ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito dell’approvazione della delibera della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi 2 aprile 2025, recante «Disposizioni in materia di comunicazione politica, messaggi autogestiti e informazione della società concessionaria del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale in relazione alla campagna per i referendum popolari abrogativi indetti per i giorni 8 e 9 giugno 2025», sollevato dal Comitato Promotore Referendum Cittadinanza, in persona del legale rappresentante onorevole Riccardo Magi, con ricorso depositato in cancelleria il 28 maggio 2025 ed iscritto al n. 7 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2025.
Udito nella camera di consiglio del 3 giugno 2025 il Giudice relatore Marco D’Alberti;
udito l’avvocato Giuliano Fonderico per il ricorrente;
deliberato nella camera di consiglio del 3 giugno 2025.
Ritenuto che con ricorso depositato il 28 maggio 2025 (reg. confl. pot. n. 7 del 2025), il Comitato Promotore Referendum Cittadinanza (in seguito, il Comitato), in persona del legale rappresentante onorevole Riccardo Magi, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi (in seguito, la Commissione), in riferimento alla delibera della Commissione stessa del 2 aprile del 2025, recante «Disposizioni in materia di comunicazione politica, messaggi autogestiti e informazione della società concessionaria del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale in relazione alla campagna per i referendum popolari abrogativi indetti per i giorni 8 e 9 giugno 2025» (in seguito, la delibera), «nella parte in cui, agli artt. 3, 4, 5, 6 e 7, non garantisce che il Comitato ricorrente disponga di spazi di comunicazione politica idonei a illustrare le ragioni sottese alla richiesta di referendum e comunque non contiene disposizioni idonee a imporre al concessionario del servizio pubblico radiotelevisivo di garantire un elevato livello di informazione sulle tematiche oggetto del referendum»;
che il ricorrente lamenta l’illegittimità di tale delibera poiché essa determinerebbe la compressione delle attribuzioni costituzionalmente garantite al Comitato dagli artt. 2, 3, 48 e 75 della Costituzione, come attuati dagli artt. 1, 2 e 5 della legge 22 febbraio 2000, n. 28 (Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica), e dagli artt. 4, 6, 59, 62 e 67 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 208, recante «Attuazione della direttiva (UE) 2018/1808 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 novembre 2018, recante modifica della direttiva 2010/13/UE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri, concernente il testo unico per la fornitura di servizi di media audiovisivi in considerazione dell’evoluzione delle realtà del mercato»;
che, in punto di fatto, il ricorrente premette che il Comitato è stato costituito al fine di promuovere un referendum abrogativo ex art. 75 Cost. sul seguente quesito: «Volete voi abrogare l’articolo 9, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole “adottato da cittadino italiano” e “successivamente alla adozione”; nonché la lettera f), recante la seguente disposizione: “f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.”, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza”?»;
che, con sentenza n. 11 del 2025, questa Corte ha dichiarato ammissibile la suindicata richiesta e, con d.P.R. 31 marzo 2025 (Indizione del referendum popolare abrogativo avente la seguente denominazione: «Cittadinanza italiana: Dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana»), è stato indetto il referendum e sono stati convocati i comizi referendari per le giornate dell’8 e 9 giugno 2025;
che la delibera impugnata sarebbe illegittima nella parte in cui non avrebbe «adeguatamente differenziato e valorizzato la posizione del Comitato […] non riconoscendo allo stesso alcun ruolo nell’illustrare il contenuto della proposta referendaria da esso promossa» e non avrebbe garantito che «i mezzi di informazione radiotelevisivi offrano all’elettorato un’informazione completa sulle questioni oggetto del referendum»;
che, in particolare, l’art. 3, comma 1, nell’individuare i soggetti che possono partecipare alle trasmissioni radiotelevisive volte a illustrare il quesito referendario, non avrebbe riconosciuto alcun ruolo al Comitato ricorrente, il quale dovrebbe essere pertanto ricondotto alla categoria residuale degli altri soggetti politici indicati dalla lettera d) dello stesso art. 3, comma 1 (i comitati, le associazioni e gli altri organismi collettivi, comunque denominati, rappresentativi di forze sociali e politiche di rilevanza nazionale) questi ultimi possono partecipare alle trasmissioni che trattano materie proprie del referendum, ma sono onerati degli adempimenti previsti dall’art. 3, commi 3 e 4, al fine di dimostrare la propria legittimazione a prendervi parte;
che la menomazione delle prerogative costituzionali del ricorrente deriverebbe sia dalla mancata attribuzione di spazi di comunicazione dedicati nelle trasmissioni radiotelevisive, sia dalla necessità che la sua partecipazione ai confronti televisivi e radiofonici sui temi referendari avvenga «tenendo conto degli spazi disponibili in ciascun confronto» (art. 5, comma 1, lettera b);
che, pertanto, il Comitato sarebbe stato costretto a un ruolo deteriore rispetto agli altri soggetti politici, mentre gli si dovrebbe riconoscere un «ruolo differenziato», consentendogli di illustrare efficacemente il quesito e le ragioni del referendum;
che, inoltre, la delibera della Commissione non conterrebbe una disciplina degli aspetti quantitativi e qualitativi della comunicazione politica e delle trasmissioni informative al fine di garantire un livello minimo di informazione sui temi referendari; da ciò deriverebbe la violazione dell’art. 2, commi 1, 4 e 5, della legge n. 28 del 2000 e degli artt. 2, 3, 48 e 75 Cost., in quanto sarebbe ostacolata la possibilità che gli elettori partecipino in modo libero e consapevole alla formazione della politica nazionale;
che, a questo riguardo, il ricorrente osserva che gli artt. 5, comma 6, e 7 della delibera impugnata contengono una rigida disciplina delle modalità attraverso le quali le tematiche referendarie possono essere trattate nei programmi radiotelevisivi: mancherebbe tuttavia una disciplina sul livello minimo di informazione che deve essere garantito, ad esempio attraverso la previsione di un numero minimo di trasmissioni che trattino le tematiche relative ai referendum;
che la delibera impugnata, in definitiva, finirebbe per ostacolare la realizzazione dell’istituto referendario, quale strumento di democrazia diretta;
che, in via subordinata, il ricorrente chiede che, nell’esercizio del potere di autorimessione, questa Corte sollevi dinanzi a sé questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 2, della legge n. 28 del 2000 nella parte in cui non prevede che – nell’ambito della comunicazione politica radiotelevisiva durante la campagna referendaria – il comitato promotore di un referendum sia titolare di una «posizione differenziata» corrispondente al ruolo che lo stesso riveste nel procedimento referendario, nonché nella parte in cui non prevede che debbano essergli riconosciuti spazi minimi di comunicazione politica radiotelevisiva, sufficienti a garantire il diritto dell’elettorato di ricevere un’informazione completa, tempestiva ed esaustiva;
che, in via cautelare, il ricorrente ha chiesto la sospensione della delibera 2 aprile 2025 e l’adozione di «ogni misura cautelare idonea a tutelare la situazione dedotta in giudizio in via interinale, anche in forma propulsiva e/o inaudita altera parte»;
che con decreto presidenziale del 29 maggio 2025 è stata fissata la discussione sull’istanza di sospensione e concessione di misure cautelari alla camera di consiglio del 3 giugno 2025 ed è stata autorizzata l’audizione del Comitato ricorrente e della Commissione nei cui confronti è domandata la tutela cautelare.
Considerato che il Comitato, in persona del legale rappresentante onorevole Riccardo Magi, ha promosso ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Commissione, in riferimento alle disposizioni contenute negli artt. 3, 4, 5, 6 e 7 della delibera del 2 aprile 2025;
che, secondo il ricorrente, le predette disposizioni determinerebbero la menomazione delle attribuzioni proprie del Comitato promotore, tutelate dagli artt. 2, 3, 48 e 75 Cost.;
che, in via cautelare, il ricorrente ha chiesto la sospensione della delibera e l’adozione di ogni misura idonea a tutelare la situazione dedotta;
che il Collegio, ai limitati fini della valutazione dell’istanza cautelare, ritiene di dover delibare solo sommariamente e prima facie la legittimazione del Comitato a domandare la tutela cautelare;
che, quanto al profilo soggettivo, si può riconoscere, allo stato, e impregiudicata ogni ulteriore valutazione in sede di scrutinio di ammissibilità del conflitto, anche in relazione alle attività preordinate all’esercizio del voto referendario, la legittimazione dei promotori della richiesta di referendum abrogativo a dichiarare definitivamente la volontà della frazione del corpo elettorale titolare del potere di iniziativa referendaria ex art. 75 Cost. (tra le molte, sentenze n. 174 del 2009, n. 502 del 2000, n. 49 del 1998, n. 102 del 1997, n. 161 del 1995 e n. 69 del 1978; ordinanze n. 195 del 2020, n. 169 del 2011, n. 172 del 2009, n. 38 del 2008, n. 195 del 2003, n. 137 del 2000, n. 171, n. 131 e n. 9 del 1997, n. 226 e n. 118 del 1995 e n. 17 del 1978);
che, sempre sotto il profilo soggettivo, si può altresì riconoscere la legittimazione della Commissione a dichiarare definitivamente, in materia che attiene agli indirizzi per l’informazione e la propaganda attraverso il servizio pubblico radiotelevisivo, la volontà della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica (sentenze n. 174 e n. 69 del 2009, n. 502 del 2000 e n. 49 del 1998; ordinanze n. 195 del 2003, n. 137 del 2000 e n. 171 del 1997);
che, allo stato, quanto al profilo oggettivo, può rilevarsi che «gli atti di indirizzo delle Camere nei confronti del servizio pubblico radiotelevisivo sono intesi ad assicurare, in tale servizio, la realizzazione del principio del pluralismo (sentenze n. 420 del 1994 e n. 112 del 1993) e sono pertanto espressione di una attribuzione costituzionale, sì che ogni limitazione della facoltà di partecipare ai programmi radiotelevisivi sui referendum che dovesse risultarne, potrebbe, in astratto, ledere l’integrità delle attribuzioni che spetta ai Comitati promotori tutelare» (sentenza n. 174 del 2009; nello stesso senso, ordinanza n. 172 del 2009);
che, quindi, può essere ravvisata, in via di sommaria delibazione, la legittimazione del Comitato ricorrente a domandare la tutela cautelare, ammissibile anche nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato (ordinanza n. 225 del 2017);
che, tuttavia, nel presente giudizio non sussistono i presupposti per l’accoglimento della domanda cautelare, nei termini in cui è formulata nel ricorso;
che, al riguardo, il ricorrente sottolinea la necessità e l’urgenza delle evocate misure cautelari in considerazione dell’imminente convocazione dei comizi referendari, prevista per i giorni 8 e 9 giugno 2025, e del mancato riscontro della richiesta, presentata il 23 maggio 2025 dal Comitato, di una convocazione della Commissione, al fine di emendare i vizi della delibera denunciati;
che occorre tenere conto dell’importanza fondamentale che la delibera riveste al fine di offrire all’elettorato un’informazione corretta, imparziale e tempestiva sui quesiti referendari;
che, in considerazione del limitatissimo tempo che intercorre tra la presentazione dell’istanza cautelare – avvenuta nella fase conclusiva della campagna per i referendum – e la convocazione dei comizi referendari, la sospensione dell’atto impugnato appare inidonea a rimuovere nell’immediato le complessive conseguenze lesive lamentate dal ricorrente;
che, d’altra parte, risulta assolutamente indeterminata la misura cautelare atipica richiesta, che dovrebbe contenere l’invito alla Commissione «ad adottare con la massima urgenza le misure necessarie a garantire che le emittenti radiotelevisive garantiscano la trasmissione di comunicazioni politiche in misura sufficiente a offrire al corpo elettorale un’informazione completa e adeguata sul quesito referendario»;
che, in considerazione di queste circostanze, l’adozione di una misura cautelare, di tipo sospensivo o propulsivo, nell’imminenza della consultazione elettorale, rischierebbe di produrre un esito opposto a quello auspicato dal ricorrente, perché potrebbe paralizzare, o comunque rendere estremamente problematica, la diffusione delle informazioni sui quesiti referendari, proprio nelle giornate immediatamente antecedenti alla chiamata alle urne della popolazione.