Ritenuto in fatto
1. - La Provincia autonoma di Bolzano solleva questione di
legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 1, 2, 4, 5 e 6, del
decreto-legge 27 agosto 1994, n. 512 (Disposizioni urgenti in materia
di organizzazione delle unità sanitarie locali), convertito nella
legge 17 ottobre 1994, n. 590, dell'art. 1, secondo comma, della
stessa legge n. 590, nonché dell'art. 1, commi 1 e 3, del decreto-legge 24 giugno 1994, n. 401 (Disposizioni urgenti in materia di
organizzazione delle unità sanitarie locali), non convertito in
legge, in riferimento agli articoli 3, terzo comma; 4, primo comma,
numero 7; 9, primo comma, numero 10; 16, primo comma; e agli articoli
89, 99, 100 e 101 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige
(d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) e alle norme di attuazione di cui al
d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, come modificato dal decreto legislativo
16 marzo 1992, n. 267.
La Regione Trentino-Alto Adige ha competenza primaria, ai sensi
dell'art. 4, numero 7, dello Statuto, sull'ordinamento degli enti
sanitari e ospedalieri, mentre la Provincia autonoma ha competenza
concorrente per l'igiene e sanità (art. 9, numero 10).
Sia la Regione che le Province autonome hanno esercitato le loro
competenze statutarie in tali materie: e, così, la legge regionale
30 aprile 1980, n. 6, disciplina l'ordinamento delle unità sanitarie
locali, e le leggi provinciali di Bolzano 29 luglio 1992, n. 30, e 10
novembre 1993, n. 22, il servizio sanitario provinciale.
La Provincia, richiamandosi alla giurisprudenza costituzionale e,
in particolare, alla sentenza n. 354 del 1994 (che ha dichiarato
illegittimo l'art. 19, secondo comma, del decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 502, come sostituito dal decreto legislativo 7
dicembre 1993, n. 517, nella parte in cui qualifica norme
fondamentali di riforma economico-sociale tutte le disposizioni ivi
indicate, e non soltanto i principi da esse desumibili), osserva che
il decreto-legge impugnato detta una minuziosa regolamentazione sulla
nomina e revoca dei direttori generali delle USL, in contrasto con
l'orientamento affermato da questa Corte.
Nel ricorso si muovono, poi, specifiche censure alle disposizioni
del decreto-legge.
L'art. 1, primo comma, prevede, per la nomina dei direttori
generali, un potere sostitutivo del Consiglio dei ministri che è
illegittimo, perché le norme statutarie non contemplano, in tale
materia, alcuna competenza del Governo statale.
Il decreto-legge non osserva, d'altronde, le prescrizioni
statutarie in tema di bilinguismo e proporzionale (artt. 89, 99, 100
e 101, Statuto), rispettate dalla precedente disciplina statale, e
specificamente dall'art. 3, decimo comma, del decreto legislativo n.
502, che ora è abrogato, insieme con il terzo periodo del sesto
comma, di detto art. 3.
Anche il secondo comma, dell'art. 1 sarebbe lesivo dell'autonomia
provinciale, giacché non afferma un principio, ma commina
direttamente la nullità delle nomine effettuate in difformità
dall'art. 3, commi 9 e 11, del decreto legislativo n. 502 (la
Provincia, fra l'altro, ha attuato il decreto legislativo n. 502 del
1992 con la legge provinciale n. 22 del 1993).
Quanto al quarto comma, dell'art. 1, non rientra nella competenza
dello Stato, bensì in quella della Provincia, stabilire il compenso
degli amministratori, ordinari e straordinari, e definire la
disciplina di organizzazione delle unità sanitarie locali e delle
aziende ospedaliere; e neanche spetta al Consiglio dei ministri il
potere sostitutivo della nomina dei commissari straordinari e del
collegio dei revisori, dal momento che la Provincia ha competenza
sullo stato giuridico ed economico del personale sanitario, ai sensi
dell'art. 2 del d.P.R. n. 474 del 1975, modificato dal decreto
legislativo n. 267 del 1992.
Si impugna altresì il quinto comma, dell'art. 1, non avendo la
legge statale titolo per dichiarare la validità, o meno, delle
nomine dei direttori generali deliberate dalle Province autonome; e,
comunque, sarebbe incostituzionale quella parte della norma che pone
il riferimento temporale del 24 giugno 1994, alla luce di ciò che si
è detto circa l'ambito della competenza provinciale. Anche il sesto
comma, incorrerebbe in rilievi di incostituzionalità, essendo la
materia della verifica e della vigilanza devoluta alla competenza
provinciale, ai sensi dell'art. 4 del decreto legislativo n. 266 del
1992.
2. - La Provincia impugna poi l'art. 1, secondo comma, della legge
di conversione (n. 590 del 1994), nella parte in cui fa salvi gli
effetti prodotti dal decreto-legge n. 401 del 1994, non convertito in
legge. Se è vero che il terzo comma dell'art. 77 della Costituzione
abilita il legislatore a dettare una regolamentazione retroattiva dei
rapporti, la relativa disciplina non può prescindere (come questa
Corte ha chiarito nella sentenza n. 89 del 1966) dal rispetto delle
norme costituzionali.
L'art. 1, commi 1 e 3, del decreto-legge n. 401 attribuiva alla
Conferenza Stato-Regioni il potere di proporre al Presidente del
Consiglio interventi per l'organizzazione e il funzionamento delle
USL, esautorando la Provincia; e, infatti, lesiva delle norme
statutarie sarebbe la sospensione - disposta dall'art. 1, terzo comma
- della procedura di nomina dei direttori generali.
3. - Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,
concludendo per l'inammissibilità e, in subordine, per
l'infondatezza del ricorso.
La Provincia non sarebbe legittimata a evocare il parametro di cui
all'art. 4, numero 7, dello Statuto, poiché sostituirebbe la Regione
che ha competenza sull'ordinamento degli enti sanitari e ospedalieri;
mentre essa ha competenze gestionali. Non pertinente (e non
sviluppato) è il richiamo agli artt. 89, 99, 100 e 101 dello
Statuto: d'altronde, i principi del bilinguismo e della
"proporzionale" non sono toccati dalle disposizioni in esame.
L'Avvocatura affronta, poi, le singole censure mosse all'art. 1
del decreto-legge.
Con riguardo ai commi 2 e 5 (concernenti le nomine) essa eccepisce
la mancanza di interesse della ricorrente: l'art. 4, quarto comma,
della legge provinciale n. 22 del 1993 statuisce, infatti, che gli
attuali amministratori straordinari delle unità sanitarie locali
assumano a tempo pieno le funzioni di direttore generale; avendo la
Provincia provveduto con la legge, e non con atti amministrativi, non
vi sarebbe "invasività" dei commi citati. Quanto alle censure mosse
al primo comma, che risulterebbe eccessivamente dettagliato, essa
replica che detto comma non lo è più della normativa statale
previgente; e, in ogni caso, il carattere dettagliato delle norme
statali rileva al solo fine di valutarne la "cedevolezza" (cfr. art.
4, nono comma, della legge provinciale n. 22 del 1993), ma non sotto
il profilo della sua legittimità costituzionale. Circa il potere
sostitutivo ivi contemplato, l'Avvocatura osserva che in materia
sanitaria la Provincia si trova sullo stesso piano delle Regioni a
statuto ordinario e che il sesto comma introduce un principio
generale cui le Regioni e le Province autonome debbono adeguarsi,
sottolineando che la verifica dei risultati di gestione è comunque
affidata alla Provincia, la quale può ben definire le modalità
secondo cui debba svolgersi.
4. - Nell'imminenza della pubblica udienza, la ricorrente ha
presentato memoria, ricordando come entrambe le Province autonome
abbiano regolamentato il funzionamento e l'organizzazione delle nuove
aziende speciali e, in particolare, la figura del direttore generale.
Mentre quella di Trento ha dettato una disciplina organica del
servizio sanitario provinciale con la legge 1 aprile 1993, n. 10, il
cui art. 16 riguarda il direttore generale dell'azienda, la Provincia
di Bolzano, in attesa della promulgazione di una nuova legge
organica, ha approvato una normativa transitoria (art. 4 della già
menzionata legge provinciale n. 22 del 1993) che pone norme di
raccordo con il decreto legislativo n. 502 del 1992. La figura e lo
status del direttore generale delle USL-aziende speciali sono,
dunque, compiutamente definiti dalla legislazione provinciale.
La violazione delle competenze provinciali è evidente e
immediata, ad avviso della Provincia di Bolzano, in quanto la
normativa statale oggetto della presente impugnazione è così
dettagliata da non richiedere il previo adeguamento a essa della
legislazione provinciale, secondo lo schema dell'art. 2 del decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 266.
La ricorrente insiste, poi, sulla illegittimità del potere
sostitutivo contemplato dalle norme impugnate, che non prevedono
neanche la previa audizione della Provincia, secondo quanto
richiederebbe, invece, il principio di leale collaborazione (sentenza
n. 37 del 1991).
Considerato in diritto
1. - La Provincia autonoma di Bolzano solleva questione di
legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 1, 2, 4, 5 e 6, del
decreto-legge n. 512 del 1994 (Disposizioni urgenti in materia di
organizzazione delle unità sanitarie locali), convertito nella legge
n. 590 del 1994, dell'art. 1, secondo comma, della stessa legge n.
590, nonché dell'art. 1, commi 1 e 3, del decreto-legge n. 401 del
1994, decaduto per mancata conversione nei termini costituzionali.
La Provincia ritiene che le disposizioni impugnate ledano l'ambito
delle sue competenze, quale risulta definito dagli articoli 3, terzo
comma; 4, primo comma, numero 7; 9, primo comma, numero 10; 16, primo
comma, e dagli articoli 89, 99, 100 e 101 dello Statuto speciale per
il Trentino-Alto Adige.
2. - In via preliminare, va esaminata l'eccezione di
inammissibilità mossa dall'Avvocatura dello Stato: la Provincia
avrebbe competenza gestionale essendo regionali le attribuzioni
sull'ordinamento degli enti sanitari e ospedalieri, e non sarebbe
dunque legittimata a invocare il parametro di cui all'art. 4, numero
7, dello Statuto.
L'eccezione va disattesa. Se è vero, infatti, che l'art. 4,
numero 7, conferisce alla Regione la potestà di emanare norme legislative sull'ordinamento degli enti sanitari e ospedalieri, va pure
considerato che il decreto-legge in esame incide prevalentemente
sulle modalità di funzionamento delle unità sanitarie locali e,
dunque, su profili gestionali in ordine ai quali non può certo
negarsi la competenza della Provincia. Ne è riprova, d'altronde, la
legislazione provinciale che è stata emanata sulla gestione delle
unità sanitarie locali: si pensi, in proposito, alla legge
provinciale 29 luglio 1992, n. 30 (Nuove norme sulla gestione delle
unità sanitarie locali), e soprattutto alla legge provinciale 10
novembre 1993, n. 22 (Conferimento di incarichi provvisori per la
funzione di direttore sanitario per gli ospedali delle unità
sanitarie locali, ammissione ai concorsi per il profilo professionale
degli psicologi nelle USL e norme sul riordino del servizio sanitario
provinciale), che pone, all'art. 4, norme di raccordo con il decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, sulle quali si tornerà fra
breve.
3. - Si deve quindi passare al merito.
La ricorrente denuncia il carattere eccessivamente dettagliato
della normativa introdotta dal decreto-legge e a tal fine richiama la
sentenza n. 354 del 1994, che ha dichiarato illegittimo l'art. 19,
secondo comma, del decreto legislativo n. 502 del 1992 - come
sostituito dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517 - nella
parte in cui qualifica norme fondamentali di riforma economico-sociale tutte le disposizioni ivi indicate, e non soltanto i principi
da esse desumibili. La sentenza n. 354 attiene, invero, ai principi
fondamentali di riforma economico-sociale con particolare riguardo
alle attribuzioni provinciali in materia di addestramento e
formazione professionale, mentre nella fattispecie ora in esame la
competenza provinciale - sancita dall'art. 9, numero 10, dello
Statuto speciale - è di rango "secondario", essendo soggetta ai
limiti indicati dall'art. 5 dello stesso Statuto. Ma anche in questo
caso vi è l'esigenza, costituzionalmente rilevante, che la
legislazione statale - la quale incide sulle materie di competenza
regionale e provinciale - si articoli per principi: la normativa di
dettaglio, adottata dallo Stato nelle materie attribuite in via
generale alla competenza regionale o provinciale, può trovare
fondamento, eccezionalmente, nell'interesse nazionale; ma in tal caso
il controllo di costituzionalità sull'apprezzamento compiuto dal
legislatore dovrà essere quanto mai rigoroso, a tutela
dell'autonomia legislativa e amministrativa garantita alle regioni e
alle province autonome (v. per tutte la sentenza n. 177 del 1988).
Ora, il carattere estremamente dettagliato della disciplina
introdotta dal decreto-legge n. 512 del 1994, nelle parti impugnate,
risulta di tutta evidenza, giacché la previsione di poteri
sostitutivi senza che vi sia obbligo di motivazione, la comminatoria
di nullità delle nomine, le norme sui compensi, quelle sulla
vigilanza e la verifica dei risultati amministrativi e di gestione,
incidono così gravemente sulla sfera di autonomia provinciale da
lasciare spazio soltanto alla mera esecuzione, contraddicendo i
canoni che devono informare il rapporto tra la legislazione statale e
quella regionale e provinciale (quest'ultima si adegua ai principi e
norme che determinano i limiti indicati dagli articoli 4 e 5 dello
Statuto speciale: art. 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n.
266). Né si rinviene un preminente interesse nazionale che possa
giustificare l'applicazione, in ambito provinciale, della normativa
statale in esame.
È importante ricordare, a tal riguardo, come la Provincia
autonoma di Bolzano, nelle more del compiuto riordino del servizio
sanitario provinciale, abbia introdotto norme di raccordo con il
decreto legislativo n. 502 del 1992, prevedendo, all'art. 4 della
già ricordata legge provinciale n. 22 del 1993, un meccanismo
imperniato sulla continuità della gestione amministrativa, in base
al quale gli amministratori straordinari delle unità sanitarie
locali assumono le funzioni di direttore generale sino all'entrata in
vigore della nuova disciplina del servizio sanitario provinciale.
La ricorrente ha dunque esercitato con tempestività la propria
potestà legislativa, conformemente alle attribuzioni statutarie e in
termini rispettosi del principio di buon andamento della pubblica
amministrazione. Principio che risulterebbe inciso, semmai, proprio
dall'applicazione, in ambito provinciale, delle norme sulla nomina
dei direttori generali introdotte dal decreto-legge impugnato.
Va infine rilevato come l'abrogazione del decimo comma, dell'art.
3 del decreto legislativo n. 502 del 1992, operata dall'art. 1, primo
comma, del decreto-legge, seppur conseguente alla soppressione del
precedente sistema di nomina del direttore generale tra gli iscritti
nell'elenco nazionale istituito presso il Ministero della sanità,
finirebbe per ledere le prescrizioni statutarie in tema di
bilinguismo e proporzionale (articoli 89, 99, 100 e 101 dello
Statuto); e ciò rappresenta un ulteriore motivo di illegittimità
delle disposizioni impugnate, nella parte in cui si applicano alla
Provincia autonoma di Bolzano.
5. - Devono considerarsi infine assorbite le restanti censure
mosse al decreto-legge n. 512 del 1994, e all'art. 1, secondo comma,
della legge di conversione (n. 590 del 1994), nella parte in cui
questo fa salvi gli effetti prodotti dal decreto-legge n. 401 del
1994, non convertito in legge.