Titolo
"Thema decidendum" - Individuazione.
Testo
Va preliminarmente precisato che il 'thema decidendum' deve essere propriamente individuato - in base alle puntualizzazioni contenute nella motivazione dell'ordinanza di rimessione - nella disciplina dei corsi di riqualificazione recata dall'art. 3, commi 205, 206 e 207 della legge n. 549 del 1995, così come risulta dopo la "modifca legislativa" introdotta dall'art. 22 della legge n. 133 del 1999, nonché sul comma 2 dello stesso art. 22.
Titolo
Impiego pubblico - Amministrazione finanziaria - Posti vacanti dal quinto al nono livello - Copertura con elevata percentuale (70 per cento) mediante procedure di riqualificazione riservate al personale interno - Irragionevole violazione del principio del concorso pubblico con lesione del principio di parità di trattamento, di buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione - Illegittimità costituzionale.
Testo
È costituzionalmente illegittimo l'art. 3, commi 205, 206 e 207 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, come modificato dall'art. 22, comma 1, lettere a), b) e c) della legge 13 maggio 1999, n. 133, che disciplina la copertura del 70% dei posti disponibili nelle dotazioni organiche dell'amministrazione finanziaria per i livelli dal quinto al nono, mediante apposite procedure di riqualificazione riservate al personale appartenente alle qualifiche funzionali inferiori. Infatti il complesso delle modifiche apportate alla originaria disciplina a seguito della sentenza n. 1 del 1999, non appare adeguato a rendere le procedure di riqualificazione in esame compatibili con i principî costituzionali, in quanto: a) anziché prevedere un concorso pubblico con riserva di posti, permane la scelta del concorso "interno" riservato ai dipendenti dell'amministrazione, per di più con una percentuale dei posti disponibili particolarmente elevata, nonché incongrua e sfornita di giustificazioni diverse da quelle già valutate negativamente nella sentenza n. 1 del 1999; b) risulta ancora attribuita al criterio dell'anzianità, anche in mancanza del titolo di studio, una funzione "del tutto abnorme"; c) non è stata modificata la censurata genericità di contenuti della prova scritta di ammissione al concorso, che rimane inidonea a garantire una seria verifica dei requisiti attitudinali, nonché ad evitare una sorta di automatico e generalizzato scivolamento verso la qualifica superiore.
- In tema di passaggio ad una fascia funzionale superiore e regola del pubblico concorso, v. citate sentenze n. 320/1997 e n. 1/1999.
- Sugli "effetti distorsivi" che il criterio dei concorsi interni può produrre v. citate sentenze n. 313 del 1994, nonché n. 333/1993.
Atti oggetto del giudizio
legge
28/12/1995
n. 549
art. 3
co. 205
legge
28/12/1995
n. 549
art. 3
co. 206
legge
28/12/1995
n. 549
art. 3
co. 207
legge
13/05/1999
n. 133
art. 22
co. 1
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 3
Costituzione
art. 51
Costituzione
art. 97
Titolo
Impiego pubblico - Amministrazione finanziaria - Posti vacanti dal quinto al nono livello - Copertura del 70 per cento mediante procedure di riqualificazione riservate al personale interno - Salvezza degli atti e dei procedimenti già adottati - Violazione del principio concorsuale e dei principî di parità di trattamento, di buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione - Illegittimità costituzionale.
Testo
È costituzionalmente illegittimo l'art. 22, comma 2, della legge 13 maggio 1999, n. 133, il quale, con riferimento alle procedure di riqualificazione già effettuate, ha fatto salvi gli atti e i procedimenti già adottati. Infatti esso è logicamente e inscindibilmente connesso con le norme contenute nell'art. 3, commi 205, 206 e 207 della legge n. 549 del 1995, come modificato dall'art. 22, comma 1, lettere a), b) e c) della legge n. 133 del 1999, dichiarate incostituzionali.
Atti oggetto del giudizio
legge
13/05/1999
n. 133
art. 22
co. 2
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 3
Costituzione
art. 51
Costituzione
art. 97
N. 194
SENTENZA 9 - 16 maggio 2002.
Pubblicazione in «Gazzetta Ufficiale» n. 20 del 22 maggio 2002
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Massimo VARI;
Giudici: Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA,
Carlo MEZZANOTTE, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI,
Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco
AMIRANTE;
ha pronunciato la seguente
Sentenza
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 22 della legge
13 maggio 1999, n. 133 (Disposizioni in materia di perequazione,
razionalizzazione e federalismo fiscale), promosso con ordinanza
emessa il 18 ottobre 2000 dal Tribunale amministrativo regionale del
Lazio sui ricorsi riuniti proposti dalla Dirstat-Finanze (ora
Dirpubblica) contro la Presidenza del Consiglio dei ministri ed
altre, iscritta al n. 451 del registro ordinanze 2001 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, 1ª serie speciale,
dell'anno 2001.
Visti l'atto di costituzione della Dirstat-Finanze (ora
Dirpubblica) nonché l'atto di intervento del Presidente del
Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 12 marzo 2002 il Giudice relatore
Piero Alberto Capotosti;
uditi l'avvocato Michele Lioi per Dirstat-Finanze (ora
Dirpubblica) e l'Avvocato dello Stato Giuseppe Stipo per il
Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con
ordinanza del 18 ottobre 2000, depositata il 7 febbraio 2001, solleva
questione di legittimità costituzionale dell'art. 22 della legge
13 maggio 1999, n. 133 (Disposizioni in materia di perequazione,
razionalizzazione e federalismo fiscale), in riferimento agli
artt. 3, 51 e 97 della Costituzione, nonché, implicitamente,
all'art. 136 della Costituzione.
2. - La questione è stata sollevata nel corso del giudizio
avente ad oggetto due ricorsi proposti dalla Dirstat-Finanze (ora
Dirpubblica), in persona del legale rappresentante pro tempore il
quale ha agito anche in proprio, aventi ad oggetto l'annullamento di
alcuni atti - decreti del Ministero delle finanze e decreti
direttoriali concernenti le procedure di riqualificazione per il
personale del Ministero delle finanze ai sensi dell'art. 3,
commi 205, 206 e 207, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di
razionalizzazione della finanza pubblica).
2.1. - Il Tar, in linea preliminare, dopo avere affermato la
propria giurisdizione, espone che i ricorrenti eccepiscono
l'illegittimità costituzionale dell'art. 3, commi 205, 206 e 207
della legge 28 dicembre 1995, n. 549, nel testo modificato
dall'art. 22 della legge n. 133 del 1999, nella parte in cui sono
state sostanzialmente confermate le procedure selettive previste dal
testo originario dall'art. 3, comma 206 lettera b), della legge
n. 549 del 1995 ed i corsi di riqualificazione per il personale del
Ministero delle finanze, con riserva del settanta per cento dei posti
vacanti al personale in servizio alla data del 31 dicembre 1998,
realizzando in tal modo una cooptazione verso l'alto di questi ultimi
dipendenti, nonostante non abbiano svolto, neppure di fatto, mansioni
superiori.
Il giudice a quo deduce che la Corte costituzionale, con la
sentenza n. 1 del 1999, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale
dei commi 205, 206 e 207 dell'art. 3 della legge n. 549 del 1995,
nella parte in cui "prevedevano la sostituzione del concorso pubblico
con procedure selettive interne, in assenza di esigenze di rilevanza
costituzionale che consentissero la deroga alla regola del concorso
pubblico". L'art. 22 della legge n. 133 del 1999 ha modificato queste
ultime norme, stabilendo che, con le procedure selettive da esse
previste, può "essere coperta unicamente una aliquota dei posti
vacanti determinata nella misura del 70 nelle qualifiche
interessate dalle procedure medesime".
2.2. - Il Tar deduce che l'art. 22 della legge n. 133 del 1999 si
porrebbe in contrasto con il principio secondo il quale la regola del
pubblico concorso per l'assunzione del personale alle dipendenze
della pubblica amministrazione sarebbe derogabile esclusivamente
entro i limiti richiesti dall'esigenza di garantire il buon andamento
dell'amministrazione, ovvero altri principi di rango costituzionale.
A suo avviso, la sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 1999
avrebbe infatti riferito la regola del concorso anche all'accesso ad
una qualifica funzionale superiore, in quanto quest'ultimo
costituirebbe una forma di reclutamento, che richiede un selettivo
accertamento delle attitudini non restringibile ai soli dipendenti
dell'amministrazione.
Secondo il rimettente, l'art. 22 della legge n. 133 del 1999 "non
fa altro che confermare le procedure già previste dalla precedente
normativa di cui alla legge n. 549/95" e, quindi, "nella sostanza
viola il giudicato costituzionale confermando disposizioni dichiarate
illegittime".
Inoltre, "la modifica legislativa", prevedendo una procedura
selettiva interna e l'attribuzione a soggetti estranei
all'amministrazione soltanto del 30 dei posti disponibili, si
porrebbe in contrasto con i principi costituzionali di concorsualità
(art. 51 Cost.), di parità di trattamento (art. 3 Cost.) e di buon
andamento ed imparzialità dell'amministrazione, garantiti dalla
scelta dei più meritevoli (art. 97 Cost.).
Infine, la norma, stabilendo che i dipendenti
dell'amministrazione finanziaria possono partecipare ai corsi di
riqualificazione anche qualora non abbiano svolto, neppure di fatto,
mansioni superiori, violerebbe gli artt. 3, 51 e 97 Cost., poiché
realizzerebbe una ingiustificata disparità di trattamento in danno
di quanti non lavorano già alle dipendenze della p.a., permettendo
l'accesso alla qualifica superiore da parte dei dipendenti i quali
non solo non hanno svolto le relative mansioni, ma sono anche privi
del titolo di studio per essa richiesto.
3. - Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente
infondata.
Secondo la difesa erariale le procedure di riqualificazione in
esame consistono in una prova scritta, il cui superamento è
condizione per l'ammissione al corso di riqualificazione, al termine
del quale è prevista una provateorico-pratica, allo scopo di
accertare il possesso da parte del candidato della professionalità
richiesta per la qualifica di riferimento. I criteri informativi
delle prove e delle modalità di stesura dei questionari oggetto
delle prove selettive sono stati elaborati da un gruppo di studio
nominato con decreto ministeriale; le materie dei corsi e gli
specifici percorsi formativi, in riferimento ai diversi profili
professionali, sono stati anch'essi stabiliti con decreto
ministeriale, sulla scorta delle proposte formulate da un apposito
gruppo di lavoro. Le procedure di riqualificazione, a suo avviso, non
determinerebbero una automatica progressione ad una qualifica
superiore, ma realizzerebbero una adeguata selezione, assicurando la
funzionalità degli uffici, la crescita personale e professionale dei
cittadini nell'ambito del luogo di lavoro e la partecipazione dei
lavoratori all'organizzazione ed al progresso della società.
L'interveniente deduce, infine, che la deroga alla regola del
pubblico concorso sarebbe giustificata e che sarebbe altresì
ragionevole la previsione in virtù della quale il possesso di una
determinata anzianità nella qualifica immediatamente inferiore a
quella oggetto del concorso costituisce un requisito alternativo
rispetto al titolo di studio.
4. - Nel giudizio innanzi alla Corte si è costituita la
Dirpubblica (già Dirstat-Finanze), facendo proprie le argomentazioni
svolte dal Tar e chiedendo l'accoglimento della questione.
Nelle memorie depositate in prossimità dell'udienza pubblica la
parte insiste nel sostenere che la norma impugnata riprodurrebbe
quella già dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte e
che l'ammissione alla procedura di riqualificazione, anche in
mancanza del titolo di studio richiesto per l'accesso alla qualifica
superiore, purché il dipendente vanti una certa anzianità di
servizio nella qualifica inferiore, sarebbe irragionevole, in quanto
quest'ultimo elemento sarebbe inidoneo a dimostrare il possesso della
professionalità necessaria per l'attribuzione della qualifica più
elevata. Inoltre, a suo avviso, la riserva del 70 dei posti in
favore dei dipendenti realizzerebbe una ingiustificata disparità di
trattamento rispetto agli aspiranti che possono accedervi
esclusivamente mediante una ordinaria procedura concorsuale.
5. - All'udienza pubblica l'Avvocatura generale dello Stato e la
parte costituita hanno insistito per l'accoglimento delle conclusioni
rassegnate nelle difese scritte.
Considerato in diritto
1. - La questione di legittimità costituzionale sollevata dal
Tribunale amministrativo regionale del Lazio con l'ordinanza indicata
in epigrafe ha ad oggetto l'art. 22 della legge 13 maggio 1999,
n. 133 (Disposizioni in materia di perequazione, razionalizzazione e
federalismo fiscale), il quale - con il comma 1 lettere a), b) e c) -
ha modificato i commi 205, 206 e 207 dell'art. 3 della legge
28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza
pubblica), che disciplinano la copertura del 70 dei posti
disponibili nelle dotazioni organiche dell'amministrazione
finanziaria per i livelli dal quinto al nono, mediante apposite
procedure di riqualificazione riservate al personale appartenente
alle qualifiche funzionali inferiori, e con il comma 2 ha fatto salvi
gli atti e i procedimenti già adottati.
Secondo il giudice rimettente, la norma impugnata "non fa altro
che confermare le procedure già previste dalla precedente normativa
di cui alla legge n. 549 del 1995", dichiarata illegittima da questa
Corte con la sentenza n. 1 del 1999, cosicché la stessa norma, in
quanto riproduttiva di disposizioni già dichiarate
costituzionalmente illegittime, "nella sostanza viola il giudicato
costituzionale". Inoltre "la modifica legislativa" censurata,
prevedendo una procedura selettiva interna per il conferimento di una
qualifica funzionale superiore e stabilendo che soltanto il 30 dei
posti disponibili possono essere attribuiti a coloro che non sono
già dipendenti dell'amministrazione finanziaria, derogherebbe
ingiustificatamente alla regola del pubblico concorso, che
riguarderebbe anche la fattispecie in esame, ponendosi così in
contrasto con i principi costituzionali della parità di trattamento
(art. 3 della Costituzione) e di buon andamento ed imparzialità
della pubblica amministrazione (art. 97 della Costituzione).
Infine la norma censurata, disponendo che i dipendenti possono
partecipare ai corsi di riqualificazione, anche se non hanno svolto,
neppure di fatto, mansioni superiori, violerebbe, sotto altro
profilo, gli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione, ponendo in essere
una ingiustificata disparità di trattamento in danno di quanti non
lavorano già alle dipendenze dell'amministrazione, consentendo
inoltre l'accesso alla qualifica superiore da parte di dipendenti i
quali non solo non abbiano svolto le relative mansioni, ma siano
anche privi del titolo di studio richiesto per la qualifica stessa.
2. - In via preliminare va precisato che il thema decidendum deve
essere propriamente individuato - in base alle puntualizzazioni
contenute nella motivazione dell'ordinanza di rimessione nella quale
si dichiarano non manifestamente infondate le "dedotte questioni di
legittimità costituzionale" relative all'art. 3, commi 205, 206 e
207 della legge n. 549 del 1995 - nella disciplina dei corsi di
riqualificazione recata appunto dal suddetto art. 3, commi 205, 206 e
207 (modificato quest'ultimo, ma in modo non rilevante, dall'art. 88
della legge 21 novembre 2000, n. 342) della stessa legge, così come
risulta dopo la "modifica legislativa" introdotta dall'art. 22 della
legge n. 133 del 1999. Ed è pertanto sul testo così risultante,
nonché sul comma 2 del citato art. 22, che va condotto il presente
scrutinio di legittimità costituzionale.
3. - Nel merito, la questione è fondata.
Si deve innanzi tutto osservare che molteplici sono le modifiche
introdotte dall'art. 22 della legge n. 133 del 1999 alla disciplina
in esame; in particolare si segnalano la riduzione dei posti
riservati ai dipendenti dell'amministrazione finanziaria (art. 3,
comma 205), l'esclusione di una progressione per saltum e
l'impossibilità di esercitare, subito dopo l'ammissione al corso e
sia pure in via provvisoria, le funzioni connesse alla qualifica
superiore (art. 3, comma 207). Tali modifiche escludono pertanto, per
il loro contenuto innovatore ed anche per l'intento dichiarato nel
corso dei lavori preparatori della legge di recepire i principi
stabiliti dalla citata sentenza n. 1 del 1999, che la disciplina
denunciata possa essere considerata confermativa delle precedenti
disposizioni dichiarate illegittime, superandosi così la prospettata
censura di violazione del giudicato costituzionale. Ma tuttavia non
valgono ad evitare gli altri profili di censura incentrati sulla
violazione degli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione.
Nella disciplina delle procedure di riqualificazione in esame
permangono ancora, nonostante le modificazioni introdotte, alcune
lesioni dei principi costituzionali in materia di organizzazione dei
pubblici uffici. In particolare va ricordato che, secondo la
consolidata giurisprudenza costituzionale, il passaggio ad una fascia
funzionale superiore comporta "l'accesso ad un nuovo posto di lavoro
corrispondente a funzioni più elevate ed è soggetto, pertanto,
quale figura di reclutamento, alla regola del pubblico concorso"
(cfr. per tutte: sentenza n. 320 del 1997, sentenza n. 1 del 1999),
in quanto proprio questo metodo offre le migliori garanzie di
selezione dei soggetti più capaci. Il pubblico concorso è altresì
un meccanismo strumentale rispetto al canone di efficienza
dell'amministrazione, il quale può dirsi pienamente rispettato
qualora le selezioni non siano caratterizzate da arbitrarie forme di
restrizione dei soggetti legittimati a parteciparvi; forme che
possono considerarsi non irragionevoli solo in presenza di
particolari situazioni, che possano giustificarle per una migliore
garanzia del buon andamento dell'amministrazione.
L'art. 22, comma 1 lettera a), della legge n. 133 del 1999, nel
riformulare il comma 205 dell'art. 3 della legge n. 549 del 1995, non
ha però reso la norma conforme a questi principi. Ed infatti, anche
se ha escluso che la totalità dei posti vacanti nelle dotazioni
organiche delle varie qualifiche prese in considerazione sia
attribuita all'esito di corsi di formazione professionale, ai quali
sono abilitati ad accedere soltanto i dipendenti
dell'amministrazione, riserva tuttavia ancora ad essi la totalità
dei posti messi a concorso, pari a gran parte dei posti disponibili,
per di più prevedendo una quota riservata che appare incongruamente
elevata, così da realizzare una duplice, sostanziale elusione dei
principi enunciati. Né, oltre tutto, all'epoca risultava bandito il
concorso pubblico per la residua parte dei posti, mentre è noto che
il modello concorsuale richiede che la selezione avvenga con criteri
tali "da prevedere e consentire la partecipazione anche agli
estranei, assicurando così il reclutamento dei migliori", e a tale
modello si deve ricorrere anche per scongiurare "gli effetti
distorsivi" che il criterio dei concorsi interni può produrre
(sentenza n. 313 del 1994), attraverso forme di surrettizia
reintroduzione dell'ormai superato sistema delle carriere, in
contrasto con il canone del buon andamento dell'amministrazione
(sentenza n. 333 del 1993).
La previsione, nella disciplina censurata, non già di un
concorso pubblico con riserva dei posti, bensì di un concorso
"interno", riservato ai dipendenti dell'amministrazione per una
percentuale dei posti disponibili particolarmente elevata - e per di
più incongrua in quanto stabilita in mancanza di giustificazioni
diverse da quelle già valutate negativamente nella sentenza n. 1 del
1999 - appare pertanto irragionevole e si pone in contrasto con gli
artt. 3, 51 e 97 della Costituzione.
3.1. - Neppure le altre modifiche introdotte dall'art. 22 della
legge n. 133 del 1999 alla disciplina recata dal citato art. 3 della
legge n. 549 del 1995 riescono a superare le ulteriori denunce di
illegittimità costituzionale prospettate nell'ordinanza di
rimessione.
A questo proposito, va innanzi tutto osservato che, sebbene sia
stata esclusa la previsione di una progressione per saltum prima
prevista per una delle qualifiche, risulta ancora attribuita al
criterio dell'anzianità una funzione già censurata nella sentenza
n. 1 del 1999, in quanto "del tutto abnorme". In realtà è proprio
sul criterio dell'anzianità che sono fondate sia la riserva ai
dipendenti della indicata percentuale dei posti disponibili, sia
l'ammissibilità del conseguimento della qualifica superiore, anche
in mancanza del titolo di studio prescritto. Ed infatti, dato che non
è stata modificata la censurata genericità di contenuti della prova
scritta di ammissione al corso, quest'ultima non appare idonea a
garantire, di per sé, una seria verifica dei requisiti attitudinali,
nonché ad evitare una sorta di automatico e generalizzato
scivolamento verso la qualifica superiore.
La previsione, inoltre, che le materie del corso sono fissate con
decreto ministeriale (art. 3, comma 206 lettera d, della legge n. 549
del 1995, come modificato dall'art. 22, comma 1 lettera b, della
legge n. 133 del 1999) e che all'esito del corso i candidati sono
sottoposti ad una prova di carattere teorico-pratico, soltanto
indicata come "prova d'esame" (art. 3, comma 206 lettera e, come
modificato dall'art. 22, comma 1 lettera b, della legge n. 133 del
1999), non consente di superare, in mancanza di ulteriori e più
puntuali criteri, il fondato dubbio già formulato da questa Corte
nella citata sentenza n. 1 del 1999 in ordine alla "idoneità di un
tale modo di selezione a consentire una seria verifica della
professionalità richiesta" dalle qualifiche considerate.
In definitiva, il complesso delle modifiche introdotte dalla
norma impugnata non appare adeguato a rendere le procedure di
riqualificazione in esame compatibili con i principi costituzionali.
Va pertanto dichiarata l'illegittimità costituzionale dei commi 205,
206 e 207 - quest'ultima norma in quanto logicamente ed
inscindibilmente connessa con le prime due - dell'art. 3 della legge
n. 549 del 1995, così come modificati dall'art. 22, comma 1 lettere
a), b) e c) della legge n. 133 del 1999. Va altresì dichiarata
l'illegittimità costituzionale del comma 2 del citato art. 22 della
medesima legge n. 133 del 1999, in quanto anche esso logicamente ed
inscindibilmente connesso con le norme precedentemente indicate.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 3, commi 205,
206 e 207 della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di
razionalizzazione della finanza pubblica), come modificato
dall'art. 22, comma 1, lettere a), b) e c) della legge 13 maggio
1999, n. 133 (Disposizioni in materia di perequazione,
razionalizzazione e federalismo fiscale);
Dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 22, comma 2,
della medesima legge 13 maggio 1999, n. 133.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 maggio 2002.
Il Presidente: Vari
Il redattore: Capotosti
Il cancelliere:Di Paola
Depositata in cancelleria il 16 maggio 2002.
Il direttore della cancelleria: Di Paola