Titolo
SENT. 53/67 A. DIFESA DELLA PATRIA - CONTENUTO DEL RELATIVO DOVERE - RAPPORTI CON L'OBBLIGO DI PRESTARE SERVIZIO MILITARE - OBBLIGO DEL SERVIZIO MILITARE A CARICO DI CHI ABBIA PERDUTA LA CITTADINANZA ITALIANA - QUESTIONE DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE - INFONDATEZZA DELLA QUESTIONE.
Testo
Il primo comma dell'art. 52 della Costituzione, nel proclamare che la difesa della Patria e' sacro dovere del cittadino, fa un'affermazione di altissimo significato morale e giuridico, che colloca quel dovere al di sopra di tutti gli altri e ne esclude la soppressione per mezzo di una legge. In quanto "sacro" detto dovere si collega intimamente ed indissolubilmente all'appartenenza alla comunita' nazionale, identificata nella Repubblica italiana (e percio' alla cittadinanza), in modo da trascendere e superare l'obbligo del servizio militare, che rispetto ad esso ha una propria autonomia concettuale ed istituzionale e che, contemplato nel secondo comma dello stesso articolo, limitatamente a quanto attiene alla sua obbligatorieta' "nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge, non e' tale da poter essere imposto, appunto, con una legge, quando non siano violati altri precetti costituzionali, anche a soggetti non cittadini italiani, in vista di interessi che il legislatore consideri meritevoli di tutela. Non e' pertanto fondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 8, secondo comma, legge 13 giugno 1912, n. 555, sulla cittadinanza italiana, e dell'art. 1, lett. b, d.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237 (in base ai quali, in taluni casi da essi considerati, persone che abbiano perduto la cittadinanza italiana sono nondimeno tenuti a prestare il servizio militare), in riferimento all'art. 52 della Costituzione.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 52
Riferimenti normativi
legge
13/06/1912
n. 555
art. 8
co. 2
decreto del Presidente della Repubblica
14/02/1964
n. 237
art. 1
lett.b
co. 0
Titolo
SENT. 53/67 B. PROCEDIMENTO INNANZI ALLA CORTE COSTITUZIONALE - OGGETTO DEL GIUDIZIO - SINDACATO SU PROFILI DI POLITICA LEGISLATIVA - ESCLUSIONE - FATTISPECIE.
Testo
Esula dalla competenza della Corte costituzionale in sede di giudizio sulla legittimita' delle leggi, esaminare profili di politica legislativa anziche' di legittimita' costituzionale. (Nella specie, alla denuncia di illegittimita', per contrasto con l'art. 52 della Costituzione, degli artt. 8, secondo comma, legge 13 giugno 1912, n. 555, sulla cittadinanza italiana e dell'art. 1, lett. b, d.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237, che impongono, in taluni casi, l'obbligo del servizio militare a persone le quali abbiano perduto la cittadinanza italiana, era stato aggiunto il rilevo che "il possesso - di tale cittadinanza - da parte del militare in servizio costituisce, sotto il profilo morale, garanzia di leale assolvimento dei delicati e numerosi compiti che egli puo' essere chiamato a svolgere, di dedizione e di spirito di sacrificio").
N. 53
SENTENZA 12 APRILE 1967
Deposito in cancelleria: 24 aprile 1967.
Pubblicazione in "Gazzetta Ufficiale" n. 109 del 19
aprile 1967.
Pres. AMBROSINI - Rel. SANDULLI
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente - Prof.
ANTONINO PAPALDO - Prof. NICOLA JAEGER - Prof. GIOVANNI CASSANDRO -
Prof. BIAGIO PETROCELLI - Dott. ANTONIO MANCA - Prof. ALDO SANDULLI -
Prof. GIUSEPPE BRANCA - Prof. MICHELE FRAGALI - Prof. COSTANTINO
MORTATI - Prof. GIUSEPPE CHIARELLI - Dott. GIUSEPPE VERZÌ - Dott.
GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI - Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO - Dott.
LUIGI OGGIONI, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 8, secondo
comma, della legge 13 giugno 1912, n. 555, e dell'art. 1, lett. b. del
D.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237, promosso con ordinanza emessa il 3
dicembre 1965 dal Tribunale militare territoriale di Padova, nel
procedimento penale a carico di Zardo Serafino, iscritta al n. 229 del
Registro ordinanze 1965 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 38 del 12 febbraio 1966.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
udita nell'udienza pubblica del 1 marzo 1967 la relazione del
Giudice Aldo Sandulli:
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Umberto Coronas,
per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto:
Nel procedimento penale a carico di Zardo Serafino, già cittadino
italiano e dal 1963 cittadino australiano, imputato del reato di cui
all'art. 151 del Codice penale militare di pace, per non aver
ottemperato alla chiamata alle armi indetta per l'11 gennaio 1965, il
Tribunale militare territoriale di Padova, con ordinanza emessa il 3
dicembre 1965, ha sottoposto a questa Corte, considerandola rilevante
ai fini del giudizio, la questione di legittimità costituzionale
dell'art. 8, secondo comma, della legge 13 giugno 1912, n. 555, sulla
cittadinanza italiana, e dell'art. 1, lett. b, del D.P.R. 14 febbraio
1964, n. 237, sulla leva e il reclutamento obbligatorio nell'esercito,
nella marina e nella aeronautica, in relazione all'art. 52 della
Costituzione. Un contrasto tra le disposizioni impugnate, in base alle
quali, in taluni casi in esse considerati, persone che abbiano perduto
la cittadinanza italiana sono nondimeno tenute a prestare il servizio
militare, e il menzionato articolo della Costituzione, in base al quale
la difesa militare è "sacro dovere del cittadino", potrebbe infatti
inerire, secondo l'ordinanza, al fatto che l'obbligatorietà del
servizio militare, "indispensabile presupposto affinché quel dovere
possa essere bene adempiuto", importerebbe che la prestazione del
servizio stesso non possa esser richiesta se non a coloro che si
trovino nel possesso dello stato di cittadino italiano, "tanto più che
tale possesso da parte del militare in servizio costituisce, sotto il
profilo morale, garanzia di leale assolvimento dei delicati e numerosi
compiti che egli può essere chiamato a svolgere, di dedizione e di
spirito di sacrificio".
Stante la contumacia e l'irreperibilità dell'imputato - ripartito
dall'Italia prima ancora di aver ricevuto la notifica del decreto di
citazione a giudizio - , l'ordinanza gli è stata notificata il 13
dicembre 1965 nelle forme dell'art. 170 del Codice di procedura penale.
L'ordinanza è stata inoltre notificata al Pubblico Ministero nella
stessa data e al Presidente del Consiglio dei Ministri il 16 dicembre
1965. In data 15 e 16 dicembre 1965 essa è stata comunicata
rispettivamente al Presidente della Camera dei deputati e a quello del
Senato, e in data 12 febbraio 1966 è stata pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale (n. 38, ed. spec.).
Davanti a questa Corte si è costituito soltanto il Presidente del
Consiglio dei Ministri, con atto di intervento dell'Avvocatura generale
dello Stato depositato il 1 marzo 1966. In esso si contesta la
fondatezza della questione, osservando che la disposizione
costituzionale invocata, se impegna tutti i cittadini al dovere in essa
enunciato, non significa anche che la legge non possa imporre obblighi
militari a particolari categorie di non cittadini, come gli ex
cittadini o i residenti nel paese. Si aggiunge che le ulteriori
considerazioni contenute nell'ordinanza attengono al merito, e per di
più sono inconferenti nella specie in esame, dato che l'art. 9, n. 1,
della legge sulla cittadinanza italiana stabilisce che chi - come
l'imputato - abbia perduto la cittadinanza a norma degli artt. 7 e 8 la
riacquista se presti servizio militare in Italia.
All'udienza di trattazione della causa l'Avvocato dello Stato ha
insistito nelle precedenti conclusioni.
Considerato in diritto:
1. - Il raffronto tra le disposizioni impugnate (art. 8, secondo
comma, legge 13 giugno 1912, n. 555, e art. 1, lett. b, D.P.R. 14
febbraio 1964, n. 237) - dalle quali risulta che, in via di principio,
chi abbia perduto, col concorso della propria volontà, la cittadinanza
italiana, ai sensi del primo comma dell'art. 8 della legge n. 555 del
1912, citata, non si sottrae perciò all'obbligo del servizio militare
- e i precetti dell'art. 52 della Costituzione, secondo i quali "la
difesa della Patria è sacro dovere del cittadino" e "il servizio
militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge", non
rivela, ad avviso della Corte, alcuna incompatibilità.
Il primo comma dell'art. 52 della Costituzione, nel proclamare che
la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino, fa una
affermazione di altissimo significato morale e giuridico. Essa comporta
che per tutti i cittadini, senza esclusioni, la difesa della Patria -
che è condizione prima della conservazione della comunità nazionale -
rappresenta un dovere collocato al di sopra di tutti gli altri, e che
nessuna legge potrebbe fare venir meno. Si tratta di un dovere, il
quale, proprio perché "sacro" (e quindi di ordine eminentemente
morale), si collega intimamente e indissolubilmente alla appartenenza
alla comunità nazionale identificata nella Repubblica italiana (e
perciò alla cittadinanza). così inteso esso trascende e supera lo
stesso dovere del servizio militare.
L'esistenza, per i cittadini, di un dovere così caratterizzato
costituzionalmente, non comporta però, per sé sola, l'esclusione
della possibilità che una legge ordinaria imponga anche a soggetti non
cittadini, o addirittura stranieri, in particolari condizioni
(l'attuale legislazione la prevede soltanto per gli stranieri già
cittadini italiani e per gli apolidi residenti nella Repubblica), la
prestazione del servizio militare.
Questo servizio - nel quale, come si è detto, non si esaurisce,
per i cittadini, il dovere "sacro" di difesa della Patria, e che per i
non cittadini, appunto perché tali, non può esser considerato,
diversamente che per i primi, strumentale rispetto a quello della
difesa della Patria - ha una sua autonomia concettuale e istituzionale
rispetto al dovere patriottico contemplato dal primo comma dell'art.
52.
A proposito di esso il secondo comma dell'articolo si limita a
disporre che "è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge".
E ciò non esclude, sempre che siano osservati i precetti dell'art. 10
della Costituzione e non siano violati altri precetti costituzionali,
che una legge possa imporlo, quando concorrano interessi che il
legislatore consideri meritevoli di tutela, anche a soggetti non in
possesso della cittadinanza italiana.
2. - Con riferimento poi all'affermazione della ordinanza di
rimessione, secondo la quale il possesso della cittadinanza da parte di
chi presta il servizio militare "costituisce, sotto il profilo morale,
garanzia di leale assolvimento dei delicati e numerosi compiti che egli
può esser chiamato a svolgere, di dedizione e di spirito di
sacrificio", osserva la Corte che essa investe un profilo di politica
legislativa e non di legittimità costituzionale. L'esame della
fondatezza dell'assunto (è ben noto che l'argomento ha dato luogo a
contrasti, tanto in sede legislativa, come in sede dottrinale) esula
perciò dalla competenza della Corte.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale,
proposta con l'ordinanza indicata in epigrafe, nei confronti dell'art.
8, secondo comma, della legge 13 giugno 1912, n. 555, sulla
cittadinanza italiana, e dell'art. 1, lett. b, del decreto del
Presidente della Repubblica 14 febbraio 1964, n. 237, sulla leva e il
reclutamento obbligatorio nell'esercito, nella marina e nella
aeronautica, in riferimento all'art. 52 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 aprile 1967.
GASPARE AMBROSINI - ANTONINO PAPALDO
- NICOLA JAEGER - GIOVANNI CASSANDRO
- BIAGIO PETROCELLI - ANTONIO MANCA -
ALDO SANDULLI - GIUSEPPE BRANCA -
MICHELE FRAGALI - COSTANTINO MORTATI
- GIUSEPPE CHIARELLI - GIUSEPPE
VERZÌ - GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
- FRANCESCO PAOLO BONIFACIO - LUIGI
OGGIONI.