Reg. ord. n. 105 del 2023 pubbl. su G.U. del 30/08/2023 n. 35

Ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia - Sezione distaccata di Brescia  del 28/06/2023

Tra: Cartiere Villa Lagarina S.p.A. C/ Comune di Mantova



Oggetto:

Paesaggio – Sanzioni amministrative - Norme della Regione Lombardia – Applicazione obbligatoria della sanzione pecuniaria, prevista dall'art. 167 del decreto legislativo n. 42 del 2004, in alternativa alla rimessione in pristino, anche nell'ipotesi di assenza di danno ambientale – Prevista quantificazione in relazione al profitto conseguito e, comunque, in misura non inferiore all'ottanta per cento del costo teorico di realizzazione delle opere e/o lavori abusivi – Denunciata disciplina sanzionatoria difforme da quella statale che usa quali parametri per la determinazione della sanzione unicamente il danno arrecato o il profitto conseguito - Violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.



Norme impugnate:

legge della Regione Lombardia  del 11/03/2005  Num. 12  Art. 83 



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art. 117   Co. 2 lett. s)

decreto legislativo  del 22/01/2004  Num. 42  Art. 146 

decreto legislativo  del 22/01/2004  Num. 42  Art. 167   Co.



Udienza Pubblica del 9 gennaio 2024 rel. D'ALBERTI


Testo dell'ordinanza

N. 105 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 giugno 2023

Ordinanza del 28 giugno 2023 del Tribunale  amministrativo  regionale
per la Lombardia sul ricorso proposto da Cartiere Villa Lagarina  spa
contro Comune di Mantova. 
 
Paesaggio - Sanzioni amministrative - Norme della Regione Lombardia -
  Applicazione  obbligatoria  della  sanzione  pecuniaria,   prevista
  dall'art.  167  del  decreto  legislativo  n.  42  del   2004,   in
  alternativa alla rimessione  in  pristino,  anche  nell'ipotesi  di
  assenza di danno ambientale - Prevista quantificazione in relazione
  al  profitto  conseguito  e,  comunque,  in  misura  non  inferiore
  all'ottanta per cento del  costo  teorico  di  realizzazione  delle
  opere e/o lavori abusivi. 
- Legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12  (Legge  per  il
  governo del territorio), art. 83. 


(GU n. 35 del 30-08-2023)

 
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
                          PER LA LOMBARDIA 
 
 
                     Sezione staccata di Brescia 
                           (Sezione Prima) 
 
ha pronunciato la presente ordinanza, sul ricorso numero di  registro
generale 431 del 2020, integrato  da  motivi  aggiunti,  proposto  da
Cartiere Villa Lagarina S.p.a., in persona del legale  rappresentante
pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Alberto Mascotto e
Vincenzo Pellegrini, con domicilio digitale come da pec  da  Registri
di giustizia; 
    Contro: 
        Comune di Mantova, in persona del legale  rappresentante  pro
tempore, rappresentato e difeso  dall'avvocato  Paolo  Gianolio,  con
domicilio digitale come da pec da Registri di giustizia; 
        Ministero per i beni  e  le  attivita'  culturali  e  per  il
turismo - Soprintendenza archeologia belle arti e  paesaggio  per  le
Province  di  Cremona  Lodi  e  Mantova,  in   persona   del   legale
rappresentante pro tempore, rappresentata  e  difesa  dall'Avvocatura
distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Brescia,  via  S.
Caterina n. 6; 
    Nei confronti Provincia di Mantova, non costituita in giudizio; 
 
                         per l'annullamento 
 
  A) per quanto riguarda il ricorso introduttivo: 
        dell'ordinanza n. 74/2020 del dirigente del Settore sportello
unico per le imprese e i cittadini  del  Comune  di  Mantova  del  18
maggio 2020, prot. n. 0032941/2020 avente ad  oggetto  «Provvedimento
sanzionatorio di natura pecuniaria (art. 167 del decreto  legislativo
22 gennaio 2004, n. 42)» trasmesso alla societa' ricorrente  con  pec
del 21 maggio 2020 [doc. 1]; 
        della «Perizia di stima per  la  determinazione  di  sanzione
pecuniaria ai sensi art. 167 del  decreto  legislativo  n.  42/2004»,
prot.  n.  0033105/2020  trasmessa  alla   societa'   ricorrente   ad
integrazione della precitata  ordinanza  n.  74/2020  del  Comune  di
Mantova con pec del 22 maggio 2020 [doc. 2]; 
        di ogni altro atto connesso, presupposto o conseguente, anche
non conosciuto. 
    Nonche': 
        per l'accertamento dell'entita'  della  sanzione  applicabile
nel caso in esame in euro 2.000,00  ovvero  della  maggiore  o  minor
somma che dovesse risultare in corso di causa; 
  B) Per quanto riguarda i motivi aggiunti depositati  il  12  luglio
2022: 
        della   cartella   di   pagamento   n.   11220200003060561000
notificata  alla  societa'  ricorrente  in   data   6   giugno   2022
dall'Agenzia delle entrate - riscossione - Agente  della  riscossione
per la Provincia di Trento per la riscossione  della  somma  di  euro
1.068.616,57, di cui  euro  709.204,16  per  la  sanzione  pecuniaria
asseritamente dovuta dalla ricorrente ai sensi dell'art. 167, decreto
legislativo n. 42/2004 in forza dell'ordinanza  comunale  n.  74/2020
del 18 maggio 2020, oltre ad interessi [doc. 43]; 
        di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti,  anche
non conosciuti; 
    Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di  Mantova
e del Ministero per i beni e le attivita' culturali e per il  turismo
- Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per  le  Province
di Cremona Lodi e Mantova; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 maggio 2023 il dott.
Ariberto Sabino Limongelli e uditi per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
1. Il giudizio a quo. 
    La societa' Cartiere Villa Lagarina S.p.a. e' proprietaria di  un
complesso industriale, noto come  «Cartiera  ex  Burgo»,  ubicato  in
Comune di Mantova, in area assoggettata a vincolo  paesaggistico.  Al
momento dell'acquisto,  lo  stabilimento  versava  -  secondo  quanto
prospettato dall'interessata  -  in  una  situazione  di  sostanziale
abbandono, e  per  avviare  l'attivita'  produttiva  la  societa'  ha
pertanto programmato  un  complesso  intervento  di  ristrutturazione
edilizia e industriale. 
    Nell'ambito  di  tale  ristrutturazione  ha  realizzato   diversi
interventi, alcuni dei quali sono  stati  sanzionati  dal  Comune  di
Mantova e dalla Provincia di Mantova perche' realizzati in assenza  o
in difformita' dell'autorizzazione paesaggistica. 
    Tra questi vengono  in  rilievo,  nell'ambito  di  una  serie  di
giudizi proposti dalla societa' dinanzi a questo TAR  e  chiamati  ad
una medesima udienza per ragioni di analogia e possibile connessione,
i provvedimenti sanzionatori relativi ai seguenti interventi: 
        (i) l'intervento  di  realizzazione  del  nuovo  impianto  di
depurazione, di cui quelli  relativi  alla  sezione  «aerobica»  sono
stati sanzionati dal Comune di Mantova (con le ordinanze nn. 74/2020,
75/2020) mentre quelli relativi alla sezione «anaerobica» sono  stati
sanzionati dalla Provincia di Mantova (con atto  dirigenziale  PD/954
del 16 ottobre 2020); 
        (ii) l'intervento relativo alla realizzazione di variante  in
corso  di  realizzazione  dell'edificio  Pulper,   sanzionato   dalla
provincia con atto dirigenziale PD/953 del 16 ottobre 2020; 
        (iii) l'intervento relativo alla variante  in  corso  d'opera
della Centrale termo elettrica, sanzionato dalla Provincia di Mantova
con atto dirigenziale PD/956 del 16 ottobre 2020; 
        (iv) l'intervento relativo alla  «rifunzionalizzazione  degli
edifici ed  impianti  a  servizio  della  nuova  macchina  continua»,
sanzionato dal Comune di Mantova con ordinanza n. 184 del 20  ottobre
2020. 
        Le diverse  sanzioni  hanno  dato  origine,  come  detto,  ad
altrettanti ricorsi pendenti dinanzi a questo TAR; in particolare  le
ordinanze comunali sono  state  impugnate  con  i  ricorsi  r.g.  nn.
431/2020, 432/2020 e 8/2021, mentre i provvedimenti provinciali  sono
stati impugnati con i ricorsi R.G. nn. 3/2021, 4/2021 e 6/2021. 
1.1. Il ricorso introduttivo del presente giudizio. 
    Per cio' che attiene specificamente al presente giudizio, con  il
ricorso introduttivo la societa' ricorrente ha impugnato  l'ordinanza
n. 74/2020 del 18 maggio 2020 e la relativa perizia di stima, con cui
il Comune  di  Mantova  ha  ingiunto  alla  ricorrente  il  pagamento
dell'importo di euro 709.204,16 entro trenta  giorni  dalla  notifica
del provvedimento, a titolo di sanzione  pecuniaria  ai  sensi  degli
articoli 167, decreto legislativo n. 42/2004 e 83, legge regionale n.
12/2005 relativamente alle opere afferenti gli impianti in  «facciata
Nord»   dell'edificio   «Nervi»,   all'interno   dello   stabilimento
industriale della Cartiera. 
    Si tratta, in modo specifico, degli interventi di «sostituzione e
riorganizzazione degli impianti di ventilazione della  sala  macchina
con relativa struttura metallica di sostegno e piano grigliato per la
loro ispezione e manutenzione;  installazione  di  barriere  acustica
fonoassorbente». 
    Dette opere, realizzate dalla societa' ricorrente in  assenza  di
autorizzazione paesaggistica  e  di  permesso  di  costruire  e  gia'
oggetto di ordinanza  di  demolizione  e  riduzione  in  pristino  n.
237/2018 adottata dal Comune di Mantova in  data  21  dicembre  2018,
sono  state  fatte  oggetto,  successivamente,  di  una  istanza   di
sanatoria  edilizia  ex  art.  36,  decreto  del   Presidente   della
Repubblica  n.  380/2001  e   di   accertamento   di   compatibilita'
paesaggistica ex art. 167, decreto legislativo n. 42/2004, presentate
dall'intimata in data 5 marzo 2019 in seno al procedimento  -  allora
in corso - pendente dinanzi alla Provincia di Mantova per il rilascio
del  Provvedimento  autorizzatorio  unico  di  cui  all'art.  27-bis,
decreto legislativo n. 152/2006. 
    In esito a tale procedimento, il Comune di Mantova ha adottato in
data 18 maggio 2020 provvedimento di accertamento  di  compatibilita'
paesaggistica n. 3/2020, e per l'effetto lo  stesso  comune,  con  il
provvedimento qui impugnato, ha applicato la sanzione  pecuniaria  di
cui  all'art.  167,  decreto  legislativo  n.  42/2004  nella  misura
indicata di euro 709.204,16, sulla  scorta  di  apposita  perizia  di
stima. 
    L'art. 167, comma  5,  decreto  legislativo  n.  42/2004  prevede
infatti che «Qualora venga accertata la compatibilita' paesaggistica,
il trasgressore e' tenuto al pagamento di una  somma  equivalente  al
maggiore importo tra il  danno  arrecato  e  il  profitto  conseguito
mediante la trasgressione. L'importo  della  sanzione  pecuniaria  e'
determinato previa perizia di stima». 
    In  particolare  la  perizia  di  stima,  dopo  aver  escluso  la
sussistenza di un  danno  ambientale,  ha  quantificato  la  sanzione
pecuniaria sulla scorta del criterio  previsto  dall'art.  83,  legge
regionale n. 12/2005,  secondo  cui  «L'applicazione  della  sanzione
pecuniaria,  prevista  dall'art.  167  del  decreto  legislativo   n.
42/2004, in alternativa alla rimessione in pristino, e'  obbligatoria
anche nell'ipotesi di assenza di danno ambientale  e,  in  tal  caso,
deve essere quantificata  in  relazione  al  profitto  conseguito  e,
comunque, in misura non inferiore all'ottanta  per  cento  del  costo
teorico di realizzazione delle opere e/o  lavori  abusivi  desumibile
dal  relativo  computo  metrico  estimativo  e  dai  prezzi   unitari
risultanti  dai  listini  della  Camera  di   commercio,   industria,
artigianato e agricoltura della  provincia,  in  ogni  caso,  con  la
sanzione minima di cinquecento euro». 
    Sulla scorta  di  tale  criterio,  la  perizia  ha  calcolato  il
profitto conseguito dalla societa' con la realizzazione  delle  opere
abusive, procedendo dapprima a quantificare  in  euro  886.505,20  il
costo teorico di realizzazione delle  opere  realizzate,  desumendolo
dal computo metrico trasmesso dalla societa', e  quindi  a  calcolare
l'80%  di  tale  costo,  pari   ad   euro   709.204,16,   somma   poi
effettivamente ingiunta con il provvedimento impugnato. 
    La  societa'  ricorrente  ha  chiesto  l'annullamento   dell'atto
impugnato e la conseguente rideterminazione della  sanzione  irrogata
nella misura minima prevista dall'art. 83, legge regionale n. 12/2005
nel testo vigente al tempo della commissione dell'illecito, e  dunque
nella  misura  di  euro  500,00  per  singola  infrazione,  ritenendo
sanzionabili le sole difformita' dell'intervento  rispetto  a  quanto
oggetto del parere favorevole della Soprintendenza n. 6022 del  2017,
e dunque nella misura complessiva di euro 2.000,00; in  via  gradata,
ne ha chiesto la rideterminazione nella misura  complessiva  di  euro
4.000,00, laddove non si volesse attribuire rilevanza al parere della
Soprintendenza. 
    Il ricorso e' stato affidato a tre motivi,  con  cui  sono  stati
dedotti vizi di violazione di legge e  di  eccesso  di  potere  sotto
plurimi profili. 
1.2. Il ricorso per motivi aggiunti. 
    Per la trattazione del  merito  del  presente  ricorso  e'  stata
fissata originariamente  l'udienza  pubblica  del  6  dicembre  2022,
unitamente a ricorsi analoghi sopra menzionati. Nelle more, in data 6
giugno 2022, l'Agenzia delle  entrate,  su  incarico  del  Comune  di
Mantova, ha  notificato  alla  societa'  ricorrente  la  cartella  di
pagamento n. 11220200003060561000  in  forza  della  quale  e'  stato
chiesto a Cartiere Villa Lagarina di pagare,  entro  sessanta  giorni
dalla notifica, e dunque entro  il  5  agosto  2022,  il  complessivo
importo di euro 1.068.616,57, di cui euro 709.204,16 per la  sanzione
pecuniaria dovuta dalla ricorrente in forza dell'ordinanza n. 74/2020
del 18 maggio 2020 ai sensi dell'art.  167,  decreto  legislativo  n.
42/2004, oltre ad interessi. 
    Con la medesima cartella di pagamento l'Agenzia delle entrate  ha
altresi' chiesto all'intimata il  pagamento  euro  328.124,23,  oltre
interessi, a titolo di sanzione pecuniaria  ingiunta  dal  Comune  di
Mantova con  ordinanza  n.  75/2020  del  18  maggio  2020  ai  sensi
dell'art. 167, decreto legislativo n. 42/2004, gia'  impugnata  dalla
societa' ricorrente con separato ricorso RG n. 432/2020. 
    Con motivi aggiunti notificati il 7 luglio 2022 depositati il  12
luglio  2022,  la  ricorrente  ha  impugnato  la  predetta   cartella
esattoriale  e  ne  ha   chiesto   l'annullamento   per   motivi   di
illegittimita'  derivata,  richiamando  i  motivi  di  cui   all'atto
introduttivo e formulando altresi' domanda cautelare  di  sospensione
della cartella impugnata. 
1.3. Svolgimento del processo. 
    Il Comune di Mantova si e'  costituito  in  giudizio  depositando
documentazione e memoria difensiva,  contestando  la  fondatezza  del
ricorso e della domanda cautelare e chiedendone il rigetto. 
    Con ordinanza n. 586 del 1° agosto 2022, la Sezione ha accolto la
domanda cautelare  proposta  dalla  parte  ricorrente  con  i  motivi
aggiunti, e per l'effetto ha sospeso in parte qua l'esecuzione  della
cartella  esattoriale  indicata  in  epigrafe,   rinviando   per   la
trattazione del  merito  all'udienza  pubblica  gia'  fissata  del  6
dicembre 2022 e compensando le spese della fase. 
    L'udienza di merito e' stata successivamente rinviata, su istanza
di   parte,   in   attesa   della   definizione   dell'incidente   di
costituzionalita' sollevato dalla sezione in un analogo ricorso (R.G.
n. 877/2019) in relazione all'art. 83, legge regionale n. 12/2005. 
    L'incidente  di  costituzionalita'  si   e'   concluso   con   la
pubblicazione in data 14 febbraio 2023 dell'ordinanza n. 22/2023  con
cui  la  Corte  costituzionale  ha  dichiarato   «inammissibile»   la
questione di legittimita' costituzionale per assenza di rilevanza  ai
fini della definizione della controversia oggetto del giudizio a  quo
(R.G. n. 877/2019); cio' sulla base della considerazione che in  tale
giudizio «il giudice a quo (...) ha gia' deciso i due unici motivi di
ricorso, respingendoli entrambi, con  la  conseguenza  che,  all'atto
della rimessione della questione, la sua potestas  decidendi  si  era
gia' esaurita (...)», e che, «di conseguenza, la sollevata  questione
non presenta rilievo ai fini della decisione della controversia,  non
residuando in capo al remittente alcuno spazio di decisione, nel  cui
ambito soltanto potrebbe trovare  applicazione  la  norma  della  cui
legittimita' costituzionale il giudice stesso dubita)». 
    Definito  l'incidente  di  costituzionalita',  e'  stata   quindi
nuovamente fissata per il 24 maggio 2023 l'udienza di merito  per  la
trattazione del presente  ricorso,  unitamente  agli  altri  connessi
sopra richiamati. 
    In prossimita' dell'udienza, le parti  hanno  depositato  memorie
conclusive (entrambe) e di replica (la sola ricorrente)  nei  termini
di rito. 
    In particolare, nella memoria conclusiva la parte  ricorrente  ha
insistito  in  modo  particolare  sull'eccezione  di   illegittimita'
costituzionale di cui  al  terzo  motivo,  rilevando  come  la  Corte
costituzionale non si sia pronunciata nel merito della questione,  la
quale pertanto potrebbe essere riproposta. 
    Il Comune di Mantova ha contestato la fondatezza del ricorso  con
articolate  deduzioni,  eccependo   in   particolare   la   manifesta
infondatezza   dell'eccezione   di   illegittimita'    costituzionale
formulata  dalla  parte  ricorrente,  chiedendo  conclusivamente   il
rigetto del gravame sotto tutti i profili dedotti. 
    All'udienza pubblica del  24  maggio  2023,  la  causa  e'  stata
trattenuta in decisione. 
2. Infondatezza  dei  primi  due  motivi  di  ricorso  e  conseguente
rilevanza dell'eccezione illegittimita' costituzionale dell'art.  83,
legge regionale n. 12/2005 formulata con il terzo motivo. 
    Il ricorso e' stata affidato, come detto, a  tre  motivi;  con  i
primi due,  la  parte  ricorrente  ha  dedotto  l'illegittimita'  del
provvedimento impugnato per vizi «propri» di violazione di legge e di
eccesso di potere, mentre con il terzo  ha  dedotto  l'illegittimita'
«derivata»   dell'atto    impugnato    in    ragione    dell'asserita
illegittimita'  costituzionale  della   norma   regionale   applicata
dall'amministrazione comunale ai  fini  della  quantificazione  della
sanzione irrogata. 
    Ritiene il Collegio che i  primi  due  motivi  di  ricorso  siano
infondati,  e  che  cio'  imponga  di  esaminare  la   questione   di
legittimita' costituzionale dedotta con il terzo motivo,  che  invece
appare rilevante e non manifestamente infondata per le stesse ragioni
gia' evidenziate da questa  sezione  nella  precedente  ordinanza  di
rimessione alla Corte n. 322 del 6 aprile 2022, che ha condotto, come
sopra accennato, ad una pronuncia di  inammissibilita'  della  Corte,
con ordinanza n. 22 del 14 febbraio 2023. 
    Nella presente fattispecie non si ravvisano i profili  preclusivi
allora   rilevati   dalla   Corte,   giacche'   la    questione    di
costituzionalita'  della   norma   regionale   qui   costituisce   il
presupposto di  una  specifica  censura  di  illegittimita'  derivata
dell'atto impugnato formulata dalla parte  ricorrente  con  il  terzo
motivo  di  gravame;  questione  che   viene   proposta   nell'ambito
dell'unica pronuncia assunta dal Collegio, quando esso ancora dispone
interamente della propria potestas decidendi, la  quale  deve  ancora
dispiegarsi almeno  ai  fini  della  definizione  del  terzo  motivo,
rispetto  al  quale  la  pronuncia  del  Giudice   delle   leggi   e'
pregiudiziale. 
Quanto ai primi due motivi. 
    2.1. Con il primo motivo, la parte ricorrente ha dedotto vizi  di
violazione e falsa applicazione degli articoli 21, 146, 167 e 181 del
decreto legislativo n. 42/2004,  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 31/2017, dell'art. 83 della legge regionale n.  12/2005
e dell'art. 3 della legge n. 241/1990, nonche'  vizi  di  eccesso  di
potere  per  carenza   di   istruttoria   e   di   motivazione,   per
contraddittorieta' interna e tra atti della P.A., e  per  illogicita'
manifesta. 
    Secondo la parte ricorrente,  la  sanzione  pecuniaria  impugnata
sarebbe stata determinata sull'erroneo presupposto che gli interventi
di adeguamento tecnologico siano stati realizzati dalla ricorrente in
totale assenza di titolo paesaggistico, mentre invece le opere  erano
gia'  state  assentite  sotto  il  profilo  paesaggistico  sia  dalla
Commissione paesaggio del Comune  di  Mantova  sia  dalla  competente
Soprintendenza, sicche' il  calcolo  della  sanzione  avrebbe  dovuto
considerare le sole modifiche  apportate  dalla  ricorrente  in  sede
realizzativa rispetto al progetto  gia'  positivamente  valutato;  in
particolare, le difformita' tra il lay out  previamente  assentito  e
quello realizzato consisterebbero in modeste traslazioni dei camini e
in mutamenti di forma degli impianti.  Peraltro,  pur  a  fronte  del
parere vincolante della Soprintendenza, il comune avrebbe  omesso  di
rilasciare   l'autorizzazione   paesaggistica   nei   venti    giorni
successivi,  come  prescritto  dall'art.  146,   comma   8,   decreto
legislativo n. 42/2004. 
    La censura, osserva il Collegio, si presenta infondata. 
    2.1.1. L'art. 146, comma 2 del  decreto  legislativo  n.  42/2004
dispone che i proprietari, i possessori o  i  detentori  a  qualsiasi
titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico hanno l'obbligo
di presentare  alle  amministrazioni  competenti  il  progetto  degli
interventi che intendano intraprendere,  corredato  della  prescritta
autorizzazione, e nelle more devono «astenersi dall'avviare i  lavori
fino a quando non ne abbiano ottenuta l'autorizzazione». Il  rilascio
dell'autorizzazione paesaggistica e'  di  competenza  della  regione,
secondo quanto previsto dal comma 6 dell'art. 146, ma la regione puo'
delegarne il rilascio, tra l'altro, a province e comuni, ciascuno  in
relazione  ai  rispettivi  territori;  e  in  effetti  nella  Regione
Lombardia   le    funzioni    amministrative    per    il    rilascio
dell'autorizzazione paesaggistica e per l'irrogazione delle  sanzioni
di cui agli articoli 146 e 167, decreto legislativo n. 42/2004,  sono
state attribuite ai comuni, in forza di quanto previsto dall'art. 80,
comma  1,  legge   regionale   n.   12/2005.   Il   comune   rilascia
l'autorizzazione  paesaggistica  dopo  aver   acquisito   il   parere
vincolante del soprintendente (art. 146, comma 5), e vi  provvede  in
conformita'  a  quest'ultimo  nel  termine  di  venti  giorni   dalla
ricezione del medesimo (art. 146, comma 8).  Decorso  inutilmente  il
predetto termine senza  che  l'amministrazione  si  sia  pronunciata,
l'interessato puo' richiedere  l'autorizzazione  in  via  sostitutiva
alla regione, che vi provvede anche mediante un commissario ad  acta,
entro sessanta giorni dal  ricevimento  della  richiesta  (art.  146,
comma 10). 
    2.1.2. Dalle predette disposizioni si evince  che  il  potere  di
rilasciare l'autorizzazione paesaggistica compete al comune, e non al
soprintendente;  quest'ultimo   adotta   un   parere   in   seno   al
procedimento, quindi un atto  meramente  interno  ed  interlocutorio,
che,  per  quanto  vincolante  nei   confronti   dell'amministrazione
procedente, non produce effetti esterni immediatamente autorizzatori.
Il   comune,   d'altra   parte,   benche'   vincolato   ad   adottare
l'autorizzazione in conformita' al parere, ha il potere di verificare
preliminarmente se il  richiedente  non  abbia  gia'  proceduto  alla
realizzazione  abusiva  delle  opere  oggetto  della  richiesta,   in
violazione del divieto di  cui  al  citato  comma  2  dell'art.  146,
dovendo   in   tal   caso,   non   solo   denegare   l'autorizzazione
paesaggistica,   ma   adottare   i   provvedimenti    demolitori    e
ripristinatori di cui all'art. 167, decreto legislativo n. 42/2004. 
    2.1.3. Nel caso di specie il comune,  in  esito  ai  sopralluoghi
eseguiti dalla polizia municipale in data 8  e  28  agosto  2018,  ha
accertato che la ricorrente  aveva  gia'  realizzato  gli  interventi
oggetto dell'istanza di autorizzazione in sanatoria, e per di piu' in
parziale  difformita'  dallo  stesso  parere  favorevole   reso   dal
soprintendente l'8 novembre 2017. Una volta accertata  la  violazione
dell'art.  146,  comma  2,  decreto  legislativo   n.   42/2004,   il
procedimento di autorizzazione paesaggistica non poteva piu'  esitare
in un provvedimento favorevole per la ricorrente, non essendo  a  tal
fine  sufficiente  il  mero  parere  favorevole  del  soprintendente,
peraltro afferente ad un progetto in parte disatteso  dalla  societa'
in  fase  realizzativa;  e  difatti   la   societa'   ha   presentato
successivamente   istanza   di   accertamento    di    compatibilita'
paesaggistica e di sanatoria edilizia, riconoscendo in  sostanza  sia
gli   abusi    commessi    sia    l'impossibilita'    del    rilascio
dell'autorizzazione paesaggistica,  che,  come  detto,  ha  carattere
necessariamente  preventivo   rispetto   alla   realizzazione   degli
interventi e non puo' essere rilasciata ex post, se non nelle forme e
con le limitazioni previste dall'art. 167, comma 4 per l'accertamento
postumo di compatibilita' paesaggistica. 
    2.1.4.   L'asserita   inerzia   del   comune    nel    rilasciare
l'autorizzazione  paesaggistica  avrebbe   potuto   giustificare   la
proposizione di una istanza di intervento sostitutivo della  regione,
secondo quanto previsto dall'art. 146, comma 10, decreto  legislativo
n. 42/2004, ovvero di un ricorso ex art. 117 c.p.a. dinanzi a  questo
giudice, stante il carattere non  perentorio  ne'  significativo  del
termine di venti giorni di cui al combinato disposto di cui ai  commi
6 e 8 dell'art. 146. 
    2.1.5. Peraltro,  alla  luce  di  quanto  dedotto  e  documentato
dall'amministrazione comunale, nessuna inerzia appare addebitabile al
comune nella vicenda procedimentale de qua. E' infatti  accaduto  che
nel  corso  del  procedimento  di  autorizzazione  paesaggistica,  la
societa' abbia chiesto alla provincia, con  istanza  del  20  ottobre
2017, il rilascio dell'autorizzazione unica ex art.  27-bis,  decreto
legislativo n. 152/2006 per l'incremento della  capacita'  produttiva
della cartiera; cio' ha indotto doverosamente il comune  -  dopo  che
nel frattempo era intervenuto in  data  8  novembre  2017  il  parere
favorevole del soprintendente - a disporre con nota dirigenziale  del
5 dicembre 2017 il  trasferimento  di  tutte  le  questioni  relative
all'autorizzazione paesaggistica all'interno del procedimento ex art.
27-bis, quindi devolvendole all'esame della  conferenza  dei  servizi
indetta in tale procedimento, evidenziando anche la necessita' di  un
coordinamento con la VIA e con altri provvedimenti autorizzatori, tra
cui quello riguardante lo smaltimento e il recupero  dei  rifiuti  ex
art. 208, decreto legislativo n. 152/2006  e  quello  riguardante  la
costruzione e l'esercizio di impianti di cogenerazione  ex  art.  11,
decreto legislativo  n.  115/2008;  senonche'  la  ricorrente,  senza
attendere l'esito di tale procedimento,  ha  realizzato  abusivamente
gli  interventi  per  cui  e'  causa,  e,  peraltro,  anche  in  modo
parzialmente difforme dal parere del soprintendente.  In  definitiva,
nessuna  inerzia  appare  imputabile  al  comunale  nell'ambito   del
procedimento di  rilascio  dell'autorizzazione  paesaggistica,  fermo
restando che - si ripete - anche un'eventuale  inerzia  comunale  non
avrebbe comunque giustificato la realizzazione degli interventi prima
del rilascio  dell'autorizzazione  paesaggistica,  alla  stregua  del
quadro normativo sopra richiamato. 
    2.2. Con il  secondo  motivo,  la  parte  ricorrente  ha  dedotto
ulteriori vizi di violazione di legge sotto plurimi profili e vizi di
eccesso di potere e per carenza di istruttoria e di motivazione,  per
contraddittorieta'  interna  e  tra  atti  della  P.A.,  nonche'  per
irragionevolezza ed illogicita' manifesta. 
    Secondo la parte ricorrente, la sanzione impugnata sarebbe  stata
determinata  dal  comune  facendo  applicazione  di  una   previsione
normativa non applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame,
alla luce dei principi generali di legalita'  e  di  irretroattivita'
vigenti in materia di sanzioni amministrative; nel  caso  di  specie,
infatti,  l'amministrazione  ha  applicato  l'art.  83  della   legge
regionale n. 12/2005, nel testo introdotto  dall'art.  27,  comma  1,
della legge regionale n. 17/2018, entrato in  vigore  il  7  dicembre
2018, e quindi in  epoca  successiva  alla  commissione  degli  abusi
sanzionati  (tant'e'  vero  che  a  quella  data   il   provvedimento
sanzionatorio  era  gia'  stato  avviato),  mentre   avrebbe   dovuto
applicare il testo previgente della norma, in  vigore  alla  data  di
commissione degli abusi, il quale prevedeva che «L'applicazione della
sanzione pecuniaria, prevista dall'art. 167 del  decreto  legislativo
n.  42/2004,  in  alternativa  alla  rimessione   in   pristino,   e'
obbligatoria anche nell'ipotesi di assenza di danno ambientale e,  in
tale  caso,  deve  essere  quantificata  in  relazione  al   profitto
conseguito e, comunque, in misura non inferiore a cinquecento  euro».
Secondo la parte ricorrente, se l'amministrazione avesse applicato la
norma  corretta,  avrebbe  dovuto  necessariamente  quantificare   la
sanzione  nella  misura  di  euro  500,00  per  singola   infrazione,
ritenendo sanzionabili le sole difformita' dall'intervento rispetto a
quanto oggetto del parere favorevole della Soprintendenza n. 6022 del
2017, e dunque nella misura complessiva di euro 2.000,00, ovvero,  in
via gradata, nella misura di euro 4.000,00, laddove  non  si  volesse
attribuire rilevanza al parere della Soprintendenza. 
    Anche  tale  censura,  osserva  il  Collegio,  si  deve  ritenere
infondata. 
    2.2.1. Secondo consolidati principi giurisprudenziali, l'illecito
paesaggistico, come quello edilizio, ha natura permanente, in  quanto
caratterizzato dall'obbligo perdurante nel tempo di  ripristinare  lo
stato dei luoghi (Cons. Stato, sez. II, 4 maggio 2020 n. 2840;  Cons.
Stato, Sez. IV, 16 aprile 2010, n. 2160; Sez. II, 2 ottobre 2019,  n.
6605). Tale  permanenza  perdura,  secondo  la  giurisprudenza,  fino
all'avvenuto ripristino dello stato dei luoghi o fino al rilascio dei
titoli abilitativi edilizi o paesaggistici in sanatoria;  cio'  sulla
base  della  considerazione  che,  nel  momento  in  cui   interviene
l'accertamento  «postumo»  della  compatibilita'  paesaggistica   del
manufatto abusivo, l'ordinamento riconosce la conformita'  dell'opera
agli interessi che il vincolo paesaggistico mira a tutelare,  con  la
conseguente cessazione della situazione  di  illiceita'  (cfr.  Cons.
Stato, Sez. II, 12 febbraio 2020, n. 1090; Sez. VI, 5 agosto 2013, n.
4087; Sez. VI, 23 luglio 2018, n. 4468; CGA 20 marzo 2020, n. 198; 24
giugno 2019, n. 579; 25 marzo 2019, n. 251; T.A.R. Napoli, sez.  III,
6 marzo 2017, n. 1303; T.A.R. Catania, sez. II, 12 settembre 2014, n.
2408; T.A.R. Torino,  sez.  II,  29  agosto  2014,  n.  1430;  T.A.R.
Potenza, sez. I, 19 gennaio 2008, n. 14). 
    2.2.2.  E'  altresi'  noto  che,  in  presenza  di  un   illecito
permanente,  l'amministrazione  puo'  esercitare  il  proprio  potere
sanzionatorio sin quando la  violazione  persiste  (Cds  sez.  VI  n.
5892/2021); al riguardo, e' appena il caso  di  rilevare  che  l'art.
167, comma 5, decreto  legislativo  n.  42/2004,  nel  prevedere  che
«qualora  venga  accertata  la   compatibilita'   paesaggistica,   il
trasgressore e' tenuto al  pagamento  di  una  somma  equivalente  al
maggiore importo tra il  danno  arrecato  e  il  profitto  conseguito
mediante la trasgressione», attribuisce all'amministrazione un potere
di natura sanzionatoria, e non risarcitoria  o  ripristinatoria,  dal
momento che tale potere  e'  esercitabile  a  prescindere  dal  danno
ambientale effettivamente arrecato (in tal senso, cfr.  Cons.  Stato,
sez. II, 4 maggio 2020 n. 2840; Cons. Stato, Sez. V, 13 luglio  2006,
n. 4420; Sez. IV, 17 settembre 2013, n. 4631; Sez.  II,  12  febbraio
2020, n. 1090). 
    2.2.3. In presenza di illeciti di natura permanente,  il  momento
di commissione dell'illecito, ai fini della successione  delle  leggi
nel tempo, va individuato nella cessazione della permanenza,  poiche'
«qualora la condotta antigiuridica  si  protragga  nel  vigore  della
nuova legge e' quest'ultima che  deve  trovare  applicazione»  (Cass.
sez. 3 n. 43597/2015; Cass. sez. 5 n. 45860/2012;  Cass.  Sez.  3  n.
13225/2008); ne  consegue  che,  ai  fini  dell'individuazione  della
sanzione applicabile agli illeciti paesaggistici, si ha riguardo alla
data di rilascio dell'autorizzazione in sanatoria. 
    2.2.4. Nel  caso  di  specie,  l'accertamento  di  compatibilita'
paesaggistica e' intervento  con  provvedimento  del  comune  del  18
maggio    2020;    correttamente,    pertanto,     l'amministrazione,
nell'adottare il provvedimento sanzionatorio impugnato  nel  presente
giudizio, ha applicato l'art. 83,  legge  regionale  n.  12/2005  nel
testo  in  allora  vigente,  risultante  dalla   novella   introdotta
dall'art. 27, comma 1, legge regionale 4 dicembre  2018,  n.  17,  in
vigore dal 7 dicembre 2018. 
    Alla luce di tali considerazioni, anche la censura  in  esame  va
dunque disattesa. 
3. La questione di legittimita' costituzionale. 
    Infine, con il terzo e ultimo  motivo,  la  parte  ricorrente  ha
sostenuto  che,  nell'ipotesi  in  cui   fosse   ritenuta   legittima
l'applicazione dell'art. 83 della  legge  regionale  n.  12/2005  nel
testo attualmente vigente, il provvedimento impugnato sarebbe affetto
da   illegittimita'   derivata   a   causa    della    illegittimita'
costituzionale della norma applicata, per violazione  degli  articoli
23, 25, 117, comma 2, lettera l), m) ed e s) e  dell'art.  118  della
Costituzione. 
    3.1. Per ben comprendere i termini  dell'eccezione  sollevata  da
parte ricorrente, giova premettere che nel caso di specie la sanzione
pecuniaria  oggetto  del  presente  giudizio  e'  stata   determinata
dall'amministrazione  comunale,  previa  perizia  di  stima,  facendo
applicazione non  soltanto  dell'art.  167,  decreto  legislativo  n.
42/2004, ma anche dell'art. 83,  legge  regionale  n.  12/2005  nella
versione attualmente vigente. La circostanza non  e'  contestata,  e,
comunque, e' comprovata sia dal tenore  letterale  del  provvedimento
sanzionatorio, sia dalle modalita' di quantificazione della sanzione.
Invero, quanto al dato letterale, nell'ordinanza  comunale  si  legge
che  «la  sanzione  da  applicare  e'  corrispondente   al   profitto
conseguito mediante la trasgressione, calcolato sulla base del  costo
teorico  di  realizzazione  delle  opere  realizzate  desumibile  dal
computo metrico pervenuto via pec  in  data  12  maggio  2020  (Prot.
31677)», con un implicito ma evidente richiamo al disposto  dell'art.
83, legge regionale n. 12/2005, che, in termini  innovativi  rispetto
all'art. 167, decreto legislativo n.  42/2004,  ha  previsto  per  la
prima  volta  come  criterio  di  computo  del  profitto   conseguito
«l'ottanta per cento del costo teorico di realizzazione  delle  opere
e/o lavori abusivi desumibile dal relativo computo metrico estimativo
(...)».  Quanto  alla  quantificazione,  la  perizia  di   stima   ha
determinato, per l'appunto, il «costo teorico di realizzazione  delle
opere e dei lavori abusivi»,  richiamando  espressamente  l'art.  83,
legge regionale Lombardia n. 12/2005. 
    3.2. Cio' posto, l'art. 167,  comma  5,  decreto  legislativo  n.
42/2004, nella parte qui di interesse, stabilisce che «Qualora  venga
accertata la compatibilita' paesaggistica, il trasgressore e'  tenuto
al pagamento di una somma equivalente  al  maggiore  importo  tra  il
danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione». 
    A sua volta, l'art. 83, legge  regionale  Lombardia  n.  12/2005,
nella versione attualmente vigente, prevede che «L'applicazione della
sanzione pecuniaria, prevista dall'art. 167 del  decreto  legislativo
n.  42/2004,  in  alternativa  alla  rimessione   in   pristino,   e'
obbligatoria anche nell'ipotesi di assenza di danno ambientale e,  in
tal  caso,  deve  essere  quantificata  in  relazione   al   profitto
conseguito e, comunque, in misura non inferiore all'ottanta per cento
del costo teorico di realizzazione delle  opere  e/o  lavori  abusivi
desumibile dal relativo  computo  metrico  estimativo  e  dai  prezzi
