SENTENZA N. 106
ANNO 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta da:
Presidente: Giovanni AMOROSO; Giudici : Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI, Massimo LUCIANI, Maria Alessandra SANDULLI, Roberto Nicola CASSINELLI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 1, lettera b), e 2 della legge della Regione Calabria 8 luglio 2024, n. 27 (Modifiche della legge regionale n. 25/2013. Disposizioni in materia di forestazione), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 26 agosto 2024 e depositato in cancelleria in pari data, iscritto al n. 32 del registro ricorsi 2024 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 2024.
Visto l’atto di costituzione della Regione Calabria;
udita nell’udienza pubblica del 6 maggio 2025 la Giudice relatrice Antonella Sciarrone Alibrandi;
uditi l’avvocato dello Stato Fabrizio Di Rubbo per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Domenico Gullo per la Regione Calabria;
deliberato nella camera di consiglio del 6 maggio 2025.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso depositato il 26 agosto 2024, e iscritto al n. 32 del registro ricorsi 2024, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato gli artt. 1, comma 1, lettera b), e 2 della legge della Regione Calabria 8 luglio 2024, n. 27 (Modifiche della legge regionale n. 25/2013. Disposizioni in materia di forestazione), in riferimento, complessivamente, agli artt. 3 e 117, commi secondo, lettera l), e terzo, della Costituzione.
1.1.‒ In particolare, è impugnato l’art. 1, comma 1, lettera b), della citata legge reg. Calabria n. 27 del 2024, là dove, inserendo i commi 5 e 6, modifica l’art. 11 della legge della Regione Calabria 16 maggio 2013, n. 25 (Istituzione dell’Azienda regionale per la forestazione e le politiche per la montagna – Azienda Calabria Verde ‒ e disposizioni in materia di forestazione e di politiche della montagna).
Questi ultimi prevedono che il personale dipendente di Azienda Calabria Verde, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, in forza al comparto della sorveglianza idraulica dell’Azienda medesima, venga inquadrato secondo il Contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) relativo al personale del comparto funzioni locali (triennio 2019-2021), sottoscritto il 16 novembre 2022, nel profilo degli Operatori esperti, ove abbia presentato domanda di passaggio o di adeguamento contrattuale dal 26 ottobre 2023 ed entro il 15 novembre 2023, o effettui, successivamente, una manifestazione d’interesse in tal senso. Tale inquadramento sarebbe disposto in luogo di quello riconducibile al vigente CCNL di natura privatistica previsto dall’art. 7-bis del decreto-legge 8 settembre 2021, n. 120 (Disposizioni per il contrasto degli incendi boschivi e altre misure urgenti di protezione civile), convertito, con modificazioni, nella legge 8 novembre 2021, n. 155, nel cui ambito di applicazione rientrano tutti gli addetti ai lavori agricoli e forestali assunti con contratti di diritto privato dalle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).
Pertanto, la citata previsione regionale contrasterebbe, anzitutto, con gli artt. 40 e seguenti del d.lgs. n. 165 del 2001, i quali riservano alla contrattazione collettiva la regolamentazione del rapporto di lavoro pubblico, in armonia con la costante giurisprudenza costituzionale. Quest’ultima – ricorda il ricorrente – nel riconoscere la necessità di una disciplina unitaria dei rapporti di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione sul territorio nazionale, a seguito della loro privatizzazione, ha ricondotto alla materia dell’ordinamento civile, riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, la disciplina del trattamento giuridico ed economico anche con riguardo al lavoro pubblico regionale. Tale disciplina è, dunque, retta – precisa il ricorrente – dalle disposizioni del codice civile e dalla contrattazione collettiva, cui la legge dello Stato rinvia, mentre è precluso al legislatore regionale anche dettare una disciplina che riproduca le previsioni della fonte negoziale, per il divieto di novazione della fonte.
