Titolo
SENT. 384/94 A. GIUDIZIO DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE IN VIA PRINCIPALE - RICORSI DELLO STATO CONTRO LEGGI REGIONALI PER RITENUTO CONTRASTO CON L'ORDINAMENTO COMUNITARIO - AMMISSIBILITA' - POSSIBILITA' DI INVOCARE IN TALI GIUDIZI I PRINCIPI AFFERMATI DALLA CORTE IN SENSO CONTRARIO, RIGUARDO ALLE SUDDETTE QUESTIONI, IN ALTRI TIPI DI GIUDIZIO - ESCLUSIONE - FATTISPECIE.
Testo
Il principio, affermato dalla Corte (con modifica della precedente giurisprudenza) a partire dalla sentenza n. 170 del 1984 e poi costantemente ribadito, secondo cui le questioni sollevate per contrasti tra leggi (statali o regionali) e norme comunitarie, vanno dichiarate inammissibili in quanto e' in facolta' sia dei giudici che delle autorita' amministrative negare immediatamente applicazione alle norme censurate, e' riferibile - e difatti e' stato sempre riferito - a casi di leggi gia' vigenti. Tale principio, pertanto, puo' essere invocato, oltre che nei giudizi in via incidentale - come la Corte ha anche riconosciuto - nei giudizi in via principale, ma solo se promossi da Regioni contro leggi statali (necessariamente gia' vigenti), non, invece, in quelli promossi dallo Stato contro leggi regionali, nei quali la pronuncia della Corte costituzionale interviene quando, essendo ancora in corso il procedimento di formazione della legge, questa non e' entrata in vigore e, di conseguenza, problemi di applicabilita' della stessa non possono ancora porsi. E poiche', di fronte alla Comunita' europea - come la giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunita' a sua volta conferma - e' lo Stato - al quale incombe l'obbligo che discende dall'art. 11 Cost., di assicurare la conformita' dell'ordinamento interno a quello comunitario - responsabile delle violazioni di quest'ultimo, anche quando derivino dall'esercizio della potesta' legislativa delle Regioni e le competenze delle Regioni - come la Corte ha anche chiarito - sono suscettibili di operare solo ove i loro contenuti non risultino contrastanti con le discipline e i limiti introdotti dalla normativa comunitaria e dai conseguenti provvedimenti attuativi, il ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri alla Corte costituzionale, proposto - come nel caso - in riferimento agli artt. 11 e 117, Cost., per impedire che norme di leggi regionali, riapprovate in seguito a rinvio, ma non ancora promulgate, non conformi alle direttive comunitarie, vengano introdotte nell'ordinamento, deve ritenersi ammissibile. (Massime enunciate dalla Corte nel respingere la eccezione di inammissibilita' opposta dalla Regione Umbria al Presidente del Consiglio contro la legge della stessa Regione, riapprovata il 31 marzo 1994, recante norme in materia di reimpianto di vigneti). - Sulla incompetenza della Corte costituzionale a pronunciarsi su questioni attinenti al contrasto tra norme interne e ordinamento comunitario v., oltre a S. n. 170/1984 (gia' citata nel testo), S. n. 389/1989; per l'affermazione dello stesso principio riguardo ai giudizi di legittimita' costituzionale in via principale promossi da Regioni contro leggi dello Stato, v. S. n. 115/1993; sui limiti derivanti dalla normativa comunitaria all'operativita' delle competenze regionali, v. S. n. 224/1994. Sul dovere di tutti i soggetti pubblici di disapplicare le norme interne contrarie all'ordinamento comunitario, v. poi, oltre a S. n. 389/1989, sopra citata, Corte di giustizia delle Comunita' europee, sent. 22 giugno 1989. red.: A.M.M. rev.: S.P.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 127
Costituzione
art. 11
Costituzione
art. 117
Altri parametri e norme interposte
legge
11/03/1953
n. false
art. 31
Riferimenti normativi
legge della Regione Umbria
31/03/1994
n. 0
art. 0
co. 0
Titolo
SENT. 384/94 B. REGIONE UMBRIA - AGRICOLTURA - VITICOLTURA - LEGGE REGIONALE, RIAPPROVATA IN SEGUITO A RINVIO, INTEGRATIVA DELLA PRECEDENTE LEGGE N. 1 DEL 1993 - REIMPIANTO DI VIGNETI NELLE ZONE DI PRODUZIONE D.O.C. E/O D.O.C.G. - DISCIPLINA - RICORSO DELLO STATO PER ASSERITO CONTRASTO CON LA NORMATIVA COMUNITARIA - ECCEZIONE DI INAMMISSIBILITA' PER (ERRONEAMENTE) RITENUTA "NOVITA'" DELLE NORME CONTENUTE NELLA SECONDA DELIBERA - REIEZIONE.
Testo
In ordine al ricorso dello Stato avverso la l. della reg. Umbria riapprovata il 31 marzo 1994, va escluso il carattere di 'novita' della legge impugnata, poiche' le modifiche ad essa apportate in occasione della seconda deliberazione, sono tutte inerenti alle norme censurate in sede di rinvio. Va quindi respinta l'eccezione di inammissibilita' avanzata in base al contrario assunto dalla resistente Regione. red.: A.M.M. rev.: S.P.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 11
Costituzione
art. 117
Riferimenti normativi
legge della Regione Umbria
31/03/1994
n. 0
art. 0
co. 0
Titolo
SENT. 384/94 C. REGIONE UMBRIA - AGRICOLTURA - VITICOLTURA - INTEGRAZIONE ALLA L. REG. N. 1 DEL 1993 - REIMPIANTO DI VIGNETI NELLE ZONE DI PRODUZIONE D.O.C. E/O D.O.C.G. - DISCIPLINA - RICORSO DELLO STATO AVVERSO LA LEGGE REGIONALE, RIAPPROVATA A SEGUITO DI RINVIO GOVERNATIVO, PER ASSERITO CONTRASTO CON LA NORMATIVA COMUNITARIA - LAMENTATA NON COINCIDENZA TRA MOTIVI DEL RINVIO PER QUELLI DEL RICORSO - ECCEZIONE DI INAMMISSIBILITA' - REIEZIONE.
Testo
In ordine al ricorso dello Stato avverso la l. della reg. Umbria riapprovata il 31 marzo 1994, va escluso che l'essersi, in sede di rinvio, contestata l'inosservanza dell'art. 7 del regolamento CEE n. 822/87, mentre nel ricorso si e' poi lamentata la violazione dell'art. 6 del regolamento stesso, sia sufficiente a far ritenere la sussistenza di un apprezzabile "scostamento" tra i motivi del rinvio e quelli del ricorso. Deve quindi respingersi l'eccezione di inammissibilita' avanzata sotto tale profilo dalla Regione. red.: A.M.M. rev.: S.P.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 11
Costituzione
art. 117
Riferimenti normativi
legge della Regione Umbria
31/03/1994
n. 0
art. 0
co. 0
Titolo
SENT. 384/94 D. REGIONE UMBRIA - AGRICOLTURA - VITICOLTURA - LEGGE REGIONALE INTEGRATIVA DELLA L. REG. N. 1 DEL 1993 - REIMPIANTO DI VIGNETI NELLE ZONE DI PRODUZIONE D.O.C. E/O D.O.C.G. - VITICOLTORI, CHE ALLA DATA DI ENTRATA IN VIGORE DI TALE LEGGE, ABBIANO GIA' IMPIANTATO NUOVI VIGNETI - POSSIBILITA' DI AVANZARE RICHIESTA DI AUTORIZZAZIONE IN SANATORIA - RICORSO DELLO STATO - RICONOSCIUTA VIOLAZIONE DEL REGOLAMENTO CEE N. 822/87, IL QUALE PREVEDE LA POSSIBILITA' DEL REIMPIANTO SOLO DOPO L'ESTIRPAZIONE DI VIGNETO DI SUPERFICIE EQUIVALENTE - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE.
Testo
Posto che il regolamento CEE n. 822/87, come integrato dal regolamento CEE n. 1325/90, vieta di installare ogni nuovo impianto di viti, fino al 31 agosto 1996 (art. 6), ponendo la previa estirpazione del vigneto gia' esistente, quale 'passaggio obbligato' - e non quale requisito accidentale - per un nuovo vigneto di superficie equivalente, va riconosciuto che la l. della reg. Umbria, riapprovata il 31 marzo 1994 - e quindi impugnata con ricorso del Presidente del Consiglio - la quale, ad integrazione delle l. reg. n. 1 del 1993, consente ai viticoltori che alla data di entrata in vigore di quest'ultima, abbiano gia' impiantato nuovi vigneti, di avanzare richiesta di autorizzazione in sanatoria, non rispetta tale prescrizione comunitaria, eludendo cosi' gli obblighi che incombono sullo Stato italiano in forza della sua appartenenza all'Unione europea e costituisce, altresi', un caso di esercizio illegittimo della potesta' legislativa della regione. Pertanto, la legge regionale in questione e', alla luce degli artt. 11 e 117, Cost., costituzionalmente illegittima. red.: A.M.M. rev.: S.P.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 11
Costituzione
art. 117
Altri parametri e norme interposte
regolamento cee
16/03/1987
n. false
regolamento cee
14/05/1990
n. false
Riferimenti normativi
legge della Regione Umbria
31/03/1994
n. 0
art. 0
co. 0
N. 384
SENTENZA 7-10 NOVEMBRE 1994
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, prof. Giuliano VASSALLI, prof.
Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO,
avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO;
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione
Umbria riapprovata il 31 marzo 1994 avente per oggetto: "Integrazione
della legge regionale 25 gennaio 1993, n. 1 - Norme speciali per il
reimpianto dei vigneti nelle zone di produzione a D.O.C. e/o D.O.C.G.
dell'Umbria", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei
ministri notificato il 19 aprile 1994, depositato in cancelleria il
26 successivo ed iscritto al n. 41 del registro ricorsi 1994. Visto
l'atto di costituzione della Regione Umbria;
Udito nell'udienza pubblica del 5 luglio 1994 il Giudice relatore
Francesco Guizzi;
Uditi l'Avvocato dello Stato Ivo M. Braguglia per il ricorrente, e
gli avvocati Maurizio Pedetta e Alberto Predieri per la Regione;
Ritenuto in fatto
1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato, in
riferimento agli artt. 11 e 117 della Costituzione e agli artt. 6 e 7
del regolamento CEE n. 822/87, questione di legittimità
costituzionale della legge della Regione Umbria (approvata una prima
volta il 2 febbraio 1994, e poi riapprovata con modifiche, a seguito
di rinvio commissariale, il 31 marzo 1994), che integra la legge
regionale 25 gennaio 1993, n. 1 (Norme speciali per il reimpianto dei
vigneti nelle zone di produzione a D.O.C. e/o a D.O.C.G.
dell'Umbria). Detta legge consente di regolarizzare i nuovi impianti
che i viticoltori abbiano effettuato prima dell'entrata in vigore
della legge regionale 25 gennaio 1993, n. 1, ponendosi così in
contrasto con il regolamento CEE n. 822/87, sull'organizzazione
comune del mercato vitivinicolo, e in particolare con l'art. 6 (che
vieta ogni nuovo impianto di viti fino al 31 agosto 1996) e con
l'art. 7, che subordina il reimpianto alla previa estirpazione di un
vigneto di superficie equivalente. La legge regionale impugnata,
anche nel testo riapprovato, non rispetta tale condizione, ad avviso
del Presidente del Consiglio, ed elude l'art. 6 del citato
regolamento, rendendo inadempiente lo Stato italiano rispetto agli
obblighi comunitari.
2. - Si è costituita la Regione Umbria, eccependo
l'inammissibilità della questione sotto vari profili.
La legge, riapprovata dal Consiglio regionale nella seduta del 31
marzo 1994 (deliberazione n. 545), presenta modifiche che non si
riconducono al rinvio governativo; deve essere quindi considerata
come legge "nuova", suscettibile di essere nuovamente rinviata, ma
non impugnata dinanzi a questa Corte. A tal proposito, la resistente
richiama l'attenzione sull'abbreviazione a sei mesi del termine per
richiedere la regolarizzazione dei nuovi impianti (art. 1), e sulle
modifiche introdotte dal Consiglio regionale, in sede di seconda
deliberazione, all'art. 2, sull'estirpazione dei vigneti entro un
anno.
Il secondo motivo d'inammissibilità consisterebbe nel fatto che
la Presidenza del Consiglio dei ministri - prima nell'atto di rinvio
e, poi, nel ricorso - contesta la violazione del citato regolamento
comunitario. Ora, questa Corte - ricorda la Regione - ha chiarito che
l'eventuale contrasto della norma interna con la norma comunitaria
non dà luogo a questione di legittimità costituzionale: la norma
comunitaria, estranea al sistema delle fonti interne, opera per forza
propria, ed è inammissibile la questione di legittimità della norma
nazionale che si sospetti in contrasto con quella comunitaria (si
menzionano le sentt. nn. 115 del 1993 e 168 del 1991). Non vi
sarebbe, inoltre, corrispondenza tra i motivi del rinvio e quelli del
ricorso: in sede di rinvio si è contestata la violazione dell'art. 7
del regolamento comunitario, mentre nel ricorso si lamenta
soprattutto la violazione dell'art. 6, e precisamente in ordine al
divieto di nuovi impianti di viti fino al 31 agosto 1996.
Nel merito, il ricorso sarebbe comunque infondato, perché muove
da un'errata interpretazione delle norme comunitarie. L'art. 6,
citato, prevede una serie di deroghe con riguardo ai vini di qualità
prodotti in regioni determinate (V.Q.P.R.D.), sì che gli Stati
membri possono autorizzare nuovi impianti: ciò che spetta
nell'ordinamento italiano alle regioni, competenti in materia di
agricoltura.
L'art. 7 del regolamento prevede la possibilità del reimpianto, a
condizione che si mantenga un equilibrio fra le superfici del nuovo
impianto e quelle estirpate, al fine di impedire l'aumento
dell'offerta di vini rispetto alla domanda: al
legislatore comunitario - osserva la Regione - non
interessa che l'estirpazione preceda necessariamente il reimpianto,
come sostiene il Governo. La legge regionale impugnata, così come la
n. 1 del 1993, che essa integra, non altera alcun equilibrio, e non
contrasta, dunque, con le citate disposizioni del regolamento CEE.
3. - Nell'imminenza dell'udienza, l'Avvocatura generale ha
presentato memoria, soffermandosi, in particolare, sulle eccezioni di
inammissibilità.
Le modifiche apportate alla legge in sede di riapprovazione
concernono soltanto le parti investite dalla censura governativa, e
anche la previsione del termine di un anno per effettuare
l'estirpazione deve considerarsi conseguenzialmente interessata dal
rinvio: se cade la possibilità della sanatoria-regolarizzazione dei
nuovi impianti, installati senza la previa estirpazione dei vecchi,
cadono i termini sia per presentare la domanda di regolarizzazione
sia per l'estirpazione. L'eccezione sarebbe quindi priva di
fondamento.
Quanto alla seconda eccezione, l'Avvocatura sottolinea come il
contrasto tra le disposizioni della legge regionale e il regolamento
comunitario non costituiscano l'oggetto diretto del giudizio: esso è
il presupposto della denunciata violazione - da parte della legge
regionale - delle norme costituzionali che pongono allo Stato
l'obbligo di conformare il proprio ordinamento a quello comunitario.
Di fronte alla Comunità europea, lo Stato è responsabile delle
violazioni del diritto comunitario, anche se derivino da normative
regionali o comunali, o da comportamenti di soggetti estranei alla
struttura statale (Corte di giustizia delle Comunità europee, sent.
27 marzo 1984); e il mantenere immutato, nella legislazione dello
Stato membro, un provvedimento incompatibile con disposizioni del
Trattato "crea una situazione di fatto ambigua" e costituisce "una
trasgressione degli obblighi imposti dal Trattato" (Corte di
giustizia delle Comunità europee, sent. 15 ottobre 1986).
L'Avvocatura ritiene perciò non pertinente la giurisprudenza
costituzionale indicata dalla Regione (in particolare, la sent. n.
115 del 1993): nel caso in esame, il parametro è la norma
costituzionale che obbliga lo Stato a conformare il proprio
ordinamento a quello comunitario (art. 11, in riferimento all'art.
117 della Costituzione), e il regolamento comunitario viene in gioco
unicamente come "indice di non conformità".
Secondo la normativa comunitaria, il reimpianto - che è cosa
diversa dal nuovo impianto - è condizionato alla previa
estirpazione: l'esigenza di contenere eccedenze nel settore ben
giustifica, infatti, la necessità della previa estirpazione, l'unico
modo sicuro per assicurare che il reimpianto di vigneti costituisca
mera compensazione rispetto a quelli già estirpati.
4. - La Regione Umbria insiste, in memoria, sull'eccezione di
inammissibilità già illustrata, anche alla luce della recente
ordinanza n. 391 del 1992. Il problema del contrasto tra la norma
comunitaria direttamente applicabile e la norma interna incompatibile
è di spettanza dei giudici interni; l'intervento della Corte si
rende necessario soltanto nel caso (dalla stessa Corte definito
"improbabile": v. la sent. n. 170 del 1984) in cui le norme
comunitarie violino i principi fondamentali dell'ordinamento
costituzionale o i diritti inviolabili della persona umana, o quando
la legge interna impedisca o pregiudichi la perdurante osservanza dei
Trattati in relazione al sistema o al nucleo essenziale dei loro
principi (in proposito, si richiama la sent. n. 286 del 1986). Ove si
dovesse ragionare diversamente (e, dunque, non già in termini di
pluralità e distinzione tra ordinamenti, ma di gerarchia tra le
singole fonti normative appartenenti a ordinamenti separati), si
perverrebbe a conclusioni contraddittorie con l'orientamento che la
Corte ha manifestato a partire dalla già citata sentenza n. 170. Si
dovrebbero individuare i criteri di gerarchia tra norme e stabilire,
in ipotesi, quali siano i casi di prevalenza della norma comunitaria
sulle norme interne. Una sistemazione di tal genere presupporrebbe,
invero, l'accettazione della teoria monista dei rapporti tra
l'ordinamento comunitario e l'ordinamento italiano, che la Corte ha
mostrato con chiarezza di non accogliere, costruendo invece il
rapporto del diritto comunitario con il diritto interno in termini di
non applicazione del secondo rispetto al primo.
Fare dei regolamenti comunitari norme gerarchicamente
sovraordinate alle leggi interne (quanto meno alle leggi regionali)
significherebbe affermare che essi ricevono una particolare copertura
dai trattati istitutivi della CEE e dall'art. 11 della Costituzione,
anche quando non interferiscono nell'ordine della ripartizione
costituzionale di competenze tra lo Stato e le Regioni. Ma ciò
facendo, si tornerebbe, nella sostanza, a una teoria - quella dei
regolamenti comunitari come norme interposte - che la Corte ha
abbandonato, nel 1984, con la sent. n. 170. La possibilità di
applicare il regolamento comunitario presupporrebbe, comunque, la
verifica del contrasto tra la norma comunitaria e la legge regionale.
Contrasto che si ritiene invece insussistente.
Considerato in diritto
1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato, in
riferimento agli artt. 11 e 117 della Costituzione e agli artt. 6 e 7
del regolamento CEE n. 822/87, come integrato dal regolamento CEE n.
1325/90, questione di legittimità costituzionale della legge della
Regione Umbria, approvata una prima volta il 2 febbraio 1994, e poi
riapprovata con modifiche, a seguito di rinvio commissariale, il 31
marzo 1994 (Integrazione della legge regionale 25 gennaio 1993, n. 1
- Norme speciali per il reimpianto dei vigneti nelle zone di
produzione a D.O.C. e/o a D.O.C.G. dell'Umbria). La legge regionale
eluderebbe le prescrizioni comunitarie sull'espianto e reimpianto dei
vigneti e sul loro accrescimento, rendendo inadempiente lo Stato
italiano rispetto agli obblighi comunitari, con conseguente elusione
degli artt. 11 e 117 della Costituzione.
La Regione Umbria eccepisce l'inammissibilità del ricorso,
perché la legge regionale riapprovata va considerata come "nuova",
in quanto contiene modifiche che non possono ricondursi al rinvio
commissariale; non vi sarebbe, poi, corrispondenza tra i motivi del
rinvio e quelli del ricorso; e soprattutto il contrasto tra la
normativa comunitaria, direttamente applicabile, e la normativa
interna incompatibile non darebbe luogo a questione di legittimità
costituzionale, ma a disapplicazione della norma interna
incompatibile, da parte di tutti i soggetti competenti,
giurisdizionali e amministrativi. Oltre alla sentenza n. 170 del
1984, la Regione richiama, nella giurisprudenza di questa Corte, le
sentenze nn. 168 del 1991, 389 del 1989, 113 del 1985; l'ordinanza n.
391 del 1992; e, infine, la sentenza n. 115 del 1993.
2. - Va esaminata per prima questa eccezione d'inammissibilità
che, sebbene sostenuta da argomenti di pregio, non può tuttavia
accogliersi.
Senza voler qui porre in discussione la sentenza n. 170 del 1984
(che ha modificato la pregressa giurisprudenza, in base alla quale le
disposizioni di legge nazionale contrarie al regolamento comunitario
precedentemente emanato erano da ritenere costituzionalmente
illegittime per violazione dell'art. 11 della Costituzione), si
impone tuttavia una riflessione sulle implicazioni dell'obbligo di
assicurare la conformità dell' ordinamento interno a quello
comunitario, quale discende dall'art. 11 della Costituzione,
nell'interpretazione che ne ha dato questa Corte, e sulle modalità
di esercizio della potestà legislativa regionale nelle materie in
cui opera la normativa comunitaria.
Va considerato che di fronte alla Comunità europea è lo Stato a
essere responsabile delle violazioni del diritto comunitario, anche
quando derivino dall'esercizio della potestà legislativa della
Regione; e che il mantenimento, nell'ordinamento interno, di un
provvedimento incompatibile con le disposizioni del Trattato - oltre
a creare situazioni di fatto ambigue - è considerato dalla
giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee quale
trasgressione degli obblighi posti dal Trattato stesso. Per quanto,
poi, attiene specificamente alle competenze regionali, questa Corte
ha chiarito che esse sono suscettibili di operare solo ove i loro
contenuti non risultino contrastanti con le discipline e i limiti
introdotti dalla normativa comunitaria e dai conseguenti
provvedimenti attuativi (nella giurisprudenza di questa Corte, v. da
ult. la sent. n. 224 del 1994, nn. 5 e 8 del considerato in diritto).
Senza voler stabilire, qui, una gerarchia di norme (nella specie,
tra il regolamento comunitario e la legge regionale), come teme la
difesa della Regione, si tratta di verificare, nel presente giudizio,
se il perfezionamento del procedimento legislativo regionale non
determini l'introduzione, nel nostro ordinamento, di normativa
obiettivamente contraddittoria con la preesistente normativa
comunitaria. In questa prospettiva non appare pertinente il richiamo
a precedenti decisioni di questa Corte, che hanno dichiarato
l'inammissibilità della questione: la legge regionale impugnata non
è ancora entrata in vigore, e correttamente il Presidente del
Consiglio ha adi'to la Corte nella fase conclusiva dell'iter di
formazione dell'atto normativo al fine di impedire, in radice, il
rischio di inottemperanza agli obblighi comunitari; le decisioni
segnalate dalla Regione riguardano, invece, l'ipotesi della
disapplicazione della norma interna, già vigente, ritenuta
incompatibile con il regolamento comunitario.
Ora, una cosa è risolvere il problema del contrasto tra la norma
comunitaria, direttamente applicabile, e quella interna vigente che
risulti incompatibile, demandandone la soluzione ai giudici di
merito; altra - e ben diversa - è la verifica di legittimità
costituzionale delle deliberazioni legislative dei consigli
regionali, che in pendenza dell'impugnativa promossa dal Governo
innanzi al giudice delle leggi non possono completare l'iter
formativo con la promulgazione, e acquisire efficacia con la
pubblicazione. Né vale obiettare che l'ottemperanza agli obblighi
comunitari - e, quindi, la salvaguardia dell'art. 11 della
Costituzione - sarebbe seguita anche a una pronuncia
d'inammissibilità, motivata in modo tale da precisare che le norme
interne incompatibili con quelle comunitarie vanno comunque
disapplicate da parte di tutti i soggetti pubblici (i giudici, e
anche gli organi amministrativi: cfr., su quest'ultimo punto, la
sentenza di questa Corte n. 389 del 1989, e Corte di giustizia delle
Comunità europee, sent. 22 giugno 1989). Tale soluzione avrebbe
determinato una grave incongruenza, e generato incertezze applicative: trattandosi di un giudizio di legittimità costituzionale in
via principale, non vi è un giudice che, statuendo sul rapporto,
dichiari la disapplicazione, e il destinatario delle prescrizioni
della Corte (sulla necessaria applicazione del regolamento
comunitario) sarebbe stata l'amministrazione regionale; nello stesso
tempo, però, la normativa impugnata sarebbe stata promulgata, pur se
ritenuta non applicabile, e dunque immessa nell'ordinamento giuridico
dello Stato. Con evidente lesione del principio della certezza e
della chiarezza normativa, ed elusione degli obblighi che incombono
sullo Stato italiano, in particolare quello che attiene alla
conformità dell'ordinamento interno a quello comunitario.
È dunque da ammettere l'impugnativa promossa dal Governo avverso
la legge regionale, non ancora entrata in vigore, che si sospetti in
contrasto con la normativa comunitaria. È appena il caso di
aggiungere che non vale la reciproca: l'impugnativa della legge dello
Stato da parte della Regione tocca un atto già in vigore, e il
contrasto tra la norma interna e quella comunitaria potrà essere
definito dai giudici di merito (sent. n. 115 del 1993).
3. - Vanno altresì disattese le ulteriori eccezioni mosse dalla
resistente: la legge riapprovata non ha carattere di "novità", dato
che le modifiche apportate in occasione della seconda deliberazione
sono tutte inerenti alle norme censurate in sede di rinvio; né vi è
apprezzabile "scostamento" tra i motivi del rinvio e quelli del
ricorso, non essendo sufficiente - ove si guardi alla sostanza degli
argomenti - il rilievo che in sede di rinvio ci si appella all'art. 7
del regolamento CEE, mentre il ricorso del Presidente del Consiglio
fa leva sull'art. 6 dello stesso regolamento.
4. - Nel merito, il ricorso è fondato.
Il testo impugnato, anche nella seconda formulazione, prefigura
una chiara elusione dei precetti introdotti dai citati regolamenti
comunitari al fine di contenere le eccedenze nel settore
vitivinicolo: la previa estirpazione non è un requisito accidentale
del procedimento, ma "passaggio obbligato" per assicurare che il
reimpianto dei vigneti sia tale da compensare le estirpazioni. La
diversa disciplina "in sanatoria", qui in esame, rappresenta
un'obiettiva elusione degli obblighi che incombono sullo Stato
italiano in forza della sua appartenenza all'Unione europea ed è
certo un caso di esercizio illegittimo della potestà legislativa
regionale, che va dunque censurato alla luce degli artt. 11 e 117
della Costituzione.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara l'illegittimità costituzionale della legge della Regione
Umbria, approvata una prima volta il 2 febbraio 1994, poi
riapprovata, con modifiche, a seguito di rinvio commissariale, il 31
marzo 1994 (Integrazione della legge regionale 25 gennaio 1993, n. 1
- Norme speciali per il reimpianto dei vigneti nelle zone di
produzione a D.O.C. e/o a D.O.C.G. dell'Umbria).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 novembre 1994.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: GUIZZI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 10 novembre 1994.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA