Ritenuto in fatto
1. - Nel corso di un giudizio promosso da Chelli Barbara nei
confronti del Prefetto di Roma, avente ad oggetto la dichiarazione di
estinzione dell'obbligo di corrispondere la somma dovuta per
l'infrazione alle norme del codice della strada, il Pretore di Roma,
con ordinanza emessa in data 3 luglio 1995, ha sollevato, in
riferimento all'art. 24 della Costituzione, questione di
legittimità costituzionale dell'art. 201, primo comma, del decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella
parte in cui non prevede, nell'ipotesi in cui l'effettivo
trasgressore sia identificato successivamente alla commissione
dell'infrazione, che il termine di 150 giorni per la notificazione
del verbale di accertamento decorra dalla "identificabilità" invece
che dalla prevista "identificazione" dello stesso.
Premette in fatto il giudice rimettente che la notificazione del
verbale di accertamento è stata effettuata in data 2 febbraio 1994 e
quindi ben oltre il termine di 150 giorni decorrente dalla
commissione della infrazione avvenuta il 25 maggio 1993; osserva
tuttavia il giudice a quo che la difesa dell'amministrazione opposta
ha rilevato che ai sensi dell'art. 201, primo comma, del decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285, nell'ipotesi in cui l'effettivo
trasgressore o altro dei soggetti indicati sia identificato
successivamente, la notificazione ad essi può essere effettuata
entro 150 giorni dalla identificazione, sì che la notificazione
avvenuta il 2 febbraio 1994 dovrebbe ritenersi tempestiva in quanto
solo in data 17 novembre 1993 si sarebbe potuto identificare il
trasgressore. Rileva ancora il rimettente che l'opponente ha sul
punto obiettato di aver diligentemente svolto gli oneri di
pubblicità previsti dalla normativa vigente, ottenendo dal pubblico
registro automobilistico di Livorno la certificazione dell'avvenuto
passaggio di proprietà del veicolo, formalizzato in data 6 luglio
1993; pertanto, l'amministrazione opposta ben avrebbe potuto già in
tale data procedere alla tempestiva notificazione del verbale di
accertamento senza dover attendere il 17 novembre 1993 per effettuare
l'identificazione e poi il 2 febbraio 1994 per provvedere alla
notificazione.
Tanto premesso, osserva il giudice a quo che questa Corte, con la
sentenza n. 255 del 1994, nel ritenere non irragionevole la
elevazione da 90 a 150 giorni del termine per la notificazione dei
verbali di accertamento in considerazione della mole di contestazioni
specie nei centri urbani, ha anche rilevato che "un ulteriore
prolungamento del termine non potrebbe, perciò, non porre dubbi di
costituzionalità in termini di ragionevolezza".
A parere del rimettente, dalla motivazione della richiamata
sentenza, emergerebbe che il termine di 150 giorni rappresenta il
punto di equilibrio, insuscettibile di ulteriore sbilanciamento, tra
le esigenze organizzative della pubblica amministrazione funzionali
alla contestazione della violazione, e il diritto del responsabile, o
dell'obbligato, di salvaguardare i propri interessi, con effettiva
possibilità di esercitare pienamente le correlative facoltà, senza
incorrere nelle limitazioni conseguenti ad ingiustificati ampliamenti
del termine suddetto.
La norma impugnata, prevedendo che il termine per la notificazione
decorra dall'"identificazione" dei soggetti obbligati, introduce una
causa di sospensione del decorso dei termini non soggetti, a propria
volta, a condizioni o termini che la disciplinino in modo tale da
assicurare quel bilanciamento ribadito nella sentenza della Corte
sopra citata.
Detta disposizione, pertanto, con il consentire di fatto un
illimitato ampliamento del termine di notificazione rimesso
esclusivamente al potere discrezionale dell'amministrazione, risulta
idonea a sbilanciare il richiamato equilibrio del binomio di
interessi preso in considerazione dalla citata pronuncia, ponendosi
in contrasto con i principi di cui all'art. 24 della Costituzione in
tutte le ipotesi in cui la dilazione fosse addebitabile a fatto
colposo o doloso dell'amministrazione ovvero al cattivo andamento
della sua organizzazione.
2. - Nel giudizio avanti alla Corte costituzionale non si sono
costituite le parti né ha spiegato intervento il Presidente del
Consiglio dei ministri.
Considerato in diritto
1. - La questione sottoposta all'esame della Corte è se l'art.
201, primo comma, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285
(Nuovo codice della strada), nella parte in cui non prevede,
nell'ipotesi in cui il trasgressore sia identificato successivamente
alla commissione dell'infrazione, che il termine per la notificazione
del verbale di accertamento decorra dalla "identificabilità" dello
stesso, ossia dalle formalità di trascrizione iscrizione o
annotazione nei pubblici registri, sia in contrasto con l'art. 24
della Costituzione in quanto, consentendosi un ampliamento del
termine per le notificazioni rimesso alla discrezionalità della
pubblica amministrazione, si vengono a far gravare sul diritto di
difesa disfunzioni o responsabilità della amministrazione.
2. - La questione è fondata.
L'abrogato codice della strada (d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393)
stabiliva all'art. 141, primo comma, che "qualora la contravvenzione
non possa essere immediatamente contestata, debbono essere notificati
gli estremi entro trenta giorni dall'accertamento al contravventore
o, quando questi non sia identificato e si tratti di contravvenzione
commessa da un conducente di veicolo a motore munito di targa di
riconoscimento, all'intestatario del documento di circolazione." Il
predetto termine fu elevato a 90 giorni dalla legge 14 febbraio 1974,
n. 62.
Con la successiva legge 24 marzo 1989, n. 122 (art. 22), si
quintuplicò l'originario termine, e si precisò che quando il
trasgressore non fosse identificato, gli estremi della
contravvenzione dovevano essere notificati o all'intestatario del
documento di circolazione o al proprietario del veicolo "che risulti
al pubblico registro automobilistico alla data dell'accertamento".
La norma ora impugnata - art. 201, primo comma, del decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) -,
mentre conferma sostanzialmente la precedente normativa, disciplina
nuove ipotesi, aggiungendo, nello stesso comma, due disposizioni: a)
"qualora l'effettivo trasgressore o altro dei soggetti indicati sia
identificato successivamente, la notificazione può essere effettuata
agli stessi entro centocinquanta giorni dall'identificazione"; b)
"per i residenti all'estero la notifica deve essere effettuata entro
trecentosessanta giorni dall'accertamento".
3. - Come si nota dal raffronto di queste due norme, mentre per i
residenti all'estero il legislatore fissa un termine di notificazione
assolutamente insuperabile, sia pure determinandolo in un'ampia
misura (più del doppio di quella prevista per i cittadini italiani),
per questi ultimi invece il termine di centocinquanta giorni viene
fatto decorrere dal momento in cui l'effettivo trasgressore o gli
altri soggetti responsabili siano stati identificati successivamente.
E poiché l'identificazione di fatto di questi responsabili
potrebbe dipendere dalla mera volontà della pubblica
amministrazione, il giudice rimettente si duole che il termine per la
notificazione possa, attraverso l'esercizio di detta facoltà,
protrarsi oltre ogni ragionevole limite.
4. - Considerata l'ipotesi non infrequente di tardiva trascrizione
nel pubblico registro automobilistico dei trasferimenti dei diritti
sugli autoveicoli, anche a considerevole distanza di tempo dal
trasferimento del veicolo, ci si preoccupò, in sede di norme
regolamentari al nuovo codice stradale (d.P.R. 16 dicembre 1992, n.
495), di dare ulteriori disposizioni per il caso in cui il verbale
fosse notificato ancora all'intestatario che aveva già alienato il
veicolo. Viene invero disposto (art. 386) che, in tal caso, il
precedente intestatario, indicando gli estremi dell'atto notarile,
"informa l'ufficio o il comando procedente che non è il
proprietario, né titolare di alcuno dei diritti di cui al medesimo
art. 196 alla data dell'accertamento della violazione per la quale si
procede. L'ufficio o il comando interessato, se riscontrano
l'esattezza delle notizie fornite, rinnovano la notificazione
all'effettivo responsabile, con relativo addebito delle ulteriori
spese, entro i termini previsti dall'art. 201 del codice. Tali
termini decorrono dalla data di ricezione da parte dell'ufficio o
comando delle notizie fornite dal destinatario della precedente
notificazione". E si soggiunge che - per altre ipotesi - "il rinnovo
della notificazione può essere effettuato, nei confronti
dell'effettivo responsabile, dal momento in cui si accerta la sua
identità ed il suo indirizzo in modo definitivo e, comunque, non
oltre cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione".
Nonostante le ora menzionate precisazioni del regolamento al codice
della strada, resta il dubbio del giudice a quo sul rischio che il
termine di centocinquanta giorni per la notifica della
contravvenzione venga largamente superato o perché l'ufficio non
riceva alcuna comunicazione dal precedente intestatario, o per il
notevole ritardo della pubblica amministrazione nella ricerca
dell'effettivo responsabile e nella notifica del verbale. In queste
eventualità il giudice rimettente ravvisa una possibile ed
ingiustificata menomazione del diritto di difesa del destinatario
della contravvenzione.
5. - Passando alla valutazione di tale dubbio di costituzionalità,
giova richiamare anzitutto la sentenza n. 255 del 1994 di questa
Corte, avente ad oggetto la congruità del termine di centocinquanta
giorni, nella quale si osservò che il suddetto termine doveva
ritenersi "contenuto in limiti tollerabili nel bilanciamento delle
contrapposte esigenze, anche se ciò non può significare in futuro
una illimitata libertà del legislatore. Questi non potrebbe non
tener conto dei profili prospettati nell'ordinanza di rinvio, che
avverte le difficoltà cui va certamente incontro il destinatario
della contestazione, ai fini della predisposizione della propria
difesa, quanto più remota è la data in cui si è svolto il fatto
rispetto alla contestazione stessa. Un ulteriore prolungamento del
termine non potrebbe, perciò, non porre dubbi di costituzionalità
in termini di ragionevolezza".
Per rafforzare il convincimento sull'esigenza di non superare il
termine massimo sopra indicato, la stessa sentenza ora ricordata
aggiunse che "in proposito si deve, difatti, considerare che ad
eventuali difficoltà di ordine organizzativo, cui finora si è
ritenuto di far fronte con il prolungamento dei termini, ben potrebbe
ovviarsi con misure tali da assicurare un più equo contemperamento
fra le contrapposte esigenze, realizzando cioè, in armonia con
l'art. 97 della Costituzione, una migliore efficienza degli uffici
amministrativi che oggi è più facile ottenere con l'ausilio dei
mezzi offerti dalla più avanzata tecnologia, certamente in grado di
soddisfare le esigenze dell'amministrazione, senza creare ulteriori
difficoltà ai soggetti destinatari della contestazione".
6. - In realtà, ove si intenda la norma - secondo il significato
letterale della sua formulazione non superabile da diversa
interpretazione - nel senso che il predetto termine decorre dalla
data in cui di fatto la pubblica amministrazione abbia operato
l'identificazione del trasgressore o del responsabile, si
consentirebbe una protrazione del termine, rimessa in ultima analisi
alla discrezionalità dell'amministrazione, con un possibile
slittamento perfino oltre l'ampio ma rigido termine previsto dalla
stessa legge per la contestazione della violazione ai residenti
all'estero; e si introdurrebbe così una sorta di causa di
sospensione del decorso dei termini, non soggetti a limiti e
condizioni.
Ciò non appare legittimo soprattutto considerando che il termine
di centocinquanta giorni è stato ritenuto dalla citata sentenza di
questa Corte il massimo tollerabile nel bilanciamento delle
contrapposte esigenze della pubblica amministrazione, da un lato, e
del privato cittadino dall'altro.
Diversamente l'inerzia o le disfunzioni organizzative della
pubblica amministrazione verrebbero a gravare direttamente sul
diritto di difesa del cittadino; il quale, a considerevole distanza
di tempo dall'infrazione, potrebbe non essere più in grado di
esercitare pienamente le relative facoltà per salvaguardare i propri
interessi.
Il predetto bilanciamento si inquadra in quello spirito che esige
dalla pubblica amministrazione un impegno adeguato all'orientamento
espresso nelle norme sui procedimenti amministrativi relative ad un
corretto rapporto con i cittadini, richiesto anche per il dovuto
rispetto di principi costituzionali, tra i quali quello tutelato
dall'art. 24 della Costituzione.
Deve, quindi, ritenersi che, qualora l'effettivo trasgressore o
altro dei soggetti responsabili indicati dalla legge sia identificato
successivamente, la notifica debba essere effettuata agli stessi
entro centocinquanta giorni, decorrenti non dalla data in cui
l'amministrazione abbia provveduto ad identificarlo, ma dal momento
in cui la stessa sia posta in grado di provvedere alla
identificazione, ovverossia da quando - nei confronti dei predetti
responsabili - risultino espletate le formalità di iscrizione od
annotazione del passaggio di proprietà del veicolo nei pubblici
registri automobilistici.
L'art. 201, primo comma, del nuovo codice della strada, deve
pertanto essere dichiarato in parte qua costituzionalmente
illegittimo per contrasto con l'art. 24 della Costituzione.