Titolo
SENT. 289/94 A. GIUDIZIO DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE - IMPUGNATIVA PROPOSTA NEI CONFRONTI DI NORMA DI PRIVILEGIO - RICHIESTA DI SENTENZA ADDITIVA DIRETTA NON AD ELIMINARLA, MA AD AMPLIARNE L'AREA DI OPERATIVITA' - RILEVANZA E AMMISSIBILITA' DELLA QUESTIONE - FATTISPECIE.
Testo
La questione di legittimita' costituzionale va riconosciuta rilevante e pregiudiziale ai fini della decisione da assumere nei giudizi pendenti e quindi ammissibile, quando, deducendo la violazione del principio di eguaglianza, si chiede una pronuncia di tipo additivo diretta non ad eliminare, ma ad estendere, alla categoria di cui ai giudizi 'a quibus', l'area di operativita' della norma di privilegio. (Fattispecie concernente la legittimita' costituzionale della norma introducente un trattamento fiscale privilegiato degli assegni vitalizi percepiti dagli ex parlamentari e dalle categorie equiparate, al fine di estenderne l'applicabilita', con sentenza additiva da parte della Corte, ai titolari di pensione del pubblico impiego, proponenti i procedimenti 'a quibus'). - Nello stesso senso, O. n. 294/1993 (con la quale la Corte costituzionale ha sollevato, nei confronti della norma suddetta, oltre a quelle gia' sollevate da Commissioni tributarie, la ulteriore questione di cui alla successiva massima E). red.: F.S. rev.: S.P.
Titolo
SENT. 289/94 B. PREVIDENZA E ASSISTENZA SOCIALE - ASSEGNI VITALIZI CORRISPOSTI AD EX PARLAMENTARI E ALLE CATEGORIE EQUIPARATE - PENSIONI ORDINARIE SPETTANTI AI PUBBLICI DIPENDENTI IN QUIESCENZA - DIFFERENZE - NON CONFRONTABILITA'.
Testo
Tra gli assegni vitalizi corrisposti ad ex parlamentari e alle categorie equiparate e le pensioni ordinarie spettanti ai pubblici dipendenti in quiescenza, nonostante la presenza di alcuni profili di affinita', non sussiste una identita' ne' di natura ne' di regime giuridico, dal momento che l'assegno vitalizio, a differenza della pensione ordinaria, viene a collegarsi ad una indennita' di carica goduta in relazione all'esercizio di un mandato pubblico, indennita' che, nei suoi presupposti e nelle sue finalita', ha sempre assunto, nella disciplina costituzionale e ordinaria, connotazioni distinte da quelle proprie della retribuzione connessa al rapporto di pubblico impiego. Tale diversita' assume d'altro canto un'evidenza particolare, dal momento che il particolare tipo di previdenza, costituito dall'assegno vitalizio, ha trovato la sua origine in una forma di mutualita' (Casse di previdenza per i deputati e i senatori istituite nel 1956), che si e' gradualmente trasformata in una forma di previdenza obbligatoria di carattere pubblicistico, conservando peraltro un regime speciale, non regolato dalla legge, ma dai regolamenti interni a ciascuna Camera, con aspetti in parte riconducibili al modello pensionistico e in parte tipici del regime delle assicurazioni private. red.: F.S. rev.: S.P.
Riferimenti normativi
decreto-legge
02/03/1989
n. 69
art. 2
co. 6
legge
27/04/1989
n. 154
art. 0
co. 0
Titolo
SENT. 289/94 C. IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE (I.R.PE.F.) - ASSEGNI VITALIZI CORRISPOSTI AD EX PARLAMENTARI E ALLE CATEGORIE EQUIPARATE - ASSOGGETTAMENTO AD IMPOSTA IN PERCENTUALE RIDOTTA MEDIANTE L'ABBATTIMENTO DELLA BASE IMPONIBILE AL 60% DEL REDDITO PERCEPITO - PREVISIONE DEL MEDESIMO TRATTAMENTO PER LE PENSIONI ORDINARIE SPETTANTI AI PUBBLICI DIPENDENTI IN QUIESCENZA - ESCLUSIONE - INGIUSTIFICATA DISPARITA' DI TRATTAMENTO CON INCIDENZA SUL PRINCIPIO DELLA CAPACITA' CONTRIBUTIVA - INSUSSISTENZA.
Testo
La diversita' di natura e di regime che distingue gli assegni vitalizi, corrisposti ad ex parlamentari e alle categorie equiparate, dalle pensioni ordinarie spettanti ai pubblici dipendenti in quiescenza non consente di ravvisare una lesione del principio di eguaglianza nella mancata estensione a questi ultimi del piu' favorevole trattamento fiscale, costituito dall'assoggettamento ad imposta - I.R.PE.F. - in percentuale ridotta (mediante l'abbattimento della base imponibile al 60% del reddito percepito) riservato ai primi. Non e' dunque sotto questo profilo che puo' essere accolta la questione di legittimita' costituzionale sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., nei confronti della norma (art. 2, comma sesto-bis, legge 27 aprile 1989, n. 154) che tale trattamento prevede. - V. la precedente massima B e la successiva massima E. red.: F.S. rev.: S.P.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 3
Costituzione
art. 53
Riferimenti normativi
decreto-legge
02/03/1989
n. 69
art. 2
co. 6
legge
27/04/1989
n. 154
art. 0
co. 0
Titolo
SENT. 289/94 D. IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE (I.R.PE.F.) - RENDITE VITALIZIE COSTITUITE A TITOLO ONEROSO - ASSEGNI VITALIZI CORRISPOSTI AD EX PARLAMENTARI E ALLE CATEGORIE EQUIPARATE - TRATTAMENTO FISCALE - DIVERSITA' DI PRESUPPOSTI.
Testo
Il trattamento fiscale disposto a favore delle rendite vitalizie costituite a titolo oneroso dall'art. 33, terzo comma, del d.P.R. n. 42 del 1988 (con l'abbattimento al 60 per cento della base imponibile) trova la sua spiegazione sia nel fatto che dette rendite vengono costituite mediante provvista di un capitale a totale carico del beneficiario della rendita, e pertanto anche come forma di incentivo al risparmio privato, sia nel fatto che lo stesso beneficiario, nel momento in cui viene a godere della rendita, ha gia' provveduto a versare le imposte sulle quote di capitale destinate a risparmio, con la conseguenza che la riduzione della base imponibile rispetto alle rendite riscosse viene a rappresentare un correttivo giustificato dall'esigenza di evitare l'onere ingiusto di una doppia imposizione. Tali presupposti non si rinvengono con riguardo agli assegni vitalizi - ai quali, con l'art. 2, comma 6-bis, della legge n. 154 del 1989 (abrogato, ma solo 'ex nunc', con l'art. 14, comma 18, della legge n. 537 del 1993) tale trattamento e' stato esteso- erogati a favore dei parlamentari cessati dalla carica, le cui contribuzioni, oltre ad essere integrate con quote a carico dell'erario, risultano, al pari dei contributi pensionistici, suscettibili di detrazione dalla base imponibile rappresentata dagli importi dell'indennita' in carica. red.: F.S. rev.: S.P.
Riferimenti normativi
legge
27/04/1989
n. 154
art. 2
co. 6
decreto-legge
02/03/1989
n. 69
art. 0
co. 0
legge
24/12/1993
n. 537
art. 14
co. 18
decreto del Presidente della Repubblica
04/02/1988
n. 42
art. 33
co. 3
Titolo
SENT. 289/94 E. IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE (I.R.PE.F.) - ASSEGNI VITALIZI CORRISPOSTI AD EX PARLAMENTARI E ALLE CATEGORIE EQUIPARATE - ASSOGGETTAMENTO AD IMPOSTA IN PERCENTUALE RIDOTTA MEDIANTE L'ABBATTIMENTO DELLA BASE IMPONIBILE AL 60% DEL REDDITO PERCEPITO - MEDESIMO TRATTAMENTO FISCALE PREVISTO PER LE RENDITE VITALIZIE COSTITUITE A TITOLO ONEROSO - INGIUSTIFICATA EQUIPARAZIONE CON INCIDENZA SUL PRINCIPIO DELLA CAPACITA' CONTRIBUTIVA - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE PARZIALE.
