Sentenza 87/1968 (ECLI:IT:COST:1968:87)
Giudizio: GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: SANDULLI - Redattore:
Camera di Consiglio del 22/05/1968; Decisione del 02/07/1968
Deposito del 05/07/1968; Pubblicazione in G. U.
n. 0
Norme impugnate:
Massime:
2935
Atti decisi:
Titolo
SENT. 87/68. INTERDIZIONE ED INABILITAZIONE - COD. PROC. CIV., ART. 713 - VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI DIFESA PER DIFETTO DI CONTRADDITTORIO - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE.
Testo
L'art. 713 c.p.c. lede il diritto di difesa della parte istante in quanto permette al tribunale di rigettare senza altro la domanda su richiesta del P.M. senza prescrivere che quest'ultima sia comunicata alla parte stessa cosi' da permettere l'instaurazione di un regolare contraddittorio.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 24
co. 1
Costituzione
art. 24
co. 2
Costituzione
art. 111
Riferimenti normativi
codice di procedura civile
n. 0
art. 713
co. 1
N. 87
SENTENZA 2 LUGLIO 1968
Deposito in cancelleria: 5 luglio 1968.
Pubblicazione in "Gazz. Uff.le" n. 170 del 6 luglio 1968.
Pres. SANDULLI - Rel. FRAGALI
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Prof. ALDO SANDULLI, Presidente - Dott.
ANTONIO MANCA - Prof. GIUSEPPE BRANCA - Prof. MICHELE FRAGALI - Prof.
COSTANTINO MORTATI - Prof. GIUSEPPE CHIARELLI - Dott. GIUSEPPE VERZÌ -
Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI - Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO -
Dott. LUIGI OGGIONI - Dott. ANGELO DE MARCO - Avv. ERCOLE ROCCHETTI -
Prof. ENZO CAPALOZZA - Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 713 del
Codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 14 luglio
1967 dal presidente del Tribunale di Milano sul ricorso prodotto da
Cavalca Luciano per l'inabilitazione di Cavalca Nerina Vittoria Enrica,
iscritta al n. 240 del Registro ordinanze 1967 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 307 del 9 dicembre 1967.
Udita nella camera di consiglio del 22 maggio 1968 la relazione del
Giudice Michele Fragali.
Ritenuto in fatto:
Il presidente del Tribunale di Milano, giudicando sul ricorso di
inabilitazione prodotto dal prof. Luciano Cavalca contro la sorella
Nerina Vittoria Enrica, con ordinanza 14 luglio 1967 ha proposto
questione di legittimità costituzionale dell'art. 713 del Codice di
procedura civile. Ha rilevato che il pubblico ministero, avvalendosi
della facoltà prevista nel citato articolo, aveva chiesto che venisse
senz'altro rigettato il ricorso, assumendo che nessun elemento era
stato addotto per convalidare la domanda di inabilitazione; e ha
ritenuto che la norma predetta fosse costituzionalmente illegittima in
relazione al primo comma dell'art. 24 della Costituzione perché limita
la facoltà del cittadino di agire in giudizio, e in relazione inoltre
al secondo comma dello stesso art. 24 perché, essendo il provvedimento
di rigetto della istanza ammesso senza che il ricorrente abbia la
possibilità di far valere le sue ragioni per provocare il
proseguimento della sua azione, viola il principio del contraddittorio
e il diritto della difesa. Non vale, secondo il presidente del
Tribunale, che l'istanza potrebbe essere riproposta, perché
l'interessato non può essere costretto a iniziare un nuovo
procedimento e a proporre nuovi elementi di giudizio se ignora per
quale motivo quelli precedentemente esposti non erano stati ritenuti
idonei a giustificare la prosecuzione dell'azione. Infine l'ordinanza
rileva che la norma non prevede alcuna possibilità di gravame avverso
il decreto di rigetto e pertanto viola ancora una volta il secondo
comma dell'art. 24 della Costituzione e il successivo art. 111 della
stessa, giacché contrasta con i diritti della difesa il non poter
interloquire sui motivi di un provvedimento da cui dipende l'ulteriore
svolgimento del processo e il non poter proporre gravame contro il
medesimo.
L'ordinanza è stata notificata alle parti private il 24 e il 26
luglio 1967, al pubblico ministero il 21 stesso mese e al Presidente
del Consiglio dei Ministri il 22 successivo; è stata comunicata ai
Presidenti delle due Camere l'8 agosto 1967. L'ordinanza è stata
pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 9 dicembre
1967, n. 307.
Nessuno si è costituito innanzi a questa Corte e la causa è stata
trattata in camera di consiglio il 22 maggio 1968.
Considerato in diritto:
1. - La norma impugnata si suole spiegare con la necessità di
preservare l'interdicendo o l'inabilitando da istanze avventate e
impone al giudice una delibazione preliminare della domanda, onde
accertare se essa abbia parvenza di fondatezza.
Questo procedimento lede il diritto di difesa della parte istante
in quanto permette al Tribunale di rigettarne senz'altro la domanda su
richiesta del pubblico ministero, senza prescrivere che quest'ultima
sia comunicata alla parte, così da permetterle di contraddire mediante
l'esposizione di ragioni ulteriori. Vero è che il Tribunale può anche
respingere la richiesta del pubblico ministero; ma l'inesistenza di un
suo dovere di accoglierla non esclude che resti leso il diritto di
difesa nel caso in cui ritenga di farla propria. Vero è pure che
l'istanza respinta può essere riproposta; ma tale possibilità non
migliora la posizione della parte attrice, non essendo imposto al
pubblico ministero di motivare la sua richiesta e rimanendo la parte
conseguentemente all'oscuro delle ragioni che hanno indotto a domandare
e a decidere che il procedimento venga arrestato.
2. - La questione ha punti in comune con quella risolta con la
sentenza 23 giugno 1965, n. 70, a proposito dell'art. 274, secondo
comma, del Codice civile; nella quale furono prospettati argomenti non
dissimili da quelli ora esposti. In tale sentenza si rilevò pure che
la non impugnabilità del provvedimento del Tribunale non consentiva
alla parte di interloquire sui motivi di un provvedimento da cui
dipende l'ulteriore svolgimento del processo; e queste considerazioni
vengono fatte proprie dall'ordinanza per sorreggere il dubbio di
costituzionalità di quella parte della norma che non prevede
l'impugnazione del provvedimento del presidente del tribunale.
Ma la sentenza richiamata nell'ordinanza provvedeva riguardo ad una
norma che espressamente escludeva ogni reclamo, mentre la disposizione
ora impugnata non contiene uguale esclusione, e la sia pure scarsa
giurisprudenza è nel senso della reclamabilità. Il dissenso che su
tale opinione si è manifestato in dottrina si compone dando alla norma
quel significato che meglio corrisponde al precetto costituzionale ora
invocato; e cioè intendendola nel senso della reclamabilità, proprio
perché essa non viene negata, come faceva invece l'art. 274, secondo
comma, del Codice civile, oggetto della suddetta sentenza 25 giugno
1965, n. 70. È vero che la Corte in precedenza (13 maggio 1965 n. 41)
aveva deciso che l'ordinamento non garantisce il doppio grado di
giurisdizione; ma è anche vero che in un'altra fattispecie normativa,
in base alla quale, come per quella odierna, erano consentite
determinazioni discrezionali, la Corte ha notato che la mancanza del
doppio grado dava la misura della gravità delle conseguenze che
avrebbero potuto derivarne (7 giugno 1963, n. 110).
Sotto questo secondo profilo, la questione proposta si palesa
perciò infondata.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 713, primo
comma, secondo periodo, del Codice di procedura civile, nella parte in
cui permette al Tribunale di rigettare senz'altro, e cioè senza
istituire contraddittorio con la parte istante, la domanda di
interdizione o di inabilitazione ove il pubblico ministero ne faccia
richiesta.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 luglio 1968.
ALDO SANDULLI - ANTONIO MANCA -
GIUSEPPE BRANCA - MICHELE FRAGALI -
COSTANTINO MORTATI - GIUSEPPE
CHIARELLI - GIUSEPPE VERZÌ -
GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI -
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO - LUIGI
OGGIONI - ANGELO DE MARCO - ERCOLE
ROCCHETTI - ENZO CAPALOZZA - VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI.