N. 67 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 marzo 2023
Ordinanza del 21 marzo 2023 del Consiglio di Stato sui ricorsi
riuniti proposti da Belfiore Corrado ed altri contro Ministero della
difesa.
Militari - Ordinamento militare - Prevista abrogazione dell'art. 2261
del decreto legislativo n. 66 del 2010 (Codice dell'ordinamento
militare), recante la corresponsione dei premi residuali riservati
agli ufficiali dell'Esercito italiano, della Marina militare e
dell'Aeronautica militare in servizio permanente effettivo e al
relativo personale addetto al controllo del traffico aereo.
- Legge 23 dicembre 2014, n. 190 ("Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita'
2015)"), art. 1, comma 261.
(GU n. 21 del 24-05-2023)
IL CONSIGLIO DI STATO
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente sentenza non definitiva
sul ricorso numero di registro generale 8856 del 2020,
proposto da Corrado Belfiore, Nicola Danisi, Alberto Dordoni, Andrea
Daniele Maria Marsotto, Carlo Masutti, Mauro Miniati, Marco Picciau,
Diego Regali, Luigi Ricciardi, Antonio Sala, Mario Tassini, Giorgio
Tomelleri, rappresentati e difesi dagli avvocati Salvatore Coronas e
Umberto Coronas, con domicilio digitale come da PEC da Registri di
giustizia;
contro Ministero della difesa, in persona del Ministro in
carica, Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del
Presidente in carica, per legge con il patrocinio dell'Avvocatura
generale dello Stato e con domicilio nei suoi uffici in Roma, via dei
Portoghesi, n. 12;
sul ricorso numero di registro generale 8857 del 2020,
proposto da Antonio Albanese, Marco Paolo Felli, Michele Fucci,
Raffaele Tannelli, Pasquale Merola, Ignazio Nicolosi, rappresentati e
difesi dagli avvocati Salvatore Coronas e Umberto Coronas, con
domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;
contro Ministero della difesa, in persona del Ministro in
carica, Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del
Presidente in carica, per legge con il patrocinio dell'Avvocatura
generale dello Stato e con domicilio nei suoi uffici in Roma, via dei
Portoghesi, n. 12;
sul ricorso numero di registro generale 8858 del 2020,
proposto da Roberto Azzolin, Filippo Caroselli, Aurelio Cereti,
Giacomo De Ponti, Franco Marsiglia, Patrizia Rossi (quale erede di
Vittorio Mulas), Gian Luca Penni, Roberto Quattrociocchi, Salvatore
Raimondo, Ettore Storti, Fabio Daniele Zuccolin, Mirco Zuliani,
rappresentati e difesi dagli avvocati Salvatore Coronas e Umberto
Coronas, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;
contro Ministero della difesa, in persona del Ministro in
carica, Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del
Presidente in carica, per legge con il patrocinio dell'Avvocatura
generale dello Stato e con domicilio nei suoi uffici in Roma, via dei
Portoghesi, n. 12;
sul ricorso numero di registro generale 8859 del 2020,
proposto da Renato Battelli, Tiziano Borelli, Giampiero De Meis,
Antonino Giuliano, rappresentati e difesi dagli avvocati Salvatore
Coronas e Umberto Coronas, con domicilio digitale come da PEC da
Registri di giustizia;
contro Ministero della difesa, in persona del Ministro in
carica, Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del
Presidente in carica, per legge con il patrocinio dell'Avvocatura
generale dello Stato e con domicilio nei suoi uffici in Roma, via dei
Portoghesi, n. 12;
sul ricorso numero di registro generale 8860 del 2020,
proposto da Stefano Crino', rappresentato e difeso dagli avvocati
Salvatore Coronas e Umberto Coronas, con domicilio digitale come da
PEC da Registri di giustizia;
contro Ministero della difesa, in persona del Ministro in
carica, Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del
Presidente in carica, per legge con il patrocinio dell'Avvocatura
generale dello Stato e con domicilio nei suoi uffici in Roma, via dei
Portoghesi, n. 12;
sul ricorso numero di registro generale 8862 del 2020,
proposto da Italo De Marchi, Antonio Giuseppe Di Fiore, Riccardo
Donati, Maurizio Fardellotti, Leonardo Forliano, Carlo Gavioli,
Alessandro Gresta, Pierluigi Leonarduzzi, Paolo Mazzi, Ruggero
Raganato, Claudio Salerno, Giacomino Tomassetti, Salvatore D'Antonio,
Gabriele Martiniani, Francesco Oliveri, Vincenzo Paratore,
rappresentati e difesi dagli avvocati Salvatore Coronas e Umberto
Coronas, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;
contro Ministero della difesa, in persona del Ministro in
carica, Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del
Presidente in carica, per legge con il patrocinio dell'Avvocatura
generale dello Stato e con domicilio nei suoi uffici in Roma, via dei
Portoghesi, n. 12;
per la riforma
quanto al ricorso n. 8856 del 2020: della sentenza del
Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (sezione Prima) n.
5697/2020, resa tra le parti;
quanto al ricorso n. 8857 del 2020: della sentenza del
Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (sezione Prima) n.
10606/2020, resa tra le parti;
quanto al ricorso n. 8858 del 2020: della sentenza del
Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (sezione Prima) n.
5325/2020, resa tra le parti;
quanto al ricorso n. 8859 del 2020: della sentenza del
Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (sezione Prima) n.
6556/2020, resa tra le parti;
quanto al ricorso n. 8860 del 2020: della sentenza del
Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (sezione Prima) n.
6558/2020, resa tra le parti;
quanto al ricorso n. 8862 del 2020: della sentenza del
Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (sezione Prima) n.
6559/2020, resa tra le parti;
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Avvocatura dello
Stato per la Presidenza del Consiglio e per il Ministero della
difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 febbraio 2023 il
cons. Alessandro Enrico Basilico e uditi per le parti gli avvocati
Umberto Coronas e l'Avvocato dello Stato Vittorio Cesaroni;
Visto l'art. 36, comma 2, cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Fatto
1. Gli appellanti sono tutti ufficiali in servizio permanente
delle Forze armate in possesso del brevetto di pilota militare e
agiscono in giudizio per il riconoscimento del c.d. «premio
antiesodo», istituito dall'art. 1 della legge 28 febbraio 2000, n.
42, con previsioni poi confluite nell'art. 2261 del codice
dell'ordinamento militare (c.o.m.) di cui al decreto legislativo 15
marzo 2010, n. 66, negato loro dall'Amministrazione di appartenenza
invocando l'art. 1, comma 261, della legge 23 dicembre 2014, n. 190
(legge di stabilita' 2015), che ha abrogato, tra l'altro, il citato
art. 2261 c.o.m.
2. Per comprendere il contesto in cui e' maturata la
controversia, occorre rammentare che, a norma dell'art. 1, comma 1 e
2, della legge n. 42 del 2000 (intitolata «Disposizioni per
disincentivare l'esodo dei piloti militari»), le cui previsioni sono
oggi riprodotte negli articoli 966 e 1803 c.o.m., gli ufficiali in
servizio permanente delle Forze armate in possesso del brevetto di
pilota militare, che hanno ultimato la ferma obbligatoria e maturato
almeno sedici anni di servizio, sono ammessi a una ferma volontaria
di durata biennale, rinnovabile per non piu' di quattro volte entro
il quarantacinquesimo anno di eta', ottenendo un premio per ciascun
periodo di ferma volontaria contratta.
Contestualmente, la stessa legge n. 42 del 2000, con disposizioni
contenute nell'art. 1, comma 3 e 4, e oggi confluite nell'art. 2261
c.o.m., ha previsto la corresponsione di una specifica indennita' una
tantum (meglio, un «premio») agli ufficiali che rientrassero in una
delle seguenti categorie:
coloro che, pur non avendo superato il quarantacinquesimo
anno di eta' alla data del 21 marzo 2000 (giorno in cui e' entrata in
vigore la legge n. 42 del 2000), non hanno potuto contrarre tutti i
periodi di ferma volontaria consentiti dall'art. 966 c.o.m. (in
questo caso, il premio corrisponde alla differenza tra l'importo
complessivo dei premi percepibili per tali periodi e quello
effettivamente percepito dal militare);
coloro che, alla data del 21 marzo 2000, abbiano superato il
quarantacinquesimo anno di eta' ma non il cinquantesimo anno di eta'
e siano in possesso delle specifiche qualifiche previste per
l'impiego di velivoli a pieno carico operativo e in qualsiasi
condizione meteorologica.
In entrambi i casi il premio e' corrisposto «al raggiungimento
dei limiti di eta' per la cessazione del servizio».
E' opportuno osservare sin d'ora che un premio analogo e' stato
istituito dalla legge 22 dicembre 2003, n. 365, con previsione poi
riprodotta nell'art. 2262, commi 2 e 3, c.o.m., anche per i militari
gia' titolari dell'abilitazione di controllore del traffico aereo.
3. Nel caso di specie, alcuni appellanti rientrano nel campo di
applicazione del comma 1 (militari che al 21 marzo 2000 avevano meno
di 45 anni e che non hanno potuto contrarre tutti periodi di ferma),
altri nel comma 2 (militari che al 21 marzo 2000 avevano un'eta'
compresa tra 45 e 50 anni con specifiche qualifiche per l'impiego di
velivoli) dell'art. 2261 c.o.m..
In particolare:
per quanto riguarda l'appello RG n. 8856/2020, rientrano nel
campo di applicazione del comma 1 i ricorrenti Danisi, Marsotto,
Masutti, Miniati, Picciau, Regali, Sala, Tassini, Tomelleri;
rientrano invece nell'ambito del comma 2 i ricorrenti Belfiore,
Dordoni e Ricciardi;
per quanto riguarda l'appello RG n. 8857/2020, i ricorrenti
rientrano tutti nel campo di applicazione del comma 1;
per quanto riguarda l'appello RG n. 8858/2020, rientrano nel
campo di applicazione del comma 1 i ricorrenti Azzolin, Caroselli,
Cereti, De Ponti, Marsiglia, Mulas (cui e' subentrata la sig.ra Rossi
quale erede), Penni, Quattrociocchi, Raimondo, Storti, Zuccolin;
rientra invece nell'ambito del comma 2 il ricorrente Zuliani;
per quanto riguarda gli appelli RG n. 8859/2020, n.
8860/2020, e n 8862/2020, i ricorrenti rientrano tutti nel campo di
applicazione del comma 1.
4. Prima che gli appellanti raggiungessero i limiti di eta' per
la cessazione del servizio, e' entrata in vigore la legge 23 dicembre
2014, n. 190, il cui art. 1, comma 261, ha abrogato l'art. 2261
c.o.m. (nonche' l'art. 2262, commi 2 e 3, dedicato ai controllori di
volo).
Invocando l'abrogazione della norma che lo prevedeva,
l'Amministrazione di appartenenza ha negato il «premio antiesodo» che
i militari avevano richiesto una volta cessati dal servizio per
raggiunti limiti di eta'.
5. Questi hanno quindi agito dinanzi al giudice amministrativo
(nella cui giurisdizione esclusiva rientrano le controversie relative
ai rapporti di lavoro del personale in regime di diritto pubblico, ai
sensi dell'art. 133, comma 1, lettera i), cod. proc. amm.),
impugnando i dinieghi ricevuti e chiedendo il riconoscimento delle
somme asseritamente loro spettanti, con condanna del Ministero a
corrisponderle.
6. In primo grado il Tribunale amministrativo regionale del Lazio
ha respinto i ricorsi presentati dagli odierni appellanti.
7. Questi hanno impugnato le varie sentenze sfavorevoli rese nei
loro confronti.
8. Nei giudizi di appello, si e' costituita l'Avvocatura dello
Stato, chiedendo il rigetto delle impugnazioni.
9. In corso di causa, le parti hanno depositato scritti
difensivi, approfondendo le rispettive tesi.
10. All'udienza del 7 marzo 2023, le cause sono state trattenute
in decisione.
Diritto
11. In via preliminare, il Collegio ritiene di disporre la
riunione degli appelli indicati in epigrafe, in quanto, benche'
proposti contro sentenze diverse, la decisione su di essi dipende
dalla risoluzione di identiche questioni di diritto.
12. Con il primo motivo di appello, tutti deducono: «Error in
iudicando: violazione e falsa applicazione degli articoli 2261, commi
1 e 2, e 2186, comma 1, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66,
dell'art. 1, commi 261 e 735 della legge 23 dicembre 2014, n. 190,
degli articoli 11 e 15 disp. prel. c.c.; violazione dei principi
generali di ragionevolezza, di parita' di trattamento, di legittimo
affidamento e di coerenza e certezza dell'ordinamento giuridico;
eccesso di potere per errore nei presupposti, per difetto
d'istruttoria, per difetto o apparenza di motivazione e per
illogicita' e contraddittorieta'».
In particolare, si sostiene che il Tribunale abbia errato nel
giudicare sul primo motivo del ricorso di primo grado, che viene
riproposto in appello, con il quale asseriscono che il fatto
costitutivo del diritto a percepire il «premio antiesodo» sia
rappresentato unicamente dall'eta' inferiore a 45 anni e
dall'impossibilita' di contrarre tutti i periodi di ferma volontaria
(per la fattispecie di cui al comma 1 dell'art. 2261) ovvero
dall'eta' compresa tra 45 e 50 anni e dal possesso delle specifiche
qualifiche per l'impiego di velivoli (per quella di cui al comma 2
del medesimo articolo), mentre la cessazione dal servizio per
raggiunti limiti di eta' non sarebbe un elemento costitutivo della
fattispecie, bensi' il termine per il pagamento delle somme; di
conseguenza, l'intervenuta abrogazione non potrebbe incidere sulla
loro posizione, avendo questi maturato il diritto prima dell'entrata
in vigore della legge n. 190 del 2014.
13. Il motivo e' infondato.
L'art. 2261 c.o.m. stabilisce che: «1. Agli ufficiali in servizio
permanente dell'Esercito italiano, della Marina militare e
dell'Aeronautica militare in possesso del brevetto di pilota militare
che, pur non avendo superato il quarantacinquesimo anno di eta' alla
data del 21 marzo 2000, non abbiano potuto contrarre tutti i periodi
di ferma volontaria di cui all'art. 966, e' corrisposto in unica
soluzione, al raggiungimento dei limiti di eta' per la cessazione dal
servizio, un premio pari alla differenza tra l'importo complessivo
dei premi di cui all'art. 1803 e quello complessivo dei premi
percepiti. 2. Agli ufficiali in servizio permanente dell'Esercito
italiano, della Marina militare e dell'Aeronautica militare in
possesso del brevetto di pilota militare che alla data del 21 marzo
2000, abbiano superato il quarantacinquesimo anno di eta' e non
superato il cinquantesimo anno di eta' e siano in possesso delle
specifiche qualifiche previste per l'impiego di velivoli a pieno
carico operativo e in qualsiasi condizione meteorologica, e'
corrisposto in unica soluzione, al raggiungimento dei limiti di eta'
per la cessazione dal servizio, un premio di importo pari alla meta'
dell'importo complessivo dei premi di cui all'art. 1803».
Secondo il Tribunale, la norma configurerebbe una fattispecie a
formazione progressiva, in cui alla sussistenza di un primo requisito
(l'impossibilita' di contrarre tutti i periodi di ferma, per i
militari che rientrano nell'ambito di applicazione del comma 1,
ovvero il possesso di determinati requisiti professionali, per quelli
che ricadono sotto l'alveo del comma 2), deve aggiungersi il secondo
requisito della permanenza in servizio fino al raggiungimento dei
limiti di eta'; di conseguenza, dato che, al momento dell'abrogazione
dell'art. 2261 c.o.m., gli appellanti erano ancora in servizio,
questi non avrebbero maturato il diritto al «premio antiesodo», per
mancanza del secondo elemento costitutivo della fattispecie.
14. Per comprendere se il collocamento in quiescenza per
raggiunti limiti di eta' rappresenti il termine per il pagamento del
premio (come sostengono gli appellanti), o sia invece un elemento
costitutivo della fattispecie (come argomenta l'Amministrazione e
come affermato dal TAR), occorre muovere - non opponendosi a cio' la
piu' immediata interpretazione letterale - dallo scopo perseguito
dalla norma, che consiste nell'incentivare piloti ancora
relativamente giovani a rimanere in servizio nelle Forze armate,
invece di cercare migliori condizioni d'impiego alle dipendenze
dell'aeronautica privata (come peraltro riconoscono entrambe le parti
e come ritenuto anche dal giudice di prime cure).
La disposizione regola infatti la particolare situazione degli
ufficiali che non abbiano potuto beneficiare della possibilita',
prevista dalla legge n. 42 del 2000 con il dichiarato scopo di
«disincentivare l'esodo dei piloti militari», di contrarre una ferma
volontaria di durata biennale, rinnovabile per non piu' di quattro
volte, percependo integralmente i relativi premi: e cio' con
riferimento a quanti ricadono nell'ambito di applicazione del comma
1, perche' ne sarebbero stati ammessi in astratto (perche' di eta'
inferiore a 45 anni), ma non vi hanno acceduto in concreto; nonche' a
quanti rientrano nell'alveo del comma 2, perche' di per se' esclusi
dal beneficio (in quanto di eta' superiore a 45 anni).
In altre parole, il legislatore da un lato ha previsto in
generale la possibilita' per gli ufficiali in possesso del brevetto
di pilota di accedere a diversi periodi di ferma biennale, con
relativo incentivo (come tuttora contemplato dall'art. 1803 c.o.m.),
cosi' offrendo loro un'occasione di guadagno che rendesse piu'
appetibile la permanenza in servizio; dall'altro ha disposto la
corresponsione di un premio a coloro che, anche in ragione dell'eta'
che avevano quando e' stato introdotto il beneficio, non hanno avuto
questa opportunita' o non l'hanno potuta sfruttare appieno; in
entrambi i casi, la finalita' evidente era quella di evitare che
ufficiali formati a spese dell'Amministrazione abbandonassero il
servizio in eta' ancora relativamente giovane per ricercare migliori
condizioni d'impiego nel settore privato, che si sarebbe quindi
trovato ad avvalersi delle prestazioni lavorative di piloti esperti
senza farsi carico degli oneri della loro preparazione.
Tale essendo il fine perseguito dalla norma, non si puo' che
condividere la tesi del Tribunale amministrativo regionale del Lazio
secondo cui la cessazione del servizio per raggiunti limiti di eta'
non rappresenta un termine di pagamento, ma e' piuttosto un elemento
costitutivo della fattispecie, dato che il «premio antiesodo» e'
volto a ricompensare la «fedelta'» di coloro che, pur potendo
lasciare l'impiego pubblico, sono rimasti in servizio nelle Forze
armate: solo la cessazione per limiti di eta', infatti, e' idonea a
dimostrare che in concreto e' stato raggiunto lo scopo perseguito
dalla norma (ovvero contrastare l'esodo all'aeronautica privata).
Diversamente opinando - ossia riconoscendo l'incentivo anche in
caso di cessazione dal servizio per altre cause, per esempio per
dimissioni volontarie - la norma verrebbe inibita nella sua funzione
incentivante e si tradurrebbe nell'attribuzione di un beneficio privo
di una ragione giustificatrice.
Alla luce dell'esposta interpretazione letterale e sistematica
dell'art. 2261 c.o.m., si deve concludere che, quando questo e' stato
abrogato dall'art. 1, comma 261, della legge n. 90 del 2014, gli
appellanti non avevano ancora maturato il diritto al premio, dato che
erano ancora in servizio e non si era quindi verificato il secondo
presupposto per il suo conseguimento, come correttamente affermato
nella sentenza di primo grado.
15. Con il secondo motivo di appello, articolato in via
espressamente subordinata al primo, gli appellanti deducono: «Error
in iudicando: violazione di legge sotto il profilo della erroneamente
ritenuta infondatezza della questione di illegittimita'
costituzionale, dedotta in via subordinata e qui riproposta,
dell'art. 1, commi 261 e 735, della legge n. 190/2014, nella parte in
cui hanno abrogato l'art. 2261 del decreto legislativo n. 66/2010,
per violazione degli articoli 3, 23, 24, 111 e 117 della Cost.,
quest'ultimo per contrasto con il parametro interposto di cui agli
articoli 6 e 13 della C.E.D.U. ed all'art. 1 del Protocollo
addizionale n. 1 della medesima C.E.D.U.».
In particolare, i militari ritengono il Tribunale amministrativo
regionale abbia errato nel giudicare sul secondo motivo del ricorso
di primo grado, che viene riproposto in questa sede in via
subordinata, con il quale eccepiscono l'incostituzionalita' della
legge n. 190 del 2014, nella parte in cui ha abrogato l'art. 2261
c.o.m., per violazione degli articoli 3, 24 e 111 Cost., nonche'
dell'art. 117, comma 1, Cost. in riferimento agli articoli 6 e 13
della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e
delle liberta' fondamentali (in quanto lesiva del legittimo
affidamento dei militari e della certezza del diritto), nonche'
dell'art. 23 Cost. e dell'art. 117, comma 1, Cost. in riferimento
all'art. 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (in
quanto sostanzialmente ablatoria di un diritto - o comunque di un
«bene» ai sensi della Convenzione - gia' acquisito al loro
patrimonio).
16. Secondo il giudice di prime cure, non essendosi consolidato
alcun «diritto quesito» nel patrimonio dei ricorrenti, l'abrogazione
della norma istitutiva del premio non violerebbe i parametri
costituzionali e convenzionali invocati dalla parte attorea,
rappresentando una scelta discrezionale e non irragionevole del
legislatore.
17. Al contrario, il Collegio ritiene che la questione proposta
dagli appellanti sia rilevante e non manifestamente infondata, per le
ragioni di seguito esposte.
18. In particolare, la questione e' rilevante, perche', una volta
respinto il primo motivo di appello (con cui si sosteneva che
l'abrogazione dell'art. 2261 c.o.m. non potesse incidere sulla
posizione degli appellanti), la decisione sulla fondatezza della
pretesa avanzata dai militari dipende dall'applicazione dell'art. 1,
comma 261, della legge n. 190 del 2014 (della cui legittimita'
costituzionale si dubita), in quanto e' proprio l'abrogazione
dell'art. 2261 c.o.m. (contestata appunto con il secondo motivo,
espressamente dedotto in via subordinata rispetto al primo, perche'
lesiva del legittimo affidamento dei piloti), a precludere loro il
conseguimento del «premio antiesodo», essendo intervenuta prima che
si fossero concretizzate tutte le condizioni richieste per ottenerlo
(ma dopo che erano state operate delle scelte che avrebbero dovuto,
prospetticamente, apportare i vantaggi che all'epoca l'art. 2261
c.o.m. prevedeva).
L'eventuale dichiarazione d'incostituzionalita' della
disposizione abrogatrice comporterebbe infatti la «reviviscenza»
della norma abrogata e consentirebbe agli appellanti - che invero si
trovano nella situazione di cui al comma 1 ovvero in quella di cui al
comma 2 dell'art. 2261 c.o.m. - di ottenere il «premio antiesodo» che
e' oggetto della loro domanda.
19. Con riferimento alle deduzioni degli appellanti, il Collegio
ritiene manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale come proposta rispetto all'art. 23 Cost., in quanto al
momento dell'abrogazione dell'art. 2261 c.o.m. il diritto al premio
non poteva dirsi acquisito al patrimonio degli appellanti, non
essendosi ancora verificata una delle condizioni richieste dalla
norma, con la conseguenza che la legge di stabilita' 2015 non ha
avuto un effetto ablativo rilevante quale «prestazione patrimoniale
imposta».
20. Questo Consiglio di Stato ritiene invece non manifestamente
infondata, oltre che rilevante, la questione rispetto ai principi di
tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto
discendenti dall'art. 3 Cost., nonche' dall'art. 117, comma 1, Cost.
in riferimento all'art. 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU.
Sul punto, e' illuminante la sentenza della Corte costituzionale
n. 169 del 2022 (opportunamente richiamata dalla difesa degli
appellanti nella memoria per l'udienza pubblica), con cui e' stata
dichiarata l'incostituzionalita' dell'art. 1, comma 261, della legge
n. 190 del 2014 nella parte in cui ha abrogato l'art. 2262, commi 2 e
3, c.o.m., che aveva previsto, per i militari in possesso
dell'abilitazione di controllore del traffico aereo, un incentivo
analogo a quello rivendicato in questa sede dai piloti.
Nella sentenza citata, la Corte ha osservato che la «norma
censurata, a fronte di una ratio incentivante, quale quella che viene
in rilievo nella specie, viola il principio di ragionevolezza di cui
all'art. 3 Cost., producendo effetti retroattivi ingiustificati, in
quanto incidenti su situazioni soggettive fondate sulla legge e sulla
permanenza in servizio dei controllori di volo, e cosi'
contraddicendo ex post la ratio della normativa premiale» (per
completezza, si rileva che, in quest'occasione, il Giudice delle
leggi ha limitato gli effetti della dichiarazione
d'incostituzionalita' della norma abrogatrice al solo art. 2262
c.o.m., in quanto nel giudizio a quo non veniva in rilievo l'art.
2261 c.o.m.).
Questi argomenti ben possono essere ora invocati rispetto
all'abrogazione del «premio antiesodo» per i piloti, anch'essa
disposta dall'art. 1, comma 261, della legge n. 190 del 2014: anche
in questo caso, infatti, il legislatore prima ha previsto un
incentivo per i militari che, oltre a essere in possesso di
determinate caratteristiche, fossero rimasti in servizio fino al
raggiungimento dei limiti di eta', per poi abrogarlo dopo aver
conseguito lo scopo di scoraggiare il transito dei lavoratori nel
settore privato.
A tal proposito, e' opportuno porre in luce come, benche' in
linea generale il fluire del tempo possa costituire un elemento
sufficiente a giustificare un mutamento nella disciplina di una
fattispecie, in questo caso non si puo' trascurare la circostanza che
la norma abrogata riguardava una situazione specifica e una platea
relativamente circoscritta di destinatari (gli ufficiali che avessero
una determinata eta' alla data del 21 marzo 2000), con la conseguenza
che l'alterazione del rapporto sinallagmatico tra questi e il datore
pubblico, nonche' la lesione dell'affidamento, sono correlate proprio
al trascorrere del tempo, il quale, comportando l'avanzamento
dell'eta' degli appellanti, ha ridotto progressivamente le loro
opportunita' d'impiego come piloti nell'aeronautica privata,
rafforzando le ragioni che avevano indotto a prevedere il «premio
antiesodo» e rendendo evidente l'irragionevolezza della sua
abrogazione, che si risolve, in definitiva, nella penalizzazione di
quanti, pur potendo all'epoca abbandonare il servizio, sono rimasti
«fedeli» alle Forze armate, anche confidando nel conseguimento del
beneficio.
Per riprendere le parole della sentenza n. 169 del 2022 della
Corte costituzionale, nel caso del «premio antiesodo» per i piloti,
cosi' come per quello dei controllori di volo, «ci si trova, dunque,
al cospetto di una situazione soggettiva che discende direttamente
dalla norma e che radica nei suoi destinatari un affidamento
"rinforzato"; situazione che non puo' essere esposta ad un semplice
ripensamento del legislatore che ha abrogato la norma incentivante a
distanza di dodici anni dalla sua introduzione, dopo aver raggiunto
lo scopo di scoraggiare, come nel caso oggetto del giudizio a quo,
l'esodo dei dipendenti all'epoca in servizio».
21. La lesione dell'affidamento riposto dagli appellanti nel
conseguimento del «premio antiesodo», una volta cessati dal servizio
per raggiunti limiti di eta', costituisce anche una violazione
dell'art. 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU, norma che rileva quale
parametro interposto rispetto all'art. 117, comma 1, Cost., secondo
il noto orientamento inaugurato dalla Corte costituzionale con le
sentenze «gemelle» n. 348 e n. 349 del 2007 (mentre non si ravvisa il
contrasto, denunciato dagli appellanti, con gli articoli 6 e 13 della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali e con gli articoli 24 e 111 Cost., dato che la
modifica del quadro normativo e' intervenuta prima dell'instaurazione
del giudizio e non ha quindi avuto ne' lo scopo, ne' comunque
l'effetto, d'influire su contenziosi aperti, indirizzandone l'esito a
favore dell'Amministrazione).
L'art. 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali
riconosce infatti a ciascuna persona fisica o giuridica il diritto al
rispetto dei suoi «beni», nozione che, nell'interpretazione che ne ha
dato la Corte europea dei diritti dell'uomo, comprende anche
l'aspettativa legittima («legitimate expectation» o «esperance
legitime») di ottenere un valore patrimoniale, compreso un credito,
quando tale interesse presenta una base sufficiente nel diritto
interno («a sufficient basis in national law» o «une base suffisante
en droit interne»), circostanza che ricorre, tra l'altro, quando e'
fondata su una disposizione legislativa (sul punto si v., fra le
tante, la sentenza della Grande Camera del 28 settembre 2004, ricorso
n. 44912/98, Kopecký v. Slovakia, pt. 45-52, e quella della Seconda
Sezione del 4 febbraio 2014, ricorso n. 25376/06, Ceni c. Italie, pt.
39).
Nel caso di specie, sembra a questo Collegio che l'aspettativa
degli appellanti di conseguire il «premio antiesodo», essendo in
possesso dei requisiti previsti dall'art. 2261 c.o.m. e rimanendo in
servizio sino al raggiungimento dei limiti di eta', goda della
protezione garantita dalla norma convenzionale, dato che e' sorta e
si e' fondata su una disposizione legislativa dal tenore inequivoco.
L'abrogazione disposta dalla legge n. 190 del 2014 sembra dunque
costituire un'ingerenza nel diritto dei militari al rispetto del
proprio «bene», consistente nell'aspettativa legittima di ottenere il
«premio antiesodo» alle condizioni previste dalla norma abrogata, la
cui legittimita' deve essere vagliata anche in base all'art. 1 del
Protocollo n. 1 alla CEDU.
A tal proposito, si deve quindi considerare che, secondo la
consolidata giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo,
tale disposizione si articola in tre distinte norme: la prima, di
carattere generale, enuncia il principio del diritto al rispetto dei
«beni»; la seconda contempla la privazione della «proprieta'» e la
subordina a determinate condizioni; la terza riguarda la potesta'
degli Stati di disciplinare l'uso dei beni (sul punto si v., tra le
tante, la sentenza della Grande Camera del 28 luglio 1999, ricorso n.
22774/93, Immobiliare Saffi v. Italy, pt. 44).
Nel caso di specie, vengono in particolare rilievo i presupposti
in presenza dei quali puo' ritenersi legittima la privazione di un
«bene» del privato, che consistono nel rispetto del principio di
legalita', nella sussistenza di una pubblica utilita' che giustifichi
l'ingerenza e nella proporzionalita' dell'intervento, ossia nel suo
rappresentare un «giusto equilibrio» tra le esigenze dell'interesse
generale della comunita' e i diritti fondamentali del singolo («a
"fair balance" between the demands of the general interest of the
community and the requirements of the protection of the individual's
fundamental rights»: sul punto si v., tra le tante, la sentenza della
Grande Camera 5 gennaio 2000, ricorso n. 33202/96, Beyeler v. Italy,
pt. 107).