A conferma di tale costante orientamento è richiamata la sentenza n. 153 del 2021 di questa Corte, relativa a disposizioni regionali, ritenute dal ricorrente analoghe a quelle ora sottoposte a scrutinio, dichiarate costituzionalmente illegittime in quanto avevano anticipato in via provvisoria l’inquadramento del personale dell’Agenzia forestale della Regione autonoma della Sardegna nelle categorie e nelle fasce del comparto unico del contratto collettivo regionale, determinandone anche il connesso trattamento retributivo, senza attendere il perfezionarsi delle procedure negoziali, con conseguente indebita sostituzione della fonte di disciplina del rapporto di lavoro, individuata dall’art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 165 del 2001 – contenente un principio fondamentale della materia – nella contrattazione collettiva.
Inoltre, l’art. 1, comma 1, lettera b), della legge reg. Calabria n. 27 del 2024 sarebbe in contrasto anche con l’art. 7-bis del d.l. n. 120 del 2021, come convertito, là dove dispone che per gli addetti ai lavori agricoli e forestali assunti con contratti di diritto privato dalle amministrazioni pubbliche per l’esecuzione in amministrazione diretta di una serie di attività (opere di bonifica, idraulico-forestali, idraulico-agrarie, di gestione forestale, di prevenzione ed estinzione degli incendi boschivi e in zone di interfaccia urbano-rurale, di forestazione e agrarie-florovivaistiche) «si applicano, nei limiti di spesa previsti a legislazione vigente e nel rispetto dei vincoli finanziari previsti per le spese del personale delle pubbliche amministrazioni, i relativi contratti o accordi collettivi nazionale, regionali e provinciali».
A tal proposito, il ricorrente segnala che, peraltro, il citato CCNL di natura privatistica è stato sottoscritto in data 9 dicembre 2021 dai rappresentanti delle amministrazioni pubbliche, ivi inclusa la Conferenza delle Regioni, senza alcuna riserva da parte della Regione Calabria.
La disposizione regionale impugnata, pertanto, prevedendo l’applicazione del CCNL del comparto funzioni locali (settore pubblico) in luogo del CCNL di natura privatistica indicato dal citato art. 7-bis del d.l. n. 120 del 2021, come convertito, si porrebbe in contrasto con quest’ultimo e, quindi, violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., considerata la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile.
1.2.‒ È, inoltre, impugnato l’art. 2 della legge reg. Calabria n. 27 del 2024, là dove contiene la clausola di invarianza finanziaria e dispone, quindi, che dall’attuazione della medesima legge «non derivano nuovi o maggiori oneri finanziari».
Il ricorrente contesta la fondatezza di tale assunto e ritiene che la previsione dell’applicazione del CCNL funzioni locali 2019-2021 agli operai idraulico-forestali dell’Azienda Calabria Verde determini maggiori oneri, in contrasto con i principi fondamentali posti dallo Stato in materia di coordinamento della finanza pubblica, in violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.
Il ricorrente segnala, al riguardo, che gli oneri relativi all’applicazione del CCNL funzioni locali 2019-2021 risulterebbero sottostimati, in quanto non terrebbero conto dell’adeguamento contrattuale relativo al triennio 2022-2024, nonché del trattamento economico accessorio da corrispondere, oltre che degli oneri riflessi a carico dell’amministrazione. Peraltro, il transito del medesimo personale nel CCNL funzioni locali 2019-2021 sarebbe suscettibile di determinare la duplicazione di trattamenti accessori derivante dal cumulo delle disposizioni dei CCNL del settore privato e del settore pubblico, in conseguenza dell’originario inquadramento del medesimo personale nel livello degli operai qualificati, ai sensi del CCNL e del Contratto integrativo regionale di lavoro (CIRL) per gli addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale e idraulico-agraria.
1.3.‒ Le «disposizioni censurate», infine, determinerebbero la violazione del principio di uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge stabilito dall’art. 3 Cost., in quanto opererebbero una irragionevole disparità di trattamento nei confronti del restante e maggioritario personale pubblico rientrante nel CCNL funzioni locali 2019-2021.
1.4.– Con riferimento a tutte le censure promosse, il Presidente del Consiglio dei ministri sottolinea come la normativa regionale in esame presenti evidenti similitudini con le disposizioni della legge della Regione Sardegna 24 giugno 2020, n. 18 (Inquadramento del personale dell’Agenzia FoReSTAS nel CCRL) dichiarate costituzionalmente illegittime da questa Corte con la citata sentenza n. 153 del 2021, anch’esse censurate in riferimento all’art. 117, commi secondo, lettera l), e terzo, Cost., in materia, rispettivamente, di ordinamento civile e di coordinamento della finanza pubblica, nonché dell’art. 3 Cost.
2.– Nel giudizio si è costituita la Regione Calabria, chiedendo che venga dichiarato inammissibile, o non fondato, il ricorso promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri.
2.1.‒ La difesa regionale premette che Azienda Calabria Verde (che ha sostituito l’Agenzia forestale regionale – AFOR) è un ente strumentale della Regione Calabria, dotato di personalità giuridica di diritto pubblico non economico e di autonomia amministrativa, organizzativa, tecnica, patrimoniale, contabile e finanziaria. A tale ente (così come al precedente) è stato demandato l’esercizio delle funzioni e delle attività in materia di foreste, forestazione e politiche della montagna, nel quadro della programmazione regionale e secondo le direttive impartite dalla Regione, in armonia con gli obiettivi e gli orientamenti delle politiche comunitarie, nazionali e regionali.
La difesa regionale precisa che, nonostante la dotazione organica della richiamata Azienda – puntualmente disciplinata dall’art. 11 della legge regionale n. 25 del 2013 – sia di varia derivazione, le norme oggetto di censura riguarderebbero il solo comparto della sorveglianza idraulica: e, quindi, il personale transitato dall’AFOR, in liquidazione (richiamato alla lettera d del comma 1 del medesimo art. 11), assunto in applicazione della legge della Regione Calabria 19 ottobre 2009, n. 31 (Norme per il reclutamento del personale – Presidi idraulici), all’esito di procedure selettive effettuate tra gli iscritti nelle liste di collocamento e in quelle di mobilità sulla base della legge 28 febbraio 1987, n. 56 (Norme sull’organizzazione del mercato del lavoro).
La Regione ricorda, inoltre, che la Corte di cassazione ha affermato che tale personale – in quanto già dipendente dell’AFOR, ente pubblico non economico, cui, come detto, è subentrata Azienda Calabria Verde – rientra nel comparto del personale delle regioni e delle autonomie locali. Pertanto, una volta venuta a regime la normativa sul pubblico impiego privatizzato, il richiamo allora operato dalla legge regionale ai contratti di lavoro vigenti non avrebbe più dovuto essere inteso come «riferibile alla contrattazione di diritto comune, bensì alla specifica contrattazione collettiva pubblica del comparto di appartenenza» (Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 27 maggio 2015, n. 10973), in specie al CCNL del personale non dirigente del comparto Regioni e Autonomie locali (art. 1.1), come individuato dal Contratto collettivo nazionale quadro per la definizione dei comparti e delle aree di contrattazione collettiva nazionale (2016-2018), in attuazione di quanto prescritto dal Titolo III del d.lgs. n. 165 del 2001.
Sulla base di tale orientamento – prosegue la difesa regionale – la giurisprudenza di merito, a fronte del mancato adeguamento dei contratti di lavoro in essere, ne ha accertato la nullità, nella parte in cui operavano il rinvio al CCNL di diritto comune, per violazione di norme di carattere imperativo.
2.2.‒ Tanto premesso, la Regione Calabria ritiene, anzitutto, che l’art. 7-bis del d.l. n. 120 del 2021, come convertito, asseritamente violato dalla disposizione impugnata, non sia pertinente alla tipologia di rapporti di lavoro di cui si discute.
Vi sarebbe, infatti, una differenza sostanziale tra le categorie di lavoratori disciplinate dal citato articolo rispetto a quelle oggetto delle disposizioni regionali impugnate, che si desumerebbe dalla diversa modalità di reclutamento del personale, dalle finalità dell’assunzione e, infine, dalle modalità di esecuzione dei lavori.
La norma statale richiamata in ricorso, inoltre, in quanto introdotta per effetto della legge n. 155 del 2021, non si attaglierebbe, in assenza di una disposizione che ne consenta espressamente l’applicazione in via retroattiva, ai risalenti contratti del personale di cui all’art. 11, comma 1, lettera d), della legge reg. Calabria n. 25 del 2013, oggetto invece, della normativa regionale impugnata.
Né risulterebbe pertinente il richiamo alla sentenza n. 153 del 2021, in quanto la normativa calabrese impugnata – diversamente da quella dichiarata costituzionalmente illegittima con la citata sentenza – si limiterebbe ad operare una mera ricognizione delle fonti di disciplina del rapporto, rinviando, nell’esercizio delle funzioni ordinamentali e senza disciplinare il rapporto medesimo, alla contrattazione collettiva di settore.
Sulla base dei richiamati argomenti, sarebbe, pertanto, priva di fondamento la denunciata violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., ad opera dell’art. 1, comma 1, lettera b), della legge reg. Calabria n. 27 del 2024.
Del pari, non fondata sarebbe la censura di violazione dei principi di coordinamento della finanza pubblica, rivolta all’art. 2 della medesima legge regionale, considerato che sia dalla relazione tecnico-finanziaria, sia dalle conclusioni del Dipartimento economia e finanze della Regione si evincerebbe non solo l’assenza di maggiori oneri, conseguente all’applicazione del CCNL comparto funzioni locali 2019-2021, ma addirittura la riduzione complessiva del costo del personale.
Quanto, poi, alla censura di violazione dell’art. 3 Cost., la Regione anzitutto ne eccepisce la inammissibilità per genericità, considerato che non sarebbero adeguatamente individuate né le «disposizioni censurate», né il tertium comparationis.
Nel merito, non vi sarebbe alcuna violazione del principio di uguaglianza, in quanto le disposizioni impugnate non introdurrebbero alcuna disparità di trattamento nei confronti del restante personale pubblico, già disciplinato dal CCNL funzioni locali 2019-2021. Al contrario, le previsioni regionali sarebbero finalizzate a rimediare alla già esistente e iniqua disparità di trattamento, agevolando il corretto inquadramento del personale transitato in Azienza Calabria Verde.
3. ‒ Nell’imminenza dell’udienza pubblica, il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato memoria, in cui ha ribadito gli argomenti svolti nell’atto introduttivo a sostegno dell’illegittimità costituzionale delle disposizioni regionali impugnate.
4.‒ All’udienza pubblica le parti hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni formulate nei rispettivi atti.
Considerato in diritto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe (reg. ric. n. 32 del 2024), ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 1, lettera b), e 2 della legge reg. Calabria n. 27 del 2024, in riferimento complessivamente agli artt. 3 e 117, commi secondo, lettera l), e terzo, Cost.
L’art. 1, comma 1, lettera b), della citata legge reg. Calabria n. 27 del 2024 è impugnato nella parte in cui, inserendo i commi 5 e 6 nell’art. 11 della legge reg. Calabria n. 25 del 2013, dispone che il personale dipendente di Azienda Calabria Verde, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, in forza al comparto della sorveglianza idraulica dell’Azienda medesima, è inquadrato in base al CCNL funzioni locali 2019-2021, nel profilo degli Operatori esperti, ove abbia presentato domanda di passaggio o di adeguamento contrattuale nel periodo compreso fra il 26 ottobre e il 15 novembre 2023 o, successivamente, manifesti il suo interesse in tal senso. Tale previsione si porrebbe in contrasto anzitutto con gli artt. 40 e seguenti del d.lgs. n. 165 del 2001, i quali riservano alla contrattazione collettiva la disciplina del rapporto di lavoro pubblico, nonché con l’art. 7-bis del d.l. n. 120 del 2021, come convertito, secondo cui agli addetti ai lavori agricoli e forestali assunti con contratti di diritto privato dalle amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del citato d.lgs. n. 165 del 2001, si applicano i relativi contratti o accordi collettivi nazionale, regionali e provinciali. La disposizione regionale interverrebbe a regolare il rapporto di lavoro pubblico dei dipendenti di Azienda Calabria Verde, in specie degli addetti alla sorveglianza idraulica, prevedendo l’applicazione del regime stabilito dal CCNL funzioni locali 2019-2021, di diritto pubblico, al posto di quello regolato dal CCNL relativo ai forestali, di natura privatistica, cui rinvia la norma statale, così invadendo la sfera di competenza esclusiva del legislatore statale in materia di ordinamento civile di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
Dalla richiamata previsione deriverebbe, inoltre, anche l’illegittimità costituzionale dell’art. 2 della medesima legge reg. Calabria n. 27 del 2024. Quest’ultima disposizione, statuendo che dall’attuazione della legge regionale in esame «non derivano nuovi o maggiori oneri finanziari», si porrebbe in contrasto con i principi fondamentali posti dallo Stato in materia di coordinamento della finanza pubblica, dal momento che l’applicazione del CCNL funzioni locali 2019-2021 a una più ampia categoria di personale dipendente comporterebbe inevitabilmente maggiori oneri a carico del bilancio regionale.
Infine, il ricorrente lamenta che le «disposizioni censurate» violerebbero il principio di eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge stabilito dall’art. 3 Cost., in quanto opererebbero «una irragionevole disparità di trattamento nei confronti del restante e maggioritario personale pubblico rientrante nel CCNL del comparto delle Funzioni locali».
2.– Preliminarmente, occorre esaminare l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla Regione Calabria in riferimento alla questione di violazione dell’art. 3 Cost., promossa nei confronti delle «disposizioni censurate». La difesa regionale sostiene che nel ricorso non siano precisamente indicate le disposizioni impugnate, né sia identificato alcun tertium comparationis.
2.1.– L’eccezione è fondata.
Secondo l’ormai costante giurisprudenza costituzionale, «l’esigenza di un’adeguata motivazione a fondamento dell’impugnazione si pone in termini rigorosi nei giudizi proposti in via principale, nei quali il ricorrente ha l’onere non soltanto di individuare le disposizioni impugnate e i parametri costituzionali dei quali denuncia la violazione, ma anche di suffragare le ragioni del dedotto contrasto con argomentazioni chiare, complete e sufficientemente articolate (ex multis, sentenze n. 125 del 2023, n. 265, n. 259 e n. 135 del 2022, n. 170 del 2021 e n. 279 del 2020)» (sentenza n. 169 del 2024).
Nella specie, gli indicati requisiti non sono soddisfatti.
Sebbene sia agevole – di contro a quanto sostenuto dalla difesa regionale – desumere dal tenore letterale del ricorso che la censura di violazione dell’art. 3 Cost. è riferita a entrambe le disposizioni, già impugnate sotto altri profili, tale censura è rivolta alle medesime in maniera indifferenziata.
La pretesa irragionevole disparità di trattamento nei confronti del «restante e maggioritario personale pubblico rientrante nel CCNL del comparto delle Funzioni locali» non è riferita allo specifico contenuto precettivo di nessuna delle due e, comunque, non è suffragata da adeguati argomenti, restando peraltro oscuro, in quanto solo genericamente evocato, il riferimento al «restante e maggioritario personale pubblico rientrante nel CCNL del comparto delle Funzioni locali» che risulterebbe destinatario di un trattamento deteriore.
Deve, pertanto, dichiararsi l’inammissibilità della questione promossa in riferimento all’art. 3 Cost.
3.– Passando all’esame della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lettera b), della legge reg. Calabria n. 27 del 2024, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., occorre, in linea preliminare, richiamare il peculiare contesto normativo in cui tale disposizione regionale si inserisce.
3.1.– Nel settore forestale, sin da epoca risalente, la necessità di assicurare la realizzazione di una serie di interventi (fra cui il rimboschimento, ma anche il controllo idraulico) connessi a specifiche esigenze è stata soddisfatta, da parte delle pubbliche amministrazioni, mediante l’assunzione, specie in determinati periodi dell’anno, di manodopera destinata ai cantieri, con contratti di diritto privato. Tale prassi, dapprima autorizzata dall’articolo unico della legge 12 aprile 1962, n. 205 (Disposizioni particolari per l’assunzione di mano d’opera da parte del Ministero dell’agricoltura e delle foreste e dell’Azienda di Stato per le foreste demaniali) «per la durata necessaria all’esecuzione dei singoli lavori ed in ogni caso per un periodo non superiore ai sessanta giorni», fu poi consolidata dalla previsione contenuta nella legge 5 aprile 1985, n. 124 (Disposizioni per l’assunzione di manodopera da parte del Ministero dell’agricoltura e delle foreste), che riconobbe la possibilità di ricorrere ad assunzioni di personale operaio con contratto di diritto privato a tempo indeterminato «per lo svolgimento di attività non stagionali, qualitativamente e professionalmente più elevate» (così nella relazione illustrativa), in considerazione della diffusione delle varie forme di amministrazione diretta dei lavori già facenti capo all’ex Azienda di Stato per le foreste demaniali. A tali indicazioni si adeguarono anche le normative regionali, pur nella varietà delle modalità di gestione del settore, in molti casi affidate a enti strumentali, in riferimento alle funzioni e ai beni della soppressa Azienda di Stato per le foreste demaniali in materia di agricoltura e foreste trasferiti alle regioni già a partire dal d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382). La disciplina del rapporto di lavoro degli operai idraulico-forestali dipendenti di enti locali, comunità montane, enti pubblici, aziende speciali o «altri enti che, con finanziamento pubblico ed in amministrazione diretta, o in affidamento a cooperative o enti ed imprese di altra natura svolgano attività di […] sistemazione e manutenzione idraulico-forestale» (art. 1 del Contratto collettivo nazionale di lavoro 13 giugno 1991 ‒ Settori: Agroindustriale ‒ Idraulico-forestale e idraulico-agraria) è stata così affidata ai contratti collettivi nazionali di lavoro per il comparto agroindustriale, idraulico-forestale e idraulico-agrario, nonché alle integrazioni demandate alla relativa contrattazione collettiva regionale.
Tale assetto si è conservato anche all’indomani della privatizzazione del lavoro pubblico e all’entrata in vigore del d.lgs. n. 165 del 2001, che, tuttavia, agli artt. 40 e seguenti, ha disciplinato la contrattazione collettiva inerente ai vari comparti e aree del lavoro pubblico, dettandone le specifiche procedure e condizioni, anche ai fini della definizione dei medesimi comparti e aree.
In linea con tali indicazioni normative, la Corte di cassazione, proprio in relazione alle vicende di alcuni operai idraulico-forestali transitati dall’AFOR ad Azienda Calabria Verde (ente strumentale della Regione, subentrato all’ AFOR), ha ritenuto che, una volta venuta a regime la normativa sul pubblico impiego privatizzato, ai medesimi non si sarebbero più potuti applicare i contratti di lavoro di diritto comune, ma solo «la specifica contrattazione collettiva pubblica del comparto di appartenenza» (Cass., n. 10973 del 2015). Tuttavia, con riguardo alla medesima categoria di dipendenti di enti strumentali di altre regioni, si è affermato che «l’applicazione del CCNL di diritto privato non osta alla qualificazione del rapporto in termini di lavoro pubblico contrattualizzato» (Corte di cassazione, sezione lavoro, ordinanza 18 febbraio 2025, n. 4236; nello stesso senso, fra le altre, Corte di cassazione, sezione lavoro, ordinanza 5 settembre 2024, n. 23894).
Di recente, in sede di conversione del d.l. n. 120 del 2021, è stato poi inserito l’art. 7-bis secondo il quale agli addetti ai lavori agricoli e forestali «assunti con contratti di diritto privato dalle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per l’esecuzione in amministrazione diretta dei lavori concernenti le opere di bonifica, idraulico-forestali, idraulico-agrarie, di gestione forestale, di prevenzione ed estinzione degli incendi boschivi e in zone di interfaccia urbano-rurale, di forestazione e agrarie-florovivaistiche si applicano, nei limiti di spesa previsti a legislazione vigente e nel rispetto dei vincoli finanziari previsti per le spese del personale delle pubbliche amministrazioni, i relativi contratti o accordi collettivi nazionale, regionali e provinciali».
3.2.– In questo complesso contesto normativo si collocano le disposizioni della legge reg. Calabria n. 27 del 2024, con cui quest’ultima ha stabilito l’inquadramento nel CCNL funzioni locali 2019-2021, di diritto pubblico, del personale addetto alla sorveglianza idraulica di Azienda Calabria Verde, legato a quest’ultima da un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
La difesa resistente – con il conforto della relazione illustrativa alla proposta di legge regionale in esame – asserisce che tale previsione è stata adottata con l’obiettivo di «aderire all’indirizzo fornito dall’autorità giudiziaria in merito all’applicazione del CCNL Enti locali ai lavoratori dipendenti dell’Azienda Calabria Verde». Tale indirizzo era stato espresso nella già citata sentenza della Corte di cassazione (ancora, Cass. n. 10973 del 2015) ed è stato seguito da numerose pronunce di condanna della giurisprudenza di merito. In tali pronunce si è ribadito che, a seguito della privatizzazione del lavoro pubblico, ai lavoratori dipendenti di Azienda Calabria Verde (ente ascrivibile agli enti pubblici non economici), assunti a mezzo di procedure selettive ai sensi dell’art. 16 della legge n. 56 del 1987 (richiamate dalla legge reg. Calabria n. 31 del 2009), va applicato il contratto collettivo di lavoro di diritto pubblico relativo allo specifico comparto al posto del contratto di lavoro idraulico-forestale di diritto privato. Su tali basi, la Regione contesta la riferibilità al caso di specie dell’art. 7-bis del d.l. n. 120 del 2021, come convertito, asseritamente violato dalla norma impugnata, in quanto tale previsione non sarebbe pertinente alla tipologia di rapporti di lavoro di cui si discute, di natura pubblicistica, e sostiene che la disposizione regionale censurata si limiti a ottemperare ai rilievi della Corte di cassazione (oltre che dei giudici di merito), fornendo chiarificazioni sul corretto quadro regolatorio di riferimento, altrimenti non agevolmente identificabile.
3.3.– La questione è inammissibile.
Il ricorrente, nel denunciare la violazione della competenza legislativa statale in materia di ordinamento civile, contesta la scelta del legislatore regionale di aver ricondotto l’inquadramento degli operai addetti alla sorveglianza idraulico-forestale al CCNL funzioni locali 2019-2021, anziché al CCNL di diritto privato degli addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale e idraulico-agraria. Nulla, tuttavia, dice né sulle ragioni per cui si dovrebbe continuare a dare seguito a tale tipo di contrattazione collettiva di natura privatistica piuttosto che a quella pubblicistica, né a sostegno dell’applicabilità agli operai forestali di Azienda Calabria Verde dell’art. 7-bis del d.l. n. 120 del 2021, come convertito, che si assume violato. Neppure si fa menzione, peraltro, delle vicende giudiziarie all’origine delle disposizioni regionali impugnate, neanche in replica agli argomenti difensivi della Regione.
Manca, nel ricorso, qualsivoglia riferimento alla peculiare evoluzione normativa che, sin da epoca risalente, ha contraddistintole le modalità di assunzione degli operai addetti alla sorveglianza idraulica da parte di pubbliche amministrazioni ed enti pubblici non economici. Difetta ogni analisi della complessità della situazione, determinatasi già all’indomani della privatizzazione del lavoro pubblico, in un settore diviso fra il riconoscimento della natura pubblicistica del rapporto di lavoro e la perdurante applicazione della contrattazione di natura privatistica. È omesso un sia pur minimo accenno alle connesse, e non uniformi, indicazioni giurisprudenziali degli stessi giudici di legittimità, che rivelano l’assenza di un contesto normativo di riferimento chiaro e univoco.
Tutto ciò ostacola irrimediabilmente l’esame nel merito delle questioni promosse.
Il mancato confronto con il quadro normativo e giurisprudenziale di necessario riferimento si traduce, infatti, in una non adeguata motivazione del vizio di legittimità costituzionale dedotto e determina l’inammissibilità della questione (sentenze n. 95 e n. 89 del 2024).
4.– Anche la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 della legge reg. Calabria n. 27 del 2024 in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost. deve essere dichiarata inammissibile.
4.1.– Il ricorrente impugna il citato art. 2, sostenendo che quanto da esso statuito circa l’insussistenza di «nuovi o maggiori oneri finanziari», derivanti «[d]all’attuazione della presente legge», sia privo di fondamento: l’applicazione del CCNL funzioni locali 2019-2021 ai dipendenti di Azienda Calabria Verde determinerebbe inevitabilmente maggiori oneri. Tale previsione sarebbe, pertanto, in contrasto con i principi fondamentali stabiliti dallo Stato in materia di coordinamento della finanza pubblica.
Nel denunciare tale violazione, tuttavia, il ricorso non individua in alcun modo né i principi di coordinamento della finanza pubblica che sarebbero specificamente violati dalla disposizione impugnata, né le norme interposte che dovrebbero contenerli, limitandosi ad affermare in modo generico che la medesima determina un aumento della spesa regionale, senza denunciare l’eventuale violazione dell’obbligo di copertura finanziaria delle maggiori spese o dell’equilibrio di bilancio. Né sono, peraltro, forniti argomenti sufficienti a dimostrare la pretesa maggiore onerosità per il bilancio regionale derivante dall’applicazione del CCNL funzioni locali 2019-2021 rispetto al CCNL relativo agli addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale e idraulico-agraria, pur in presenza di indicazioni di segno opposto nei lavori preparatori della legge regionale in esame.
In conseguenza della genericità e insufficienza della motivazione, la censura di violazione dei principi di coordinamento della finanza pubblica riferita all’art. 2 della legge reg. Calabria n. 27 del 2024 non supera il vaglio di ammissibilità e non ne consente l’esame nel merito (sentenze n. 169 e n. 68 del 2024, n. 253 e n. 71 del 2022, n. 244 del 2020).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 1, lettera b), e 2 della legge della Regione Calabria 8 luglio 2024, n. 27 (Modifiche della legge regionale n. 25/2013. Disposizioni in materia di forestazione), promosse, complessivamente, in riferimento agli artt. 3 e 117, commi secondo, lettera l), e terzo, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 maggio 2025.
F.to:
Giovanni AMOROSO, Presidente
Antonella SCIARRONE ALIBRANDI, Redattrice
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 10 luglio 2025
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA