Ritenuto in fatto:
1. - Nel corso del giudizio civile promosso da Neri Dido e
Panzacchi Ada nei confronti di Tabellini Rosina il pretore di Bologna
nella sede distaccata di Bassano ha sollevato d'ufficio, in riferimento
agli artt. 2, 3, 9, comma secondo, 32, comma primo, 41, secondo e terzo
comma, e 42, secondo e terzo comma, della Costituzione, questioni di
legittimità costituzionale dell'art. 844 del codice civile, che regola
la materia delle immissioni in alienum.
2. - A suo giudizio detta norma costituirebbe un rimedio
insufficiente ai gravi problemi posti dall'inquinamento. Invero, il
criterio in essa adottato per contemperare le esigenze della produzione
con le ragioni della proprietà (normale tollerabilità delle
immissioni) non assicurerebbe un'adeguata tutela di beni
costituzionalmente protetti come la salute umana (art. 32 Cost.) e
l'ambiente (art. 9 Cost) e sarebbe inidoneo - inoltre - a garantire
che lo svolgimento dell'iniziativa economica privata avvenga nel
rispetto delle esigenze e delle finalità di pubblico interesse di cui
all'art. 41, secondo e terzo comma, della Costituzione.
Un ulteriore motivo di dubbio sulla legittimità costituzionale
dell'art. 844 cod. civ. il giudice a quo lo trae dal fatto che esso
limita la sua applicabilità al proprietario del fondo vicino alla sua
zona di immissione escludendo così, senza alcuna plausibile ragione,
dalla sua tutela ogni altra persona che, pur non trovandosi in quella
situazione, sia egualmente danneggiata dalla contaminazione ambientale
provocata dalle immissioni.
3. - Nel giudizio - in assenza d'altre parti - è intervenuto il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato con deduzioni depositate il 26
ottobre 1972. L'Avvocatura, dopo aver osservato che le parti in
giudizio erano entrambe proprietarie di fondi finitimi, manifesta delle
perplessità sulla rilevanza delle questioni sollevate. Esse andrebbero
comunque dichiarate non fondate, in quanto i limiti d'applicabilità
dell'art. 844 cod. civ., non escluderebbero che anche i terzi estranei
possano essere a loro volta tutelati - e sia pure con forme e
strumenti diversi da quelli previsti da detta norma - di fronte agli
atti di immissione. Né eventuali carenze e insufficienze di tali forme
di tutela potrebbero mai comportare l'illegittimità costituzionale
della norma impugnata.
Considerato in diritto:
1. - Il pretore di Bologna, chiamato a decidere una controversia
tra proprietari di fondi contigui, avente ad oggetto l'accertamento di
danni che ciascuno di essi assume derivanti da propagazioni di fumo e
scorie provenienti dal fondo dell'altro, e ritenendo di dover applicare
l'art. 844 c.c., regolante la materia delle immissioni in alienum,
prospetta, con l'ordinanza in epigrafe, varie questioni di legittimità
della detta norma in riferimento agli artt. 2, 3, 9, comma secondo; 32,
comma primo; 41, secondo e terzo comma; 42, secondo e terzo comma,
della Costituzione.
2. - Secondo il giudice a quo la norma in esame:
a) legittimerebbe ad agire a tutela del proprio interesse il solo
proprietario del fondo vicino a quello dal quale provengono le
immissioni, pur essendo queste ultime causa di danno per una pluralità
indeterminata di persone, che dalla norma non sarebbero protette, con
disparità di trattamento priva di razionale giustificazione nei
confronti di soggetti egualmente colpiti dagli effetti della
contaminazione ambientale conseguente alla diffusione di sostanze
nocive (art. 3 Cost.);
b) ricondurrebbe nella sfera dei rapporti e del conflitto fra
privati la difesa di interessi come quelli inerenti alla salute umana
(esposta, specie per effetto degli inquinamenti atmosferici, a pericoli
talvolta gravissimi), interessi che riguardano non tanto singoli
soggetti quanto la collettività e che la Costituzione tutela in via
primaria (art. 32, comma primo), anche in riferimento ad inderogabili
doveri di solidarietà politica, economica e sociale (art. 2);
c) infine, per contemperare le esigenze della produzione con quelle
della proprietà, adotterebbe il criterio della normale tollerabilità
delle immissioni e, nel riservare un trattamento preferenziale alle
esigenze della produzione rispetto alle ragioni della proprietà, non
terrebbe conto della preminente rilevanza accordata nella Costituzione
alla salvaguardia della salute dell'uomo (art. 32 citato) e alla
protezione dell'ambiente in cui questi vive (art. 9, secondo comma).
Detto criterio inoltre sarebbe inidoneo, nella sua relatività, a
garantire che lo svolgimento della iniziativa economica privata avvenga
nel rispetto sia delle esigenze e delle finalità di pubblico interesse
richiamate dall'art. 41, secondo e terzo comma, della Costituzione, sia
della funzione sociale della proprietà (art. 42, secondo e terzo
comma). E sarebbero in ultimo inaccettabili, per ragioni connesse a
quelle su esposte, i criteri di composizione del conflitto tra gli
stessi proprietari vicini.
3. - L'Avvocatura eccepisce preliminarmente l'irrilevanza delle
questioni prospettate, assumendo che la norma impugnata non è
invocata, nel caso di specie, a tutela di terzi, in quanto la
controversia pende tra proprietari di fondi vicini.
L'eccezione peraltro potrebbe avere un qualche fondamento circa i
profili di cui alla lettera a solo se considerati isolatamente e non in
relazione alle altre censure che si concretano invece in un'analisi
interna della ratio dell'art. 844 c.c. e sono rivolte, più che
all'ambito soggettivo, al contenuto della norma suddetta e alla
individuazione degli interessi che questa dovrebbe tutelare: interessi
che l'ordinanza di rimessione assume essere di più ampia portata di
quelli che si incentrano nella tutela della proprietà. Sotto tale
aspetto le questioni non mancano di rilevanza.
4. - Secondo la ormai prevalente interpretazione giudiziale e
dottrinale formatasi sull'art. 844, introdotto nella disciplina della
proprietà di cui al codice civile del 1942, il proprietario è tenuto
a subire "le immissioni di fumo e di calore" nonché "le esalazioni, i
rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni" provenienti dal fondo
del vicino, che non superino la normale tollerabilità, la cui
valutazione, non in astratto ma in concreto ed in relazione alla
condizione dei luoghi ed alla stregua di valori economico-sociali
generalmente accettati in un determinato momento storico, è rimessa ai
poteri determinativi del giudice ove sorga controversia.
Nel caso poi (comma secondo) che le immissioni provengano dallo
svolgimento di un'attività produttiva e che esse superino quella
tollerabilità che sarebbe altrimenti decisiva ai sensi del comma
primo, spetterà al giudice - sempre in mancanza di accordo - di
contemperare mediante opportuni provvedimenti gli interessi della
produzione con quelli della proprietà, tenendo conto anche della
priorità dell'uso, sì da evitare il completo sacrificio dell'una o
dell'altra categoria di interessi.
All'infuori dei casi e dei limiti predetti tutte le altre
immissioni sono ritenute illegittime e suscettibili di venire represse
con l'azione negatoria (art. 949 c.c.) oltre che mediante le azioni
personali esperibili per ottenere il risarcimento dei danni
eventualmente subiti.
5. - orbene che i principi posti dall'art. 844 c.c. non
costituiscano uno strumento adeguato per la soluzione dei gravi
problemi creati dall'inquinamento e, in ispecie, da quello atmosferico,
è certo esatto. Ciò tuttavia non comporta l'illegittimità
costituzionale dalla norma impugmata poiché questa, di fronte alle
turbative derivanti dalle immissioni, si limita a considerare solo
l'interesse del proprietario ad escludere ingerenze da parte del vicino
sul fondo proprio, tutelandolo da immissioni che superino la
tollerabilità come sopra intesa. E ciò senza riguardare, ma anche
senza pregiudicare, la protezione di interessi diversi, eventualmente
spettanti anche ad altre persone o ad intere collettività.
La norma è infatti destinata a risolvere il conflitto tra
proprietari di fondi vicini per le influenze negative derivanti da
attività svolte nei rispettivi fondi. Si comprende quindi che il
criterio della normale tollerabilità in essa accolto vada riferito
esclusivamente al contenuto del diritto di proprietà e non possa
essere utilizzato per giudicare della liceità di immissioni che
rechino pregiudizio anche alla salute umana o all'integrità
dell'ambiente naturale, alla cui tutela è rivolto in via immediata
tutto un altro ordine di norme di natura repressiva e preventiva: basti
menzionare il t.u. delle leggi sanitarie di cui al r.d. 27 luglio 1934,
n. 1265, e la legge 31 dicembre 1962, n. 1860, sull'impiego pacifico
della energia nucleare nonché, con particolare riferimento agli
inquinamenti atmosferici, la legge 13 luglio 1966, n. 615. Resta salva
in ogni caso l'applicabilità del principio generale di cui all'art.
2043 del codice civile.
Tali normative non sono peraltro oggetto di censura da parte del
giudice a quo. È evidente comunque che eventuali carenze che in esse
fossero individuabili in ordine alla tutela degli interessi dei singoli
e della collettività non potrebbero mai riflettersi sull'art. 844 c.c.
che, come si è detto, è destinato a risolvere problemi di diversa
natura e dimensione.
6. - In conclusione, le questioni sollevate con l'ordinanza sono
infondate per i motivi suesposti e lo sono anche con riferimento alle
censure di cui all'ultima parte della lett. c. Infatti appare
razionale e non in contrasto con l'art. 3 Cost. la scelta legislativa
di dare, comprimendo l'assoluta libertà di esercizio del diritto di
proprietà del titolare di un fondo, talune possibilità di lecito
svolgimento ad attività che, anche nell'interesse generale, attengono
alla produzione.
Mentre nella normativa dell'art. 844 c.c. si riscontrano razionali
criteri volti a contenere, entro giusti limiti e senza totale
sacrificio di alcuna parte, il potere di valutazione del giudice, cui
del resto il legislatore non poteva non rimettersi per una decisione
basata sulla considerazione della mutevole realtà sociale ed
economica.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale
dell'art. 844 del codice civile sollevate, in riferimento agli artt. 2,
3, 9, comma secondo; 32, comma primo; 41, secondo e terzo comma; 42,
secondo e terzo comma, della Costituzione, dal pretore di Bologna con
l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 luglio 1974.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO - GIOVANNI
BATTISTA BENEDETTI - LUIGI OGGIONI -
ANGELO DE MARCO - ERCOLE ROCCHETTI -
ENZO CAPALOZZA - VIN CENZO MICHELE
TRIMARCHI - VEZIO CRISAFULLI - NICOLA
REALE - PAOLO ROSSI - LEONETTO AMADEI
- GIULIO GIONFRIDA - EDOARDO VOLTERRA
- GUIDO ASTUTI.
ARDUINO SALUSTRI - Cancelliere