N. 105 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 giugno 2023
Ordinanza del 28 giugno 2023 del Tribunale amministrativo regionale
per la Lombardia sul ricorso proposto da Cartiere Villa Lagarina spa
contro Comune di Mantova.
Paesaggio - Sanzioni amministrative - Norme della Regione Lombardia -
Applicazione obbligatoria della sanzione pecuniaria, prevista
dall'art. 167 del decreto legislativo n. 42 del 2004, in
alternativa alla rimessione in pristino, anche nell'ipotesi di
assenza di danno ambientale - Prevista quantificazione in relazione
al profitto conseguito e, comunque, in misura non inferiore
all'ottanta per cento del costo teorico di realizzazione delle
opere e/o lavori abusivi.
- Legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il
governo del territorio), art. 83.
(GU n. 35 del 30-08-2023)
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER LA LOMBARDIA
Sezione staccata di Brescia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente ordinanza, sul ricorso numero di registro
generale 431 del 2020, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Cartiere Villa Lagarina S.p.a., in persona del legale rappresentante
pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Alberto Mascotto e
Vincenzo Pellegrini, con domicilio digitale come da pec da Registri
di giustizia;
Contro:
Comune di Mantova, in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Paolo Gianolio, con
domicilio digitale come da pec da Registri di giustizia;
Ministero per i beni e le attivita' culturali e per il
turismo - Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per le
Province di Cremona Lodi e Mantova, in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura
distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Brescia, via S.
Caterina n. 6;
Nei confronti Provincia di Mantova, non costituita in giudizio;
per l'annullamento
A) per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
dell'ordinanza n. 74/2020 del dirigente del Settore sportello
unico per le imprese e i cittadini del Comune di Mantova del 18
maggio 2020, prot. n. 0032941/2020 avente ad oggetto «Provvedimento
sanzionatorio di natura pecuniaria (art. 167 del decreto legislativo
22 gennaio 2004, n. 42)» trasmesso alla societa' ricorrente con pec
del 21 maggio 2020 [doc. 1];
della «Perizia di stima per la determinazione di sanzione
pecuniaria ai sensi art. 167 del decreto legislativo n. 42/2004»,
prot. n. 0033105/2020 trasmessa alla societa' ricorrente ad
integrazione della precitata ordinanza n. 74/2020 del Comune di
Mantova con pec del 22 maggio 2020 [doc. 2];
di ogni altro atto connesso, presupposto o conseguente, anche
non conosciuto.
Nonche':
per l'accertamento dell'entita' della sanzione applicabile
nel caso in esame in euro 2.000,00 ovvero della maggiore o minor
somma che dovesse risultare in corso di causa;
B) Per quanto riguarda i motivi aggiunti depositati il 12 luglio
2022:
della cartella di pagamento n. 11220200003060561000
notificata alla societa' ricorrente in data 6 giugno 2022
dall'Agenzia delle entrate - riscossione - Agente della riscossione
per la Provincia di Trento per la riscossione della somma di euro
1.068.616,57, di cui euro 709.204,16 per la sanzione pecuniaria
asseritamente dovuta dalla ricorrente ai sensi dell'art. 167, decreto
legislativo n. 42/2004 in forza dell'ordinanza comunale n. 74/2020
del 18 maggio 2020, oltre ad interessi [doc. 43];
di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti, anche
non conosciuti;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Mantova
e del Ministero per i beni e le attivita' culturali e per il turismo
- Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per le Province
di Cremona Lodi e Mantova;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 maggio 2023 il dott.
Ariberto Sabino Limongelli e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale;
1. Il giudizio a quo.
La societa' Cartiere Villa Lagarina S.p.a. e' proprietaria di un
complesso industriale, noto come «Cartiera ex Burgo», ubicato in
Comune di Mantova, in area assoggettata a vincolo paesaggistico. Al
momento dell'acquisto, lo stabilimento versava - secondo quanto
prospettato dall'interessata - in una situazione di sostanziale
abbandono, e per avviare l'attivita' produttiva la societa' ha
pertanto programmato un complesso intervento di ristrutturazione
edilizia e industriale.
Nell'ambito di tale ristrutturazione ha realizzato diversi
interventi, alcuni dei quali sono stati sanzionati dal Comune di
Mantova e dalla Provincia di Mantova perche' realizzati in assenza o
in difformita' dell'autorizzazione paesaggistica.
Tra questi vengono in rilievo, nell'ambito di una serie di
giudizi proposti dalla societa' dinanzi a questo TAR e chiamati ad
una medesima udienza per ragioni di analogia e possibile connessione,
i provvedimenti sanzionatori relativi ai seguenti interventi:
(i) l'intervento di realizzazione del nuovo impianto di
depurazione, di cui quelli relativi alla sezione «aerobica» sono
stati sanzionati dal Comune di Mantova (con le ordinanze nn. 74/2020,
75/2020) mentre quelli relativi alla sezione «anaerobica» sono stati
sanzionati dalla Provincia di Mantova (con atto dirigenziale PD/954
del 16 ottobre 2020);
(ii) l'intervento relativo alla realizzazione di variante in
corso di realizzazione dell'edificio Pulper, sanzionato dalla
provincia con atto dirigenziale PD/953 del 16 ottobre 2020;
(iii) l'intervento relativo alla variante in corso d'opera
della Centrale termo elettrica, sanzionato dalla Provincia di Mantova
con atto dirigenziale PD/956 del 16 ottobre 2020;
(iv) l'intervento relativo alla «rifunzionalizzazione degli
edifici ed impianti a servizio della nuova macchina continua»,
sanzionato dal Comune di Mantova con ordinanza n. 184 del 20 ottobre
2020.
Le diverse sanzioni hanno dato origine, come detto, ad
altrettanti ricorsi pendenti dinanzi a questo TAR; in particolare le
ordinanze comunali sono state impugnate con i ricorsi r.g. nn.
431/2020, 432/2020 e 8/2021, mentre i provvedimenti provinciali sono
stati impugnati con i ricorsi R.G. nn. 3/2021, 4/2021 e 6/2021.
1.1. Il ricorso introduttivo del presente giudizio.
Per cio' che attiene specificamente al presente giudizio, con il
ricorso introduttivo la societa' ricorrente ha impugnato l'ordinanza
n. 74/2020 del 18 maggio 2020 e la relativa perizia di stima, con cui
il Comune di Mantova ha ingiunto alla ricorrente il pagamento
dell'importo di euro 709.204,16 entro trenta giorni dalla notifica
del provvedimento, a titolo di sanzione pecuniaria ai sensi degli
articoli 167, decreto legislativo n. 42/2004 e 83, legge regionale n.
12/2005 relativamente alle opere afferenti gli impianti in «facciata
Nord» dell'edificio «Nervi», all'interno dello stabilimento
industriale della Cartiera.
Si tratta, in modo specifico, degli interventi di «sostituzione e
riorganizzazione degli impianti di ventilazione della sala macchina
con relativa struttura metallica di sostegno e piano grigliato per la
loro ispezione e manutenzione; installazione di barriere acustica
fonoassorbente».
Dette opere, realizzate dalla societa' ricorrente in assenza di
autorizzazione paesaggistica e di permesso di costruire e gia'
oggetto di ordinanza di demolizione e riduzione in pristino n.
237/2018 adottata dal Comune di Mantova in data 21 dicembre 2018,
sono state fatte oggetto, successivamente, di una istanza di
sanatoria edilizia ex art. 36, decreto del Presidente della
Repubblica n. 380/2001 e di accertamento di compatibilita'
paesaggistica ex art. 167, decreto legislativo n. 42/2004, presentate
dall'intimata in data 5 marzo 2019 in seno al procedimento - allora
in corso - pendente dinanzi alla Provincia di Mantova per il rilascio
del Provvedimento autorizzatorio unico di cui all'art. 27-bis,
decreto legislativo n. 152/2006.
In esito a tale procedimento, il Comune di Mantova ha adottato in
data 18 maggio 2020 provvedimento di accertamento di compatibilita'
paesaggistica n. 3/2020, e per l'effetto lo stesso comune, con il
provvedimento qui impugnato, ha applicato la sanzione pecuniaria di
cui all'art. 167, decreto legislativo n. 42/2004 nella misura
indicata di euro 709.204,16, sulla scorta di apposita perizia di
stima.
L'art. 167, comma 5, decreto legislativo n. 42/2004 prevede
infatti che «Qualora venga accertata la compatibilita' paesaggistica,
il trasgressore e' tenuto al pagamento di una somma equivalente al
maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito
mediante la trasgressione. L'importo della sanzione pecuniaria e'
determinato previa perizia di stima».
In particolare la perizia di stima, dopo aver escluso la
sussistenza di un danno ambientale, ha quantificato la sanzione
pecuniaria sulla scorta del criterio previsto dall'art. 83, legge
regionale n. 12/2005, secondo cui «L'applicazione della sanzione
pecuniaria, prevista dall'art. 167 del decreto legislativo n.
42/2004, in alternativa alla rimessione in pristino, e' obbligatoria
anche nell'ipotesi di assenza di danno ambientale e, in tal caso,
deve essere quantificata in relazione al profitto conseguito e,
comunque, in misura non inferiore all'ottanta per cento del costo
teorico di realizzazione delle opere e/o lavori abusivi desumibile
dal relativo computo metrico estimativo e dai prezzi unitari
risultanti dai listini della Camera di commercio, industria,
artigianato e agricoltura della provincia, in ogni caso, con la
sanzione minima di cinquecento euro».
Sulla scorta di tale criterio, la perizia ha calcolato il
profitto conseguito dalla societa' con la realizzazione delle opere
abusive, procedendo dapprima a quantificare in euro 886.505,20 il
costo teorico di realizzazione delle opere realizzate, desumendolo
dal computo metrico trasmesso dalla societa', e quindi a calcolare
l'80% di tale costo, pari ad euro 709.204,16, somma poi
effettivamente ingiunta con il provvedimento impugnato.
La societa' ricorrente ha chiesto l'annullamento dell'atto
impugnato e la conseguente rideterminazione della sanzione irrogata
nella misura minima prevista dall'art. 83, legge regionale n. 12/2005
nel testo vigente al tempo della commissione dell'illecito, e dunque
nella misura di euro 500,00 per singola infrazione, ritenendo
sanzionabili le sole difformita' dell'intervento rispetto a quanto
oggetto del parere favorevole della Soprintendenza n. 6022 del 2017,
e dunque nella misura complessiva di euro 2.000,00; in via gradata,
ne ha chiesto la rideterminazione nella misura complessiva di euro
4.000,00, laddove non si volesse attribuire rilevanza al parere della
Soprintendenza.
Il ricorso e' stato affidato a tre motivi, con cui sono stati
dedotti vizi di violazione di legge e di eccesso di potere sotto
plurimi profili.
1.2. Il ricorso per motivi aggiunti.
Per la trattazione del merito del presente ricorso e' stata
fissata originariamente l'udienza pubblica del 6 dicembre 2022,
unitamente a ricorsi analoghi sopra menzionati. Nelle more, in data 6
giugno 2022, l'Agenzia delle entrate, su incarico del Comune di
Mantova, ha notificato alla societa' ricorrente la cartella di
pagamento n. 11220200003060561000 in forza della quale e' stato
chiesto a Cartiere Villa Lagarina di pagare, entro sessanta giorni
dalla notifica, e dunque entro il 5 agosto 2022, il complessivo
importo di euro 1.068.616,57, di cui euro 709.204,16 per la sanzione
pecuniaria dovuta dalla ricorrente in forza dell'ordinanza n. 74/2020
del 18 maggio 2020 ai sensi dell'art. 167, decreto legislativo n.
42/2004, oltre ad interessi.
Con la medesima cartella di pagamento l'Agenzia delle entrate ha
altresi' chiesto all'intimata il pagamento euro 328.124,23, oltre
interessi, a titolo di sanzione pecuniaria ingiunta dal Comune di
Mantova con ordinanza n. 75/2020 del 18 maggio 2020 ai sensi
dell'art. 167, decreto legislativo n. 42/2004, gia' impugnata dalla
societa' ricorrente con separato ricorso RG n. 432/2020.
Con motivi aggiunti notificati il 7 luglio 2022 depositati il 12
luglio 2022, la ricorrente ha impugnato la predetta cartella
esattoriale e ne ha chiesto l'annullamento per motivi di
illegittimita' derivata, richiamando i motivi di cui all'atto
introduttivo e formulando altresi' domanda cautelare di sospensione
della cartella impugnata.
1.3. Svolgimento del processo.
Il Comune di Mantova si e' costituito in giudizio depositando
documentazione e memoria difensiva, contestando la fondatezza del
ricorso e della domanda cautelare e chiedendone il rigetto.
Con ordinanza n. 586 del 1° agosto 2022, la Sezione ha accolto la
domanda cautelare proposta dalla parte ricorrente con i motivi
aggiunti, e per l'effetto ha sospeso in parte qua l'esecuzione della
cartella esattoriale indicata in epigrafe, rinviando per la
trattazione del merito all'udienza pubblica gia' fissata del 6
dicembre 2022 e compensando le spese della fase.
L'udienza di merito e' stata successivamente rinviata, su istanza
di parte, in attesa della definizione dell'incidente di
costituzionalita' sollevato dalla sezione in un analogo ricorso (R.G.
n. 877/2019) in relazione all'art. 83, legge regionale n. 12/2005.
L'incidente di costituzionalita' si e' concluso con la
pubblicazione in data 14 febbraio 2023 dell'ordinanza n. 22/2023 con
cui la Corte costituzionale ha dichiarato «inammissibile» la
questione di legittimita' costituzionale per assenza di rilevanza ai
fini della definizione della controversia oggetto del giudizio a quo
(R.G. n. 877/2019); cio' sulla base della considerazione che in tale
giudizio «il giudice a quo (...) ha gia' deciso i due unici motivi di
ricorso, respingendoli entrambi, con la conseguenza che, all'atto
della rimessione della questione, la sua potestas decidendi si era
gia' esaurita (...)», e che, «di conseguenza, la sollevata questione
non presenta rilievo ai fini della decisione della controversia, non
residuando in capo al remittente alcuno spazio di decisione, nel cui
ambito soltanto potrebbe trovare applicazione la norma della cui
legittimita' costituzionale il giudice stesso dubita)».
Definito l'incidente di costituzionalita', e' stata quindi
nuovamente fissata per il 24 maggio 2023 l'udienza di merito per la
trattazione del presente ricorso, unitamente agli altri connessi
sopra richiamati.
In prossimita' dell'udienza, le parti hanno depositato memorie
conclusive (entrambe) e di replica (la sola ricorrente) nei termini
di rito.
In particolare, nella memoria conclusiva la parte ricorrente ha
insistito in modo particolare sull'eccezione di illegittimita'
costituzionale di cui al terzo motivo, rilevando come la Corte
costituzionale non si sia pronunciata nel merito della questione, la
quale pertanto potrebbe essere riproposta.
Il Comune di Mantova ha contestato la fondatezza del ricorso con
articolate deduzioni, eccependo in particolare la manifesta
infondatezza dell'eccezione di illegittimita' costituzionale
formulata dalla parte ricorrente, chiedendo conclusivamente il
rigetto del gravame sotto tutti i profili dedotti.
All'udienza pubblica del 24 maggio 2023, la causa e' stata
trattenuta in decisione.
2. Infondatezza dei primi due motivi di ricorso e conseguente
rilevanza dell'eccezione illegittimita' costituzionale dell'art. 83,
legge regionale n. 12/2005 formulata con il terzo motivo.
Il ricorso e' stata affidato, come detto, a tre motivi; con i
primi due, la parte ricorrente ha dedotto l'illegittimita' del
provvedimento impugnato per vizi «propri» di violazione di legge e di
eccesso di potere, mentre con il terzo ha dedotto l'illegittimita'
«derivata» dell'atto impugnato in ragione dell'asserita
illegittimita' costituzionale della norma regionale applicata
dall'amministrazione comunale ai fini della quantificazione della
sanzione irrogata.
Ritiene il Collegio che i primi due motivi di ricorso siano
infondati, e che cio' imponga di esaminare la questione di
legittimita' costituzionale dedotta con il terzo motivo, che invece
appare rilevante e non manifestamente infondata per le stesse ragioni
gia' evidenziate da questa sezione nella precedente ordinanza di
rimessione alla Corte n. 322 del 6 aprile 2022, che ha condotto, come
sopra accennato, ad una pronuncia di inammissibilita' della Corte,
con ordinanza n. 22 del 14 febbraio 2023.
Nella presente fattispecie non si ravvisano i profili preclusivi
allora rilevati dalla Corte, giacche' la questione di
costituzionalita' della norma regionale qui costituisce il
presupposto di una specifica censura di illegittimita' derivata
dell'atto impugnato formulata dalla parte ricorrente con il terzo
motivo di gravame; questione che viene proposta nell'ambito
dell'unica pronuncia assunta dal Collegio, quando esso ancora dispone
interamente della propria potestas decidendi, la quale deve ancora
dispiegarsi almeno ai fini della definizione del terzo motivo,
rispetto al quale la pronuncia del Giudice delle leggi e'
pregiudiziale.
Quanto ai primi due motivi.
2.1. Con il primo motivo, la parte ricorrente ha dedotto vizi di
violazione e falsa applicazione degli articoli 21, 146, 167 e 181 del
decreto legislativo n. 42/2004, del decreto del Presidente della
Repubblica n. 31/2017, dell'art. 83 della legge regionale n. 12/2005
e dell'art. 3 della legge n. 241/1990, nonche' vizi di eccesso di
potere per carenza di istruttoria e di motivazione, per
contraddittorieta' interna e tra atti della P.A., e per illogicita'
manifesta.
Secondo la parte ricorrente, la sanzione pecuniaria impugnata
sarebbe stata determinata sull'erroneo presupposto che gli interventi
di adeguamento tecnologico siano stati realizzati dalla ricorrente in
totale assenza di titolo paesaggistico, mentre invece le opere erano
gia' state assentite sotto il profilo paesaggistico sia dalla
Commissione paesaggio del Comune di Mantova sia dalla competente
Soprintendenza, sicche' il calcolo della sanzione avrebbe dovuto
considerare le sole modifiche apportate dalla ricorrente in sede
realizzativa rispetto al progetto gia' positivamente valutato; in
particolare, le difformita' tra il lay out previamente assentito e
quello realizzato consisterebbero in modeste traslazioni dei camini e
in mutamenti di forma degli impianti. Peraltro, pur a fronte del
parere vincolante della Soprintendenza, il comune avrebbe omesso di
rilasciare l'autorizzazione paesaggistica nei venti giorni
successivi, come prescritto dall'art. 146, comma 8, decreto
legislativo n. 42/2004.
La censura, osserva il Collegio, si presenta infondata.
2.1.1. L'art. 146, comma 2 del decreto legislativo n. 42/2004
dispone che i proprietari, i possessori o i detentori a qualsiasi
titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico hanno l'obbligo
di presentare alle amministrazioni competenti il progetto degli
interventi che intendano intraprendere, corredato della prescritta
autorizzazione, e nelle more devono «astenersi dall'avviare i lavori
fino a quando non ne abbiano ottenuta l'autorizzazione». Il rilascio
dell'autorizzazione paesaggistica e' di competenza della regione,
secondo quanto previsto dal comma 6 dell'art. 146, ma la regione puo'
delegarne il rilascio, tra l'altro, a province e comuni, ciascuno in
relazione ai rispettivi territori; e in effetti nella Regione
Lombardia le funzioni amministrative per il rilascio
dell'autorizzazione paesaggistica e per l'irrogazione delle sanzioni
di cui agli articoli 146 e 167, decreto legislativo n. 42/2004, sono
state attribuite ai comuni, in forza di quanto previsto dall'art. 80,
comma 1, legge regionale n. 12/2005. Il comune rilascia
l'autorizzazione paesaggistica dopo aver acquisito il parere
vincolante del soprintendente (art. 146, comma 5), e vi provvede in
conformita' a quest'ultimo nel termine di venti giorni dalla
ricezione del medesimo (art. 146, comma 8). Decorso inutilmente il
predetto termine senza che l'amministrazione si sia pronunciata,
l'interessato puo' richiedere l'autorizzazione in via sostitutiva
alla regione, che vi provvede anche mediante un commissario ad acta,
entro sessanta giorni dal ricevimento della richiesta (art. 146,
comma 10).
2.1.2. Dalle predette disposizioni si evince che il potere di
rilasciare l'autorizzazione paesaggistica compete al comune, e non al
soprintendente; quest'ultimo adotta un parere in seno al
procedimento, quindi un atto meramente interno ed interlocutorio,
che, per quanto vincolante nei confronti dell'amministrazione
procedente, non produce effetti esterni immediatamente autorizzatori.
Il comune, d'altra parte, benche' vincolato ad adottare
l'autorizzazione in conformita' al parere, ha il potere di verificare
preliminarmente se il richiedente non abbia gia' proceduto alla
realizzazione abusiva delle opere oggetto della richiesta, in
violazione del divieto di cui al citato comma 2 dell'art. 146,
dovendo in tal caso, non solo denegare l'autorizzazione
paesaggistica, ma adottare i provvedimenti demolitori e
ripristinatori di cui all'art. 167, decreto legislativo n. 42/2004.
2.1.3. Nel caso di specie il comune, in esito ai sopralluoghi
eseguiti dalla polizia municipale in data 8 e 28 agosto 2018, ha
accertato che la ricorrente aveva gia' realizzato gli interventi
oggetto dell'istanza di autorizzazione in sanatoria, e per di piu' in
parziale difformita' dallo stesso parere favorevole reso dal
soprintendente l'8 novembre 2017. Una volta accertata la violazione
dell'art. 146, comma 2, decreto legislativo n. 42/2004, il
procedimento di autorizzazione paesaggistica non poteva piu' esitare
in un provvedimento favorevole per la ricorrente, non essendo a tal
fine sufficiente il mero parere favorevole del soprintendente,
peraltro afferente ad un progetto in parte disatteso dalla societa'
in fase realizzativa; e difatti la societa' ha presentato
successivamente istanza di accertamento di compatibilita'
paesaggistica e di sanatoria edilizia, riconoscendo in sostanza sia
gli abusi commessi sia l'impossibilita' del rilascio
dell'autorizzazione paesaggistica, che, come detto, ha carattere
necessariamente preventivo rispetto alla realizzazione degli
interventi e non puo' essere rilasciata ex post, se non nelle forme e
con le limitazioni previste dall'art. 167, comma 4 per l'accertamento
postumo di compatibilita' paesaggistica.
2.1.4. L'asserita inerzia del comune nel rilasciare
l'autorizzazione paesaggistica avrebbe potuto giustificare la
proposizione di una istanza di intervento sostitutivo della regione,
secondo quanto previsto dall'art. 146, comma 10, decreto legislativo
n. 42/2004, ovvero di un ricorso ex art. 117 c.p.a. dinanzi a questo
giudice, stante il carattere non perentorio ne' significativo del
termine di venti giorni di cui al combinato disposto di cui ai commi
6 e 8 dell'art. 146.