Se i primi due presupposti possono essere ravvisati nel rango
legislativo della norma censurata e nel fine, da questa perseguito,
di conseguire risparmi di spesa, sembra mancare invece il terzo,
ossia il «giusto equilibro»: a tal proposito, si deve rammentare che
il «premio antiesodo» e' stato previsto quale corrispettivo della
permanenza in servizio dei militari che avevano una determinata eta'
alla data del 21 marzo 2000, con la conseguenza che la sua
abrogazione, disposta ad anni di distanza e quando questi avevano
ormai perso (o vedevano comunque notevolmente ridotte) le occasioni
di un impiego nell'aeronautica privata, ha comportato che, a fronte
del vantaggio per la collettivita' (che ha potuto beneficiare per
anni del servizio di piloti formati ed esperti), sia venuto meno
nella sua interezza quello che avrebbe dovuto essere riconosciuto ai
dipendenti.
La stessa Corte costituzionale ha del resto ravvisato il difetto
di proporzionalita' dell'intervento abrogativo con riferimento
all'analoga situazione dei controllori di volo, osservando, nella
piu' volte citata sentenza n. 169 del 2022, che «poiche'
l'ordinamento ha creato le condizioni per le quali gli interessati
non abbandonassero l'amministrazione militare istituendo il premio in
questione, irragionevolmente il legislatore, una volta raggiunto il
risultato, alla vigilia del conseguimento delle condizioni per
l'erogazione del citato emolumento, ha abrogato la norma attributiva
dello stesso».
22. Infine, si deve altresi' considerare che della norma
censurata non e' possibile dare un'interpretazione costituzionalmente
orientata, dato che tanto il suo inequivoco tenore letterale, quanto
lo scopo perseguito dal legislatore, ossia quello di conseguire
risparmi di spesa, inducono a ritenere che l'effetto fosse proprio
quello - della cui legittimita' costituzionale si dubita - di evitare
il pagamento del «premio antiesodo» ai militari che si trovassero
nella condizione degli appellanti.
23. Pertanto, alla luce delle considerazioni sin qui esposte, il
Collegio ritiene di respingere in parte l'appello, con riferimento al
primo motivo d'impugnazione; di rimettere alla Corte costituzionale
la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 261,
della legge 23 dicembre 2014, n. 190, nella parte in cui ha abrogato
l'art. 2261 c.o.m., per violazione dell'art. 3 Cost., nonche'
dell'art. 117, comma 1 Cost. in riferimento all'art. 1 del Protocollo
n. 1 alla CEDU, in quanto lesivo del legittimo affidamento dei
militari e della certezza del diritto; di sospendere il processo
nelle more del giudizio della Corte costituzionale, riservando la
pronuncia sul secondo motivo d'appello, nonche' ogni statuizione
sulle spese di causa e i compensi professionali, all'esito della
decisione del giudice delle leggi sulla questione di
costituzionalita', come innanzi sollevata; di disporre che, a cura
della Segreteria, gli atti siano trasmessi immediatamente alla Corte
costituzionale e che la presente ordinanza sia notificata alle parti
costituite e al Presidente del Consiglio dei ministri, e comunicata
ai presidenti delle due Camere del Parlamento.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda),
non definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe
proposto, cosi' provvede:
respinge in parte l'appello, con riferimento al primo motivo
d'impugnazione proposto;
dichiara rilevante e non manifestamente infondata la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 261,
della legge 23 dicembre 2014, n. 190, nella parte in cui ha abrogato
l'art. 2261 del codice dell'ordinamento militare di cui al decreto
legislativo 15 marzo 2010, n. 66, con riferimento all'art. 3 Cost.,
nonche' all'art. 117, comma 1, Cost. in relazione all'art. 1 del
Protocollo n. 1 alla CEDU;
sospende il presente giudizio nelle more della decisione
della Corte costituzionale, riservando all'esito ogni ulteriore
determinazione, anche in ordine alle spese di lite e ai compensi
professionali;
ordina che, a cura della Segreteria, gli atti siano trasmessi
alla Corte costituzionale e che la presente ordinanza sia notificata
alle parti costituite e al Presidente del Consiglio dei ministri,
nonche' comunicata ai presidenti delle due Camere del Parlamento.
Cosi' deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 7
febbraio 2023 con l'intervento dei magistrati:
Oberdan Forlenza, Presidente;
Francesco Frigida, consigliere;
Maria Stella Boscarino, consigliere;
Alessandro Enrico Basilico, consigliere, estensore;
Ugo De Carlo, consigliere.
Il Presidente: Forlenza
L'estensore: Basilico