ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 648,
comma secondo, cod. proc. civ. in relazione agli artt. 633, comma
primo, n. 3, e 636 stesso codice, promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 18 gennaio 1977 dal Giudice istruttore del
Tribunale di Genova nel procedimento civile vertente tra Di Lella Mario
e Cantalini Aurelio, iscritta al n. 277 del registro ordinanze 1977 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 198 del 1977;
2) ordinanza emessa l'8 luglio 1981 dal Giudice istruttore del
Tribunale di Novara nel procedimento civile vertente tra Sguazzini
Riccardo c/ s.r.l. Debeaux Italia, iscritta al n. 631 del registro
ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 5 del 1982;
3) ordinanza emessa il 6 novembre 1981 dal Pretore di Fermo nel
procedimento civile vertente tra Calzaturificio Femas c/ Ditta
I.T.E.A., iscritta al n. 846 del registro ordinanze 1981 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 109 del 1982.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nella camera di consiglio dell'11 aprile 1984 il Giudice
relatore Virgilio Andrioli.
Ritenuto in fatto:
1.1. - Con ordinanza emessa l'8 luglio 1981 (notificata il 29 dello
stesso mese di luglio; pubblicata nella G. U. n. 5 del 6 gennaio 1982 e
iscritta al n. 631 R.O. 1981), il giudice istruttore nel giudizio di
opposizione a decreto ingiuntivo, instaurato avanti il Tribunale di
Novara ad istanza di Sguazzini Riccardo nei confronti della s.r.l.
Debeaux Italia, ha giudicato rilevante e non manifestamente infondata,
in riferimento all'art. 24 (e non anche all'art. 3) Cost., la questione
d'illegittimità costituzionale dell'art. 648 comma secondo c.p.c., che
impone al giudice dell'opposizione di concedere in ogni caso la
provvisoria esecuzione se la parte che l'ha chiesta offre cauzione per
l'ammontare delle eventuali restituzioni, spese e danni opponendo ai
motivi, sulla base dei quali questa Corte ritenne non fondata la
questione con sentt. 62/1966 e 17/1969, che I) la facoltà, al giudice
riservata, di ridurre la cauzione per essere le eccezioni del convenuto
scarsamente fondate opererebbe (non sull'an sibbene) sul quantum della
cauzione e, comunque, non rileverebbe nel caso concreto in cui il
giudice aveva respinto la richiesta di esecuzione provvisoria avanzata
dall'opposto ai sensi dell'art. 648 comma primo c.p.c., II) la
cauzione, essendo prestata in denaro, sarebbe soggetta alla
sopravvenuta svalutazione monetaria incidente sul credito, cui la
cauzione medesima è ragguagliata.
1.2. - Avanti la Corte nessuna delle parti si è costituita né ha
spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.
2.1. - Con ordinanza emessa il 6 novembre 1981 (comunicata il 16 e
notificata il 18 dello stesso mese di novembre; pubblicata nella G. U.
n. 109 del 21 aprile 1982 e iscritta al n. 846 R.O. 1981), nel
procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, vertente tra il
Calzaturificio FEMAS e la ditta I.T.E.A., il Pretore di Fermo ha
giudicato rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli
artt. 3 e 24 Cost., la questione di illegittimità dell'art. 648 comma
secondo c.p.c. sul riflesso che I) il giudice non ha il minimo potere
di valutare le ragioni del debitore e la fondatezza della pretesa del
creditore essendo tenuto a concedere la provvisoria esecuzione in tutti
i casi in cui il creditore abbia offerto cauzione, II) il debitore
sarebbe costretto, sia pure in via provvisoria, ad una prestazione
patrimoniale che potrebbe risultare non dovuta, e subirebbe un danno,
quanto meno sino all'esito finale del giudizio e alla rivalsa sulla
cauzione prestata, III) a tale danno non corrisponderebbe alcun
vantaggio per il creditore che dovesse versare cauzione, non ottenendo
questi, in concreto, la soddisfazione della sua pretesa mediante la
disponibilità della somma per cui si controverte, IV) la sussistenza
di qualsiasi vantaggio difetterebbe anche nei casi in cui il debitore
appaia solvibile.
2.2. - Avanti la Corte nessuna delle parti si è costituita né ha
spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.
3.1. - Con ordinanza emessa il 18 gennaio 1977 (notificata il 17 e
comunicata il 27 del successivo mese di aprile; pubblicata nella G. U.
n. 198 del 20 luglio 1977 e iscritta al n. 277 R.O. 1977) nel
procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo di pagamento di
onorari instaurato avanti il Tribunale di Genova ad istanza del
paziente Di Lella Mario contro il medico chirurgo dentista Cantalini
Aurelio il giudice istruttore ha giudicato rilevante e, in riferimento
agli artt. 3 e 24 Cost., non manifestamente infondata la questione di
illegittimità dell'art. 648 comma secondo c.p.c. in riferimento agli
artt. 633 comma primo n. 3 ("su domanda di chi è creditore di una
somma liquida di danaro... il giudice competente pronuncia ingiunzione
di pagamento: ... 3) se il credito riguarda onorari, diritti o rimborsi
spettanti ai notai a norma della loro legge professionale oppure ad
altri esercenti una libera professione od arte, per la quale esiste una
tariffa legalmente approvata") e 636 ("Nei casi previsti nei nn. 2 e 3
dell'art. 633, la domanda deve essere accompagnata dalla parcella delle
spese e prestazioni, munita della sottoscrizione del ricorrente e
corredata dal parere della competente associazione professionale. Il
parere non occorre se l'ammontare delle spese e delle prestazioni è
determinato in base a tariffe obbligatorie.// Il giudice, se non
rigetta il ricorso a norma dell'art. 640, deve attenersi al parere nei
limiti della somma domandata, salva la correzione degli errori
materiali") c.p.c. sul riflesso che "appare sostenibile la tesi che sia
ingiustificato sotto l'aspetto del principio di uguaglianza (art. 3
Cost.) e comporti un eccessivo sacrificio per il diritto di agire e di
difendersi in giudizio (art. 24 Cost.) l'ammettere che un particolare
soggetto, quale, appunto, l'esercente una libera professione o arte
(nella specie un medico dentista) possa precostituirsi unilateralmente
un documento di prova o comunque un titolo di un preteso suo credito
per onorari, diritti o rimborsi (la parcella) e, su tale base (previo
parere dell'Ordine professionale, ma restando esclusa ogni altra
indagine da parte del giudice) e con la sola offerta di una cauzione
per l'ammontare delle eventuali restituzioni, spese e danni, possa
ottenere un titolo esecutivo che gli permette di esigere dalla
controparte, sia pure in via provvisoria, una prestazione patrimoniale
che potrebbe poi risultare non dovuta, con tutto il discapito che una
tale situazione comporta per l'ingiunto, quanto meno fino all'esito
finale del giudizio e alla rivalsa sulla prestata cauzione".
3.2. - Avanti la Corte nessuna delle parti si è costituita; ha
spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri con atto
depositato il 30 giugno 1977, con il quale l'Avvocatura generale dello
Stato ha concluso per la infondatezza della questione in riferimento
all'art. 3 perché non offende il principio di eguaglianza il
riconoscere a categorie di professionisti il diritto di ottenere un
decreto ingiuntivo sulla base di una parcella liquidata dai rispettivi
Consigli degli ordini professionali che esercitano la necessaria
vigilanza sulla ortodossia della condotta dell'iscritto all'albo e ai
quali è devoluto l'esercizio dell'azione disciplinare nei confronti
dell'iscritto che abbia eventualmente tenuto al riguardo condotta
riprovevole, e in riferimento all'art. 24 perché la Corte
costituzionale, con le sentt. 62/1966 e 17/1969, ebbe ad osservare che
il diritto di difesa del debitore ingiunto non è pregiudicato
dall'art. 648 comma secondo, dato che l'esecuzione provvisoria che il
giudice è tenuto ad accordare viene concessa quando è già stato
instaurato il giudizio di opposizione in cui il debitore può
formalmente e sostanzialmente esercitare il diritto di difesa.
4. - Nessuna delle parti essendosi costituita avanti la Corte, la
trattazione dei tre incidenti è stata assegnata all'adunanza dell'11
aprile 1984 in camera di consiglio, nel corso della quale il Giudice
Andrioli ha svolto la relazione.
Considerato in diritto:
5. - Mentre il giudice istruttore nel giudizio di opposizione a
decreto ingiuntivo avanti il Tribunale di Novara (supra 1.) e il
Pretore di Fermo (supra 2.) han proposto questione d'illegittimità
dell'art. 648 comma secondo c.p.c. in riferimento agli artt. 3 e (il
solo Pretore di Fermo) 24 Cost., il giudice istruttore nel giudizio di
opposizione a decreto ingiuntivo promosso avanti il Tribunale di Genova
dal paziente Di Lella Mario contro il medico chirurgo dentista
Cantalini Aurelio ebbe a sospettare d'incostituzionalità, pur
assumendo a parametri gli stessi artt. 3 e 24, l'art. 648 comma secondo
in riferimento agli artt. 633 comma primo n. 3 e 636 c.p.c. (supra 3.).
6. - La connessione, se non la continenza, tra le due questioni
giustifica la riunione dei tre procedimenti, ma esigenze logiche
convincono ad affrontare per prima la questione che ha per oggetto il
solo comma secondo dell'art. 648 che, nel quadro della disciplina della
concessione dell'esecuzione provvisoria in pendenza di opposizione,
versa in contrasto con il comma primo per ciò che, mentre questo
statuisce che "il giudice istruttore, se l'opposizione non è fondata
su prova scritta o di pronta soluzione, può (ma non deve) concedere
con ordinanza non impugnabile l'esecuzione provvisoria, qualora non sia
già stata concessa a norma dell'art. 642", il comma secondo rescrive
che il giudice istruttore "deve in ogni caso concederla, se la parte
che l'ha chiesta offre cauzione per l'ammontare delle eventuali
restituzioni, spese e danni". Ne deriva che la prestazione di cauzione,
spontaneamente offerta dal creditore che chiede concederglisi la
esecuzione provvisoria, impone al giudice istruttore di autorizzare la
provvisoria esecuzione senza scrutinare se la opposizione sia oppur no
fondata su prova scritta o si profili oppur no di pronta soluzione.
La circostanza che la opposizione di non pronta soluzione venga
collocata sullo stesso piano della opposizione che, per non essere
fondata su prova scritta, esige l'assunzione di prove costituende, non
consente di affidare l'apprezzamento di conformità alla Carta
costituzionale della disposizione impugnata alla sola constatazione
che, essendosi istituito il contraddittorio, il debitore può
esercitare il diritto di difesa: invero sono in gioco non solo e non
tanto il diritto di difesa del debitore e il diritto di azione del
creditore (l'un contro l'altro armati) quanto e soprattutto la esigenza
di garantire lo svolgimento di un processo giusto - esigenza suprema
che non si risolve in affari di singoli, ma assurge a compito
fondamentale di una giurisdizione che non intenda abdicare alla
primaria funzione di dicere ius di cui i diritti di agire e di
resistere nel processo (quale che ne sia l'oggetto) rappresentano
soltanto i veicoli necessari in non diversa guisa delle norme
disciplinatrici della titolarità e dell'esercizio della potestà dei
giudici -.
In tali sensi è il consistente orientamento giurisprudenziale
(sentt. 70/1965, 48/1968, 55 e 151/1971, 99/1973), inteso dalla Corte a
ravvisare l'oggetto dell'art. 24 Cost. non nella garanzia
dell'esercizio dell'azione e della difesa del contraddittore ma nella
partecipazione dei legittimati ad agire e a contraddire all'esercizio
della funzione giurisdizionale (in tali sensi sono anche l'art. 6 della
Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva in
Italia con l. 4 agosto 1955 n. 848, e la giurisprudenza della
Commissione e della Corte previste nell'art. 19 della Convenzione
stessa, nonché l'art. 14 del Patto internazionale relativo ai diritti
civili e politici, adottato e aperto alla firma a New York
rispettivamente il 16 e 19 dicembre 1966, e reso esecutivo con l. 25
ottobre 1977 n. 881).
Pertanto, la Corte non può non disattendere le sentt. 62/1966 e
17/1969 che dissero infondata la questione di incostituzionalità
dell'art. 648 comma secondo limitando il rispetto dell'art. 24 Cost.
alla determinazione dell'ammontare della cauzione offerta dal creditore
e precludendo al giudice quelle valutazioni del fumus boni iuris del
creditore che il comma primo dell'art. 648 gli impone di effettuare,
così come l'art. 642 comma secondo c.p.c., che disciplina la
concessione dell'esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo sulla
base della sola domanda del creditore, lungi dall'imprimere alla
prestazione della cauzione l'automatismo atto a porre il creditore
munito di prove specificate nell'art. 634 e non sullo stesso piano del
creditore già fornito di titoli esecutivi stragiudiziali, non si esime
dal disporre che "l'esecuzione provvisoria può essere concessa anche
se vi è pericolo di grave pregiudizio nel ritardo, ma il giudice può
imporre al ricorrente una cauzione".
Con la sentenza che va a rendere la Corte non colloca il creditore
disposto ad offrire cauzione sullo stesso piano del creditore, nei
confronti del quale viene sperimentata opposizione non fondata su prova
scritta o di pronta soluzione, ma per un verso restituisce al giudice
istruttore il potere di decidere di cui l'art. 648 comma secondo
l'aveva privato, e per altro verso assegna al fumus boni iuris e al
periculum in mora la posizione che di ciascuna delle due valutazioni è
propria, senza dimenticare che nella cognizione del giudice istruttore
le due condizioni dell'esecuzione provvisoria reciprocamente si
influiscono.
Si vuol dire: vero che nei confronti del creditore ben fornito di
beni materiali non assume concretezza il dubbio sul periculum in mora
ma non men vero che anche a fronte di creditore, pur fornito di beni
materiali, può contrapporsi un debitore in grado di esibire al giudice
istruttore prove scritte o di dar vita a controversia di pronta
soluzione.
Né infine va dimenticato che in un processo la cui fase
preliminare si basa sulle prove scritte specificate nell'art. 634
l'idoneità delle prove offerte dall'opponente ad ostacolare oppur no
la pronta soluzione e a precludere oppur no la concessione della
provvisoria esecuzione non possono non essere apprezzate in connessione
con le prove scritte in concreto poste a base della domanda di decreto
ingiuntivo.
La sostituzione del "può" al "deve" e la eliminazione dell'"in
ogni caso" non provocano lacune normative la cui copertura sia
riservata al legislatore, ma lasciano spazio all'applicazione dei
principi generali del processo civile che anche nei procedimenti
sommari esigono applicazione.
7. - La dichiarazione d'incostituzionalità, nella parte che si è
delineata, dell'art. 648 comma secondo non coinvolge in toto la seconda
questione della quale la disposizione impugnata costituisce soltanto
uno degli elementi, ma impone alla Corte di assoggettare a scrutinio la
nomea, che all'art. 633 comma primo n. 3 si è assegnata, di
disposizione dispensatrice di "privilegi", ingiustificati e per giunta
contrari agli artt. 3 e 24 Cost., a notai e a professionisti e artisti,
per i quali esistano tariffe di onorari e diritti legalmente approvate.
Già la meno superficiale lettura dell'art. 636 comma secondo, il quale
a chiare lettere dispone che "il giudice, se non rigetta il ricorso a
norma dell'art. 640, deve attenersi al parere nei limiti della somma
domandata, salva la correzione degli errori materiali" e dell'or
richiamato art. 640 il quale, a sua volta, statuisce che "il giudice,
se ritiene insufficientemente giustificata la domanda, dispone che il
cancelliere ne dia notizia al ricorrente, invitandolo a provvedere alla
prova. // Se il ricorrente non risponde all'invito o non ritira il
ricorso oppure se la domanda non è accoglibile, il giudice la rigetta
con decreto motivato", suscita non infondati dubbi sulla limitazione
cui le due disposizioni sono state assoggettate alla pura e semplice
verifica della conformità alle tariffe dell'ammontare dei crediti
professionali, così come indicati in parcella (limitazione peraltro
disattesa dalla Corte di Cassazione con la sent. 21 ottobre 1954 n.
3962).
Inoltre la considerazione delle leggi, che prevedono le tariffe, e
delle norme, non sempre aventi forza di legge, che le specificano, pone
in chiara luce - il discorso va limitato per il principio della
corrispondenza tra chiesto e pronunciato alla tariffa dei medici su cui
sarebbesi dovuta soffermare l'attenzione del giudice istruttore nel
procedimento di opposizione avanti il Tribunale di Genova - che la l.
21 febbraio 1963 n. 244 (Norme generali relative agli onorari ed ai
compensi per le prestazioni medico-chirurgiche e istituzione della
relativa tariffa) prevede la tariffa minima nazionale, unica e valevole
sia per i medici generici sia per i medici specialisti (art. 2 comma
primo), sottoposta a eventuale revisione ogni due anni e da rivedere
ogni cinque anni (art. 1 comma secondo), approvata con decreto del
Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per la Sanità,
di concerto con il Ministro per il Tesoro, sentito il parere del
Consiglio di Stato, del Consiglio superiore di sanità e della
Federazione nazionale degli Ordini dei medici, previa deliberazione del
Consiglio dei ministri (art. 1 comma primo); vieta che, salva la
facoltà di effettuare prestazioni a titolo gratuito, la professione
sanitaria sia esercitata ad onorari inferiori a quelli stabiliti nella
tariffa minima (art. 2 comma secondo) e si affida, per il di più, al
criterio della compatibilità con il decoro e la dignità professionali
(art. 2 comma secondo), ma esclude i compensi forfettari (art. 2 comma
quinto); prevede l'aumento del 50 per cento sull'ammontare dei compensi
stabiliti dalla tariffa sugli onorari minimi delle prestazioni degli
specialisti, professori universitari, liberi docenti, primari
ospedalieri, nel campo della relativa specialità o di insegnamento o
incarico ospedaliero, ma chiarisce che l'aumento non si applica per il
caso d'intervento che per la sua natura presupponga la specializzazione
e sia corrispondentemente compensato come prestazione specialistica
(art. 3); non manca di precisare che l'accordo, con il quale il medico
e il cliente stabiliscono che il parere del Consiglio dell'Ordine sulla
parcella degli onorari ha efficacia vincolante, ma deve essere
comunicato al Consiglio medesimo prima che questo deliberi sulla
parcella, e, in difetto di tale comunicazione, il parere non ha detta
efficacia (art. 9); prevede che il medico, il quale contravvenga alle
disposizioni contenute (nell'art. 9 e) nell'art. 2 commi secondo e
quinto sia sottoposto a procedimento disciplinare. Dalla l. 244/1963,
prima applicazione della quale fu il d.P.R. 28 dicembre 1965 n. 1763,
emerge che la normativa, di cui si sono riprodotti i tratti essenziali,
non si affida, per le prestazioni per le quali è consentito il
sopravanzo sul minimo, alla cerebrina equità del competente Consiglio
dell'Ordine ma impone a quest'ultimo di scrutinare l'entità delle
prestazioni del professionista pur nel quadro della compatibilità con
il decoro e la dignità professionali. Ne segue che il giudice
chiamato ad emanare il decreto ingiuntivo si trova dinanzi non un
documento meramente applicativo di tariffe dettate per i singoli casi
ma un componimento che costituisce - esclusion fatta dei casi in cui il
professionista siasi accontentato del compenso minimo - il risultato
dell'applicazione al caso singolo del criterio generale del decoro e
della dignità professionali.
Se, dunque, si pon mente alle norme vigenti prima della istituzione
del S.S.N., alla cui normativa non può estendersi ratione temporis e
non si estende il giudizio della Corte, l'asserito "privilegio", se non
è in tutto eliminato, è contenuto in termini di assoluta
ragionevolezza, che sono travalicati sol se la l. 244/1963 e i dd.P.R.,
che si susseguono nel tempo tenendo ovviamente conto dell'incidenza
della svalutazione monetaria nella fissazione dei limiti, non sono
applicati dai Consigli dell'Ordine (ipotesi deprecabili su cui la Corte
non può affondare il suo sindacato), né va lasciato in ombra il
fermissimo orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione (da
ultimo sent. 21 aprile 1981 n. 2342) che attribuisce al giudice della
opposizione il potere dovere di accertare se e in qual modo siano state
praticate le prestazioni.
Orientamento cui non potrà non uniformarsi il giudice istruttore,
che ebbe a rimettere alla Corte l'esame del combinato disposto degli
artt. 648 comma secondo, 633 comma primo n. 3 e 636 c.p.c., una volta
superata la fase della concessione della esecuzione provvisoria.
Il rispetto del principio della corrispondenza tra il chiesto e il
pronunciato non consente alla Corte di estendere l'esame a norme
riflettenti altre categorie di professionisti e di artisti, ma non è
inopportuno porre in risalto che la normativa sui compensi degli
avvocati fissa per le singole categorie di prestazioni non solo dei
minimi ma anche dei massimi superabili sol nei casi descritti nell'art.
4 dell'or in atto vigente decreto 22 giugno 1982 del Ministro della
giustizia (come dei dd.mm. che lo han preceduto) .
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti gli incidenti iscritti ai nn. 277 R.O. 1977, 631 e 846 R.O.
1981,
1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 648 comma
secondo c.p.c. nella parte in cui dispone che nel giudizio di
opposizione il giudice istruttore, se la parte che ha chiesto
l'esecuzione provvisoria del decreto d'ingiunzione offre cauzione per
l'ammontare delle eventuali restituzioni, spese e danni, debba e non
già possa concederla sol dopo aver delibato gli elementi probatori di
cui all'art. 648 comma primo e la corrispondenza della offerta cauzione
all'entità degli oggetti indicati nel comma secondo dello stesso art.
648;
2) dichiara non fondata, ai sensi e nei limiti segnati in
motivazione, la questione d'illegittimità costituzionale sollevata, in
riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., del combinato disposto degli artt.
648 comma secondo, 633 comma primo n. 3 e 636 c.p.c..
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 2 maggio 1984.
F.to: LEOPOLDO ELIA - ANTONINO DE
STEFANO - GUGLIELMO ROEHRSSEN -
ORONZO REALE - BRUNETTO BUCCIARELLI
DUCCI - LIVIO PALADIN - ARNALDO
MACCARONE - ANTONIO LA PERGOLA -
VIRGILIO ANDRIOLI - GIUSEPPE FERRARI
- GIOVANNI CONSO - ETTORE GALLO -
ALDO CORASANITI.
GIOVANNI VITALE - Cancelliere