2.1.5. Peraltro, alla luce di quanto dedotto e documentato
dall'amministrazione comunale, nessuna inerzia appare addebitabile al
comune nella vicenda procedimentale de qua. E' infatti accaduto che
nel corso del procedimento di autorizzazione paesaggistica, la
societa' abbia chiesto alla provincia, con istanza del 20 ottobre
2017, il rilascio dell'autorizzazione unica ex art. 27-bis, decreto
legislativo n. 152/2006 per l'incremento della capacita' produttiva
della cartiera; cio' ha indotto doverosamente il comune - dopo che
nel frattempo era intervenuto in data 8 novembre 2017 il parere
favorevole del soprintendente - a disporre con nota dirigenziale del
5 dicembre 2017 il trasferimento di tutte le questioni relative
all'autorizzazione paesaggistica all'interno del procedimento ex art.
27-bis, quindi devolvendole all'esame della conferenza dei servizi
indetta in tale procedimento, evidenziando anche la necessita' di un
coordinamento con la VIA e con altri provvedimenti autorizzatori, tra
cui quello riguardante lo smaltimento e il recupero dei rifiuti ex
art. 208, decreto legislativo n. 152/2006 e quello riguardante la
costruzione e l'esercizio di impianti di cogenerazione ex art. 11,
decreto legislativo n. 115/2008; senonche' la ricorrente, senza
attendere l'esito di tale procedimento, ha realizzato abusivamente
gli interventi per cui e' causa, e, peraltro, anche in modo
parzialmente difforme dal parere del soprintendente. In definitiva,
nessuna inerzia appare imputabile al comunale nell'ambito del
procedimento di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, fermo
restando che - si ripete - anche un'eventuale inerzia comunale non
avrebbe comunque giustificato la realizzazione degli interventi prima
del rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, alla stregua del
quadro normativo sopra richiamato.
2.2. Con il secondo motivo, la parte ricorrente ha dedotto
ulteriori vizi di violazione di legge sotto plurimi profili e vizi di
eccesso di potere e per carenza di istruttoria e di motivazione, per
contraddittorieta' interna e tra atti della P.A., nonche' per
irragionevolezza ed illogicita' manifesta.
Secondo la parte ricorrente, la sanzione impugnata sarebbe stata
determinata dal comune facendo applicazione di una previsione
normativa non applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame,
alla luce dei principi generali di legalita' e di irretroattivita'
vigenti in materia di sanzioni amministrative; nel caso di specie,
infatti, l'amministrazione ha applicato l'art. 83 della legge
regionale n. 12/2005, nel testo introdotto dall'art. 27, comma 1,
della legge regionale n. 17/2018, entrato in vigore il 7 dicembre
2018, e quindi in epoca successiva alla commissione degli abusi
sanzionati (tant'e' vero che a quella data il provvedimento
sanzionatorio era gia' stato avviato), mentre avrebbe dovuto
applicare il testo previgente della norma, in vigore alla data di
commissione degli abusi, il quale prevedeva che «L'applicazione della
sanzione pecuniaria, prevista dall'art. 167 del decreto legislativo
n. 42/2004, in alternativa alla rimessione in pristino, e'
obbligatoria anche nell'ipotesi di assenza di danno ambientale e, in
tale caso, deve essere quantificata in relazione al profitto
conseguito e, comunque, in misura non inferiore a cinquecento euro».
Secondo la parte ricorrente, se l'amministrazione avesse applicato la
norma corretta, avrebbe dovuto necessariamente quantificare la
sanzione nella misura di euro 500,00 per singola infrazione,
ritenendo sanzionabili le sole difformita' dall'intervento rispetto a
quanto oggetto del parere favorevole della Soprintendenza n. 6022 del
2017, e dunque nella misura complessiva di euro 2.000,00, ovvero, in
via gradata, nella misura di euro 4.000,00, laddove non si volesse
attribuire rilevanza al parere della Soprintendenza.
Anche tale censura, osserva il Collegio, si deve ritenere
infondata.
2.2.1. Secondo consolidati principi giurisprudenziali, l'illecito
paesaggistico, come quello edilizio, ha natura permanente, in quanto
caratterizzato dall'obbligo perdurante nel tempo di ripristinare lo
stato dei luoghi (Cons. Stato, sez. II, 4 maggio 2020 n. 2840; Cons.
Stato, Sez. IV, 16 aprile 2010, n. 2160; Sez. II, 2 ottobre 2019, n.
6605). Tale permanenza perdura, secondo la giurisprudenza, fino
all'avvenuto ripristino dello stato dei luoghi o fino al rilascio dei
titoli abilitativi edilizi o paesaggistici in sanatoria; cio' sulla
base della considerazione che, nel momento in cui interviene
l'accertamento «postumo» della compatibilita' paesaggistica del
manufatto abusivo, l'ordinamento riconosce la conformita' dell'opera
agli interessi che il vincolo paesaggistico mira a tutelare, con la
conseguente cessazione della situazione di illiceita' (cfr. Cons.
Stato, Sez. II, 12 febbraio 2020, n. 1090; Sez. VI, 5 agosto 2013, n.
4087; Sez. VI, 23 luglio 2018, n. 4468; CGA 20 marzo 2020, n. 198; 24
giugno 2019, n. 579; 25 marzo 2019, n. 251; T.A.R. Napoli, sez. III,
6 marzo 2017, n. 1303; T.A.R. Catania, sez. II, 12 settembre 2014, n.
2408; T.A.R. Torino, sez. II, 29 agosto 2014, n. 1430; T.A.R.
Potenza, sez. I, 19 gennaio 2008, n. 14).
2.2.2. E' altresi' noto che, in presenza di un illecito
permanente, l'amministrazione puo' esercitare il proprio potere
sanzionatorio sin quando la violazione persiste (Cds sez. VI n.
5892/2021); al riguardo, e' appena il caso di rilevare che l'art.
167, comma 5, decreto legislativo n. 42/2004, nel prevedere che
«qualora venga accertata la compatibilita' paesaggistica, il
trasgressore e' tenuto al pagamento di una somma equivalente al
maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito
mediante la trasgressione», attribuisce all'amministrazione un potere
di natura sanzionatoria, e non risarcitoria o ripristinatoria, dal
momento che tale potere e' esercitabile a prescindere dal danno
ambientale effettivamente arrecato (in tal senso, cfr. Cons. Stato,
sez. II, 4 maggio 2020 n. 2840; Cons. Stato, Sez. V, 13 luglio 2006,
n. 4420; Sez. IV, 17 settembre 2013, n. 4631; Sez. II, 12 febbraio
2020, n. 1090).
2.2.3. In presenza di illeciti di natura permanente, il momento
di commissione dell'illecito, ai fini della successione delle leggi
nel tempo, va individuato nella cessazione della permanenza, poiche'
«qualora la condotta antigiuridica si protragga nel vigore della
nuova legge e' quest'ultima che deve trovare applicazione» (Cass.
sez. 3 n. 43597/2015; Cass. sez. 5 n. 45860/2012; Cass. Sez. 3 n.
13225/2008); ne consegue che, ai fini dell'individuazione della
sanzione applicabile agli illeciti paesaggistici, si ha riguardo alla
data di rilascio dell'autorizzazione in sanatoria.
2.2.4. Nel caso di specie, l'accertamento di compatibilita'
paesaggistica e' intervento con provvedimento del comune del 18
maggio 2020; correttamente, pertanto, l'amministrazione,
nell'adottare il provvedimento sanzionatorio impugnato nel presente
giudizio, ha applicato l'art. 83, legge regionale n. 12/2005 nel
testo in allora vigente, risultante dalla novella introdotta
dall'art. 27, comma 1, legge regionale 4 dicembre 2018, n. 17, in
vigore dal 7 dicembre 2018.
Alla luce di tali considerazioni, anche la censura in esame va
dunque disattesa.
3. La questione di legittimita' costituzionale.
Infine, con il terzo e ultimo motivo, la parte ricorrente ha
sostenuto che, nell'ipotesi in cui fosse ritenuta legittima
l'applicazione dell'art. 83 della legge regionale n. 12/2005 nel
testo attualmente vigente, il provvedimento impugnato sarebbe affetto
da illegittimita' derivata a causa della illegittimita'
costituzionale della norma applicata, per violazione degli articoli
23, 25, 117, comma 2, lettera l), m) ed e s) e dell'art. 118 della
Costituzione.
3.1. Per ben comprendere i termini dell'eccezione sollevata da
parte ricorrente, giova premettere che nel caso di specie la sanzione
pecuniaria oggetto del presente giudizio e' stata determinata
dall'amministrazione comunale, previa perizia di stima, facendo
applicazione non soltanto dell'art. 167, decreto legislativo n.
42/2004, ma anche dell'art. 83, legge regionale n. 12/2005 nella
versione attualmente vigente. La circostanza non e' contestata, e,
comunque, e' comprovata sia dal tenore letterale del provvedimento
sanzionatorio, sia dalle modalita' di quantificazione della sanzione.
Invero, quanto al dato letterale, nell'ordinanza comunale si legge
che «la sanzione da applicare e' corrispondente al profitto
conseguito mediante la trasgressione, calcolato sulla base del costo
teorico di realizzazione delle opere realizzate desumibile dal
computo metrico pervenuto via pec in data 12 maggio 2020 (Prot.
31677)», con un implicito ma evidente richiamo al disposto dell'art.
83, legge regionale n. 12/2005, che, in termini innovativi rispetto
all'art. 167, decreto legislativo n. 42/2004, ha previsto per la
prima volta come criterio di computo del profitto conseguito
«l'ottanta per cento del costo teorico di realizzazione delle opere
e/o lavori abusivi desumibile dal relativo computo metrico estimativo
(...)». Quanto alla quantificazione, la perizia di stima ha
determinato, per l'appunto, il «costo teorico di realizzazione delle
opere e dei lavori abusivi», richiamando espressamente l'art. 83,
legge regionale Lombardia n. 12/2005.
3.2. Cio' posto, l'art. 167, comma 5, decreto legislativo n.
42/2004, nella parte qui di interesse, stabilisce che «Qualora venga
accertata la compatibilita' paesaggistica, il trasgressore e' tenuto
al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il
danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione».
A sua volta, l'art. 83, legge regionale Lombardia n. 12/2005,
nella versione attualmente vigente, prevede che «L'applicazione della
sanzione pecuniaria, prevista dall'art. 167 del decreto legislativo
n. 42/2004, in alternativa alla rimessione in pristino, e'
obbligatoria anche nell'ipotesi di assenza di danno ambientale e, in
tal caso, deve essere quantificata in relazione al profitto
conseguito e, comunque, in misura non inferiore all'ottanta per cento
del costo teorico di realizzazione delle opere e/o lavori abusivi
desumibile dal relativo computo metrico estimativo e dai prezzi
unitari risultanti dai listini della Camera di commercio, industria,
artigianato e agricoltura della provincia, in ogni caso, con la
sanzione minima di cinquecento euro».
Dunque, mentre la disciplina statale utilizza quali parametri per
la determinazione della sanzione il danno arrecato o il profitto
conseguito, la disciplina regionale utilizza anche il costo di
costruzione delle opere abusive.
3.3. La societa' ricorrente sostiene che in tal modo la
previsione regionale abbia introdotto un parametro di quantificazione
della sanzione pecuniaria, vale a dire il costo di costruzione delle
opere e/o dei lavori abusivi, del tutto estraneo ai concetti di
profitto o di danno viceversa utilizzati dalla disciplina statale per
determinare la suddetta sanzione. Pertanto - a suo dire - l'art. 83,
legge regionale Lombardia sarebbe viziato da illegittimita'
costituzionale per violazione degli articoli 3, 23, 25, comma
secondo, 117, comma secondo, lettere l), m) ed s), 118 Cost., nella
misura in cui prevede una sanzione differente rispetto a quella
individuata dagli articoli 167 e 181, decreto legislativo n. 42/2004,
o comunque confliggente con i principi di uguaglianza, ragionevolezza
e proporzionalita' della sanzione rispetto alla gravita'
dell'illecito. In subordine, la societa' Cartiere Villa Lagarina
S.p.a. assume che, laddove si ritenesse l'art. 83, legge regionale
Lombardia n. 12/2005 astrattamente compatibile con l'art. 167,
decreto legislativo n. 42/2004, allora a essere incostituzionale
sarebbe la disposizione statale, per assoluta genericita' del
precetto sanzionatorio e per carenza di proporzionalita' e
ragionevolezza della sanzione e dunque per violazione degli articoli
23 e 25 della Costituzione.
3.4. Il Comune di Mantova ritiene invece che la questione di
costituzionalita' prospettata da controparte sia infondata. Secondo
l'amministrazione resistente, infatti, la materia dei beni culturali
e del paesaggio non e' riservata integralmente allo Stato, dal
momento che la loro valorizzazione e' affidata dal terzo comma
dell'art. 117 Cost. alla potesta' legislativa concorrente delle
regioni, e che la gestione della autorizzazione paesaggistica, anche
in sanatoria, compete alla regione sia pure con il parere della
Soprintendenza. Di talche', a suo dire, la materia sanzionatoria
nell'ambito paesaggistico non andrebbe ascritta alla potesta'
legislativa esclusiva dello Stato ex art. 117, secondo comma, lettera
s), Cost., bensi' a quella regionale esclusiva fissata in via
residuale dal comma quarto del medesimo art. 117 Cost. In subordine,
l'ente resistente asserisce che la norma regionale si e' limitata a
precisare il contenuto del termine «profitto» utilizzato dalla
disposizione statale per determinare la sanzione pecuniaria
conseguente all'accertamento postumo di compatibilita' paesaggistica,
in tutti quei casi in cui il profitto non sia determinabile,
utilizzando un parametro niente affatto arbitrario o irragionevole.
Anche l'eccezione di incostituzionalita' della legge statale sarebbe
infondata secondo la difesa del comune, sia perche' la lamentata
genericita' della disposizione non concretizza in se' un vizio di
costituzionalita', sia perche' essa viene superata proprio attraverso
l'integrazione del precetto operata dalla disposizione regionale.
3.5. Sulla rilevanza della questione di costituzionalita'.
3.5.1. Il Collegio ritiene che la questione di costituzionalita'
prospettata dalla societa' Cartiere Villa Lagarina S.p.a. sia
rilevante e - sia pure nei termini che si vanno esporre - non
manifestamente infondata, e che dunque sussistano i presupposti
fissati dall'art. 23, legge n. 87/1953 per sollevare l'incidente di
costituzionalita'.
3.5.2. Come gia' esposto, la sanzione irrogata alla societa'
ricorrente e' stata determinata sulla scorta della perizia di stima,
che ha preso in considerazione esclusivamente il costo teorico di
realizzazione delle opere abusive.
Si tratta, come parimenti visto in precedenza, di un parametro di
calcolo non previsto dalla legge statale, ma solo da quella
regionale.
Questo comporta che l'eventuale declaratoria di
incostituzionalita' dell'art. 83, legge regionale Lombardia
determinerebbe l'illegittimita' del provvedimento sanzionatorio che
ne ha fatto applicazione e dunque l'accoglimento del ricorso con
riferimento a questo unico profilo, dedotto dalla parte ricorrente
con il terzo motivo di ricorso.
3.5.3. Nello specifico, poi, parte ricorrente ha contestato la
quantificazione della sanzione pecuniaria che le e' stata in concreto
irrogata dal Comune di Mantova in applicazione dell'art. 83 cit. per
cui, ove tale disposizione venisse a perdere efficacia a seguito
della pronuncia d'incostituzionalita', la sanzione andrebbe
conseguentemente annullata, presupposto necessario per poter poi
stabilire se la sanzione possa essere rideterminata nel minor importo
indicato dalla ricorrente: e tanto basta ad attribuire a questa un
immediato vantaggio, sufficiente a giustificare il ricorso al Giudice
delle leggi.
3.5.4. A rafforzare tale conclusione e' che la nuova sanzione
pecuniaria da applicare alla societa' Cartiere Villa Lagarina S.p.a.
per l'intervento abusivo realizzato andrebbe, a mente dell'art. 167,
comma 5, decreto legislativo n. 42/2004, parametrata sul profitto
conseguito (posto che non e' in contestazione che l'intervento
abusivo non ha provocato alcun danno), di regola inferiore all'80%
del costo di costruzione, cosi' come invece stabilisce l'art. 83,
legge regionale n. 12/2005 che certamente non costituisce norma di
favore per il trasgressore, rispetto al disposto del ripetuto art.
167, comma 5.
Si consideri, sul punto, che il decreto ministeriale del Ministro
per i beni culturali e ambientali 26 settembre 1997, intitolato
«Determinazione dei parametri e delle modalita' per la qualificazione
della indennita' risarcitoria per le opere abusive realizzate nelle
aree sottoposte a vincolo», all'art. 2 stabiliva che il profitto era
«la differenza tra il valore dell'opera realizzata ed i costi
sostenuti per la esecuzione della stessa, alla data di effettuazione
della perizia», e all'art. 3 che il profitto doveva ritenersi «pari,
in via ordinaria al tre per cento del valore d'estimo dell'unita'
immobiliare».
E' ben vero che il precitato decreto ministeriale 26 settembre
1997 e' stato emanato sotto la vigenza dell'art. 15, legge n.
