ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 164
del codice penale, come modificato dall'art. 12 del d.l. 11 aprile
1974, n. 99, convertito in legge 7 giugno 1974, n. 220, concernente
provvedimenti urgenti sulla giustizia penale, promossi con le seguenti
ordinanze:
1) ordinanza emessa il 18 aprile 1974 dal pretore di Gubbio nel
procedimento penale a carico di Mannucci Ramiro, iscritta al n. 337 del
registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 277 del 23 ottobre 1974;
2) ordinanza emessa il 27 novembre 1974 dal tribunale di Locri nel
procedimento penale a carico di Moio Sebastiano, iscritta al n. 69 del
registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 88 del 2 aprile 1975;
3) ordinanza emessa il 10 giugno 1974 dal tribunale di Biella nel
procedimento penale a carico di Minganti Emilio, iscritta al n. 290 del
registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 228 del 27 agosto 1975;
4) ordinanza emessa il 5 maggio 1975 dal tribunale di Lucera nel
procedimento penale a carico di Cicilano Antonio, iscritta al n. 303
del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 235 del 3 settembre 1975.
Visti gli atti d'intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell'udienza pubblica del 28 gennaio 1976 il Giudice relatore
Nicola Reale;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti,
per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto:
1. - Con ordinanza emessa il 18 aprile 1974 nel procedimento penale
a carico di Mannucci Ramiro, già condannato in precedenza a pena
detentiva per delitto non sospesa, il pretore di Gubbio ha sollevato,
in riferimento all'art. 3 della Costituzione questione di legittimità
costituzionale dell'art. 164, ultimo comma, del codice penale
(concernente i limiti entro i quali può essere concessa la sospensione
condizionale della pena), nel nuovo testo risultante dall'art. 12 dcl
d.l. 11 aprile 1974, n. 99.
Secondo il giudice a quo la norma impugnata consentirebbe di
concedere la sospensione condizionale della pena a chi ha già
riportato una precedente condanna a pena detentiva per delitto solo nel
caso in cui l'esecuzione della predetta condanna sia stata già sospesa
ed opererebbe, conseguentemente, un'irragionevole discriminazione in
danno di coloro che hanno subito una precedente condanna senza fruire
del beneficio.
Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri, assistito dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che
la questione sia dichiarata non fondata in quanto non vi sarebbe
uguaglianza di posizioni tra colui cui sia stata già concessa la
sospensione condizionale della pena e colui cui tale beneficio sia
stato negato.
2. - Analoga questione è stata sollevata dal tribunale di Biella
nel corso del procedimento penale a carico di Minganti Emilio, dal
tribunale di Locri e dal tribunale di Lucera nel corso di procedimenti
penali rispettivamente a carico di Moio Sebastiano e Cicilano Antonio,
tutti già condannati, in precedenza, per delitto a pena detentiva la
cui esecuzione non era stata sospesa. La questione sollevata dal
tribunale di Biella, al pari di quella del pretore di Gubbio, ha
riferimento al testo dell'art. 164 codice penale così come modificato
dall'art. 12 del d.l. 11 aprile 1974, n. 99. Le ordinanze del tribunale
di Locri e del tribunale di Lucera riguardano invece il predetto art.
164 codice penale nella formulazione risultante dagli emendamenti
apportati dalla legge 7 giugno 1974, n. 220 che ha convertito in legge
il decreto legge n. 99 del 1974 sopra citato.
In tutti i giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,
concludendo per l'infondatezza delle questioni sollevate.
Considerato in diritto:
1. - Le quattro ordinanze in epigrafe sollevano questioni di
legittimità costituzionale identiche o comunque connesse: si ravvisa
pertanto utile la riunione dei rispettivi giudizi onde dar luogo a
decisione con unica sentenza.
2. - L'art. 164 del codice penale prima della riforma attuata con
il d.l. 11 aprile 1974, n. 99 (poi convertito, con emendamenti, nella
legge 7 giugno 1974, n. 220), vietava, fra l'altro, la concessione
della sospensione condizionale della pena a chi avesse già riportato
una condanna a pena detentiva per delitto.
La sospensione non poteva essere concessa più di una volta salvo
che nel caso di condanna a pena detentiva preceduta da condanna a pena
pecuniaria sospesa.
Con sentenza n. 86 del 1970 questa Corte ammise la possibilità
della concessione quando il secondo reato si legasse con vincolo della
continuazione a quello già precedentemente punito con pena sospesa.
Quindi con altra sentenza n. 73 del 1971 ritenne tale possibilità
anche nel caso di nuova condanna per un delitto commesso anteriormente
alla precedente e sempre che la pena da infliggere, cumulata con quella
già sospesa, non sorpassasse i limiti stabiliti per l'applicabilità
del beneficio.
Con l'art. 12 del sopra citato decreto legge, l'art. 164 venne
riformulato. Nel nuovo testo si mantenne il divieto di concedere la
sospensione condizionale a chi avesse già riportato una precedente
condanna a pena detentiva per delitto, ma nell'ultimo comma, dopo aver
ribadito il principio per cui il beneficio in questione poteva essere
concesso solo una volta, si stabilì testualmente: "Tuttavia nel caso
che per una precedente condanna sia stata già ordinata la sospensione
dell'esecuzione, il giudice può, nell'infliggere una nuova condanna,
disporre la sospensione condizionale, qualora la pena, cumulata a
quella precedentemente sospesa, non superi i limiti stabiliti nell'art.
163". E, cioè, i limiti che nella nuova disciplina risultante dalle
innovazioni apportate nell'art. 11 del citato decreto legge, tuttora in
vigore, sono, in via generale, di due anni di pena detentiva,
originariamente irrogata o risultante dalla conversione di pena
pecuniaria; limiti elevati a tre anni per i minori degli anni diciotto
e a due anni piu sei' mesi per gli ultrasettantenni e per le persone di
età superiore agli anni diciotto ma inferiore agli anni ventuno.
In sede di conversione vennero apportati emendamenti all'ultimo
comma del predetto art. 12 ed il suo testo definitivo, tuttora vigente,
risultante dalla citata legge n. 220 del 1974, è il seguente:
"La sospensione condizionale della pena non può essere concessa
più di una volta. Tuttavia il giudice può, nell'infliggere una nuova
condanna, disporre la sospensione condizionale della pena, qualora la
pena da infliggere, cumulata con quella irrogata con la precedente
condanna anche per delitto, non superi i limiti stabiliti dall'art.
163".
3. - Le ordinanze del pretore di Gubbio e del tribunale di Biella
sono antecedenti alla conversione del decreto legge e quindi non
tengono conto delle modifiche apportate con la legge suddetta.
Quelle del tribunale di Locri e del tribunale di Lucera sono state
invece emanate dopo la pubblicazione della legge di conversione ed
hanno quindi riferimento al testo dell'art. 164 codice penale
attualmente in vigore.
Tutte le predette ordinanze riguardano procedimenti penali a carico
di soggetti già condannati per delitto a pena detentiva non sospesa
sia perché, come nel caso sottoposto all'esame del pretore di Gubbio,
la sua durata eccedeva il limite stabilito dalla legge allora in
vigore, sia perché, come nella fattispecie relativa alle tre altre
ordinanze, il giudice non aveva ritenuto di applicare il beneficio. I
giudici a quibus muovono dal presupposto che, secondo la nuova
disciplina, chi ha subito una precedente condanna a pena detentiva per
delitto, può fruire del beneficio della sospensione condizionale, in
occasione della seconda condanna, solo se l'esecuzione della prima è
stata sospesa e assumono che ciò determini un irragionevole disparità
di trattamento, lesiva del principio di uguaglianza, in pregiudizio di
coloro che hanno già subito una condanna a pena detentiva per delitto
senza però fruire del beneficio.
L'Avvocatura dello Stato osserva, nell'atto d'intervento relativo
all'ordinanza del tribunale di Lucera (reg. ord. n. 303/75), che, a
seguito delle modifiche apportate con la legge di conversione n. 220
del 1974, e tenuto conto dei lavori preparatori, si potrebbe, nel
concorso degli altri presupposti stabiliti dalla legge, concedere la
sospensione condizionale anche all'imputato già condannato per delitto
ad una pena detentiva la cui esecuzione non sia stata sospesa. E con
tale interpretazione sarebbero dissolti i dubbi delle ordinanze,
risultandone per tal verso, infondata la questione.
4. - Orbene è certo esatto che il testo dell'ultimo comma
dell'art. 164 codice penale oggi vigente è diverso da quello di cui
all'art. 12 del d.l. sopra citato ed è altrettanto vero che gli
emendamenti, in sede di conversione, furono apportati proprio al fine
di allargare la portata della norma onde rendere possibile la
concessione della sospensione condizionale della pena anche a chi
avesse riportato una condanna per delitto a pena detentiva e tale
condanna non fosse stata oggetto di sospensione.
Non può negarsi, peraltro, che la dizione finale della norma
presenti delle ambiguità tali da legittimare il dubbio che il suo
significato originario, non ostante le modifiche apportate, sia rimasto
immutato.
Infatti la proposizione normativa del cui significato si discute, e
che letteralmente riguarda la possibilità di concedere la sospensione
in caso di una nuova condanna, non solo non è separata in un comma
autonomo da quella che enuncia il principio per cui la sospensione
condizionale non può essere concessa più di una volta ma è anzi ad
essa collegata dall'avverbio avversativo "tuttavia".
Sicché, accordandosi prevalenza all'elemento letterale e non
riconoscendo efficacia decisiva ai lavori preparatori, potrebbe
ritenersi, come si fa nelle ultime due ordinanze, che il beneficio per
chi abbia riportato una precedente condanna per delitto non possa
essere concesso che nell'ipotesi in cui l'esecuzione di detta condanna
sia stata sospesa, mentre nel caso di mancata sospensione opera il
limite di cui al secondo comma, n. 1 (impedimento derivante da
precedente condanna per delitto a pena detentiva).
5. - La Corte ritiene di prendere atto di quest'ultima
interpretazione basata sul senso fatto palese dal significato proprio
delle parole usate dal legislatore secondo la connessione di esse (art.
2 preleggi) in quanto risulta espressamente accolta dalla Corte di
cassazione in una recente decisione, fra l'altro in base al rilievo che
se la sospensione non era applicabile in occasione della prima
condanna, tanto meno poteva ritenersi che lo fosse in occasione della
seconda.
Orbene le norme vivono nell'ordinamento nel contenuto risultante
dall'applicazione fattane dal giudice, come più volte ha ritenuto
questa Corte.
Ma se il significato dell'art. 164 cod. pen., anche nel testo
attualmente in vigore, è quello surriportato non può non riconoscersi
la fondatezza della questione sollevata dal tribunale di Locri e dal
tribunale di Lucera.
Non si comprende infatti come possa essere giustificata la mancata
previsione della possibilità di concedere la sospensione condizionale a
chi ha riportato una precedente condanna per delitto a pena detentiva,
la cui esecuzione non sia stata sospesa, quando tale possibilità è
invece prevista nell'ipotesi in cui la precedente condanna alla
reclusione sia stata sospesa.
A giustificarla non è certo idonea l'affermazione che nel secondo
caso già esiste una valutazione prognostica positiva che spetta al
nuovo giudice verificare, alla luce del nuovo fatto intervenuto, mentre
nel primo caso esiste, al contrario, un giudizio negativo che potrebbe
ritenersi convalidato e confermato dai fatti successivamente
intervenuti.
La commissione di un nuovo reato da parte di chi ha riportato una
precedente condanna, potrebbe semmai dimostrare, coi fatti,
l'erroneità della valutazione, compiuta dal primo giudice, di non
recidività del reo e che quest'ultimo non merita un trattamento più
favorevole di quello riservato a chi di tale valutazione non abbia a
giovarsi.
D'altra parte, e ciò sembra decisivo, poiché la personalità
umana è soggetta ad evoluzione e cambiamenti, non appare ragionevole
condizionare l'apprezzamento sulla proclività al delitto del colpevole
da formularsi in occasione della seconda condanna, alla valutazione
effettuata in tempo precedente o addirittura remoto da altro giudice. E
non è da escludersi che l'esecuzione di una precedente condanna possa
avere determinato l'evoluzione in senso positivo della personalità del
condannato.
6. - Quanto infine alla questione sollevata dal pretore di Gubbio e
dal tribunale di Biella (che, come si è già detto, ha riferimento al
testo dell'art. 164 c.p. risultante dal d.l. 11 aprile 1974, n. 99,
prima della conversione) appare evidente che essa è assorbita da
quella appena esaminata e proposta dal tribunale di Locri e dal
tribunale di Lucera attesi gli effetti novativi e sostitutivi della
legge di conversione rispetto alla norma del decreto legge.