Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso depositato il 3 agosto 2021 (reg. ric. n. 42 del 2021), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2, 3 e 8 della legge della Regione Abruzzo 8 giugno 2021, n. 14 (Nuova disciplina del Parco naturale regionale Sirente Velino e revisione dei confini. Modifiche alla l.r. 42/2011), in riferimento, complessivamente, agli artt. 2, 3, 9, secondo comma, 97 e 117, secondo comma, lettere g), h), l), m) ed s), della Costituzione, in relazione: agli artt. 9, commi 8-bis e 9, 22, comma 1, lettere a) e c), 23 e 24, comma 1, della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette); all’art. 6 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale); alla direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici; alla direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente; all’art. 6, comma 3, della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, come recepito dall’art. 6 del d.P.R. 12 marzo 2003, n. 120 (Regolamento recante modifiche ed integrazioni al D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357, concernente attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche), che ha sostituito l’art. 5 del d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche); agli artt. 135, 140, comma 2, 142, comma 1, lettere c), d), f) e g), 143, commi 1, lettera c), e 9, 145, commi 3 e 5, 167, comma 4, e 181 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137); alla legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere abusive); all’art. 32, comma 27, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326; agli artt. 55 e 57, commi 1 e 2, del codice di procedura penale; agli articoli da 133 a 141 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza); e all’art. 254 del regio decreto 6 maggio 1940, n. 635 (Approvazione del regolamento per l’esecuzione del testo unico 18 giugno 1931, n. 773, delle leggi di pubblica sicurezza).
1.1.– L’art. 2 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021, che ha sostituito l’art. 2 della legge della Regione Abruzzo 2 dicembre 2011, n. 42 (Nuova disciplina del Parco Naturale regionale Sirente Velino), prevede, tra l’altro, una nuova perimetrazione del parco naturale regionale Sirente Velino, rinviando per la definizione dei nuovi confini alla cartografia allegata alla legge regionale in esame (Allegato 1).
Il citato art. 2 è impugnato sia «sotto il profilo della tutela ambientale» per violazione degli artt. 9, secondo comma, e 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione agli obiettivi fissati dalla Strategia europea sulla Biodiversità 2030, agli artt. 22, comma 1, lettere a) e c), e 23, comma 1, della legge n. 394 del 1991, alla direttiva 2009/147/CE, alla direttiva 2001/42/CE, all’art. 6 del d.lgs. n. 152 del 2006, all’art. 6, comma 3, della direttiva 92/43/CEE, come recepito dall’art. 6 del d.P.R. n. 120 del 2003, all’art. 5 del d.P.R. n. 357 del 1997; sia «sotto il profilo della tutela paesaggistica», per violazione degli artt. 3, 9, secondo comma, 97 e 117, secondo comma, lettere l), m) ed s), Cost., in relazione agli artt. 135, 140, comma 2, 142, comma 1, lettere c), d), f), e g), 143, commi 1, lettera c), e 9, 145, commi 3 e 5, 167, comma 4, e 181 cod. beni culturali, alla legge n. 47 del 1985 e all’art. 32, comma 27, del d.l. n. 269 del 2003, come convertito.
1.1.1.– «Sotto il profilo della tutela ambientale», l’art. 2 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021 è impugnato perché prevederebbe una nuova perimetrazione dell’area del parco naturale regionale Sirente Velino, che ne riduce le dimensioni di 6.400 ettari.
1.1.1.1.– Il ricorrente, dopo aver ricordato che la legge n. 394 del 1991 reca i principi fondamentali cui le regioni sono tenute ad adeguarsi in materia di aree protette, richiama il contenuto degli artt. 22, comma 1, lettere a) e c), e 23 della medesima legge quadro. In particolare, la difesa statale sottolinea come il legislatore abruzzese abbia sostituito l’art. 2 della legge reg. Abruzzo n. 42 del 2011 e il suo Allegato 1 (contenente la cartografia del parco) senza rispettare gli obiettivi fissati dalla Strategia europea per la Biodiversità 2030, la quale richiede ad ogni Stato membro di individuare una superficie protetta pari al 30 per cento del territorio nazionale e di considerare strettamente protetto, di questa, il 10 per cento.
1.1.1.2.– In secondo luogo, il ricorrente si duole che la variazione dei confini, operata dall’impugnato art. 2, è avvenuta senza la partecipazione delle autonomie locali interessate, in violazione del procedimento prescritto a questo fine dagli artt. 22 e 23 della legge quadro.
1.1.1.3.– Inoltre, l’art. 2 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021, riducendo l’area del Parco di 6.400 ettari, si porrebbe in contrasto con la direttiva 2009/147/CE, «che ha formalmente riconosciuto tutta l’area quale Zona di Protezione Speciale – codice IT7110130 della Rete Natura 2000 della UE – rete ecologica diffusa su tutto il territorio dell’Unione, istituita ai sensi della Direttiva 92/43/CEE, cosiddetta “Habitat” e costituita dai Siti di Interesse Comunitario (SIC), identificati dagli Stati Membri secondo quanto stabilito dalla stessa Direttiva Habitat». A seguito di questo riconoscimento, il parco naturale regionale Sirente Velino avrebbe percepito, per mezzo dello Stato italiano, cospicui finanziamenti dalla Commissione europea al fine di tutelare l’orso bruno, oggetto dell’accordo tra pubbliche amministrazioni per l’implementazione del piano d’azione per la tutela dell’orso bruno marsicano (PATOM). Di conseguenza, l’esclusione di una estesa porzione di territorio dal parco naturale regionale determinerebbe, secondo il ricorrente, la possibilità che allo Stato italiano sia contestata, «anche in sede comunitaria», l’inefficacia delle misure di conservazione cui è tenuto.
1.1.1.4.– La norma impugnata si porrebbe, altresì, in contrasto con l’art. 6 del d.lgs. n. 152 del 2006, in ragione del fatto che, secondo il ricorrente, sarebbe stata necessaria la valutazione ambientale strategica (VAS); ciò, in considerazione dei possibili impatti sulle finalità di conservazione dei siti designati come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e di quelli classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatica. In particolare, il denunciato contrasto discenderebbe dall’«ampia nozione di “piano”», recata dalla direttiva 2001/42/CE sulla VAS, come interpretata dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea. Pertanto, la VAS dovrebbe essere prevista per tutte quelle decisioni che determinano effetti sulle modalità di uso di una determinata area, provocandone un sostanziale cambiamento e, a maggior ragione, per quei procedimenti che hanno per oggetto la Rete Natura 2000.
1.1.1.5.– A tale violazione si accompagnerebbe anche quella, correlata, della mancata sottoposizione del provvedimento a valutazione di incidenza ambientale (VINCA), di cui all’art. 6, comma 3, della direttiva 92/43/CEE, come recepito dall’art. 6 del d.P.R. n. 120 del 2003, che ha sostituito l’art. 5 del d.P.R. n. 357 del 1997, applicabile anche ai piani e ai programmi. Infatti, attraverso un apposito screening della VINCA, la Regione avrebbe dovuto valutare gli effetti della normativa impugnata sull’orso bruno marsicano, presente nei siti SIC/ZPS, vale a dire nei siti di importanza comunitaria e nelle zone a protezione speciale (e anche esternamente ad essi, nelle aree oggetto appunto della riperimetrazione), limitrofi al territorio ora escluso dall’area protetta.
1.1.2.– «Sotto il profilo della tutela paesaggistica», l’art. 2 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021 è impugnato perché, a seguito della revisione in senso riduttivo dei confini del parco naturale regionale Sirente Velino, una parte dei territori dei comuni prima ricompresi in esso sarebbe sottratta, non solo alla tutela naturalistica come aree protette, ma anche alla correlata tutela paesaggistica, imposta ex lege sulle medesime aree. L’art. 142, comma 1, lettera f), cod. beni culturali prevede, infatti, che «i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi», «[s]ono comunque di interesse paesaggistico» e sono quindi sottoposti alla normativa di tutela.
Secondo il ricorrente, la scelta del legislatore regionale sarebbe «completamente immotivata e gravemente penalizzante per la tutela del paesaggio», anche in considerazione del fatto che l’area del parco ha finora mantenuto intatta la propria rilevante valenza ambientale ed estetica, sebbene insistano su di essa centri storici, di grande pregio, notevolmente danneggiati dal sisma del 2009 e quasi disabitati.
Il ricorrente precisa, poi, che il perimetro originario del parco naturale regionale Sirente Velino risulta riportato come «Parco esistente» nel piano paesistico regionale (PPR) vigente, approvato con atto del Consiglio regionale n. 141/21 del 1990, così come nello strumento adottato nel 2004, e nel redigendo piano paesaggistico, per il quale è prevista la co-pianificazione con il Ministero della cultura, ai sensi degli artt. 135, 143 e 145 cod. beni culturali. Al riguardo, la difesa erariale chiarisce che, pur non essendo stato ancora definitivamente approvato il piano paesaggistico regionale, sono tuttora pienamente validi ed efficaci gli accordi tra la Regione Abruzzo e il Ministero della cultura oggetto dell’intesa sottoscritta nel 2009 e del disciplinare aggiornato, sottoscritto in data 8 giugno 2016.
A fronte di questo quadro normativo, la disposizione regionale impugnata sarebbe stata elaborata e approvata senza alcun coinvolgimento degli uffici territoriali del Ministero citato; si tratterebbe, pertanto, di una scelta unilaterale della Regione Abruzzo su un ambito connesso all’attività di co-pianificazione paesaggistica obbligatoria. Con la normativa impugnata, la Regione Abruzzo avrebbe, quindi, ecceduto i limiti propri dell’autonomia regionale (è richiamata la sentenza di questa Corte n. 134 del 2020).
1.1.2.1.– Nello specifico, l’art. 2 della legge regionale impugnata si porrebbe anzitutto in contrasto con il citato art. 142, comma 1, lettera f), cod. beni culturali, perché, riducendo «autonomamente e senza il coinvolgimento dello Stato» i confini del parco naturale regionale, i cui territori sono tutelati ope legis dal suddetto codice, violerebbe la norma statale che sottopone a tutela paesaggistica il territorio dei parchi, anche regionali.
1.1.2.2.– La norma impugnata sarebbe contraria anche al principio di co-pianificazione obbligatoria imposto con riferimento alle aree tutelate per legge, oltre che agli altri beni paesaggistici (artt. 135, 143 e 145 cod. beni culturali), risultando lesiva della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela del paesaggio sancita dall’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
Il legislatore regionale sarebbe, infatti, intervenuto unilateralmente a modificare il bene paesaggistico “parco naturale regionale Sirente Velino”, già confluito nel piano paesaggistico regionale, elaborato dalla Regione ai sensi del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312 (Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale), convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 1985, n. 431, nonché nel nuovo piano paesaggistico in corso di elaborazione con lo Stato e oggetto di co-pianificazione obbligatoria, intervenendo al di fuori del quadro necessario della pianificazione paesaggistica.
Il ricorrente sottolinea, altresì, come spetti solo al piano paesaggistico, elaborato congiuntamente con lo Stato quanto meno con riferimento ai beni paesaggistici, la ricognizione di questi ultimi e l’elaborazione delle relative prescrizioni d’uso, oltre che l’individuazione della tipologia delle trasformazioni compatibili, di quelle vietate nonché delle condizioni delle eventuali trasformazioni. Il legislatore nazionale, nell’esercizio della potestà legislativa esclusiva in materia ha, infatti, assegnato al piano paesaggistico una posizione di assoluta preminenza nel contesto della pianificazione territoriale. La norma regionale impugnata determinerebbe, quindi, «una vistosa deroga» al principio della necessaria prevalenza della pianificazione paesaggistica rispetto a ogni altro piano, programma o progetto nazionale o regionale (ex art. 145, comma 3, cod. beni culturali).
1.1.2.3.– Sarebbe, inoltre, violato il principio di irrevocabilità dei vincoli paesaggistici, in virtù del quale, una volta riconosciuto l’interesse paesaggistico del bene, lo stesso non potrebbe più essere revocato, neppure mediante contrarius actus. Tale irrevocabilità discenderebbe dalla natura meramente ricognitiva dei vincoli paesaggistici, come riconosciuta da questa Corte fin dalla sentenza n. 56 del 1968.
Secondo il ricorrente «l’accertamento di un interesse pubblico “immanente al bene”» si avrebbe, a maggior ragione, nel caso in cui l’individuazione dei beni paesaggistici sia effettuata dallo stesso legislatore, mediante l’indicazione di specifiche categorie di beni che sono ritenuti ex se di interesse paesaggistico.
Il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene che tale principio, desumibile dall’art. 9 Cost., sia stato accolto nel codice dei beni culturali e del paesaggio, il quale non ha riprodotto l’art. 14 del vecchio regolamento di cui al regio decreto 3 giugno 1940, n. 1357 (Regolamento, per l’applicazione della legge 29 giugno 1939-XVII, n. 1497, sulla protezione delle bellezze naturali), da considerarsi implicitamente abrogato, che prevedeva il potere ministeriale, sentita la Commissione provinciale, di «togliere o restringere il vincolo [...] [q]uando siano venute a mancare o a mutare le esigenze che lo avevano determinato».
Il codice dei beni culturali e del paesaggio (art. 140, comma 2) negherebbe, infatti, persino al piano paesaggistico, benché elaborato congiuntamente e condiviso con specifico accordo procedimentale tra regione e Stato, il potere di rimuovere o ridurre vincoli paesaggistici preesistenti. Il legislatore del codice avrebbe, quindi, accentuato, rispetto alle originarie disposizioni della legge 29 giugno 1939, n. 1497 (Protezione delle bellezze naturali), «una logica, per così dire “incrementale”», secondo la quale i vincoli possono essere estesi e integrati nei contenuti precettivi ma non possono venire meno una volta imposti, salvi i casi eccezionali nei quali sia definitivamente perduto l’elemento materiale nel quale si esprime il valore paesaggistico meritevole di tutela.
A queste conclusioni sarebbero giunti i giudici amministrativi con specifico riferimento ai boschi. Inoltre, lo stesso legislatore statale avrebbe espressamente sancito, nel decreto legislativo 3 aprile 2018, n. 34 (Testo unico in materia di foreste e filiere forestali), il divieto di diminuzione del livello di tutela stabilito dalla legge, conformando la funzione integrativa regionale in senso (solo) ampliativo della tutela (art. 3, comma 4). Analoga previsione sarebbe stata introdotta in materia di usi civici dalla legge 20 novembre 2017, n. 168 (Norme in materia di domini collettivi), stabilendo che il vincolo paesaggistico «è mantenuto sulle terre anche in caso di liquidazione degli usi civici» (art. 3, comma 6).
Con specifico riferimento alla categoria di beni – che qui rileva – di cui alla lettera f) dell’art. 142, comma 1, cod. beni culturali, tale principio non sarebbe esplicitato. Ciò nondimeno, il ricorrente ritiene che esso abbia portata generale, con la conseguenza che la riduzione dei confini del parco determinerebbe un’illegittima compressione del vincolo paesaggistico e quindi la violazione del richiamato principio di irrevocabilità.
1.1.2.4.– L’art. 2 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021, operando la riduzione dell’area del parco naturale regionale Sirente Velino, determinerebbe, inoltre, «un abbassamento dei livelli di tutela in violazione dell’art. 9 Cost.». Al riguardo, il ricorrente richiama la sentenza di questa Corte n. 151 del 1985, sottolineando come con essa sia stata sancita «la piena legittimità» della scelta operata dal legislatore statale di introdurre, con il d.l. n. 312 del 1985 e con la relativa legge di conversione n. 431 del 1985, «una tutela del paesaggio improntata a integralità e globalità».
Pertanto, l’operazione «inversa» compiuta dalla Regione Abruzzo, di escludere dall’area del parco una parte prima ricompresa e quindi in precedenza soggetta al vincolo paesaggistico ope legis, sarebbe lesiva anche dell’art. 9 Cost.
1.1.2.5.– La norma impugnata sarebbe, altresì, contraria ai principi di proporzionalità e ragionevolezza di cui agli artt. 3 e 97 Cost., poiché la riduzione dei confini del parco, sottraendo parte dei territori alla tutela paesaggistica esistente ope legis, non sarebbe giustificata dall’esigenza di un bilanciamento con altri interessi costituzionalmente protetti. Al contrario – sottolinea il ricorrente – i territori ora esclusi dal parco avrebbero conservato, nell’ultimo trentennio, le caratteristiche che avevano a suo tempo giustificato la sottoposizione alla tutela naturalistica e, conseguentemente, anche a quella paesaggistica.
Un ulteriore profilo di irragionevolezza sarebbe individuabile nel fatto che la norma impugnata renderebbe «improvvisamente e irragionevolmente privi di causa» non solo i provvedimenti autorizzatori già rilasciati, ma anche le sanzioni già irrogate per illeciti paesaggistici, in contrasto, quindi, con gli artt. 3 e 97 Cost.
1.1.2.6.– Il Presidente del Consiglio dei ministri stigmatizza, poi, il «manifesto effetto premiale» che la norma impugnata avrebbe nei confronti delle domande finalizzate al rilascio del provvedimento di condono per abusi realizzati prima dell’apposizione del vincolo paesaggistico del 1989.
La previsione normativa in esame consentirebbe, infatti, l’accoglimento di queste domande senza la necessità di acquisire il parere dell’amministrazione preposta alla tutela del paesaggio. Ancora più grave sarebbe poi l’effetto nei confronti delle edificazioni eseguite dopo l’imposizione del vincolo del 1989, atteso che, per tali edificazioni, non sarebbe stato possibile, in base a quanto disposto dall’art. 32, comma 27, lettera d), del d.l. n. 269 del 2003, come convertito, neppure astrattamente accedere al condono edilizio del 2004.
Di qui la violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento penale, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., nonché di quelle in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (art. 117, secondo comma, lettera m, Cost.) e di tutela del paesaggio nell’ambito delle procedure di condono edilizio (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.), quest’ultima, «in concreto esercitata» mediante la legge n. 47 del 1985 e l’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003, come convertito.
1.1.2.7.– Inoltre, l’abolizione del vincolo farebbe venir meno in radice gli abusi paesaggistici non sanabili ai sensi degli artt. 167 e 181 cod. beni culturali. In proposito, il ricorrente sottolinea che la valutazione della compatibilità paesaggistica delle opere eseguite in assenza di autorizzazione paesaggistica è consentita nei soli casi tassativamente indicati dall’art. 167, comma 4, del medesimo codice.
Pertanto, le disposizioni regionali che incidono sul trattamento sanzionatorio degli illeciti paesaggistici, anche sul piano amministrativo, violerebbero la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento penale, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., nonché quelle in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (art. 117, secondo comma, lettera m, Cost.) e di tutela del paesaggio (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.) in relazione agli artt. 167 e 181 cod. beni culturali, da considerare come parametri interposti.
1.1.2.8.– Da ultimo, l’art. 2 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021 violerebbe il principio costituzionale di leale collaborazione, in quanto la previsione ivi contenuta costituirebbe il frutto di una scelta assunta unilateralmente dalla Regione, al di fuori del percorso condiviso con lo Stato, trasfuso nell’intesa sottoscritta nel 2009 e che ha condotto al disciplinare aggiornato, sottoscritto in data 8 giugno 2016.
In particolare, il ricorrente stigmatizza il fatto che la Regione Abruzzo ha ridotto i confini del parco naturale regionale Sirente Velino nelle more dell’approvazione del piano paesaggistico oggetto di accordo con il Ministero della cultura.
1.2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha, altresì, impugnato l’art. 3 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021, che, sostituendo i commi da 2 a 26 dell’art. 3 della legge reg. Abruzzo n. 42 del 2011, reca una nuova disciplina degli organi dell’ente parco, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione agli artt. 22, comma 1, lettera c), 23 e 24, comma 1, della legge n. 394 del 1991.
In particolare, sarebbe violato l’art. 24, comma 1, della legge n. 394 del 1991, che rimette allo statuto di ciascun parco regionale il compito di prevedere «una differenziata forma organizzativa, indicando i criteri per la composizione del consiglio direttivo, la designazione del presidente e del direttore, i poteri del consiglio, del presidente e del direttore, la composizione e i poteri del collegio dei revisori dei conti e degli organi di consulenza tecnica e scientifica, le modalità di convocazione e di funzionamento degli organi statutari, la costituzione della comunità del parco».
La norma regionale impugnata finirebbe invece con l’assorbire in larga parte i contenuti dello statuto del parco, stabilendo direttamente i criteri per la composizione degli organi del parco, nonché i relativi poteri, e determinando così una sostanziale e indebita spoliazione delle potestà regolamentari della comunità locale da parte del legislatore regionale.
Ne discenderebbe l’inosservanza dei principi fondamentali in tema di disciplina delle aree naturali protette regionali e, in particolare, di quelli che prescrivono la partecipazione degli enti locali interessati (art. 22, comma 1, lettera c, della legge n. 394 del 1991) e l’acquisizione del «parere della Comunità del parco» (art. 9, comma 8-bis, della medesima legge) nel procedimento di formazione dello statuto dell’ente parco.
La norma impugnata conterrebbe, invece, una «disciplina uniforme», in quanto tale non idonea ad adattarsi alle specificità dell’area del parco, con conseguente compromissione dello standard minimo di tutela dell’ambiente prescritto dal legislatore statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. (sono richiamate, tra le altre, le sentenze di questa Corte n. 134 del 2020 e n. 282 del 2000).
Il mancato coinvolgimento degli enti locali costituirebbe, quindi, «un vizio della fase procedimentale», che inficerebbe la validità della legge provvedimento con cui essa è stata conclusa.
Al riguardo, la difesa statale sottolinea come la disciplina delle aree protette rientri nella competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente ex art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. e sia contenuta nella legge n. 394 del 1991, recante, altresì, i principi fondamentali per la disciplina delle aree naturali protette regionali, ai quali le regioni sono chiamate ad adeguarsi.
Pertanto, il legislatore regionale, in ambito di aree protette e nelle materie di sua competenza, potrebbe soltanto determinare maggiori livelli di tutela, ma non derogare alla legislazione statale (sono citate le sentenze di questa Corte n. 44 del 2011, n. 193 del 2010, n. 61 del 2009 e n. 232 del 2008).
1.3.– Sono, da ultimo, impugnati i commi 2, lettera c), e 3 dell’art. 8 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021 (recte: l’art. 8 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021, nella parte in cui ha sostituito il comma 2, lettera c, e introdotto il comma 3 dell’art. 12 della legge reg. Abruzzo n. 42 del 2011) per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere g), h) ed l), Cost., in relazione agli artt. 55 e 57, commi 1 e 2, cod. proc. pen., agli articoli da 133 a 141 TULPS e all’art. 254 del regolamento di esecuzione TULPS.
Le norme impugnate prevedono, rispettivamente, che «ad apposite guardie del parco assegnate all’Ente Parco» è attribuita «la qualifica di agente di polizia giudiziaria di cui all’articolo 57 del codice di procedura penale con apposito decreto prefettizio nei limiti territoriali dell’area protetta di competenza» (comma 2, lettera c) e che questo personale «svolge il proprio servizio in divisa ed è munito di tesserino di riconoscimento rilasciato dall’Ente Parco» (comma 3).
Quanto alla prima norma, il ricorrente rileva che ufficiali o agenti di polizia giudiziaria possono essere solo i soggetti indicati nell’art. 57, commi 1 e 2, cod. proc. pen., nonché quelli a cui le leggi e i regolamenti attribuiscono le funzioni di cui all’art. 55 del medesimo codice. Una legge regionale non può infatti conferire siffatta qualifica, in considerazione della competenza legislativa esclusiva statale in materia di ordine pubblico e sicurezza e di ordinamento e giurisdizione penale (art. 117, secondo comma, lettere h ed l, Cost.).
La difesa statale aggiunge che l’impugnato comma 2, lettera c), violerebbe anche la competenza legislativa statale in materia di organizzazione amministrativa dello Stato (art. 117, secondo comma, lettera g, Cost.), poiché attribuirebbe al prefetto compiti non previsti dalla legislazione statale.
Inoltre, le previsioni di cui ai commi 2, lettera c), e 3, «ove si riferiscono alla figura e allo status della “guardia particolare giurata”», invaderebbero la competenza legislativa esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., cui si ricollega la disciplina dettata dagli articoli da 133 a 141 TULPS e dall’art. 254 del relativo regolamento di esecuzione.
2.– La Regione Abruzzo si è costituita in giudizio chiedendo che le questioni promosse siano dichiarate inammissibili e/o non fondate.
2.1.– Quanto alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021, la difesa regionale rileva, sotto il profilo della tutela ambientale, che la riduzione del perimetro del parco naturale regionale Sirente Velino consente comunque di rispettare gli obiettivi fissati dalla Strategia europea per la Biodiversità 2030, tra cui l’individuazione di zone protette comprendenti almeno il 30 per cento del territorio nazionale e, all’interno di queste, un terzo di zone «strettamente protette» (pari quindi al 10 per cento del territorio nazionale).
In particolare, secondo i dati riportati dalla Regione, oltre il 36 per cento del territorio regionale è sottoposto a diverse forme di tutela ambientale, in quanto:
a) più del 27 per cento della superficie regionale rientra nell’area dei parchi nazionali e regionali o nelle 25 riserve naturali regionali;
b) oltre il 35 per cento della superficie regionale rientra nei siti Natura 2000, alcuni dei quali ricadenti, in tutto o in parte, in aree naturali protette.
In dettaglio, dalla Tabella contenuta nell’atto di costituzione si evince che la percentuale di superficie delle aree protette era del 27,87 per cento prima della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021 ed è diventata del 27,25 per cento dopo l’entrata in vigore di quest’ultima.
La resistente precisa, altresì, che la superficie di territorio regionale protetta è comunque superiore al 30 per cento proposto dalla Commissione europea (essendo pari al 36,89 per cento) e che la riperimetrazione, oggetto della legge impugnata, incide per lo 0,62 per cento della somma delle aree protette tutelate ai sensi della legge n. 394 del 1991, ma non sul totale delle aree protette, comprensivo anche dei siti Natura 2000.
Con riguardo alla censura relativa al mancato coinvolgimento delle autonomie locali interessate dall’iter modificativo della superficie del parco, la Regione dichiara di essere intervenuta con atto legislativo in quanto il parco naturale regionale Sirente Velino è in stato di commissariamento dal 30 giugno 2015, a causa della scadenza naturale del Consiglio direttivo e della mancata approvazione della legge di riordino dell’ente. Per questa ragione non è stato possibile adottare né il piano del parco né il relativo regolamento attuativo.
Di qui l’urgenza di approvare una nuova legge regionale di riordino del parco che tenesse conto anche delle norme sul contenimento della spesa pubblica, attraverso la riduzione del numero dei componenti degli organi di vertice. Per le anzidette ragioni, i comuni ricadenti all’interno dell’area protetta avrebbero più volte chiesto l’intervento del legislatore regionale per la revisione dei confini e dell’organizzazione amministrativa del parco.
La resistente dà conto delle diverse riunioni che si sono susseguite tra la Regione e i comuni interessati a partire dall’11 febbraio 2016, precisando come la proposta originaria prevedesse una riduzione dell’area protetta di circa 11.870 ettari. Nella riunione del 17 luglio del 2019 tutti i componenti della comunità del parco (ad eccezione di tre comuni, di cui uno ha però aderito successivamente) hanno confermato la riperimetrazione proposta e hanno condiviso i contenuti del nuovo progetto di legge, che di fatto ricalca i principi già presenti e discussi nella riunione dell’11 febbraio 2016. La difesa regionale riferisce, altresì, dell’esito favorevole alla riperimetrazione ottenuto da un referendum svoltosi il 10 luglio 2019 nel Comune di Fagnano Alto.
La proposta di riperimetrazione è stata poi esaminata dal Servizio regionale foreste e parchi, che ha escluso dall’intervento la parte compresa nei territori dei Comuni di Rocca di Mezzo e di Rocca di Cambio, per la loro valenza naturalistica e per la mancata adozione dell’atto deliberativo del Consiglio comunale.
Con delibera della Giunta regionale n. 33/C del 15 giugno 2020, è stata quindi adottata la proposta di legge con la nuova riperimetrazione e la documentazione a corredo, dalla quale risulta che la riduzione dell’area protetta è di circa 8.000 ettari. A seguito dell’avvio dei lavori consiliari sul progetto di legge i comuni interessati alla riduzione hanno confermato le rispettive posizioni.
La Regione riferisce anche di una serie di ulteriori definizioni della perimetrazione del parco, sottolineando come la posizione delle associazioni ambientaliste su questa proposta sia rimasta fortemente critica, anche a seguito delle varie occasioni di concertazione.
Infine, il 18 maggio 2021 il Consiglio regionale ha approvato la nuova legge di disciplina del parco naturale regionale Sirente Velino, con una riduzione dell’area del parco di circa 6.400 ettari (a fronte degli 11.870 ettari inizialmente previsti).
Alla luce di tale ricostruzione, la difesa regionale ritiene non condivisibili le censure sollevate dal ricorrente in ordine al mancato coinvolgimento degli enti locali e ribadisce che le comunità locali interessate dal parco sono state coinvolte nella fase procedimentale propedeutica alla formazione e approvazione della legge e hanno partecipato attivamente alla stessa iniziativa legislativa di modifica territoriale, in base all’art. 4 della legge della Regione Abruzzo 21 giugno 1996, n. 38 (Legge-quadro sulle aree protette della Regione Abruzzo per l’Appennino Parco d’Europa).
L’utilizzo della legge regionale quale strumento per la revisione dei confini del parco non sarebbe, quindi, frutto di una mera scelta arbitraria della Regione, ma sarebbe sancito direttamente dalla legge regionale sopra citata, attuativa della legge statale in materia. Nel caso di specie, poi, la mancanza del piano del parco e il commissariamento dell’ente parco avrebbero configurato come «percorso obbligato» il ricorso alla legge per la revisione dei confini dell’area protetta.
La resistente aggiunge che, rispetto al giudizio definito da questa Corte con la sentenza n. 134 del 2020, il legislatore abruzzese, nell’approvare la legge regionale impugnata, avrebbe agito in modo conforme ai principi sanciti dalla legge n. 394 del 1991, assicurando la partecipazione di tutti gli enti locali coinvolti e di tutti i portatori di interesse in ogni singola fase del procedimento di approvazione della legge di revisione dei confini del parco.
Quanto al contrasto dell’art. 2 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021 con la direttiva 2009/147/CE, che, secondo il ricorrente, ha riconosciuto tutta l’area quale zona di protezione speciale nell’ambito della Rete Natura 2000, consentendo al parco naturale regionale Sirente Velino di percepire i finanziamenti della Commissione europea per la tutela dell’orso bruno marsicano, la difesa regionale osserva che, per l’implementazione del PATOM, cui ha aderito anche il parco oggetto della normativa impugnata, la Regione Abruzzo ha sottoscritto un accordo tra pubbliche amministrazioni il 6 agosto 2019 (APA PATOM 2019-2021). Questo accordo prevede la realizzazione di azioni prioritarie e sinergiche su un areale molto vasto, che ricomprende il territorio delle Regioni Abruzzo, Lazio, Molise, Marche e Umbria. La resistente aggiunge che sono stati al riguardo attivati livelli normativi di tutela molto alti per tutto il territorio, indipendentemente dall’espressa qualificazione di aree protette.
Quanto poi al livello di tutela delle aree che sono divenute esterne al perimetro del parco a seguito della normativa impugnata, la Regione precisa che la ZPS Sirente Velino non è stata modificata (e non poteva esserlo con legge regionale).
La Regione sottolinea, altresì, che il livello di tutela ambientale di questa ZPS è stato innalzato dalla Giunta regionale con delibera 27 dicembre 2016, n. 877, integrata con successiva delibera 25 maggio 2017, n. 279, che ha esteso alle ZPS il livello di protezione previsto per i SIC. Ciò avrebbe consentito di garantire «un livello alto di protezione ambientale e di tutela per habitat e specie» per quelle aree non più rientranti nel parco, ma che sono comunque ricomprese nelle ZPS.
Quanto al lamentato contrasto dell’art. 2 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021 con l’art. 6 del d.lgs. n. 152 del 2006 per la mancata previsione della VAS (richiesta per tutte le decisioni che determinano effetti sulle modalità d’uso di una certa area, provocandone un sostanziale cambiamento) e con l’art. 6 della direttiva 92/43/CE per la mancata sottoposizione del provvedimento alla VINCA, la Regione osserva che l’adozione della legge regionale impugnata è stata preceduta da una accurata valutazione sulla presenza, nell’area oggetto della riperimetrazione, di habitat e specie di interesse comunitario, nonché sul fatto che le aree sottratte al Parco sono comunque interne alla ZPS IT7110130 “Sirente Velino”, i cui confini restano inalterati con la vigenza di tutti i divieti e le misure prescrittive.
Sarebbero, pertanto, rispettate le finalità della direttiva 2001/42/CE, consistenti nel garantire un livello elevato di protezione dell’ambiente, con la conseguenza che non sarebbe necessaria la VAS. Resterebbe, comunque, obbligatoria l’attivazione della valutazione di incidenza per tutti i piani e i programmi, gli interventi e i progetti per i quali non sia stato già espresso un parere in tal senso. Infine, l’ente parco, rimanendo gestore della ZPS Sirente Velino, dovrebbe essere comunque consultato.
Ancora, le misure generali di conservazione per la tutela dei SIC e delle ZPS, adottate con le delibere della Giunta regionale sopra richiamate, avrebbero esteso le limitazioni e i vincoli, facendo sì che la rete di protezione per le Aree natura 2000 sia «uniforme e rafforzata». In definitiva, la permanenza della ZPS nell’area in oggetto consentirebbe di rispettare i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e nazionale.
Quanto alla censura del Governo per cui l’illegittimità costituzionale dell’art. 2 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021 discenderebbe dalla sottrazione dei territori prima rientranti nel parco alla tutela paesaggistica, oltre che a quella naturalistica (quali aree protette), la Regione Abruzzo sottolinea come questa Corte non abbia mai messo in discussione la facoltà delle Regioni non solo di modificare le aree protette regionali, ma addirittura di sopprimerle (è citata la sentenza n. 134 del 2020). Pertanto, la riperimetrazione di un parco regionale rientrerebbe nell’autonomia regionale di cui lo stesso parco è «tipica espressione».
In merito alla presunta violazione del principio di co-pianificazione obbligatoria imposto dal codice dei beni culturali e del paesaggio per le aree tutelate ex lege, la resistente rappresenta che la Regione Abruzzo non si è ancora dotata di un piano paesaggistico elaborato congiuntamente allo Stato. Pertanto, su questo piano e sulle relative prescrizioni di tutela deve ancora avvenire il confronto e la condivisione con gli uffici ministeriali competenti; di conseguenza, la norma impugnata non contrasterebbe con il principio di co-pianificazione.
La difesa regionale nega, inoltre, di aver perseguito, con la riperimetrazione del parco, l’intento di facilitare l’accesso al condono edilizio. L’unica finalità perseguita dal legislatore abruzzese sarebbe quella di rispondere alle esigenze locali e territoriali di revisione dei confini per espungere dal parco naturale regionale Sirente Velino aree limitate, caratterizzate da elementi di antropizzazione, e consentire l’uscita dell’ente parco dal commissariamento. Peraltro, la legge regionale impugnata non riaprirebbe né consentirebbe di riaprire i termini per le domande di condono edilizio, che, là dove presentate, dovrebbero essere comunque rigettate dai comuni interessati.
2.2.– Quanto alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021, la difesa regionale sostiene che i principi di carattere generale, contenuti nella legge n. 394 del 1991, lasciano un margine alla disciplina regionale di dettare le modalità ed i limiti entro i quali il parco, attraverso lo statuto, regola la propria forma organizzativa. Pertanto, nel rispetto dei suddetti principi, la competenza legislativa regionale può legittimamente spingersi fino ad adottare una disciplina di dettaglio sugli organi e sulle regole di funzionamento degli stessi.
Dopo aver richiamato la sentenza di questa Corte n. 134 del 2020, la resistente rileva che, nel presente giudizio, la disciplina organizzativa dell’ente parco non è contenuta in una legge regionale di carattere generale quale quella ligure di riordino delle aree protette (dichiarata costituzionalmente illegittima con la sentenza citata), ma in una legge ad hoc, specifica per il parco naturale regionale Sirente Velino e che peraltro tiene conto delle peculiarità e caratteristiche del territorio, anche con riferimento alla situazione attuale di commissariamento. Pertanto, la revisione organizzativa si sarebbe resa necessaria al fine di consentire l’uscita dell’ente parco dal commissariamento e di superare le problematiche che non hanno consentito allo stesso di operare efficacemente per la gestione del relativo territorio.
La difesa regionale conclude sottolineando come altre regioni abbiano approvato normative simili a quella qui in esame senza che siano state impugnate dal Governo.
2.3.– Infine, la Regione non replica sulle censure mosse all’art. 8 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021.
3.– All’udienza, le parti hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni rassegnate nei rispettivi atti.
Considerato in diritto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2, 3 e 8 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021, in riferimento, complessivamente, agli artt. 2, 3, 9, secondo comma, 97 e 117, secondo comma, lettere g), h), l), m) ed s), Cost., in relazione: agli artt. 9, commi 8-bis e 9, 22, comma 1, lettere a) e c), 23 e 24, comma 1, della legge n. 394 del 1991; all’art. 6 del d.lgs. n. 152 del 2006; alla direttiva 2009/147/CE; alla direttiva 2001/42/CE; all’art. 6, comma 3, della direttiva 92/43/CEE, come recepito dall’art. 6 del d.P.R. n. 120 del 2003, che ha sostituito l’art. 5 del d.P.R. n. 357 del 1997; agli artt. 135, 140, comma 2, 142, comma 1, lettere c), d), f) e g), 143, commi 1, lettera c), e 9, 145, commi 3 e 5, 167, comma 4, e 181 cod. beni culturali; alla legge n. 47 del 1985; all’art. 32, comma 27, del d.l. n. 269 del 2003, come convertito; agli artt. 55 e 57, commi 1 e 2, cod. proc. pen.; agli articoli da 133 a 141 TULPS e all’art. 254 del regolamento di esecuzione TULPS.
1.1.– La legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021 ha novellato una serie di disposizioni della legge reg. Abruzzo n. 42 del 2011. In particolare, per quel che rileva in questa sede: l’art. 2 della prima legge regionale ha sostituito l’art. 2 della seconda; l’art. 3 della prima ha modificato l’art. 3 della seconda; l’art. 8 della prima ha sostituito l’art. 12 della seconda.
In merito a quest’ultima disposizione, è necessario precisare che l’impugnato art. 8 si compone di un solo comma; pertanto, la censura rivolta dal Presidente del Consiglio dei ministri ai commi 2 e 3 dell’art. 8 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021 deve intendersi riferita all’art. 8 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021, nella parte in cui ha sostituito il comma 2 e introdotto il comma 3 dell’art. 12 della legge reg. Abruzzo n. 42 del 2011.
La legge regionale oggetto dell’odierno giudizio reca – come si evince già dal suo titolo – una nuova disciplina del parco naturale regionale Sirente Velino, apportando, tra le altre, due innovazioni di rilievo: per un verso, la riperimetrazione del parco, con riduzione della sua area di circa 6.400 ettari (art. 2); per altro verso, una nuova disciplina degli organi di governo dell’ente parco (art. 3). Su tali due profili si appuntano due dei tre gruppi di censure mosse dal Presidente del Consiglio dei ministri. Il terzo gruppo attiene invece alla qualifica di agente di polizia giudiziaria che la legge impugnata assegna alle guardie del parco (art. 8).
1.2.– Sempre in via preliminare, si impone una breve ricostruzione delle vicende che hanno riguardato il parco naturale regionale Sirente Velino.
L’area protetta de qua, oggetto di disciplina da parte della legge impugnata, costituisce, in Abruzzo, l’unico parco regionale, che si colloca accanto ai tre parchi nazionali insistenti sul territorio regionale (il parco d’Abruzzo Lazio e Molise, istituito nel 1923, il parco del Gran Sasso e il parco della Maiella, istituiti entrambi nel 1991).
Le prime proposte per l’istituzione del parco naturale regionale Sirente Velino risalgono già alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso. Solo alla fine degli anni Ottanta è stata però approvata la legge della Regione Abruzzo 13 luglio 1989, n. 54 (Istituzione del Parco Naturale Regionale del Sirente-Velino). Nel 1996 il legislatore abruzzese ha approvato la legge della Regione Abruzzo 21 giugno 1996, n. 38 (Legge-quadro sulle aree protette della Regione Abruzzo per l’Appennino Parco d’Europa). I confini del parco sono stati modificati una prima volta nel 2000 con la legge della Regione Abruzzo 7 marzo 2000, n. 23 (Parco naturale regionale «Sirente-Velino»: adeguamento alla L.R. 21 giugno 1996, n. 38 e revisione dei confini). Infine, il legislatore abruzzese è nuovamente intervenuto sulla disciplina del parco con la legge reg. Abruzzo n. 42 del 2011, sul cui tessuto normativo si innestano le modifiche operate dalla legge regionale oggetto dell’odierno giudizio.
Da quanto riferiscono le parti, si apprende che nel 2015 l’ente parco è stato commissariato. Non risulta inoltre essere mai stato approvato il piano per il parco, che, ai sensi dell’art. 25 della legge n. 394 del 1991, costituisce uno degli strumenti di attuazione delle finalità del parco naturale regionale, unitamente al piano pluriennale economico e sociale per la promozione delle attività compatibili. Il piano per il parco è adottato dall’organismo di gestione del parco ed è approvato dalla regione.
1.3.– Tornando alle ragioni di impugnativa, il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene che l’art. 2 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021 – che, al comma 1, prevede una nuova perimetrazione del parco naturale regionale Sirente Velino e rinvia per la definizione dei nuovi confini alla cartografia allegata alla stessa legge (Allegato 1) – violi plurimi parametri costituzionali e altrettante norme interposte, statali e dell’Unione europea.
Le censure mosse dal ricorrente investono l’art. 2, sia «sotto il profilo della tutela ambientale», sia «sotto il profilo della tutela paesaggistica», e riguardano, sia l’aspetto contenutistico-sostanziale delle modifiche apportate dal legislatore regionale, sia quello più propriamente procedimentale, dal quale, per la sua priorità logica, conviene prendere le mosse.
La difesa erariale lamenta, in particolare, il mancato rispetto del procedimento previsto dagli artt. 22, comma 1, lettere a) e c), e 23, comma 1, della legge n. 394 del 1991, ritenendo che la variazione dei confini operata dalla norma impugnata, che riduce l’estensione dell’area protetta, sia avvenuta senza la partecipazione degli enti locali interessati, in violazione del principio procedimentale del necessario coinvolgimento delle autonomie locali, stabilito dai citati artt. 22 e 23 della legge quadro.
Come si deduce dalla sintesi delle ragioni di impugnativa, ad essere oggetto delle odierne questioni di legittimità costituzionale non è l’insieme delle disposizioni recate dal citato art. 2 ma sono esclusivamente i suoi commi 1 e 2, recanti, appunto, la nuova definizione dei confini del parco naturale regionale Sirente Velino per il tramite del rinvio alla cartografia allegata alla legge (comma 1) e la conseguente individuazione dei Comuni sul cui territorio insiste l’area del parco (comma 2). Si deve ritenere, dunque, che, nonostante il ricorso investa genericamente l’intero art. 2, l’esame di questa Corte non riguardi i commi 3, 4 e 5 dell’art. 2, che disciplinano altri profili.
1.3.1.– Così circoscritta, la censura è fondata nella parte in cui contesta l’inosservanza, nel procedimento di formazione della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021, di quanto previsto all’art. 22, comma 1, lettera a), della legge n. 394 del 1991.
Occorre chiarire, innanzitutto, che l’intervento di riperimetrazione, effettuato dalla Regione Abruzzo con la disposizione contestata, deve essere correttamente qualificato nei termini di una riperimetrazione provvisoria, ossia come intervento di modifica della perimetrazione provvisoria, a suo tempo operata in sede di istituzione del parco ai sensi dell’art. 23, comma 1, della legge n. 394 del 1991. Come esposto sopra ripercorrendone le vicende istitutive e i successivi sviluppi, invero, il parco naturale regionale Sirente Velino non risulta ancora dotato di piano del parco – strumento di attuazione delle finalità del parco, giusta quanto previsto all’art. 25 della legge n. 394 del 1991 – e dunque nemmeno di una perimetrazione definitiva.
Pertanto, la disciplina procedimentale di riferimento per il caso di specie non è quella propria della modifica del perimetro (definitivo) individuato dal piano del parco. Ipotesi, questa, cui si riferisce la giurisprudenza costituzionale citata dalla difesa erariale, secondo la quale anche una legge provvedimento regionale può modificare la perimetrazione di piano a condizione che sia garantita la partecipazione degli enti locali interessati (sentenze n. 221 e n. 115 del 2022, n. 276 e n. 134 del 2020).
Nel caso in esame, si tratta invece della diversa ipotesi della modifica di un elemento della legge istitutiva dell’area protetta regionale non ancora pianificata, con la conseguenza che, in virtù del principio del contrarius actus, trova applicazione per esso la medesima disciplina – contenuta all’art. 23 della legge n. 394 del 1991 e, per il rinvio ad opera di quest’ultimo, segnatamente al comma 1, lettera a), del precedente art. 22 – che regola il procedimento istitutivo del parco.
Deve essere quindi condivisa l’affermazione della difesa regionale secondo cui la scelta dell’atto legislativo come strumento per la riperimetrazione del parco costituiva un percorso obbligato, giacché, mancando il piano e non essendo in discussione la sua adozione, non vi è dubbio che la riperimetrazione stessa non poteva che avvenire tramite legge regionale.
Ciò che tuttavia non risulta rispettato, nel procedimento che ha condotto all’approvazione della previsione regionale impugnata, è l’obbligo di partecipazione “qualificata” delle province, delle comunità montane e dei comuni previsto dalla citata lettera a) del comma 1 dell’art. 22, secondo cui «[t]ale partecipazione si realizza […] attraverso conferenze per la redazione di un documento di indirizzo relativo all’analisi territoriale dell’area da destinare a protezione, alla perimetrazione provvisoria, all’individuazione degli obiettivi da perseguire, alla valutazione degli effetti dell’istituzione dell’area protetta». Un coinvolgimento “rinforzato”, dunque, che non si esaurisce nella semplice «partecipazione degli enti locali interessati», prevista dalla lettera c) del comma 1 dell’art. 22 della legge n. 394 del 1991 per la «gestione dell’area protetta», ma esige il rispetto di tutte le specifiche condizioni e modalità di partecipazione analiticamente individuate alla detta lettera a) del comma 1 dell’art. 22.
Più precisamente, non risulta che siano state effettuate le prescritte «conferenze per la redazione di un documento di indirizzo relativo all’analisi territoriale dell’area da destinare a protezione», né che tale documento d’indirizzo sia stato predisposto, né ancora che siano state operate l’«analisi territoriale», l’«individuazione degli obiettivi da perseguire» e la «valutazione degli effetti dell’istituzione dell’area protetta sul territorio», sulla cui base espressamente «si realizza» la partecipazione, secondo quello che la legge quadro statale sulle aree protette qualifica espressamente come principio fondamentale per la disciplina delle aree naturali protette regionali.
La difesa regionale ha dimostrato, attraverso la produzione delle delibere dei Consigli comunali, dei verbali delle riunioni della Comunità del parco e di altri atti idonei a tale scopo, che, in effetti, un coinvolgimento degli enti sui cui territori insiste l’area del parco vi è stato. Tuttavia, né da tale documentazione, né da altro elemento addotto dalla difesa della resistente, risulta in alcun modo che siano state rispettate le specifiche condizioni procedimentali fissate dall’art. 22, comma 1, lettera a), a garanzia della prescritta “qualificata” partecipazione delle autonomie alla scelta di riperimetrazione dell’area.
Si tratta di condizioni dirette, all’evidenza, a far sì che la partecipazione degli enti locali interessati all’istruttoria sia effettivamente idonea a incidere sulla scelta da assumere all’esito del procedimento di istituzione del parco (e di sua modifica). Ciò che a sua volta presuppone che la stessa istruttoria si fondi su una corretta rappresentazione fattuale delle aree su cui si interviene, operata tramite un’adeguata analisi territoriale, e che le finalità perseguite corrispondano a obiettivi preventivamente individuati e tengano conto degli effetti previsti, così come pretende la logica di ogni corretta scelta pubblica, prima ancora che l’art. 22, comma 1, lettera a), della legge n. 394 del 1991.
Tutto questo è mancato nel procedimento di formazione della decisione regionale di riperimetrazione provvisoria del parco naturale regionale Sirente Velino, sicché si deve concludere che l’art. 2, commi 1 e 2, della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021 viola l’art. 22, comma 1, lettera a), della legge n. 394 del 1991 e, per il suo tramite, l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., al cui ambito di competenza sono riconducibili le previsioni della citata legge quadro statale sulle aree naturali protette (tra le tante, sentenze n. 115 del 2022, n. 251 del 2021, n. 276 e n. 134 del 2020, n. 290 e n. 180 del 2019, n. 121 del 2018, n. 74 e n. 36 del 2017).
Deve essere quindi dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, commi 1 e 2, della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021.
Restano assorbite le ulteriori censure promosse nei confronti della medesima norma.
1.4.– Il ricorrente ha impugnato anche l’art. 3 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021, che reca una nuova disciplina degli organi dell’ente parco. Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri sarebbe violato l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione agli artt. 22, comma 1, lettera c), 23 e 24, comma 1, della legge n. 394 del 1991, perché la norma impugnata, «assorbe[ndo] in larga parte i contenuti dello statuto del Parco regionale», fisserebbe direttamente i criteri per la composizione degli organi del parco, nonché i relativi poteri, e determinerebbe «un’indebita spoliazione delle potestà regolamentari della comunità locale da parte del Consiglio regionale, laddove tale regolamentazione deve essere demandata allo Statuto».
L’impugnato art. 3 ha sostituito i commi da 2 a 26 dell’art. 3 della legge reg. Abruzzo n. 42 del 2011 con i nuovi commi da 2 a 31, introducendo una disciplina articolata e assai dettagliata sulla costituzione e sul funzionamento degli organi dell’ente parco.
In particolare: i nuovi commi 3, 4, 5, 13, 30 e 31 disciplinano la nomina, i poteri, l’indennità e le cause di incompatibilità del presidente; i nuovi commi 6, 7, 8, 9, 10, 12, 14, 30 e 31 regolano la composizione, la nomina, la durata in carica, le competenze, il gettone di presenza, il rimborso spese e le cause di incompatibilità dei membri del Consiglio direttivo; i nuovi commi 11 e 14 disciplinano le funzioni e il gettone di presenza del vicepresidente; i nuovi commi 15, 16, 17, 18, 19 e 20 regolano la composizione, i compiti, il funzionamento, i rimborsi spese e le cause di incompatibilità della Comunità del parco e dei suoi componenti; infine, i commi 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 30 e 31 disciplinano la nomina, i compiti, la durata in carica, il compenso e le cause di incompatibilità del Revisore unico.
1.4.1.– Nelle more del presente giudizio, sul testo dell’art. 3 della legge reg. Abruzzo n. 42 del 2011 è intervenuto l’art. 7, comma 1, lettere a) e b), della legge della Regione Abruzzo 11 gennaio 2022, n. 1 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e ulteriori disposizioni urgenti), che ha sostituito i commi da 3 a 17 e abrogato i commi da 18 a 31, a decorrere dal 15 gennaio 2022. Le disposizioni impugnate sono state quindi in vigore dal 10 giugno 2021 al 14 gennaio 2022.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la modifica della norma impugnata in via principale, intervenuta in pendenza di giudizio, determina la cessazione della materia del contendere qualora il sopravvenuto intervento legislativo abbia un carattere satisfattivo delle pretese avanzate con il ricorso e a condizione che la norma impugnata non abbia ricevuto applicazione medio tempore (ex plurimis, sentenze n. 222, n. 200, n. 187, n. 112, n. 92, n. 24 e n. 23 del 2022).
Nel caso in esame, a prescindere dalla verifica del carattere satisfattivo delle modifiche introdotte (peraltro, di difficile svolgimento in ragione della quantità delle modifiche operate), l’assenza di deduzioni sulla mancata applicazione medio tempore del testo originario, anche in considerazione del tempo di vigenza (sette mesi), esclude la cessazione della materia del contendere (da ultimo, sentenza n. 187 del 2022).
Devono quindi essere esaminate le censure promosse nei confronti dell’art. 3 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021, nella parte in cui ha modificato l’art. 3 della legge reg. Abruzzo n. 42 del 2011.
1.4.2.– Le questioni sono inammissibili.
A fronte del numero particolarmente elevato delle nuove disposizioni introdotte dall’art. 3 impugnato e del loro variegato contenuto, il ricorso propone un’unica e indifferenziata censura, rivolta cumulativamente e indistintamente a tutte le previsioni in esso contenute, fondata su una pretesa invasione ad opera della legge regionale di aspetti della materia dell’organizzazione e del funzionamento del parco che sarebbero riservati invece, in base alla normativa quadro statale, alla disciplina dello statuto dell’ente.
La circostanza che le disposizioni oggetto del ricorso statale siano genericamente accomunate dal fatto di riguardare l’organizzazione dell’ente non esime chi le contesta dall’onere di motivare specificamente, con riferimento a ciascuna di esse, la ricorrenza della indicata ragione di impugnativa e i termini della sua incidenza su ognuna, e di precisare il motivo per il quale ciascuna previsione sarebbe riconducibile all’ambito della competenza statutaria (cioè dello statuto del parco) e non rientrerebbe invece nella competenza del legislatore regionale. Oppure, muovendo dalla prospettiva opposta, il ricorrente dovrebbe farsi carico di dimostrare la sussistenza, per tutte, di una eadem ratio tale da giustificare una censura unitaria.
L’impugnativa è del tutto carente al riguardo, mentre, per costante giurisprudenza di questa Corte, «nella impugnazione in via principale, il ricorrente non solo deve, a pena di inammissibilità, individuare l’oggetto della questione proposta (con riferimento alla normativa che censura ed ai parametri che denuncia violati), ma ha anche l’onere (da considerare addirittura più pregnante rispetto a quello sussistente nei giudizi incidentali […]) di esplicitare una motivazione chiara ed adeguata in ordine alle specifiche ragioni che determinerebbero la violazione dei parametri che assume incisi» (sentenza n. 221 del 2022; ex plurimis, sentenze n. 135, n. 119 e n. 117 del 2022).
Per queste ragioni si deve concludere per l’inammissibilità delle questioni promosse nei confronti dell’art. 3 della legge regionale impugnata.
1.5.– Da ultimo, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 8 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021, di cui afferma di censurare in particolare i commi 2 e 3.
Si è già detto che oggetto delle odierne questioni di legittimità costituzionale è, in realtà, l’art. 8 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021, nella parte in cui ha sostituito il comma 2 e introdotto il comma 3 dell’art. 12 della legge reg. Abruzzo n. 42 del 2011. I due commi prevedono rispettivamente che la sorveglianza sul territorio del parco è affidata «ad apposite guardie del parco assegnate all’Ente Parco cui è attribuita la qualifica di agente di polizia giudiziaria di cui all’articolo 57 del codice di procedura penale con apposito decreto prefettizio nei limiti territoriali dell’area protetta di competenza» (comma 2, lettera c), e che «[il] personale di cui alle lettere c) e d) del comma 2 svolge il proprio servizio in divisa ed è munito di tesserino di riconoscimento rilasciato dall’Ente Parco» (comma 3).
Secondo il ricorrente, sarebbe violato l’art. 117, secondo comma, lettere g), h) e l), Cost., in relazione agli artt. 55 e 57, commi 1 e 2, cod. proc. pen., agli articoli da 133 a 141 TULPS e all’art. 254 del regolamento di esecuzione TULPS, perché sarebbe attribuita, con legge regionale, la qualifica di agente di polizia giudiziaria e sarebbero assegnati al prefetto compiti non previsti dalla legge statale.
1.5.1.– Nelle more del presente giudizio, l’art. 7, comma 1, lettera d), della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2022 ha disposto l’abrogazione della lettera c) del comma 2 dell’art. 12 della legge reg. Abruzzo n. 42 del 2011, che è pertanto rimasto in vigore, nel testo sostituito dalla disposizione oggetto dell’odierno giudizio, dal 10 giugno 2021 al 14 gennaio 2022.
Gli effetti di siffatta abrogazione devono essere valutati alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte, richiamata nel punto 1.4.1.
Nel caso in esame, la sopravvenuta abrogazione è senz’altro satisfattiva rispetto alle doglianze che avevano originato l’impugnativa, ma l’assenza di deduzioni sulla mancata applicazione medio tempore del testo originario, anche in considerazione del tempo di vigenza (sette mesi), esclude la cessazione della materia del contendere (da ultimo, sentenza n. 187 del 2022).
Devono quindi essere esaminate le censure promosse nei confronti dell’art. 8 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021, nella parte in cui ha sostituito il comma 2, lettera c), dell’art. 12 della legge reg. Abruzzo n. 42 del 2011.
1.5.2.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 8 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021, nella parte in cui ha sostituito il comma 2, lettera c), dell’art. 12 della legge reg. Abruzzo n. 42 del 2011, promossa per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., è fondata.
Questa Corte ha già avuto occasione di affermare che la competenza a riconoscere la qualifica di agente di polizia giudiziaria è «“riservata a leggi e regolamenti che debbono essere, in quanto attinenti alla sicurezza pubblica, esclusivamente di fonte statale” (sentenza n. 185 del 1999)» (sentenze n. 82 del 2018 e n. 167 del 2010; nello stesso senso, sentenze n. 8 del 2017 e n. 35 del 2011). Ciò, perché le funzioni in esame ineriscono all’ordinamento processuale penale, che configura la polizia giudiziaria «come soggetto ausiliario di uno dei soggetti del rapporto triadico in cui si esprime la funzione giurisdizionale (il pubblico ministero)» (così, in particolare, le sentenze n. 8 del 2017 e n. 35 del 2011).
Deve essere quindi dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 8 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021, nella parte in cui ha sostituito il comma 2, lettera c), dell’art. 12 della legge reg. Abruzzo n. 42 del 2011, limitatamente al periodo in cui è stata in vigore (dal 10 giugno 2021 al 14 gennaio 2022).
Sono assorbite le ulteriori censure promosse nei confronti della medesima norma.
1.5.3.– Quanto alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 8 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021, nella parte in cui ha introdotto il comma 3 dell’art. 12 della legge reg. Abruzzo n. 42 del 2011, deve preliminarmente essere delimitato il thema decidendum.
L’impugnativa promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri presenta, nell’articolazione del ricorso, un carattere ancillare rispetto a quella avente ad oggetto lo stesso art. 8, nella parte in cui ha sostituito il comma 2, lettera c), dell’art. 12 della legge reg. Abruzzo n. 42 del 2011.
Si deve pertanto ritenere che oggetto delle censure statali sia il solo riferimento, contenuto nella norma impugnata, al personale di cui alla lettera c) del comma 2, con la conseguenza che la declaratoria di illegittimità costituzionale di quest’ultima disposizione conduce a ritenere fondata anche la questione rivolta al comma 3 qui in esame, nella parte in cui fa riferimento al personale di cui «alle lettere c) e d)» del comma 2, anziché «alla lettera d)» del medesimo comma 2.
Peraltro, è da rilevare che l’art. 7, comma 1, lettera d), della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2022 ha disposto l’abrogazione della lettera c) del comma 2 dell’art. 12 della legge reg. Abruzzo n. 42 del 2011, ma non anche del comma 3 del medesimo art. 12 nella parte in cui fa riferimento al personale di cui alla lettera c), che pertanto continua a essere in vigore.
In questi limiti deve quindi essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dall’art. 8 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021, nella parte in cui ha introdotto il comma 3 dell’art. 12 della legge reg. Abruzzo n. 42 del 2011, là dove fa riferimento al personale di cui «alle lettere c) e d)» del comma 2, anziché «alla lettera d)» del medesimo comma 2.