Ritenuto in fatto
1.− Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, ha impugnato gli artt. 1, comma 2, 3, 4, commi 1, lettera b), e 2, e 6 della legge della Regione Liguria 10 novembre 2017, n. 25 (Qualificazione e tutela dell’impresa balneare), denunciandone il contrasto con l’articolo 117, commi primo e secondo, lettere e) e s), della Costituzione.
1.1.– In particolare, l’art. 1, comma 2, della legge regionale impugnata – per il quale «[…] le imprese balneari liguri, così come definite all’art. 2, in quanto connotanti il paesaggio costiero costituiscono un elemento del patrimonio storico culturale e del tessuto sociale della Regione» – violerebbe, secondo il ricorrente:
a) l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., per invasione della competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, in quanto volto a «precostituire un titolo preferenziale alle (esistenti) imprese balneari liguri nelle future procedure di selezione dei concessionari del demanio marittimo per finalità turistico ricreative»;
b) l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., per invasione anche della competenza esclusiva statale in materia di tutela dei beni culturali, in ragione della «attribuzione in via astratta e aspecifica a tutte le imprese liguri della qualifica di “elemento del patrimonio storico culturale”»;
c) l’art. 117, primo comma, Cost., poiché il titolo preferenziale, nei successivi affidamenti, riconosciuto alle imprese balneari già attive nel territorio ligure, innescherebbe un contrasto con l’art. 12, paragrafo 2, della direttiva 12 dicembre 2006, n. 2006/123/CE (direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai servizi del mercato interno), recepita dall’art. 16, comma 4, del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno).
1.2.– L’art. 3 della legge regionale stessa – con lo stabilire che «[l]a Regione […] prevede una specifica disciplina per il rilascio delle concessioni alle imprese balneari liguri […]», e che i comuni individuino «le aree destinate alle imprese che soddisfano i requisiti di cui all’art. 2» – violerebbe, a sua volta, l’art. 117, primo e secondo comma, lettera e), Cost., per ragioni analoghe a quelle individuate in relazione al precedente art. 1, comma 2.
1.3.– L’art. 4, commi 1, lettera b), e 2 – per il quale «1. La Regione, in ambito turistico promozionale, attiva azioni ed iniziative tese a […] realizzare un marchio di qualità quale elemento distintivo per promuovere e tutelare l’impresa balneare ligure in quanto attività radicata nel territorio regionale e rappresentante parte della cultura e storia locale. 2. Con atto della Giunta regionale sono stabiliti criteri e modalità di rilascio del marchio di cui al comma 1» – vulnererebbe, sotto altro profilo:
a) l’art. 117, secondo comma, lett. e), Cost., invadendo la competenza riservata allo Stato in materia di tutela della concorrenza, giacché, pur riferendosi a “servizi” e non a “prodotti”, tale disciplina sarebbe diretta «ad orientare la preferenza del mercato verso una determinata categoria [di prodotti], qualificata dal mero territorio di provenienza»;
b) l’art. 117, primo comma, Cost., essendo, quella introdotta, una misura «istitutiva di un segno distintivo riservata a prodotti (o a servizi) di origine locale», suscettibile di «ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari» e, quindi, in contrasto con i Trattati, «per gli effetti restrittivi sulla libera circolazione delle merci o dei servizi tra Stati membri che essa determina».
1.4.– Infine, il censurato art. 6 – con il disporre che «[i]n qualsiasi caso è riconosciuto l’indennizzo del valore aziendale, il titolare dell’impresa balneare ligure può a sua cura e spese dotarsi di una perizia giurata redatta da un tecnico abilitato con la quale viene individuato il valore complessivo dell’azienda, costituito, oltre che dal patrimonio aziendale, dall’avviamento» – violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., poiché, presupponendo il «successivo riconoscimento di tale valore nei confronti dei terzi, ivi comprese le amministrazioni pubbliche», contrasterebbe con l’esigenza di garantire la parità di trattamento e l’uniformità delle condizioni del mercato sull’intero territorio nazionale.
2.– Si è costituita la Regione Liguria, che ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità delle censure rivolte al comma 2 dell’art. 3 della legge in esame – per asserita eccedenza dal mandato conferito dal Presidente del Consiglio dei ministri, circoscritto al solo comma 1 di detta norma – e l’inammissibilità di quelle relative al successivo art. 4, per ritenuta genericità della correlativa formulazione.
Nel merito, la Regione ha contestato, comunque, la fondatezza di tutte le questioni prospettate dal ricorrente.
All’uopo ha sostenuto che:
la disciplina recata dalla propria legge n. 25 del 2017 non sarebbe «affatto volta a tutelare i concessionari già operanti a scapito degli altri», né sarebbe «suscettibile di ostacolare in alcun modo la partecipazione alle procedure per il rilascio delle concessioni in parola da parte di soggetti che abbiano sede fuori dalla Liguria o all’estero»;
detta normativa, diretta invece a tutelare le imprese balneari liguri «in quanto elemento del patrimonio storico culturale e del tessuto sociale della Regione», sarebbe, inoltre, «perfettamente (e pacificamente) conforme all’art. 12, par. 3, della Direttiva n. 2006/123 (c.d. Direttiva Servizi […]), a mente del quale “Stati membri possono tenere conto, nello stabilire le regole della procedura di selezione, di […] obiettivi di […] salvaguardia del patrimonio culturale […]»;
quanto al «marchio» istituito dall’art. 4, questo non sarebbe volto a «fornire un vantaggio competitivo alle imprese attualmente operanti sul territorio ligure, erigendo un ostacolo all’ingresso nel mercato degli operatori non liguri», poiché, ai fini della sua attribuzione, non verrebbe dato alcun rilievo alla provenienza dei concessionari, avendo quel marchio come unico obiettivo quello della «promozione del modello ligure di insediamento balneare»;
infine, la disposizione di cui all’art. 6, «secondo una sua corretta ermeneutica», non si proporrebbe di disciplinare i casi in cui il titolare dell’impresa balneare ha titolo a ricevere l’indennizzo, ma intenderebbe «delineare le modalità procedimentali attraverso le quali pervenire alla commisurazione di tale indennizzo».
3.– Sia il ricorrente Presidente del Consiglio che la resistente Regione Liguria hanno anche depositato memoria ad ulteriore illustrazione dei rispettivi assunti.
Considerato in diritto
1.– Con il ricorso in epigrafe, il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 2, 3, 4, commi 1, lettera b), e 2, e 6 della legge della Regione Liguria 10 novembre 2017, n. 25 (Qualificazione e tutela dell’impresa balneare), per contrasto con gli articoli 117, primo e secondo comma, lettere e) ed s), della Costituzione.
1.1.– L’art. 1, comma 2, della così impugnata legge regionale, stabilisce che «[a]i sensi e per gli effetti dell’art. 16 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della Direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno) e successive modificazioni e integrazioni le imprese balneari liguri, così come definite dall’art. 2, in quanto connotanti il paesaggio costiero costituiscono un elemento del patrimonio storico culturale e del tessuto sociale della Regione».
1.2.– L’art. 3 della stessa legge regionale, a sua volta, dispone che «1. La Regione, nel riconoscere il ruolo sociale, economico, turistico storico e culturale delle imprese balneari, nel Piano di utilizzazione delle aree del demanio marittimo (PUD) di cui all’art. 11 della legge regionale 28 aprile 1999, n. 13 (Disciplina delle funzioni in materia di difesa della costa, ripascimento degli arenili, protezione e osservazione dell’ambiente marino e costiero, demanio marittimo e porti) e successive modificazioni e integrazioni prevede una specifica disciplina per il rilascio delle concessioni alle imprese balneari liguri. 2. I comuni nella redazione del Progetto di utilizzo delle aree demaniali marittime di cui all’art. 11-bis della L.R. 13/1999 e successive modificazioni e integrazioni individuano le aree destinate alle imprese che soddisfano ai requisiti di cui all’art. 2».
1.3.– Il successivo art. 4, negli impugnati suoi commi 1, lettera b), e 2, prevede poi che «1. La Regione […] attiv[i] azioni ed iniziative tese a […] realizzare un marchio di qualità quale elemento distintivo per promuovere e tutelare l’impresa balneare ligure in quanto attività radicata nel territorio regionale e rappresentante parte della cultura e storia locale», e che «2. Con atto della Giunta regionale [siano] stabiliti criteri e modalità di rilascio del marchio di cui al comma 1».
1.4.– L’art. 6, infine, dispone che «[i]n qualsiasi caso è riconosciuto l’indennizzo del valore aziendale, il titolare dell’impresa balneare ligure può a sue spese dotarsi di una perizia giurata redatta da un tecnico abilitato con la quale viene individuato il valore complessivo dell’azienda, costituito, oltre che dal patrimonio aziendale, dall’avviamento».
1.5.– Tutte le riferite disposizioni violerebbero, secondo il ricorrente, l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., per invasione della competenza esclusiva dello Stato nella materia «tutela della concorrenza», per esserne obiettivo comune quello di costituire un titolo preferenziale alle (esistenti) «imprese balneari liguri», nelle future procedure di selezione dei concessionari del demanio marittimo per finalità turistico ricreative.
Gli artt. 1, comma 2, e 3, contrasterebbero, altresì, con l’art. 117, primo comma, in relazione all’art. 12, paragrafo 2, della direttiva 12 dicembre 2006, n. 2006/123/CE (direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa ai servizi nel mercato interno), trasposto nell’ordinamento interno dall’art. 16, comma 4, del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno).
Il solo art. 1, comma 2, della legge regionale in esame violerebbe, ad avviso del ricorrente, anche l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., per invasione della competenza esclusiva statale in materia di tutela dei beni culturali, in ragione della «attribuzione in via astratta e aspecifica a tutte le imprese liguri della qualifica di “elemento del patrimonio storico culturale”».
2.– Di ciascuna di tali questioni la Regione resistente ha contestato, nel merito, la fondatezza, preliminarmente eccependo l’inammissibilità di quelle concernenti l’art. 3, comma 2, e l’art. 4 della legge regionale stessa.
3.– Al fine di definire il perimetro delle questioni sottoposte alla verifica di compatibilità costituzionale, vengono preliminarmente in esame le eccezioni di inammissibilità formulate dalla resistente con riguardo alle questioni relative agli artt. 3, comma 2, e 4 della legge reg. Liguria n. 25 del 2017.
3.1.– La prima eccezione non è fondata.
È bensì vero, infatti, che la delibera del Consiglio dei ministri, autorizzativa dell’impugnazione, menzioni esplicitamente – come appunto dedotto dalla Regione – il solo comma 1 del suddetto art. 3. Ma vero è altresì che la correlativa motivazione richiama anche la disciplina dettata dal comma 2 (il Progetto, cioè, di utilizzo comunale delle aree demaniali), per poi investire d’impugnazione tale norma, che «riserva delle aree demaniali marittime in favore delle sole imprese balneari liguri», così palesando di aver inteso come esistente una complessiva norma rivolta a creare una posizione favorevolmente differenziata per le imprese balneari liguri.
3.2.– Del pari destituita di fondamento è anche la successiva eccezione di inammissibilità relativa alla questione che ha ad oggetto l’art. 4 della legge regionale impugnata.
Contrariamente a quanto asserito ex adverso, detta questione è formulata, infatti, in modo che ne rende chiaramente intellegibile il contenuto ed adeguato il supporto motivazionale.
4.– Nel merito, le quattro sollevate questioni di legittimità costituzionale risultano fondate, per contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., restando assorbita ogni altra censura.
4.1.– L’assetto normativo che fa da sfondo a tali questioni è già stato ampiamente delineato in recenti sentenze di questa Corte in tema di concessioni su beni in uso del demanio marittimo (sentenze n. 118 del 2018 e n. 157 del 2017).
È stato chiarito che le competenze relative al rilascio di siffatte concessioni sono state «conferite alle Regioni in virtù di quanto previsto dall’art. 105, comma 2, lettera l), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59)». E che «[l]e funzioni relative sono esercitate, di regola, dai Comuni in forza dell’art. 42 del decreto legislativo 30 marzo 1999, n. 96 (Intervento sostitutivo del Governo per la ripartizione di funzioni amministrative tra regioni ed enti locali a norma dell’articolo 4, comma 5, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni), rispetto ai quali le Regioni mantengono poteri di indirizzo» (sentenza n. 118 del 2018, che, con riferimento alle attività di impresa turistico-balneare, richiama il comma 6 dell’art. 11 della legge 15 novembre 2011, n. 217, recante «Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – Legge comunitaria 2010»).
È stato, per altro, anche già sottolineato e ribadito, dalla richiamata (e da precedente) giurisprudenza, che i criteri e le modalità di affidamento delle concessioni sui beni del demanio marittimo devono, comunque, essere stabiliti nel rispetto dei principi della libera concorrenza e della libertà di stabilimento, previsti dalla normativa comunitaria e nazionale, e corrispondenti ad ambiti riservati alla competenza esclusiva statale dall’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. (sentenze n. 118 e 109 del 2018, n. 157 e n. 40 del 2017, n. 171 del 2013 e n. 213 del 2011); competenza esclusiva, quest’ultima, nella quale le pur concorrenti competenze regionali trovano «un limite insuperabile» (sentenza n. 109 del 2018).
Dal che consegue che, nel disciplinare l’affidamento in concessione di detti beni demaniali, la legislazione regionale, anche se espressione di una correlata competenza primaria, è destinata a cedere il passo alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza ogni qualvolta l’oggetto della regolazione finisca per influire sulle modalità di scelta del contraente, ove si incida sull’assetto concorrenziale dei mercati in termini tali da restringere il libero esplicarsi delle iniziative imprenditoriali.
4.2.– La resistente esclude, come già riferito, che le censurate disposizioni invadano la competenza statuale nella materia «tutela della concorrenza».
E ciò per la ragione, ribadita anche in memoria, che la nozione di «impresa balneare ligure», cui queste fanno riferimento, non presupporrebbe necessariamente il requisito di una precedente attività in Liguria, ma definirebbe solo un «modello tipico di insediamento balneare», al quale potrebbero corrispondere anche operatori di altre Regioni o di Stati membri dell’Unione, ove si insediassero in Liguria.
4.3.– Sta di fatto, però, che, nel contesto della disposizione di cui al comma 2 dell’art. 1 della legge regionale impugnata, la nozione di impresa balneare ligure viene espressamente in rilievo ai dichiarati «effetti dell’articolo 16 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59» e, cioè, in funzione di una «procedura di selezione» tra i potenziali concessionari; e che, proprio a tali effetti, vengono considerate “imprese balneari liguri” quelle che «in quanto connotanti il paesaggio costiero costituiscono un elemento del patrimonio storico culturale e del tessuto sociale della Regione».
Per cui è inevitabile che le procedure di aggiudicazione di cui al richiamato art. 16 del d.lgs. n. 59 del 2010 vedano, se non uniche legittimate, quantomeno innegabilmente favorite le imprese già presenti sulla costa ligure. Le quali – in sede di prima applicazione della legge regionale in esame, e con effetti pro futuro – sono le sole imprese balneari «connotanti il paesaggio costiero», e (già) ascrivibili al «patrimonio storico» ed al «tessuto sociale» della Liguria. Mentre l’operatore di altra Regione o di altro Stato membro, ove eventualmente partecipasse a una procedura di selezione, non potrebbe certo possedere la qualifica di impresa balneare ligure.
E ciò a prescindere dalla considerazione che alle «imprese balneari titolari di concessioni […] in essere», con l’art. 2 della legge della Regione Liguria, n. 26, approvata in pari data il 10 novembre 2017, recante «Disciplina delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico ricreative» (in questa sede non all’esame della Corte), la resistente ha riconosciuto «l’estensione della durata della concessione di trenta anni dalla data di entrata in vigore» della legge stessa.
4.4.– Il successivo art. 3 della legge impugnata − con il prevedere «una specifica disciplina per il rilascio delle concessioni alle imprese balneari liguri» e con l’individuare un’area demaniale di riserva in favore delle stesse, in ragione e in funzione del riconoscimento del loro «ruolo sociale, economico, turistico, storico e culturale» − vulnera, a sua volta, la concorrenza tra imprese, per la situazione di privilegio che tende, anche sotto tale profilo, a consolidare nei confronti delle imprese balneari già presenti nella costiera ligure, che sole possono aver acquisito quel ruolo sociale, storico e culturale, cui la norma intende dare riconoscimento.
4.5.– Quanto all’impugnato art. 4, l’«obiettivo di promozione del modello ligure di insediamento balneare» – quale esplicitamente a detta norma attribuito dalla resistente e quale la norma stessa evidenzia con il riservare direttamene alla Giunta la determinazione dei «criteri» per il rilascio del marchio in questione – ne innesca per ciò stesso il contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
È riferibile, infatti, anche ai “servizi” il principio più volte ribadito con riguardo ai “prodotti”, per cui è preclusa alla legge regionale l’istituzione di marchi che ne attestino contestualmente la qualità e l’origine geografica (sentenze n. 242 del 2016, n. 66 del 2013, n. 191 e n. 86 del 2012, n. 213 del 2006).
L’istituzione e la disciplina delle modalità di rilascio di un «marchio di qualità», per distinguere il servizio reso dallo stabilimento balneare ligure, in quanto volte ad orientare il consumatore verso siffatta tipologia di servizio, particolarmente qualificata «dal mero territorio di provenienza», incidono inevitabilmente, dunque, anche in questo caso, sulla materia «tutela della concorrenza», di competenza esclusiva dello Stato.
4.6.– Viene, infine, in esame l’art. 6 della impugnata legge regionale ligure, a tenore del quale «in qualsiasi caso è riconosciuto l’indennizzo del valore aziendale, il titolare dell’impresa balneare ligure può a sue spese dotarsi di una perizia giurata […] con la quale viene individuato il valore complessivo dell’azienda».
Secondo la resistente, le intenzioni del legislatore regionale non sarebbero rivolte al riconoscimento dell’indennizzo, «ma unicamente alla determinazione (di una) delle (possibili) modalità procedimentali per la documentazione del suo ammontare».
È evidente, però, che se la previsione di una tale «modalità procedimentale» di determinazione dell’indennizzo, attraverso una «perizia giurata» predisposta a cura del titolare dell’impresa balneare, non fosse destinata ad avere – come non a torto denuncia il ricorrente – anche «valore nei confronti dei terzi, ivi comprese le amministrazioni pubbliche», la disposizione non avrebbe ragion d’essere nel prevedere ciò che è già in facoltà dell’avente diritto all’indennizzo (la possibilità, cioè, di far valutare, con perizia giurata, la consistenza economica dei propri beni).
Anche questa disposizione contrasta, dunque, con l’esigenza di garantire la parità di trattamento e l’uniformità delle condizioni del mercato sull’intero territorio nazionale. Esigenza che solo la legge statale può assicurare nell’esercizio della competenza esclusiva nella materia «tutela della concorrenza».
5.– Da qui, appunto, l’illegittimità costituzionale delle disposizioni scrutinate.