Titolo
Previdenza e assistenza sociale - Invalidi civili - Diritto all’assegno di invalidità - Studenti maggiorenni invalidi parziali - Requisiti per la prestazione assistenziale - Stato di «incollocamento al lavoro» - Interpretazione - Insufficienza del mero stato di disoccupazione - Ritenuta necessità dell’iscrizione (o della richiesta di iscrizione) nelle liste del collocamento obbligatorio - Assunto contrasto con i principî di eguaglianza sostanziale, di tutela della persona e di solidarietà sociale - Non fondatezza, nei sensi di cui in motivazione, della questione.
Testo
Il requisito dello stato di "incollocazione al lavoro", richiesto dall'art. 13, primo comma, della legge 30 marzo 1971, n. 118, per la concessione di un assegno mensile ai mutilati ed invalidi civili di età compresa fra il diciottesimo ed il sessantaquattresimo anno, nei cui confronti sia accertata una riduzione, superiore ai due terzi, della capacità lavorativa, va letto alla luce dei principi fondamentali di uguaglianza sostanziale, di tutela della persona e di solidarietà sociale, come comprensivo dell'ipotesi della frequenza scolastica - da provarsi attraverso il relativo certificato - cosicché la norma risulta senz'altro rispondente allo scopo prioritario della legislazione in materia, di favorire l'effettiva integrazione lavorativa e la valorizzazione della capacità residua dei disabili nonché rivolta a tutelare il diritto all'istruzione contro ogni possibile ostacolo al pieno sviluppo della persona umana. Infatti, la sola iscrizione - o la richiesta di iscrizione - nelle liste di collocamento per il disabile maggiorenne che frequenti la scuola, se intesa, secondo il giudice 'a quo', come condizione imprescindibile per l'erogazione del detto assegno mensile, costituirebbe un adempimento meramente formale e contrario allo spirito della legislazione stessa. Alla luce di tali argomentazioni non è pertanto fondata la questione di legittimità costituzionale del predetto art. 13, primo comma, della legge 30 marzo 1971, n. 118, sollevata in riferimento agli artt. 2 e 3, secondo comma, 31, primo comma, 32, 34 e 38, terzo comma, della Costituzione.
- V. sentenze n. 215/1987 e n. 226/2001, richiamate a proposito del diritto all'istruzione.
Atti oggetto del giudizio
legge
30/03/1971
n. 118
art. 13
co. 1
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 2
Costituzione
art. 3
co. 2
Costituzione
art. 31
co. 1
Costituzione
art. 32
Costituzione
art. 34
Costituzione
art. 38
co. 3
N. 329
SENTENZA 1 - 9 luglio 2002.
Pubblicazione in «Gazzetta Ufficiale» n. 28 del 17 luglio 2002
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Cesare RUPERTO;
Giudici: Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA,
Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto
CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK,
Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA;
ha pronunciato la seguente
Sentenza
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 13, primo
comma, della legge 30 marzo 1971, n. 118 (Conversione in legge del
decreto legge 30 gennaio 1971 e nuove norme in favore di mutilati e
invalidi civili), promosso con ordinanza emessa il 1 giugno 2001 dal
Tribunale di Lucca nel procedimento civile vertente tra n. C. e
l'I.N.P.S., iscritta al n. 651 del registro ordinanze 2001 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, 1ª serie
speciale, dell'anno 2001.
Visti l'atto di costituzione dell'I.N.P.S. nonché l'atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nell'udienza pubblica del 4 giugno 2002 il giudice relatore
Fernanda Contri;
Uditi l'avvocato Nicola Valente per l'I.N.P.S. e l'avvocato dello
Stato Sergio Sabelli per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Nel corso di un giudizio promosso da n. C. contro
l'I.N.P.S., il Tribunale di Lucca, con ordinanza del 1 giugno 2001,
ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento
agli artt. 2 e 3, secondo comma, 31, primo comma, 32, 34 e 38, terzo
comma, della Costituzione, dell'art. 13, primo comma, della legge
30 marzo 1971, n. 118 (Conversione in legge del decreto legge
30 gennaio 1971 e nuove norme in favore di mutilati e invalidi
civili), nella parte in cui non prevede il diritto all'assegno per
gli studenti maggiorenni invalidi parziali frequentanti un regolare
corso di studi e non iscritti alle liste del collocamento
obbligatorio.
Il giudice a quo premette in fatto che con ricorso del
23 dicembre 1999 n. C. proponeva appello per chiedere la riforma
della sentenza pronunciata dal pretore di Lucca il 24 aprile 1999,
con la quale, in considerazione della mancata iscrizione nelle liste
speciali di collocamento, era stata respinta la domanda nei riguardi
dell'I.N.P.S. per il riconoscimento dell'assegno di invalidità nel
periodo compreso tra il 1 gennaio 1997 e il 30 settembre 1997.
Il giudice rimettente osserva che l'art. 13, primo comma, della
legge 30 marzo 1971, n. 118 il quale dispone, al primo comma, che ai
mutilati e agli invalidi civili di età compresa fra il diciottesimo
e il sessantaquattresimo anno nei cui confronti sia accertata una
riduzione della capacità lavorativa, nella misura superiore ai due
terzi, incollocati al lavoro e per il tempo in cui tale condizione
sussiste, è concesso un assegno mensile a carico dello Stato è
stato interpretato dalla Corte di cassazione, anche a sezioni unite
(Cass., sez. un., 10 gennaio 1992, n. 203), nel senso che il
requisito della "incollocazione" abbia valenza costitutiva del
diritto alla prestazione assistenziale e per la sua sussistenza non
sia sufficiente il mero stato di disoccupazione essendo invece
necessario che l'invalido si sia iscritto o abbia presentato domanda
di iscrizione nelle liste degli aventi diritto al collocamento
obbligatorio e non abbia conseguito un'occupazione in mansioni
compatibili.
Il giudice a quo dubita della legittimità costituzionale della
disposizione, così interpretata, con riferimento all'ipotesi del
soggetto maggiorenne invalido parziale, il quale essendo in età
scolare ed avendo in svolgimento il corso di studio di scuola
secondaria sarebbe obbligato, onde non perdere il beneficio
economico, a ricercare (ed accettare) nel periodo scolastico
un'occupazione lavorativa con tutte le conseguenze pregiudizievoli
sul proprio rendimento di studio e sulle condizioni psico-fisiche,
già debilitate in origine.
La rigida riconducibilità dell'assegno di invalidità al
requisito della iscrizione nelle liste del collocamento obbligatorio
sarebbe in contrasto con i principi fondamentali di uguaglianza
sostanziale, di tutela della persona e di solidarietà sociale
sanciti dalla Carta costituzionale.
In particolare, secondo il giudice rimettente, la norma censurata
sarebbe in contrasto con i valori espressi dagli articoli 2, 3,
secondo comma, 31, primo comma, 32, 34 e 38, terzo comma, della
Costituzione.
La norma censurata non permetterebbe, anzitutto, la piena
realizzazione della personalità del soggetto disabile, ostacolandone
l'accrescimento culturale e professionale che la frequenza scolastica
offre, e costringerebbe il soggetto, al fine di evitare il
pregiudizio economico, ad abbandonare gli studi e le relative
prospettive professionali, con lesione del diritto all'educazione e
alla formazione professionale.
Sarebbe, inoltre, compromessa la finalità dell'inserimento e
dell'integrazione sino ai gradi più elevati, e quindi anche dopo il
compimento della scuola dell'obbligo, che questa Corte, nella
sentenza n. 215 del 1987, ha già affermato essere di fondamentale
importanza al fine di favorire il recupero dei soggetti disabili
giacché la partecipazione al processo educativo costituisce un
rilevante fattore di socializzazione e può contribuire in modo
decisivo a stimolare le potenzialità dello svantaggiato attraverso
la progressiva riduzione dei condizionamenti indotti dalla
minorazione.
La norma censurata non risponderebbe, infine, ai compiti che la
Costituzione attribuisce alla Repubblica di agevolare, con misure
economiche e con altre provvidenze, l'assolvimento dei compiti della
famiglia, tra i quali è quello dell'istruzione e dell'educazione dei
figli, e di fornire ausilii per il superamento e l'attenuazione degli
handicaps.
2. - Nel giudizio davanti a questa Corte si è costituito
l'I.N.P.S., per chiedere che la questione sollevata sia dichiarata
inammissibile o, in ogni caso, infondata.
Ad avviso dell'I.N.P.S., la questione sarebbe stata sollevata
solo in via di mero principio e dovrebbe essere dichiarata
inammissibile, in quanto nel caso concreto mancherebbe l'attualità
della situazione (effettivo svolgimento di un lavoro, iscrizione, o
quanto meno richiesta di iscrizione, alle liste del collocamento
obbligatorio) da cui il Tribunale di Lucca fa discendere le negative
conseguenze nei confronti dello studente maggiorenne invalido
parziale.
Inoltre, a giudizio dell'I.N.P.S., non sarebbe affatto dimostrata
l'inconciliabilità tra lo studio e il lavoro che eventualmente
potrebbe essere affidato all'iscritto alle liste del collocamento,
ben potendo il lavoro essere attinente al corso di studi prescelto e
ben potendo comunque lo studente-lavoratore invalido far fronte agli
impegni lavorativi frequentando un corso di studi serale.
La ratio della norma censurata sarebbe comunque quella di
apprestare un sostegno economico al maggiorenne invalido parziale che
desidera lavorare, per tutto il tempo in cui questi non riesce ad
inserirsi nel mondo del lavoro, e non già quella di aiutare il
soggetto disabile che si dedichi agli studi. In quest'ultimo caso, il
sostegno economico non potrebbe, dunque, essere assicurato dalle
provvidenze previste per l'ipotesi del mancato svolgimento di
un'attività lavorativa proficua, bensì dalle specifiche provvidenze
apprestate dall'ordinamento per favorire lo studio, tra le quali
rientra quella prevista dall'art. 1 della legge 11 ottobre 1990,
n. 289, che riconosce agli invalidi civili minori degli anni diciotto
che frequentano scuole di ogni ordine e grado un'indennità mensile
di frequenza di importo pari all'assegno di cui alla norma censurata.
3. - Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, concludendo per l'infondatezza della questione, in quanto il
giudice rimettente avrebbe annesso all'"assegno mensile di
assistenza" di cui all'art. 13 della legge n. 118 del 1971 funzioni
proprie di altro istituto, l'"indennità di frequenza" di cui alla
legge 11 ottobre 1990, n. 289.
La difesa erariale, nell'evidenziare la diversità di ratio dei
due istituti, osserva che l'indennità di frequenza avrebbe lo scopo
di consentire ai minori invalidi di ricorrere a trattamenti
riabilitativi o terapeutici e di frequentare scuole di ogni ordine e
grado, centri di formazione e di addestramento professionale.
L'"assegno mensile di assistenza" sarebbe rivolto, invece, ad offrire
un'alternativa, o meglio, un aiuto di carattere economico al
disabile maggiorenne che, pur avendo potenzialità lavorative
residue, non riesce a conseguire un'occupazione compatibile con il
proprio stato invalidante, cioè un inserimento lavorativo mirato, al
quale è preordinata la parallela e complementare normativa sul
collocamento di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68 e relativi
provvedimenti di attuazione. L'applicazione della norma, così come
interpretata dalle sezioni unite della Cassazione, diversamente da
quanto rilevato dal tribunale rimettente, non comporterebbe, quindi,
l'obbligo di "ricercare (ed accettare)" un'occupazione lavorativa
"qualunque" ma solo l'onere per gli invalidi civili
parziali maggiorenni di iscriversi (o presentare istanza di
iscrizione) nelle speciali liste di collocamento dei disabili.
Gli unici elementi che accomunano i due istituti sarebbero il
requisito reddituale e la misura mensile dell'assegno, non potendo
estendersi l'ambito di applicazione dell'assegno mensile anche alla
tutela della formazione del soggetto inabile. La difesa erariale
segnala, comunque, che l'articolo 24 della legge 8 novembre 2000,
n. 328, nel disporre la delega al Governo per il riordino degli
emolumenti derivanti da invalidità civile, prevede una
riclassificazione delle indennità e degli assegni che tenga conto
delle funzione assolte dagli emolumenti come misure di contrasto alla
povertà e come incentivi per la rimozione delle limitazioni
personali, familiari e sociali dei portatori di handicap.
Con specifico riferimento alle argomentazioni svolte dal
rimettente in ordine all'interpretazione della Corte di cassazione
sul requisito della "incollocazione" al lavoro, la difesa erariale
osserva che l'onere dell'iscrizione (o della richiesta di iscrizione)
al collocamento per la concessione della provvidenza risponde alla
ratio della norma censurata, che non si porrebbe in contrasto con i
valori ispiratori dei precetti costituzionali di cui il Tribunale di
Lucca prospetta la violazione.
Considerato in diritto
1. - Il Tribunale di Lucca dubita della legittimità
costituzionale dell'art. 13, primo comma, della legge 30 marzo 1971,
n. 118 (Conversione in legge del decreto legge 30 gennaio 1971 e
nuove norme in favore di mutilati e invalidi civili), nella parte in
cui non prevede il diritto all'assegno per gli studenti maggiorenni
invalidi parziali frequentanti un regolare corso di studi e non
iscritti alle liste del collocamento obbligatorio.
La disposizione censurata prevede la concessione di un assegno
mensile ai mutilati ed invalidi civili di età compresa fra il
diciottesimo ed il sessantaquattresimo anno nei cui confronti sia
accertata una riduzione della capacità lavorativa, nella misura
superiore ai due terzi, che siano "incollocati al lavoro".
L'espressione "incollocati al lavoro" è intesa dal giudice
rimettente, in linea con l'orientamento della Cassazione (sez. un.,
10 gennaio 1992, n. 203), nel senso che per la fruizione dell'assegno
gli invalidi devono avere quanto meno presentato domanda di
iscrizione nelle liste degli aventi diritto al collocamento
obbligatorio e non avere conseguito un'occupazione in mansioni
compatibili.
La disposizione, così interpretata, appare al giudice rimettente
in contrasto con gli artt. 2 e 3, secondo comma, 31, primo comma, 32,
34 e 38, terzo comma, della Costituzione, in quanto "la rigida
riconducibilità della provvidenza in parola al requisito della
iscrizione nelle liste del collocamento obbligatorio" si porrebbe in
contrasto "con i principi fondamentali di uguaglianza sostanziale, di
tutela della persona e di solidarietà sociale sanciti dalla Carta
costituzionale".
Come precisato in narrativa, nel caso di specie il ricorrente
- maggiorenne invalido parziale in età scolare aveva adito in sede
di appello il Tribunale di Lucca per chiedere la riforma della
sentenza pronunciata dal pretore di Lucca il 24 aprile 1999, con la
quale, in considerazione della mancata iscrizione nelle liste
speciali di collocamento, era stata respinta la domanda nei riguardi
dell'I.N.P.S. per il riconoscimento dell'assegno di invalidità nel
periodo compreso tra il 1 gennaio 1997 e il 30 settembre 1997.
La questione è quindi indubbiamente rilevante, posto che la
disposizione impugnata, nella prospettazione del giudice a quo non
assicura all'invalido la fruizione dell'assegno mensile previsto
dalla norma censurata.
2. - Nel merito, la questione è infondata nei sensi di seguito
specificati.
2.1. - Giova premettere all'esame della specifica questione
sollevata un sia pur sintetico cenno alle linee generali in materia
di provvidenze economiche a favore dei soggetti disabili.
Le persone disabili che frequentano la scuola percepiscono, fino
all'età di diciotto anni e ricorrendo determinate condizioni
reddituali, l'indennità di frequenza (art. 1, comma 3, della legge
11 ottobre 1990, n. 289). La suddetta indennità spetta, peraltro,
agli invalidi minorenni che frequentino anche periodicamente centri
ambulatoriali o centri diurni, pure di tipo semiresidenziale,
pubblici o privati, purché operanti in regime convenzionale,
specializzati nel trattamento terapeutico o nella riabilitazione e
nel recupero di persone portatrici di handicap (art. 1, comma 2,
della legge n. 289 del 1990). Al compimento della maggiore età i
disabili devono sottoporsi a una visita medica obbligatoria presso
una commissione medica per accertare la persistenza dell'handicap e
misurare l'eventuale percentuale di invalidità. Ove sia accertata
una riduzione della capacità lavorativa superiore ai due terzi si ha
diritto all'assegno mensile a condizione che la persona sia
"incollocata" al lavoro e sempre che ricorrano determinate condizioni
reddituali. Al compimento del sessantacinquesimo anno di età è
prevista l'automatica trasformazione della provvidenza in parola in
pensione sociale (art. 19 della legge 30 marzo 1971, n. 118).
Agli invalidi di età superiore agli anni 18, nei cui confronti
sia accertata una totale inabilità lavorativa, è concessa una
pensione di inabilità (art. 12 della legge n. 118 del 1971), alla
quale si aggiunge un'indennità di accompagnamento per l'ipotesi in
cui abbisognino di assistenza continua (art. 1 della legge
11 febbraio 1980, n. 18).
2.2. - Il soggetto disabile che frequenta la scuola ha dunque
senz'altro diritto alla relativa indennità fino all'età di diciotto
anni, mentre oltre questo limite è prevista la corresponsione di un
assegno mensile, a condizione che la persona sia "incollocata" al
lavoro. Più precisamente, la corresponsione dell'assegno mensile è
condizionata dalla ricorrenza di tre requisiti: il requisito
sanitario (percentuale di invalidità civile), il requisito economico
(rispetto del limite di reddito) e il requisito dello stato di
"incollocazione al lavoro".
Avuto riguardo al complessivo sistema normativo e non rilevando
nel caso di specie la previsione relativa all'indennità di
frequenza, non invocata dal giudice a quo in quanto riguardante i
soli disabili di età inferiore ai diciotto anni, è senz'altro
ipotizzabile rispetto al sintagma "incollocati al lavoro", contenuto
nella disposizione censurata, una interpretazione diversa da quella
prospettata nell'ordinanza di rimessione che sia conforme a
Costituzione, tenuto conto della particolare condizione del soggetto
che intenda proseguire il corso degli studi.
Del resto la possibilità di enucleare "una accezione ulteriore"
del requisito dello stato di "incollocazione al lavoro" è stata
sostenuta dalla stessa Corte di cassazione, che, pur ribadendo il
proprio orientamento, ha precisato che i soggetti invalidi di età
compresa tra i cinquantacinque e i sessantacinque anni, i quali non
possono essere iscritti negli elenchi di cui all'art. 1 della legge
n. 482 del 1968, devono poter provare il loro stato di disoccupazione
o non occupazione "con gli ordinari mezzi di prova, comprese le
presunzioni" (Cass., sez. lav., 2 gennaio 2001, n. 4).
La "ulteriore accezione" del requisito ben può essere estesa
alla diversa ipotesi dell'invalido che frequenti la scuola per le
ragioni di seguito sviluppate.
La sola iscrizione - o la richiesta di iscrizione - nelle liste
di collocamento per il disabile maggiorenne che frequenti la scuola,
se intesa come condizione imprescindibile per l'erogazione
dell'assegno mensile, costituirebbe un adempimento meramente formale,
contrario allo spirito della legislazione più recente rivolta alla
valorizzazione della capacità lavorativa residua dei disabili
attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato, nel più
ampio quadro della promozione dell'inserimento e della integrazione
lavorativa di questi soggetti (legge 12 marzo 1999, n. 68).
Viceversa, l'interpretazione della disposizione censurata che
permette di considerare l'ipotesi della frequenza scolastica come
condizione per la fruizione dell'assegno mensile per
l'invalido maggiorenne, in quanto rivolta a favorire il diritto
all'istruzione contro ogni possibile ostacolo che di fatto impedisca
il pieno sviluppo della persona umana (sentenze n. 215 del 1987;
n. 226 del 2001), si rivela funzionale ad un più proficuo successivo
inserimento nella società e nel mondo del lavoro. La norma, così
ricavata, risponde senz'altro allo scopo prioritario della
legislazione in tema di soggetti disabili rivolta a favorire una
effettiva integrazione lavorativa, valorizzando le abilità residue
di soggetti affetti da gravi minorazioni.
3. - Nei confronti dei soggetti disabili presi in considerazione
dalla disposizione censurata, il requisito della incollocazione -
interpretato alla luce dei principi fondamentali di uguaglianza
sostanziale, di tutela della persona e di solidarietà sociale
sanciti dalla Carta costituzionale e invocati dal giudice a quo per
sostenere l'incostituzionalità della norma impugnata va letto come
comprensivo dell'ipotesi della frequenza scolastica, che pertanto
costituisce condizione per l'erogazione dell'assegno mensile, dovendo
l'invalido provare la ricorrenza dello stato di incollocazione
attraverso il certificato di frequenza scolastica.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la
questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, primo comma,
della legge 30 marzo 1971, n. 118 (Conversione in legge del decreto
legge 30 gennaio 1971 e nuove norme in favore di mutilati e invalidi
civili), sollevata, in riferimento agli artt. 2 e 3, secondo comma,
31, primo comma, 32, 34 e 38, terzo comma, della Costituzione, dal
Tribunale di Lucca, con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 1 luglio 2002.
Il Presidente: Ruperto
Il redattore: Contri
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 9 luglio 2002.
Il direttore della cancelleria: Di Paola