1497/1939, ma e' anche vero che tale norma, per quanto qui di
interesse ha la medesima formulazione dell'art. 167, comma 5, decreto
legislativo n. 42/2004: anch'essa infatti pone a carico dell'autore
dell'abuso il pagamento «di una indennita' equivalente alla maggiore
somma tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la
commessa trasgressione».
E poiche' non sembra possibile che il profitto conseguito dal
trasgressore, inteso come differenza tra valore dell'opera e costo di
realizzazione, possa condurre a un risultato pari o superiore all'80%
del costo di costruzione delle opere abusive, e' definitivamente
confermata la rilevanza della questione di costituzionalita' in esame
nell'ambito del presente giudizio.
3.6. Sulla non manifesta infondatezza della questione di
costituzionalita'.
Questo giudice ritiene che la determinazione delle sanzioni
amministrative per il caso di inosservanza della disciplina contenuta
nella parte terza del decreto legislativo n. 42/2004 sia da ascrivere
alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art.
117, comma 2, lettera s), Cost., in quanto rientrante nella materia
«tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali».
Di contro, non convincono le tesi affacciate dalla difesa del
comune, per cui la materia rientrerebbe o nella potesta' legislativa
esclusiva delle regioni ai sensi del comma quarto dell'art. 117
Cost., o in quella concorrente sempre delle regioni, sub specie
«valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e
organizzazione di attivita' culturali», ai sensi del comma terzo del
medesimo art. 117 Cost..
3.6.1. Da un lato, invero, l'apparato sanzionatorio previsto per
un determinato settore dell'ordinamento, lungi dal costituire una
materia a se' stante, accede piuttosto alla disciplina sostanziale il
cui rispetto intende assicurare. Si puo' concludere quindi che la
disciplina sanzionatoria spetta al medesimo soggetto «nella cui sfera
di competenza rientra la disciplina la cui inosservanza costituisce
l'atto sanzionabile (ex multis, sentenze n. 90 del 2013, n. 240 del
2007, n. 384 del 2005 e n. 12 del 2004)» (cosi', Corte cost. sentenza
n. 148/2018).
Dunque, non trattandosi di una materia autonoma, quella
sanzionatoria non puo' ricadere nella previsione del comma quarto
dell'art. 117 Cost. e dunque essere attribuita in via residuale alla
potesta' legislativa delle regioni.
3.6.2. Dall'altro lato, la «tutela» dell'ambiente e del
paesaggio, affidata in via esclusiva allo Stato, e la
«valorizzazione» degli stessi, rimessa alla potesta' concorrente,
sono - ad avviso di questo giudice - due funzioni, certamente
intersecantesi, ma diversificate l'una dall'altra. E cosi' mentre la
prima mira alla conservazione di un bene complesso e unitario,
soddisfacendo a un valore primario dell'ordinamento costituzionale
(Corte cost., sentenza n. 201/2021), la seconda mira a migliorarne la
fruizione e la conoscenza.
3.6.3. Cio' premesso, questo giudice ritiene che la terza parte
del decreto legislativo n. 42/2004 persegua scopi di conservazione
dei beni paesaggistici, in quanto vieta espressamente qualsivoglia
intervento che li distrugga o li pregiudichi. Tant'e' che l'art. 146,
decreto legislativo n. 42/2004 subordina l'attivita' edificatoria
nelle aree tutelate alla preventiva verifica di compatibilita'
dell'opera progettata con l'interesse paesaggistico da parte
dell'Autorita' preposta alla tutela.
E' pertanto da ritenersi che il medesimo scopo di tutela sia
perseguito dalle sanzioni per la violazione della disciplina
contenuta nella terza parte del decreto legislativo n. 42/2004. E
questo, se e' piu' evidente nel caso di sanzione ripristinatoria, lo
e' anche in caso di sanzione sostitutiva pecuniaria: quest'ultima
infatti e' comunque diretta a scoraggiare interventi su aree
paesaggisticamente tutelate, prima che l'Autorita' amministrativa si
sia pronunciata sui progetti.
3.6.4. Alla luce delle suesposte considerazioni, questo giudice
ritiene che la disciplina delle sanzioni per la violazione dell'art.
146, decreto legislativo n. 42/2004 rientri nella potesta'
legislativa esclusiva dello Stato, senza che residui spazio alle
regioni per introdurre sanzioni ulteriori e/o diverse rispetto a
quelle contenute nella legge statale.
4. Conclusioni.
In conclusione, questo giudice dubita che l'art. 83, legge
regionale Lombardia n. 12/2005, prevedendo una difforme disciplina
sanzionatoria in un ambito riservato alla competenza esclusiva dello
Stato, violi l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
Va, pertanto, sollevata questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 83, legge regionale Lombardia n. 12/2005 rispetto all'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost., con sospensione del presente
giudizio sino alla pronuncia della Corte costituzionale sulla stessa.
Si dispone l'immediata trasmissione degli atti di causa alla
Corte costituzionale medesima e le comunicazioni di cui in
dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia Sezione
staccata di Brescia (Sezione Prima) solleva dinanzi alla Corte
costituzionale questione di legittimita' costituzionale dell'art. 83,
legge regionale Lombardia n. 12/2005 rispetto all'art. 117, secondo
comma, lettera s), Cost..
Dispone l'immediata trasmissione degli atti di causa alla Corte
costituzionale.
Sospende il presente giudizio in attesa della decisione della
Corte costituzionale.
Dispone che, a cura della Segreteria, la presente ordinanza venga
notificata alle parti in causa e al Presidente della Giunta regionale
della Lombardia e che venga comunicata al Presidente del Consiglio
regionale della Lombardia.
Cosi' deciso in Brescia nella Camera di consiglio del giorno
24 maggio 2023 con l'intervento dei magistrati:
Angelo Gabbricci, Presidente;
Ariberto Sabino Limongelli, Consigliere, estensore;
Luca Pavia, referendario.
Il Presidente: Gabbricci
L'estensore: Limongelli