Titolo
SENT. 174/72 A. LAVORO - DIPENDENTI DI ISTITUTI DI CURA PRIVATI - CONTRATTO COLLETTIVO NAZIONALE 24 MAGGIO 1956, ART. 49, TERZO COMMA, RECEPITO NEL D.P.R. 14 LUGLIO 1960, N. 1040 - RECLAMI RIGUARDANTI IL PAGAMENTO DELLE RETRIBUZIONI E DI OGNI ALTRO COMPENSO - TERMINE DI DECADENZA - DECORRENZA DAL GIORNO IN CUI IL PAGAMENTO VENGA EFFETTUATO OD OMESSO, ANCHE PER I RAPPORTI NON CONSIDERATI DALLA LEGGE 15 LUGLIO 1966, N. 604 (E SUCCESSIVE MODIFICAZIONI) - VIOLAZIONE DELL'ART. 36 DELLA COSTITUZIONE - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE IN PARTE QUA.
Testo
E' costituzionalmente illegittimo l'art. 49, terzo comma, del contratto collettivo di lavoro 24 maggio 1956 per i dipendenti delle case di cura private, recepito dall'articolo unico del D.P.R. 14 luglio 1960, n. 1040, nella parte che fa decorrere il termine di decadenza per i reclami dei dipendenti medesimi dal giorno in cui il pagamento venga effettuato o omesso, anche per i rapporti di lavoro non considerati dalla legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 36
Riferimenti normativi
contratto o accordo collettivo di lavoro
24/05/1956
n. 0
art. 49
co. 3
decreto del Presidente della Repubblica
14/07/1960
n. 1040
art. 0
co. 0
legge
15/07/1966
n. 604
art. 0
co. 0
Titolo
SENT. 174/72 B. LAVORO - RETRIBUZIONI CORRISPOSTE A PERIODI NON SUPERIORI O SUPERIORI AL MESE - PRESCRIZIONE QUINQUENNALE E PRESUNTIVA - COD. CIV., ARTT. 2948, N. 4, 2955, N. 2, E 2956, N. 1 - CONSENTONO CHE LA PRESCRIZIONE DEL DIRITTO ALLA RETRIBUZIONE DECORRA DURANTE IL RAPPORTO DI LAVORO - MANCATO ESERCIZIO DEL DIRITTO PER TIMORE DI LICENZIAMENTO - SOSTANZIALE EQUIPARABILITA' ALL'IPOTESI DI RINUNCIA DI CUI E' SANCITA L'INVALIDITA' DALL'ART. 36 DELLA COSTITUZIONE - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE PARZIALE GIA' DICHIARATA.
Testo
Con la sentenza n. 63 del 1966, la Corte ha statuito che le disposizioni del codice civile le quali consentono che la prescrizione quinquennale o quelle presuntive, relative a retribuzioni corrisposte per periodi non superiori o superiori al mese sono da ritenere affette da illegittimita' costituzionale nella parte in cui fanno decorrere i termini relativi durante la costanza del rapporto di lavoro. Cio' nella considerazione che allorche' quest'ultima ipotesi si verifica, e' da presumere che la mancanza di tempestiva impugnazione sia determinata dal timore di licenziamento, e quindi venga ad assumere carattere di rinunzia implicita.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 36
Riferimenti normativi
codice civile
n. 0
art. 2948
n.4
co. 0
codice civile
n. 0
art. 2955
n.2
co. 0
codice civile
n. 0
art. 2956
n.1
co. 0
Titolo
SENT. 174/72 C. LAVORO - RAPPORTI DI LAVORO SUBORDINATO - RECLAMI RIGUARDANTI IL PAGAMENTO DELLE RETRIBUZIONI E DI OGNI ALTRO COMPENSO - DECORRENZA DEL TERMINE DI DECADENZA - DISTINZIONE TRA RAPPORTI DI DIRITTO PRIVATO E RAPPORTI DI PUBBLICO IMPIEGO O AVENTI UNA PARTICOLARE FORZA DI RESISTENZA E GARANZIA DI STABILITA'.
Testo
La Corte, con la sentenza n. 143 del 1969, ebbe a ritenere che il principio affermato con la sentenza n. 63 del 1966 non dovesse trovare applicazione tutte le volte che il rapporto di lavoro subordinato sia caratterizzato da una particolare forza di resistenza, quale deriva da una disciplina che assicuri normalmente la stabilita' del rapporto e fornisca le garanzie di appositi rimedi giurisdizionali contro ogni illegittima risoluzione. Non sembra dubbio che tale interpretazione, fatta allora valere per i rapporti di pubblico impiego statali, anche se di carattere temporaneo, debba trovare applicazione in tutti i casi di sussistenza di garanzie che si possano ritenere equivalenti a quelle disposte per i rapporti medesimi. Siffatta analogia si verifica allorche' ricorra l'applicabilita' delle leggi 15 luglio 1966, n. 604 e 20 maggio 1970, n. 300, di cui la seconda deve considerarsi necessaria integrazione della prima, dato che una vera stabilita' non si assicura se all'annullamento dell'avvenuto licenziamento non si faccia seguire la completa reintegrazione nella posizione giuridica preesistente fatta illegittimamente cessare.
Riferimenti normativi
legge
15/07/1966
n. 604
art. 0
co. 0
legge
20/05/1970
n. 300
art. 0
co. 0
Titolo
SENT. 174/72 D. LAVORO - CREDITI DA LAVORO DIPENDENTE - IMPUGNATIVE - TERMINE DI DECADENZA NEI CASI IN CUI NON SI APPLICANO LE DISPOSIZIONI SULLA GIUSTA CAUSA (NELLA SPECIE: LEGGE 15 LUGLIO 1966, N. 604, ART. 11) - DECORRENZA DALLA FINE DEL RAPPORTO DI LAVORO.
Testo
In tutti quei casi (come sono per esempio quelli risultanti dall'art. 11 della legge n. 604 del 1966) per i quali le disposizioni sulla giusta causa non trovano applicazione, deve rimanere fermo il principio che vieta di far decorrere il termine di decadenza per le impugnative in materia di crediti da lavoro dipendente nel periodo di durata del rapporto, dovendosi il medesimo spostare alla fine di questo.
Titolo
SENT. 174/72 E. LAVORO - DIPENDENTI DI ISTITUTI DI CURA PRIVATI - CONTRATTO COLLETTIVO NAZIONALE 24 MAGGIO 1956, RECEPITO NEL D.P.R. 14 LUGLIO 1960, N. 1040 - PROPOSIZIONE DEI RECLAMI RIGUARDANTI IL PAGAMENTO DELLE RETRIBUZIONI E DI OGNI ALTRO COMPENSO - MANCATA DISTINZIONE DEL PERSONALE SECONDO CHE POSSA O NO INVOCARE LE NORME SULLA GIUSTA CAUSA - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE IN PARTE QUA.
Testo
Poiche' l'art. 49, terzo comma, del contratto collettivo 24 maggio 1956, recepito nel D.P.R. 14 luglio 1960, n. 1040, non discrimina, ai fini della proposizione dei reclami, la situazione del personale dipendente secondo che possa o no invocare le norme sulla giusta causa, deve per questa parte essere dichiarato costituzionalmente illegittimo.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 3
Riferimenti normativi
contratto o accordo collettivo di lavoro
24/05/1956
n. 0
art. 0
co. 0
decreto del Presidente della Repubblica
14/07/1960
n. 1040
art. 0
co. 0
N. 174
SENTENZA 5 DICEMBRE 1972
Deposito in cancelleria: 12 dicembre 1972.
Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 329 del 20 dicembre 1972.
Pres. CHIARELLI - Rel. MORTATI
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Prof. GIUSEPPE CHIARELLI, Presidente - Prof.
COSTANTINO MORTATI - Dott. GIUSEPPE VERZÌ - Dott. GIOVANNI BATTISTA
BENEDETTI - Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO - Dott. LUIGI OGGIONI -
Dott. ANGELO DE MARCO - Avv. ERCOLE ROCCHETTI - Prof. ENZO CAPALOZZA -
Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI - Prof. VEZIO CRISAFULLI - Dott.
NICOLA REALE - Prof. PAOLO ROSSI - Avv. LEONETTO AMADEI - Prof. GIULIO
GIONFRIDA, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale del d.P.R. 14
luglio 1960, n. 1040, nella parte in cui recepisce il terzo comma
dell'art. 49 del contratto collettivo nazionale di lavoro 24 maggio
1956 per i dipendenti degli istituti di cura privati, promossi con
ordinanze emesse il 29 settembre e il 27 ottobre 1970 dalla Corte
d'appello di Napoli in due procedimenti civili vertenti rispettivamente
tra la società Clinica Villa Bianca e Petringolo Maria Rosaria e tra
Ciccarelli Giovanna e la predetta società, iscritte ai nn. 19 e 20 del
registro ordinanze 1971 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 62 del 10 marzo 1971.
Udito nella camera di consiglio del 26 ottobre 1972 il Giudice
relatore Costantino Mortati.
Ritenuto in fatto:
Nel corso del procedimento civile promosso dalla signora Maria
Rosaria Petringolo nei confronti della società Clinica Villa Bianca,
per ottenere una differenza salariale che assumeva esserle dovuta, la
Corte di appello di Napoli, dinanzi all'eccezione di decadenza proposta
dalla convenuta, con ordinanza emessa il 29 settembre 1970, ha
sollevato questione di legittimità costituzionale del d.P.R. 14 luglio
1960, n. 1040, nella parte in cui recepisce il terzo comma dell'art. 49
del c.c.n.1. 24 maggio 1956, per i dipendenti degli istituti di cura
privati. Tale disposizione testualmente recita "ogni reclamo sulla
eventuale inesattezza dei calcoli relativi alle cifre di cui sopra"
(retribuzioni ed altri compensi) "o sulla non corrispondenza delle
stesse rispetto alla quantità o qualità del lavoro e su eventuali
omissioni di pagamento, deve essere inoltrato all'istituto del
dipendente interessato, a pena di decadenza a tutti gli effetti, entro
due mesi dal giorno in cui il pagamento venne effettuato od omesso".
Secondo la Corte d'appello la norma in parola, prevedendo il
decorso del termine di decadenza in costanza di rapporto di lavoro,
violerebbe l'art. 36 della Costituzione. Osserva infatti il giudice a
quo che ricorrono gli stessi motivi di contrasto posti in evidenza
dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 63 del 1 giugno 1966 ed
esattamente: presenza di un rapporto non dotato di quella resistenza
che caratterizza il rapporto di pubblico impiego per cui il timore del
licenziamento può spingere il lavoratore a non tutelare ed a
rinunziare ai suoi diritti, con conseguente invalidità della rinunzia
ex articolo 36 Cost., perché non frutto di una libera volontà
negoziale.
Identica ordinanza è stata pronunciata dalla stessa Corte
d'appello in data 27 ottobre 1970 nel procedimento civile tra la
signora Giovanna Ciccarelli e l'anzidetta società.
Le ordinanze, ritualmente comunicate e notificate, sono state
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale. Nessuno si è costituito dinanzi
alla Corte costituzionale e la causa è stata discussa in camera di
consiglio.
Considerato in diritto:
Le due ordinanze sollevano la stessa questione sicché si rende
opportuna la riunione delle cause per la loro decisione con unica
sentenza.
1. - Le ordinanze denunciano l'art. 49, terzo comma, del contratto
collettivo nazionale di lavoro del 24 maggio 1956, riguardante i
dipendenti da istituti di cura privati, recepito con forza di legge dal
d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1040, nella considerazione che esso viene a
violare l'art. 36 della Costituzione (nell'interpretazione che ne ha
dato la Corte costituzionale con la sua sentenza n. 63 del 1966), in
quanto stabilisce che la decorrenza del termine di decadenza di due
mesi prescritta per la proposizione di reclami riguardanti il pagamento
delle retribuzioni e di ogni altro compenso, debba in ogni caso venire
fissata dal giorno in cui il pagamento venga effettuato o omesso, e
quindi anche quando il termine stesso maturi in costanza del rapporto
di lavoro.
2. - Con la sentenza richiamata, la Corte ha effettivamente
statuito che le disposizioni del codice civile le quali consentono che
la prescrizione quinquennale o quelle presuntive, relative a
retribuzioni corrisposte per periodi non superiori o superiori al mese
sono da ritenere affette da illegittimità costituzionale nella parte
in cui fanno decorrere i termini relativi durante la costanza del
rapporto di lavoro. Ciò nella considerazione che, allorché
quest'ultima ipotesi si verifica, è da presumere che la mancanza di
tempestiva impugnazione sia determinata dal timore di licenziamento, e
quindi venga ad assumere carattere di rinunzia implicita.
3. - È però da mettere in rilievo come, dopo l'emanazione della
richiamata pronuncia, è intervenuta la legge 15 luglio 1966, n. 604,
il cui art. 1 stabilisce che, nei rapporti di lavoro a tempo
indeterminato per i quali la stabilità non risulti assicurata da norme
di legge o di contratto, il licenziamento non possa avvenire se non per
giusta causa, o per giustificato motivo, ponendo a carico del datore di
lavoro l'onere di fornirne la prova. La successiva legge 20 maggio
1970, n. 300, innovando con l'art. 18 alle precedenti disposizioni, ha
stabilito che, ferma restando l'esperibilità delle procedure di cui
all'art. 7 di queste ultime, l'annullamento del licenziamento disposto
senza giusta causa debba essere accompagnato dall'ordine al datore di
reintegrare il licenziato nel rapporto di lavoro; con l'obbligo per
lui, oltre che di risarcire il danno da questi subito a causa del
licenziamento, di corrispondergli le retribuzioni dalla data della
sentenza fino a quella dell'avvenuta reintegrazione. Si pone pertanto
il quesito se per effetto di tali innovazioni legislative non sia
venuto meno, per i rapporti regolati dalle norme ricordate, il
fondamento giuridico su cui poggiava la parziale invalidazione statuita
con la sentenza n. 63 del 1966. Già la Corte, con sentenza n. 143 del
1969, ebbe a ritenere che il principio con quella affermato non dovesse
trovare applicazione tutte le volte che il rapporto di lavoro
subordinato sia caratterizzato da una particolare forza di resistenza,
quale deriva da una disciplina che assicuri normalmente la stabilità
del rapporto e fornisca le garanzie di appositi rimedi giurisdizionali
contro ogni illegittima risoluzione; e non sembra dubbio che tale
interpretazione, fatta allora valere per i rapporti di pubblico impiego
statali, anche se di carattere temporaneo, debba trovare applicazione
in tutti i casi di sussistenza di garanzie che si possano ritenere
equivalenti a quelle disposte per i rapporti medesimi. Non sembra
contestabile che siffatta analogia si verifichi allorché ricorra
l'applicabilità delle due serie di disposizioni menzionate, di cui la
seconda deve considerarsi necessaria integrazione della prima, dato che
una vera stabilità non si assicura se all'annullamento dell'avvenuto
licenziamento non si faccia seguire la completa reintegrazione nella
posizione giuridica preesistente fatta illegittimamente cessare.
4. - È chiaro tuttavia che alla conclusione ora enunciata non può
pervenirsi in tutti quei casi (come sono per esempio quelli risultanti
dall'art. 11 della legge n. 604 del 1966) per i quali le disposizioni
sulla giusta causa non trovano applicazione; sicché per essi deve
rimanere fermo il principio che vieta di far decorrere il termine di
decadenza per le impugnative in materia di crediti da lavoro dipendente
nel periodo di durata del rapporto, dovendosi il medesimo spostare alla
fine di questo. E poiché l'art. 49, terzo comma, del contratto
collettivo denunciato non discrimina, ai fini della proposizione dei
reclami, la situazione del personale dipendente secondo che possa o no
invocare le norme sulla giusta causa, deve per questa parte essere
dichiarato costituzionalmente illegittimo.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 49, terzo
comma, del contratto collettivo di lavoro 24 maggio 1956 per i
dipendenti dalle case di cura private, recepito dall'articolo unico del
d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1040, nella parte che fa decorrere il termine
di decadenza per i reclami dei dipendenti medesimi dal giorno in cui il
pagamento venga effettuato o omesso, anche per i rapporti di lavoro non
considerati dalla legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive
modificazioni.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 dicembre 1972.
GIUSEPPE CHIARELLI - COSTANTINO
MORTATI - GIUSEPPE VERZÌ - GIOVANNI
BATTISTA BENEDETTI - FRANCESCO PAOLO
BONIFACIO - LUIGI OGGIONI - ANGELO DE
MARCO - ERCOLE ROCCHETTI - ENZO
CAPALOZZA - VINCENZO MICHELE
TRIMARCHI - VEZIO CRISAFULLI - NICOLA
REALE - PAOLO ROSSI - LEONETTO AMADEI
- GIULIO GIONFRIDA.
ARDUINO SALUSTRI - Cancelliere