un requisito di accesso all'iscrizione nel ruolo della
figura professionale in esame e, cioe', l'inesistenza di carichi
pendenti a carico del richiedente l'ammissione all'esame, ovvero
richiedente l'iscrizione nell'elenco provinciale, non previsto dalla
legge quadro statale ed in ogni caso del tutto irragionevole.
6. Si e' costituita la Camera di commercio industria ed
artigianato di Taranto, eccependo in via preliminare
l'improcedibilita' del ricorso in appello dal momento che era stata
successivamente adottata la determinazione dirigenziale n. ... del
..., con cui la stessa Camera di commercio aveva disposto in
autotutela l'annullamento, ex art, 21-nonies, legge n. 241/1990,
dell'iscrizione dell'appellante nel ruolo provinciale dei conducenti
dei veicoli e natanti adibiti ad autoservizi non di linea, stante la
decadenza dei benefici conseguiti per effetto della mendacio reso
nella dichiarazione sostitutiva ex art. 75, decreto del Presidente
della Repubblica n. 445/2000, relativamente all'assenza di carichi
penali pendenti, nonche' in ogni caso l'assenza dei requisiti morali
prescritti dall'art. 8, comma 3, della legge regionale n. 14/1995 ed
infine l'intervenuta decadenza del superamento dell'esame.
6.1. L'istanza cautelare, presentata da parte appellante ai fini
dell'ottenimento della sospensione dell'esecutivita' della sentenza
gravata, e' stata accolta dalla sezione con ordinanza n. 1387/2022
alla stregua dei seguenti rilievi «Ritenuto preliminarmente, ad un
primo sommario esame della presente fase cautelare, salvo successivi
approfondimenti nella fase di merito, che non sia meritevole di
accoglimento l'eccezione di improcedibilita' dell'odierna impugnativa
sollevata dall'amministrazione appellata, motivata con la
sopravvenuta adozione della determina dirigenziale n. ... del ...,
con cui il segretario generale f.f. della Camera di commercio di
Taranto ha adottato il provvedimento di cancellazione del ricorrente
dal ruolo provinciale dei conducenti di veicoli e natanti adibiti ad
autoservizi pubblici non di linea, trattandosi di provvedimento
meramente consequenziale rispetto al provvedimento di annullamento,
con effetto ex tunc del superamento dell'esame di idoneita', ai fini
dell'iscrizione nel predetto ruolo provinciale, oggetto di
impugnativa in prime cure, con la conseguenza che l'eventuale
accoglimento del presente appello avverso la sentenza reiettiva
dell'impugnativa dell'atto presupposto farebbe venire meno, con
effetto caducante automatico, il provvedimento consequenziale
sopravvenuto.
Ritenuto peraltro che proprio detto provvedimento sopravvenuto
radichi il periculum in mora fatto valere da parte appellante, da
ritenersi provato in via presuntiva secondo l'id quod plerumque
accidit, venendo meno il titolo abilitativo per lo svolgimento
dell'attivita' lavorativa;
Ritenuto pertanto, nell'indubbia sussistenza di detto periculum
in mora e nel contemperamento degli opposti interessi, che l'istanza
di sospensiva sia meritevole di accoglimento, avuto tra l'altro
riguardo alla circostanza che l'unico procedimento penale pendente
non dichiarato dall'appellante, da ritenersi conosciuto all'epoca in
cui sono state rese le dichiarazioni mendaci, atteneva ad un reato
gia' depenalizzato alla data in cui e' intervenuto il provvedimento
di autotutela oggetto di impugnativa in prime cure».
7. In vista della trattazione del merito dell'appello le parti
hanno prodotto memoria difensiva diretta e parte appellante anche
memoria di replica, ex art. 73, comma 1, c.p.a.
8. La causa e' stata trattenuta in decisione all'esito
dell'udienza pubblica del 20 ottobre 2022.
III. Il rilievo della questione di leggittimita' costituzionale
dell'art. 8, comma 3, della legge regione Puglia n. 14/1995, con
riferimento agli articoli 3 e 117, comma 3, della Costituzione.
9. Questa sezione, avuto riguardo al secondo motivo di appello,
con cui parte appellante censura la sentenza di prime cure in
relazione al capo che ha ritenuto manifestamente infondata la
prospettata questione di costituzionalita', intende sottoporre alla
Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 8, comma 3, della legge Regione Puglia n. 14/1995, laddove
dispone che «Alla domanda, a pena di esclusione, oltre alla copia
autenticata del titolo di studio posseduto e del certificato di
abilitazione professionale di cui al comma 1, deve essere allegata
una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorieta' attestante:
l'assenza di carichi pendenti» per contrasto l'art. 117, comma 3,
Cost., nonche' per contrasto con il principio di ragionevolezza
sotteso all'art. 3 Cost.
Non rileva al riguardo la circostanza che parte ricorrente abbia
dedotto in prime cure solo con memoria difensiva il contrasto con
l'art. 117, comma 3 Cost - avendo in ogni caso fatto riferimento nel
ricorso all'assenza della previsione sospetta di incostituzionalita'
nella legge quadro nazionale - ne' la circostanza che non abbia
expressis verbis lamentato il contrasto con l'art. 3 Cost., avendo
del pari sempre in ricorso lamentato l'irragionevolezza della
disposizione legislativa regionale, reiterando detta censura in
appello - spettando la qualificazione della questione di
costituzionalita', alla luce di quanto dedotto dalle parti, al
giudice, per il principio iura novit curia ed essendo in ogni caso la
questione di legittimita' costituzionale, come noto, rilevabile
d'ufficio ai sensi dell'art. 1, legge Cost. n. 1/1948 e dell'art. 23,
comma 3, legge n. 87/1953, laddove il giudice a quo la ritenga
rilevante ai fini della decisione e non manifestamente infondata, ai
sensi del comma 2 del medesimo disposto normativo.
IV. Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale.
10. Ai fini della disamina della rilevanza della questione di
costituzionalita' va delibata in limine litis l'eccezione di
improcedibilita' dell'appello sollevata dall'Amministrazione
appellata, fondata sul rilievo che parte appellante non avrebbe
impugnato la determinazione dirigenziale n. ... del ..., con cui la
medesima Camera di commercio aveva disposto in autotutela
l'annullamento, ex art. 21-nonies, legge n. 241/1990, dell'iscrizione
dell'appellante nel ruolo provinciale dei conducenti dei veicoli e
natanti adibiti ad autoservizi non di linea.
10.1. L'eccezione, come gia' evidenziato in sede cautelare, e'
infondata, essendo il provvedimento sopravvenuto atto meramente
consequenziale a quello oggetto del presente giudizio di appello -
ovvero la determinazione dirigenziale n. ... del ..., a firma del
vice segretario generale vicario della Camera di commercio industria
artigianato e agricoltura (C.C.I.A.A.) di Taranto, con cui veniva
disposto nei confronti del sig. S. G. l'annullamento/decadenza in via
di autotutela, con effetto ex tunc, del superamento dell'esame di
idoneita', finalizzato all'iscrizione nel ruolo provinciale dei
conducenti dei veicoli e natanti adibiti ad autoservizi pubblici non
di linea - come evidenziato dall'afferenza di entrambi i
provvedimenti ad un unico contesto procedimentale, seppure
formalmente avviato con due distinte, ma coeve, comunicazioni di
avvio del procedimento e dalla medesimezza delle contestazioni, come
di seguito precisato; per cui in ipotesi di accoglimento dell'appello
e pertanto di consequenziale accoglimento del giudizio di primo grado
con annullamento del provvedimento gravato, verrebbe meno con effetto
caducante automatico anche la determinazione dirigenziale n. ... del
..., con cui la Camera di commercio ha disposto in autotutela
l'annullamento, ex art. 21-nonies, legge n. 241/1990, dell'iscrizione
del ricorrente nel ruolo provinciale dei conducenti dei veicoli e
natanti adibiti ad autoservizi pubblici non di linea.
10.1.1. Ed invero le contestazioni mosse con la sopravvenuta
determinazione si fondano per un verso sull'intervenuta decadenza
dall'ammissione all'esame di cui al provvedimento oggetto del
presente giudizio - che pertanto si appalesa come atto presupposto -
per altro verso sul carattere mendace delle dichiarazioni rese sia ai
fini dell'ammissione all'esame di idoneita', sia ai fini
dell'iscrizione nell'albo provinciale dei conducenti dei veicoli e
natanti adibiti ad autoservizi pubblici non di linea, e sull'assenza
dei requisiti morali, avuto riguardo ai due decreti penali di
condanna innanzi menzionati, ovvero sulle medesime contestazioni
contenute nella determinazione oggetto del presente giudizio di
appello.
10.1.2. Infatti, come emergente ex actis, in data ... la Camera
di commercio di Taranto adottava due distinti avvisi di avvio del
procedimento, finalizzati rispettivamente all'annullamento/decadenza
dell'ammissione all'esame di idoneita' e all'annullamento/decadenza
dell'iscrizione nel ruolo provinciale, fondati sulle medesime
contestazioni quanto alla sussistenza di due carichi pendenti - e
dunque all'insussistenza delle richieste qualita' morali - derivanti
da due distinti decreti penali di condanna - nonche' l'una sul
carattere mendace della dichiarazione circa l'assenza di carichi
pendenti, resa in sede di richiesta di ammissione all'esame di
idoneita', e l'altra sul carattere del pari mendace di quella resa in
sede di richiesta di iscrizione nell'albo provinciale.
10.1.3. Peraltro, nonostante le due distinte comunicazioni, con
la determinazione dirigenziale n. ... del ..., oggetto del presente
giudizio, pur disponendosi la decadenza/annullamento della sola
ammissione all'esame di idoneita', viene contestato all'appellante il
carattere mendace sia della dichiarazione resa ai fini
dell'ammissione all'esame di idoneita', che di quella resa ai fini
dell'iscrizione nell'albo provinciale nonche' la sussistenza dei
carichi pendenti derivanti da entrambi i decreti penali di condanna,
sebbene alla data della dichiarazione resa ai fini dell'ammissione
all'esame di idoneita' non fosse stato richiesto ed adottato il
secondo decreto penale di condanna, come di seguito precisato.
10.1.4. Appare, pertanto, evidente come, stante per un verso la
medesimezza delle contestazioni poste a base della determinazione
dirigenziale n. ... del ... - concernenti (al contrario di quanto
dedotto dall'amministrazione appellata) non solo la mendacita' della
prima dichiarazione, ma anche della seconda dichiarazione, nonche' in
ogni caso la sussistenza di carichi pendenti, derivanti dagli
indicati due decreti penali di condanna - e della sopravvenuta
determinazione dirigenziale n. ... del ..., che si differenzia dalla
prima solo per l'ulteriore contestazione dell'intervenuto
annullamento/decadenza dell'ammissione all'esame, derivante proprio
dalla precedente determinazione, oggetto del presente giudizio, come
l'annullamento di tale prima determinazione non possa che far venir
meno, con effetto caducante automatico, anche la seconda
determinazione non gravata.
Il provvedimento oggetto del presente giudizio di appello si
configura, in definitiva, alla stregua di atto presupposto del
secondo atto non gravato, essendo entrambi gli atti avvinti in un
unico contesto procedimentale, come palesato dal coevo avvio del
procedimento e dalla medesimezza delle contestazioni e dal rilievo
che l'ammissione all'esame, avvenuta in forza della prima
dichiarazione mendace, e' finalizzata all'iscrizione nell'albo
provinciale, per cui vi e' un indubbio e stretto nesso teleologico
fra l'ammissione all'esame e la successiva iscrizione nell'albo
provinciale; ne' rileva in senso autonomo la circostanza che la
richiesta di iscrizione sia stata asseritamente inficiata da
ulteriore falsita' circa l'assenza di carichi pendenti, essendo stata
anche detta falsita' - nonche' in ogni caso la sussistenza
dell'ulteriore carico pendente - gia' oggetto di contestazione con il
provvedimento di cui e' causa.
Puo' pertanto applicarsi alla fattispecie de qua la
giurisprudenza in materia secondo la quale, pur in presenza di vizi
accertati dell'atto presupposto, deve distinguersi tra invalidita' a
effetto caducante e invalidita' a effetto viziante, nel senso che nel
primo caso l'annullamento dell'atto presupposto si estende
automaticamente all'atto consequenziale, anche quando questo non sia
stato impugnato, mentre nel secondo caso l'atto conseguenziale e'
affetto solo da illegittimita' derivata, e pertanto resta efficace
ove non impugnato nel termine di rito. Per la prima ipotesi, quella
appunto dell'effetto caducante, ricorre nella sola evenienza in cui
l'atto successivo venga a porsi nell'ambito della medesima sequenza
procedimentale a guisa di inevitabile conseguenza dell'atto
anteriore, il che comporta, dunque, la necessita' di verificare
l'intensita' del rapporto di conseguenzialita' tra l'atto presupposto
e l'atto successivo, con riconoscimento dell'effetto caducante solo
qualora tale rapporto sia immediato, diretto e necessario, nel senso
che l'atto successivo si ponga, nell'ambito dello stesso contesto
procedimentale, come conseguenza ineluttabile rispetto all'atto
precedente, senza necessita' di nuove valutazioni di interessi (cfr.,
tra le tante: Cons. Stato, V, 26 maggio 2015, n. 2611 e 20 gennaio
2015, n. 163; IV, 6 dicembre 2013, n. 5813, 13 giugno 2013, n. 3272 e
24 maggio 2013, n. 2823; VI, 27 novembre 2012, n. 5986 e 5 settembre
2011, n. 4998; V, 25 novembre 2010, n. 8243).
Nell'ipotesi di specie, applicando tali coordinate ermeneutiche,
si ravvisa l'indicato vincolo di presupposizione, in grado di
comportare, in ipotesi di annullamento del provvedimento oggetto del
presente contenzioso, da qualificarsi quale atto presupposto, un
effetto caducante automatico dell'atto consequenziale, ovvero della
seconda determinazione, relativa all'annullamento/decadenza
dell'iscrizione nell'albo provinciale, non gravata.
10.2. Ai fini della disamina della rilevanza della questione di
costituzionalita' e' necessario altresi' fare riferimento
all'indispensabilita' della stessa, non potendo le ulteriori censure,
formulate nel primo motivo di appello, condurre all'accoglimento
dello stesso e al consequenziale accoglimento del ricorso di primo
grado e dunque all'annullamento della determinazione gravata, avuto
riguardo al carattere plurimotivato della stessa determinazione.
10.3. L'atto gravato in prime cure e' stato infatti adottato in
asserita applicazione del disposto dell'art. 8 (rubricato Esame di
idoneita' all'esercizio del servizio di taxi e di noleggio con
conducente) comma 3 della legge Regione Puglia n. 14/1995, la quale
dispone sic et simpliciter, senza prevedere un correlativo giudizio
valutativo ad opera della commissione provinciale per l'accertamento
dei requisiti di idoneita' all'esercizio del servizio, di cui
all'art. 7 della medesima legge regionale, che «Alla domanda, a pena
di esclusione, oltre alla copia autenticata del titolo di studio
posseduto e del certificato di abilitazione professionale di cui al
comma 1, deve essere allegata una dichiarazione sostitutiva dell'atto
di notorieta' attestante:
l'assenza di carichi pendenti;
l'assenza di condanne che comportino l'interdizione dai
pubblici uffici;
l'assenza di procedimenti fallimentari;
l'assenza di provvedimenti di revoca o decadenza di
precedenti licenze o autorizzazioni;
la non appartenenza ad associazioni di tipo mafioso ai sensi
della legge 31 maggio 1965, n. 575 e successive modifiche ed
integrazioni».
10.3.1. Da tale disposto normativo si evince, claris verbis, come
l'assenza dei carichi pendenti, al pari delle altre condizioni ivi
elencate, da indicarsi a pena di esclusione nella domanda di
ammissione all'esame, risulti un requisito necessario ai fini di
detta ammissione e pertanto come, correlativamente, la sussistenza di
carichi pendenti risulti ostativa alla stessa.
La dichiarazione da rendersi al riguardo, ove risultata poi non
veritiera, comporta pertanto, come nella presente fattispecie,
l'applicazione del disposto dell'art. 75 del decreto del Presidente
della Repubblica n. 445/2000, il quale dispone che «Fermo restando
quanto previsto dall'art. 76, qualora dal controllo di cui all'art.
71 afferente alle dichiarazioni rese ai sensi dei precedenti articoli
46 e 47 emerga la non veridicita' della dichiarazione, il dichiarante
decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento
emanato sulla base della dichiarazione non veritiera».
10.3.2. La giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che la ratio
del citato art. 75, decreto del Presidente della Repubblica n. 445
del 2000 e' quella di semplificare l'azione amministrativa, facendo
leva sul principio di autoresponsabilita' del dichiarante; con la
conseguenza che la non veridicita' di quanto autodichiarato rileva
sotto un profilo oggettivo e conduce alla decadenza dei benefici
ottenuti con la dichiarazione non veritiera, indipendentemente da
ogni indagine dell'Amministrazione sull'elemento soggettivo del
dichiarante, giacche' non vi sono particolari risvolti sanzionatori
in gioco, ma solo la necessita' di una spedita esecuzione della legge
sottesa al sistema di semplificazione (ex multis, di recente, Cons.
Stato, VI, 20 agosto 2019, n. 5761; 20 dicembre 2013, n. 6145).
Ne consegue, ulteriormente, che la disposizione non lascia
margini di discrezionalita' alle amministrazioni e non chiede alcuna
valutazione circa il dolo o la colpa grave del dichiarante (Cons.
Stato, V, 15 marzo 2017, n. 1172; 27 aprile 2012, n. 2447).
10.4. Ci in disparte dalla considerazione, che, a prescindere
dalla falsita' della dichiarazione e quindi dalla conoscenza del
carico pendente, l'accertamento successivo della sussistenza dello
stesso, in quanto ostativa all'ammissione all'esame ed alla
consequenziale iscrizione nell'albo provinciale, puo' essere posta
dall'amministrazione alla base di un atto di annullamento d'ufficio,
ex art. 21-nonies, legge n. 241/1990, del pari applicato dalla
C.C.I.A.A. di Taranto nell'adozione dell'atto gravato in prime cure.
10.5. La questione di costituzionalita' si presenta, pertanto,
come rilevante, posto che il suo accoglimento, determinando
l'eliminazione della norma incostituzionale dall'ordinamento con
effetto ex tunc, farebbe venir meno il requisito richiesto ai fini
dell'ammissione all'esame di idoneita' ed ai fini dell'iscrizione nel
registro provinciale.
Le pronunce di accoglimento della Corte costituzionale spiegano,
infatti, effetto retroattivo, inficiando ab origine la validita' e
l'efficacia della norma dichiarata contraria alla Costituzione, salvo
il limite delle situazioni giuridiche «consolidate» (cd. «rapporti
esauriti») per effetto di eventi che l'ordinamento giuridico
riconosce idonei a produrre tale effetto, quali le sentenze passate
in giudicato, l'atto amministrativo non piu' impugnabile, la
prescrizione e la decadenza. (Cass. civ. sez. III 28 luglio 1997, n.
7057).
10.5.1. Pertanto in ipotesi di accoglimento della questione di
costituzionalita' per un verso verrebbe meno la condizione ostativa
all'ammissione all'esame e all'iscrizione nell'albo provinciale -
ovvero la presenza di carichi pendenti - per altro verso verrebbe a
perdere rilievo la dichiarazione mendace, posto che la stessa non
avrebbe dovuto neppure essere resa in parte qua, dovendo al riguardo
applicarsi alla presente fattispecie la giurisprudenza del Consiglio
di Stato secondo la quale ci che rileva non e' tanto la falsita'
formale della dichiarazione ma la sussistenza o meno del requisito
dichiarato (Consiglio di Stato, sezione quinta, 17 gennaio 2018, n.
257 e 23 gennaio 2018, n. 418), per cui per la decadenza o per il
diniego del beneficio non sarebbe determinante il profilo formale
della falsita' della dichiarazione, bensi' quello sostanziale,
costituito dalla mancanza del requisito falsamente dichiarato.
Pertanto l'accoglimento della questione di costituzionalita'
dovrebbe necessariamente condurre all'accoglimento dell'appello, con
consequenziale accoglimento del giudizio di primo grado ed
annullamento della determinazione gravata, laddove per contro la
mancata rimessione della questione di costituzionalita' non potrebbe
che condurre al suo rigetto, stante l'inidoneita' delle censure
sollevate con il primo motivo di appello a determinare un diverso
esito del giudizio.
10.5.2. Ed invero seppure e' vero che erroneamente il giudice di
prime cure aveva fatto menzione di tre decreti penali di condanna,
anziche' a due - considerando anche la data della richiesta del primo
decreto penale di condanna, risultante dal certificato dei carichi
pendenti - e che abbia fatto riferimento, nell'indicare il secondo
decreto penale di condanna, alla data della sua richiesta - ... (cui
del pari fa riferimento l'atto gravato) - anziche' alla data della
sua adozione, avvenuta in data ..., risulta evidente come alla data
della prima dichiarazione, ..., relativa alla richiesta di ammissione
all'esame di idoneita', sussistesse il carico pendente derivante dal
primo decreto penale di condanna e come alla data della seconda
dichiarazione, ..., sussistesse comunque la richiesta del secondo
decreto penale di condanna (anche se non conosciuta), cui va
correlata la qualita' di imputato, ex art, 60 codice procedura penale
- e pertanto il carico pendente, comunque ostativo all'iscrizione
nell'albo provinciale - con conseguente possibilita' di applicazione
del disposto dell'art. 21-nonies legge n. 241/1990, come avvenuto ad
opera dell'amministrazione appellata con l'atto oggetto di gravame in
prime cure; cio' in disparte dalla considerazione che sarebbe stato
onere del dichiarante, in base al principio di autoresponsabilita',
prima di rendere la dichiarazione, richiedere il certificato dei
carichi pendenti, dal quale risultava comunque la richiesta del
secondo decreto penale di condanna.
10.6. Ne' rileva la circostanza che il primo decreto penale di
condanna sia stato opposto dall'appellante ancor prima di rendere la
prima dichiarazione, in quanto l'opposizione al decreto penale di
condanna fa venire meno la condanna, ma non il carico pendente, da
correlarsi all'assunzione della qualita' di imputato, ex art. 60
codice procedura penale, comportando detta opposizione la (sola)
possibilita' per l'imputato di richiedere il giudizio immediato, il
giudizio abbreviato oppure l'applicazione della pena su richiesta
delle parti, ex art. 461 comma 3, codice procedura penale.
E, invero, la qualita' di imputato - e dunque la sussistenza di
carichi pendenti rilevante ai fini dell'ammissione all'esame secondo
l'indicata norma regionale sospetta di incostituzionalita' - e'
connessa alla richiesta del decreto penale di condanna da parte del
pubblico ministero e non alla sua adozione da parte del Giudice delle
indagini preliminari, come claris verbis evincibile dal disposto
dell'art. 60, codice procedura penale, secondo cui «assume la
qualita' di imputato la persona alla quale e' attribuito il reato
nella richiesta di rinvio a giudizio, di giudizio immediato, di
decreto penale di condanna, di applicazione della pena a norma
dell'articolo 447, comma 1, nel decreto di citazione diretta a
giudizio e nel giudizio direttissimo».
10.7. Del pari irrilevante si palesa il rilievo che il reato di
cui all'art. 1 dellalegge n. 211 del 1994 di cui al primo decreto
penale di condanna, sia stato depenalizzato ai sensi dell'art. 2,
comma 2, lettera c), legge n. 67/2014 e che all'esito del giudizio di
opposizione l'appellante sia stato dunque assolto, posto che alla
data della prima dichiarazione, resa ai fini dell'ammissione
all'esame di idoneita', sussisteva senza dubbio detto carico
pendente, relativo a reato non ancora depenalizzato e ostativo
all'ammissione all'esame, per cui, in assenza dalla mendace
dichiarazione - rispetto alla quale non rileva, come innanzi
precisato, la colpa - l'appellante non avrebbe potuto sostenere
l'esame.
Questo solo rilievo rende evidente pertanto come, in assenza
dalla rimessione della questione di costituzionalita', l'appello non
potrebbe trovare accoglimento.
10.8. Cio' in disparte dalla considerazione che parimenti
irrilevante si palesa, come innanzi precisato, ai fini
dell'accoglimento dell'appello, la deduzione di parte appellante
circa la mancata conoscenza, alla data della dichiarazione resa ai
fini dell'iscrizione all'albo provinciale (...), del secondo decreto
penale di condanna in quanto a tale data neppure adottato, posto che
all'epoca sussisteva la richiesta del decreto penale di condanna da
parte del P.M. e dunque il carico pendente.
11. Ci posto, ad avviso del collegio, la questione di
costituzionalita' appare rilevante, potendo incidere sull'esito del
giudizio, ne' potendo pervenirsi ad una diversa interpretazione,
costituzionalmente orientata, della norma regionale, a cio' ostando
il suo chiaro tenore letterale, per cui non residuano dubbi che la
sussistenza di qualsivoglia carico pendente sia una condizione
ostativa all'ammissione all'esame di idoneita', laddove detta
condizione ostativa contrasta con le previsioni della legge quadro
nazionale e viola i criteri di razionalita' e proporzionalita' che
costituiscono un limite all'esercizio della discrezionalita' del
legislatore, secondo quanto di seguito specificato in punto di
disamina della non manifesta infondatezza della questione di
costituzionalita'.
V. Sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 8, comma 3, legge regionale Puglia n.
14/1995, per contrasto con gli articoli 117, comma 3 e 27 Cost.
12. La questione di costituzionalita' per contrasto con l'art. 27
Cost, quale articolata da parte appellante, si appalesa
manifestamente infondata.
12.1. Cio' in quanto deve escludersi in radice la natura
sanzionatoria della non ammissione all'esame per il conseguimento
dell'abilitazione di cui e' causa per la sussistenza di carichi
pendenti, in quanto la fissazione legislativa delle qualita' morali
necessarie per il rilascio dei titoli assume una natura latu sensu
cautelare e non certamente sanzionatoria, come evincibile dalla
corposa giurisprudenza attinente i titoli di polizia.
12.1.1. Pertanto deve ritenersi sul punto corretta la statuizione
del giudice di prime cure, non risultando pertinente l'evocazione del
riferimento all'art. 27 Cost., quale dedotta da parte appellante, non
potendo pervenirsi all'applicabilita' di tale disposto normativo
all'ipotesi di specie, neppure per il tramite della giurisprudenza
della Corte europea sui criteri per l'attribuibilita' di natura
sostanzialmente penale a «sanzioni» non formalmente tali.
E' infatti vero che, secondo quanto precisato dalla Corte
costituzionale «rispetto a singole sanzioni amministrative che
abbiano natura e finalita' "punitiva", il complesso dei principi
enucleati dalla Corte di Strasburgo a proposito della "materia
penale" non potra' che estendersi anche a tali sanzioni» (da ultimo
sentenza n. 198 del 2022; nello stesso senso sentenze n. 68 del 2021,
n. 63 del 2019, e n. 193 del 2016). Peraltro, laddove la misura
prevista dal legislatore non assuma, come nella specie, carattere
sanzionatorio, non potranno applicarsi i principi propri delle
sanzioni penali (in tal senso Corte costituzionale, sentenza n. 198
del 2022, relativamente al carattere non sanzionatorio
dell'escussione della fideiussione nell'ipotesi di esclusione
dell'operatore economico dalla procedura evidenziale, ex art. 48,
comma 1, del decreto legislativo n. 163 del 2006, e pertanto alla non
applicabilita' del principio della retroattivita' della lex mitior di
cui all'art. 2, comma 2, codice penale).
13. La questione di costituzionalita' deve invece ritenersi non
manifestamente infondata con riferimento alla violazione dell'art.
117, comma 3 Cost, relativo alla legislazione concorrente, spettando
in tale ambito allo Stato la determinazione dei principi, cui la
normativa di dettaglio regionale si deve attenere, nonche' con
riferimento alla violazione del principio di ragionevolezza, ex art.
3 Cost.
14. Ad avviso della sezione nella logica (appunto non punitiva,
ma individuativa delle condizioni soggettive ostative all'ammissione
all'esame per il conseguimento del titolo abilitativo de quo, nonche'
per l'iscrizione all'albo provinciale) rileva in primis il contrasto
della normativa regionale con l'art. 117, comma 3 Cost.
14.1. Ed invero, come evidenziato da parte appellante, dal
confronto tra la normativa statale di riferimento, adottata con la
legge n. 21/1992 «Legge quadro per il trasporto di persone mediante
autoservizi pubblici non di linea», che all'art. 6 istituisce il
ruolo dei conducenti di veicoli o natanti adibiti ad autoservizi
pubblici non di linea, e l'art. 8, comma 3, della legge Regionale
Puglia n. 14/1995, recante attuazione della prima, emerge
all'evidenza come la normativa regionale pugliese abbia finito per
introdurre un requisito di accesso all'iscrizione nel ruolo della
figura professionale in esame, e, cioe' l'inesistenza di carichi
pendenti a carico del richiedente l'ammissione all'esame, non
previsto dalla legge quadro statale.
14.2. Il trasporto mediante autoservizi pubblici non di linea e'
infatti a tutt'oggi disciplinato dalla legge 15 gennaio 1992, n. 21.
L'art. 1 definisce, al comma 1, gli autoservizi pubblici non di
linea «quelli che provvedono al trasporto collettivo od individuale
di persone, con funzione complementare e integrativa rispetto ai
trasporti pubblici di linea ferroviari, automobilistici, marittimi,
lacuali ed aerei, e che vengono effettuati, a richiesta dei
trasportati o del trasportato, in modo non continuativo o periodico,
su itinerari e secondo orari stabiliti di volta in volta»; il comma
2, stabilisce poi: «Costituiscono autoservizi pubblici non di linea:
a) il servizio di taxi con autovettura, motocarrozzetta, natante e
veicoli a trazione animale; b) il servizio di noleggio con conducente
e autovettura, motocarrozzetta, natante e veicoli a trazione
animale».
Il successivo art. 4 definisce, al comma 1, le competenze
regionali in materia, stabilendo che «Le regioni esercitano le loro
competenze in materia di trasporto di persone mediante autoservizi
pubblici non di linea ai sensi del decreto del Presidente delle
Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e nel quadro dei principi fissati
dalla presente legge».
A sua volta, l'art. 6 della stessa legge-quadro n. 21 del 1992,
prevede l'istituzione presso le Camere di commercio, industria,
artigianato e agricoltura, del ruolo dei conducenti di veicoli o
natanti adibiti ad autoservizi pubblici non di linea (comma 1),
stabilendo, in particolare, che il ruolo e' istituito dalle regioni
(comma 4) e che: «L'iscrizione nel ruolo costituisce requisito
indispensabile per il rilascio della licenza per l'esercizio del
servizio di taxi e dell'autorizzazione per l'esercizio del servizio
di noleggio con conducente» (comma 5).
L'art. 6 della citata legge n. 21/1992, richiede peraltro quale
«requisito indispensabile» per l'ammissione all'esame solo il
certificato di abilitazione professionale alla guida dei veicoli,
secondo il codice della strada - al cui rilascio risultano comunque
ostative le fattispecie previste dall'art. 120, comma 1, del medesimo
codice - e il superamento dell'esame finalizzato ad accertare
l'idoneita' all'esercizio del servizio, «con particolare riferimento
alla conoscenza geografica e toponomastica». Nessun riferimento vi e'
invece nella legge statale alla necessita' che nei confronti
dell'aspirante all'esercizio della professione di conducente di
veicoli e natanti per autoservizi non di linea non sussistano carichi
pendenti.
14.2.1. Rientrando la materia in esame tra quelle riguardanti le
«professioni», per le quali le regioni hanno competenza legislativa
concorrente, ai sensi dell'art. 117, comma 3, Cost., la Regione
Puglia, con la propria legge non poteva pertanto introdurre, ad
avviso della sezione, requisiti ulteriori di accesso alla professione
in esame rispetto a quelli stabiliti con la legge quadro adottata con
legge n. 21/1992.
14.2.2. Ci in applicazione dell'orientamento piu' volte espresso
dalla Corte costituzionale secondo cui «la potesta' legislativa
regionale nella materia concorrente delle "professioni" deve
rispettare il principio secondo cui l'individuazione delle figure
professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, e'
riservata per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato,
rientrando nella competenza delle regioni la disciplina di quegli
aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realta'
regionale; e che tale principio, al di la' della particolare
attuazione ad opera di singoli precetti normativi, si configura [...]
quale limite di ordine generale, invalicabile dalla legge regionale.»
(cfr. Corte costituzionale sentenza n. 209 del 9 ottobre 2020;
sentenze n. 98 del 2013, n. 138 del 2009, n. 93 del 2008, n. 300 del
2007, n. 40 del 2006 e n. 424 del 2005).
Pertanto in ossequio ai principi enucleati dalla Corte
costituzionale con riferimento alla potesta' legislativa concorrente
spettante alle regioni nella materia delle «professioni», indicata
dall'art. 117, comma, 3, Costituzione, la normativa regionale di cui
all'art. 8, comma 3, legge regionale Puglia n. 14/1995, non poteva
prescrivere il requisito dell'assenza di carichi pendenti in capo al
richiedente l'iscrizione all'esame di abilitazione, in contrasto con
i principi fissati dalla legge quadro statale, e, in particolare, con
l'art. 6 della legge quadro n. 21/1992, che richiede, invece, come
requisiti di accesso alla suddetta professione solo il possesso della
patente di guida - il cui rilascio e la cui revoca sono comunque
sottoposti alla disciplina dell'art. 120 del codice della strada, da
leggersi anche alla stregua delle pronunce della Corte
costituzionale, che sono intervenute a dichiarare l'illegittimita'
costituzionale del comma 2, relativamente alla revoca della patente,
sotto distinti profili - nonche' il superamento di un esame che
accerti i requisiti di idoneita' all'esercizio del servizio, con
particolare riferimento alla conoscenza geografica e toponomastica,
non potendosi avere, con riferimento ai requisiti per l'accesso alla
professione de qua, una disciplina differenziata a seconda delle
regioni.
15. Parimenti non manifestamente infondata si palesa la questione
di costituzionalita' con riferimento alla violazione del principio di
ragionevolezza.
15.1. Detto principio, sotteso al disposto dell'art. 3 Cost.,
come noto rappresenta infatti un naturale corollario del principio di
uguaglianza, ed esige che le norme dell'ordinamento, in tutte le loro
forme, siano adeguate al fine perseguito. Esso rappresenta pertanto
uno stringente limite alla discrezionalita' del legislatore.
La ragionevolezza e' il canone di valutazione proprio del
giudizio di costituzionalita'. La Corte stessa ha definito la
ragionevolezza «razionalita' pratica» (sentenza n. 172 del 1996),
potendosi intendere con cio' un uso della ragione che si avvicina al
«senso comune» per moderare la discrezionalita' del legislatore.
Nella giurisprudenza piu' recente, talvolta la ragionevolezza e'
declinata nella formula della «ragionevolezza e proporzionalita'»
ovvero del «ragionevole e proporzionato bilanciamento».
Queste formulazioni piu' recenti trovano peraltro i loro
antecedenti in risalenti sentenze.
La sentenza n. 1130 del 1988 definisce il giudizio di
ragionevolezza come giudizio di proporzionalita', distinguendolo
espressamente dal giudizio di merito.
Infatti con tale sentenza la Corte ha expressis verbis affermato
che «il giudizio di ragionevolezza, lungi dal comportare il ricorso a
criteri di valutazione assoluti e astrattamente prefissati, si svolge
attraverso ponderazioni relative alla proporzionalita' dei mezzi
prescelti dal legislatore nella sua insindacabile discrezionalita'
rispetto alle esigenze obiettive da soddisfare o alle finalita' che
intende perseguire, tenuto conto delle circostanze e delle
limitazioni concretamente sussistenti». E tuttavia «l'impossibilita'
di fissare in astratto un punto oltre il quale scelte di ordine
quantitativo divengono manifestamente arbitrarie e, come tali,
costituzionalmente illegittime, non puo' essere validamente assunta
come elemento connotativo di un giudizio di merito, essendo un tratto
che si riscontra [...] anche nei giudizi di ragionevolezza».
Con la sentenza n. 220 del 1995 la Corte costituzionale ha
chiarito che il principio di proporzionalita' «rappresenta una
diretta espressione del generale canone di ragionevolezza».
La stretta relazione tra ragionevolezza e proporzionalita' e'
evidente inoltre nella sentenza n. 227 del 2010, in cui i due termini
si presentano in rapporto invertito: ovverosia il difetto di
ragionevole giustificazione rende non proporzionata la norma
impugnata.
Il parametro di ragionevolezza e' stato inoltre preso in
considerazione dalla Corte costituzionale nelle recenti sentenze
dichiarative dell'illegittimita' costituzionale di diverse parti
dell'art. 120, comma 2, del codice della strada, che individua le
fattispecie di revoca della patente di guida.
15.1.1. Ed invero con la sentenza n. 22 del 2018 la Corte
costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 120, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n.
285 («Nuovo codice della strada»), come sostituito dall'art. 3, comma
52, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 («Disposizioni in
materia di sicurezza pubblica»), nella parte in cui - con riguardo
all'ipotesi di condanna per reati di cui agli articoli 73 e 74 del
decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309
(«Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti
e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei
relativi stati di tossicodipendenza»), che intervenga in data
successiva a quella di rilascio della patente di guida - dispone che
il prefetto «provvede» - invece che «puo' provvedere» - alla revoca
della patente, cio' sulla base del rilievo della fondatezza della
devoluta questione di costituzionalita' per violazione dei principi
di eguaglianza, proporzionalita' e ragionevolezza di cui all'art. 3
Cost.
Cio' in quanto «la disposizione denunciata - sul presupposto di
una indifferenziata valutazione di sopravvenienza di una condizione
ostativa al mantenimento del titolo di abilitazione alla guida -
ricollega, infatti, in via automatica, il medesimo effetto, la revoca
di quel titolo, ad una varieta' di fattispecie, non sussumibili in
termini di omogeneita', atteso che la condanna, cui la norma fa
riferimento, puo' riguardare reati di diversa, se non addirittura di
lieve, entita'. Reati che, per di piu' possono (come nella specie)
essere assai risalenti nel tempo, rispetto alla data di definizione
del giudizio. Il che dovrebbe escluderne l'attitudine a fondare, nei
confronti del condannato, dopo un tale intervallo temporale, un
giudizio, di assenza dei requisiti soggettivi per il mantenimento del
titolo di abilitazione alla guida, riferito, in via automatica,
all'attualita'.
Ulteriore profilo di irragionevolezza della disposizione in esame
e', poi, ravvisabile nell'automatismo della «revoca» amministrativa
rispetto alla discrezionalita' della parallela misura del «ritiro»
della patente che, ai sensi dell'art. 85 del decreto del Presidente
della Repubblica n. 309 del 1990, il giudice che pronuncia la
condanna per i reati in questione «puo' disporre», motivandola, «per
un periodo non superiore a tre anni».
E' pur vero che tali due misure - come gia' evidenziato - operano
su piani diversi e rispondono a diverse finalita'.
Ma la contraddizione non sta nel fatto che la condanna per reati
in materia di stupefacenti possa rilevare come condizione soggettiva
ostativa al mantenimento del titolo di abilitazione alla guida, agli
effetti della sua revocabilita' da parte dell'autorita'
amministrativa, anche quando il giudice penale (non ritenendo che
detto titolo sia strumentale al reato commesso o che possa agevolare
la commissione di nuovi reati, decida di non disporre (ovvero
disponga per un piu' breve periodo) la sanzione accessoria del ritiro
della patente.
La contraddizione sta, invece, in cio' che - agli effetti
dell'adozione delle misure di loro rispettiva competenza (che pur si
ricollegano al medesimo fatto-reato e, sul piano pratico, incidono in
senso identicamente negativo sulla titolarita' della patente) -
mentre il giudice penale ha la «facolta'» di disporre, ove lo ritenga
opportuno, il ritiro della patente, il prefetto ha invece il «dovere»
di disporne la revoca».
15.1.2. Con la successiva sentenza n. 24 del 2020, lo stesso
comma 2 dell'art. 120 del codice della strada e' stato dichiarato
costituzionalmente illegittimo dalla Corte costituzionale «nella
parte in cui dispone che il prefetto "provvede" - invece che "puo'
provvedere" - alla revoca della patente di guida nei confronti di
coloro che sono sottoposti a misura di sicurezza personale».
Anche in questo caso l'automatismo della revoca della patente, da
parte del prefetto, e' stato, infatti, ritenuto contrario a principi
di eguaglianza, proporzionalita' e ragionevolezza, attesa la varieta'
(per contenuto, durata e prescrizioni) delle misure di sicurezza
irrogabili, oltreche' contradditorio rispetto al potere riconosciuto
al magistrato di sorveglianza, il quale, nel disporre la misura di
sicurezza, «puo'» consentire al soggetto che vi e' sottoposto di
continuare - in presenza di determinate condizioni - a fare uso della
patente di guida.
15.1.3. Infine con la sentenza n. 99 del 2020 la Corte
costituzionale ha dichiarato illegittimita' costituzionale dell'art.
120, comma 2, del codice della strada, come sostituito dall'art. 3,
comma 52, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94
(«Disposizioni in materia di sicurezza pubblica») e come modificato
dall'art. 19, comma 2, lettere a) e b), della legge 29 luglio 2010,
n. 120 («Disposizioni in materia di sicurezza stradale») e dall'art.
8, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 18 aprile 2011, n. 59
(Attuazione delle direttive 2006/126/CE e 2009/113/CE concernenti la
patente di guida), nella parte in cui dispone che il prefetto
«provvede» - invece che «puo' provvedere» - alla revoca della patente
di guida nei confronti dei soggetti che sono o sono stati sottoposti
a misure di prevenzione ai sensi del decreto legislativo 6 settembre
2011, n. 159 («Codice delle leggi antimafia e delle misure di
prevenzione, nonche' nuove disposizioni in materia di documentazione
antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010,
n. 136»), del pari per contrasto con l'art. 3 Cost, assorbita ogni
altra questione. Ci sulla base del rilievo che opossono essere,
infatti, sottoposti a misure di prevenzione soggetti condannati o
indiziati per ipotesi delittuose di differenti gravita' - che vanno
dai reati di elevato allarme sociale (come quelli di terrorismo e
associativi di stampo mafioso) a reati di meno intenso pericolo
sociale - ovvero anche «coloro che per la condotta ed il tenore di
vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono
abitualmente, anche in parte, con i proventi di attivita' delittuose»
(art. 1, lettera b, del decreto legislativo n. 159 del 2011).
E tale diversita' delle fattispecie, che rilevano come indice di
pericolosita' sociale, coerentemente si riflette, sul piano
giudiziario, nella diversa durata (da uno a cinque anni) e nella
differente modulabilita' della misura di prevenzione adottata dal
Tribunale (articoli 6 e 8 del decreto legislativo n. 159 del 2011).
Dal che, anche riguardo a tali misure, l'irragionevolezza del
meccanismo, previsto dal censurato art. 120, comma 2, codice della
strada, che ricollega in via automatica a tale varieta' e diversa
gravita' di ipotesi di pericolosita' sociale, l'identico effetto di
revoca prefettizia della patente di guida. Effetto, quest'ultimo,
suscettibile, per di piu' di innescare un corto circuito all'interno
dell'ordinamento, nel caso in cui l'utilizzo della patente sia
funzionale alla «ricerca di un lavoro» che al destinatario della
misura di prevenzione sia prescritta dal Tribunale ai sensi dell'art.
8, comma 3, del decreto legislativo n. 159 del 2011».
16. La sezione ritiene al riguardo che la previsione di cui
all'art. 8, comma 3, della legge Regione Puglia n. 14/1995, nella
parte in cui richiede ai fini dell'ammissione all'esame abilitativo
l'assenza di carichi pendenti, contrasti con il canone di
ragionevolezza e proporzionalita', sotteso all'art. 3 Cost., sotto
vari punti di vista.
16.1. In primo luogo occorre evidenziare come sia irragionevole e
non proporzionata allo scopo di assicurare la sicurezza dei trasporti
pubblici non di linea - anche avendo riguardo all'affidabilita'
morale dei soggetti esercenti - la previsione di un'automatica
ostativita' all'ammissione all'esame di idoneita' dipendente dalla
mera pendenza di un carico penale, a prescindere dalla gravita'
dell'ipotesi di reato contestata, al suo eventuale riflesso sulla
professione che si intende esercitare e in assenza di qualsivoglia
motivata valutazione da parte della deputata commissione di tali
aspetti.
16.2. Parimenti irragionevole appare il riferimento alla mera
pendenza del carico penale, da connettersi, come innanzi precisato,
anche al mero esercizio dell'azione penale da parte del P.M., ex art.
60 codice di procedura penale, in assenza di qualsivoglia vaglio da
parte dell'organo giudicante, anche di tipo sommario - quale quello
espresso in sede di rinvio a giudizio o in sede di adozione di una
misura cautelare personale - ovvero in assenza di una sentenza di
condanna anche di primo grado.
16.3. Non proporzionato deve inoltre ritenersi il requisito de
quo - che prescinde peraltro dall'adozione di una sentenza di
condanna - avendo riguardo agli altri requisiti pure richiesti dal
disposto normativo in esame.
16.3.1. Ed invero mentre detta proporzionalita' e' da ravvisarsi,
avuto riguardo alla professione che si intende esercitare a seguito
del superamento dell'esame di idoneita', nella previsione
«dell'assenza di condanne che comportino l'interdizione dai pubblici
uffici» - venendo in rilievo comunque lo svolgimento di un pubblico
servizio, cui risultano ostative dette condanne, ex art. 28, comma 2,
n. 2, codice penale nonche', avendo riguardo all'inaffidabilita'
(anche di tipo economico) gia' dimostrata, nella previsione
«dell'assenza di provvedimenti di revoca o decadenza di precedenti
licenze o autorizzazioni» nonche' in relazione alla previsione
«dell'assenza di procedimenti fallimentari», ed infine, avuto
riguardo alla gravita' della contestazione, nella previsione della
«non appartenenza» - da intendersi di necessita' sottoposta ad un
previo vaglio giudiziale o comunque ad un previo giudizio valutativo,
a seguito di segnalazioni di polizia, da parte della competente
commissione - «ad associazioni di tipo mafioso ai sensi della legge
31 maggio 1965, n. 575 e successive modifiche ed integrazioni»,
alcuna proporzionalita' e' da ravvisarsi, proprio nel confronto con
le altre previsioni, nel requisito de quo e nel correlativo profilo
ostativo di carattere automatico; ci avuto altresi' riguardo alla
varieta' di fattispecie di reato che possono essere ricomprese nella
previsione dei «carichi pendenti» e all'assenza di un previo giudizio
valutativo circa la loro offensivita' e il loro riflesso sullo
svolgimento della professione, e a prescindere sinanche dal
riferimento alla pena massima in astratto irrogabile in riferimento
alla fattispecie di reato contestata, che, anche in ipotesi di
condanna, potrebbe eventualmente non comportare neanche
l'interdizione temporanea dai pubblici uffici, ai sensi dell'art. 29
codice penale o di altre disposizione di legge.
Appare pertanto irragionevole che in ipotesi di gia' intervenuto
vaglio giudiziale, sia pure non definitivo, sia ritenuta ostativa la
sola condanna che comporti l'interdizione dai pubblici uffici, mentre
ancora prima della condanna, alcun rilievo assuma il riferimento alla
tipologia di reato contestata e/o la relativa gravita', anche avendo
riguardo alla pena massima in astratto irrogabile e alla possibilita'
di applicare, in ipotesi di condanna, la pena accessoria
dell'interdizione dai pubblici uffici.
16.4. La violazione del criterio di
ragionevolezza/proporzionalita', avuto riguardo alle precedenti
considerazioni, e' da ravvisarsi anche nel non ragionevole
contemperamento degli interessi di rilievo costituzionale, se solo si
consideri che la liberta' di iniziativa economica, cui si correla
l'esercizio delle professioni, e' garantita dall'art. 41 Cost,
purche' non sia in contrasto con l'utilita' sociale o si svolga in
modo da non recare danno alla salute, all'ambiente, alla sicurezza,
alla liberta', alla dignita' umana e con la possibilita' di essere
assoggettata a programmi e controlli opportuni affinche' «l'attivita'
economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a
fini sociali e ambientali», apparendo irragionevole e non
adeguatamente proporzionale alle predette esigenze che la mera
pendenza di un carico penale, riferibile a qualsivoglia fattispecie
di reato, possa ex se ostacolare l'ammissione all'esame abilitativo.
17. Alla stregua di tutte le considerazioni espresse, deve
ritenersi pertanto violata la «clausola generale di ragionevolezza»,
quale criterio «omnipervasivo della misurazione della legalita' e
della adeguatezza della scelta politica» ex art. 3 della
Costituzione, avendo riguardo anche al contemperamento degli opposti
interessi di rilievo costituzionale.
18. Cio' posto, in considerazione della rilevanza e della non
manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
della previsione dell'art. 8, comma 3, legge Regione Puglia n.
14/1995, nella parte in cui fa riferimento all'assenza di carichi
pendenti, per contrasto con gli articoli 117, comma 3 e 3 della
Costituzione, il presente giudizio va sospeso e gli atti processuali
trasmessi alla Corte costituzionale.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quinta);
Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 8, coma 3, della legge Regione
Puglia n. 14/1995, con riferimento agli articoli 3 e 117, comma 3,
della Costituzione, nella parte in cui fa riferimento all'assenza di
carichi pendenti;
Dispone pertanto la trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale;
Sospende il giudizio in corso;
Dispone che a cura della segreteria la presente ordinanza venga
notificata alle parti in causa ed al Presidente della Giunta
regionale della Puglia nonche' comunicata al Presidente del Consiglio
regionale;
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, commi 1
e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell'art. 10
del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio
del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignita' della parte
interessata, manda alla segreteria di procedere all'oscuramento delle
generalita' nonche' di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare
parte appellante, ivi compresa l'indicazione della sentenza di primo
grado.
Cosi' deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20
ottobre 2022, con l'intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente;
Giuseppina Luciana Barreca, consigliere;
Anna Bottiglieri, consigliere;
Giorgio Manca, consigliere;
Diana Caminiti, consigliere-estensore;
Il Presidente: Caringella
L'estensore: Caminiti