Ritenuto in fatto
1. - Con ordinanza in data 27 ottobre 1978 (reg. ord. n. 264
del 1979) il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
sollevava questione incidentale di legittimità costituzionale
dell'art. 19, secondo, terzo, quarto e quinto comma, del d.P.R. 24
luglio 1977, n. 616, con riferimento agli artt. 5, 117, 118 e 128
Cost., nonché con riferimento all'art. 1, lett. e) della legge 22
luglio 1975, n. 382, e 76 Cost.
Il comune di Roma aveva impugnato dinanzi al predetto Tribunale
le direttive impartite in data 28 dicembre 1977 dal Commissario
del Governo in base al citato art. 19, terzo comma, del D.P.R.
n. 616 del 1977, sotto vari profili, sostanzialmente assumendo che
le stesse erano lesive dell'autonomia comunale in materia di
polizia amministrativa.
Il giudice a quo rilevava che l'art. 19 citato prevede: direttive
del Ministro dell'Interno ai Sindaci, impartite con carattere
vincolante per esigenze di pubblica sicurezza (terzo comma):
l'attribuzione, in ordine ad alcune delle funzioni contemplate in
detto articolo, di speciali poteri al Prefetto ai fini della
sospensione, revoca o annullamento dei provvedimenti adottati dal
Comune (quarto comma); l'attribuzione di un potere positivo al
Prefetto per il rilascio dell'atto, nonostante il diniego dell'att
stesso da parte del Comune (quinto comma); nonché la limitazione
dei poteri regolamentari del comune, nella materia de qua, alla
determinazione delle sole "procedure e competenze" degli organi
comunali in relazione all'esercizio delle funzioni attribuite
(secondo comma).
2. - Premesso che occorre in primo luogo stabilire se le funzion
amministrative attribuite ai comuni ex art. 19 citato competano
istituzionalmente alla regione, ovvero se si tratti di una fase di
"sorporo" di funzioni amministrative, nel senso che siano
espressione di una delega conferita dallo Stato ai comuni, il
giudice a quo si poneva l'interrogativo se l'attribuzione ai comun
delle funzioni di polizia amministrativa coincida o meno con le
disposizioni di cui agli articoli 117 e 118 Cost. e se, con la
disposizione di cui all'art. 18 dello stesso d.P.R. (che provvede
alla identificazione della polizia locale ed urbana), si sia volut
determinare una nuova definizione di tale nozione, stante che la
materia "polizia amministrativa" non rientra tra quelle elencate
nell'art. 117 Cost., cui l'art. 1 della legge delega 22 luglio
1975, n. 382, nel fondarsi sull'art. 118 Cost., sembra riferirsi.
Su tale base, si dubitava della conformità a costituzione (artt.
117 e 118) dell'art. 19, rilevando che ove si ritenesse che le
funzioni di polizia amministrativa attribuite ai comuni competano
istituzionalmente alle regioni, lo Stato eserciterebbe la propria
competenza in materia riservata alla regione, mentre, ove si
opinasse in termini di "scorporo" di funzioni statuali a favore dei
comuni, risulterebbe evidente la contrapposizione tra il primo ed
restanti commi dell'art. 19, stante che il primo comma provvede
all'attribuzione delle funzioni ai comuni, cioè al trasferimento
delle funzioni stesse ai comuni, mentre la normativa di cui ai
restanti commi "sembra" disporre come se si trattasse di delega di
funzioni, piuttosto che in termini di attribuzione piena ed
esclusiva, quale quella effettuata ex art. 118 Cost.
3. - Sotto altro profilo, si rilevava che la legge delega (art.
1, lett. e), l. 22 luglio 1975, n. 382) concerneva misure relative
oltre alle funzioni di interesse esclusivamente locale, anche ad
altre funzioni, pure di interesse locale, idonee a rendere
possibile l'esercizio organico delle attribuzioni degli enti local
considerati. Poiché peraltro le disposizioni di cui ai commi
secondo, terzo, quarto e quinto del decreto delegato non appaiono
confacenti allo scopo di rendere possibile tale esercizio organico
in quanto danno invece luogo a rilevanti lacune e disarmonie, le
stesse si porrebbero in contrasto con il relativo principio della
delega di cui al citato art. 1 lett. e) della legge n. 382 del
1975, con conseguente violazione dell'art. 76 Cost.
4. - Nel presupposto che il concetto di "polizia" sia stato
ritenuto dal legislatore delegato tanto ampio da consentire di
scorporare la "polizia amministrativa" dalla "polizia di sicurezza
e da attribuire ai comuni le funzioni di polizia amministrativa,
rilevava ancora il giudice a quo che non sembra trovare
giustificazione, con riferimento ai principi di autonomia di cui
agli artt. 5 e 128 Cost., la disposizione di cui al terzo comma
dell'art. 19, laddove prevede il potere del Ministro dell'Interno
di impartire ai sindaci "direttive vincolanti", considerando i
sindaci stessi non già nella loro veste di ufficiali di governo,
ma quali capi delle amministrazioni comunali, atteso che per
l'esercizio dei poteri di pubblica sicurezza e dei rispettivi
controlli provvede espressamente l'art. 20 della stessa normativa.
Sotto tale aspetto si assume appunto violato il disposto degli
artt. 5 e 128 Cost.
5. - Laddove poi il secondo comma dell'art. 19 stabilisce che i
compiti dei consigli comunali concernono la sola determinazione
delle "procedure e competenze" dei propri organi in relazione alle
funzioni di cui al primo comma, senza alcuna incidenza sul piano
sostanziale in ordine alle autorizzazioni considerate, si
profilerebbero ulteriori dubbi che la disciplina sostanziale di cu
al T.U. della legge P.S. del 1931 resti ferma, sicché non è dato
intendere se la disciplina della materia sia rimasta allo Stato,
sia divenuta di competenza dei comuni ovvero rientri nella
competenza legislativa delle regioni; ciò configurerebbe un
ulteriore eccesso di delega, e violazione, oltre che dell'art. 76
Cost., degli artt. 117 e 118 Cost.
6. - Ancora, ed infine, il TAR considerava i tipi di intervento
prefettizio previsti nel quarto e quinto comma dell'art. 19 che, a
suo avviso, configurerebbe una sorta di potere definito
"a mezzadria", poco conciliabile con il decentramento autarchico.
Se può ammettersi l'intervento dello Stato per dettare norme
atratte onde ottenere un indirizzo uniforme dell'attività degli
enti locali, non pare conforme agli artt. 5 e 128 Cost. il sistema
che da un lato opera il trasferimento ai Comuni delle funzioni di
polizia amministrativa e dall'altro introduce la sovrapposizione
della valutazione del Prefetto a quella compiuta dai Comuni,
attribuendo al prefetto stesso un potere di veto alle
determinazioni, positive o negative, assunte dai comuni
nell'esercizio delle funzioni ad essi pienamente attribuite.
Da qui il dubbio circa la corrispondenza della norma in questione
agli artt. 5 e 128 Cost., che prevedono i principi di autonomia,
autarchia e decentramento.
L'ordinanza veniva ritualmente notificata e comunicata; spiegava
intervenendo il Presidente del Consiglio dei Ministri per il
tramite dell'Avvocatura generale dello Stato e si costituiva il
Comune di Roma.
7. - Nel suo atto di intervento, l'Avvocatura dello Stato
osservava che non potevano essere condivise le conclusioni del TAR
Lazio circa il rilievo secondo cui la attribuzione ai Comuni delle
funzioni amministrative di interesse esclusivamente locale sarebbe
stata fatta ai sensi dell'art. 118 Cost. e neppure relativamente
alla tesi secondo cui si individuerebbe nello scorporo delle dette
funzioni, come attuato dall'art. 19, una delega conferita dallo
Stato ai comuni assimilabile alla delega di funzioni amministrative
alle regioni ex art. 118 secondo comma.
Secondo l'Avvocatura, nella specie si avrebbe una attribuzione di
funzioni attuata ai sensi dell'art. 128 Cost. che prevede in via
generale come siano determinate da leggi dello Stato anche le
funzioni dei comuni non attribuite ai sensi dell'art. 118 Cost.
Si rileva che per le materie riservate alla competenza
legislativa regionale dall'art. 117 Cost., le funzioni
amministrative spettano in via generale, alle Regioni (art. 118,
primo comma, Cost.) ma che le funzioni amministrative per le
materie di competenza legislativa regionale ex art. 117 di
interesse esclusivamente locale possono essere attribuite da legge
della Repubblica ai comuni, come previsto dal primo comma dello
stesso art. 118. Inoltre ai comuni, ex art. 128 Cost., possono
essere anche attribuite funzioni amministrative che rientrano nell
competenza legislativa statale, cosa questa che comporta che
l'attribuzione può non essere piena ed esclusiva.
La delega di cui all'art. 1 lett. e) della legge n. 382 del 1975
nella prima parte fa riferimento alla attribuzione di funzioni
amministrative di interesse esclusivamente locale nella materia di
cui al 117 e nella seconda parte alla attribuzione di altre
funzioni di interesse locale e quindi sostanzialmente funzioni
integrative e complementari di quelle espletate dai comuni in base
ai principi costituzionali di autonomia e decentramento.
Secondo la Avvocatura generale la delega prevista dalla prima
parte della lett. e) cui fa riferimento l'art. 18 del d.P.R. n.
616/1977, il quale prevede che tra le funzioni amministrative di
interesse esclusivamente locale attribuite ex artt. 117 e 118 Cost
ai comuni sarebbero comprese quelle relative alla materia "polizia
locale, urbana e rurale", concerne le attività di polizia che si
svolgono esclusivamente nell'ambito del territorio comunale e che
non siano proprie delle competenti autorità statali, mentre la
seconda parte della stessa norma dà delega di attribuire ai comun
le altre funzioni amministrative di competenza statale, rispetto
alle quali le funzioni amministrative comunali previamente
esaminate si collocano in rapporto strumentale, come si è fatto
con l'art. 19, che concerne le funzioni di polizia amministrativa
di cui al T.U. delle leggi di P.S.
Risposta negativa dovrebbe darsi altresì al quesito, posto
nell'ordinanza di remissione, se alla nozione di "polizia locale
urbana e rurale" si sia data una portata diversa dal significato
dell'espressione quale risultante dall'art. 91 lett. c) n. 1, del
T.U. 3 marzo 1934, n. 383, n. 297, in quanto la detta nozione non
comprenderebbe assolutamente le funzioni di polizia amministrativa
riservate tutte alla competenza statale, prima del d.P.R. n. 616
del 1977, come emerge dall'esame dei lavori preparatori al d.P.R.
n. 1 del 1972, in esito ai quali, nel d.P.R. n. 616 del 1977, si
è, all'art. 4, previsto che nelle materie definite dal decreto, lo
Stato continua ad esercitare le funzioni di pubblica sicurezza,
anche se le materie stesse fossero state trasferite o delegate,
nonché riconosciuto (art. 9) che i comuni e le regioni sono
titolari delle funzioni di polizia amministrativa nelle materie ad
essi rispettivamente attribuite o trasferite; si sono identificate
(art. 18) le funzioni amministrative relative alla "polizia locale
urbana e rurale", di competenza normativa regionale: si è altresi
provveduto allo scorporo dalle funzioni di polizia amministrativa
disciplinate dal T.U. di P.S. di un fascio di attribuzioni passate
ai comuni, in quanto capaci di rendere possibile l'esercizio
organico delle funzioni amministrative proprie dei comuni stessi,
ma tuttavia riflettenti sempre anche esigenze di pubblica
sicurezza.
Proprio in ragione di tale commistione di esigenze, con la norma
di cui all'art. 19 si è voluta garantire ai comuni l'esercizio in
piena autonomia delle funzioni di polizia amministrativa ad essi
attribuite, assicurando nel contempo la tutela dell'interesse
generale alla salvaguardia delle esigenze di pubblica sicurezza
attinenti alle funzioni di polizia amministrativa attribuite ai
comuni.
Poiché peraltro si tratterebbe di una previsione di carattere
speciale, assolutamente non riconducibile al concetto
costituzionale di "polizia locale urbana e rurale", ben sarebbe
legittima l'apposizione di limitazioni all'autonomia comunale
connesse alla presenza di interessi generali, la cui tutela resta
affidata allo Stato.
Quanto al preteso eccesso di delega ex art. 76 Cost., ravvisato
nel fatto che l'art. 19 non avrebbe reso possibile l'esercizio
organico delle funzioni attribuite ai comuni, si evidenzia che la
seconda parte della lett. c) dell'art. 1 della legge delega
consente una disciplina tendente a consentire una attribuzione che
in quanto operata ai sensi dell'art. 128 Cost., non può essere
disancorata dalla "riserva delle competenze statali". Se la delega
è stata osservata, non può essere oggetto di censura di
incostituzionalità in relazione all'art. 76 Cost. il meccanismo
di organizzazione delle funzioni amministrative concretamente
realizzato dalla norma delegata.
Si osserva ancora che l'ulteriore censura, riferita stavolta alla
previsione di direttive vincolanti ai sindaci pur in presenza di
controlli di P.S. consentiti dall'art. 20 non sarebbe fondata,
perché ben sarebbe compatibile con i principi stabiliti dall'art.
5 l'attribuzione ex art. 128 Cost. di funzioni ai comuni da parte
dello Stato entro limiti determinati da leggi ordinarie.
In base alla giurisprudenza della Corte, il problema del rispetto
dell'autonomia non riguarda, in via astratta, la legittimità
dell'intervento del legislatore ma i limiti che questo è tenuto a
osservare, potendosi solo accertare che abbiano lasciato agli enti
locali quel minimo di potere richiesto che per esercitare
autonomamente le funzioni loro attribuite.
Si rileva da un lato che, ciò posto, la questione di
costituzionalità non poteva essere così sollevata, non risultando
contestato che ai comuni sia stato attribuito quel minimo di poter
necessario per esercitare in via autonoma le funzioni
amministrative loro attribuite.
Con riferimento poi alla ulteriore censura di costituzionalità
riferita all'art. 76 Cost. (la norma di cui all'art. 18) avrebbe
limitato eccessivamente, violando il principio di autonomia, i
poteri dei comuni nel rilascio dei provvedimenti indicati nella
stessa norma, potendo essi determinare al riguardo solo le
procedure e le competenze dei propri organi, osserva che in effett
il secondo comma dell'art. 19 limita, ma solo temporaneamente, e
parzialmente, i poteri dei comuni, peraltro chiamati ad esercitare
autonomamente il potere di rilascio di ogni singolo provvedimento
di talché l'art. 19 assicura i poteri necessari per l'esercizio
delle funzioni di polizia amministrativa, non solo lasciando
sussistere la precedente disciplina relativamente al tipo dei
provvedimenti da rilasciare.
Anche in tal caso la norma incide sul quantum dei poteri
conferiti e poiché non viola la sussistenza del minimo dei poteri
necessari per garantire l'esercizio dei poteri attribuiti, si
dubita che il detto limite possa formare oggetto di censura sul
piano costituzionale.
In ogni modo, non sarebbe irrazionale né costituzionalmente
rilevante che il legislatore ordinario abbia ritenuto, in relazion
alle norme della legislazione vigente, cui fa riferimento l'art.1,
lett. c), seconda parte, della legge n. 302 del 1975, che, fin
quando non sarà intervenuta la riforma degli enti locali, solo lo
Stato possa valutare le esigenze di pubblica sicurezza inerenti al
rilascio di provvedimenti autorizzativi o concessivi per
l'esercizio di determinate attività.
Quando al residuo profilo di incostituzionalità prospettato dal
giudice a quo sul denegato presupposto che quelli sin qui esaminat
siano ritenuti privi di fondamento ed attinente al potere di
controllo che lo Stato si sarebbe riservato estrinsecantesi
attraverso veti sul concreto esercizio da parte dei comuni dei
poteri di cui sono investiti pleno iure, l'Avvocatura generale
osserva che il sistema delineato tende esclusivamente ad assicurar
l'esigenza derivante dalle funzioni di pubblica sicurezza di
competenza statale.
Del resto, si assume, i poteri del prefetto ex art. 19, commi
quarto e quinto, sono esercitabili solo nei limiti in cui i
provvedimenti di polizia amministrativa adottati dai comuni siano
concretamente confligenti con le esigenze di pubbllica sicurezza
che lo Stato è tenuto a garantire sicché le disposizioni
dell'art. 19, sul piano costituzionale garantirebbero l'autonomia
dei comuni in ordine ai poteri attribuiti ai prefetti.
Sul piano concreto, tale autonomia sarebbe comunque assicurata
dai normali rientri contemplati dall'ordinamento ove l'esercizio
dei poteri di cui all'art. 19 trasmodasse dalle funzioni di
sicurezza pubblica di attribuzione statale.
8. - Nel suo atto di costituzione, la difesa del Comune di Roma,
ricordati i presupposti di fatto che hanno dato luogo all'incident
di costituzionalità che è all'esame della Corte, e, in
particolare, il contenuto degli atti amministrativi emanati in
attuazione delle disposizioni di cui all'art. 19, rileva che la
questione di costituzionalità sollevata relativamente agli artt.
117 e 118 Cost., che si assume posta in maniera poco chiara, attes
che il giudice a quo l'ha correlata con l'altra relativa al se le
funzioni in questione rientrino o meno nelle materie di cui
all'art. 117 Cost. sarebbe inconferente nel caso di specie, dato
che, anche ove alla domanda si volesse rispondere in senso positiv
rimarrebbe che la possibilità di invasione della sfera di
competenza regionale da parte dello Stato è prevista nell'art.
118. Ciò posto conclude nel senso della insussistenza delle
riserve circa la costituzionalità dell'intero art. 19, del d.P.R.
n. 616 del 1977.
Fermo quanto sopra, si aderisce invece alle censure proposte dal
giudice a quo circa i commi secondo, terzo, quarto e quinto della
stessa norma, attesa che nell'ordinanza di rimessione viene ben
evidenziata la contraddittorietà del comportamento del legislatore
delegato che attribuisce ai comuni le funzioni in questione, salvo
porre poi una serie di condizionamenti e limiti tali da dar vita a
"rapporti di subordinazione" nei confronti dell'amministrazione
dell'Interno.
Secondo la difesa del Comune il tutto deriverebbe da un equivoco
di fondo, il ritenere cioè che i compiti e le funzioni di cui
all'art. 19 siccome derivati dal T.U. di P.S. dovrebbero
conservare tuttavia questo carattere, con conseguente
leggitimazione dell'Autorità statale, competente in materia di
pubblica sicurezza, ad ingerirsi in un aspetto della gestione di
essi.
La disciplina de quo sarebbe stata invece dettata nel presupposto
che i provvedimenti in parola non attengano più alla sicurezza
pubblica e siano invece assimilabili ad altri provvedimenti in
precedenza attribuiti già ai comuni: significativa al riguardo
sarebbe l'espressione "polizia amministrativa" usata nella specie,
che dimostrerebbe come i provvedimenti ex art. 19 siano stati
scorporati dalla materia "pubblica sicurezza", essendo cessate le
condizioni che avevano determinato l'inserimento di essi in tale
materia.
Deporrebbe in tal senso anche la norma dell'art. 20 del d.P.R. n
616 del 1977, atta da sola ad assicurare, con competenza al
riguardo dello Stato, quei controlli di pubblica sicurezza
eventualmente necessari circa l'esercizio delle attività di cui a
precedente art. 19, sicché le rispettive competenze, comunali e
statali, risulterebbero compiutamente individuate e distinte. Da
qui la considerazione secondo cui le successive misure previste da
commi secondo, terzo, quarto e quinto dell'art. 19 risulterebbero
inutilmente riduttivi dell'autonomia comunale ed eccedenti i limit
fissati dalla legge di delega.
9. - Nell'imminenza della discussione, veniva presentata memoria
integrativa dalla difesa del Comune di Roma.
Alla pubblica udienza, sia l'Avvocatura che la difesa del Comune
insistevano nelle rispettive argomentazioni.
Considerato in diritto
1. - Nel giudizio sul ricorso proposto dal comune di Roma per
l'annullamento delle direttive impartite dal Ministero dell'interno
in data 28 dicembre 1977 in attuazione dell'art. 19 del d.P.R. n. 616
del 1977, concernente l'attribuzione ai comuni di funzioni di polizia
amministrativa, la prima sezione del tribunale amministrativo
regionale per il Lazio ha sollevato, sotto vari profili, questione di
legittimità costituzionale dell'art. 19 predetto.
Il giudice a quo rileva che tale disposizione, dopo avere elencato
al primo comma le funzioni attribuite ai comuni, prevede: direttive
del Ministero dell'interno ai sindaci, impartite con carattere
vincolante per esigenze di pubblica sicurezza (terzo comma);
l'attribuzione, in ordine alle funzioni contemplate dal primo comma
di detto articolo ai numeri 5, 6, 7, 8, 9, 11, 13, 14, 15 e 17, di
speciali poteri al prefetto ai fini della sospensione, revoca o
annullamento dei provvedimenti adottati dal comune (quarto comma);
l'attribuzione di un potere positivo al prefetto in caso di diniego
di rilascio da parte del Comune dei provvedimenti autorizzatori
previsti da tali disposizioni normative; la limitazione dei poteri
sia della regione che del comune, nella materia de qua, alla
determinazione delle sole procedure e competenze degli organi
comunali all'esercizio delle funzioni attribuite (secondo comma).
L'ordinanza di rimessione, dopo avere premesso che occorre
stabilire se le funzioni amministrative, attribuite ai comuni ex art.
19 citato, spettino istituzionalmente alle regioni ex art. 117 Cost.,
ovvero se si tratti di uno scorporo di funzioni amministrative
(statali) e quindi di una delega conferita dallo Stato ai comuni,
pone il problema se le funzioni di polizia amministrativa coincidano
o meno con le materie dell'art. 117 Cost. e con le disposizioni
dell'art. 118 Cost., stante che la materia "polizia amministrativa"
non rientra espressamente nell'elenco di cui all'art. 117 Cost.
Fatta tale premessa, il giudice a quo, in termini problematici e
dubitativi, prospetta un possibile contrasto dell'art. 19 citato con
gli artt. 117 e 118 Cost. e ciò sia nell'ipotesi che le funzioni di
polizia amministrativa spettino istituzionalmente alle regioni sia
se, in alternativa, dovesse ravvisarsi, con la definizione di
"polizia amministrativa", uno scorporo di funzioni statali e la
delega delle stesse ai comuni, stante che "quanto alla prima ipotesi,
lo Stato continuerebbe tuttavia ad esercitare, attraverso la
disciplina prevista nei comma secondo, terzo, quarto e quinto dello
stesso art. 19, la propria competenza in materie che sarebbero da
ricondurre nella sfera (anche legislativa) delle regioni; mentre
quanto alla seconda ipotesi, non va sottaciuta la contrapposizione
fra il primo ed i restanti comma dell'art. 19, laddove, per
l'inverso, il primo comma provvede alla "attribuzione" delle
funzioni, e cioè al trasferimento delle funzioni stesse ai comuni,
mentre la normativa contenuta nei restanti comma sembra disporre come
se si tratti di 'delega' di funzioni, piuttosto che di attribuzione
piena ed esclusiva, qual'è quella effettuata ai sensi del primo
comma dell'art. 118 Cost.".
2.1. - Per l'inquadramento della questione sembra utile
preliminarmente operare un raffronto della norma denunciata, cioè
dell'art. 19 del d.P.R. n. 616 del 1977, con le altre disposizioni
del medesimo d.P.R. n. 616 che si occupano delle funzioni di polizia
e cioè gli artt. 4, 9 e 18.
L'art. 4 viene in evidenza in quanto al primo comma conserva allo
Stato le funzioni attinenti alla pubblica sicurezza; l'art. 9, in
quanto al primo comma stabilisce che i comuni, le province e le
comunità montane e le regioni sono titolari delle funzioni di
polizia amministrativa nelle materie ad esse rispettivamente
trasferite o attribuite; l'articolo 18, infine, in quanto identifica
le funzioni amministrative relative alla materia "polizia locale
urbana e rurale" in quelle che si svolgono esclusivamente nell'ambito
del territorio comunale e che non siano proprie di autorità statali.
Da quanto precede risulta dunque che il d.P.R. n. 616 recepisce in
primo luogo la tradizionale distinzione sistematica tra pubblica
sicurezza e polizia amministrativa allo scopo di riservare allo Stato
la prima. Ma, al riguardo sul dubbio espresso nell'ordinanza di
rinvio, va precisato che la nozione di "polizia amministrativa" non
si identifica con quella di "polizia locale urbana e rurale" le cui
funzioni amministrative già appartenevano ai comuni prima che la
Costituzione le comprendesse tra le materie che l'art. 117 Cost.
attribuisce alla potestà legislativa regionale.
L'indicata materia della "polizia locale urbana e rurale", già
tradizionalmente appartenente ai comuni, deve intendersi perciò
secondo il significato tralaticio dalla legislazione precedente (il
che è suffragato anche dalla mancanza nei lavori preparatori della
Costituzione di una diversa precisazione interpretativa) e cioè
quello risultante dall'art. 91, lett. c) n. 1 del T.U. 3 marzo 1934
n. 383 e dagli artt. 109 e 110 del regolamento di esecuzione 18
febbraio 1911 n. 297, essendo detta legislazione l'unico riferimento
normativo per identificare la materia.
La nozione di "polizia amministrativa", adoperata nel d.P.R. n.
616 del 1977, è dunque diversa da quella che l'articolo 117 Cost.
elenca fra le materie di competenza regionale come "polizia locale
urbana e rurale", perché appare chiaramente formulata per
raggruppare una categoria di ulteriori funzioni da attribuire alle
regioni, alle province ed ai comuni. Questa categoria è stata
enucleata da un complesso di disposizioni precedenti che appunto
contemplavano funzioni definite di "polizia amministrativa" (essendo
molte di esse esercitate in passato dagli organi dello Stato titolari
delle funzioni di polizia in senso proprio, giudiziaria e di
sicurezza, anche se sostanzialmente diverse) perché, non assolvendo
esclusivamente al compito della prevenzione (come la polizia di
sicurezza) tendono - in presenza delle condizioni previste in
astratto dalle leggi - a rendere possibili e lecite certe attività
dei privati attraverso singole attribuzioni, quali le autorizzazioni,
i permessi, le licenze ed anche i regolamenti.
Questa caratteristica ha fatto spesso dubitare dell'inquadramento
di molte di quelle funzioni nella categoria delle attività di
polizia e più di recente ha fatto ritenere addirittura inesistente
una nozione giuridicamente rilevante di "polizia amministrativa",
così giustificandosi la sottrazione di molte di quelle funzioni agli
organi di polizia e la loro conseguente attribuzione alle regioni ed
agli altri enti territoriali, restando, relativamente ad esse,
recessive le esigenze attinenti alla sicurezza pubblica.
2.2. - Nel determinare il nuovo assetto della distribuzione delle
funzioni amministrative tra Stato, regioni ed enti territoriali
infraregionali, il d.P.R. n. 616 del 1977 ha preferito, tuttavia,
seguire l'inquadramento tradizionale di quelle funzioni nella
categoria della "polizia amministrativa" e ne ha operato
l'attribuzione alle regioni ed agli altri enti territoriali, in
attuazione delle direttive contenute nell'art. 1, lett. c) ed e)
della legge di delega n. 382 del 1975. In particolare nella lett. c)
che prevedeva la delega alle regioni (ex art. 118, secondo comma
Cost.) delle funzioni amministrative necessarie per rendere possibile
l'esercizio organico da parte di esse delle funzioni già trasferite
o delegate; nella lett. e) che prevedeva l'attribuzione alle
provincie, comuni ed altri enti locali, ai sensi dello art. 118 primo
comma, Cost., delle funzioni amministrative di interesse
esclusivamente locale nelle materie elencate nell'art. 117 Cost.,
nonché l'attribuzione ai predetti enti locali di altre funzioni di
interesse locale, che servissero a rendere possibile l'esercizio
organico delle funzioni amministrative loro attribuite a norma della
legislazione vigente.
In questo quadro, l'art. 9 del decreto legislativo delegato n. 616
del 1977, nello stabilire che le regioni e gli enti territoriali
minori sono titolari delle funzioni di polizia amministrativa nelle
materie ad essi rispettivamente attribuite o trasferite, esplicita il
convincimento del legislatore delegato circa l'interdipendenza
funzionale tra detta attività di polizia e le materie attribuite.
Ancora in questa prospettiva l'art. 19, oggetto dell'incidente di
costituzionalità, attribuisce ai comuni una serie di funzioni
definite dal titolo dell'articolo stesso di "polizia amministrativa",
di cui solo alcune sono connesse alle materie di spettanza delle
regioni in virtù dell'art. 117 Cost. mentre altre non sono connesse
a tali materie, rientrando, in base alla legislazione precedente, fra
le attribuzioni di organi dello Stato, altre ancora infine
partecipano dell'una e dell'altra natura. Tutte le indicate funzioni
hanno però in comune tra loro il carattere della localizzabilità
dell'interesse al livello comunale e quindi la loro attribuzione ai
comuni sotto la voce "polizia amministrativa", in attuazione della
direttiva contenuta nella lett. e) dell'art. 1 della legge di delega
n. 382, è chiaramente operata, in parte, e cioè per le funzioni
riferibili alle materie di competenza regionale elencate nell'art.
117 Cost., in base alla previsione del primo comma dell'art. 118
Cost., e per le restanti materie in base alla previsione dell'art.
128 Cost.
Al riguardo è appena il caso di ricordare che, come è noto, la
tipologia delle funzioni amministrative spettanti ai comuni è
riconducibile a tre specie e cioè quelle ad essi attribuite con
legge dello Stato in base all'art. 128 Cost., oppure quelle riferite
a materie di competenza regionale ex art. 117 Cost. ma che tuttavia,
in quanto rivestano un interesse esclusivamente locale, possono
essere attribuite ai comuni medesimi, sempre con legge dello Stato,
in base al primo comma dell'art. 118 Cost., oppure, infine, quelle
delegate ai comuni dalle regioni secondo la previsione del terzo
comma dell'art. 118 Cost. Dunque, a differenza di quanto previsto tra
lo Stato e le regioni o tra le regioni ed i comuni, nel quadro
costituzionale non è prevista la figura della "delega" di funzioni
amministrative da parte dello Stato ai comuni, diversamente da quanto
sembra opinare il giudice a quo.
3. - Una volta chiarito che l'art. 19 del d.P.R. n. 616 del 1977
ha operato nel primo comma l'attribuzione di funzioni di polizia
amministrativa ai comuni, sia nell'ambito di materie di competenza
regionale e cioè in base al primo comma dell'art. 118 Cost., sia,
relativamente a materie non comprese in tale ambito, e quindi in base
all'art. 128 Cost., la prima delle questioni di costituzionalità
sollevata nell'ordinanza di rinvio con riferimento agli artt. 117 e
118 Cost., peraltro con prospettazione ambigua, non sembra rivestire
carattere autonomo. Essa difatti appare in sostanza rivolta a
censurare non il fatto in sé della attribuzione di quelle funzioni
ai comuni - il che potrebbe giustificarne una autonoma considerazione
- bensì la circostanza che esse sarebbero state attribuite con
limitazioni (cioè quelle previste dal secondo, terzo, quarto e
quinto comma) tali da contrastare con le norme costituzionali
invocate.
D'altronde è la stessa ordinanza che, ponendo in risalto la
contrapposizione tra il primo comma e i restanti commi, mette
l'accento solo su questi ultimi per denunciarne il contrasto con vari
precetti costituzionali, così dimostrando che è su queste parti
della norma e non su di essa nel suo complesso che più propriamente
deve essere condotto il sindacato della Corte.
Né a diverso avviso potrebbe indurre il riferimento operato
dall'ordinanza di rinvio alla possibile ipotesi che proprio il
contrasto tra il primo ed i commi successivi, potrebbe far pensare
che questi ultimi sembrerebbero disporre come se si trattasse di una
"delega" di funzioni dello Stato ai comuni.
Orbene - a parte che, anche ponendo la questione in questi
termini, essa finisce con il lasciare pur sempre indenne da censure
il primo comma, che nell'economia della norma è il più
significativo perché è quello che dispone le attribuzioni l'ipotesi
della delega si presenta come una mera illazione sia perché, come si
è visto, nella tipologia delle funzioni amministrative spettanti ai
comuni in base alle previsioni costituzionali non esiste la figura
della "delega" dallo Stato ai comuni, sia perché in ogni caso, in
armonia con quelle previsioni, il termine delega non è mai adoperato
nel contesto della norma.
Sotto nessun verso perciò la prima questione, per come è
prospettata, appare suscettibile di autonoma considerazione e quindi,
ai fini della pronuncia di questa Corte, essa si risolve nell'esame
delle questioni riguardanti le singole parti della norma, investite
da apposita censura e di cui si tratterà in prosieguo.
4. - Con la seconda delle questioni sollevate dall'ordinanza di
rimessione si sostiene che l'art. 19 del d.P.R. n. 616 del 1977
sarebbe in contrasto con l'art. 76 Cost., per eccesso di delega in
quanto, in particolare per quanto previsto nei suoi secondo, terzo,
quarto e quinto comma, non si sarebbe osservato il principio dettato
nell'art. 1 lett. e) della legge 22 luglio 1975 n. 382. Secondo
questo principio l'attribuzione ai comuni delle altre funzioni di
interesse locale, avrebbe dovuto servire a rendere possibile
l'esercizio organico delle funzioni amministrative attribuite ai
comuni a norma della legislazione vigente.
Si sostiene nell'ordinanza di rinvio che, invece, con le
disposizioni denunciate non si sarebbe reso possibile l'esercizio
organico delle funzioni amministrative attribuite, mentre anzi
sarebbero state create lacune e disarmonie nell'esercizio delle
funzioni anzidette.
La questione, come formulata, deve essere dichiarata inammissibile
per genericità, in quanto l'ordinanza si limita ad asserire la
devianza dal cennato principio della legge di delega, senza spendere
parola né per chiarire in qual senso non sarebbe possibile
l'esercizio organico delle funzioni amministrative attribuite ai
comuni con la norma denunciata, né quali siano le lacune e le
disarmonie create in ordine all'esercizio delle funzioni anzidette in
base al parametro di valutazione costituito dalla legge di delega.
5.1. - Altra questione riguarda il terzo comma del citato art. 19
ed è sollevata dall'ordinanza di rimessione con riferimento agli
artt. 5 e 128 Cost.
Tale disposizione prevede che, in relazione alle funzioni
attribuite ai comuni, il Ministero dell'interno possa impartire, per
esigenze di pubblica sicurezza, per il tramite del commissario di
Governo, direttive ai sindaci che sono tenuti ad osservarle.
Secondo il giudice a quo la disposizione non sembra trovare
giustificazione con riferimento ai principi di autonomia fissati
dagli artt. 5 e 128 Cost., perché tali direttive si rivolgerebbero
ai sindaci quali capi dell'amministrazione comunale e non nella veste
di ufficiali di Governo, ove si consideri che per l'esercizio dei
poteri di pubblica sicurezza il successivo art. 20 del d.P.R. n. 616
prevede che residui allo Stato il potere di controllo di pubblica
sicurezza, al quale sono connessi i poteri di intervento
sanzionatorio di cui agli artt. 16 e 100 del T.U.L.P.S. 18 giugno
1931 n. 773.
La questione non è fondata.
A parte l'irrilevanza, ai fini della soluzione del problema di
costituzionalità, della veste in cui i Sindaci sarebbero destinatari
delle direttive in questione, non può dubitarsi che, essendosi in
presenza di funzioni in ogni caso attribuite al comune, la figura del
sindaco venga in evidenza come organo di questo ente. D'altronde il
fatto stesso che il
secondo comma dell'art. 19 prevede che il comune possa deliberare
quale dei propri organi debba provvedere in ordine alle funzioni
attribuite, conferma che si tratti di funzioni del comune perché, se
il sindaco fosse stato considerato come ufficiale di Governo, sarebbe
stato lui solo a potere esercitare le funzioni in parola.
Ciò premesso, va ribadito quanto già esposto e secondo cui il
d.P.R. n. 616 del 1977 ha, nelle varie sue disposizioni fino ad ora
richiamate, enucleato una serie di funzioni che ha ricondotto sotto
la categoria della polizia amministrativa per differenziarle da
quelle di pubblica sicurezza. Ne è così derivata una partizione di
competenze che ha riservato allo Stato (art. 4) le funzioni di
pubblica sicurezza mentre ha attribuito alle regioni e agli altri
enti infraregionali numerose funzioni tradizionalmente comprese nella
polizia amministrativa, sottraendole agli organi della polizia di
sicurezza.
Tuttavia anche se, come si è già detto, molti aspetti di
prevenzione che prima erano insiti nelle funzioni c.d. di polizia
amministrativa sono nel tempo tenuti recessivi, ciò non può
escludere del tutto - per la particolare natura delle materie - che
in occasione di tali funzioni possano emergere esigenze di pubblica
sicurezza la cui tutela spetta allo Stato in via esclusiva come
espressamente previsto dall'art. 4 del d.P.R. n. 616 del 1977.
Né, come si assume nell'ordinanza di rimessione, per sopperire a
queste esigenze appare sufficiente la previsione contenuta nell'art.
20 del d.P.R. n. 616 che prevede controlli da parte dell'autorità di
pubblica sicurezza sugli esercizi concernenti le attività soggette
ad autorizzazione di polizia. Al riguardo è d'uopo osservare che
tali controlli non concernono il momento del rilascio delle
autorizzazioni e quindi assolvono ad una funzione diversa da quella
che le norme relative a questo ordine di attività perseguono.
La denunciata disposizione del terzo comma dell'art. 19 in parola
persegue difatti lo scopo di consentire al Ministro dell'interno
d'impartire disposizioni vincolanti per i sindaci, idonee ad
assolvere in via preventiva con caratteri di generalità ad esigenze
connesse agli aspetti della sicurezza pubblica che, in occasione
dell'attività di polizia amministrativa possano manifestarsi, come
potrebbe ad esempio accadere relativamente alle autorizzazioni per la
vendita di alcolici, alle licenze alberghiere, a quelle in materia di
pubblici spettacoli, etc.
La disposizione censurata non appare perciò lesiva degli artt. 5
e 128 Cost. posti a salvaguardia delle autonomie locali, perché
l'ingerenza dello Stato sulle attività in questione avviene,
mediante direttive generali, in via preventiva e per il perseguimento
di esigenze di sicurezza e ad opera di organi istituzionalmente
preposti alla cura di questo tipo di interessi pubblici; il che, in
una visione armonica e coordinata delle funzioni pubbliche appare
perfettamente conforme ai principi costituzionali invocati.
5.2. - Problema certamente diverso è quello, peraltro appena
adombrato nel corso della discussione, secondo cui l'emanazione delle
direttive potrebbe essere utilizzata dallo Stato con riferimento ad
esigenze diverse da quelle che riguardano la sicurezza pubblica. In
proposito va rilevato come in evenienze del genere si sarebbe in
presenza di un cattivo uso del potere conferito dalla norma e quindi,
riferendosi il sindacato all'esercizio in concreto di attività di
natura amministrativa, vengono prospettati profili che esulano
dall'ambito del giudizio di costituzionalità della legge.
6.1. - Ugualmente a conclusioni di infondatezza conduce l'esame
della questione di legittimità costituzionale del secondo comma
dell'art. 19, sollevata in riferimento all'art. 76 Cost., agli artt.
117 e 118 Cost., nonché agli artt. 5 e 128 Cost.
Si assume dal giudice a quo che la disposizione predetta
restringerebbe i compiti dei consigli comunali alla sola
determinazione delle "procedure e delle competenze" degli organi dei
comuni, in relazione alle funzioni di cui al primo comma, senza
alcuna possibilità di incidenza sul piano sostanziale. La
disposizione in parola comporterebbe perciò che la disciplina
sostanziale di cui al T.U. delle leggi di P.S. del 1931 resti ferma,
talché non sarebbe dato di intendere se la disciplina della materia
sia rimasta allo Stato, sia divenuta di competenza dei comuni ovvero
rientri nella competenza legislativa delle regioni.
Osserva in proposito la Corte che il secondo comma dell'art. 19 si
limita a prevedere che fino alla entrata in vigore della legge di
riforma delle autonomie locali, i consigli comunali determinino
procedure e competenze dei propri organi in relazione all'esercizio
delle funzioni di cui al primo comma del medesimo art. 19. Si è in
presenza - come si vede - non già di una norma limitativa bensì di
una disposizione volta a consentire ai comuni non solo di
disciplinare le procedure ma anche di distribuire le competenze
relative alle nuove attribuzioni in materia di polizia
amministrativa, ancor prima dell'avvento della nuova legge sulle
autonomie, secondo le scelte che ciascun consiglio comunale vorrà
operare.
I poteri comunali vengono cioè accresciuti dalla norma censurata,
perché attualmente il riparto delle competenze in generale fra gli
organi del Comune è determinato dalle leggi dello Stato, laddove per
le materie di polizia amministrativa testé trasferite, sono i comuni
stessi che potranno provvedervi.
Così del pari la gran parte dei procedimenti amministrativi è
attualmente disciplinata con legge, laddove il secondo comma
dell'art. 19 ne prevede la delegificazione consentendo ai comuni di
determinare secondo le loro valutazioni le procedure con atto
regolamentare. Lungi perciò da una diminuzione di compiti, si è in
presenza di un allargamento dei poteri comunali, cui però non
corrisponde una diminuzione di quelle altre potestà che i comuni
stessi hanno in genere relativamente alle proprie funzioni. Difatti
nessuna delle disposizioni censurate prevede una tale limitazione,
con la conseguenza che, rispetto alle nuove funzioni, i comuni
conservano gli stessi poteri regolamentari ed organizzativi che essi
hanno relativamente a tutti gli altri compiti di loro spettanza.
6.2. - L'ordinanza di rinvio, in vero, lamenta che in ordine alle
nuove funzioni non resterebbe ai comuni alcuna diversa potestà per
ciò che concerne la normativa essenziale delle autorizzazioni, dal
momento che non viene operata alcuna revoca della disciplina
sostanziale di quelle elencate nell'art. 19 del d.P.R. n. 616.
La censura è però priva di fondamento, perché essa sembrerebbe
partire dal presupposto che l'attribuzione ai comuni di nuove
competenze amministrative, già spettanti ad organi dello Stato,
dovesse necessariamente comportare la delegificazione di tutta la
disciplina sostanziale relativa e l'affidamento di essa
esclusivamente ai comuni stessi. Orbene, anche a voler prescindere
dalla riserva di legge, sia pur relativa, prevista dall'art. 97 Cost.
che impedirebbe una abdicazione completa in favore della pubblica
amministrazione della potestà legislativa nei rapporti con gli
amministrati, devesi rilevare che l'affidamento concomitante della
disciplina sostanziale in aggiunta alle attribuzioni di funzioni
amministrative non era prevista dalla legge di delega n. 382 del
1975, onde appare fuor d'opera il riferimento all'art. 76 Cost.,
essendo stata pienamente rispettata la delega sotto l'anzidetto
profilo.
Per nessun altro verso è dato ravvisare poi, sempre sotto tale
aspetto, un contrasto con gli artt. 5 e 128 Cost. in quanto il
principio dell'autonomia comunale non risulta menomato dal mancato
conferimento ai comuni della disciplina sostanziale.
Anzi, per le funzioni attribuite in base all'art. 128 Cost. è
proprio questa norma a prevedere che le funzioni stesse debbano
essere determinate con legge dello Stato, il che comporta che
legittimamente la disciplina sostanziale delle funzioni
amministrative attribuite ai comuni in base al citato art. 128 Cost.
sia rimasta attribuita alla potestà legislativa statale.
Ma anche per quel che riguarda le funzioni di polizia
amministrativa conferite dall'art. 19 del d.P.R. n. 616 nell'ambito
di materie di spettanza regionale e cioè in base al primo comma
dell'art. 118 Cost., è errato sostenere che nel trasferire le
funzioni amministrative ai comuni si sarebbe dovuto a questi
attribuire anche la potestà di provvedere sulla disciplina
sostanziale. In proposito devesi precisare che l'art. 118, primo
comma, Cost., attribuisce alla legge dello Stato la sola possibilità
di individuare tra le materie regionali le funzioni amministrative di
interesse esclusivamente locale per devolverle agli enti territoriali
minori, come in concreto si è operato con l'art. 19 del d.P.R. n.
616.
L'unico limite che l'individuazione da parte dello Stato di quelle
funzioni può comportare sulla potestà legislativa regionale, è
l'impossibilità per questa di sottrarre ai comuni le funzioni a
questi decentrate con legge dello Stato, assumendo - una volta
stabilito con tale legge - quello del decentramento, il carattere di
principio fondamentale in base al primo comma dell'art. 117 Cost. Ma
al di là di questo contenuto la legge dello Stato che dispone il
decentramento di funzioni amministrative in materie regionali ai
comuni, non può averne altri e quindi non potrebbe essa sottrarre
alle regioni la competenza in ordine alla disciplina sostanziale di
materie di loro spettanza, in virtù dell'art. 117 Cost., sia pur per
attribuirla ai comuni.
Non è perciò in contrasto con alcun precetto costituzionale il
non aver attribuito ai comuni anche la disciplina sostanziale in
ordine alle funzioni loro attribuite in materie di competenza
regionale, ma contrasto vi sarebbe stato se al contrario la legge
dello Stato avesse disposto in questo senso, perché avrebbe in tal
modo invaso la potestà legislativa regionale che è la sola a poter
disporre di quella disciplina sostanziale per quel che concerne le
materie spettanti alle regioni in virtù dell'art. 117 Cost.
6.3. - Riepilogando, la legge di delega non prevedeva che
l'attribuzione di funzioni amministrative ai comuni dovesse
comportare la revoca della disciplina legislativa sostanziale
preesistente ed un affidamento di questa disciplina ai comuni; né
questa previsione discende dai principi costituzionali in tema di
autonomie, essendo i comuni titolari solo di funzioni amministrative
che proprio in ragione della loro natura non possono non essere
disciplinate che in base a disposizioni di legge (artt. 118 e 128
Cost.).
In ordine alle funzioni di polizia amministrativa loro conferite
dall'art. 19 del d.P.R. n. 616 i comuni hanno, in base ai principi,
potestà regolamentare che, secondo quanto stabilito dal secondo
comma dell'art. 19 cit., si estende anche alla determinazione delle
procedure e della distribuzione delle competenze fra i suoi organi.
La disciplina legislativa sostanziale di quelle funzioni spetta
legittimamente allo Stato, salvo che per le materie di competenza
regionale in base all'art. 117 Cost., relativamente alle quali detta
disciplina continua ad appartenere alla potestà legislativa delle
regioni.
Nel quadro così delineato non è quindi fondata la questione di
costituzionalità del secondo comma dell'art. 19 d.P.R. n. 616 con
riferimento agli artt. 76, 117 e 118, 5 e 128 della Costituzione.
7. - Nell'ultima delle questioni sollevate, il giudice a quo
sostiene che, mediante le attribuzioni ai prefetti quali previste nei
commi quarto e quinto dell'art. 19, si è in sostanza creato il
presupposto di interventi caso per caso, il che contrasterebbe con il
principio del decentramento delle competenze. Se lo Stato, si
sostiene, ha il potere di dettare norme astratte per un uniforme
indirizzo dell'attività degli enti locali, esso però non può
spingersi, una volta conferite le funzioni amministrative agli enti
dotati di autonomia, a compartecipare all'esercizio di queste, se non
violando i principi costituzionali dell'autonomia stessa, come
previsti dagli artt. 5 e 128 Cost.
La Corte condivide in linea di principio l'assunto, ove si rilevi
che per l'ultimo comma dell'art. 5 Cost. lo Stato deve adeguare i
principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze
dell'autonomia e del decentramento. Questi principi sarebbero
certamente violati ove una legge, pur dopo aver operato
l'attribuzione di funzioni amministrative ai comuni, si riservasse
però puntuali poteri di intervento caso per caso nel concreto
esercizio di quelle funzioni amministrativa.
In questo modo si verificherebbe una ingerenza dello Stato nelle
discrezionali valutazioni spettanti agli enti titolari delle funzioni
amministrative, il che sarebbe in contrasto con il principio di
autonomia costituzionalmente garantita mentre sarebbe vulnerato il
principio del decentramento, in quanto si determinerebbe un
appesantimento delle procedure amministrative ed una duplicazione di
compiti a scapito di quella snellezza che si vuole invece perseguire
decentrando le funzioni agli enti locali.
Per quel che riguarda in particolare gli enti locali territoriali
è un dato definitivamente acquisito come la loro autonomia vada in
primo luogo intesa quale potere di indirizzo politico-amministrativo,
il che esclude in principio ogni possibilità di ingerenza da parte
di altri enti (come lo Stato, le Regioni etc.) in ordine alle
valutazioni discrezionali compiute dagli organi degli enti dotati di
autonomia nell'esercizio concreto delle loro attribuzioni. Difatti la
Costituzione all'art. 130 consente in ordine a tale esercizio un
potere di ingerenza, ma solo attraverso lo strumento del controllo
che, come è noto, spetta non allo Stato ma ad un organo della
Regione e che in particolare, per quel che concerne il merito, può
essere esercitato soltanto nelle forme della richiesta di riesame.
Del resto lo stesso ordinamento amministrativo anteriore alla
Costituzione si ispirava ad analoghe impostazioni, anche se con la
previsione di più penetranti poteri di intervento degli organi
statali allora competenti in materia di controllo. Mai però si era
ritenuto che il potere di intervento potesse arrivare a forme di
compartecipazione, nel concreto esercizio delle funzioni attribuite
agli enti locali territoriali, da parte di organi dello Stato.
È dunque il concetto in sé di autonomia che, pur se compresso al
massimo, appare incompatibile con formule siffatte.
Tanto premesso, non può però escludersi che, in occasione
dell'esercizio delle funzioni amministrative attribuite agli enti
dotati di autonomia possano emergere esigenze di pubblica sicurezza:
in presenza di tali evenienze, ma solo relativamente ad esse, appare
giustificato un intervento degli organi statali in ordine a
provvedimenti concreti emanati dai comuni.
Il quarto comma dell'art. 19 del d.P.R. n. 616 prevede che i
provvedimenti di cui ai numeri 5), 6), 7), 8), 9), 11), 13), 15) e
17) siano adottati previa comunicazione al prefetto e debbano essere
sospesi, annullati o revocati per motivata richiesta del prefetto
stesso, senza circoscrivere però questo potere alle ragioni di
pubblica sicurezza, intesa quest'ultima come funzione inerente alla
prevenzione dei reati o al mantenimento dell'ordine pubblico.
Se dunque deve condividersi l'assunto dell'ordinanza di rinvio
circa il contrasto con il principio dell'autonomia comunale della
norma che prevede tale potere di intervento degli organi dello Stato
senza delimitazione di materie, l'assunto non può condurre ad una
caducazione della disposizione nel suo complesso, in quanto questa
appare legittima quando il potere si manifesti con specifico
riferimento al caso eccezionale consistente nel perseguimento del
fine della sicurezza pubblica, il cui assolvimento non può spettare
che allo Stato.
Al riguardo deve difatti ribadirsi che l'art. 4 del d.P.R. n. 616,
nel riservare espressamente allo Stato l'esercizio delle funzioni di
pubblica sicurezza, ha escluso che le stesse potessero essere
attribuite alla competenza dei comuni.
Di talché è conseguente che solo lo Stato possa occuparsi delle
materie di pubblica sicurezza, così esercitando un potere proprio
quando le esigenze connesse emergano in occasione delle funzioni di
polizia amministrativa da parte dei comuni.
In base a queste considerazioni la disposizione denunciata deve
perciò essere dichiarata costituzionalmente illegittima con
riferimento agli artt. 5 e 128 Cost. solo nella parte in cui non
limita quei poteri di intervento e la loro vincolatività per i
comuni alle esigenze di pubblica sicurezza.
8. - La questione sollevata in ordine all'ultimo comma dell'art.
19 del d.P.R. n. 616 e con riferimento agli stessi parametri
costituzionali quali gli artt. 5 e 128 Cost. è invece interamente
fondata in conformità alla prospettazione dell'ordinanza di rinvio.
Stabilisce la norma denunciata che il diniego dei provvedimenti
previsti dal primo comma, n. 5), 6), 7), 8), 9), 11), 13), 14), 15) e
17), è efficace "solo se il prefetto esprime parere conforme". In
proposito va in primo luogo segnalata la singolarità di questa
norma, che subordina l'efficacia di un diniego al parere del
prefetto, laddove un diniego non ha, per definizione, portata
innovativa e quindi non si vede come il contrario parere del prefetto
possa incidere sulla sua efficacia.
In secondo luogo se è il rilascio dell'autorizzazione - in quanto
rende possibile l'esercizio da parte dei privati di certe attività
sottoposte al controllo dei pubblici poteri - che può dar luogo a
profili rilevanti per le esigenze di pubblica sicurezza, il diniego
di essa, proprio per essere privo di ogni valore innovativo, non può
certo far assumere rilevanza ad esigenze del genere. Né si vede, in
ogni caso, ove anche dovessero manifestarsi tali evenienze, come il
diverso parere del prefetto possa sopperirvi, una volta considerato
che il suo parere, nel senso del rilascio, non potrebbe certo
obbligare le autorità comunali nello stesso senso, perché
diversamente si verrebbe ad ammettere che le determinazioni
definitive spettino all'organo dello Stato e non già ai comuni; il
che metterebbe ancor più in risalto l'illegittimità costituzionale
della disposizione censurata.
L'ultimo comma dell'art. 19 non si giustifica in ragione delle
esigenze di pubblica sicurezza e sembra rivolto solo a perseguire una
immanente presenza della autorità statale nelle funzioni affidate ad
enti autonomi, realizzando una inutile duplicazione di funzioni,
lesiva sia del principio del decentramento che di quello
dell'autonomia, onde il suo contrasto con gli artt. 5 e 128 Cost.