N. 59 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 gennaio 2023
Ordinanza del 27 gennaio 2023 del Tribunale amministrativo regionale
per il Lazio sul ricorso proposto da Moltini Pietro contro ANAC -
Autorita' nazionale anticorruzione ed altri..
Amministrazione pubblica - Enti privati in controllo pubblico -
Inconferibilita' di incarichi a componenti di organo politico di
livello regionale e locale - Previsioni che dispongono
l'inconferibilita' degli incarichi di amministratore di ente di
diritto privato in controllo pubblico da parte di una provincia, di
un comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti o di una
forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione a
coloro che, nell'anno precedente, siano stati presidente o
amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo
pubblico da parte di province, comuni o loro forme associative
della stessa regione - Assimilazione, ai fini della disciplina
dell'inconferibilita', degli incarichi di presidente o
amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo
pubblico alla precedente partecipazione a organi di indirizzo
politico ai sensi dell'art. 1, comma 50, lettera c), della legge n.
190 del 2012.
- Decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39 (Disposizioni in materia
di inconferibilita' e incompatibilita' di incarichi presso le
pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo
pubblico, a norma dell'articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6
novembre 2012, n. 190), artt. 1, comma 2, lettera f), e 7, comma 2,
lettera d).
Amministrazione pubblica - Enti privati in controllo pubblico -
Inconferibilita' di incarichi a componenti di organo politico di
livello regionale e locale - Previsioni che dispongono
l'inconferibilita' di incarichi di amministratore di ente di
diritto privato in controllo pubblico da parte di una provincia, di
un comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti o di una
forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione a
coloro che nell'anno precedente siano stati presidente o
amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo
pubblico da parte di province, comuni o loro forme associative
della stessa regione - Limitazione dell'ipotesi di inconferibilita'
ai soli casi in cui l'ente controllante della societa' di
provenienza abbia popolazione superiore a 15.000 abitanti - Omessa
previsione.
- Decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39 (Disposizioni in materia
di inconferibilita' e incompatibilita' di incarichi presso le
pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo
pubblico, a norma dell'articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6
novembre 2012, n. 190), art. 7, comma 2.
(GU n. 19 del 10-05-2023)
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO
(Sezione Prima Quater)
Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di
registro generale 4804 del 2021, proposto da Pietro Moltini,
rappresentato e difeso dall'avvocato Francesco Massa, con domicilio
digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Contro Anac - Autorita' nazionale anticorruzione, in persona del
legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma,
via dei Portoghesi, 12;
Nei confronti A.M.I.U. Genova S.p.a., GE.AM. - Gestioni
Ambientali S.p.a., A.M.I.U. Bonifiche S.p.a., non costituiti in
giudizio;
Per l'annullamento, previa sospensione, della delibera ANAC, 3
marzo 2021, n. 207, avente ad oggetto "Inconferibilita' ai sensi
dell'art. 7, comma 2, decreto legislativo n. 39/2013, dell'incarico
di amministratore delegato della Societa' A.M.I.U. Genova S.p.a., di
amministratore unico della GE.AM. S.p.a. e di Amministratore unico
della A.M.I.U. Bonifiche S.p.a.", nonche' di ogni altro atto
presupposto, connesso e conseguente;
E per l'accertamento della nullita', insussistenza,
inopponibilita' e/o inefficacia della declaratoria di nullita' degli
atti di conferimento degli incarichi e dei relativi contratti con le
conseguenti prescrizioni;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Anac - Autorita'
nazionale anticorruzione;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 novembre 2022 il
dott. Agatino Giuseppe Lanzafame e uditi per le parti i difensori
come specificato nel verbale;
I. Sullo svolgimento dei fatti, sul provvedimento adottato
dall'Autorita' nazionale anticorruzione e sulle perplessita' espresse
della stessa ANAC in relazione alla ragionevolezza dell'art. 7, comma
2, lettera d), decreto legislativo n. 39/2013 nelle parti d'interesse
nella presente vicenda (paragrafi 1-7).
1. L'Azienda Multiservizi e d'Igiene Urbana Genova S.p.a. (d'ora
in poi anche A.M.I.U. Genova S.p.a.) e' una societa' partecipata al
89,98% dal Comune di Genova e al 3,96% dalla Citta' Metropolitana di
Genova (e con il 6,06% di azioni proprie) che opera nel settore
ambientale ed eroga tutti i servizi legati alla gestione del ciclo
dei rifiuti e alla tutela dell'ambiente, provvedendovi direttamente e
tramite le societa' del gruppo da essa controllato.
2. Il dott. Pietro Moltini e' un manager con esperienza decennale
nella gestione di enti pubblici e societa' pubbliche e private
operanti nel settore ambientale, il quale - per quanto di rilievo
nella presente vicenda - e' stato:
a) amministratore delegato di AR.A.L. S.p.a. (poi AR.AL. in
house s.r.l.) societa' partecipata al 60% dal Comune di Arenzano e
per il 40% da una societa' privata, dal 4 agosto 2016 al 26 marzo
2018 (su designazione del socio privato);
b) amministratore unico di GE.AM. S.p.a. a far data dal 27
marzo 2018 (societa' del Gruppo A.M.I.U.);
c) amministratore unico di A.M.I.U. Bonifiche S.p.a. dal 5
novembre 2018 altra societa' del Gruppo A.M.I.U.);
d) amministratore delegato di S.A.TER. S.p.a. societa'
partecipata dal 51% dal Comune di Cogoleto e per il 49% da A.M.I.U. a
far data dal 21 giugno 2019.
3. In data 21 novembre 2019, il dott. Pietro Moltini e' stato
chiamato nel Consiglio di amministrazione di A.M.I.U. Genova S.p.a.,
nel quale - a far data dal 6 luglio 2020 - ha assunto le funzioni di
vicepresidente.
4. Con nota 10 febbraio 2020, prot. n. 1631, A.M.I.U. Genova
S.p.a. ha chiesto all'ANAC di rendere parere in ordine
all'intendimento del Comune di Genova «nella sua qualita' di soggetto
pubblico che detiene la totalita' della partecipazione di controllo
di AMIU e di AMIU Bonifiche e una partecipazione maggioritaria in
GEAM» di procedere alla nomina del dott. Moltini - come si e' notato
gia' amministratore unico di A.M.I.U. Bonifiche S.p.a. e di GE.AM. -
quale amministratore delegato di A.M.I.U. Genova S.p.a. «e cioe' la
societa' capogruppo controllante» per «evidenti ragioni di efficacia
dell'azione amministrativa e di concentrazione del potere di
attuazione delle scelte provenienti dal Comune e di complessiva
razionalizzazione e di contenimento dei costi gestionali».
Nella stessa nota, la societa' ha evidenziato che tale parere si
rendeva necessario poiche' tale soluzione poteva «essere ostacolata
da un'interpretazione restrittiva delle norme contenute dall'art. 7,
comma 2, decreto legislativo n. 39/2013, che potrebbe prefigurare una
situazione di [inconferibilita']» che, tuttavia, si sarebbe a sua
volta posta in contrasto con «i principi discendenti dal
sopravveniente decreto legislativo n. 175/2016 sulle societa'
pubbliche, laddove (cfr. art. 11, comma 11) le nomine riguardano
societa' infragruppo».
5. Con successivo atto del 6 novembre 2020, l'Autorita' nazionale
anticorruzione ha comunicato ad A.M.I.U. Genova S.p.a. l'avvio «di un
procedimento di vigilanza relativo ad una possibile inconferibilita'
degli incarichi detenuti dal dott. Moltini presso GE.AM. S.p.a.
A.M.I.U. Bonifiche S.p.a., S.A.TER. S.p.a. e A.M.I.U. Genova S.p.a.»
ritenendo che potesse sussistere in capo al dott. Moltini:
a) un'ipotesi di inconferibilita' ex art. 7, comma 2, lettera
d), decreto legislativo n. 39/2013 dell'incarico di amministratore
delegato e di vicepresidente della societa' A.M.I.U. Genova S.p.a.
(in relazione all'incarico di amministratore delegato di AR.AL. in
house s.r.l. rivestito fino al 31 dicembre 2018, nonche' agli
incarichi di amministratore unico rivestiti presso GE.AM. S.p.a.,
A.M.I.U. Bonifiche S.p.a. e S.A.TER. S.p.a.);
b) un'ipotesi di inconferibilita' ai sensi dell'art. 7, comma
2, lettera d), decreto legislativo n. 39/2013 rispetto all'assunzione
dell'incarico di amministratore unico presso GE.AM. S.p.a., A.M.I.U.
Bonifiche S.p.a. e SA.TER. S.p.a. (in relazione all'incarico di
amministratore delegato della AR.AL. in house s.r.l.).
6. In data 25 novembre 2020, A.M.I.U. Genova S.p.a. ha inviato
all'ANAC le proprie osservazioni e ha affermato l'insussistenza
dell'inconferibilita', sottolineando che:
gli incarichi nelle societa' controllate da A.M.I.U. Genova
S.p.a. non potevano avere conseguenze ostative alla nomina del dott.
Moltini quale amministratore delegato di A.M.I.U. Genova S.p.a. per
effetto dell'art. 11, comma 11, decreto legislativo n. 175/2016;
gli altri incarichi (presso S.A.TER. S.p.a. e AR.AL. s.r.l.)
non potevano avere rilievo ai fini dell'applicazione delle norme
sull'inconferibilita', in relazione alla dimensione istituzionale dei
Comuni controllanti delle due societa', entrambi con popolazione
inferiore a 15.000 abitanti;
la disposizione di cui all'art. 7, comma 2, lettera d),
decreto legislativo n. 39/2013 doveva essere in ogni caso
interpretata e applicata in modo ragionevole e proporzionato, tenuto
conto delle specifiche finalita' della disciplina in materia di
inconferibilita'.
7. All'esito dell'istruttoria, l'ANAC ha adottato la delibera 3
marzo 2021, n. 207, con cui ha accertato la non conferibilita', ex
art. 7, comma 2, lettera d), decreto legislativo n. 39/2013, al dott.
Moltini dell'incarico di amministratore delegato della A.M.I.U.
Genova S.p.a. nonche' l'inconferibilita', sempre ex art. 7, comma 2.,
lettera d), decreto legislativo n. 39/2013, degli incarichi conferiti
al dott. Moltini di amministratore unico delle societa' GE.AM. S.p.a.
e A.M.I.U. Bonifiche S.p.a.
7.1. Segnatamente, l'Autorita' ha accolto le deduzioni difensive
dei soggetti interessati in ordine al fatto che nelle ipotesi
previste dall'art. 11, comma 11, decreto legislativo n. 175/2016 non
si applicano le ipotesi di inconferibilita' di cui all'art. 7, comma
1, lettera d), e comma 2, lettera d), decreto legislativo n. 39/2013
e ha evidenziato, tuttavia, che tale ultima circostanza avrebbe fatto
venir meno solamente «le ipotesi di inconferibilita' a favore del
dott. Moltini dell'incarico di vicepresidente e dell'eventuale
conferimento dell'incarico di amministratore delegato di A.M.I.U.
Genova S.p.a. in ragione della precedente attribuzione al medesimo
degli incarichi di amministratore delle societa' A.M.I.U. Bonifiche
S.p.a. e GE.AM. S.p.a.», notando conseguentemente che:
a) erano comunque inconferibili al dott. Moltini - ex art. 7,
comma 2, lettera d), decreto legislativo n. 39/2013 - gli incarichi
di vicepresidente e di amministratore delegato di A.M.I.U. Genova
S.p.a. in relazione al precedente e attuale incarico di
amministratore delegato della S.A.TER. S.p.a. «in quanto ente
controllato dal Comune di Cogoleto, rispetto a cui il Comune di
Genova detiene solo una partecipazione minoritaria»;
b) erano altresi' inconferibili, ai sensi dell'art. 7, comma
2, lettera d), decreto legislativo n. 39/2013, gli incarichi di
amministratore unico della GE.AM. S.p.a. e della A.M.I.U. Bonifiche
S.p.a. in relazione all'incarico precedentemente ricoperto dal dott.
Moltini presso AR.AL. in house s.r.l. «societa' che non risulta
controllata dal Comune di Genova ne' direttamente ne'
indirettamente».
7.2. A tal proposito, l'Autorita' resistente:
ha evidenziato che l'art 7, comma 2, lettera d), decreto
legislativo n. 39/2013 prevede, tra l'altro, che «a coloro che
[nell'anno precedente] siano stati presidente o amministratore
delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico da parte di
province, comuni e loro forme associative della stessa regione, non
possono essere conferiti ... incarichi di amministratore di ente di
diritto privato in controllo pubblico da parte di una provincia, di
un comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti o di una forma
associativa tra comuni avente la medesima popolazione»;
ha rilevato di aver manifestato al Parlamento e al Governo
(con atto n. 4 del 10 giugno 2015) le proprie perplessita' su detta
previsione osservando che «il provenire da cariche in enti pubblici o
in enti di diritto privato in controllo pubblico non puo' essere
considerato come una condizione che, di per se', pregiudica
l'imparzialita' nell'esercizio dell'incarico [e cio' anche perche'] i
nominati non sono necessariamente parte della "politica"»;
ha ritenuto tuttavia che, in ragione del tenore letterale
della citata disposizione, questa non poteva che essere applicata
anche nel caso di specie (cioe' con riferimento a un soggetto che non
ha mai ricoperto incarichi "politici").
7.3. La stessa Autorita' ha inoltre evidenziato l'irrilevanza del
fatto che i Comuni di Cogoleto e di Arenzano (controllanti
rispettivamente di S.A.TER. S.p.a. e di AR.AL. in house s.r.l.)
avessero una popolazione inferiore a 15.000 abitanti, in quanto
l'art. 7, comma 2, decreto legislativo n. 39/2013 non richiede una
soglia minima di abitanti del Comune che esercita il controllo nella
societa' di provenienza «come invece richiesto da altre parti del
testo normativo», notando tuttavia i possibili profili di
irragionevolezza di tale disposizione «che vieta il passaggio diretto
da una societa' controllata da enti di piccole dimensioni a societa'
controllate da enti di piu', consentendo, invece, il passaggio
inverso, ossia da una societa' in controllo da enti di maggiori
dimensioni ad una societa' detenuta da piccoli comuni».
7.4. Per le superiori ragioni - tenuto conto della natura degli
enti e degli incarichi - l'Autorita' ha accertato la sussistenza
delle predette inconferibilita' e la conseguente nullita' ex art. 17,
decreto legislativo n. 39/2013 degli atti di conferimento e dei
relativi contratti e ha rimesso agli RPCT degli enti conferenti la
valutazione in ordine all'elemento soggettivo della colpa in capo
all'organo conferente previsto dall'art. 18, decreto legislativo
39/2013, invitandoli tuttavia a tenere conto, nelle proprie
valutazioni, «delle peculiarita' del caso di specie e dei possibili
profili di irragionevolezza dalla disciplina».
II. Sul ricorso introduttivo e sulla vicenda processuale (paragrafi
8-11)
8. Con ricorso notificato il 26 aprile 2021 e iscritto innanzi a
questo Tribunale al r.g. n. 4804/2021, il dott. Moltini ha impugnato
la delibera ANAC, 3 marzo 2021, n. 207, e ne ha chiesto
l'annullamento, eventualmente previa remissione alla Corte
costituzionale di alcune questioni di legittimita' dell'art. 7, comma
2, decreto legislativo n. 39/2013, sulla base di quattro distinti
motivi in diritto.
8.1. Con il primo motivo di ricorso ha lamentato l'illegittimita'
dell'atto impugnato per «violazione e falsa applicazione degli
articoli 1 e 7, decreto legislativo n. 39/2013 interpretato in
conformita' agli articoli 3, 4, 51 e 97 Cost. e dei generali principi
di ragionevolezza, proporzionalita' e del "minimo mezzo" [nonche'
per] violazione degli articoli 12.2 e 14 delle disposizioni sulla
legge in generale», osservando che l'ANAC aveva il dovere di
interpretare l'art. 7, comma 2, decreto legislativo n. 39/2013 nel
senso di escludere la sua applicazione nell'ipotesi in cui - come nel
caso di specie - il nominato non ha avuto incarichi politici (e cio'
appunto anche alla luce del fatto che la stessa ANAC aveva notato che
«il provenire da cariche in enti pubblici o in enti di diritto
privato in controllo pubblico, anche se la nomina e' stata fatta da
organi politici, non puo' essere considerato come una condizione che
di per se', pregiudica l'imparzialita' nell'esercizio dell'incarico
amministrativo [in quanto] i nominati non sono necessariamente parte
della "politica" e quindi non sono sospettabili di apportare una
visione parziale nell'esercizio dell'incarico»).
In subordine, ha chiesto a questo Tribunale amministrativo
regionale di sollevare questione d'incostituzionalita' degli articoli
1 e 7 decreto legislativo n. 39/2013 nella parte in cui prevedono
«l'inconferibilita' degli incarichi di tecnici non appartenenti alla
politica, senza la possibilita' di una verifica in concreto
dell'eventuale insorgenza di reali conflitti di interesse,
pregiudizievole per la legalita' e l'efficienza», evidenziando come
la stessa «risulta irragionevole e sproporzionata in relazione allo
scopo da perseguire e quindi, in se', contrastante con gli articoli
3, 4, 51 e 97 Cost.».
8.2. Con il secondo motivo ha lamentato la «violazione e falsa
applicazione degli articoli 1 e 7, decreto legislativo n. 39/2013 per
difetto del presupposto del controllo pubblico di ente diverso da
A.M.I.U. Genova, sulle societa' AR.A.L. e SA.TER [nonche' per]
violazione dell'art. 2.3.2 delle linee guida approvate da ANAC con
delibera 8 novembre 2017 [e per] violazione del principio di liceita'
delle norme infragruppo», sostenendo - in sintesi - che ne' AR.A.L.
ne' SA.TER potevano essere considerate societa' in controllo pubblico
ai fini dell'applicabilita' della disciplina di cui al decreto
legislativo n. 39/2013.
8.3. Con il terzo motivo ha postulato l'illegittimita' del
provvedimento impugnato per «violazione dell'art. 7, decreto
legislativo n. 39/2013 e del principio di interpretazione
conservativa e costituzionalmente orientata nonche' dell'art. 12,
comma 1, delle disposizioni sulla legge in generale [nonche' per]
contraddittorieta' intrinseca», sostenendo che l'Autorita' aveva il
dovere di interpretare l'art. 7, comma 2, decreto legislativo n.
39/2013 nel senso di escludere la sua applicazione nell'ipotesi in
cui la societa' di provenienza dell'interessato sia controllata da un
ente locale con una popolazione inferiore ai 15.000 abitanti (e cio'
anche in quanto «non esiste alcuna giustificazione logica per
affermare che il limite minimo di 15.000 abitanti valga soltanto per
la societa' pubblica di destinazione e non anche per la societa'
pubblica di provenienza»).
In subordine, ha chiesto a questo Tribunale di sollevare
questione di legittimita' costituzionale degli articoli 1 e 7,
decreto legislativo n. 39/2013 nella parte in cui non prevedono che
l'inconferibilita' non si applichi a coloro che siano stati
«presidente o amministratore delegato di enti di diritto privato in
controllo pubblico da parte di province, comuni e loro forme
associative della stessa regione con popolazione inferiore ai 15.000
abitanti» per violazione degli articoli 3, 4, 51 e 97 Cost. nonche'
«dei principi di proporzionalita', ragionevolezza, eguaglianza e del
minimo mezzo».
8.4. Con il quarto e ultimo motivo ha contestato la «declaratoria
di nullita' degli incarichi e le prescrizioni impartite al RPCT» per
«illegittimita' derivata; violazione degli articoli 15 e ss. decreto
legislativo n. 39/2013 [e] incompetenza», sostenendo - in sintesi -
che l'ANAC non aveva il potere ne' di dichiarare la nullita' degli
atti di conferimento degli incarichi, ne' di rivolgere puntuali
prescrizioni al «RPCT competente» e agli «enti interessati».
9. Con memoria del 10 maggio 2021, l'Autorita' ha spiegato le
proprie difese e ha insistito per il rigetto del ricorso,
evidenziando - tra l'altro - che S.A.TER. S.p.a. e AR.AL. in house
s.r.l. sono senza dubbio societa' in controllo pubblico ai sensi
degli articoli 1 e 7, decreto legislativo n. 39/2013.
10. Con successive memorie dell'11 e del 18 novembre 2022, le
parti hanno insistito nelle proprie posizioni.
11. All'udienza pubblica del 29 novembre 2022 - all'esito di
ampia discussione - il ricorso e' stato trattenuto in decisione, in
uno con gli altri ricorsi proposti da A.M.I.U. Genova S.p.a., da
A.M.I.U. Bonifiche S.p.a. e da GE.AM. s.p.a avverso la medesima
delibera (iscritti innanzi a questo Tribunale amministrativo
regionale al r.g. numeri 4323, 5671, e 5672 del 2022).
III. Sulla non manifesta infondatezza e sulla rilevanza delle
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 2,
lettera d), decreto legislativo n. 39/2013 nonche'
sull'impossibilita' di un'interpretazione costituzionalmente conforme
della predetta disposizione (paragrafi 12-20)
12. Il Collegio ritiene che le questioni di legittimita'
costituzionale prospettate da parte ricorrente - cosi' come
specificate e integrate infra sub A) e B) - siano rilevanti e non
manifestamente infondate, sicche', in assenza di una possibile
interpretazione costituzionalmente conforme della disposizione da
applicare alla controversia, e' doveroso rimettere le stesse alla
Corte costituzionale ai sensi e per gli effetti dell'art. 23, legge
11 marzo 1953, n. 87.
D'altronde, la rimessione congiunta di piu' questioni di
legittimita' costituzionale - relative a parti diverse della stessa
disposizione sulla base della quale l'atto gravato e' stato adottato
e che questo Tribunale e' chiamato ad applicare (e quindi, come si
dira' ancora infra sub 14 e sub 18, tutte rilevanti ai fini della
definizione del giudizio a quo - risponde a esigenze di
concentrazione e ragionevole durata del processo (art. 111 Cost.) e
di buon andamento del servizio giustizia (art. 97 Cost.).
Sarebbe infatti del tutto irragionevole che il giudice a quo
chiamato ad applicare una disposizione affetta in due distinte parti
(entrambe rilevanti nell'ambito del giudizio) da diversi profili di
illegittimita' costituzionale, procedesse al promovimento soltanto di
una delle due questioni emerse nel giudizio, per poi procedere (in
caso di mancato accoglimento della prima) in un secondo momento a
sollevare l'altra.
A) Sulla prima questione di legittimita' costituzionale
13. Cio' premesso, non e' manifestamente infondata, in primo
luogo, la questione di legittimita' costituzionale degli articoli 1,
comma 2, lettera f) e 7, comma 2, lettera d) decreto legislativo n.
39/2013 nella parte in cui prevedono che «a coloro che ... nell'anno
precedente ... siano stati presidente o amministratore delegato di
enti di diritto privato in controllo pubblico da parte di province,
comuni e loro forme associative della stessa regione, non possono
essere conferiti ... incarichi di amministratore di ente di diritto
privato in controllo pubblico da parte di una provincia, di un comune
con popolazione superiore a 15.000 abitanti o di una forma
associativa tra comuni avente la medesima popolazione», ovvero nella
parte in cui assimilano i precedenti incarichi di «presidente o
amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo
pubblico» alla partecipazione a organi di indirizzo politico ai sensi
dell'art. 1, comma 50, lettera c), legge n. 190/2012, per violazione
degli articoli 3, 4, 5, 51, 76, 97, 114 e 118 Cost.
13.1. A tal proposito, va innanzitutto osservato che l'art. 1,
commi 49 e 50, legge n. 190/2012 - ai fini della prevenzione e del
contrasto della corruzione, nonche' della prevenzione dei conflitti
di interessi - ha delegato il Governo ad adottare «uno o piu' decreti
legislativi diretti a modificare la disciplina vigente in materia di
attribuzione di incarichi dirigenziali e di incarichi di
responsabilita' amministrativa di vertice nelle pubbliche
amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo
30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, e negli enti di
diritto privato sottoposti a controllo pubblico esercitanti funzioni
amministrative, attivita' di produzione di beni e servizi a favore
delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici, da
conferire a soggetti interni o esterni alle pubbliche
amministrazioni, che comportano funzioni di amministrazione e
gestione, nonche' a modificare la disciplina vigente in materia di
incompatibilita' tra i detti incarichi e lo svolgimento di incarichi
pubblici elettivi o la titolarita' di interessi privati che possano
porsi in conflitto con l'esercizio imparziale delle funzioni
pubbliche affidate» (cfr. art. 1, comma 49, legge n. 190/2012),
indicando all'esecutivo, tra l'altro, di «disciplinare i criteri di
conferimento nonche' i casi di non conferibilita' di incarichi
dirigenziali ai soggetti estranei alle amministrazioni che, per un
congruo periodo di tempo, non inferiore ad un anno, antecedente al
conferimento abbiano fatto parte di organi di indirizzo politico o
abbiano ricoperto cariche pubbliche elettive» (cfr. art. 1, comma 50,
lettera c), legge n. 190/2012).
13.2. La ratio sottesa a tale ultima specifica previsione della
delega legislativa e alla conseguente disciplina adottata dal
Governo, contenuta nel capo IV del decreto legislativo n. 39/2013)
era (ed e') duplice: per un verso, tutelare l'imparzialita' (reale e
percepita) dell'azione amministrativa (articoli 54, 97 e 98 Cost.),
con l'introduzione di limiti all'accesso ad alcuni incarichi pubblici
di tipo gestionale e/o amministrativo connotati da imparzialita' a
soggetti che si trovano in situazioni tali da ingenerare ragionevoli
dubbi sulla loro personale imparzialita' (ovvero impedire l'esercizio
della funzione amministrativa a soggetti che appaiono "politicamente
schierati"); per altro verso, promuovere e garantire il principio
meritocratico nella selezione dei vertici amministrativi (e quindi il
buon andamento della p.a.), ostacolando la possibilita' che le nomine
a detti incarichi siano determinate dalle esigenze dei partiti di
(ri)collocazione del proprio "personale politico" (e non invece dalla
volonta' di nominare soggetti in possesso delle competenze necessarie
per lo svolgimento di tali incarichi).
13.3. La delega legislativa e' stata esercitata con
l'approvazione del decreto legislativo n. 39/2013 che - in attuazione
della specifica previsione di cui all'art. 1, comma 50, lettera c),
legge n. 190/2012 - al capo IV ha disciplinato piu' fattispecie di
"Inconferibilita' di incarichi a componenti di organi di indirizzo
politico", e segnatamente le "Inconferibilita' di incarichi a
componenti di organo politico di livello nazionale" (art. 6); le
"Inconferibilita' di incarichi a componenti di organo politico di
livello regionale e locale" (art. 7); nonche' le "Inconferibilita' di
incarichi di direzione nelle Aziende sanitarie locali" (art. 8).
In particolare, nell'individuazione delle ipotesi di
inconferibilita' a componenti di organo politico di livello locale
(art. 7, comma 2, decreto legislativo n. 39/2013), il predetto
decreto legislativo ha - per un verso (e in coerenza con quanto
previsto dall'art. 1, comma 50, lettera d), legge n. 190/2012) -
individuato gli "incarichi di destinazione" per cui opera
l'inconferibilita' (ovvero incarichi il cui svolgimento e'
caratterizzato da imparzialita' e possesso di specifiche competenze)
e segnatamente: «a) gli incarichi amministrativi di vertice nelle
amministrazioni di una provincia, di un comune con popolazione
superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni
avente la medesima popolazione; b) gli incarichi dirigenziali nelle
medesime amministrazioni; c) gli incarichi di amministratore di ente
pubblico di livello provinciale o comunale; d) gli incarichi di
amministratore di ente di diritto privato in controllo pubblico da
parte di una provincia, di un comune con popolazione superiore a
15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la
medesima popolazione».
Per altro verso, ha individuato tre distinte categorie di cd.
"incarichi di provenienza" in relazione ai quali opera
l'inconferibilita', prevedendo che la stessa si applichi a tre
distinte categorie di soggetti, ovvero «coloro che nei due anni
precedenti siano stati componenti della giunta o del consiglio della
provincia, del comune o della forma associativa tra comuni che
conferisce l'incarico», nonche' «coloro che nell'anno precedente
abbiano fatto parte della giunta o del consiglio di una provincia, di
un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma
associativa tra comuni avente la medesima popolazione, nella stessa
regione dell'amministrazione locale che conferisce l'incarico»
(soggetti evidentemente riconducibili alla categoria di coloro che
hanno fatto parte di organi di indirizzo politico o ricoperto cariche
pubbliche elettive), oltreche' infine «coloro che siano stati
presidente o amministratore delegato di enti di diritto privato in
controllo pubblico da parte di province, comuni e loro forme
associative della stessa regione» (soggetti, questi ultimi, che come
si dira' infra appaiono estranei al perimetro della delega, oltreche'
piu' in generale alla ratio della normativa).
Analogamente, l'art. 1, comma 2, lettera f), decreto legislativo
n. 39/2013 ha espressamente previsto che per «componenti di organi di
indirizzo politico», ai sensi della disciplina sull'inconferibilita',
devono intendersi anche «gli appartenenti a organi di indirizzo di
enti pubblici, o di enti di diritto privato in controllo pubblico,
nazionali, regionali e locali».
13.4. A seguito dell'approvazione del decreto legislativo n.
39/2013, e' stata subito evidente anche all'Autorita' nazionale
anticorruzione la sussistenza di un fumus di irragionevolezza delle
disposizioni appena indicate (tenuto conto della ratio e dei limiti
della delega), sicche' - come ricordato supra sub 7.4. - con atto di
segnalazione n. 4 del 10 gennaio 2015, la stessa Autorita' ha
sottolineato la necessita' «di eliminare, tra le cause di
inconferibilita' per provenienza da cariche politiche, la provenienza
da cariche in enti di diritto privato in controllo pubblico»,
osservando che «la delega (art. 1, comma 50) parla di coloro che
"abbiano fatto parte di organi di indirizzo politico o abbiano
ricoperto cariche pubbliche elettive" » e notando che «il provenire
da cariche in enti pubblici o in enti di diritto privato in controllo
pubblico, anche se la nomina e' stata fatta da organi politici, non
puo' essere considerato come una condizione che, di per se',
pregiudica l'imparzialita' nell'esercizio dell'incarico
amministrativo [e cio' in quanto] i nominati non sono necessariamente
parte della "politica" e quindi non sono sospettabili di apportare
una visione parziale nell'esercizio dell'incarico (come presume la
legge nel vietare l'accesso agli incarichi amministrativi per chi
provenga da incarichi strettamente politici ».
13.5. Un analogo suggerimento e' stato avanzato dalla
"Commissione di studio per la revisione della disciplina vigente in
materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza" istituita
dall'ANAC che, con relazione pubblicata nel mese di luglio 2015, ha
osservato che la legge delega aveva «previsto l'interessamento dei
titolari di indirizzo politico (tanto elettivi ... quanto di nomina)
e di coloro che sono stati investiti attraverso procedure elettorali
(anche se, per ipotesi, non partecipassero a funzioni di indirizzo
politico» e ha rilevato che «nel caso dei presidenti e degli
amministratori, tanto degli enti pubblici (si tratta degli enti
pubblici diversi dalle amministrazioni territoriali; cioe' degli enti
da esse istituiti o vigilati), quanto degli enti privati in controllo
pubblico, non si riscontra nessuno di tali presupposti: le cariche
non comportano, infatti, la titolarita' di funzioni di indirizzo
politico (in senso stretto come ipotizza la delega del comma 50), ma
piuttosto di funzioni di indirizzo politico-amministrativo (per gli
enti pubblici) e di indirizzo politico "aziendale" (per gli enti di
diritto privato in controllo pubblico), ma sempre in attuazione
dell'indirizzo politico ricevuto; esse comunque non sono attribuite
attraverso elezioni».
13.6. Alla luce di quanto sopra rilevato, gli articoli 1, comma
2, lettera f), e 7, comma 2, lett. d), decreto legislativo n.
39/2013, nella parte in cui prevedono l'inconferibilita' degli
«incarichi di amministratore di ente di diritto privato in controllo
pubblico da parte di una provincia, di un comune con popolazione
superiore a 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni
avente la medesima popolazione» per coloro che nell'anno antecedente
sono stati «presidente o amministratore delegato di enti di diritto
privato in controllo pubblico da parte di province, comuni e loro
forme associative della stessa regione» e includono quindi tali
ultimi soggetti nel novero del organi di indirizzo politico ai sensi
dell'art. 1, comma 50, lettera c), legge n. 190/2012, appaiono porsi
in violazione delle disposizioni costituzionali richiamate supra sub
13 per le ragioni di seguito specificate.
13.6.1. In primo luogo, le disposizioni appaiono confliggere con
l'art. 3 e 76 Cost., atteso che - cosi' come rilevato nella citata
Relazione della Commissione di Studio dell'ANAC - l'ipotesi di
inconferibilita' delineata dalle stesse non e' coerente con la delega
di cui all'art. 1, commi 49 e 50, lettera c), legge n. 190/2012 che
vincolava il legislatore delegato a limitare tale tipologia di
inconferibilita' soltanto a coloro che «abbiano fatto parte di organi
di indirizzo politico o abbiano ricoperto cariche pubbliche
elettive». Categoria, quest'ultima, a cui non pare possa ritenersi
che appartengano coloro che sono stati «presidente o amministratore
delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico», atteso
che tali soggetti - come gia' rilevato dalla Commissione di Studio
istituita dall'ANAC - esercitano ruoli di gestione o, al piu', di
"indirizzo politico aziendale".
A tal proposito, il Collegio e' consapevole del fatto che la
giurisprudenza amministrativa ha, in altre occasioni, ritenuto di non
promuovere una siffatta questione di legittimita' costituzionale,
evidenziando: a) che il legislatore delegato ha indicato tra gli
incarichi da regolare «gli incarichi di amministratore di enti
pubblici e di enti di diritto privato sottoposti a controllo
pubblico» (v. art. 1, comma 50, lettera d), legge n. 190/2012); e b)
che «per indentificare l'ambito di applicazione della disciplina su
inconferibilita' e incompatibilita' degli incarichi e' a quest'ultima
disposizione che si deve guardare, poiche' e' espressamente riferita
agli incarichi da disciplinare» (cfr. Consiglio di Stato, V, 11
gennaio 2018, n. 126 e 27 marzo 2020, n. 2149, nonche' in termini
diversi Tribunale amministrativo regionale Bologna, I, 19 luglio
2018, n. 578).
E, tuttavia, il Collegio ritiene di non poter condividere una
tale interpretazione dei criteri e principi direttivi contenuti nella
legge delega che sovrappone in una lettura unitaria i criteri
relativi agli incarichi di destinazione (di cui la legge delega mira
a proteggere l'esercizio imparziale) contenuti nell'art. 1, comma 50,
lettera d), legge n. 190/2012 e quelli relativi alla definizione
delle cause di inconferibilita' che riguardano quindi gli enti
provenienza) indicati nell'art. 1, comma 50, lettera c), legge n.
190/2012.
E cio' anche per gli esiti contraddittori a cui conduce una tale
lettura: e' evidente infatti - come si dira' ancora infra sub 13.6.2
- che se gli incarichi di «amministratore di enti pubblici e di enti
di diritto privato sottoposti a controllo pubblico» sono incarichi
connotati dal requisito di imparzialita' (da regolare e "proteggere"
appunto ai sensi dell'art. 1, comma 50, lettera d), legge n.
190/2012) gli stessi incarichi non possono costituire allo stesso
tempo incarichi di indirizzo politico (ovvero incarichi naturalmente
connotati da una condizione di parzialita').
13.6.2. Inoltre, la fattispecie di inconferibilita' sopra
indicata appare porsi in violazione degli articoli 3, 4, e 51 Cost.,
in quanto comporta in capo agli interessati e in primo luogo al
ricorrente) un'evidente limitazione del proprio diritto al lavoro
(art. 4 Cost.) nonche' della propria possibilita' di accedere agli
uffici pubblici (art. 51 Cost.), senza che una siffatta limitazione
appaia proporzionata, ragionevole e adeguata in relazione alle
specifiche finalita' perseguite dalla normativa di cui agli articoli
1, commi 49 e 50, lettera c), legge n. 190/2012, e 6-8, decreto
legislativo n. 39/2013.
Si e' gia' detto, infatti, che la prima finalita' di tali
disposizioni e' quella di tutelare l'imparzialita'
dell'amministrazione, attraverso l'imposizione di un adeguato periodo
di raffreddamento a coloro che si trovano in situazioni tali da
ingenerare dubbi sulla loro personale imparzialita' (come sono, per
definizione, coloro che abbiano rivestito incarichi politici). E,
tuttavia, come gia' notato, la posizione di coloro che sono stati
«presidente o amministratore delegato di enti di diritto privato in
controllo pubblico» non e' affatto assimilabile a quella di coloro
che nell'anno precedente sono stati componenti di un organo di
indirizzo politico ad es. un sindaco, una consigliera comunale, un
assessore, etc.), ne' tantomeno annoverabile tra quelle di per se'
idonee a generare dubbi sull'imparzialita' della persona, considerato
che - come si e' gia' detto - e' proprio la normativa in materia di
inconferibilita' a ricomprendere gli incarichi di «amministratore di
enti pubblici e di enti di diritto privato sottoposti a controllo
pubblico» tra quelli che devono essere esercitati nel rispetto del
principio di imparzialita' (con cio' che ne consegue in termini di
non politicita' dei soggetti che rivestono tali incarichi).
Ne consegue che la severa (ancorche' temporanea) limitazione
imposta attraverso l'inconferibilita' in oggetto appare inadeguata al
conseguimento della (se non addirittura estranea alla) principale
finalita' perseguita dalla normativa.
Ancora piu' evidente appare l'inadeguatezza della disposizione
rispetto all'ulteriore finalita' meritocratica sottesa alla
normativa: e' chiaro, infatti, che la disposizione ostacola la
circolazione (e le prospettive di carriera) all'interno del settore
pubblico di amministratori competenti ed estranei a logiche di mera
appartenenza politica si pensi al giovane manager che all'esito di un
primo incarico svolto brillantemente presso un piccolo ente si vede
preclusa la possibilita' di immediato accesso a ulteriori incarichi
di responsabilita' presso altre amministrazioni in un momento
cruciale della propria vita professionale), con cio' che ne consegue
sia in termini di disincentivo per i piu' competenti dall'impegno nel
settore pubblico con conseguente nocumento per il buon andamento
della p.a.) sia in termini di inevitabili migrazioni dal settore
pubblico a quello privato, peraltro in direzione biunivoca (non meno
problematiche sotto il profilo dei potenziali rischi per
l'imparzialita' dell'azione amministrativa).
13.6.3. Sotto altro profilo - e specularmente - la disposizione
richiamata si pone in tensione con i principi di buon andamento e
ragionevolezza di cui agli articoli 3 e 97 Cost. poiche' preclude il
conferimento degli incarichi «di amministratore di ente di diritto
privato in controllo pubblico da parte di una provincia, di un comune
con popolazione superiore a 15.000 abitanti o di una forma
associativa tra comuni avente la medesima popolazione» a soggetti che
nell'anno precedente hanno dimostrato la propria competenza in altra
societa' pubblica, ovvero impedisce all'ente conferente di attribuire
l'incarico a chi ha gia' dimostrato "sul campo" la professionalita' e
adeguatezza rispetto all'incarico da ricoprire (si pensi
all'impossibilita' per un'amministrazione comunale di indicare in una
societa' partecipata che versa in una condizione di "crisi" un
amministratore che nell'anno precedente ha manifestato grandi
capacita' nel risanamento di altra societa' pubblica che versava
nelle medesime condizioni).
E cio' ancora una volta senza che tale preclusione risulti
proporzionata e adeguata rispetto alle specifiche finalita' sottese
alla disciplina di cui all'art. 1, comma 50, lettera c), legge n.
190/2012 e al capo IV del decreto legislativo n. 39/2013 (risultando,
anzi, la stessa - come si e' gia' notato - in tensione con la
finalita' meritocratica della disciplina).
L'irragionevolezza della regola individuata sub 13, peraltro, e'
tanto piu' evidente se si considera che - al fine di temperare
l'impatto della normativa sulla permanenza nella pubblica
amministrazione di manager dotati di adeguate professionalita' -
l'ANAC (con la delibera 27 giugno 2013, n. 48) e la giurisprudenza
amministrativa (cfr. Consiglio di Stato, V, 27 giugno 2018, n. 3946)
hanno specificato che il divieto sancito nella stessa opera «soltanto
per quanto riguarda l'incarico di amministratore presso un diverso
ente e non impedisca invece la conferma dell'incarico gia' ricoperto»
e cio' al fine di garantire la possibilita' che «un amministratore
meritevole possa essere confermato». E' evidente, pero', che tale
soluzione - pur temperando in maniera apprezzabile e
costituzionalmente orientata la regola di cui all'art. 7, comma 2,
lettera d), decreto legislativo n. 39/2013 - conduce a esiti
irragionevoli in quanto consente la conferma dell'amministratore
meritevole presso la medesima societa' e non la sua nomina in altra
societa' pubblica (che magari ha maggiore necessita' di una tale
professionalita', con tutto cio' che ne consegue in termine di
pregiudizio per il buon andamento della p.a.).
13.6.4. Infine, la disposizione sopra indicata appare porsi in
tensione altresi' con gli articoli 3, 5, 97, 114 e 118 Cost. poiche',
a tutt'evidenza, disincentiva i migliori manager dall'accettare
incarichi di «presidente o amministratore delegato di enti di diritto
privato in controllo pubblico da parte di province, comuni e loro
forme associative» di piccole dimensioni (incarichi che, in ragione
di tale disposizione, risultano preclusivi di piu' prestigiosi e
delicati affidamenti nell'anno successivo) al fine di non veder
ostacolato il proprio successivo accesso a piu' importanti incarichi,
con cio' che ne consegue in termini di penalizzazione dei piccoli
comuni e di compressione della loro possibilita' di rendere servizi
pubblici adeguati e, quindi, in ultimo, della loro autonomia).
13.6.5. Infine, fermo restando quanto osservato sopra, il
Collegio ritiene che, anche a voler ricondurre la causa di
inconferibilita' prevista dall'art. 7, comma 2, decreto legislativo
n. 39/2013 per chi proviene dall'incarico di «presidente o
amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo
pubblico da parte di province, comuni e loro forme associative» alla
generalissima finalita' di prevenzione dei conflitti di interesse
sottesa alla complessiva disciplina di cui alla legge n. 190/2012 e
al decreto legislativo n. 39/2013 (e non invece, come pure pare
necessario, alle specifiche finalita' sottese a tutte le ipotesi
illustrate nel capo IV del decreto, cosi' come individuate supra sub
13.2), la regola prevista da tale disposizione non possa in ogni caso
considerarsi adeguata, ragionevole e proporzionata rispetto a una
tale generica finalita' (declinata nell'ottica di evitare la
possibile funzionalizzazione del precedente incarico amministrativo
al raggiungimento di nuovi e piu' importanti incarichi manageriali,
attraverso la cura di interessi impropri), tenuto conto sia della
natura fondamentale dei diritti personali compressi
dall'inconferibilita' sopra indicata (cfr. supra sub 13.6.2), sia del
complessivo impatto che la misura ha sulla funzionalita'
dell'amministrazione (cfr. supra sub 13.6.3 e 13.6.4). Circostanze,
queste ultime, che devono essere adeguatamente considerate nel
bilanciamento tra le contrapposte esigenze che vengono in rilievo in
relazione all'istituto in oggetto.
14. Cio' chiarito sulla non manifesta infondatezza della
questione di legittimita' sopra specificata, il Collegio ritiene che
non vi possa esser dubbio in ordine al fatto che la stessa sia
rilevante (se non addirittura dirimente) per la definizione del
giudizio innanzi a questo Tribunale: e cio' sia perche' il
provvedimento gravato ha come presupposto la disposizione di cui e'
dubbia la costituzionalita'; sia perche' le specifiche censure
relative all'applicazione dell'art. 7, comma 2, lettera d), decreto
legislativo n. 39/2013 nei confronti di soggetti che sono estranei al
mondo della politica e la connessa questione di costituzionalita')
sono state poste da parte ricorrente nel primo - e principale -
motivo di ricorso; sia perche', infine, non appaiono fondate le
ulteriori censure svolte nel ricorso che consentirebbero la decisione
dello stesso senza il previo promovimento della questione di
legittimita' costituzionale.
15. Infine, il Collegio ritiene che non sia possibile addivenire
a un'interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione
(cosi' come pure richiesto da parte ricorrente con il primo motivo di
gravame, nel quale e' stata lamentata l'errata applicazione della
disposizione da parte di ANAC), tenuto conto del chiaro tenore
letterale degli articoli 1, comma 2, lettera f) e 7, comma 2, decreto
legislativo n. 39/2013 - che espressamente includono tra gli
incarichi di provenienza (relativi a organi di indirizzo politico
indicati dall'art. 1, comma 50, lettera c), decreto legislativo n.
190/2012) per i quali opera l'inconferibilita' quelli di «presidente
o amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo
pubblico da parte di province, comuni e loro forme associative».
Cio' e' sufficiente a giustificare la rimessione della questione
alla Corte costituzionale, atteso che da tempo la giurisprudenza di
quest'ultima e' consolidata nell'escludere che il mancato ricorso da
parte del giudice a quo a un'interpretazione costituzionalmente
orientata possa essere causa d'inammissibilita' di una questione di
legittimita' «quando vi sia un'adeguata motivazione circa
l'impedimento a tale interpretazione, in ragione del tenore letterale
della disposizione» (cfr. Corte costituzionale, 10 gennaio 2018, n.
15 e 24 febbraio 2017, n. 42).
16. Per tutte le ragioni appena illustrate, sussistono i
presupposti previsti dall'art. 23, legge n. 87/1953 per la
proposizione della questione di legittimita' costituzionale di cui
alla lettera A) nei termini indicati supra sub 13.
B) Sulla seconda questione di legittimita' costituzionale
17. Ferma l'assorbente questione di legittimita' costituzionale
sopra evidenziata, il Collegio rileva che e' altresi' non
manifestamente infondata la questione di legittimita' dell'art. 7,
comma 2, decreto legislativo n. 39/2013 nella parte in cui non limita
l'ipotesi di inconferibilita' per «coloro che ... nell'anno
precedente ... siano stati presidente o amministratore delegato di
enti di diritto privato in controllo pubblico da parte di province,
comuni e loro forme associative della stessa regione» ai soli casi in
cui l'ente controllante della societa' di provenienza abbia
popolazione superiore a 15.000, per violazione degli articoli 3, 4,
5, 51, 97, 114 e 118 Cost.
17.1. A tal proposito, e' opportuno notare che il testo integrale
dell'art. 7, comma 2, decreto legislativo n. 39/2013 prevede che «a
coloro che nei due anni precedenti siano stati componenti della
giunta o del consiglio della provincia, del comune o della forma
associativa tra comuni che conferisce l'incarico, ovvero a coloro che
nell'anno precedente abbiano fatto parte della giunta o del consiglio
di una provincia, di un comune con popolazione superiore ai 15.000
abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima
popolazione, nella stessa regione dell'amministrazione locale che
conferisce l'incarico, nonche' a coloro che siano stati presidente o
amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo
pubblico da parte di province, comuni e loro forme associative della
stessa regione, non possono essere conferiti: a) gli incarichi
amministrativi di vertice nelle amministrazioni di una provincia, di
un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma
associativa tra comuni avente la medesima popolazione; b) gli
incarichi dirigenziali nelle medesime amministrazioni di cui alla
lettera a); c) gli incarichi di amministratore di ente pubblico di
livello provinciale o comunale; d) gli incarichi di amministratore di
ente di diritto privato in controllo pubblico da parte di una
provincia, di un comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti o
di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione».
La disposizione, quindi, considera rilevante la popolazione
dell'ente locale di riferimento in relazione a due distinte ipotesi:
in relazione agli incarichi di provenienza, con esclusivo
riferimento a coloro che nell'anno precedente «abbiano fatto parte
della giunta o del consiglio di una provincia, di un comune o di una
forma associativa tra comuni ... nella stessa regione
dell'amministrazione locale che conferisce l'incarico» (per i quali
la disposizione richiede, appunto, che l'ente locale dove si e'
esercitato l'incarico politico abbia almeno 15.000 abitanti);
in relazione agli incarichi di destinazione previsti alle
lettere a), b) e d), disponendo che l'inconferibilita' opera solo se
gli stessi sono relativi a enti locali (o societa' e enti di diritto
privato controllati da enti locali) «con popolazione superiore a
15.000 abitanti».
La stessa disposizione, al contrario, non prevede alcun limite
minimo di popolazione con riferimento al motivo di inconferibilita'
costituito dall'aver precedentemente ricoperto l'incarico di
«presidente o amministratore delegato di enti di diritto privato in
controllo pubblico da parte di province, comuni e loro forme
associative della stessa regione» (ovvero non richiede che l'ente
locale che controlla la societa' di provenienza abbia una popolazione
superiore a una determinata soglia).
17.2. Alla luce di quanto sopra, e' evidente l'irragionevolezza
della disposizione che individua come causa di inconferibilita'
l'aver ricoperto nell'anno precedente l'incarico di «presidente o
amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo
pubblico da parte di province, comuni e loro forme associative della
stessa regione», senza prevedere che la stessa opera solamente se il
controllo e' esercitato da parte di enti locali con popolazione
superiore a 15.000 abitanti.
17.2.1. In primo luogo, la previsione di cui sopra appare
irragionevole in quanto - cosi' come formulata - prevede
l'inconferibilita' per coloro che nell'anno precedente hanno
rivestito l'incarico di presidente o amministratore delegato di enti
di diritto privato in controllo pubblico da parte di enti locali con
meno di 15.000 abitanti, mentre al contrario non la prevede per chi
e' stato componente degli organi politici di tali enti (sindaci,
assessori, consiglieri).
In tal modo la disposizione realizza una disparita' di
trattamento intollerabile, specie se si considera la specifica
finalita' delle disposizioni di cui al capo IV, decreto legislativo
n. 39/2013 (che appunto - come si e' detto supra sub 13.2 - sono
volte a regolare l'accesso negli incarichi amministrativi di soggetti
che sono stati titolari di incarichi politici).
E' evidente, allora, che se il legislatore delegato ha ritenuto
che le piccole dimensioni del Comune di provenienza di un sindaco o
di un consigliere comunale siano tali da attenuare il rischio che la
sua successiva nomina a un incarico amministrativo sia avvenuta per
ragioni "politiche" (o comunque per attenuare i rischi di parzialita'
reale o percepita), analoghe considerazioni dovevano e devono essere
valide per chi ha rivestito l'incarico di «presidente o
amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo
pubblico» da parte di enti locali di con una popolazione inferiore a
15.000 abitanti.
Tale irragionevole disparita' di trattamento (art. 3 Cost.), a
tutt'evidenza si traduce in un'illegittima compressione di diritti
fondamentali degli interessati (e in primo luogo del ricorrente),
quale il diritto al lavoro (art. 4 Cost. e quello di accedere alle
cariche pubbliche (art. 51 Cost.) nonche' - per le ragioni spiegate
supra sub 13.6.3 e 13.6.4 - in un pregiudizio per il buon andamento
della pubblica amministrazione e in particolar modo degli enti locali
di piccole dimensioni (cfr. articoli 5, 97, 114 e 118 Cost.).
E' evidente, infatti, che la mancata indicazione della soglia dei
15.000 abitanti con riferimento all'ente locale che ha attribuito
l'incarico di provenienza, per un verso ostacola il flusso bottom-up
(da societa' controllate da enti di piccole dimensioni a societa'
pubbliche di maggiore rilievo) dei manager piu' meritevoli e, per
altro verso, disincentiva i migliori professionisti dall'accettazione
degli incarichi di «presidente o amministratore delegato di enti di
diritto privato in controllo pubblico» da parte di enti di piccole
dimensioni.
17.2.2. La disposizione, inoltre, appare parimenti irragionevole
(e quindi illegittima) sotto un diverso profilo, ovvero perche' -
cosi' come evidenziato dalla stessa ANAC nel provvedimento impugnato
(cfr. supra sub 7.3) - vieta il passaggio diretto da una societa'
controllata da enti di piccole dimensioni a societa' controllate da
enti di piu' grandi, consentendo, invece, il passaggio inverso, ossia
da una societa' in controllo da enti di maggiori dimensioni a una
societa' controllata da piccoli comuni (e cio' perche' - come si e'
notato supra sub 16 - l'art. 7, comma 2, lettera d), decreto
legislativo n. 39/2013 dispone che l'inconferibilita' opera solo se
la societa' di destinazione e' controllata da enti locali «con
popolazione superiore a 15.000 abitanti»).
Tale asimmetria e' del tutto irragionevole, se si considera -
appunto - che la stessa impedisce, come si e' gia' notato, a manager
meritevoli che hanno ultimato il proprio incarico presso una societa'
controllata da un ente di piccole dimensioni di essere "promossi"
alla guida di societa' controllate da enti di maggiori dimensioni e
per cio' stesso tendenzialmente comportanti maggiori
responsabilita'), mentre consente che un amministratore (che magari
non ha dimostrato particolari capacita' alla guida di un ente di
maggior rilievo) sia poi nominato in una societa' "minore" passaggio
che, peraltro, appare maggiormente esposto a influenze estranee alla
logica meritocratica).
Da quanto sopra, peraltro, e' evidente che - anche sotto tale
profilo - l'irragionevolezza della disposizione si traduce non solo
in un'illegittima e sproporzionata compressione dei diritti
fondamentali degli interessati (articoli 4 e 51 Cost.), ma anche e
soprattutto in un pregiudizio per il buon andamento della stessa p.a.
(cfr. 97 Cost.).
18. Cio' chiarito in ordine alla non manifesta infondatezza della
questione, questo Collegio e' ben consapevole che, ove questa Corte
ritenesse fondata la prima questione di legittimita' indicata supra
sub 13 (e identificata nella presente ordinanza con la lettera A), la
questione indicata supra sub 17 (segnata sub B) non avrebbe piu'
alcun rilievo nell'ambito del giudizio a quo.
Tale circostanza, tuttavia, a opinione del Collegio non importa
l'insussistenza della rilevanza con riferimento a tale seconda
questione ma costituirebbe al piu' (in caso di accoglimento della
questione indicata supra sub A un motivo di "irrilevanza
sopravvenuta" (o, se si vuole, di "improcedibilita'") della seconda
questione che risulterebbe - in sostanza - assorbita nella prima).
Una tale conclusione, per un verso, appare coerente con quanto
evidenziato dalla giurisprudenza costituzionale in ordine al fatto
che «il requisito della rilevanza riguarda solo il momento genetico
in cui il dubbio di costituzionalita' viene sollevato e non anche il
periodo successivo alla rimessione della questione alla Corte
costituzionale» (cfr. Corte costituzionale, ordinanza 20 aprile 2000,
n. 110); per altro verso - come si e' gia' notato supra sub 12 -
risponde a esigenze di concentrazione e ragionevole durata del
processo (art. 111 Cost.) e di buon andamento del servizio giustizia
(art. 97 Cost.).
Alla luce di quanto sopra, considerato che, come si e' gia'
detto, il provvedimento impugnato e' stato adottato sulla base
dell'art. 7, comma 2, decreto legislativo n. 39/2013, e osservato,
inoltre, che la questione della consistenza della popolazione degli
enti locali che controllavano le societa' di provenienza e' stata
espressamente dedotta da parte ricorrente nel terzo motivo di
ricorso, il Collegio ritiene che anche la seconda questione sia
rilevante.
19. Infine, il Collegio ritiene di condividere quanto osservato
dall'ANAC in ordine all'impossibilita' di addivenire a
un'interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione,
atteso il tenore letterale dell'art. 7, comma 2, decreto legislativo
n. 39/2013, che non richiede una soglia minima di abitanti del Comune
che esercita il controllo nella societa' di provenienza del soggetto
interessato come, invece, richiesto in altre parti del testo
normativo (circostanza - quest'ultima - che induce a ritenere
applicabile al caso di specie il principio interpretativo ubi lex
voluit dixit, ubi noluit tacuit).
In ragione di quanto sopra, il Collegio ritiene di dover
sollevare anche tale questione, tenuto conto che, per giurisprudenza
costituzionale ormai consolidata, ove il giudice a quo ritenga che
l'interpretazione letterale della disposizione osti alla possibilita'
di un'interpretazione conforme «la possibilita' di un'ulteriore
interpretazione alternativa, che il giudice a quo non ha ritenuto di
fare propria, non riveste alcun significativo rilievo ai fini del
rispetto delle regole del processo costituzionale, in quanto la
verifica dell'esistenza e della legittimita' di tale ulteriore
interpretazione e' questione che attiene al merito della
controversia, e non alla sua ammissibilita'» (cfr. ancora Corte
costituzionale, 24 febbraio 2017, n. 42).
20. Per tutte le ragioni appena illustrate, anche con riferimento
alla questione di legittimita' costituzionale individuata supra sub
17 e rubricata alla lettera B sussistono i presupposti previsti
dall'art. 23, legge n. 87/1953.
IV. Conclusioni (paragrafi 21-23)
21. Per tutti i motivi sopra richiamati - ritenute rilevanti e
non manifestamente infondate le questioni di legittimita'
costituzionale illustrate in parte motiva e constatata
l'impossibilita' di un'interpretazione costituzionalmente conforme
delle disposizioni che vengono in rilievo - questo Tribunale deve
sollevare la questione di legittimita' costituzionale:
A) degli articoli 1, comma 2, lettera f) e 7, comma 2,
lettera d), decreto legislativo n. 39/2013, nella parte in cui
prevedono l'inconferibilita' degli «incarichi di amministratore di
ente di diritto privato in controllo pubblico da parte di una
provincia, di un comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti o
di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione» a
coloro che nell'anno antecedente sono stati «presidente o
amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo
pubblico da parte di province, comuni e loro forme associative della
stessa regione» e assimilano, quindi, tali ultimi soggetti a coloro
che sono stati componenti di organi di indirizzo politico ai sensi
dell'art. 1, comma 50, lettera c), legge n. 190/2012, per violazione
degli articoli 3, 4, 5, 51, 76, 97, 114 e 118 (per le ragioni
spiegate in motivazione supra sub 13-16);
B) dell'art. 7, comma 2, decreto legislativo n. 39/2013 nella
parte in cui non limita l'ipotesi di inconferibilita' per «coloro che
[nell'anno precedente] siano stati presidente o amministratore
delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico da parte di
province, comuni e loro forme associative della stessa regione» ai
soli casi in cui l'ente locale controllante della societa' di
provenienza abbia popolazione superiore a 15.000 (ovvero, in altri
termini, nella parte in cui non prevede per tale incarico di
provenienza la stessa soglia di rilevanza in termini di popolazione
prevista dalla stessa disposizione sia per gli incarichi di
provenienza cd. "politici", sia in relazione agli enti di
destinazione), per violazione degli articoli 3, 4, 5, 51, 97, 114 e
118 Cost. (per le ragioni spiegate in motivazione supra sub 17-20).
22. Il processo deve, pertanto, essere sospeso ai sensi e per gli
effetti degli articoli 79 e 80 c.p.a. e 295 codice di procedura
civile con trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
23. Ogni ulteriore statuizione e' riservata alla decisione
definitiva.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Prima
Quater) dichiara rilevante e non manifestamente infondata, ai sensi
dell'art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87, la questione di legittimita'
costituzionale:
A) degli articoli 1, comma 2, lettera f) e 7, comma 2,
lettera d) decreto legislativo n. 39/2013 nella parte in cui
prevedono che «a coloro che ... nell'anno precedente ... siano stati
presidente o amministratore delegato di enti di diritto privato in
controllo pubblico da parte di province, comuni e loro forme
associative della stessa regione, non possono essere conferiti ...
incarichi di amministratore di ente di diritto privato in controllo
pubblico da parte di una provincia, di un comune con popolazione
superiore a 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni
avente la medesima popolazione», ovvero nella parte in cui assimilano
gli incarichi di «presidente o amministratore delegato di enti di
diritto privato in controllo pubblico» alla precedente partecipazione
a organi di indirizzo politico ai sensi dell'art. 1, comma 50,
lettera c, legge n. 190/2012, per violazione degli articoli 3, 4, 5,
51, 76, 97, 114 e 118 Cost. (per le ragioni spiegate in motivazione
supra sub 13-16);
B) dell'art. 7, comma 2, decreto legislativo n. 39/2013 nella
parte in cui non limita l'ipotesi di inconferibilita' prevista per
«coloro che ... nell'anno precedente ... siano stati presidente o
amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo
pubblico da parte di province, comuni e loro forme associative della
stessa regione» ai soli casi in cui l'ente controllante della
societa' di provenienza abbia popolazione superiore a 15.000, per
violazione degli articoli 3, 4, 5, 51, 97, 114 e 118 Cost. (per le
ragioni spiegate in motivazione supra sub 17-20).
Sospende il presente giudizio ai sensi dell'art. 79, comma 1,
c.p.a. e dell'art. 295 codice civile;
Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale a
cura della segreteria;
Rinvia ogni ulteriore statuizione all'esito del giudizio
incidentale promosso con la presente ordinanza.
Ordina che la presente ordinanza sia notificata, a cura della
segreteria, a tutte le parti in causa, e che sia comunicata al
Presidente del Consiglio dei ministri, al Presidente del Senato della
Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati.
Cosi' deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 29
novembre 2022 con l'intervento dei magistrati:
Concetta Anastasi, Presidente;
Mariangela Caminiti, consigliere;
Agatino Giuseppe Lanzafame, referendario, estensore.
Il Presidente: Anastasi
L'estensore: Lanzafame