Titolo
SENT. 274/90 A. GIUDIZIO DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE - APPLICABILITA' DELLA NORMA DENUNCIATA NEL GIUDIZIO 'A QUO' - VALUTAZIONE DA PARTE DELLA CORTE - ESCLUSIONE - IUS SUPERVENIENS - DISPOSIZIONE CONFERMATIVA DI QUELLA IMPUGNATA - RIMESSIONE DEGLI ATTI AL GIUDICE 'A QUO' - ESCLUSIONE.
Testo
Non e' consentito alla Corte costituzionale valutare l'esattezza della decisione del giudice 'a quo' d'applicare la norma denunciata (nella specie: art. 589, quinto comma, nel testo originario del cod. proc. pen. del 1930); ne' di rimettere allo stesso gli atti ove, in caso di ius superveniens, la nuova legge (nella specie: art. 684 cod. proc. pen. del 1988), confermi, sul punto, la disposizione impugnata.
Titolo
SENT. 274/90 B. PENA - ESECUZIONE - RINVIO FACOLTATIVO - IPOTESI - PRESENTAZIONE DELLA DOMANDA DI GRAZIA - ORDINE DI CARCERAZIONE DEL CONDANNATO GIA' ESEGUITO - DISPOSIZIONE DEL CODICE DI PROCEDURA PENALE PREVIGENTE - ATTRIBUZIONE AL MINISTRO DI GRAZIA E GIUSTIZIA E NON AL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA DEL POTERE DI DIFFERIRE L'ESECUZIONE DELLA PENA - IRRAGIONEVOLEZZA - VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 'IN PARTE QUA'.
Testo
E' manifestamente irrazionale il deferimento al potere esecutivo della decisione in tema di rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena nell'ipotesi di avvenuta presentazione della domanda di grazia, prevista dal n. 1 del primo comma dell'art. 147 cod. pen., mentre per le analoghe ipotesi di cui ai nn. 2 (grave infermita' fisica) e 3 (donna che ha partorito da meno di un anno) della stessa disposizione la decisione e' rimessa al Tribunale di sorveglianza, ove si consideri che i poteri conferiti in materia di grazia al magistrato di sorveglianza dall'ordinamento penitenziario confermano che la prognosi favorevole alla concedibilita' del beneficio ben puo' essere effettuata anche dalla magistratura di sorveglianza, in quanto se l'organo monocratico-magistrato di sorveglianza e' in grado, per l'ordinamento penitenziario, di emettere un parere, sia pure non vincolante, in materia di grazia, 'a fortiori' detto Tribunale e' nella possibilita' d'effettuare prognosi in ordine alla elargibilita' di tale beneficio; ed inoltre che, per quanto funzionalmente destinato ad impedire, specie per le pene brevi, la vanificazione della concessione della grazia, il differimento dell'esecuzione della pena previsto dal n. 1 del primo comma dell'art. 147 cit. e' istituto del tutto autonomo rispetto a tale concessione, ed infatti comporta, ove la grazia venga rifiutata, che la decisione d'un organo del potere esecutivo incida sull'esecuzione d'un giudicato penale, sospendendolo, senza attenersi a regole o canoni di sorta; e soprattutto che identiche situazioni di fatto possono dar luogo a diverse se non opposte decisioni e, comunque, danno sempre causa a diversita' assoluta di procedure e garanzie solo che l'interessato abbia posto le stesse (ad es. grave infermita' fisica) a sostegno della richiesta di rinvio dell'esecuzione della pena ex art. 147, primo comma, n. 2, oppure a fondamento di una domanda di grazia, con correlata istanza di rinvio dell'esecuzione della pena ex art. 147, primo comma, n.1. Pertanto, e' costituzionalmente illegittimo - per contrasto con l'art. 3, comma primo, Cost. (restando assorbiti i riferimenti alle altre violazioni di norme costituzionali denunciate) - l'art. 589, terzo comma, nel testo originario del codice di procedura penale del 1930, nella parte in cui, nel caso previsto dall'art. 147, primo comma, n. 1, cod. pen., attribuisce al Ministro di Grazia e Giustizia e non al Tribunale di sorveglianza il potere di differire l'esecuzione della pena. - S. nn. 110/1974; 204/1974; 102/1976; 114/1979.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 3
co. 1
Riferimenti normativi
codice di procedura penale
n. 0
art. 589
co. 3
Titolo
SENT. 274/90 C. PENA - PENA MILITARE - ESECUZIONE - RINVIO FACOLTATIVO - IPOTESI - PRESENTAZIONE DELLA DOMANDA DI GRAZIA - DISPOSIZIONE DEL CODICE PENALE MILITARE DI PACE - ATTRIBUZIONE AL MINISTRO DA CUI DIPENDE IL MILITARE CONDANNATO E NON AD UN ORGANO DELLA GIURISDIZIONE MILITARE DEL POTERE DI DIFFERIRE L'ESECUZIONE DELLA PENA - IRRAGIONEVOLEZZA - VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 'IN PARTE QUA'.
Testo
Per le stesse ragioni che hanno indotto a ritenere (v. massima B) costituzionalmente illegittima l'analoga norma contenuta nell'art. 589, terzo comma, nel testo originario del codice di procedura penale del 1930, va dichiarata l'illegittimita' costituzionale - per contrasto con l'art. 3, comma primo, Cost. - dell'art. 402 del codice penale militare di pace, nella parte in cui attribuisce al Ministro da cui dipende il militare condannato e non al Tribunale militare di sorveglianza il potere di differire l'esecuzione della pena ai sensi del primo comma dell'art. 147, n. 1, del codice penale.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 3
co. 1
Riferimenti normativi
codice penale militare di pace
n. 0
art. 402
co. 0
Titolo
SENT. 274/90 D. PENA - ESECUZIONE - RINVIO FACOLTATIVO - IPOTESI - PRESENTAZIONE DELLA DOMANDA DI GRAZIA - DISPOSIZIONE DEL CODICE DI PROCEDURA PENALE VIGENTE - ATTRIBUZIONE AL MINISTRO DI GRAZIA E GIUSTIZIA E NON AL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA DEL POTERE DI PROVVEDERE AL DIFFERIMENTO DELLA PENA - IRRAGIONEVOLEZZA - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE PARZIALE IN VIA CONSEGUENZIALE.
Testo
In conseguenza della decisione adottata (dichiarazione di illegittimita' costituzionale parziale) nei confronti dell'art. 589, comma terzo, nel testo originario del cod. proc. pen. del 1930 (v. massima B), va dichiarato costituzionalmente illegittimo, ai sensi dell'art. 27, l. n. 87 del 1953, l'art. 684, comma primo, del codice di procedura penale del 1988 nella parte in cui attribuisce al Ministro di Grazia e Giustizia e non al Tribunale di sorveglianza di provvedere al differimento della pena ai sensi dell'art. 147, primo comma, n. 1, del codice penale.
Altri parametri e norme interposte
legge
11/03/1953
n. false
art. 27
Riferimenti normativi
codice di procedura penale
n. 0
art. 684
co. 1
N. 274
SENTENZA 23-31 MAGGIO 1990
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: dott. Francesco SAJA;
Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo
CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
CAIANIELLO,
avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 589, quinto
comma, del codice di procedura penale in relazione all'art. 147,
primo comma, n. 1, del codice penale e dell'art. 402 del codice
penale militare di pace, promosso con l'ordinanza emessa il 21
settembre 1989 dal Tribunale militare di sorveglianza di Roma nel
procedimento penale a carico di Tancredi Antonio, iscritta al n. 522
del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 1989;
Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 21 febbraio 1990 il Giudice
relatore Renato Dell'Andro;
Ritenuto in fatto
1. - Con ordinanza emessa il 21 settembre 1989, il Tribunale
militare di sorveglianza di Roma ha sollevato, in riferimento agli
artt. 3, 13 e 24 Cost., questione di legittimità costituzionale
dell'art. 589, quinto comma, del codice di procedura penale nella
parte in cui - nel caso previsto dall'art. 147, primo comma, n. 1,
del codice penale e per effetto dell'art. 402 del codice penale
militare di pace - attribuisce al Ministro da cui dipende il militare
condannato e non ad un organo della giurisdizione militare, il potere
di concedere la sospensione dell'esecuzione della pena militare - a
seguito di domanda di grazia - quando l'ordine di carcerazione del
condannato militare sia già stato eseguito.
Dopo aver ricordato che questa Corte, con sentenza n. 114 del
1979, ha già dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art.
589, quinto comma, del codice di procedura penale nella parte in cui
- nel caso di grave infermità fisica del condannato, previsto
dall'art. 147, primo comma, n. 2, del codice penale - attribuisce al
Ministro di grazia e giustizia il potere di sospendere l'esecuzione
della pena, quando l'ordine di carcerazione del condannato sia già
stato eseguito, il giudice a quo osserva che tutte e tre le ipotesi
contemplate nel primo comma dell'art. 147 del codice penale sono
manifestazioni d'un unico principio (ingerenza del potere
amministrativo nei confronti d'una sentenza definitiva di condanna) e
che proprio su tale principio s'è incentrata la censura di questa
Corte.
Pertanto, secondo il Tribunale militare di sorveglianza, la norma
impugnata contrasta in primo luogo con l'art. 13 Cost., in quanto il
potere, discrezionale ed insindacabile, del Ministro di concedere o
negare, in pendenza di domanda di grazia, la sospensione della già
iniziata esecuzione della pena detentiva militare non trae alcun
fondamento dalle regole costituzionali (art. 107 e 110 Cost.) pur
trattandosi di materia sottratta alla competenza degli organi
esecutivi e rientrante nella previsione dell'art. 13 Cost. Del resto,
la ricordata sentenza n. 114 del 1979 ha evidenziato che il potere di
decidere sul rinvio dell'esecuzione della pena concerne da un lato le
restrizioni della libertà personale e dall'altro l'attuazione della
potestà punitiva dello Stato; sicché tale potere non può essere
attribuito al Ministro senza vulnerare la sfera degli organi
giurisdizionali e senza porsi in contrasto con il sistema della
Costituzione e con il principio della funzione propria dell'ordine
giudiziario e della sua distinzione dagli altri poteri dello Stato.
In secondo luogo, a parere del giudice a quo, la norma impugnata
contrasta con l'art. 3 Cost. in quanto, in base alla legislazione ora
vigente, il tribunale militare di sorveglianza è competente in
ordine al rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena detentiva
militare, per il caso di cui all'art. 147, primo comma, n. 2, del
codice penale e non pure per il caso di cui al n. 1 dello stesso
comma. Invero, l'apparente diversità dei presupposti (grave
infermità fisica o presentazione di domanda di grazia) non può
comunque ritenersi, di per sé, motivo sufficientemente ragionevole
per la diversificazione dell'organo (giurisdizionale o
amministrativo) attributario del potere decisionale in proposito.
Infatti, il potere del Capo dello Stato di concedere la grazia deve
mantenersi distinto dal potere di sospendere, in via temporanea e
anticipatoria, l'iniziata esecuzione del giudicato penale, ora
esercitabile dall'organo amministrativo che, solo per prassi, ha la
facoltà di proporre la concessione della grazia.
La norma impugnata, sempre secondo il giudice a quo, è inoltre
censurabile anche sotto il profilo della manifesta irragionevolezza,
in quanto consente di pervenire a risultati difformi pur in presenza
di identiche situazioni, oggettive e soggettive. Infatti, nel caso di
due condannati alla stessa pena detentiva ed affetti dalla stessa
grave infermità, la competenza a decidere sulla sospensione
dell'esecuzione della pena sarà dell'organo giudiziario o
amministrativo a seconda che l'interessato abbia posto tale sua
condizione personale a sostegno della più appropriata richiesta di
rinvio dell'esecuzione della pena ai sensi dell'art. 147, primo
comma, n. 2, del codice penale oppure a sostegno d'una (magari
strumentale) domanda di grazia, con diversità assoluta di procedure
e garanzie, rilevante anche sotto il profilo della violazione
dell'art. 24 Cost. L'irragionevolezza si profila inoltre anche nel
caso in cui lo stesso condannato, dopo aver proposto con esito
negativo domanda di sospensione ex art. 147, n. 2, del codice penale,
riproponga la domanda, basata sugli stessi motivi di salute, facendo
ricorso al disposto n. 1 dello stesso articolo e conseguendo, magari,
un risultato favorevole.
Il giudice a quo osserva infine che l'irragionevolezza della
disciplina sopravvive anche nel nuovo codice di procedura penale,
che, con l'art. 684, primo comma, continua ad attribuire al tribunale
di sorveglianza la competenza a provvedere in ordine al differimento
dell'esecuzione delle pene detentive nei casi previsti dagli artt.
146 e 147 del codice penale, "salvo quello previsto dall'art. 147,
primo comma, n. 1, del codice penale, nel quale provvede il Ministro
di grazia e giustizia".
2. - È intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, ed ha chiesto che la questione sia dichiarata infondata,
argomentando sostanzialmente nel senso che non è vero che le ipotesi
previste nel primo comma dell'art. 147 del codice penale siano
riconducibili alla medesima ratio.
Infatti, mentre le ipotesi di cui ai nn. 2 e 3 ancorano
l'esercizio dei poteri del Ministro a presupposti obiettivi e
verificabili e quindi consentono l'esercizio della discrezionalità,
con conseguente configurazione della posizione soggettiva del
condannato in termini, se non di diritto, quanto meno d'interesse
protetto, al contrario, l'ipotesi di cui al n. 1, ancorando
l'esercizio del potere alla presentazione della domanda di grazia, si
ricollega agli stessi presupposti per la concessione del
provvedimento di clemenza, nel senso che l'Autorità amministrativa
disporrà o meno la liberazione del condannato a seconda che il
giudizio prognostico sulla concedibilità del beneficio sia o meno
favorevole.
Poiché l'istituto della grazia è svincolato da ogni presupposto
sostanziale, essendo espressione del potere sovrano di clemenza,
riconosciuto dall'art. 87 Cost. nella sua pienezza, e potendo
ricollegarsi alle più diverse valutazioni, di tipo umanitario,
equitativo, politico od anche celebrativo, non v'è alcun criterio,
obiettivo e verificabile, sul cui parametro possa dispiegarsi
l'esercizio d'una discrezionalità in senso tecnico. Mancano quindi i
presupposti per una giurisdizionalizzazione della liberazione in
corso d'esecuzione della pena nell'ipotesi di presentazione della
domanda di grazia.
La valutazione in ordine alla probabilità di accoglimento della
domanda di grazia e così in ordine all'opportunità della
sospensione dell'esecuzione della pena, non può quindi non essere
demandata alla stessa autorità cui è attribuito il potere di
grazia, e cioè al Ministro che istruisce la domanda e controfirma
l'atto presidenziale. Né può giovare alla tesi della
giurisdizionalizzazione la circostanza che il tribunale di
sorveglianza abbia un ruolo nella procedura, poiché tale ruolo è
limitato alla formulazione d'un parere in nessun modo vincolante.
Proprio per tale motivo - e cioè per la considerazione che la
prognosi favorevole sulla concedibilità del beneficio può essere
effettuata solo dall'organo che esercita il relativo potere - il
nuovo codice di procedura, pur accogliendo il principio della
giurisdizionalizzazione di tutta la fase dell'esecuzione della pena,
ha fatto salva l'ipotesi di cui all'art. 147, primo comma, n. 1, del
codice penale.
Considerato in diritto
1. - Va osservato che la Corte deve decidere innanzitutto sulla
legittimità della disposizione impugnata nell'ordinanza di
rimessione, non essendole consentito valutare l'esattezza della
decisione del giudice a quo d'applicare la stessa legge; e non può
rimettere gli atti al medesimo giacché la nuova legge (e di ciò è
ben consapevole lo stesso giudice a quo) conferma, sul punto, la
disposizione impugnata.
Nel merito, la sollevata questione di costituzionalità è
fondata.
È ben noto il rilievo che la fase esecutiva della pena ha assunto
nel moderno diritto penale: l'effettiva realizzazione delle funzioni
e dei fini assegnati alla pena dipende in gran parte, se non in
tutto, dalle regole e dal modo come la stessa pena viene eseguita.
Per queste ragioni è sorto, di recente, un movimento
internazionale teso ad armonizzare la fase esecutiva delle sanzioni
penali con il notevole grado di raffinatezza scientifica ed umana che
le stesse sanzioni (da prettamente retributive a
preventivo-rieducative: cfr. art. 27, terzo comma, Cost.) sia pur tra
notevoli difficoltà e non sempre con risultati sicuri, hanno
raggiunto.
Il primo obiettivo del citato movimento, che da noi ha condotto
dapprima all'istituzione del magistrato di sorveglianza e dipoi alla
costituzione d'un organo collegiale, maggiormente garante, il
Tribunale di sorveglianza (e, cioè, in pratica, ha condotto alla
giurisdizionalizzazione della fase esecutiva delle sanzioni penali)
è stato quello di sottrarre all'amministrazione, in generale ed al
Governo, in particolare, le più importanti decisioni relative al
momento esecutivo delle sanzioni penali.
Al raggiungimento del predetto obiettivo hanno offerto decisivi
contributi importanti sentenze di questa Corte.
Viene, infatti, solitamente ricordata (anche l'ordinanza di
rimessione vi si sofferma) la sentenza 6 agosto 1979, n. 114 con la
quale, richiamandosi precedenti decisioni (es. sentenze nn. 110 del
1974 e 204 del 1974) dapprima si conferma che i poteri attribuiti al
Ministro di Grazia e Giustizia (ad es., di revocare, ex art. 207,
ultimo comma, del codice penale, le misure di sicurezza prima della
decorrenza del tempo corrispondente alla durata minima fissata dalla
legge o di concedere la liberazione condizionale ex art. 176 del
codice penale) non trovano fondamento, neppure nell'ipotesi di rinvio
facoltativo dell'esecuzione della pena, ex art. 147, primo comma, n.
2 del codice penale (in riferimento all'art. 589 del codice di
procedura penale) in regole costituzionali e dipoi si sottolinea che
la potestà punitiva dello Stato, come già affermato dalla sentenza
di questa Corte n. 204 del 1974, non può essere spostata in capo al
Ministro senza vulnerare la sfera di competenza degli organi ad essa
istituzionalmente preposti. La predetta sentenza conclude, in
proposito, che la norma attributiva della competenza al Ministro, in
sede di differimento dell'esecuzione della pena, ai sensi dell'art.
147, primo comma, n. 2 del codice penale, va dichiarata illegittima
perché, fra l'altro, contrasta con il sistema della Costituzione
nonché con il principio dell'esclusività della funzione propria
dell'ordine giudiziario e della sua distinzione dagli altri poteri
dello Stato.
Né va dimenticata, in proposito, la sentenza di questa Corte n.
102 del 1976; quest'ultima decisione, sia pure per una diversa
situazione, precisa che, ove la disamina dei presupposti d'una
determinata misura da assumere in sede d'esecuzione della pena possa
condurre a conseguenze potenzialmente ablative degli effetti d'un
giudicato, non può esser deferita a nessun organo del potere
esecutivo ma va affidata ad un organo giurisdizionale.
2. - Le ricordate decisioni di questa Corte sono tanto
significative che, all'indomani dell'emissione della sentenza 6
agosto 1979 n. 114, parte della dottrina, pur rilevando la mancanza,
nella stessa sentenza, della dichiarazione d'illegittimità
conseguenziale delle altre due ipotesi di competenza "ministeriale"
in tema di differimento dell'esecuzione della pena (nn. 1 e 3 del
primo comma dell'art. 147 del codice penale) ha sottolineato che
tutte e tre le ipotesi contemplate nell'art. 147, primo comma, del
codice penale sono espressione d'uno stesso principio, attinente
all'ingerenza del potere esecutivo, dopo la pronuncia di sentenza
definitiva di condanna, in decisioni riservate all'autorità
giudiziaria e che proprio contro tale principio si era appuntata la
censura di questa Corte. La stessa dottrina auspicava, pertanto, che
i residui poteri ministeriali in tema di differimento dell'esecuzione
della pena detentiva venissero quanto prima rimessi alla competenza
dell'autorità giudiziaria di sorveglianza.
3. - È ben vero, come è stato osservato dall'Avvocatura dello
Stato, che le tre ipotesi di cui all'art. 147 del codice penale, pur
essendo formalmente unificate dal fatto di costituire condizioni per
l'esercizio del potere di liberazione del condannato, ai sensi
dell'art. 589, quinto comma, del codice di procedura penale, sono ben
diverse sotto il profilo dei presupposti sostanziali. E, tuttavia,
mentre non può negarsi che le decisioni di tutte le ipotesi di cui
all'art. 147 del codice penale - potendo, anche se per delimitati
tempi, dar luogo a conseguenze ablative degli effetti d'un giudicato
penale - non vanno, come già in precedenza ricordato, rimesse, senza
alcun limite, alla discrezionalità del potere esecutivo, sono
appunto i poteri conferiti in materia di grazia al magistrato di
sorveglianza dall'ordinamento penitenziario a confermare che la
prognosi favorevole alla concedibilità del beneficio ben può essere
effettuata anche dalla magistratura di sorveglianza. Se l'organo
monocratico-magistrato di sorveglianza è in grado, per l'ordinamento
penitenziario, d'emettere un parere, sia pur non vincolante, in
materia di grazia, "a fortiori" il Tribunale di sorveglianza è nella
possibilità d'effettuare prognosi in ordine alla concedibilità del
beneficio.
D'altra parte, per quanto funzionalmente destinata ad impedire,
specie per le pene brevi, la vanificazione della concessione della
grazia (che potrebbe rivelarsi tardiva ove non esistesse la
possibilità della sospensione ex art. 147, primo comma, n. 1, del
codice penale) l'istituto del differimento dell'esecuzione della pena
previsto dal n. 1 del primo comma dell'art. 147 del codice penale è
del tutto autonomo rispetto alla concessione della grazia: ove, ed è
non certo raro che ciò avvenga, la grazia venga rifiutata, la
decisione d'un organo del potere esecutivo avrebbe inciso
sull'esecuzione d'un giudicato penale, sospendendolo, senza attenersi
a regole o canoni di sorta.
Vero è che l'unificazione nel Tribunale di sorveglianza delle
decisioni attinenti a tutte e tre le ipotesi contemplate nell'art.
147, primo comma, del codice penale (con la conseguente abolizione
d'ogni potere in proposito del Ministro di Grazia e Giustizia) era
stata espressamente prevista dalla Relazione al progetto preliminare
del nuovo codice di procedura penale nella quale si legge: "L'art.
684 conferisce al Tribunale di sorveglianza la competenza a
provvedere in tema di rinvio obbligatorio o facoltativo
dell'esecuzione della pena detentiva, conformemente a quanto già
previsto dalla recente modifica dell'ordinamento penitenziario:
peraltro, tale competenza è stata adesso estesa anche alle ipotesi
dell'art. 147, primo comma, del codice penale (domanda di grazia)
sembrando ciò coerente sia con le nuove attribuzioni della
magistratura di sorveglianza in tema di grazia sia con il principio
della giurisdizionalizzazione di tutti i provvedimenti che incidono
sulla libertà personale".
Il "ritorno" sulle tradizionali posizioni, in sede di relazione
ministeriale al progetto definitivo del nuovo codice di procedura
penale, motivata con il rilievo che "la prognosi favorevole sulla
concedibilità del beneficio può essere effettuata soltanto
dall'organo che nella prassi costituzionale esercita il relativo
potere", oltre che contraddittoria rispetto alla limpida motivazione
della relazione al progetto preliminare (coerenza dell'attribuzione
al Tribunale di sorveglianza anche della decisione sul differimento
ex art. 147, primo comma, n. 1, con le "nuove attribuzioni della
magistratura di sorveglianza in tema di grazia" e, soprattutto, "con
il principio della giurisdizionalizzazione di tutti i provvedimenti
che incidono sulla libertà personale") va disatteso con riferimento
agli artt. 3, primo comma, e 24 Cost.
Non essendovi vincoli costituzionalmente determinati per
l'esercizio del potere di grazia da parte del Presidente della
Repubblica o la prognosi sulla concedibilità del beneficio non è
formulabile da alcun organo, giudiziario o politico che sia (ed in
tal caso l'ipotesi dell'art. 147, primo comma, n. 1 andrebbe
eliminata) oppure la ratio innanzi prospettata, soprattutto per le
pene brevi, va condivisa con il conseguente mantenimento delle
ipotesi in questione: ma la decisione sulla medesima va rimessa a
quello stesso Tribunale di sorveglianza competente a decidere per le
analoghe ipotesi di cui all'art. 147, primo comma, nn. 2 e 3.
L'irragionevolezza insita nell'attuale deferimento al potere
esecutivo della decisione in ordine al caso di cui al n. 1 del primo
comma dell'art. 147 del codice penale è resa ancora più manifesta
ove si consideri che identiche situazioni di fatto (ad es. grave
infermità fisica) possono dar luogo a diverse se non opposte
decisioni e, comunque, danno sempre causa a diversità assoluta di
procedure e garanzie (rilevanti certamente anche sotto il profilo
dell'art. 24 Cost.) sol che l'interessato abbia posto le predette
situazioni di fatto a sostegno della richiesta di rinvio
dell'esecuzione della pena ex art. 147, primo comma, n. 2 del codice
penale (la cui decisione è di competenza del Tribunale di
sorveglianza) oppure a fondamento d'una domanda di grazia, con
correlata richiesta di rinvio dell'esecuzione della pena ex art. 147,
primo comma, n. 1 del codice penale, la competenza a decidere di
quest'ultimo rinvio essendo devoluta, invece, al potere esecutivo.
Non risulta, peraltro, anomalo che, in sede di decisione
dell'ipotesi di cui al n. 1 del primo comma dell'art. 147 del codice
penale, il Tribunale di sorveglianza possa esprimersi anche in ordine
alla sospensione della pena pecuniaria; non vanno, infatti, ancora
una volta dimenticati i numerosi ed ampi poteri conferiti al
magistrato ed allo stesso Tribunale di sorveglianza dalla legge 10
ottobre 1986 n. 663 di organica riforma dell'ordinamento
penitenziario.
È, in conclusione, manifestamente irrazionale (e, dunque,
violativo dell'art. 3, primo comma, Cost.) disciplinare analoghe
ipotesi, incidenti tutte sulla libertà personale, in maniera tanto
diversa.
I riferimenti alle altre violazioni di norme costituzionali, di
cui all'ordinanza di rimessione, vengono, pertanto, assorbiti dalla
lesione dell'art. 3, primo comma, Cost.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 589, terzo comma
nel testo originario del codice di procedura penale del 1930, nella
parte in cui, nel caso previsto dall'art. 147, primo comma, n. 1 del
codice penale, attribuisce al Ministro di Grazia e Giustizia e non al
Tribunale di sorveglianza il potere di differire l'esecuzione della
pena;
Dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 402 del codice
penale militare di pace, nella parte in cui attribuisce al Ministro
da cui dipende il militare condannato e non al Tribunale militare di
sorveglianza il potere di differire l'esecuzione della pena ai sensi
del primo comma dell'art. 147, n. 1 del codice penale;
Visto l'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
Dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 684 del codice
di procedura penale del 1988 nella parte in cui attribuisce al
Ministro di Grazia e Giustizia e non al Tribunale di sorveglianza di
provvedere al differimento della pena ai sensi dell'art. 147, primo
comma, n. 1, del codice penale.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta,
il 23 maggio 1990.
Il Presidente: SAJA
Il redattore: DELL'ANDRO
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 31 maggio 1990.
Il direttore della cancelleria: MINELLI