unitari risultanti dai listini della Camera di commercio,  industria,
artigianato e agricoltura della  provincia,  in  ogni  caso,  con  la
sanzione minima di cinquecento euro». 
    Dunque, mentre la disciplina statale utilizza quali parametri per
la determinazione della sanzione il  danno  arrecato  o  il  profitto
conseguito, la  disciplina  regionale  utilizza  anche  il  costo  di
costruzione delle opere abusive. 
    3.3.  La  societa'  ricorrente  sostiene  che  in  tal  modo   la
previsione regionale abbia introdotto un parametro di quantificazione
della sanzione pecuniaria, vale a dire il costo di costruzione  delle
opere e/o dei lavori abusivi,  del  tutto  estraneo  ai  concetti  di
profitto o di danno viceversa utilizzati dalla disciplina statale per
determinare la suddetta sanzione. Pertanto - a suo dire - l'art.  83,
legge  regionale  Lombardia   sarebbe   viziato   da   illegittimita'
costituzionale  per  violazione  degli  articoli  3,  23,  25,  comma
secondo, 117, comma secondo, lettere l), m) ed s), 118  Cost.,  nella
misura in cui prevede  una  sanzione  differente  rispetto  a  quella
individuata dagli articoli 167 e 181, decreto legislativo n. 42/2004,
o comunque confliggente con i principi di uguaglianza, ragionevolezza
e   proporzionalita'   della   sanzione   rispetto   alla    gravita'
dell'illecito. In subordine,  la  societa'  Cartiere  Villa  Lagarina
S.p.a. assume che, laddove si ritenesse l'art.  83,  legge  regionale
Lombardia  n.  12/2005  astrattamente  compatibile  con  l'art.  167,
decreto legislativo n.  42/2004,  allora  a  essere  incostituzionale
sarebbe  la  disposizione  statale,  per  assoluta  genericita'   del
precetto  sanzionatorio  e  per   carenza   di   proporzionalita'   e
ragionevolezza della sanzione e dunque per violazione degli  articoli
23 e 25 della Costituzione. 
    3.4. Il Comune di Mantova ritiene  invece  che  la  questione  di
costituzionalita' prospettata da controparte sia  infondata.  Secondo
l'amministrazione resistente, infatti, la materia dei beni  culturali
e del paesaggio  non  e'  riservata  integralmente  allo  Stato,  dal
momento che la  loro  valorizzazione  e'  affidata  dal  terzo  comma
dell'art. 117  Cost.  alla  potesta'  legislativa  concorrente  delle
regioni, e che la gestione della autorizzazione paesaggistica,  anche
in sanatoria, compete alla regione  sia  pure  con  il  parere  della
Soprintendenza. Di talche', a  suo  dire,  la  materia  sanzionatoria
nell'ambito  paesaggistico  non  andrebbe  ascritta   alla   potesta'
legislativa esclusiva dello Stato ex art. 117, secondo comma, lettera
s), Cost.,  bensi'  a  quella  regionale  esclusiva  fissata  in  via
residuale dal comma quarto del medesimo art. 117 Cost. In  subordine,
l'ente resistente asserisce che la norma regionale si e'  limitata  a
precisare  il  contenuto  del  termine  «profitto»  utilizzato  dalla
disposizione  statale  per   determinare   la   sanzione   pecuniaria
conseguente all'accertamento postumo di compatibilita' paesaggistica,
in tutti  quei  casi  in  cui  il  profitto  non  sia  determinabile,
utilizzando un parametro niente affatto arbitrario  o  irragionevole.
Anche l'eccezione di incostituzionalita' della legge statale  sarebbe
infondata secondo la difesa del  comune,  sia  perche'  la  lamentata
genericita' della disposizione non concretizza in  se'  un  vizio  di
costituzionalita', sia perche' essa viene superata proprio attraverso
l'integrazione del precetto operata dalla disposizione regionale. 
3.5. Sulla rilevanza della questione di costituzionalita'. 
    3.5.1. Il Collegio ritiene che la questione di  costituzionalita'
prospettata  dalla  societa'  Cartiere  Villa  Lagarina  S.p.a.   sia
rilevante e - sia pure  nei  termini  che  si  vanno  esporre  -  non
manifestamente infondata,  e  che  dunque  sussistano  i  presupposti
fissati dall'art. 23, legge n. 87/1953 per sollevare  l'incidente  di
costituzionalita'. 
    3.5.2. Come gia' esposto,  la  sanzione  irrogata  alla  societa'
ricorrente e' stata determinata sulla scorta della perizia di  stima,
che ha preso in considerazione esclusivamente  il  costo  teorico  di
realizzazione delle opere abusive. 
    Si tratta, come parimenti visto in precedenza, di un parametro di
calcolo  non  previsto  dalla  legge  statale,  ma  solo  da   quella
regionale. 
    Questo    comporta    che     l'eventuale     declaratoria     di
incostituzionalita'   dell'art.   83,   legge   regionale   Lombardia
determinerebbe l'illegittimita' del provvedimento  sanzionatorio  che
ne ha fatto applicazione e  dunque  l'accoglimento  del  ricorso  con
riferimento a questo unico profilo, dedotto  dalla  parte  ricorrente
con il terzo motivo di ricorso. 
    3.5.3. Nello specifico, poi, parte ricorrente  ha  contestato  la
quantificazione della sanzione pecuniaria che le e' stata in concreto
irrogata dal Comune di Mantova in applicazione dell'art. 83 cit.  per
cui, ove tale disposizione venisse  a  perdere  efficacia  a  seguito
della   pronuncia   d'incostituzionalita',   la   sanzione   andrebbe
conseguentemente annullata,  presupposto  necessario  per  poter  poi
stabilire se la sanzione possa essere rideterminata nel minor importo
indicato dalla ricorrente: e tanto basta ad attribuire  a  questa  un
immediato vantaggio, sufficiente a giustificare il ricorso al Giudice
delle leggi. 
    3.5.4. A rafforzare tale conclusione e'  che  la  nuova  sanzione
pecuniaria da applicare alla societa' Cartiere Villa Lagarina  S.p.a.
per l'intervento abusivo realizzato andrebbe, a mente dell'art.  167,
comma 5, decreto legislativo n.  42/2004,  parametrata  sul  profitto
conseguito (posto  che  non  e'  in  contestazione  che  l'intervento
abusivo non ha provocato alcun danno), di  regola  inferiore  all'80%
del costo di costruzione, cosi' come  invece  stabilisce  l'art.  83,
legge regionale n. 12/2005 che certamente non  costituisce  norma  di
favore per il trasgressore, rispetto al disposto  del  ripetuto  art.
167, comma 5. 
    Si consideri, sul punto, che il decreto ministeriale del Ministro
per i beni culturali  e  ambientali  26  settembre  1997,  intitolato
«Determinazione dei parametri e delle modalita' per la qualificazione
della indennita' risarcitoria per le opere abusive  realizzate  nelle
aree sottoposte a vincolo», all'art. 2 stabiliva che il profitto  era
«la differenza  tra  il  valore  dell'opera  realizzata  ed  i  costi
sostenuti per la esecuzione della stessa, alla data di  effettuazione
della perizia», e all'art. 3 che il profitto doveva ritenersi  «pari,
in via ordinaria al tre per cento  del  valore  d'estimo  dell'unita'
immobiliare». 
    E' ben vero che il  precitato decreto  ministeriale 26  settembre
1997 e' stato  emanato  sotto  la  vigenza  dell'art.  15,  legge  n.
1497/1939, ma e' anche  vero  che  tale  norma,  per  quanto  qui  di
interesse ha la medesima formulazione dell'art. 167, comma 5, decreto
legislativo n. 42/2004: anch'essa infatti pone a  carico  dell'autore
dell'abuso il pagamento «di una indennita' equivalente alla  maggiore
somma tra il danno arrecato e  il  profitto  conseguito  mediante  la
commessa trasgressione». 
    E poiche' non sembra possibile che  il  profitto  conseguito  dal
trasgressore, inteso come differenza tra valore dell'opera e costo di
realizzazione, possa condurre a un risultato pari o superiore all'80%
del costo di costruzione  delle  opere  abusive,  e'  definitivamente
confermata la rilevanza della questione di costituzionalita' in esame
nell'ambito del presente giudizio. 
3.6.  Sulla   non   manifesta   infondatezza   della   questione   di
costituzionalita'. 
    Questo giudice  ritiene  che  la  determinazione  delle  sanzioni
amministrative per il caso di inosservanza della disciplina contenuta
nella parte terza del decreto legislativo n. 42/2004 sia da ascrivere
alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato, ai  sensi  dell'art.
117, comma 2, lettera s), Cost., in quanto rientrante  nella  materia
«tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali». 
    Di contro, non convincono le tesi  affacciate  dalla  difesa  del
comune, per cui la materia rientrerebbe o nella potesta'  legislativa
esclusiva delle regioni ai  sensi  del  comma  quarto  dell'art.  117
Cost., o in quella  concorrente  sempre  delle  regioni,  sub  specie
«valorizzazione dei  beni  culturali  e  ambientali  e  promozione  e
organizzazione di attivita' culturali», ai sensi del comma terzo  del
medesimo art. 117 Cost.. 
    3.6.1. Da un lato, invero, l'apparato sanzionatorio previsto  per
un determinato settore dell'ordinamento,  lungi  dal  costituire  una
materia a se' stante, accede piuttosto alla disciplina sostanziale il
cui rispetto intende assicurare. Si puo'  concludere  quindi  che  la
disciplina sanzionatoria spetta al medesimo soggetto «nella cui sfera
di competenza rientra la disciplina la cui  inosservanza  costituisce
l'atto sanzionabile (ex multis, sentenze n. 90 del 2013, n.  240  del
2007, n. 384 del 2005 e n. 12 del 2004)» (cosi', Corte cost. sentenza
n. 148/2018). 
    Dunque,  non  trattandosi  di  una   materia   autonoma,   quella
sanzionatoria non puo' ricadere nella  previsione  del  comma  quarto
dell'art. 117 Cost. e dunque essere attribuita in via residuale  alla
potesta' legislativa delle regioni. 
    3.6.2.  Dall'altro  lato,  la  «tutela»   dell'ambiente   e   del
paesaggio,   affidata   in   via   esclusiva   allo   Stato,   e   la
«valorizzazione» degli stessi,  rimessa  alla  potesta'  concorrente,
sono - ad  avviso  di  questo  giudice  -  due  funzioni,  certamente
intersecantesi, ma diversificate l'una dall'altra. E cosi' mentre  la
prima mira alla  conservazione  di  un  bene  complesso  e  unitario,
soddisfacendo a un valore  primario  dell'ordinamento  costituzionale
(Corte cost., sentenza n. 201/2021), la seconda mira a migliorarne la
fruizione e la conoscenza. 
    3.6.3. Cio' premesso, questo giudice ritiene che la  terza  parte
del decreto legislativo n. 42/2004 persegua  scopi  di  conservazione
dei beni paesaggistici, in quanto  vieta  espressamente  qualsivoglia
intervento che li distrugga o li pregiudichi. Tant'e' che l'art. 146,
decreto legislativo n.  42/2004  subordina  l'attivita'  edificatoria
nelle  aree  tutelate  alla  preventiva  verifica  di  compatibilita'
dell'opera  progettata  con  l'interesse   paesaggistico   da   parte
dell'Autorita' preposta alla tutela. 
    E' pertanto da ritenersi che il  medesimo  scopo  di  tutela  sia
perseguito  dalle  sanzioni  per  la  violazione   della   disciplina
contenuta nella terza parte del decreto  legislativo  n.  42/2004.  E
questo, se e' piu' evidente nel caso di sanzione ripristinatoria,  lo
e' anche in caso di  sanzione  sostitutiva  pecuniaria:  quest'ultima
infatti  e'  comunque  diretta  a  scoraggiare  interventi  su   aree
paesaggisticamente tutelate, prima che l'Autorita' amministrativa  si
sia pronunciata sui progetti. 
    3.6.4. Alla luce delle suesposte considerazioni,  questo  giudice
ritiene che la disciplina delle sanzioni per la violazione  dell'art.
146,  decreto  legislativo  n.   42/2004   rientri   nella   potesta'
legislativa esclusiva dello Stato,  senza  che  residui  spazio  alle
regioni per introdurre sanzioni  ulteriori  e/o  diverse  rispetto  a
quelle contenute nella legge statale. 
4. Conclusioni. 
    In conclusione,  questo  giudice  dubita  che  l'art.  83,  legge
regionale Lombardia n. 12/2005, prevedendo  una  difforme  disciplina
sanzionatoria in un ambito riservato alla competenza esclusiva  dello
Stato, violi l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    Va, pertanto, sollevata questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 83, legge regionale Lombardia n. 12/2005 rispetto  all'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost., con sospensione  del  presente
giudizio sino alla pronuncia della Corte costituzionale sulla stessa. 
    Si dispone l'immediata trasmissione  degli  atti  di  causa  alla
Corte  costituzionale  medesima  e  le  comunicazioni   di   cui   in
dispositivo. 

 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale amministrativo regionale per  la  Lombardia  Sezione
staccata di  Brescia  (Sezione  Prima)  solleva  dinanzi  alla  Corte
costituzionale questione di legittimita' costituzionale dell'art. 83,
legge regionale Lombardia n. 12/2005 rispetto all'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost.. 
    Dispone l'immediata trasmissione degli atti di causa  alla  Corte
costituzionale. 
    Sospende il presente giudizio in  attesa  della  decisione  della
Corte costituzionale. 
    Dispone che, a cura della Segreteria, la presente ordinanza venga
notificata alle parti in causa e al Presidente della Giunta regionale
della Lombardia e che venga comunicata al  Presidente  del  Consiglio
regionale della Lombardia. 
        Cosi' deciso in Brescia nella Camera di consiglio del  giorno
24 maggio 2023 con l'intervento dei magistrati: 
          Angelo Gabbricci, Presidente; 
          Ariberto Sabino Limongelli, Consigliere, estensore; 
          Luca Pavia, referendario. 
 
                      Il Presidente: Gabbricci 
 
 
                                              L'estensore: Limongelli