Testo
Stante l'assenza di una identita' di presupposti, specificamente attinenti alla materia fiscale, tra le rendite vitalizie di cui all'art. 47 lett. h) d.P.R. n. 917/1986 e gli assegni vitalizi percepiti da ex parlamentari e dalle categorie equiparate, non sussistono ragioni idonee a giustificare l'equiparazione normativamente operata tra il regime fiscale degli assegni vitalizi e quello delle rendite vitalizie, al fine di concedere ai primi il trattamento privilegiato riconosciuto dalla legge a favore delle seconde, consistente nella riduzione della base imponibile ai fini I.R.PE.F. al 60 per cento. Pertanto va dichiarata l'illegittimita' costituzionale, per violazione degli artt. 3 e 53 Cost., dell'art. 2, comma sesto-bis, l. 27 aprile 1989, n. 154, di conversione del d.l. 2 marzo 1989, n. 69 (abrogato con l'art. 14, comma 18, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, ma tuttora applicabile e riferibile ai rapporti anteriori) nella parte in cui - mediante equiparazione tra i vitalizi di cui al secondo comma dell'art. 24 ed al penultimo comma dell'art. 29 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e le rendite vitalizie di cui al comma primo lett. h) dell'art. 47 del testo unico approvato con il d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 - riconosce a favore degli stessi vitalizi, ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, un trattamento tributario privilegiato, con l'abbattimento della base imponibile al 60 per cento del reddito percepito. - V. la precedente massima D. red.: F.S. rev.: S.P.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 3
Costituzione
art. 53
Riferimenti normativi
decreto-legge
02/03/1989
n. 69
art. 2
co. 6
legge
27/04/1989
n. 154
art. 0
co. 0
N. 289
SENTENZA 4-13 LUGLIO 1994
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof.
Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI,
prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare
RUPERTO;
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma
sesto-bis, della legge 27 aprile 1989, n. 154, (Conversione in legge,
con modificazioni, del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 69, recante
"Disposizioni urgenti in materia di imposta sul reddito delle persone
fisiche e versamento di acconto delle imposte sui redditi,
determinazione forfettaria del reddito e dell'I.V.A., nuovi termini
per la presentazione della dichiarazione da parte di determinate
categorie di contribuenti, sanatoria di irregolarità formali e di
minori infrazioni, ampliamento degli imponibili e contenimento delle
elusioni, nonché in materia di aliquote I.V.A. e di tasse sulle
concessioni governative"), promosso con ordinanza emessa il 23 giugno
1993 dalla Corte costituzionale - in relazione ai giudizi di
costituzionalità proposti dalla Commissione tributaria di primo
grado di Biella con ordinanza del 19 novembre 1990 (R.O. n. 135 del
1991) e dalla Commissione tributaria di primo grado di Torino con
ordinanze del 24 maggio 1991 e del 4 ottobre 1991 (R.O. nn. 730, 747
e 748 del 1991, e 69 del 1993) - iscritta al n. 447 del registro
ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 36 prima serie speciale dell'anno 1993;
Udito nell'udienza pubblica del 7 giugno 1994 il Giudice relatore
Enzo Cheli;
Ritenuto in fatto
1. - Con ordinanza n. 294 del 24 giugno 1993 (R.O. n. 447 del
1993), la Corte costituzionale ha disposto la trattazione innanzi a
se stessa della questione di legittimità costituzionale dell'art. 2,
comma sesto-bis, della legge 27 aprile 1989, n. 154, "nella parte in
cui prevede un trattamento tributario privilegiato rispetto al regime
ordinario - mediante l'abbattimento della base imponibile al 60% del
reddito percepito - a favore degli assegni vitalizi percepiti dai
soggetti inclusi nelle categorie elencate dagli artt. 24, secondo
comma, e 29, penultimo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600,
in riferimento agli artt. 3 e 53, primo comma, della Costituzione".
La questione è stata sollevata nel corso dei giudizi di
legittimità costituzionale promossi dalla Commissione tributaria di
primo grado di Biella con ordinanza del 19 novembre 1990 (R.O. n. 135
del 1991) e dalla Commissione tributaria di primo grado di Torino con
tre ordinanze del 24 maggio 1991 (R.O. n. 730, 747 e 748 del 1991) e
con una ordinanza del 4 ottobre 1991 (R.O. n. 69 del 1993).
2. - I giudizi nel cui ambito la questione in esame è stata
sollevata si fondano sui presupposti seguenti:
a) nel procedimento promosso da Giovanni Samory contro
l'Intendenza di Finanza di Vercelli avverso il silenzio-rifiuto
maturato sulla istanza di rimborso dell'imposta sul reddito delle
persone fisiche corrisposta in relazione alla pensione percepita
negli anni 1988 e 1989, la Commissione tributaria di primo grado di
Biella, con ordinanza del 19 novembre 1991 (R.O. n. 135 del 1991),
dichiarava rilevante e non manifestamente infondata - con riferimento
agli artt. 3 e 53, primo comma, della Costituzione - la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 2, comma sesto-bis, della legge
27 aprile 1989, n. 154 (che ha convertito, con modificazioni, il
decreto-legge 2 marzo 1989, n. 69), in relazione agli artt. 1 del
d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, 24, secondo comma, e 29, penultimo
comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nonché in relazione
agli artt. 47, primo comma, lett. h), del d.P.R.22 dicembre 1986, n.
917, e 33, terzo comma, del d.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, nella
parte in cui tali norme "limitano ad alcune categorie il beneficio
dell'assoggettamento in misura ridotta (sessanta per cento) ad
imposta I.R.Pe.F. degli importi corrisposti per trattamento
pensionistico".
Il giudice remittente osserva che la norma impugnata - equiparando
i vitalizi di cui al secondo comma dell'art. 24 ed al penultimo comma
dell'art. 29 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 alle rendite
vitalizie di cui all'art. 47, primo comma, lett. h), del d.P.R. 22
dicembre 1986, n. 917 - comportava, in relazione all'art. 33, terzo
comma, del d.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, l'assoggettamento
all'imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta sugli assegni
vitalizi spettanti ai parlamentari cessati dalla carica (ed ai
soggetti inclusi nelle categorie equiparate) nella misura ridotta
conseguente all'abbattimento della base imponibile al 60 per cento
dell'ammontare di detti assegni.
Ad avviso del giudice a quo, una riduzione dell'imponibile - se
può trovare fondamento nei confronti delle indennità di carica
spettanti ai parlamentari in relazione alle spese straordinarie che
gli stessi, nell'esercizio del loro mandato, son tenuti ad affrontare
- non troverebbe, invece, alcuna giustificazione nel momento in cui
tali soggetti cessino dalle loro funzioni. I parlamentari (e gli
appartenenti alle categorie equiparate), una volta cessata la carica,
verrebbero, infatti, a trovarsi, ai fini dell'imposta sul reddito
delle persone fisiche, in una posizione del tutto identica a quella
propria della generalità dei dipendenti pubblici collocati in
pensione, con la conseguenza che il regime di privilegio accordato
dalla normativa impugnata verrebbe ad assumere carattere arbitrario,
ponendosi in contrasto sia con il principio di eguaglianza sancito
dall'art. 3 della Costituzione sia con la regola dettata dall'art.
53, primo comma, della Costituzione, secondo cui tutti sono tenuti a
concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità
contributiva;
b) nei procedimenti promossi da Mario Aubert, Mario Pignatelli,
Giuseppe Danese e Arturo Sofi contro l'Intendenza di Finanza di
Torino avverso il silenzio-rifiuto maturato sulle istanze di rimborso
dell'imposta sul reddito delle persone fisiche corrisposta dagli
stessi sul trattamento di pensione relativo agli anni 1988 e 1989, la
Commissione tributaria di primo grado di Torino, con le ordinanze n.
730, 747 e 748 del 1991 e con l'ordinanza n. 69 del 1993, tutte di
identico contenuto, sollevava analoga questione di costituzionalità
nei confronti dell'art. 2, comma sesto-bis, della legge 27 aprile
1989, n. 154, "nella parte in cui non ricomprende tra i destinatari
di detta norma la pensione corrisposta al personale del pubblico
impiego".
Anche in queste ordinanze la questione veniva motivata sul rilievo
che la normativa impugnata avrebbe dato vita ad un ingiustificato
regime di privilegio contrastante con gli artt. 3 e 53, primo comma,
della Costituzione.
3. - A seguito dell'udienza pubblica del 5 maggio 1992 questa
Corte adottava l'ordinanza istruttoria 22 maggio 1992, mediante la
quale si disponeva di acquisire presso la Camera dei deputati ed il
Senato della Repubblica elementi informativi in ordine al regime
degli assegni vitalizi concessi ai parlamentari cessati dal mandato,
al fine di poter comparare tale regime - in relazione alla contestata
lesione del principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della
Costituzione - da un lato, con quello delle rendite vitalizie di cui
all'art, 47, primo comma, del d.P.R. n. 917 del 1986 e, dall'altro,
con quello delle pensioni spettanti ai dipendenti pubblici collocati
a riposo.
In risposta a tale ordinanza, con lettera del 1 marzo 1993, il
Presidente della Camera dei deputati trasmetteva il regolamento
vigente della previdenza per i deputati, lo statuto ed il regolamento
della Cassa di previdenza per i deputati previgenti all'attuale
disciplina nonché un appunto riepilogativo dei cambiamenti subiti
dall'istituto dell'assegno vitalizio a partire dal 1956, appunto nel
quale venivano esposte le peculiarità della disciplina dell'assegno
vitalizio e, in particolare, le caratteristiche suscettibili di
differenziare tale disciplina da quella del trattamento di quiescenza
previsto per i dipendenti statali.
A sua volta, il Presidente del Senato, con lettera del 4 marzo
1993, trasmetteva il testo aggiornato ed i testi precedenti del
regolamento per la previdenza e assistenza ai senatori e loro
familiari, nonché un parere pro-veritate acquisito dal Senato
nell'ottobre 1991 in tema di contribuzioni al servizio sanitario
nazionale dovute in relazione agli assegni vitalizi spettanti agli ex
parlamentari, richiamando anche l'appunto trasmesso dalla Camera dei
deputati in ragione del rigoroso parallelismo che ha sempre
caratterizzato lo status del parlamentare nelle due Camere.
Successivamente, con lettera del 2 giugno 1993, il Presidente
della Camera dei deputati, ad integrazione delle informazioni già
trasmesse il 1 marzo 1993, faceva rilevare che l'Ufficio di
Presidenza della Camera aveva apportato, in data 1 aprile 1993,
alcune modificazioni al regolamento della previdenza per i deputati
in linea con un più generale disegno di riforma della materia
dell'assegno vitalizio.
4. - Esaurita l'istruttoria, i giudizi proposti dalle Commissioni
tributarie di Biella e di Torino venivano ripresi in esame
all'udienza pubblica dell'8 giugno 1993, a seguito della quale questa
Corte adottava l'ordinanza n. 294 del 24 giugno 1993, che forma
oggetto del presente giudizio.
5. - Con tale ordinanza la Corte ha rilevato:
a) che la questione proposta dalle Commissioni tributarie di
Biella e di Torino investiva l'art. 2, comma sesto-bis, della legge
27 aprile 1984, n. 154, nella parte in cui tale disposizione limitava
il trattamento fiscale privilegiato risultante dal combinato disposto
dell'art. 47, primo comma, lett. h) del d.P.R. 22 dicembre 1986, n.
917, e dell'art. 33, terzo comma, del d.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42 -
consistente nell'abbattimento al 60 per cento della base imponibile
ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche - ai vitalizi
percepiti dalle categorie richiamate negli artt. 24, secondo comma, e
29, penultimo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, senza
estendere lo stesso trattamento a favore della generalità delle
pensioni percepite dal personale del pubblico impiego;
b) che la questione era stata sollevata con riferimento agli
artt. 3 e 53, primo comma, della Costituzione, sul presupposto della
sostanziale identità degli assegni vitalizi spettanti ai
parlamentari cessati dal mandato (o ai soggetti inclusi nelle
categorie equiparate) con le pensioni ordinarie spettanti ai pubblici
dipendenti in quiescenza;
c) che le informazioni assunte presso la Camera dei deputati ed
il Senato della Repubblica, a seguito della ordinanza istruttoria del
22 maggio 1992, avevano posto in evidenza elementi che concorrevano a
differenziare il regime giuridico degli assegni vitalizi dovuti ai
parlamentari cessati dalla carica da quello delle pensioni ordinarie
spettanti ai pubblici dipendenti collocati a riposo, senza di contro
offrire giustificazioni in ordine alla equiparazione, conseguente
dalla norma impugnata, tra il trattamento fiscale di detti assegni
vitalizi e quello delle rendite vitalizie di cui al primo comma,
lett. h), dell'art. 47 del testo unico approvato con il d.P.R. 22
dicembre 1986, n. 917;
d) che, ai fini del giudizio sulla questione proposta dalle
Commissioni tributarie di Biella e di Torino - che mira ad estendere
a tutta l'area delle pensioni connesse al pubblico impiego il
trattamento fiscale privilegiato riconosciuto dalla norma impugnata
nei confronti degli assegni vitalizi spettanti a determinate
categorie - si presentava pregiudiziale valutare la legittimità
costituzionale, sempre con riferimento agli artt. 3 e 53, primo
comma, della Costituzione, dello stesso art. 2, comma sesto-bis,
della legge 27 aprile 1989, n. 154, nella parte in cui tale
disposizione prevede" un trattamento fiscale privilegiato rispetto al
regime ordinario - mediante l'abbattimento della base imponibile al
60 per cento del reddito percepito - a favore degli assegni vitalizi
percepiti dai soggetti inclusi nelle categorie elencate dagli artt.
24, secondo comma, e 29, penultimo comma, del d.P.R. n. 600 del
1973".
Muovendo da tali premesse la Corte ha sollevato dinanzi a se
stessa la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma
sesto-bis, della legge 27 aprile 1989, n. 154, nei termini innanzi
richiamati.
6. - La questione è stata esaminata nell'udienza pubblica del 7
giugno 1994.
Alla stessa udienza sono state riprese in esame anche le ordinanze
innanzi elencate delle Commissioni tributarie di Biella e di Torino,
insieme con altre ordinanze, di contenuto analogo, trasmesse -
successivamente alla pubblicazione dell'ordinanza n. 254 /93 di
questa Corte - dalle Commissioni tributarie di primo grado di Torino
(R.O. n. 346 e 347 del 1993), di Piacenza (R.O. n. 422 e 678 del
1993) e di Bergamo (R.O. n. 136 del 1994).
7. - Va rilevato che, nelle more del giudizio, l'art. 2, comma
sesto-bis, della legge 27 aprile 1989, n. 154, oggetto della
questione, è stato abrogato ad opera dell'art. 14, comma diciotto,
della legge 24 dicembre 1993, n. 537, recante "Interventi correttivi
di finanza pubblica".
Considerato in diritto
1. - La questione in esame investe l'art. 2, comma sesto-bis,
della legge 27 aprile 1989, n. 154 "nella parte in cui prevede un
trattamento tributario privilegiato rispetto al regime ordinario -
mediante l'abbattimento della base imponibile al 60 per cento del
reddito percepito - a favore degli assegni vitalizi percepiti dai
soggetti inclusi nelle categorie elencate agli artt. 24, secondo
comma e 29, penultimo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in
riferimento agli artt. 3 e 53, primo comma, della Costituzione".
La norma impugnata - che, successivamente alla pubblicazione
dell'ordinanza di questa Corte n. 294 del 1993, è stata abrogata
dall'art. 14, comma diciotto, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 -
disponeva che "a decorrere dalla data di entrata in vigore del testo
unico delle imposte sui redditi, approvato con d.P.R. 22 dicembre
1986, n. 917, i vitalizi di cui al secondo comma dell'art. 24 ed al
penultimo comma dell'art. 26, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600,
si intendono, ad ogni effetto, equiparati alle rendite vitalizie di
cui al comma primo, lettera h), dell'art. 47 del testo unico
approvato con il citato d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917".
L'equiparazione "ad ogni effetto" così disposta tra assegni
vitalizi dovuti, in dipendenza della cessazione dalla carica, a
favore dei parlamentari e delle categorie equiparate elencate negli
artt. 24, secondo comma, e 29, penultimo comma, del d.P.R. n. 600 del
1973, e rendite vitalizie, costituite a titolo oneroso, di cui
all'art. 47, primo comma, lett. h) del d.P.R. 22 dicembre 1986, n.
917, consentiva ai titolari degli stessi assegni di godere del
trattamento fiscale privilegiato in precedenza concesso, ai sensi
dell'art. 33, terzo comma, del d.P.R. 4 febbraio 1988. n. 42, ai
titolari delle rendite vitalizie e consistente nell'assoggettamento
all'imposta sul reddito delle persone fisiche nella misura ridotta
commisurata al 60 per cento dell'ammontare percepito.
Nei confronti di tale disposizione, nella parte in cui consentiva
un trattamento tributario privilegiato a favore degli assegni
vitalizi dei parlamentari cessati dal mandato e delle categorie
equiparate, questa Corte, con l'ordinanza di cui è causa, ha
sollevato questione di legittimità costituzionale con riferimento
agli artt. 3 e 53, primo comma, della Costituzione.
2. - Va in primo luogo confermata l'ammissibilità della questione
proposta.
Come già rilevato nell'ordinanza di rimessione, la questione -
venendo a investire la legittimità costituzionale della norma che ha
introdotto un trattamento fiscale privilegiato a favore degli assegni
vitalizi percepiti dai parlamentari cessati dal mandato e dalle
categorie equiparate - si presenta rilevante e pregiudiziale ai fini
della decisione da assumere nei giudizi pendenti innanzi a questa
Corte in relazione alle ordinanze di rimessione adottate dalle
Commissioni tributarie di Biella e di Torino e richiamate nelle
premesse di fatto: ordinanze, che, deducendo la violazione del
principio di eguaglianza, chiedono l'adozione di una pronuncia di
tipo addittivo, diretta non ad eliminare, ma ad ampliare l'area di
operatività della norma di privilegio, estendendo a tutte le
pensioni del pubblico impiego il trattamento fiscale concesso dalla
norma impugnata soltanto a favore dei vitalizi spettanti a soggetti
determinati in conseguenza della cessazione dall'esercizio di una
carica pubblica.
Né sulla rilevanza della questione in esame ha inciso
l'abrogazione della norma di cui è causa disposta con l'art. 14,
comma diciotto, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, dal momento che
questo evento, in relazione alla sua efficacia temporale, non ha
coinvolto neppure indirettamente i giudizi instaurati innanzi alle
Commissioni tributarie di Biella e di Torino, che attengono a
controversie conseguenti da domande di restituzione (o
riliquidazione) di imposte sul reddito delle persone fisiche
corrisposte da pensionati del pubblico impiego con riferimento agli
anni 1988 e 1989.
3. - Nel merito la questione è fondata.
La fondatezza della questione non discende, peraltro, -
diversamente da quanto sostenuto nelle ordinanze delle Commissioni
tributarie di Biella e di Torino - da una lesione del principio di
eguaglianza conseguente dalla diversità del trattamento fiscale
concesso a posizioni sostanzialmente identiche, quali sarebbero, da
un lato, quelle dei titolari di assegni vitalizi goduti in
conseguenza della cessazione di determinate cariche e, dall'altro,
quelle dei titolari di pensioni ordinarie derivanti da rapporti di
impiego pubblico.
Tra le due situazioni - nonostante la presenza di alcuni profili
di affinità - non sussiste, infatti, una identità né di natura né
di regime giuridico, dal momento che l'assegno vitalizio, a
differenza della pensione ordinaria, viene a collegarsi ad una
indennità di carica goduta in relazione all'esercizio di un mandato
pubblico: indennità che, nei suoi presupposti e nelle sue finalità,
ha sempre assunto, nella disciplina costituzionale e ordinaria,
connotazioni distinte da quelle proprie della retribuzione connessa
al rapporto di pubblico impiego.
La diversità tra assegno vitalizio e pensione - pur variando in
relazione alla diversa tipologia dei vitalizi previsti dalla
legislazione in vigore - assume, d'altro canto, un'evidenza
particolare in relazione ai vitalizi spettanti ai parlamentari
cessati dal mandato, dal momento che questo particolare tipo di
previdenza ha trovato la sua origine in una forma di mutualità
(Casse di previdenza per i deputati ed i senatori istituite nel 1956)
che si è gradualmente trasformata in una forma di previdenza
obbligatoria di carattere pubblicistico, conservando peraltro un
regime speciale che trova il suo assetto non nella legge, ma in
regolamenti interni delle Camere (v. il regolamento della previdenza
per i deputati, approvato il 30 ottobre 1968, con successive
modificazioni, ed il regolamento per la previdenza ed assistenza ai
senatori e loro familiari, approvato il 23 ottobre 1968, con
successive modificazioni).
L'evoluzione che, nel corso del tempo, ha caratterizzato questa
particolare forma di previdenza ha condotto anche a configurare
l'assegno vitalizio - secondo quanto è emerso dai dati acquisiti
presso la Presidenza delle due Camere - come istituto che, nella sua
disciplina positiva, ha recepito, in parte, aspetti riconducibili al
modello pensionistico e, in parte, profili tipici del regime delle
assicurazioni private. Con una tendenza che di recente ha accentuato
l'assimilazione del regime dei contributi a carico dei deputati e dei
senatori a quello proprio dei premi assicurativi (v., in particolare,
la delibera dell'Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati n.
61/93 e del Consiglio di presidenza del Senato n. 44/93, dove si
stabilisce, a fini fiscali, di includere i contributi stessi nella
base imponibile dell'indennità parlamentare "in analogia ai premi
assicurativi destinati a costituire le rendite vitalizie").
4. - Se la diversità di natura e di regime che distingue gli
assegni vitalizi dalle pensioni ordinarie non consente, dunque, di
accogliere la questione sotto il profilo della violazione del
principio di eguaglianza, la questione risulta, invece, fondata, con
riferimento agli artt. 3 e 53, primo comma, della Costituzione, sotto
il profilo dell'inesistenza di una ragionevole giustificazione della
equiparazione operata, attraverso la norma impugnata, tra il regime
fiscale degli assegni vitalizi e quello delle rendite vitalizie, al
fine di concedere ai primi il trattamento privilegiato riconosciuto
dalla legge a favore delle seconde.
Tale equiparazione non risulta, invero, giustificata o
giustificabile sul piano della razionalità tributaria, dal momento
che gli assegni vitalizi concessi ai parlamentari cessati dal mandato
ed alle categorie assimilate, se, da un lato, non possono essere
equiparati alle pensioni ordinarie del pubblico impiego, dall'altro,
non possono neppure identificarsi, ai fini del trattamento fiscale,
con le rendite vitalizie costituite a titolo oneroso, di cui all'art.
47, primo comma, lett. h) del d.P.R. n. 917 del 1986.
Il trattamento fiscale disposto a favore delle rendite vitalizie
costituite a titolo oneroso dall'art. 33, terzo comma, del d.P.R. n.
42 del 1988 (con l'abbattimento al 60 per cento della base
imponibile) trova, invero, la sua spiegazione sia nel fatto che dette
rendite vengono costituite mediante provvista di un capitale a totale
carico del beneficiario della rendita - e, pertanto, anche come forma
di incentivo al risparmio privato - sia nel fatto che lo stesso
beneficiario, nel momento in cui viene a godere della rendita, ha
già provveduto a versare le imposte sulle quote di capitale
destinate a risparmio. La riduzione della base imponibile rispetto
alle rendite riscosse viene, dunque, in questo caso, a rappresentare
un correttivo giustificato dall'esigenza di evitare l'onere ingiusto
di una doppia imposizione.
Tali presupposti non ricorrevano, invece, - in relazione al regime
dei vitalizi vigente al momento dell'adozione della norma impugnata -
nei confronti degli assegni erogati a favore dei parlamentari cessati
dalla carica, le cui contribuzioni, oltre ad essere integrate con
quote a carico dell'erario, risultavano, al pari dei contributi
pensionistici, suscettibili di detrazione dalla base imponibile
rappresentata dagli importi dell'indennità di carica.
Stante l'assenza di una identità di presupposti, specificamente
attinenti alla materia fiscale, tra rendite vitalizie di cui all'art.
47, lett. h) del d.P.R. n. 917 del 1986 e gli assegni vitalizi di cui
agli artt. 24, secondo comma, e 29, penultimo comma del d.P.R. n. 600
del 1973, non sussistevano, pertanto, ragioni idonee a giustificare,
rispetto ai due istituti, l'identità di trattamento fiscale che si
è inteso perseguire attraverso la norma impugnata. Norma che - va
ricordato - fu approvata dal Senato con l'adozione contestuale di un
ordine del giorno che impegnava il Governo a provvedere "alla
sollecita emanazione di norme interpretative al fine di evitare
conseguenze di ordine fiscale" (v. seduta del 20 aprile 1989 e o.d.g.
Mancino ed altri, in Atti Senato, X legislatura, pagg. 41 ss).
L'assenza di motivi idonei a giustificare la riduzione della base
imponibile operata attraverso la norma in esame, conduce, dunque, ad
affermare l'illegittimità della stessa, per violazione degli artt. 3
e 53, primo comma, della Costituzione.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, comma
sesto-bis, della legge 27 aprile 1989, n. 154 (Conversione in legge,
con modificazioni del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 69 recante
"Disposizioni urgenti in materia di imposta sul reddito delle persone
fisiche e versamento di acconto delle imposte sui redditi,
determinazione forfettaria del reddito e dell'I.V.A., nuovi termini
per la presentazione della dichiarazione da parte di determinate
categorie di contribuenti, sanatoria di irregolarità formali e di
minori infrazioni, ampliamento degli imponibili e contenimento delle
elusioni, nonché in materia di aliquote I.V.A. e di tasse sulle
concessioni governative"), nella parte in cui - mediante
l'equiparazione tra i vitalizi di cui al secondo comma dell'art. 24
ed al penultimo comma dell'art. 29 del d.P.R. 29 settembre 1973, n.
600 e le rendite vitalizie di cui al comma primo, lett. h) dell'art.
47 del testo unico approvato con il d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 -
riconosce a favore degli stessi vitalizi, ai fini dell'imposta sul
reddito delle persone fisiche, un trattamento tributario
privilegiato, con l'abbattimento della base imponibile al 60 per
cento del reddito percepito.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 luglio 1994.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: CHELI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 13 luglio 1994.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA