Titolo
Sanita' pubblica - Attività libero-professionale della dirigenza sanitaria del servizio sanitario nazionale - Legge statale in materia - Prevista applicabilità alle province autonome di trento e di bolzano di disposizione che attribuisce al ministro della sanità il potere di fissare termini e sanzioni per eventuali inadempimenti degli amministratori nell'attuazione delle norme regionali per la gestione economico-finanziaria e patrimoniale delle aziende sanitarie - Ingerenza statale in ambiti di competenza di regioni e province autonome in mancanza dei necessari presupposti giustificativi procedurali e sostanziali - Illegittimità costituzionale 'in parte qua'.
Testo
L'art. 2 del d.l. 20 giugno 1997, n. 175 (Disposizioni urgenti in materia di attivita' libero-professionale della dirigenza sanitaria del Servizio sanitario nazionale) convertito in legge, senza modificazioni, dalla legge 7 agosto 1997, n. 272, e' costituzionalmente illegittimo nella parte in cui rende applicabile alle Province autonome di Trento e di Bolzano l'art. 1, comma 33, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), che attribuisce al Ministero della sanita' il potere di fissare, con proprio decreto, i termini e le sanzioni per eventuali inadempienze degli amministratori delle aziende sanitarie in ordine alla completa attuazione delle norme regionali, previste dall'art. 5, commi 4 e 5, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, per la gestione economico-finanziaria e patrimoniale delle aziende, e dello schema uniforme per i bilanci e i consuntivi delle medesime. Stabilire "termini e sanzioni" per le inadempienze degli amministratori ai doveri inerenti alla gestione contabile delle aziende rientra infatti certamente nell'ambito della competenza delle Regioni e delle Province autonome, cui le aziende fanno capo e a cui spetta nominare detti amministratori e indirizzarne e vigilarne l'attivita' (cfr. fra l'altro, artt. 2, 3, 3-'bis' e 5 dello stesso d.lgs. n. 502 del 1992, come da ultimo modificato dal d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229) e pertanto eventuali poteri centrali di normazione di principio potrebbero essere esercitati al riguardo solo con atto legislativo, cosi' come eventuali poteri governativi di indirizzo dovrebbero a loro volta rispettare i presupposti procedurali e sostanziali a tal fine richiesti, presupposti che nella specie difettano del tutto, sia sotto il profilo della competenza - dalla norma in oggetto attribuita al solo Ministro - e del procedimento - sottratto alle condizioni generali imposte, per il Trentino-Alto Adige, dall'art. 3 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266 - sia sotto il profilo del fondamento legislativo sostanziale, difettando nella disposizione 'de qua' la statuizione di criteri l'esercizio del potere governativo. red.: S. Pomodoro
Parametri costituzionali
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 9
n. 10
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 8
n. 1
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 16
Altri parametri e norme interposte
decreto legislativo
16/03/1992
n. false
art. 3
Riferimenti normativi
decreto-legge
20/06/1997
n. 175
art. 2
co. 0
legge
07/08/1997
n. 272
art. 0
co. 0
legge
23/12/1996
n. 662
art. 1
co. 33
Titolo
Sanità pubblica - Norme regionali per la gestione economico-finanziaria e patrimoniale delle unità sanitarie e delle aziende ospedaliere - Determinazione, con decreto del ministro della sanità, dichiarato applicabile anche alle province autonome di trento e bolzano, di termini e sanzioni per eventuali inadempimenti degli amministratori di dette unità ed aziende nell'attuazione di tali norme - Conflitti di attribuzione sollevati da entrambe le province autonome - Fondamento del decreto ministeriale su norma di legge statale dichiarata, 'in parte qua', illegittima - Non spettanza allo stato, e per esso al ministro della sanità, del potere esercitato - Annullamento, 'in parte qua', del provvedimento impugnato.
Testo
A decisione dei conflitti di attribuzione sollevati dalle Province autonome di Trento e di Bolzano in relazione al decreto del Ministro della sanita' in data 25 febbraio 1997 (Determinazione di termini e sanzioni per eventuali inadempienze degli amministratori delle unita' sanitarie locali e delle aziende ospedaliere) deve dichiararsi che non spetta allo Stato, e per esso al Ministro della sanita', emanare, con efficacia nei confronti delle ricorrenti, tale decreto, che di conseguenza, nella parte in cui si rivolge e si applica alle anzidette Province, va annullato. L'impugnato provvedimento si basa infatti sulla disposizione, richiamata nel preambolo, dell'art. 1, comma 33, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, la cui applicabilita' alle Province autonome, gia' esclusa al momento della emanazione del decreto, dal comma 143 dello stesso art. 1, e successivamente ripristinata dall'art. 2 del d.l. 20 giugno 1997, n. 175 (convertito in legge senza modificazioni con legge 7 agosto 1997, n. 272), con la dichiarazione di illegittimita', 'in parte qua', di quest'ultima norma, pronunciata in questa stessa sentenza, e' definitivamente venuta meno. - V. la precedente massima A. red.: S. Pomodoro
Parametri costituzionali
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 9
n. 10
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 8
n. 1
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 16
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 107
Riferimenti normativi
decreto del Ministro della sanita'
25/02/1997
n. 0
art. 0
co. 0
Titolo
Sanità pubblica - Organizzazione e funzioni della dirigenza sanitaria del servizio sanitario nazionale - Attività libero-professionale c.d. intramuraria - Disciplina - Competenza di regioni e province autonome - Fondamento - Distinzione dalla disciplina delle professioni sanitarie, di competenza statale.
Testo
La disciplina dell'attivita' libero-professionale c.d. "intramuraria" che si esplica nell'ambito della organizzazione del servizio sanitario non puo' farsi rientrare nella disciplina, di competenza statale, delle professioni sanitarie, ma ricade nella competenza di Regioni e Province autonome. Essa infatti non concerne il modo in cui si esplica la professione medica, ma l'utilizzo, ai fini di prestazioni rese dai sanitari in regime di libera professione, delle strutture sanitarie pubbliche, spettante alla competenza delle Regioni e delle Province autonome, ai sensi, in particolare, dell'art. 2, comma 2, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502. - Per una applicazione di tali principi, v. la seguente massima D. red.: S. Pomodoro
Altri parametri e norme interposte
decreto legislativo
30/12/1992
n. false
art. 2
Titolo
Sanita' pubblica - Attività della dirigenza sanitaria del servizio sanitario nazionale - Legge statale in materia - Prevista emanazione, da parte del ministro della sanità, di "linee guida" dell'organizzazione dell'attivita' libero-professionale "intramuraria" - Ricorsi della regione puglia e delle province autonome di trento e bolzano - Non consentita attribuzione al ministro, in materia di competenza di regioni e province autonome, di un potere esercitabile dallo stato solo attraverso leggi di principio o riforma, o, nel rispetto delle richieste condizioni procedurali e sostanziali, solo per mezzo di atti governativi di indirizzo e coordinamento - Illegittimità costituzionale.
Testo
In accoglimento delle censure formulate al riguardo dalla Regione Puglia e dalle Province autonome di Bolzano e Trento, deve dichiararsi che l'art. 4, comma 1, del d.l. 20 giugno 1997, n. 175 (Disposizioni urgenti in materia di attivita' libero-professionale della dirigenza sanitaria del Servizio sanitario nazionale), convertito in legge, senza modificazioni, dalla legge 7 agosto 1997, n. 272 - nel quale si demanda al Ministro della sanita', sentita la Conferenza Stato-Regioni, di emanare "le linee guida dell'organizzazione dell'attivita' libero-professionale intramuraria" - e' costituzionalmente illegittimo. Premesso che tale disposizione non puo' dirsi assorbita o superata dalla disciplina contenuta nella legislazione sopravvenuta successivamente alla proposizione dei ricorsi - in particolare nell'art. 72 della legge 23 dicembre 1998, n. 448 e nel d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229 - e che quindi non puo' accogliersi, in proposito, la richiesta avanzata, della difesa erariale, di una dichiarazione di cessazione della materia del contendere, non puo' infatti dubitarsi che la materia oggetto dell'atto ministeriale previsto dalla norma impugnata, riguardi la competenza delle Regioni e delle Province autonome in ordine alla organizzazione del servizio sanitario, nella quale l'intervento dello Stato puo' esplicarsi solo attraverso la legislazione di principio o di riforma, o attraverso l'esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento: come del resto e' ora espressamente previsto dall'art. 72, comma 11, della su citata legge n. 448 del 1998, che appunto rinvia ad un atto di indirizzo e coordinamento da emanarsi ai sensi dell'art. 8 della legge n. 59 del 1997 (vale a dire, fra l'altro, e salvo il caso di urgenza, previa intesa con la conferenza Stato-Regioni). Il che comporta che in tanto possono configurarsi in capo ad organi statali poteri di indirizzo, in quanto siano rispettate le condizioni di ordine procedurale e sostanziale costantemente richieste dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, e quindi, essenzialmente, l'esercizio attraverso atti collegiali del Governo e il rispetto del principio di legalita' sostanziale. Condizioni di cui nella specie difetta quanto meno quella relativa alla deliberazione del Consiglio dei ministri, oltre a quelle relative alle particolari procedure imposte dalle norme di attuazione statutaria per l'efficacia degli atti di indirizzo nei confronti delle Province autonome di Trento e di Bolzano (art. 3, d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266). Ne' vale in contrario sostenere che le "linee di guida" in questione non abbiano carattere vincolante per le Regioni e le Province autonome, ma siano semplici suggerimenti a fini di coordinamento, liberamente recepibili dagli enti autonomi, dovendo escludersi che esse siano assimilabili alle linee guida "in funzione dell'applicazione coordinata del piano sanitario nazionale e della normativa di settore", di cui e' parola nell'art. 1, comma 7, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, ove si fa "salva l'autonoma determinazione regionale in ordine al loro recepimento". - Riguardo al fondamento della competenza di Regioni e Province autonome sulla disciplina dell'attivita' libero-professionale "intramuraria", v. la precedente massima C. Sui principi stabiliti dalla legge 15 marzo 1997, n. 59, circa la funzione di indirizzo e coordinamento v. S. n. 408/1998. red.: S. Pomodoro
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 117
Costituzione
art. 118
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 9
n. 10
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 8
n. 1
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 16
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 107
Altri parametri e norme interposte
legge
15/03/1997
n. false
art. 8
decreto legislativo
16/03/1992
n. false
art. 3
Riferimenti normativi
decreto-legge
20/06/1997
n. 175
art. 4
co. 1
legge
07/08/1997
n. 272
art. 0
co. 0
Titolo
Sanita' pubblica - Attività della dirigenza sanitaria del servizio sanitario nazionale- Legge statale in materia - Disposizione concernente la comunicazione da parte di regioni e province autonome al ministero della sanità per la relazione di quest'ultimo al parlamento sull'attivita' libero-professionale intramuraria - Ricorsi della provincia autonoma di bolzano e della regione puglia - Mancato svolgimento, al riguardo, di specifiche censure - Inammissibilità delle questioni.
Testo
Sono inammissibili le questioni di legittimita' costituzionale sollevate, con ricorso della Provincia autonoma di Bolzano - in riferimento agli artt. 9, numero 10, 8, numero 1, 16 e 107 dello statuto speciale per il Trentino Alto-Adige, nonche' alle norme di attuazione dello stesso di cui al d.P.R. 197 del 1980, al d.P.R. n. 474 del 1975, come modificato dal d.lgs. n. 267 del 1992, e al d.lgs. n. 266 del 1992 - e dalla Regione Puglia, - in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost., in relazione all'art. 8 della legge n. 59 del 1997, all'art. 5 della legge n. 833 del 1978, all'art. 4 del d.lgs. 502 del 1992, e all'art. 1, comma 8, della legge n. 662 del 1996 - nei confronti dell'art. 4, comma 2, del d.l. 20 giugno 1997, n. 175, convertito in legge, senza modificazioni, dalla legge 7 agosto 1997, n. 272, ai cui sensi le Regioni e le Province autonome, "entro il 15 settembre 1997, comunicano al Ministero della sanita' i dati necessari per la relazione di quest'ultimo al Parlamento sullo stato di attuazione dell'attivita' libero-professionale intramuraria e sulle misure dirette ad incentivare il ricorso alle prestazioni rese in regime di libera professione". Nei riguardi di questa disposizione, infatti, diversamente da quanto e' avvenuto per il comma 1 dello stesso art. 4, non vengono sviluppati nei suddetti ricorsi specifiche censure. - Sulle questioni sollevate nei confronti del comma 1 dello stesso art. 4 del d.l. n. 175 del 1997, v. la precedente massima D. red.: S. Pomodoro
Parametri costituzionali
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 9
n. 10
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 8
n. 1
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 16
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 107
Costituzione
art. 117
Costituzione
art. 118
Altri parametri e norme interposte
decreto del Presidente della Repubblica
26/01/1980
n. false
decreto del Presidente della Repubblica
28/03/1975
n. false
decreto legislativo
16/03/1992
n. false
decreto legislativo
15/03/1992
n. false
legge
15/03/1997
n. false
art. 8
legge
23/12/1978
n. false
art. 5
decreto legislativo
30/12/1992
n. false
art. 4
legge
23/12/1996
n. false
art. 1
co. 8
Riferimenti normativi
decreto-legge
20/06/1997
n. 175
art. 4
co. 2
legge
07/08/1997
n. 272
art. 0
co. 0
Titolo
Sanita' pubblica - Legge statale - Disposizioni in materia di attività libero-professionale dei dirigenti del servizio sanitario nazionale, di farmaci, di attività di organismi di volontariato ed altre, non attributive di poteri normativi o amministrativi ad organi statali - Contestata applicabilità, in ricorsi delle medesime, alle province autonome e conseguente asserita violazione delle loro competenze - Operatività non immediata e diretta, ma solo nei limiti e nelle forme di cui all'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, delle norme impugnate nei confronti delle legislazioni provinciali - Non fondatezza delle questioni.
Testo
Non sono fondate le questioni di legittimita' costituzionale sollevate, con ricorsi delle Province autonome di Trento e di Bolzano - in riferimento agli artt. 9, numero 10, 8, numero 1, 16 e 107 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, e alle norme di attuazione dello stesso statuto di cui al d.P.R. 26 gennaio 1980, n. 197, al d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474 (come modificato dal d.lgs. 16 marzo 1992, n. 267) e al d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266 - nei confronti dell'art. 2 del d.l. 20 giugno 1997, n. 175 (convertito in legge, senza modificazioni, dalla legge 7 agosto 1997, n. 272), denunciato in quanto, limitando l'inapplicabilita' alle Province autonome, solo ad alcuni dei commi (da 1 a 44) dell'art. 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, per cui il comma 143 dello stesso art. 1 in precedenza la prevedeva, renderebbe operanti per le stesse Province le disposizioni dei commi da 5 a 15 e del comma 16, secondo periodo (che si riferiscono alla disciplina della attivita' libero-professionale dei dirigenti del servizio sanitario nazionale e alla organizzazione della cosiddetta attivita' intramuraria) del comma 26 (nel quale si afferma il principio per cui le Regioni provvedono all'accertamento delle situazioni di bisogno e all'organizzazione dei servizi, assicurando l'equilibrio finanziario delle relative gestioni, nell'ambito dei livelli uniformi di assistenza individuati dal piano sanitario nazionale) dei commi 31 e da 39 a 42, e 44 (che dettano norme in materia di farmaci) e del comma 43 (riguardante l'uso gratuito di locali e servizi da parte degli organismi di volontariato e di tutela dei diritti, ammessi ad operare all'interno delle strutture sanitarie pubbliche). Tali disposizioni, infatti, a differenza di quelle dei commi 14, 28, 29 e 33 - che, riguardando l'attribuzione di poteri e compiti agli organi dello Stato, vanno esaminate partitamente - sono denunciate solo in quanto vincolerebbero le Province anche nel dettaglio e sotto il profilo organizzativo, e pertanto la contestata sopravvenuta loro applicabilita' alle Province stesso non puo' intendersi - contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, anche se dalla Provincia di Trento solo in via subordinata - nel senso che esse siano direttamente e immediatamente efficaci nei confronti delle Province autonome, ma nel senso che la loro portata - non diversa da quella che avrebbero avuto se non vi fosse stata la clausola di esclusione recata dal testo precedente dell'art. 1, comma 143, della medesima legge n. 662 - si sostanzia in un caso ordinario di sopravvenienza di legislazione statale che, quando investa materie di competenza delle Province autonome, opera nei confronti loro e della loro preesistente legislazione nei modi e con gli effetti prescritti dalle apposite norme di attuazione statutaria di cui all'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, e cioe' non gia' sostituendo la legislazione provinciale, bensi' ponendo l'obbligo, per le Province autonome, di adeguarla ad esse, secondo le previsioni dello statuto. - Sulle questioni sollevate sull'applicabilita' alle Province autonome, in forza dell'art. 2 del d.l. n. 175 del 1997, delle disposizioni dei commi 33, 28, 29 e 14 della legge n. 662 del 1996, v. la precedente massima A e le seguenti G ed H. red.: S. Pomodoro
Parametri costituzionali
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 9
n. 10
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 8
n. 1
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 16
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 107
Altri parametri e norme interposte
decreto del Presidente della Repubblica
16/01/1980
n. false
decreto del Presidente della Repubblica
28/03/1974
n. false
decreto legislativo
16/03/1992
n. false
decreto legislativo
16/03/1992
n. false
Riferimenti normativi
decreto-legge
20/06/1997
n. 175
art. 2
co. 0
legge
07/08/1997
n. 272
art. 0
co. 0
legge
23/12/1996
n. 662
art. 1
co. 5
legge
23/12/1996
n. 662
art. 1
co. 6
legge
23/12/1996
n. 662
art. 1
co. 7
legge
23/12/1996
n. 662
art. 1
co. 8
legge
23/12/1996
n. 662
art. 1
co. 9
legge
23/12/1996
n. 662
art. 1
co. 10
legge
23/12/1996
n. 662
art. 1
co. 11
legge
23/12/1996
n. 662
art. 1
co. 12
legge
23/12/1996
n. 662
art. 1
co. 13
legge
23/12/1996
n. 662
art. 1
co. 14
legge
23/12/1996
n. 662
art. 1
co. 15
legge
23/12/1996
n. 662
art. 1
co. 16
legge
23/12/1996
n. 662
art. 1
co. 26
legge
23/12/1996
n. 662
art. 1
co. 28
legge
23/12/1996
n. 662
art. 1
co. 29
legge
23/12/1996
n. 662
art. 1
co. 31
legge
23/12/1996
n. 662
art. 1
co. 39
legge
23/12/1996
n. 662
art. 1
co. 40
legge
23/12/1996
n. 662
art. 1
co. 41
legge
23/12/1996
n. 662
art. 1
co. 42
legge
23/12/1996
n. 662
art. 1
co. 44
Titolo
Sanità pubblica - Disposizioni di legge statale concernenti la individuazione, ad opera del ministro della sanità, di percorsi diagnostici e terapeutici, di indirizzi per la loro uniforme applicazione in ambito locale e di sanzioni a carico del sanitario inadempiente, nonché la rilevazione di dati e la messa in opera di sistemi informativi da parte dei direttori generali delle unita' sanitarie - Prevista applicabilità nei confronti delle province autonome di trento e di bolzano - Asserita violazione, in ricorsi delle medesime, delle loro competenze in materia - Esclusione - Carattere di mero indirizzo tecnico di tali compiti, non comportanti, da parte delle norme impugnate, attribuzione agli organi statali di poteri normativi o di indirizzo amministrativo soggetti alle condizioni e ai limiti della funzione di indirizzo e coordinamento - Non fondatezza della questione.
Testo
Non sono fondate le questioni di legittimita' costituzionale sollevate, con ricorsi delle Province autonome di Trento e di Bolzano, in riferimento agli artt. 9, numero 10, 8, numero 1, 16 e 107 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, e alle norme di attuazione dello stesso statuto di cui al d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474 (come modificato dal d.lgs. 16 marzo 1992, n. 267) e al d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, nei confronti dell'art. 2 del d.l. 20 giugno 1997, n. 175 (convertito in legge, senza modificazioni, da legge 7 agosto 1997, n. 272), nelle parti in cui rende applicabili alle Province autonome l'art. 1, commi 28 e 29, della legge 23 dicembre 1996, n. 662. Con la prima di queste disposizioni - concernente la individuazione di "percorsi diagnostici e terapeutici" cui i medici abilitati alle funzioni prescrittive conformano le proprie decisioni tecniche, e la statuizione di indirizzi per l'uniforme applicazione dei percorsi stessi in ambito locale e delle misure da adottare in caso di mancato rispetto dei relativi protocolli - non si attribuisce infatti al Ministro, cui si demanda di provvedervi, un potere normativo o di indirizzo amministrativo, ma solo compiti di indirizzo tecnico (come confermano in particolare la previsione secondo cui il Ministro si avvale in varia guisa di organismi tecnici o professionali, come l'Istituto superiore di sanita' e la Federazione nazionale dell'ordine dei medici, nonche', ai fini della statuizione degli indirizzi applicativi dei percorsi diagnostici e terapeutici,di un'intesa del Ministro con la conferenza Stato-Regioni) compiti che non sono soggetti, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, alle stesse condizioni e agli stessi limiti del potere governativo di indirizzo e coordinamento, sicche' e' da escludere, sotto questo profilo, l'eventualita' di una lesione della sfera di competenza provinciale. A sua volta, il comma 29 si limita a prevedere un'attivita' di rilevazione di dati e di attivazione di sistemi informativi, che pur essa non implica se non indirizzi tecnici, come tali ammissibili a scopo di coordinamento, e l'ottemperanza, da parte degli enti e delle strutture decentrate al generale dovere di cooperazione. Ed anche le "forme campionarie di rilevazione" - secondo lo stesso comma 29 attivabili dal Ministro della sanita' - non sono suscettibili di ledere l'autonomia provinciale e locale, essendo previsti appositi "accordi di cooperazione con aziende sanitarie e regioni". - Cfr. S. nn. 924/1988, 242/1989, 139/1990 e 356/1994. red.: S. Pomodoro
Parametri costituzionali
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 9
n. 10
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 8
n. 1
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 16
Altri parametri e norme interposte
decreto del Presidente della Repubblica
28/03/1974
n. false
decreto legislativo
16/03/1992
n. false
decreto legislativo
16/03/1992
n. false
Riferimenti normativi
decreto-legge
20/06/1997
n. 175
art. 2
co. 0
legge
07/08/1997
n. 272
art. 0
co. 0
legge
23/12/1996
n. 662
art. 1
co. 28
legge
23/12/1996
n. 662
art. 1
co. 29
Titolo
Sanita' pubblica - Attività della dirigenza sanitaria del servizio sanitario nazionale - Disposizioni di legge statale - Prevista regolamentazione, con decreto del ministro della sanita', dell'attività libero-professionale intramuraria - Contestata applicabilita' di tali disposizioni, in ricorsi delle medesime, alle province autonome di trento e di bolzano e alla regione puglia e asserita conseguente violazione delle loro competenze - 'Ius superveniens' con nuova disciplina, di rango primario, dell'intera materia - Cessazione della materia del contendere.
Testo
In ordine alle questioni di legittimita' costituzionale sollevate, con ricorsi delle Province autonome di Trento e di Bolzano, in riferimento agli artt. 9, numero 10, 8, numero 1, 16 e 107 dello statuto speciale per il Trentino Alto-Adige, nonche' alle norme di attuazione dello stesso statuto di cui al d.P.R. 26 gennaio 1980, n. 197, al d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474 (come modificato dal d.lgs. 16 marzo 1992, n. 267) ed al d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, nei confronti dell'art. 2 del d.l. 20 giugno 1997, n. 175 (convertito in legge, senza modificazioni, da legge 7 agosto 1997, n. 272), e con ricorsi delle stesse Province - in riferimento agli stessi su indicati parametri - e con ricorso della Regione Puglia - in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost., in relazione agli artt. 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, 5 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, 4 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, e 1, comma 8, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 - nei confronti dell'art. 1 del d.l. n. 175 del 1997 (convertito in legge dalla legge n. 272 dello stesso anno) deve dichiararsi la cessazione della materia del contendere. La individuazione sia delle "caratteristiche dell'attivita' libero-professionale" gia' intramuraria, sia delle "categorie professionali" e degli "enti o soggetti", demandata ad un decreto ministeriale, oggetto delle disposizioni impugnate, e' ormai compiutamente regolata dalla sopravvenuta disciplina contenuta nell'art. 72, commi 7 ed 8, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, che hanno soppresso per il futuro la "opzione tra attivita' libero-professionale intramuraria ed extramuraria", e disciplinando le caratteristiche del previsto rapporto di lavoro esclusivo, hanno sostanzialmente assorbito anche la disciplina delle "attivita' di consulenza e consulto", e pertanto la controversia insorta al riguardo non puo' piu' essere considerata attuale. red.: S. Pomodoro
Parametri costituzionali
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 9
n. 10
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 8
n. 1
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 16
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 107
Costituzione
art. 117
Costituzione
art. 118
Altri parametri e norme interposte
decreto del Presidente della Repubblica
26/01/1980
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decreto del Presidente della Repubblica
28/03/1975
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decreto legislativo
16/03/1992
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decreto legislativo
16/03/1992
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legge
15/03/1997
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art. 8
legge
23/12/1978
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art. 5
legge
30/12/1992
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art. 4
legge
23/12/1996
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art. 1
co. 8
Riferimenti normativi
decreto-legge
20/06/1997
n. 175
art. 1
co. 0
decreto-legge
20/06/1997
n. 175
art. 2
co. 0
legge
07/08/1997
n. 272
art. 0
co. 0
legge
23/12/1996
n. 662
art. 1
co. 14
N. 63
SENTENZA 9-15 FEBBRAIO 2000
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: prof. Giuliano VASSALLI;
Giudici: prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof.
Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI
MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI, dott.
Franco BILE;
ha pronunciato la seguente
Sentenza
a) nei giudizi per conflitto di attribuzione sorti a seguito del
decreto del Ministro della sanità 25 febbraio 1997, recante
"Determinazione di termini e sanzioni per eventuali inadempienze
degli amministratori delle unità sanitarie locali e delle aziende
ospedaliere", promossi con due ricorsi delle Province di Trento e
Bolzano, notificati il 2 e il 3 giugno 1997, depositati in
cancelleria il 4 ed il 6 successivi, ed iscritti ai nn. 33 e 34 del
registro conflitti 1997;
b) nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e
4 del decreto legge 20 giugno 1997, n. 175, recante "Disposizioni
urgenti in materia di attività libero-professionale della dirigenza
sanitaria del Servizio sanitario nazionale", convertito nella legge
7 agosto 1997, n. 272, promossi con ricorsi (il primo nei confronti
del d.-l., il secondo della legge di conversione) della Regione
Puglia notificati, rispettivamente, il 23 luglio ed il 12 settembre
1997, depositati in Cancelleria, rispettivamente, il 1 agosto ed il
19 settembre 1997, ed iscritti ai nn. 49 e 59 del registro ricorsi
1997; e delle Province di Trento e Bolzano notificati il 12 settembre
1997, depositati in cancelleria, rispettivamente, il 18 e il 19
settembre 1997, ed iscritti ai nn. 57 e 58 del registro ricorsi 1997.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nell'udienza pubblica del 9 novembre 1999 il giudice relatore
Valerio Onida;
Uditi gli avvocati Giandomenico Falcon per la Provincia di Trento,
Roland Riz e Sergio Panunzio per la Provincia di Bolzano, Beniamino
Caravita di Toritto per la Regione Puglia e l'Avvocato dello Stato
Nicola Bruni per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Con ricorso depositato il 4 giugno 1997 (R. confl. n. 33 del
1997) la Provincia autonoma di Trento ha sollevato conflitto di
attribuzioni nei confronti dello Stato in riferimento al decreto del
Ministro della sanità 25 febbraio 1997, recante "Determinazione di
termini e sanzioni per eventuali inadempienze degli amministratori
delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere", ritenuto
lesivo dell'autonomia legislativa e amministrativa della Provincia,
come in particolare stabilita dall'art. 9, n. 10, e dall'art. 16
dello statuto speciale approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e
dalle relative norme di attuazione. La ricorrente ricorda che il
decreto in questione è stato emanato ai sensi dell'art. 1, comma 33,
della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione
della finanza pubblica), il quale appunto conferisce al Ministro
della sanità il compito di fissare "i termini e le sanzioni per
eventuali inadempienze degli amministratori, per la completa
attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 5, commi 4 e 5, del
decreto legislativo del 30 dicembre 1992, n. 502"; e che però il
comma 143 dello stesso art. 1 della legge n. 662 escludeva
l'applicabilità alle Province autonome di Trento e di Bolzano dei
commi da 1 a 44 del medesimo art. 1, perciò anche del comma 33.
Ciononostante - osserva la ricorrente - il decreto del Ministro
individua esplicitamente fra i destinatari delle proprie disposizioni
anche le Province autonome: tali disposti, nella parte in cui
pretendono di applicarsi ad esse, sarebbero dunque del tutto privi di
fondamento legislativo, e in quanto tali interferirebbero
illegittimamente con le potestà legislative e amministrative
provinciali. In via subordinata rispetto a questa principale
censura, la ricorrente afferma che il decreto in questione, ove
dovesse considerarsi quale atto regolamentare, violerebbe altresì il
principio secondo cui la potestà regolamentare statale non può
avere ad oggetto materie e funzioni regionali e provinciali; se poi
dovesse considerarsi quale atto di indirizzo, sarebbe illegittimo per
violazione delle norme di attuazione di cui all'art. 3 del decreto
legislativo n. 266 del 1996, sull'esercizio della potestà di
indirizzo e coordinamento nei confronti della Regione Trentino-Alto
Adige e delle Province autonome, in quanto non è stato sottoposto al
parere della Provincia e non stabilisce obiettivi e risultati. La
ricorrente chiede quindi dichiararsi che non spetta allo Stato
emanare, nei confronti della ricorrente medesima, il decreto in
questione, e conseguentemente annullarsi il decreto medesimo.
2. - Con ricorso depositato il 6 giugno 1997 (R. confl. n. 34 del
1997) la Provincia autonoma di Bolzano ha a sua volta proposto
conflitto di attribuzioni in relazione al medesimo d.m. 25 febbraio
1997, per violazione delle competenze provinciali derivanti dallo
statuto speciale e dalle relative norme di attuazione in materia di
sanità e di funzionamento e gestione delle istituzioni e degli enti
sanitari, nonché dell'art. 107 dello stesso statuto speciale e
delle norme di attuazione di cui al d.lgs. n. 266 del 1996. La
ricorrente premette che la disciplina dettata dall'art. 5 del decreto
legislativo n. 502 del 1992 in tema di contabilità e di gestione
economico-finanziaria e patrimoniale delle unità sanitarie locali
non era applicabile alle Province autonome, e che il comma 143
dell'art. 1 della legge n. 662 del 1996 ha escluso l'applicabilità
alle stesse Province di varie disposizioni dello stesso art. 1, fra
cui il comma 33, sulla cui base è stato emanato il decreto
impugnato. Il decreto medesimo, ove applicabile alla Provincia
autonoma di Bolzano, sarebbe pertanto illegittimo, in primo luogo, in
quanto pretenderebbe di dettare una disciplina rientrante
integralmente nella competenza propria della Provincia stessa; in
secondo luogo, in quanto pretenderebbe di condizionare l'esercizio
della funzione legislativa della Provincia, in contrasto con le norme
di attuazione di cui agli artt. 1 e 2 del d.lgs. n. 266 del 1996,
secondo cui solo atti legislativi dello Stato possono porre obblighi
di adeguamento al legislatore provinciale, onde risulterebbe violato
anche l'art. 107 dello statuto. Ove poi si potesse configurare il
decreto come atto di indirizzo e coordinamento, esso sarebbe
illegittimo e lesivo delle attribuzioni provinciali perché
violerebbe l'art. 3 delle norme di attuazione di cui al d.lgs. n. 266
del 1996, in quanto non si limiterebbe a vincolare la Provincia solo
al conseguimento di obiettivi e risultati, e non è stato sottoposto
al parere della Provincia; in subordine, comunque, perché non
deliberato dal Consiglio dei Ministri e privo di sufficiente
fondamento legislativo sostanziale sotto forma di limiti e vincoli
per l'esercizio del potere di indirizzo e coordinamento.
3. - Il Presidente del Consiglio dei Ministri non si è costituito
nei due giudizi per conflitto di attribuzioni.
4. - Con ricorso depositato il 1 agosto 1997 (Reg. ric. n. 49 del
1997) la Regione Puglia ha sollevato questione di legittimità
costituzionale del decreto legge 20 giugno 1997, n. 175 (Disposizioni
urgenti in materia di attività libero-professionale della dirigenza
sanitaria del Servizio sanitario nazionale), ed in particolare degli
articoli 1 e 4 del medesimo, per violazione degli artt. 117 e 118
Cost., in relazione all'art. 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59,
all'art. 5 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, all'art. 4 del
d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 ed all'art. 1, comma 8, della legge
23 dicembre 1996, n. 662. La ricorrente premette che l'art. 1 della
legge n. 662 del 1996 ha dettato una nuova disciplina dell'attività
libero-professionale dei dirigenti sanitari del Servizio sanitario
nazionale, stabilendo, in particolare, l'incompatibilità fra la
professione c.d. "intramuraria" e quella "extramuraria" e il divieto
di svolgere la libera professione in strutture private accreditate
anche solo parzialmente (comma 5); l'obbligo per i direttori generali
delle aziende sanitarie di attivare e organizzare, d'intesa con le
Regioni, l'attività libero-professionale "intramuraria" (comma 8);
la facoltà delle Regioni di integrare a tal fine i programmi di
edilizia sanitaria (comma 9); imponendo l'opzione tra la libera
professione intramuraria e quella extramuraria, da effettuare entro
il 31 marzo 1997 per i sanitari operanti in strutture che avessero
già organizzato la professione intramuraria (comma 10), e per gli
altri sanitari entro trenta giorni dalla comunicazione alla Regione,
da parte dei direttori delle aziende, delle strutture attivate
nonché del numero di sanitari che possono in esse operare (comma
11); prevedendo un trattamento economico aggiuntivo per il personale
che abbia optato per la professione intramuraria (comma 12). Il
comma 14 a sua volta prevedeva un decreto del Ministro della sanità,
da adottare entro il 28 febbraio 1997, che stabilisse "i termini per
l'attuazione dei commi 8, 11 e 12, le modalità per il controllo del
rispetto delle disposizioni sulla incompatibilità, nonché la
disciplina dei consulti e delle consulenze". La ricorrente ricorda
che il decreto ministeriale 28 febbraio 1997 è stato sospeso in via
cautelare dal TAR del Lazio in quanto contenente una disciplina di
ordine generale regolante anche aspetti estranei al potere attribuito
dalla legge al Ministro, e che toccano anche competenze delle
Regioni. A seguito di ciò, per attribuire un fondamento legislativo
al decreto sospeso e ad eventuali ulteriori atti ministeriali in
materia, sarebbe stato emanato il d.-l. n. 175 del 1997. L'art. 1 di
quest'ultimo stabilisce che con il decreto previsto dall'art. 1,
comma 14, della legge n. 662 del 1996 "sono individuate, in
attuazione dei commi 8, 11 e 12 dello stesso articolo 1, le
caratteristiche dell'attività libero- professionale intramuraria del
personale medico e delle altre professionalità della dirigenza
sanitaria del Servizio sanitario nazionale, le categorie
professionali e gli enti o soggetti ai quali si applicano le
disposizioni sull'attività intramuraria" e sono disciplinate
"l'opzione tra attività libero-professionale intramuraria ed
extramuraria, le modalità del controllo del rispetto delle
disposizioni sull'incompatibilità, le attività di consulenza e
consulto"; mentre l'art. 4, comma 1, dello stesso decreto legge
conferisce al Ministro il potere di emanare, sentita la conferenza
Stato-Regioni e di concerto, per taluni aspetti, con il Ministro
della ricerca scientifica e tecnologica, "le linee guida
dell'organizzazione dell'attività libero-professionale
intramuraria". Ad avviso della ricorrente, che richiama la
giurisprudenza di questa Corte (sent. n. 355 del 1993), sarebbe
indubbia la competenza regionale in materia di organizzazione
dell'attività professionale intramuraria, come risulterebbe dalla
legge n. 833 del 1978, dall'art. 35 del d.P.R. n. 761 del 1979,
dall'art. 4 del d.lgs. n. 502 del 1992 nonché dall'art. 1, comma 8,
della legge n. 662 del 1996 che impone ai direttori generali delle
USL di attivare e organizzare l'attività libero-professionale
d'intesa con le Regioni. Lo stesso d.-l. n. 175 del 1997, adottando
una disciplina differente per le materie di cui all'art. 1 e per
quelle di cui all'art. 4, avrebbe implicitamente riconosciuto la
riconducibilità delle stesse a competenze diverse: le prime
spettanti allo Stato, le seconde alle Regioni. Posto dunque che in
tema di organizzazione dell'attività libero-professionale
intramuraria, materia di competenza regionale, lo Stato potrebbe
fissare principi e indirizzi solo con atti di indirizzo e
coordinamento, forniti dei requisiti formali e sostanziali per essi
richiesti, l'art. 4 del decreto legge, omettendo di richiedere, per
l'emanazione delle linee guida, una delibera del Consiglio dei
Ministri, si porrebbe in contrasto con i principi affermati da questa
Corte. Né - aggiunge la ricorrente - la necessità di tale
deliberazione potrebbe ritenersi esclusa alla luce dell'art. 8 della
legge n. 59 del 1997, il cui comma 5 ha abrogato l'art. 2, comma 3,
lettera d) della legge n. 400 del 1988, che prevedeva appunto la
sottoposizione al Consiglio dei Ministri degli atti di indirizzo e
coordinamento: infatti tale abrogazione sarebbe stata dovuta solo
all'intento di ridisciplinare completamente la materia; mentre il
comma 1 dello stesso art. 8, richiedendo la previa intesa con la
conferenza Stato-Regioni o con la singola Regione interessata, non
escluderebbe la competenza deliberativa del Consiglio dei ministri, e
i commi 2 e 3, prevedendo che il Consiglio dei Ministri possa
deliberare in situazioni particolari come il mancato raggiungimento
dell'intesa e l'urgenza di provvedere, non comporterebbero
l'esclusione della competenza collegiale nelle situazioni normali.
D'altra parte la tesi secondo cui la legge n. 59 del 1997 avrebbe
soppresso la necessità della delibera consiliare sarebbe, secondo la
ricorrente, in contraddizione con la giurisprudenza costituzionale
che afferma l'esclusiva spettanza al Governo nella sua collegialità
della funzione di indirizzo e coordinamento. L'art. 4, comma 1, del
decreto legge impugnato sarebbe inoltre illegittimo anche perché
prevede che il Ministro si limiti a "sentire" la conferenza
Stato-Regioni, laddove l'art. 8 della legge n. 59 del 1997 richiede
per l'adozione degli atti di indirizzo la previa intesa con la
conferenza medesima. Ad una diversa censura di illegittimità
costituzionale si esporrebbe, ad avviso della ricorrente, anche
l'art. 1 del d.-l. n. 175 del 1997, laddove prevede che nelle materie
ivi contemplate il Ministro provveda senza alcun raccordo con le
Regioni. Infatti l'imbricazione fra settori come "le caratteristiche
dell'attività libero-professionale intramuraria" e l'organizzazione
della medesima attività avrebbe richiesto che anche per le
competenze di cui all'art. 1 il Ministro individuasse una qualche
forma di concertazione con le Regioni.
5. - Si è costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri,
chiedendo il rigetto del ricorso. Sostiene l'Avvocatura che la
disciplina dell'attività libero-professionale, sia intramuraria sia,
a maggior ragione, extramuraria, del personale sanitario è materia
non appartenente alle Regioni ma allo Stato, competente in tema di
professioni sanitarie, come confermerebbero il d.lgs n. 266 del 1993
sul riordino del Ministero della sanità e il relativo regolamento n.
196 del 1994. Non si tratterebbe qui del reperimento degli spazi per
l'esercizio dell'attività intramuraria, né di consentire tali
attività libero-professionali, che trovano il loro fondamento
nell'art. 1, comma 8, della legge n. 662 del 1996, ma di definirne le
caratteristiche, di individuare le categorie cui si applica, di
disciplinare l'opzione e le modalità del controllo, aspetti che
sarebbero estranei alle competenze regionali. Né, secondo
l'Avvocatura, si potrebbe sostenere che si tratti di personale
regionale, poiché ciò che viene regolato non sarebbe l'attività
dei sanitari in quanto dipendenti, ma la loro attività
professionale, estranea al rapporto di impiego. Rispetto a siffatta
attività, che sfuggirebbe alla competenza delle Regioni, non sarebbe
configurabile alcuna potestà statale di indirizzo e coordinamento, e
per questo il decreto legge impugnato avrebbe adottato la diversa
terminologia di "linee guida". La difesa del Presidente del
Consiglio osserva poi, per l'eventualità che, limitatamente agli
aspetti organizzativi dell'attività, si ritenesse che le linee guida
possano contenere indirizzi vincolanti per le Regioni, che l'art. 8
della legge n. 59 del 1997 prevede la competenza del Consiglio dei
ministri a deliberare gli atti di indirizzo solo ove non sia stata
raggiunta l'intesa ovvero si proceda in via d'urgenza senza
previamente investire la conferenza Stato-Regioni. Onde la norma
censurata non potrebbe dirsi illegittima, perché ben potrebbe essere
interpretata in senso conforme alla nuova disciplina, e cioè nel
senso che basti il decreto ministeriale quando sia raggiunta
l'intesa, occorrendo la deliberazione consiliare solo ove sia emerso
un parere difforme in sede di conferenza.
6. - A seguito della conversione in legge, senza modificazioni, del
decreto legge n. 175 del 1997, avvenuta con legge 7 agosto 1997, n.
272, la Regione Puglia ha sollevato nuovamente le medesime questioni
nei confronti di quest'ultimo atto, con ricorso depositato il 19
settembre 1997 (Reg. ric. n. 59 del 1997), di tenore identico al
precedente.
7. - Anche nel nuovo giudizio si è costituito il Presidente del
Consiglio dei Ministri, svolgendo identiche difese.
8. - Con ricorso depositato il 18 settembre 1997 (Reg. ric. n. 57
del 1997) la Provincia autonoma di Trento ha sollevato questione di
legittimità costituzionale degli articoli 1 e 4, comma 1, del d.-l.
n. 175 del 1997, convertito dalla legge n. 272 del 1997, nonché
dell'art. 2 del medesimo decreto in quanto dispone l'applicazione
nella Provincia stessa dei commi 5, 8, 10, 11, 12, 13, 14, 16
(secondo periodo), 28, 29 e 33 dell'art. 1 della legge 23 dicembre
1996, n. 662, per violazione degli articoli 9, n. 10, 8, n. 1, e 16
dello statuto speciale del Trentino-Alto Adige e delle relative norme
di attuazione, in particolare di quelle di cui al d.P.R. n. 474 del
1975, come modificato dal d.lgs. n. 267 del 1992, e al d.lgs. n. 266
del 1992. La ricorrente ricorda che, secondo il testo originario del
comma 143 dell'art. 1 della legge n. 662 del 1996, in conseguenza
dell'assenza di concorso statale nel finanziamento del servizio
sanitario in Trentino-Alto Adige, non si applicavano nelle Province
autonome le disposizioni di cui ai commi da 1 a 44 dello stesso
articolo. Ora invece l'art. 2 del d.-l. n. 175 del 1997 ha
modificato detto comma 143, riducendo il novero delle disposizioni
dichiarate inapplicabili alla Provincia, e in particolare rendendo
invece applicabili i commi 5, 8, 10, 11, 12, 13, 14, 16 (secondo
periodo), 28, 29 e 33, che riguarderebbero, secondo la ricorrente,
materie di competenza provinciale. La Provincia afferma di non
voler sostenere che la non applicazione di tutte le disposizioni
indicate nel testo originario del comma 143 rispondesse ad una rigida
necessità di ordine costituzionale, ma ritiene che la modifica
intervenuta ponga il problema della compatibilità della disciplina
resa applicabile e del suo modo di operare con le disposizioni
statutarie e di attuazione. In particolare, la nuova statuizione
lascerebbe supporre che le disposizioni rese operanti nella Provincia
siano destinate ad applicarsi immediatamente e in tutti i loro
dettagli nel territorio provinciale, in violazione delle garanzie
stabilite dalle norme di attuazione statutaria in tema di rapporto
fra leggi provinciali e leggi statali sopravvenute e di rapporto fra
indirizzi statali e attuazione locale. Ad avviso della ricorrente,
la disposizione impugnata sarebbe peraltro interpretabile in modo
costituzionalmente conforme, intendendola nel senso che le
disposizioni ora rese applicabili producano solo un obbligo di
adeguamento della legislazione provinciale nei limiti dei vincoli
statutari, e che i poteri di integrazione normativa e di indirizzo
attribuiti al Ministro della sanità, al di là del loro contenuto
non riconducibile ad una funzione di indirizzo, non estendano la loro
capacità di vincolo nei confronti della Provincia al di là di
quanto previsto dalle norme di attuazione per gli atti di indirizzo e
coordinamento. Ove però la si intendesse diversamente, la
disposizione impugnata sarebbe illegittima. La ricorrente analizza
le disposizioni rese ex novo applicabili alla Provincia, rilevando
che un primo gruppo di esse (commi 5, 8, 10, 11, 12, 13, 14, e 16,
secondo periodo) riguarda l'esercizio della libera professione
intramuraria e della relativa opzione - materie di competenza
provinciale -, mescolando aspetti di principio e di dettaglio,
nonché aspetti più marcatamente organizzativi. In particolare
osserva che il comma 14 conferisce al Ministro della sanità poteri
prettamente normativi (estesi dall'art. 1 del decreto impugnato),
privi di fondamento costituzionale; e che la disposizione del comma
16, secondo periodo, che fa obbligo alle Regioni di tenere conto
dell'organizzazione dell'attività intramuraria in sede di verifica
dei risultati ottenuti dai direttori generali delle aziende
sanitarie, fa riferimento da un lato all'art. 1, comma 6, del d.-l.
n. 512 del 1994, già dichiarato illegittimo in relazione alla
Provincia di Bolzano dalla sentenza n. 373 del 1995, per ragioni che
valgono anche in relazione alla Provincia di Trento, dall'altro lato
alla corresponsione di una quota integrativa del trattamento
economico dei direttori generali, che non può estendersi alle
Province autonome, dotate di propria specifica disciplina in materia.
Siffatto complesso di disposizioni, secondo la ricorrente, ridurrebbe
le Regioni al rango di amministrazioni disciplinate dalla legge
statale, mentre le garanzie statuite dalle norme di attuazione dello
statuto speciale tenderebbero proprio ad evitare una continua
sovrapposizione della normativa statale a quella locale. Quanto al
comma 28, che introduce il vincolo per i medici del servizio
sanitario al rispetto di percorsi diagnostici e terapeutici
determinati in sede ministeriale e tecnica, la ricorrente osserva
che, avendo tale vincolo una funzione puramente finanziaria, cioè il
fine di assicurare l'uso appropriato delle risorse, il presupposto
dell'autofinanziamento provinciale del servizio avrebbe dovuto
portare il legislatore statale a rispettare l'autonomia provinciale
nella decisione sulla opportunità di tale vincolo; e che inoltre
tali percorsi sono determinati in sede centrale senza alcuna
partecipazione locale, ciò che non si giustificherebbe nemmeno alla
luce del carattere tecnico (peraltro non esclusivamente tale) delle
decisioni. L'attribuzione poi, risultante dallo stesso comma 28, al
Ministro della sanità del potere di fissare, sia pure d'intesa con
la conferenza Stato-Regioni, gli indirizzi per l'uniforme
applicazione dei percorsi in ambito locale e le misure da adottare in
caso di mancato rispetto dei protocolli, sarebbe radicalmente
incostituzionale poiché contrasterebbe con l'esclusiva competenza
del Consiglio dei ministri ad adottare atti di indirizzo e
coordinamento: fermo restando che l'atto di indirizzo dovrebbe
seguire, in quanto rivolto alla Provincia, le regole sostanziali e
procedurali previste dall'art. 3 del d.lgs. n. 266 del 1992. Quanto
al comma 29, che prevede l'attivazione di un sistema informativo
sulla base degli indirizzi del livello centrale e regionale, la
ricorrente lamenta che ciò sia operato in termini di pura
acquisizione di conoscenze e non di partecipazione, e che sia in
pratica "saltato" il livello delle istituzioni responsabili del
servizio sanitario, poiché la normativa statale si sostituirebbe
direttamente a quella locale; pure invasiva sarebbe la disposizione
secondo cui il Ministero può, senza accordi con la Provincia,
attivare forme campionarie di rilevazione. In relazione al comma 33,
che affida ad un decreto del Ministro la fissazione dei termini e
delle sanzioni per eventuali inadempienze degli amministratori in
materia di contabilità delle aziende, con disposizione che verrebbe
a fornire ex post base legislativa al decreto ministeriale del 25
febbraio 1997, già impugnato dalla stessa Provincia con conflitto di
attribuzioni, la ricorrente ritiene che non possa essere attribuito
al Ministro il compito di fissare i termini entro i quali le Regioni
debbano emanare le proprie leggi e di disciplinare la materia con
atto di normazione secondaria. Inoltre la stessa disposizione
contrasterebbe con la normativa di attuazione dello statuto,
pretendendo di attribuire al Ministro il potere di fissare termini
per il legislatore provinciale, e di disciplinare direttamente una
materia che nemmeno il legislatore statale potrebbe regolare con
efficacia diretta nell'ambito
provinciale. La Provincia di Trento impugna altresì gli articoli 1
e 4, comma 1, del d.-l. n. 175 del 1997. Il primo, estendendo i
poteri ministeriali già previsti dal comma 14 dell'art. 1 della
legge n. 662 del 1997 in tema di disciplina dell'attività
libero-professionale dei sanitari del servizio sanitario nazionale,
il secondo, assegnando allo stesso Ministro il compito di emanare
linee guida dell'organizzazione dell'attività intramuraria,
riguarderebbero oggetti tutti rientranti pro quota nella disciplina
del personale, dell'organizzazione e dell'erogazione del servizio, di
competenza della Provincia. Varrebbero dunque le regole sui rapporti
di necessario adeguamento della legislazione provinciale a quella
statale, e l'impossibilità di affidare poteri di normazione
secondaria ad un Ministro. Che anche nell'art. 4, comma 1, si tratti
di un improprio conferimento di compiti normativi, sarebbe confermato
dal contenuto delle linee guida approvate con decreto del 31 luglio
1997.
9. - Si è costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri,
chiedendo il rigetto del ricorso. Secondo l'Avvocatura erariale, le
disposizioni denunciate ben potrebbero essere interpretate in modo
non contrastante con le competenze provinciali, in parte perché
regolerebbero materie estranee a tali competenze, in parte perché
dovrebbe ritenersi che esse presuppongono, nei confronti delle
Regioni speciali e delle Province autonome che hanno specifica
competenza in materia, che queste provvedano ad adeguarsi nel tempi e
nei modi previsti dagli statuti e dalle norme di attuazione. La
difesa del Presidente del Consiglio sostiene poi, con argomenti
analoghi a quelli svolti nel giudizio promosso dalla Regione Puglia,
che la disciplina della attività libero-professionale del personale
del servizio sanitario nazionale sarebbe di competenza esclusiva
dello Stato; per l'eventualità che si ritenesse che le linee guida
da emanare possano contenere indirizzi vincolanti per le Regioni,
osserva che la riserva al Consiglio dei ministri della competenza ad
adottare l'atto di indirizzo non sussisterebbe, ai sensi dell'art. 8
della legge n. 59 del 1997, nel caso in cui sia raggiunta l'intesa
con la conferenza Stato-Regioni.
10. - Con ricorso depositato il 19 settembre 1997 (Reg. ric. n. 58
del 1997), la Provincia autonoma di Bolzano ha a sua volta impugnato
gli articoli 1, 2 e 4 del d.-l. n. 175 del 1997, come convertito in
legge, lamentando la violazione degli artt. 8, n. 1, 9, n. 10, 16 e
107 dello statuto speciale e delle relative norme di attuazione, in
particolare del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, del d.P.R. 26 gennaio
1980, n. 197, del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, del d.lgs. 16 marzo
1992, n. 267. Premesso che sia l'attività libero-professionale dei
medici ospedalieri, sia la gestione delle unità sanitarie locali e
il servizio sanitario provinciale sono stati disciplinati con
normativa organica dalle leggi provinciali, e richiamata la
disciplina già recata dall'art. 1, comma 143, della legge n. 662
del 1996 nel testo originario, la Provincia di Bolzano osserva
anzitutto che, pur non essendo cambiata la premessa secondo cui il
servizio sanitario è interamente autofinanziato dalla Provincia
stessa, il decreto legge impugnato ha preteso di estendere anche ad
essa una serie di disposizioni dell'art. 1 della legge n. 662 del
1997. Con la nuova formulazione del citato comma 143, secondo la
ricorrente, si vorrebbe stabilire che non solo i principi desumibili
dalle disposizioni di cui ai commi da 5 a 43 del medesimo art. 1,
che, in quanto disposizioni di principio, possono, secondo la
giurisprudenza di questa Corte, configurarsi come norme fondamentali
di riforma economico-sociale della Repubblica, ma tutte le
disposizioni, di principio e non, di cui ai commi non espressamente
esclusi dal nuovo testo del comma 143, siano da considerare come
norme fondamentali di riforma, vincolanti anche nei confronti della
competenza esclusiva, oltre che di quella concorrente, della
Provincia autonoma. Ma in tal modo il legislatore statale avrebbe
compresso le competenze provinciali oltre i limiti costituzionalmente
stabiliti, in quanto le disposizioni rese applicabili difetterebbero
dei caratteri di incisiva innovatività, e di principio, propri delle
norme fondamentali di riforma. Inoltre la previsione (nei commi 14 e
33) dell'emanazione di decreti ministeriali in materie di competenza
provinciale lederebbe tale competenza. Con un secondo motivo di
ricorso la Provincia di Bolzano sostiene che anche l'art. 1 e i due
commi dell'art. 4 del d.-l. n. 175 del 1997 conterrebbero una
disciplina non di principio e priva dei caratteri propri delle norme
fondamentali di riforma, e dunque sarebbero incostituzionali perché
pretendono di applicarsi alla Provincia in contrasto con i limiti
statutari. Con il terzo motivo di ricorso la Provincia lamenta che
l'art. 1 del decreto impugnato attribuisce al Ministro della sanità
il potere di dettare una disciplina riguardante l'organizzazione del
personale sanitario, rientrante nell'ambito della competenza primaria
(personale addetto agli uffici provinciali) e secondaria (igiene e
sanità) della Provincia stessa. Infatti esso prevederebbe un atto di
natura sostanzialmente regolamentare in materia riservata alla
Provincia e già disciplinata da legge provinciale; e implicherebbe
un vincolo per lo stesso legislatore provinciale, in violazione del
particolare sistema di adeguamento della legislazione provinciale
previsto dalle norme di attuazione dello statuto, secondo cui tale
vincolo potrebbe derivare solo da atti legislativi, e nei limiti e
nei termini previsti dagli artt. 1 e 2 del d.lgs. n. 266 del 1992.
Se anche poi il decreto ministeriale previsto - prosegue la
ricorrente - potesse essere configurato come un atto di indirizzo e
coordinamento, risulterebbero violati sia i principi per cui gli atti
di indirizzo debbono essere adottati dal Consiglio dei ministri e
trovare un sufficiente fondamento sostanziale nella legge, sia le
speciali norme dell'art. 3 del d.lgs. n. 266 del 1992, secondo cui
gli atti di indirizzo potrebbero esplicare effetto nei confronti
delle Province autonome solo in ordine al conseguimento di obiettivi
o risultati, e dovrebbero essere adottati previa consultazione delle
Province stesse. Tali censure sono estese dalla ricorrente anche
all'art. 2 del decreto impugnato nella parte in cui pretende di
rendere applicabili alla Provincia i commi 14 e 33 dell'art. 1 della
legge n. 662 del 1996, che prevedono anch'essi l'emanazione di
decreti ministeriali rivolti a disciplinare materie di competenza
provinciale. Col quarto motivo di ricorso la Provincia censura
l'art. 4 del decreto impugnato, che sarebbe illegittimo per motivi
analoghi a quelli illustrati a proposito dell'art. 1. Infatti il
decreto ministeriale previsto interverrebbe in materia di competenza
provinciale, già regolata in gran parte dalla legge provinciale;
violerebbe, nella misura in cui potesse configurarsi come atto che
richiede un adeguamento della legislazione provinciale in vigore, le
regole degli artt. 1 e 2 del d.lgs. n. 266 del 1992; e non
risponderebbe ai requisiti dell'atto di indirizzo, se come tale
venisse configurato, in quanto non sarebbe sorretto da una disciplina
legislativa sostanziale, e violerebbe le norme di attuazione di cui
all'art. 3 del d.lgs. n. 266 del 1992 in ordine alla competenza del
Consiglio dei ministri, alla necessaria sottoposizione al parere
della Provincia, che non può essere sostituito da quello della
conferenza Stato-Regioni, e all'efficacia limitata alla fissazione di
obiettivi e risultati.
11. - Si è costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri,
concludendo per il rigetto del ricorso, con argomenti identici a
quelli esposti nella difesa nei confronti del ricorso della Provincia
autonoma di Trento.
12. - In prossimità dell'udienza del 29 settembre 1998 hanno
presentato memorie la Regione Puglia e le Province autonome di Trento
e di Bolzano, quest'ultima congiuntamente trattando il ricorso
avverso il d.-l. n. 175 del 1997 (Reg. ric. n. 58 del 1997) e quello
per conflitto di attribuzioni promosso nei confronti del d.m. 27
febbraio 1997, emanato ai sensi dell'art. 1, comma 33, della legge n.
662 del 1996 (R. confl. n. 34 del 1997). In particolare, la Regione
Puglia ribadisce che la competenza statale in materia di professioni
e attività sanitarie non comprende l'organizzazione della attività
libero- professionale intramuraria, di cui all'art. 4 del decreto
impugnato, che sarebbe di competenza regionale; e che la previsione,
in detto art. 4, di un decreto ministeriale, col solo parere della
conferenza Stato-Regioni, viola le condizioni richieste per
l'emanazione di atti di indirizzo e coordinamento, in quanto non si
prevede la competenza del Consiglio dei Ministri all'adozione, né
l'intesa con la conferenza Stato-Regioni, di cui all'art. 8 della
legge n. 59 del 1997. La disciplina di detto art. 8, secondo la
ricorrente, non potrebbe essere interpretata nel senso che escluda,
salve le ipotesi particolari di cui ai commi 2 e 3, la competenza del
Consiglio dei Ministri. Infine la Regione Puglia ribadisce la censura
nei confronti dell'art. 1 del decreto impugnato in quanto,
nell'attribuire al Ministro il potere di disciplinare materie
strettamente connesse a quella dell'organizzazione dell'attività
libero-professionale intramuraria, non prevede alcuna forma di
consultazione con le Regioni.
13. - Nella memoria della Provincia autonoma di Trento relativa al
ricorso contro il d.-l. n. 175 del 1997 si afferma che, mentre la
ricorrente non ha alcuna ostilità verso la possibile interpretazione
conforme a Costituzione delle disposizioni impugnate, non sarebbe
accettabile la tesi dell'Avvocatura erariale, secondo cui la
disciplina dell'attività libero-professionale extramuraria ed
intramuraria sarebbe di competenza statale, non trattandosi di
disciplina della professione bensì dell'attività dei dipendenti del
servizio sanitario. La Provincia non contesta il vincolo per essa
discendente dal principio che consente l'esercizio della libera
professione da parte dei dipendenti, ma afferma che l'implementazione
di tale principio deve seguire le regole circa i rapporti fra
legislazione statale e provinciale. Con riferimento poi al comma 33
dell'art. 1 della legge n 662 del 1996, la Provincia fa presente di
avere già dettato, con la legge provinciale n. 3 del 1998,
disposizioni per l'attuazione dell'art. 5, comma 4, del d.lgs. n.
502 del 1992 in tema di gestione economico-finanziaria e patrimoniale
delle aziende sanitarie. Con riferimento infine all'art. 4 del
decreto impugnato, si osserva che la competenza ministeriale ivi
configurata concerne profili essenzialmente organizzativi, di
spettanza provinciale per ammissione della stessa controparte; e,
quanto alla possibilità di intendere le norme ministeriali come meri
"indirizzi", si afferma che l'art. 8 della legge n. 59 del 1997 non
può intendersi nel senso di escludere la necessità della delibera
del Consiglio dei ministri per l'adozione degli atti di indirizzo; e
che in ogni caso l'art. 4 impugnato risulterebbe illegittimo in
quanto non soddisferebbe il principio di legalità sostanziale, e
tenderebbe a rendere gli indirizzi vincolanti per il legislatore
provinciale, in assenza dei presupposti perché ciò possa
verificarsi, vale a dire l'operatività di altri limiti
costituzionali alla potestà legislativa provinciale. Infine, da un
punto di vista procedurale, risulterebbe violato l'art. 8 della legge
n. 59 del 1997 là dove richiede per gli atti di indirizzo l'intesa
con la conferenza Stato-Regioni e non la semplice consultazione della
medesima.
14. - Nella memoria della Provincia autonoma di Bolzano si afferma
che l'interpretazione in bonam partem data dalla difesa del
Presidente del Consiglio alle disposizioni impugnate è difficilmente
conciliabile con il loro tenore testuale, e si ricorda che il
legislatore statale ha omesso una espressa clausola di salvezza delle
autonomie speciali, e ha introdotto la nuova disposizione, che rende
fra l'altro applicabile il comma 33 dell'art. 1 della legge n. 662
del 1996, quando era già stato emanato, ed era già stato impugnato
dalla ricorrente con conflitto di attribuzioni, il decreto
ministeriale fondato su detto comma 33, che ha preteso di dettare
prescrizioni direttamente vincolanti per le Province autonome e per
lo stesso legislatore provinciale. Si nega poi che la disciplina
delle attività professionali intramurarie abbia ad oggetto la
professione medica, di competenza statale, riguardando essa invece
l'attività di dipendenti provinciali e aspetti organizzativi delle
strutture del servizio sanitario provinciale; e si ricorda che la
Provincia, ai sensi dell'art. 2 del d.P.R. n. 474 del 1975, come
modificato dal d.lgs. n. 267 del 1992, ha potestà legislativa e
amministrativa anche su ogni aspetto dello stato giuridico ed
economico del personale del servizio sanitario provinciale. Le
disposizioni oggi impugnate avrebbero altresì natura di norme di
dettaglio, o addirittura demanderebbero una successiva disciplina di
minuto dettaglio ad atti ministeriali di normazione secondaria. In
particolare la Provincia ricorda che la sentenza n. 373 del 1995 di
questa Corte dichiarò l'illegittimità costituzionale, nei confronti
della stessa Provincia, dell'art. 1, comma 6, del d.-l. n. 512 del
1994, in quanto norma di dettaglio incidente sulla gestione delle
unità sanitarie locali, di competenza provinciale: cioè di quella
stessa disposizione che oggi l'art. 2 del decreto impugnato,
dichiarando applicabile alle Province autonome l'art. 1, comma 16,
secondo periodo, della legge n. 662 del 1996, vorrebbe di nuovo
imporre alla Provincia, con ciò violando lo stesso giudicato
costituzionale. Nella memoria si riafferma che sarebbero
incostituzionali le disposizioni impugnate che si intendessero come
attributive al Ministro della potestà di emanare atti di indirizzo e
coordinamento (artt. 1 e 4 del decreto, e disposizioni, come il comma
33 dell'art. 1 della legge n. 662, rese applicabili dall'art. 2 del
decreto stesso), in quanto, in primo luogo, la necessità di una
deliberazione del Consiglio dei Ministri sarebbe sancita dalle norme
di attuazione di cui all'art. 3 del d.lgs. n. 266 del 1992, e, in
secondo luogo, l'art. 8 della legge n. 59 del 1997 non avrebbe
abolito tale esclusiva competenza ma anzi l'avrebbe confermata.
Infine si ribadisce la censura all'art. 2 del decreto nella parte in
cui rende applicabile il comma 33 dell'art. 1 della legge n. 662 del
1996: trattandosi di materia di competenza provinciale, la legge
statale non potrebbe, con norma di dettaglio, disciplinare termini e
sanzioni per le inadempienze degli amministratori delle aziende
sanitarie, e tanto meno attribuire al Ministro il potere di
disciplinare tale oggetto; se poi l'atto ministeriale dovesse
intendersi come atto di indirizzo, risulterebbero violate ancora una
volta le regole che disciplinano, in generale e in particolare nei
confronti delle Province autonome, l'esercizio della potestà di
indirizzo e coordinamento. In ordine al conflitto di attribuzioni,
la Provincia rileva che la applicabilità del comma 33 dell'art. 1
della legge n. 662 del 1996 alle Province autonome, disposta
dall'art. 2 del d.-l. n. 175 del 1997 dopo l'emanazione del decreto
ministeriale impugnato, non vale a sanarne la originaria
illegittimità per mancanza di fondamento legislativo nei confronti
della ricorrente. Secondo la Provincia, anche se l'art. 2 del decreto
legge non fosse dichiarato costituzionalmente illegittimo, il
rispetto del principio di legalità sostanziale da parte del decreto
ministeriale dovrebbe essere verificato alla stregua della normativa
in vigore al momento della emanazione del decreto
medesimo.
15. - La cause sono state discusse all'udienza del 29 settembre
1998, in esito alla quale questa Corte ha pronunciato l'ordinanza
interlocutoria 24 febbraio-4 marzo 1999, con la quale - riuniti tutti
i giudizi in vista della connessione oggettiva fra di essi - ha
disposto che i ricorsi fossero trattati nuovamente in udienza, onde
rendere possibile alle parti di esprimere le proprie valutazioni
sull'incidenza di talune disposizioni legislative sopravvenute nelle
more della decisione della Corte, e precisamente della legge delega
23 dicembre 1998, n. 419, che demandava al Governo il compito di
dettare norme per la "razionalizzazione del Servizio sanitario
nazionale", nonché dell'art. 72 della legge 23 dicembre 1998, n.
448, contenente disciplina di taluni aspetti del rapporto d'impiego e
dell'attività libero-professionale, intramuraria ed extramuraria,
dei dirigenti del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale,
di incompatibilità e di relativi controlli, di organizzazione
dell'attività intramuraria.
16. - Fissata per la nuova discussione delle cause l'udienza del 22
giugno 1999, e successivamente - a seguito di istanza di rinvio
avanzata dalle parti in vista dell'opportunità di tenere conto
dell'imminente entrata in vigore del decreto legislativo delegato
emanato sulla base della delega di cui all'art. 1 della legge n. 419
del 1998 - l'udienza del 9 novembre 1999, in vista della medesima
hanno depositato memorie sia la Regione Puglia, sia le Province
autonome di Trento e di Bolzano; non ha depositato memoria
l'Avvocatura dello Stato. Nella memoria della Regione Puglia,
ricordato che, sulla base della delega di cui all'art. 1 della legge
n. 419 del 1998, è stato nel frattempo emanato, posteriormente
all'ordinanza interlocutoria di questa Corte, il decreto legislativo
19 giugno 1999, n. 229, contenente norme per la razionalizzazione del
Servizio sanitario nazionale, si esamina separatamente l'incidenza
dello jus superveniens in relazione all'art. 1 e all'art. 4 del
decreto-legge impugnato. Quanto all'art. 1, si osserva nella
memoria che la materia in esso contemplata - ad eccezione delle
attività di consulenza e dei consulti - è stata completamente
ridisciplinata dall'art. 72 della legge n. 448 del 1998 e dal d.lgs.
n. 229 del 1999: ma che l'assenza di una abrogazione espressa della
disposizione impugnata lascerebbe aperta la questione circa la
permanenza o meno in capo al Ministro del potere di disciplinare la
materia medesima. Sarebbe poi tuttora attuale, comunque, la parte
della disposizione relativa al potere ministeriale di dettare le
norme in tema di consulenze e di consulti, oggetto su cui lo jus
superveniens non avrebbe inciso. Quanto all'art. 4 del decreto
impugnato, la Regione osserva che l'art. 72, comma 11, della legge n.
448 del 1998 ha disposto esplicitamente che le linee guida dettate
dal Ministro con il d.m. del 31 luglio 1997 "si applicano" fino
all'emanazione dell'apposito atto di indirizzo previsto dallo stesso
comma in relazione alle misure che i direttori delle aziende debbono
adottare per consentire l'esercizio della professione intramuraria e
per garantire la riduzione delle liste d'attesa; che tale atto di
indirizzo non è stato ancora emanato, nonostante sia da tempo
decorso il termine di novanta giorni previsto dalla stessa norma; e
che l'art. 13 del d.lgs. n. 229 del 1999, nel disciplinare (nel nuovo
art. 15-quinquies inserito nel testo del d.lgs. n. 502 del 1992) le
caratteristiche del rapporto di lavoro esclusivo dei dirigenti
sanitari, fa salvo espressamente il disposto del citato art. 72.
Pertanto, secondo la Regione, lo jus superveniens non avrebbe inciso
sul potere ministeriale attribuito dalla disposizione impugnata né
sul decreto emanato dal Ministro. Peraltro il rinvio dell'art. 72 ad
un futuro atto di indirizzo confermerebbe che la materia è di
spettanza regionale. Il disposto in questione non sarebbe poi
univoco, perché non sarebbe chiaro se l'atto di indirizzo ivi
previsto riguardi solo i criteri per il reperimento di spazi
sostitutivi e l'utilizzazione di studi professionali privati, e per
l'attivazione di misure atte a garantire la riduzione delle liste
d'attesa, a cui testualmente la legge si riferisce, ovvero l'intera
materia della organizzazione dell'attività professionale intra
moenia: pur se, secondo la Regione, sia da ritenere ragionevole
questa seconda, estensiva interpretazione. La ricorrente osserva poi
che l'interesse ad un coinvolgimento delle Regioni nella disciplina
della attività libero-professionale dei dirigenti del Servizio
sanitario è confermato dalla impugnazione promossa dalla stessa
ricorrente, con ricorso tuttora pendente davanti a questa Corte, nei
confronti del d.lgs. n. 229 del 1999, e in particolare del suo art.
13. In definitiva, la Regione Puglia insiste nella richiesta di
dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'art. 4 del decreto
impugnato, specificamente "nella parte in cui prevede che materie di
competenza regionale siano disciplinate da un atto ministeriale,
anziché da un atto di indirizzo e coordinamento"; e dell'art. 1
"nella parte in cui la disciplina dettata dai decreti ministeriali di
attuazione non sia stata abrogata o modificata o comunque superata
(...) dalla disciplina sopravvenuta".
17. - La Provincia autonoma di Trento rileva che la disciplina
sopravvenuta si sovrappone solo in parte, superandola, a quella
dell'art. 1 della legge n. 662 del 1996, resa applicabile alla
Provincia stessa dall'art. 2 del decreto legge impugnato, nonché a
quella contenuta nell'art. 1 dello stesso decreto, quanto alla
disciplina dell'opzione fra professione intramuraria ed extramuraria;
mentre altre disposizioni oggetto dell'impugnazione sarebbero ancora
attuali. In particolare, secondo la Provincia, persisterebbe materia
del contendere in relazione alle seguenti disposizioni dell'art. 1
della legge n. 662 del 1996: il comma 8 (in materia di attivazione
dell'attività intramuraria e di incentivi relativi ad essa); in
parte il comma 14 (che prevede una disciplina integrativa da dettare
con decreto ministeriale); il comma 16, secondo periodo (in base al
quale le Regioni tengono conto dell'organizzazione dell'attività
intramuraria in sede di verifica dei risultati ottenuti dal direttore
generale); inoltre il comma 5, ultimo periodo (sull'accertamento
delle incompatibilità) e il comma 12, primo periodo (sul trattamento
economico aggiuntivo per chi svolge attività intramuraria), che sono
espressamente richiamati, rispettivamente, dall'art. 72, comma 7,
della legge n. 448 del 1998 e dal nuovo art. 15-quater comma 5, del
d.lgs. n. 502 del 1992, introdotto dall'art. 13 del d.lgs. n. 229 del
1999. Per quanto riguarda gli artt. 1 e 4 del d.-l. n. 175 del 1997,
ad avviso della Provincia ricorrente, se la disciplina dell'opzione
fra professione intramuraria ed extramuraria sembra superata dal
nuovo art. 15-quater del d.lgs. n. 502 del 1992, per altri oggetti le
norme impugnate potrebbero ritenersi ancora attuali, pur dovendo
ormai essere riferite all'attività libero-professionale svolta
nell'ambito del rapporto di lavoro esclusivo previsto dal nuovo art.
15-quinquies del d.lgs. n. 502 del 1992, introdotto dall'art. 13 del
d.lgs. n. 229 del 1999. La Provincia osserva poi che le clausole di
salvaguardia dell'autonomia provinciale contenute nell'art. 72, comma
14, della legge n. 448 del 1998 (secondo cui le norme dello stesso
articolo non si applicano alle Province autonome di Trento e Bolzano,
e nei predetti enti i principi di cui all'articolo medesimo sono
attuati secondo quanto disposto dallo statuto e dalle relative norme
di attuazione), e nell'art. 2, comma 2, della legge di delega n. 419
del 1998 (secondo cui le Province autonome adeguano la propria
legislazione, in coerenza con il sistema di autofinanziamento del
settore sanitario e nei limiti dello statuto e delle relative norme
di attuazione, ai principi fondamentali dei decreti legislativi
attuativi della delega) potrebbero rilevare ai fini di interpretare
l'art. 2 del decreto impugnato nel senso che le norme dell'art. 1
della legge n. 662 del 1996 rese applicabili alle Province autonome
lo sono solo nel modo in cui la sopravvenienza di norme statali opera
secondo le norme di attuazione, cioè imponendo un obbligo di
adeguamento della legislazione provinciale nei limiti dello statuto.
In relazione al comma 11 dell'art. 72 della legge n. 448 del 1998
secondo cui le linee guida sull'organizzazione dell'attività
intramuraria emanate con il d.m. 31 luglio 1997 si applicano fino
all'emanazione di apposito atto di indirizzo - la Provincia
ricorrente osserva che di tale comma è espressamente esclusa
l'applicazione alle Province autonome (art. 72 citato, comma 14):
onde nemmeno le linee guida potrebbero applicarsi ad esse. In
subordine, si osserva nella memoria che, anche a voler intendere la
disposizione nel senso che le linee guida producono solo gli effetti
di un atto di indirizzo, egualmente l'art. 4 del d.-l. n. 175 del
1997 resterebbe illegittimo, perché non sarebbero rispettati, in
relazione alle linee guida, i requisiti costituzionali per
l'esercizio del potere di indirizzo e coordinamento. Infine, la
Provincia ritiene tuttora attuale il conflitto di attribuzioni
proposto contro il d.m. 25 febbraio 1997, in quanto nessun rilievo
avrebbe in proposito la normativa sopravvenuta, e non potrebbe
ritenersi legittimamente attribuita ex post, al decreto impugnato,
base legale ad opera della disposizione dell'art. 2 del d.-l. n. 175
del 1997, che ha reso applicabile alla Provincia il comma 33
dell'art. 1 della legge n. 662 del 1996, sul cui fondamento il
decreto ministeriale era stato emanato.
18. - Nella memoria della Provincia di Bolzano si sostiene che lo
jus superveniens non avrebbe determinato la cessazione della materia
del contendere, perché esso non avrebbe inciso sulla permanente
efficacia delle disposizioni impugnate e sui loro effetti nei
rapporti fra lo Stato e la Provincia autonoma. La Provincia osserva
che né l'art. 72 della legge n. 448 del 1998, né il d.lgs. n. 229
del 1999, hanno fatto venir meno l'efficacia delle disposizioni
contenute nell'art. 1 della legge n. 662 del 1996 - rese applicabili
alle Province autonome dall'art. 2 del d.-l. n. 175 del 1997 -
nonché negli artt. 1 e 4 del medesimo decreto legge n. 175:
disposizioni che sarebbero state per lo più confermate o anche
espressamente richiamate, e che integrerebbero quelle sopravvenute.
In particolare osserva che il comma 11 dell'art. 72 della legge n.
448 del 1998, stabilendo che le linee guida emanate dal Ministro
sulla base dell'art. 4 del decreto legge impugnato si applicano fino
all'emanazione di un atto di indirizzo e coordinamento (peraltro non
ancora emanato) non farebbe venir meno l'oggetto dell'impugnazione.
Secondo la ricorrente, poi, le già ricordate clausole di
salvaguardia dell'autonomia provinciale contenute nel comma 14 del
medesimo art. 72 e nell'art. 2, comma 2, della legge di delega n.
419 del 1998, non varrebbero a modificare le conclusioni, perché
esse si potrebbero riferire solo, rispettivamente, alle disposizioni
dell'art. 72 della legge n. 448 e a quelle del decreto legislativo n.
229, e non a quelle, anteriori, oggetto dell'impugnazione.
19. - All'udienza pubblica del 9 novembre 1999, nella quale le
parti ricorrenti hanno ribadito le rispettive argomentazioni,
l'Avvocatura dello Stato ha concluso chiedendo che sia dichiarata
cessata la materia del contendere, a seguito dello jus superveniens
in relazione all'art. 1 e all'art. 4 del d.-l. n. 175 del 1997,
nonché in relazione all'art. 2 dello stesso decreto, con
riferimento ai commi 5, 6, 8, 10, 11, 12, 13, 14, 16, secondo
periodo, 26, 28, 29 e 33 dell'art. 1 della legge n. 662 del 1996; e
che siano dichiarati infondati i ricorsi delle Province autonome di
Trento e di Bolzano relativamente all'art. 2 del d.-l. n. 175 del
1997 in riferimento ai commi 9, 15, 18, 31, 39, 40, 41, 42 e 43
dell'art. 1 della legge n. 662 del 1996. In subordine, ha chiesto che
siano dichiarati infondati i ricorsi proposti.
Considerato in diritto
1. - I giudizi - riuniti per connessione oggettiva con l'ordinanza
interlocutoria 24 febbraio-4 marzo 1999 - riguardano, da un lato,
l'impugnazione di alcune disposizioni del decreto legge 20 giugno
1997, n. 175 (Disposizioni urgenti in materia di attività
libero-professionale della dirigenza sanitaria del Servizio sanitario
nazionale), convertito senza modificazioni dalla legge 7 agosto 1997,
n. 272; dall'altro lato, i conflitti di attribuzione sollevati dalle
Province autonome di Trento e di Bolzano in riferimento al decreto
del Ministro della sanità 25 febbraio 1997, recante "Determinazione
di termini e sanzioni per eventuali inadempienze degli amministratori
delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere".
Conviene iniziare l'esame dalle questioni di legittimità
costituzionale del decreto legge, ancorché proposte in epoca
successiva ai conflitti di attribuzione, poiché la decisione di
questi ultimi si collega a quella della questione di legittimità
dell'art. 2 del d.-l. n. 175, a sua volta coinvolgente, come si
vedrà, la disposizione legislativa - l'art. 1, comma 33, della legge
n. 662 del 1996 - sulla cui base è stato emanato il decreto
ministeriale contestato con i ricorsi per conflitto.
Delle disposizioni contenute nel d.-l. n. 175 del 1997, la Regione
Puglia impugna gli artt. 1 e 4; le Province autonome di Trento e di
Bolzano, oltre a tali articoli, anche l'art. 2. Dalle questioni
relative a quest'ultima disposizione è opportuno prendere le mosse.
2. - L'art. 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (recante,
nell'unico coacervo dei suoi 267 commi, Misure in materia di sanità,
pubblico impiego, istruzione, finanza regionale e locale, previdenza
e assistenza), contiene, nei commi da 1 a 44, disposizioni in materia
di sanità. Il successivo comma 143, nel testo originario, dopo aver
stabilito che "la regione Valle d'Aosta e le province autonome di
Trento e di Bolzano provvedono al finanziamento del Servizio
sanitario nazionale nei rispettivi territori, ai sensi dell'articolo
34, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, senza alcun
apporto a carico del bilancio dello Stato" (secondo periodo),
proseguiva stabilendo che "di conseguenza non si applicano alla
regione Valle d'Aosta e alle province autonome di Trento e Bolzano le
disposizioni di cui ai commi da 1 a 44" (terzo e ultimo periodo).
L'art. 2 del d.-l. n. 175 del 1997 sostituisce l'ultimo periodo del
citato comma 143 dell'art. 1 della legge n. 662 del 1996 col seguente
testo: "Di conseguenza, a decorrere dal 1 gennaio 1997, non si
applicano alla regione Valle d'Aosta e alle province autonome di
Trento e Bolzano le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, 4, 16,
primo periodo, 17, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 27, 30, 32, 34, 35,
36, 37 e 38 dell'articolo 1". Con tale modifica si sono dunque ora
rese applicabili anche alle Province autonome le disposizioni
contenute in quei commi, compresi fra 1 e 44, non elencati fra quelli
la cui applicabilità è esclusa.
In particolare, fra le disposizioni rese applicabili, quelle dei
commi da 5 a 15 e del comma 16, secondo periodo, si riferiscono alla
disciplina della attività libero-professionale dei dirigenti del
servizio sanitario nazionale e alla organizzazione della cosiddetta
attività intramuraria, cioè dell'attività libero-professionale
svolta dai dirigenti nell'ambito e usufruendo delle strutture del
presidio pubblico nel quale essi prestano il servizio di istituto; il
comma 26 afferma il principio per cui le Regioni provvedono
all'accertamento delle situazioni di bisogno e all'organizzazione dei
servizi, assicurando l'equilibrio finanziario delle relative
gestioni, nell'ambito dei livelli uniformi di assistenza individuati
dal piano sanitario nazionale; il comma 28 prevede l'individuazione
di "percorsi diagnostici e terapeutici" e l'adozione di indirizzi per
la loro uniforme applicazione, ad opera del Ministro della sanità;
il comma 29 l'attivazione di sistemi informativi per la rilevazione
di dati; i commi 31, 39, 40, 41, 42 e 44 dettano norme in materia di
farmaci; il comma 33 demanda al Ministro della sanità di fissare
termini e sanzioni per eventuali inadempienze degli amministratori in
tema di gestione contabile delle aziende sanitarie; il comma 43
riguarda l'uso gratuito di locali e servizi da parte degli organismi
di volontariato e di tutela dei diritti, ammessi ad operare
all'interno delle strutture sanitarie pubbliche.
La Provincia autonoma di Bolzano censura genericamente e nel suo
complesso l'art. 2 del d.-l. n. 175 del 1997, lamentando che esso,
col rendere applicabili alle Province autonome le citate
disposizioni, considererebbe queste ultime tutte come norme
fondamentali di riforma, vincolanti nei confronti della competenza,
non solo concorrente, ma anche esclusiva della Provincia, benché
esse siano prive dei caratteri sostanziali a ciò necessari. Lamenta
poi in particolare l'attribuzione di poteri normativi al Ministro
della sanità in tema di funzionamento e di gestione delle unità
sanitarie locali, ad opera dei commi 14 e 33.
La Provincia di Trento non esclude la possibilità di una
interpretazione conforme a Costituzione della disposizione impugnata,
secondo la quale l'applicazione delle norme richiamate della legge n.
662 del 1996 alle Province autonome sarebbe da intendere nel senso
che ad esse le Province debbano adeguare la propria legislazione nei
soli limiti in cui ciò sia imposto dallo statuto, in conformità
all'art. 2 delle norme di attuazione di cui al d.lgs. n. 266 del
1992, che disciplina la sopravvenienza di norme legislative statali
in materie di competenza delle Province autonome, già regolate da
leggi provinciali: ma, per il caso in cui si adotti una diversa
interpretazione, censura come illegittimo l'art. 2 del decreto legge
n. 175 nella parte in cui dispone l'applicazione nei confronti della
stessa Provincia di alcune specifiche disposizioni, e precisamente
dei commi 5, 8, 10, 11, 12, 13, 14, 16, secondo periodo (in tema di
attività libero-professionale dei dirigenti del servizio sanitario),
28 (sui percorsi diagnostici e terapeutici), 29 (sui sistemi
informativi), 33 (sulle sanzioni per le inadempienze degli
amministratori). La stessa Provincia poi lamenta, in particolare, che
i commi 14, 28 e 33 attribuiscano al Ministro della sanità poteri
normativi in materie spettanti alla competenza provinciale.
3. - Sotto i profili più generali sollevati dalla Provincia di
Bolzano, e in via eventuale (subordinatamente cioè alla
interpretazione che si adotti della disposizione impugnata) dalla
Provincia di Trento, la questione è infondata, in quanto l'art. 2
del d.-l. n. 175 del 1997 non ha il significato e la portata
ipotizzati dalle ricorrenti.
La sopravvenuta applicabilità anche alle Province autonome di
Trento e Bolzano e alla Regione Valle d'Aosta (oltre che alle Regioni
cui già si applicavano) - in forza della disposizione impugnata - di
una serie di previsioni normative contenute nell'art. 1 della legge
n. 662 del 1996 non può avere portata diversa da quella che avrebbe
avuto l'applicabilità originaria delle medesime, ove non vi fosse
stata la clausola di esclusione recata dal testo precedente dell'art.
1, comma 143, della medesima legge n. 662.
Tale portata si sostanzia in un caso ordinario di sopravvenienza di
legislazione statale che, quando investa materie di competenza delle
Province autonome, opera nei confronti loro e della loro preesistente
legislazione nei modi e con gli effetti prescritti dalle apposite
norme di attuazione statutaria di cui all'art. 2 del d.lgs. n. 266
del 1992: vale a dire non già sostituendo la legislazione
provinciale, che rimane invece applicabile, bensì ponendo in essere
l'obbligo, per le Province autonome, di adeguare la propria
legislazione, entro il termine previsto, ai nuovi vincoli
discendenti, in base alle previsioni dello statuto, e a seconda del
tipo di competenza legislativa provinciale coinvolta, dai principi
fondamentali o dalle norme fondamentali di riforma economico-sociale
desumibili dalle disposizioni della legge statale, in relazione al
contenuto concreto di queste ultime. Solo nel caso di mancato
adeguamento entro il termine la legislazione provinciale non adeguata
è suscettibile di essere caducata per sopravvenuta illegittimità
costituzionale, su ricorso diretto del Governo ovvero a seguito di
incidente di costituzionalità: aprendosi così la strada, se del
caso, ad una applicabilità diretta della normativa statale nel vuoto
creato dalla eliminazione di quella provinciale.
È escluso, dunque, sia che la sopravvenuta applicabilità alle
Province delle disposizioni in questione operi in modo diverso e più
immediato nei confronti della preesistente legislazione provinciale
nelle materie, sia che essa comporti vincoli di contenuto, nei
confronti delle Province autonome, diversi e maggiori rispetto a
quelli desumibili dallo statuto speciale, o l'attribuzione alle
disposizioni stesse di caratteri vincolanti diversi e maggiori
rispetto a quelli ad esse propri in relazione al rispettivo
contenuto.
4. - Per quanto riguarda le specifiche censure mosse alle singole
disposizioni dell'art. 1 della legge n. 662 del 1996, rese
applicabili alle Province autonome, meritano di essere partitamente
esaminate solo quelle che riguardano l'attribuzione ad organi dello
Stato di poteri normativi o di indirizzo, che le ricorrenti giudicano
incompatibili con la competenza provinciale nella rispettiva materia,
e cioè le previsioni dei commi 14, 28, 29 e 33. Le altre
disposizioni, infatti, sono denunciate solo in quanto vincolerebbero
le Province anche nel dettaglio o sotto il profilo organizzativo: ma
siffatte censure non hanno ragion d'essere, una volta chiarito come
debbano intendersi in armonia con lo statuto speciale e con le norme
di attuazione il significato, la portata e i limiti della loro
sopravvenuta applicabilità.
Il comma 14 attribuisce al Ministro della sanità il potere di
stabilire "i termini per l'attuazione dei commi 8, 11 e 12" dello
stesso art. 1, nonché "le modalità per il controllo del rispetto
delle disposizioni sulla incompatibilità" e "la disciplina dei
consulti e delle consulenze". La materia coinvolta è sempre la
disciplina dell'attività libero-professionale, intramuraria ed
extramuraria, dei dirigenti sanitari, ed è la stessa materia cui si
riferisce l'art. 1 del d.-l. n. 175 del 1997, pure impugnato, il
quale ridefinisce ed amplia l'oggetto del decreto ministeriale
previsto nello stesso comma 14. Conviene dunque rimandarne l'esame a
quanto si dirà a proposito di detto art. 1 del d. l. n. 175, dovendo
le medesime conclusioni estendersi alla censura qui presa in
considerazione.
Restano i commi 28, 29 e 33.
5. - Sono infondate le questioni con riguardo ai commi 28 e 29.
Il comma 28 prevede la individuazione, ad opera del Ministro della
sanità, che si avvale a tal fine dell'Istituto superiore di sanità
e sente la Federazione nazionale dell'ordine dei medici, le società
scientifiche interessate, nonché il consiglio superiore di sanità,
di "percorsi diagnostici e terapeutici" cui i medici abilitati alle
funzioni prescrittive "conformano le proprie autonome decisioni
tecniche": e ciò allo scopo di assicurare l'uso appropriato delle
risorse e di garantire l'equilibrio delle gestioni. A sua volta il
Ministro, d'intesa con la conferenza Stato-Regioni, stabilisce "gli
indirizzi per l'uniforme applicazione dei percorsi stessi in ambito
locale e le misure da adottare in caso di mancato rispetto dei
protocolli medesimi, ivi comprese le sanzioni a carico del sanitario
che si discosti dal percorso diagnostico senza giustificati motivi".
Non si tratta dunque di un potere normativo o di indirizzo
amministrativo, ma solo di un compito di indirizzo tecnico (come
conferma in particolare la previsione secondo cui il Ministro si
avvale in varia guisa di organismi tecnici o professionali) non
soggetto, secondo la giurisprudenza di questa Corte, alle stesse
condizioni e agli stessi limiti del potere governativo di indirizzo e
coordinamento (cfr. sentenze n. 924 del 1988, n. 139 del 1990 e n.
356 del 1994). Esso trova fondamento, nell'ambito dell'unità del
Servizio sanitario nazionale, nell'esigenza di rendere confrontabili
e valutabili le prestazioni rese, e di coinvolgere gli operatori del
Servizio nel dovere di cooperare, come si esprime lo stesso comma 28,
al "rispetto degli obiettivi di spesa": esigenza, quest'ultima, che
vale sia quando la spesa faccia carico in tutto o in parte al
bilancio statale, sia quando essa, come nel caso del Trentino-Alto
Adige, sia interamente finanziata dal bilancio delle Province
autonome, alle quali quindi spetta anche, di massima, la
determinazione ultima degli obiettivi di spesa.
È ovvio poi che le modalità con le quali siffatte determinazioni
tecniche si traducono nei vari aspetti della pratica dei servizi
dipenderanno dalla disciplina dei rapporti di lavoro o convenzionali
che legano gli operatori all'amministrazione, disciplina rimessa alle
fonti, legislative o contrattuali, volta a volta competenti. Non si
dà quindi l'eventualità di una lesione della sfera di competenza
provinciale, come conferma anche la previsione di un'intesa del
Ministro con la conferenza Stato-Regioni ai fini della statuizione
degli indirizzi applicativi dei percorsi diagnostici e terapeutici.
6. - Il comma 29 si limita a prevedere un'attività di rilevazione
di dati e di attivazione di sistemi informativi, che non implica se
non indirizzi tecnici, come tali ammissibili a scopo di coordinamento
(cfr. sentenze n. 924 del 1988, n. 242 del 1989 e n. 356 del 1994), e
l'ottemperanza da parte anche degli enti e delle strutture decentrate
al generale dovere di cooperazione. Anche le eventuali "forme
campionarie di rilevazione" attivabili dal Ministero della sanità
non sono suscettibili di ledere l'autonomia provinciale e locale,
essendo previsti appositi "accordi di cooperazione con aziende
sanitarie e regioni".
7. - È invece fondata la questione con riguardo al comma 33.
Tale disposizione attribuisce al Ministro della sanità il potere
di fissare, con proprio decreto, "i termini e le sanzioni per
eventuali inadempienze degli amministratori" delle aziende sanitarie,
"per la completa attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 5,
commi 4 e 5, del decreto legislativo del 30 dicembre 1992, n. 502":
vale a dire delle norme regionali per la gestione
economico-finanziaria e patrimoniale delle aziende, e dello schema
uniforme per i bilanci e i consuntivi delle medesime.
Stabilire "termini e sanzioni" per le inadempienze degli
amministratori ai doveri inerenti alla gestione contabile delle
aziende rientra certamente nell'ambito della competenza delle Regioni
e delle Province autonome, cui le aziende fanno capo, e a cui spetta
nominare detti amministratori e indirizzarne e vigilarne l'attività
(cfr., fra l'altro, artt. 2, 3, 3-bis e 5 dello stesso d.lgs. n. 502
del 1992, come da ultimo modificato dal d.lgs. n. 229 del 1999).
Pertanto eventuali poteri centrali di normazione di principio
potrebbero essere esercitati solo con atto legislativo; eventuali
poteri governativi di indirizzo dovrebbero a loro volta rispettare i
presupposti procedurali e sostanziali a tal fine richiesti, che nella
specie difettano del tutto, sia sotto il profilo della competenza,
attribuita al solo Ministro, e del procedimento, sottratto alle
condizioni generali imposte, per il Trentino-Alto Adige, dall'art. 3
del d.lgs. n. 266 del 1992; sia sotto il profilo del fondamento
legislativo sostanziale, difettando nella disposizione in esame la
statuizione di criteri per l'esercizio del potere governativo.
8. - Alla dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art.
2 del d.-l. n. 175 del 1997, nella parte in cui rende applicabile
alle Province autonome di Trento e di Bolzano l'art. 1, comma 33,
della legge n. 662 del 1996, consegue la necessità di accogliere i
ricorsi per conflitto di attribuzioni che le due Province hanno
promosso nei confronti del d.m. 25 febbraio 1997, emanato in forza e
sulla base di detto comma 33.
Anche indipendentemente dalla circostanza che il decreto in
questione venne emanato allorché il comma 33 non era (ancora) stato
reso applicabile alle due Province autonome, secondo la previsione
originaria del comma 143 dello stesso art. 1 della legge n. 662 del
1996, viene meno infatti, con la predetta dichiarazione di
illegittimità costituzionale, ogni possibile fondamento legislativo,
anche ricavabile a posteriori del potere ministeriale in questione,
in quanto esercitabile nei confronti delle due Province.
9. - L'art. 1 del d.-l. n. 175 del 1997, come si è accennato,
ridetermina in senso ampliativo l'oggetto del decreto del Ministro
della sanità, previsto dall'art. 1, comma 14, della legge n. 662 del
1996. Con tale decreto - si stabilisce - "sono individuate, in
attuazione dei commi 8, 11 e 12 dello stesso articolo 1, le
caratteristiche dell'attività libero-professionale intramuraria del
personale medico e delle altre professionalità della dirigenza
sanitaria del Servizio sanitario nazionale, le categorie
professionali e gli enti o soggetti ai quali si applicano le
disposizioni sull'attività intramuraria; sono, altresì,
disciplinate l'opzione tra attività libero-professionale
intramuraria ed extramuraria, le modalità del controllo del rispetto
delle disposizioni sull'incompatibilità, le attività di consulenza
e consulto".
Le Province di Trento e di Bolzano censurano tale disposizione per
le stesse ragioni per le quali censurano l'art. 2, nella parte in cui
rende applicabile il comma 14 dell'art. 1 della legge n. 662,
trattandosi a loro avviso di materia di piena competenza provinciale,
e attribuendosi al Ministro un potere normativo non compatibile con
tale competenza.
La Regione Puglia, invece, non rivendica la materia oggetto del
previsto decreto ministeriale alla competenza regionale, ma si limita
a lamentare la mancata previsione di qualsiasi forma di
coinvolgimento della Regione, come sarebbe stato, ad avviso della
stessa Regione, necessario, attesa la "imbricazione" che
caratterizzerebbe l'oggetto di detto potere ministeriale rispetto
alla materia dell'organizzazione delle aziende sanitarie, essa sì
rientrante nelle attribuzioni regionali.
10. - Tutte le parti hanno dato atto dell'incidenza, nella materia
oggetto della disposizione in esame, della disciplina recata, prima,
dall'art. 72 della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (in particolare dai
commi da 4 a 12, nonché 14, 15 e 16) e, poi, dal decreto legislativo
19 giugno 1999, n. 229, contenente "Norme per la razionalizzazione
del Servizio sanitario nazionale, a norma dell'articolo 1 della legge
30 novembre 1998, n. 419" (in particolare dall'art. 13): pur non
consentendo poi del tutto quanto all'ampiezza e alla portata delle
innovazioni introdotte dai nuovi atti legislativi.
Ai fini della presente decisione, è sufficiente osservare che le
norme recate dall'art. 13 del d.lgs. n. 229, attraverso la
sostituzione dell'art. 15 e l'inserimento degli articoli da 15-bis a
15-undecies nel decreto legislativo n. 502 del 1992, realizzano una
nuova organica disciplina dell'intera materia già oggetto dell'art.
1 del decreto impugnato e del decreto ministeriale ivi previsto. La
stessa summa divisio fra regime dei sanitari che svolgono attività
c.d. extramuraria e regime dei sanitari che svolgono attività
intramuraria è superata dalla disciplina della "esclusività del
rapporto di lavoro dei dirigenti del ruolo sanitario", contenuta nel
nuovo art. 15-quater del d.lgs. n. 502 del 1992. In base ad essa,
tutti i dirigenti sanitari con i quali sia stato stipulato il
contratto di lavoro o un nuovo contratto di lavoro successivamente al
31 dicembre 1998, nonché i dirigenti titolari di contratti
precedenti, che avessero optato per l'attività intramuraria in base
alle precedenti norme, sono assoggettati, irreversibilmente, al
rapporto di lavoro esclusivo, il cui regime è definito dal nuovo
art. 15-quinquies, e nel cui ambito è previsto fra l'altro il
diritto all'esercizio di attività libero-professionale in forme e
tipologie definite (art. 15-quinquies, comma 2); allo stesso regime
vengono assoggettati, ancora una volta irreversibilmente, gli altri
dirigenti in servizio alla data accennata, già optanti per
l'attività extramuraria, che chiedano di passare al rapporto di
lavoro esclusivo; mentre il diverso regime del rapporto non
esclusivo, con possibilità di attività libero-professionale al di
fuori delle tipologie previste, ma anche senza i diritti e i vantaggi
del rapporto esclusivo, rimane, ad esaurimento, per i soli sanitari
in servizio che avessero optato in precedenza per l'attività
extramuraria e non chiedano il passaggio al rapporto esclusivo.
La individuazione sia delle "caratteristiche dell'attività
libero-professionale" già intramuraria, sia delle "categorie
professionali" e degli "enti o soggetti" ai quali si applicano le
relative disposizioni - demandata dall'art. 1 del d.-l. n. 175 del
1997 ad un decreto ministeriale - è dunque ormai regolata dalla
sopravvenuta disciplina legislativa. Quest'ultima ha altresì
soppresso, per il futuro, la "opzione tra attività
libero-professionale intramuraria ed extramuraria", e, disciplinando
le caratteristiche del rapporto di lavoro esclusivo, ha
sostanzialmente assorbito anche la disciplina delle "attività di
consulenza e consulto". Quanto infine alle "modalità del controllo
del rispetto delle disposizioni sull'incompatibilità", la relativa
disciplina è ormai contenuta nell'art. 72, commi 7 e 8, della legge
n. 448 del 1998, e in parte demandata al regolamento previsto dal
medesimo art. 72, comma 9.
Poiché, come risulta dalle dichiarazioni delle parti, la
controversia resta attuale solo con riguardo ai contenuti normativi
delle disposizioni impugnate, che non siano superati dalla disciplina
sopravvenuta, ciò che si è or ora osservato conduce, come si è
detto, a constatare la cessazione della materia del contendere
relativamente all'art. 1 del decreto legge impugnato, nonché, per
le stesse ragioni, relativamente all'art. 2 del decreto medesimo,
nella parte in cui rende applicabile alle Province autonome di Trento
e di Bolzano l'art. 1, comma 14, della legge n. 662 del 1996.
11. - L'art. 4 del d.-l. n. 175 del 1997, ancorché impugnato nella
sua totalità dalla Regione Puglia e dalla Provincia autonoma di
Bolzano (mentre la Provincia di Trento limita l'impugnazione al solo
comma 1), è oggetto di specifica censura nella parte in cui demanda
al Ministro della sanità, sentita la conferenza Stato-Regioni, di
emanare "le linee guida dell'organizzazione dell'attività
libero-professionale intramuraria". Non vengono invece sviluppate
specifiche censure relativamente al comma 2, ai cui sensi le Regioni
e le Province autonome, "entro il 15 settembre 1997, comunicano al
Ministero della sanità i dati necessari per la relazione di
quest'ultimo al Parlamento sullo stato di attuazione dell'attività
libero-professionale intramuraria e sulle misure dirette ad
incentivare il ricorso alle prestazioni rese in regime di libera
professione": onde, con riguardo a tale ultimo comma, le questioni di
legittimità costituzionale devono essere dichiarate inammissibili.
La disposizione del comma 1 è denunciata in quanto attribuirebbe
al Ministro un potere sostanzialmente normativo, vincolante nei
confronti delle Regioni e delle Province autonome, in materia che,
riguardando l'organizzazione delle aziende sanitarie, rientrerebbe a
pieno titolo nella competenza regionale o provinciale: e ciò senza
rispettare i requisiti propri degli atti di indirizzo e
coordinamento, in particolare la competenza collegiale del Governo ai
fini della loro adozione.
12. - La questione è fondata.
Non può accogliersi, in proposito, la richiesta, formulata dalla
difesa erariale, di una dichiarazione di cessazione della materia del
contendere. Infatti la disciplina in esame non può dirsi assorbita o
superata da quella contenuta nella legislazione sopravvenuta
successivamente alla proposizione dei ricorsi, in particolare
nell'art. 72 della legge n. 448 del 1998 e nel d.lgs. n. 229 del
1999. Al contrario, l'art. 72, comma 11, ultimo periodo, della legge
n. 448, facendo seguito alla previsione della emanazione di un
apposito atto di indirizzo e coordinamento - non ancora emanato - in
tema di iniziative da assumere per reperire fuori dalle aziende
sanitarie, fino alla realizzazione di idonee strutture, spazi
sostitutivi per l'esercizio dell'attività libero-professionale
intramuraria, e di misure atte a garantire la riduzione delle liste
d'attesa per le attività istituzionali, dispone che "fino
all'emanazione dell'atto di indirizzo e coordinamento si applicano le
linee guida adottate dal Ministro della sanità, ai sensi
dell'articolo 1, comma 7, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, e
successive modificazioni, con decreto del 31 luglio 1997, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 181 del 5 agosto 1997": cioè appunto con
il decreto previsto dall'art. 4 del provvedimento qui impugnato, che
pertanto conserva, sia pure transitoriamente, efficacia. A sua volta
l'art. 15-quinquies, comma 10, del d.lgs. n. 502 del 1992, come
sostituito dall'art. 13 del d.lgs. n. 229 del 1999, stabilisce
espressamente che "resta fermo quanto disposto dall'articolo 72 della
legge 23 dicembre 1998, n. 448", ivi compreso quindi l'ultimo periodo
del comma 11: e dunque conferma ancora una volta la transitoria
efficacia del decreto ministeriale contenente le linee guida.
Ciò premesso, non può dubitarsi, in primo luogo, che la materia
oggetto dell'atto ministeriale riguardi la competenza delle Regioni e
delle Province autonome in ordine alla organizzazione del servizio
sanitario, e non già la disciplina, di competenza statale, delle
professioni sanitarie. La disciplina dell'attività
libero-professionale così detta intramuraria non concerne il modo in
cui si esplica la professione medica, ma l'utilizzo, ai fini di
prestazioni rese dai sanitari in regime di libera professione, delle
strutture sanitarie pubbliche, l'impiego a tal fine di personale e
risorse appartenenti alle aziende sanitarie, ed il relativo regime
amministrativo e finanziario. Oggetti, questi, facenti capo, da un
lato, allo stato giuridico dei dirigenti sanitari del servizio
sanitario nazionale, dall'altro lato, e specificamente per quanto qui
interessa, alla disciplina della organizzazione delle strutture
sanitarie pubbliche, spettante alla competenza delle Regioni e delle
Province autonome, ai sensi, in particolare, dell'art. 2, comma 2,
del d.lgs. n. 502 del 1992.
L'intervento dello Stato in questa ultima materia non può quindi
esplicarsi se non nelle forme e nei limiti propri delle materie
attribuite alle Regioni, cioè attraverso la legislazione di
principio o di riforma, o attraverso l'esercizio della funzione di
indirizzo e coordinamento: come del resto è ora espressamente
previsto dall'art. 72, comma 11, della legge n. 448 del 1998, che
appunto rinvia ad un atto di indirizzo e coordinamento da emanarsi ai
sensi dell'art. 8 della legge n. 59 del 1997 (vale a dire, fra
l'altro, e salvo il caso di urgenza, previa intesa con la conferenza
Stato-Regioni: cfr. art. 8 cit., commi 1, 2 e 3).
In particolare, in tanto possono configurarsi in capo ad organi
statali poteri di indirizzo, in quanto siano rispettate le condizioni
di ordine procedurale e sostanziale costantemente richieste secondo
la giurisprudenza di questa Corte: vale a dire, essenzialmente,
l'esercizio attraverso atti collegiali del Governo (cfr., da ultimo,
sentenza n. 408 del 1998), nel rispetto del principio di legalità
sostanziale.
Di tali condizioni, difetta nella specie quanto meno quella
relativa alla deliberazione del Consiglio dei ministri, oltre a
quelle relative alle particolari procedure richieste dalle norme di
attuazione statutaria per l'efficacia degli atti di indirizzo nei
confronti delle Province autonome di Trento e di Bolzano (art. 3 del
d.lgs. n. 266 del 1992).
Non vale, in contrario, sostenere che le "linee guida" in questione
non abbiano carattere vincolante per le Regioni e le Province
autonome, ma siano semplici suggerimenti a fini di coordinamento,
liberamente recepibili dagli enti autonomi: richiamandosi a tal fine
alle "linee guida" "in funzione dell'applicazione coordinata del
piano sanitario nazionale e della normativa di settore", di cui è
parola nell'art. 1, comma 7, del d.lgs. n. 502 del 1992, ove si fa
"salva l'autonoma determinazione regionale in ordine al loro
recepimento". In realtà le linee guida previste dall'art. 4 del
d.-l. n. 175 del 1997, ed emanate con il decreto ministeriale 31
luglio 1997 ("Linee guida dell'organizzazione dell'attività
libero-professionale intramuraria della dirigenza sanitaria del
Servizio sanitario nazionale"), sono cosa diversa dalle "linee guida"
previste dall'art. 1, comma 7, del d.lgs. n. 502, al quale, infatti,
non si fa alcun riferimento né nell'art. 4 del decreto legge
impugnato, né nelle premesse o nel testo del d.m. del 31 luglio 1997
(che, al contrario, richiama solo il medesimo art. 4 del d.-l. n.
175, come proprio fondamento normativo). Queste ultime - più
precisamente definite "linee guida comuni" nel nuovo testo dell'art.
1, comma 15, del d.lgs. n. 502 del 1992, come sostituito dall'art. 1
del d.lgs. n. 229 del 1999 - sono semplici orientamenti, volti ad
armonizzare l'attività regionale, che il Ministro si limita a
"promuovere", avvalendosi dell'Agenzia per i servizi sanitari
regionali, ma che sono destinati ad essere il frutto di una
elaborazione comune con le Regioni stesse (non a caso vengono
accomunate nella medesima previsione normativa a "forme di
collaborazione"), e non ne condizionano in alcun modo l'autonomia
amministrativa. Al contrario, le linee guida qui all'esame tendono ad
indirizzare in modo vincolante l'attività delle aziende sanitarie e
quindi delle amministrazioni regionali, tanto è vero che l'art. 72,
comma 11, della legge n. 448 del 1998, nel confermarne la transitoria
efficacia, le considera applicabili ("si applicano") in luogo e in
attesa dell'emanando atto di indirizzo e coordinamento, espressione
di un potere governativo vincolante, almeno quanto agli obiettivi o
ai risultati da raggiungere, nei confronti degli enti autonomi. Onde
il richiamo, nello stesso art. 72, comma 11, all'art. 1, comma 7, del
d.lgs. n. 502 del 1992 non rispecchia la vera natura delle linee
guida in questione e non è idoneo a modificarne la portata giuridica
o a sostituirne ex post il fondamento normativo.
L'art. 4, comma 1, del d.-l. n. 175 del 1997 va dunque dichiarato
costituzionalmente illegittimo in quanto configura un potere
ministeriale, che si pretende vincolante nei confronti delle Regioni
e delle Province autonome, pur in difetto dei requisiti di un
legittimo atto di indirizzo e coordinamento.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
a) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 2 del
decreto legge 20 giugno 1997, n. 175 (Disposizioni urgenti in materia
di attività libero-professionale della dirigenza sanitaria del
Servizio sanitario nazionale), convertito in legge, senza
modificazioni, dalla legge 7 agosto 1997, n. 272, nella parte in cui
rende applicabile alle Province autonome di Trento e di Bolzano
l'art. 1, comma 33, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di
razionalizzazione della finanza pubblica);
b) dichiara che non spetta allo Stato, e per esso al Ministro
della sanità, emanare, con efficacia nei confronti delle Province
autonome di Trento e di Bolzano, il decreto 25 febbraio 1997
(Determinazione di termini e sanzioni per eventuali inadempienze
degli amministratori delle unità sanitarie locali e delle aziende
ospedaliere), attuativo del predetto art. 1, comma 33, della legge n.
662 del 1996, e per l'effetto annulla il predetto decreto del
Ministro della sanità 25 febbraio 1997 nella parte in cui si rivolge
e si applica alle Province autonome di Trento e di Bolzano;
c) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, comma 1,
del decreto legge n. 175 del 1997, convertito in legge, senza
modificazioni, dalla legge n. 272 del 1997;
d) dichiara inammissibile la questione di legittimità
costituzionale dell'art. 4, comma 2, del decreto legge n. 175 del
1997, convertito in legge, senza modificazioni, dalla legge n. 272
del 1997, sollevata, con riferimento agli articoli 9, n. 10, 8, n. 1,
16 e 107 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, nonché
alle norme di attuazione dello stesso di cui al d.P.R. n. 197 del
1980, al d.P.R. n. 474 del 1975, come modificato dal d.lgs. n. 267
del 1992, al d.lgs. n. 266 del 1992, dalla Provincia autonoma di
Bolzano con il ricorso in epigrafe (Reg. ric. n. 58 del 1997);
e) dichiara inammissibile la questione di legittimità
costituzionale dell'art. 4, comma 2, del decreto legge n. 175 del
1997, convertito in legge, senza modificazioni, dalla legge n. 272
del 1997, sollevata, in riferimento agli artt. 117 e 118 della
Costituzione, in relazione all'art. 8 della legge n. 59 del 1997,
all'art. 5 della legge n. 833 del 1978, all'art. 4 del d.lgs. n. 502
del 1992 e all'art. 1, comma 8, della legge n. 662 del 1996, dalla
Regione Puglia con i ricorsi in epigrafe (Reg. ric. n. 49 e n. 59 del
1997);
f) dichiara non fondate le questioni di legittimità
costituzionale dell'art. 2 del decreto legge n. 175 del 1997,
convertito in legge, senza modificazioni, dalla legge n. 272 del
1997, nel suo complesso, sollevate, in riferimento agli articoli 9,
n. 10, 8, n. 1, 16 e 107 dello statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige, e alle norme di attuazione dello stesso statuto di cui al
d.P.R. 26 gennaio 1980, n. 197, al d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, come
modificato dal d.lgs. 16 marzo 1992, n. 267, al d.lgs. 16 marzo
1992, n. 266, dalle Province autonome di Trento e di Bolzano con i
ricorsi in epigrafe (Reg. ric. n. 57 e n. 58 del 1997);
g) dichiara non fondata la questione di legittimità
costituzionale del medesimo art. 2 del decreto legge n. 175 del 1997,
nella parte in cui rende applicabili alle Province autonome di Trento
e di Bolzano l'art. 1, commi 28 e 29, della legge n. 662 del 1996,
sollevata, in riferimento agli articoli 9, n. 10, 8, n. 1, e 16 dello
statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e alle norme di
attuazione dello stesso di cui al d.P.R. n. 474 del 1975, come
modificato dal d.lgs. n. 267 del 1992, e al d.lgs. n. 266 del 1992,
dalla Provincia autonoma di Trento con il ricorso in epigrafe (Reg.
ric. n. 57 del 1997);
h) dichiara la cessazione della materia del contendere con
riguardo:
alla questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 del
decreto legge n. 175 del 1997, convertito in legge, senza
modificazioni, dalla legge n. 272 del 1997, nella parte in cui rende
applicabile alle Province autonome di Trento e di Bolzano l'art. 1,
comma 14, della legge n. 662 del 1996, sollevata, in riferimento agli
articoli 9, n. 10, 8, n. 1, 16 e 107 dello statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige, nonché alle norme di attuazione dello stesso
statuto di cui al d.P.R. n. 197 del 1980, al d.P.R. n. 474 del 1975,
come modificato dal d.lgs. n. 267 del 1992, al d.lgs. n. 266 del
1992, dalle Province autonome di Trento e di Bolzano con i ricorsi in
epigrafe (Reg. ric. n. 57 e n. 58 del 1997);
alla questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del
decreto legge n. 175 del 1997, convertito in legge, senza
modificazioni, dalla legge n. 272 del 1997, sollevata, in riferimento
agli articoli 9, n. 10, 8, n. 1, 16 e 107 dello statuto speciale per
il Trentino-Alto Adige, nonché alle norme di attuazione dello stesso
di cui al d.P.R. n. 197 del 1980, al d.P.R. n. 474 del 1975, come
modificato dal d.lgs. n. 267 del 1992, al d.lgs. n. 266 del 1992,
dalle Province autonome di Trento e di Bolzano con i ricorsi in
epigrafe (Reg. ric. n. 57 e n. 58 del 1997);
alla questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del
decreto legge n. 175 del 1997, convertito in legge, senza
modificazioni, dalla legge n. 272 del 1997, sollevata, in riferimento
agli articoli 117 e 118 della Costituzione, in relazione all'art. 8
della legge n. 59 del 1997, all'art. 5 della legge n. 833 del 1978,
all'art. 4 del d.lgs. n. 502 del 1992 e all'art. 1, comma 8, della
legge n. 662 del 1996, dalla Regione Puglia con i ricorsi in
epigrafe (Reg. ric. n. 49 e n. 59 del 1997).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 febbraio 2000.
Il Presidente: Vassalli
Il redattore: Onida
Il cancelliere: Fruscella
Depositata in cancelleria il 15 febbraio 2000.
Il cancelliere: Fruscella