Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso spedito per notificazione il 12 ottobre 2012, ricevuto il successivo 17 ottobre e depositato il 16 ottobre 2012 (reg. ric. n. 144 del 2012), la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallé d’Aoste ha promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 16, commi 3 e 4, e 24-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135, in riferimento agli artt. 2, lettera a), 3, lettera f), 4, 12, 48-bis e 50 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta), e alla legge 26 novembre 1981, n. 690 (Revisione dell’ordinamento finanziario della regione Valle d’Aosta), nonché in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 della Costituzione, in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), e ai principi di leale collaborazione e di ragionevolezza.
L’art. 16, comma 3, nel testo oggetto di ricorso, stabilisce che «Con le procedure previste dall’articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano assicurano un concorso alla finanza pubblica per l’importo complessivo di 600 milioni di euro per l’anno 2012, 1.200 milioni di euro per l’anno 2013 e 1.500 milioni di euro per l’anno 2014 e 1.575 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015. Fino all’emanazione delle norme di attuazione di cui al predetto articolo 27, l’importo del concorso complessivo di cui al primo periodo del presente comma è annualmente accantonato, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, sulla base di apposito accordo sancito tra le medesime autonomie speciali in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e recepito con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze entro il 30 settembre 2012. In caso di mancato accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, l’accantonamento è effettuato, con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze da emanare entro il 15 ottobre 2012, in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi desunte, per l’anno 2011, dal SIOPE. Fino all’emanazione delle norme di attuazione di cui al citato articolo 27, gli obiettivi del patto di stabilità interno delle predette autonomie speciali sono rideterminati tenendo conto degli importi derivanti dalle predette procedure».
La ricorrente evidenzia che la norma impugnata pone a carico del bilancio regionale, «senza limiti temporali precisi», un contributo che ne compromette la solidità finanziaria e che viene imposto unilateralmente, in violazione del principio pattizio che dovrebbe regolare «tutti i rapporti finanziari tra lo Stato e le Autonomie speciali». In particolare, sarebbe inadeguato il rinvio operato dalla norma impugnata all’art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione), posto che non si prevede alcun termine entro il quale adottare la normativa di attuazione statutaria.
In secondo luogo, la normativa statale non potrebbe incidere sulla partecipazione della Regione ai tributi erariali stabilendo che il contributo dovuto dalla prima sia accantonato a valere su quanto spettante alla Valle d’Aosta a tale titolo.
Come precisato dall’art. 1 del decreto legislativo 22 aprile 1994, n. 320 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Valle d’Aosta), la compartecipazione ai tributi erariali, nella misura determinata dalla legge n. 690 del 1981 in relazione all’art. 12 dello statuto, non sarebbe modificabile se non attraverso il procedimento di revisione dello statuto e di adozione delle norme di attuazione (artt. 48-bis e 50 dello statuto regionale speciale).
Per mezzo della norma impugnata, il legislatore statale avrebbe perciò violato la competenza regionale in materia di ordinamento contabile (art. 2, lettera a, dello statuto) e di finanze regionali e comunali (art. 3, lettera f, dello statuto) anche in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., applicabili in forza dell’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001. Tale violazione ricadrebbe in danno dell’esercizio delle funzioni amministrative spettanti alla Regione ai sensi dell’art. 4 dello statuto.
Per i medesimi motivi il meccanismo introdotto dal legislatore statale contrasterebbe con i principi di ragionevolezza e di leale collaborazione, quest’ultimo desunto dagli artt. 5 e 120 Cost.
L’art. 16, comma 4, impugnato, si riferisce, invece, all’ulteriore concorso delle autonomie speciali alla manovra finanziaria previsto dall’art. 32, comma 10, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2012). L’art. 32, commi 11 e 12, prevede che un accordo tra lo Stato e le autonomie speciali determini, sulla base degli importi indicati dal comma 10, il livello delle spese correnti e in conto capitale (comma 11) e, in alternativa, quanto alla sola Regione Trentino-Alto Adige e alle Province autonome di Trento e di Bolzano, il saldo programmatico (comma 12). La disposizione censurata aggiunge all’art. 32 un comma 12-bis, che regola l’ipotesi in cui l’accordo non sia raggiunto entro il 31 luglio, imponendo alle autonomie speciali l’osservanza dei contributi specificamente indicati dalle lettere a) e b), oltre che di ogni altro contributo gravante su di esse (lettera d).
La ricorrente ritiene che tale previsione sia afflitta dai medesimi vizi già dedotti a proposito del precedente comma 3, con particolare riferimento alla violazione del principio dell’accordo tra Stato ed autonomie speciali.
Infine, per i medesimi motivi, sarebbe illegittima la clausola di salvaguardia recata dall’art. 24-bis del d.l. n. 95 del 2012, dato che essa prevederebbe la diretta applicabilità alla Regione Valle d’Aosta delle regole enunciate dall’impugnato art. 16.
2.– Con un secondo ricorso spedito per la notificazione il 19 febbraio 2013, ricevuto il successivo 22 febbraio e depositato il 25 febbraio 2013 (reg. ric. n. 24 del 2013), la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallé d’Aoste ha promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 118, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), in riferimento agli artt. 2, lettera a), 3, lettera f), 4, 12, 48-bis e 50 della legge costituzionale n. 4 del 1948 e agli artt. da 2 a 7 della legge n. 690 del 1981, nonché in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, e ai principi di ragionevolezza e di leale collaborazione, quest’ultimo desunto dagli artt. 5 e 120 Cost.
La norma impugnata modifica l’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, stabilendo che, fino all’emanazione delle norme di attuazione di cui all’art. 27 della legge n. 42 del 2009, gli importi posti a carico delle autonomie speciali sono incrementati di 500 milioni di euro annui.
La ricorrente ritiene illegittima tale previsione per le medesime ragioni enunciate con riguardo all’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012.
3.– Con ricorso notificato il 9 ottobre 2012 e depositato il 17 ottobre 2012 (reg. ric. n. 149 del 2012), la Provincia autonoma di Bolzano ha promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 16, commi 3 e 4, e 24-bis del d.l. n. 95 del 2012, in riferimento agli artt. 69, 70, 75, 79, 103, 104 e 107 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), agli artt. 9, 10, 10-bis e 16 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale), all’art. 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), all’art. 2, commi 106 e 108, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010), nonché ai principi di ragionevolezza e di leale collaborazione.
La Provincia autonoma osserva che, con l’art. 16, commi 3 e 4, del d.l. n. 95 del 2012, il legislatore statale ha imposto alla ricorrente contributi alla finanza pubblica in via unilaterale, e in violazione del principio dell’accordo tra Stato ed autonomie speciali, desunto dagli artt. 79, 83, 103, 104 e 107 dello statuto, e del principio di leale collaborazione. Né varrebbe replicare che le disposizioni impugnate producono effetti solo fino alla conclusione dell’accordo o comunque fino all’adozione di norme di attuazione dello statuto, posto che non è previsto, né può esserlo, alcun termine perentorio a tali fini.
Inoltre, il carattere immediatamente applicativo dell’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012 genererebbe un contrasto con l’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, che, nelle materie di competenza provinciale, pone a carico della Provincia un mero obbligo di adeguamento alla sopravvenuta normativa statale, e non consente che essa produca subito effetti. Nel caso di specie, sarebbero in gioco le competenze della Provincia in materia di autonomia finanziaria (art. 83 dello statuto e art. 16 del d.lgs. n. 268 del 1992), ordinamento degli uffici e del personale (art. 8, numero 1 dello statuto), finanza locale (artt. 80 e 81 dello statuto), igiene e sanità (art. 9, numero 10 dello statuto), con riguardo al finanziamento del sistema sanitario.
La ricorrente aggiunge, in riferimento all’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012 che, in base agli artt. 69, 70, 75 e 79 dello statuto, nonché all’art. 2, commi 106 e 108, della legge n. 191 del 2009, approvata ai sensi dell’art. 104 dello statuto, le quote dei proventi erariali spettanti alla Provincia non possono venire trattenute dallo Stato, ma vanno immediatamente poste a disposizione presso la tesoreria provinciale dello Stato, secondo le modalità definite dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 20 luglio 2011 (Attuazione dell’articolo 2, comma 108, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, in materia di versamenti diretti delle quote dei proventi erariali spettanti alla Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano).
Infine la Provincia autonoma di Bolzano lamenta, con riguardo ai parametri già enunciati, che il concorso alla finanza pubblica indicato dall’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012 non incontra limiti temporali.
La ricorrente impugna, con riferimento ai parametri già esposti, anche l’art. 24-bis del d.l. n. 95 del 2012, nella parte in cui rende direttamente applicabile l’art. 16, comma 3, alla Provincia. Si tratterebbe di norma di dettaglio, che irragionevolmente comprime l’autonomia statutaria.
4.– Con un secondo ricorso spedito per la notificazione il 25 febbraio 2013, ricevuto il successivo 5 marzo e depositato il 4 marzo 2013 (reg. ric. n. 30 del 2013), la Provincia autonoma di Bolzano ha promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 118, della legge n. 228 del 2012, in riferimento agli artt. 75, 79, 83, 103, 104 e 107 dello statuto, all’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, all’art. 16 del d.lgs. n. 268 del 1992 e ai principi di leale collaborazione, di ragionevolezza e di delimitazione temporale.
La ricorrente ribadisce che l’incremento del contributo previsto dall’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012 nella misura di 500 milioni di euro all’anno incorre nei medesimi vizi già dedotti nei confronti dell’art. 16.
5.– Con ricorso notificato il 13 ottobre 2012 e depositato il 18 ottobre 2012 (reg. ric. n. 155 del 2012), la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol ha promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 16, commi 3 e 4, e 24-bis del d.l. n. 95 del 2012, in riferimento agli artt. 69, 79, 104 e 107 del d.P.R. n. 670 del 1972 e all’art. 2, comma 108, della legge n. 191 del 2009.
L’art. 16, comma 3, impugnato, determinerebbe «una ulteriore rilevante sottrazione di risorse alle Regioni speciali» che «non ha alcuna base statutaria».
La ricorrente evidenzia, in particolare, che il concorso alla finanza pubblica avviene o nei modi indicati dall’art. 79 dello statuto o in forza dell’accordo con lo Stato ivi previsto. Pertanto, un accantonamento unilaterale, come quello derivante dalla norma impugnata, lede il principio dell’accordo, in riferimento agli artt. 79, 104 e 107 dello statuto.
Esso, inoltre, contrasta con tali parametri anche sotto tre altri profili. La norma impugnata, predeterminando il contenuto dell’accordo quanto al rispetto degli importi indicati, rende meramente fittizio il rinvio alla fonte concertata e introduce un criterio per ripartire il contributo tra le autonomie speciali, quello relativo alle spese sostenute per consumi intermedi, che non è stato oggetto di concertazione. Infine, il contributo è disposto a decorrere dall’anno 2015, e dunque a tempo indeterminato, in contrasto con la natura necessariamente transitoria che esso dovrebbe rivestire.
La Regione aggiunge che disporre un accantonamento sulla compartecipazione ai tributi erariali assicurati dall’art. 69 dello statuto viola tale ultima previsione, nonché l’art. 2, comma 108, della legge n. 191 del 2009, che assicura il diretto versamento delle somme mediante il deposito presso la tesoreria provinciale dello Stato.
L’art. 16, comma 4, a propria volta, violerebbe gli artt. 79 e 104 dello statuto ed il principio dell’accordo, perché prevede una modalità di partecipazione della Regione al patto di stabilità incompatibile con tali previsioni. Peraltro, nella parte in cui la disposizione impugnata ribadisce la vigenza di contributi posti a carico della ricorrente da altra normativa, anch’essa impugnata in separati giudizi innanzi a questa Corte, vi sarebbe una illegittimità in via derivata.
L’art. 16, comma 4, lederebbe il principio pattizio anche perché prevede un termine perentorio di conclusione dell’accordo, scaduto il quale vengono imposte alla ricorrente conseguenze unilateralmente determinate dallo Stato, con l’effetto di vanificare la previsione stessa dell’intesa.
Infine, l’art. 24-bis, nella parte in cui afferma l’applicabilità alle autonomie speciali dell’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, incorrerebbe nei medesimi vizi dedotti rispetto a quest’ultima disposizione.
6.– Con un secondo ricorso notificato il 27 febbraio 2013 e depositato il 5 marzo 2013 (reg. ric. n. 33 del 2013), la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol ha promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 118, della legge n. 228 del 2012, in riferimento agli artt. 69, 79, 104 e 107 del d.P.R. n. 670 del 1972 e all’art. 2, comma 108, della legge n. 191 del 2009.
La ricorrente svolge le medesime censure proposte nel precedente ricorso (reg. ric. n. 155 del 2012) avverso l’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012.
7.– Con ricorso notificato il 13 ottobre 2012 e depositato il 18 ottobre 2012 (reg. ric. n. 156 del 2012), la Provincia autonoma di Trento ha promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 16, commi 3 e 4, e 24-bis del d.l. n. 95 del 2012, in riferimento agli artt. 75, 79, 104 e 107 del d.P.R. n. 670 del 1972 e all’art. 2, comma 108, della legge n. 191 del 2009.
Il ricorso è analogo a quello proposto dalla Regione Trentino-Alto Adige (reg. ric. n. 155 del 2012) e svolge le medesime censure.
8.– Con un secondo ricorso notificato il 27 febbraio 2013 e depositato il 5 marzo 2013 (reg. ric. n. 35 del 2013), la Provincia autonoma di Trento ha promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 118, della legge n. 228 del 2012, in riferimento agli artt. 75, 79, 104 e 107 del d.P.R. n. 670 del 1972 e all’art. 2, comma 108, della legge n. 191 del 2009.
La ricorrente svolge le medesime censure proposte nel precedente ricorso (reg. ric. n. 156 del 2012) avverso l’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012.
9.– Con ricorso notificato il 15 ottobre 2012 e depositato il 19 ottobre 2012 (reg. ric. n. 159 del 2012), la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, in riferimento agli artt. 3, 116 e 119 Cost., agli artt. 49, 63 e 65 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia) e al principio di leale collaborazione. La medesima Regione ha poi impugnato l’art. 16, comma 9, del d.l. n. 95 del 2012, in riferimento agli artt. 4, comma 1-bis, e 51 dello statuto. La ricorrente, con riguardo all’art. 16, comma 3, impugnato, premette che i rapporti finanziari tra Stato ed autonomie speciali sono retti dal principio dell’accordo, in conformità al quale è stato approvato l’art. 1, commi 152 e 156, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2011). Quest’ultima disposizione, perciò, regola già il concorso della Regione alla finanza pubblica, e non potrebbe essere modificata in via unilaterale dal legislatore statale.
L’art. 16, comma 3, sarebbe, pertanto, lesivo del principio di leale collaborazione e degli artt. 63 e 65 dello statuto, posto che le sole modifiche consentite all’accordo andrebbero introdotte con il procedimento di revisione statutaria o di adozione della normativa di attuazione.
Sarebbe violato anche l’art. 49 dello statuto, perché l’accantonamento disposto a carico della compartecipazione regionale ai tributi erariali priva la Regione di entrate assicurate dalla previsione statutaria, senza che ricorrano i presupposti richiesti a tale scopo dall’art. 4 del d.P.R. 23 gennaio 1965, n. 114 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia in materia di finanza regionale), quanto alla riserva all’erario di determinati tributi. Né gioverebbe il rinvio operato dalla norma impugnata alla normativa di attuazione statutaria, posto che l’accantonamento ha efficacia immediata e considerato che l’art. 16, comma 3, introdurrebbe un vincolo di contenuto per le norme di attuazione, tale da rendere fittizio il rinvio alla fonte concertata.
L’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012 sarebbe in contrasto con tali parametri anche nella parte in cui adotta un criterio di riparto del contributo tra le autonomie speciali non pattuito con queste ultime, e nella parte in cui prescrive un contributo alla finanza pubblica privo di limite temporale.
La ricorrente aggiunge che l’art. 16, comma 3, contrasta anche con gli artt. 3, 116 e 119 Cost. e con l’art. 48 dello statuto sotto molteplici profili. Anzitutto, esso non terrebbe conto della speciale autonomia finanziaria della Regione Friuli-Venezia Giulia, ed anzi le imporrebbe un trattamento deteriore rispetto alle Regioni ordinarie.
In secondo luogo, il sacrificio richiesto alla Regione sarebbe manifestamente irragionevole, perché gravoso.
In terzo luogo, spetterebbe allo Stato dimostrare che tali interventi sono compatibili con il corretto esercizio delle funzioni assegnate al sistema regionale, anzitutto valutando il fabbisogno di spesa regionale: nel caso di specie, tale valutazione è stata omessa, ciò che avrebbe comportato il paventato effetto in danno del regolare adempimento delle funzioni pubbliche regionali.
Viene poi impugnato l’art. 16, comma 9, del d.l. n. 95 del 2012, in riferimento agli artt. 4, comma 1-bis, e 51 dello statuto. Tale disposizione vieta alle Province di assumere personale a tempo indeterminato nelle more dell’attuazione delle disposizioni di riduzione e razionalizzazione di tali enti.
La ricorrente ritiene che la norma impugnata non le sia applicabile, in forza della clausola di salvaguardia di cui all’art. 24-bis del d.l. n. 95 del 2012. In caso contrario, la Regione ritiene la disposizione illegittima, in ragione dell’incostituzionalità delle procedure di razionalizzazione indicate dall’art. 17 del d.l. n. 95 del 2012, impugnato con l’odierno ricorso. In ogni caso si tratterebbe di disposizione «specifica e puntuale», tale da ledere la competenza regionale in materia di ordinamento degli enti locali (art. 4, comma 1-bis, dello statuto, non richiamato espressamente) e di finanza locale (art. 51 dello statuto, non richiamato espressamente).
10.– Con un secondo ricorso notificato il 27 febbraio 2013 e depositato il 4 marzo 2013 (reg. ric. n. 32 del 2013), la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 118, della legge n. 228 del 2012, in riferimento agli artt. 3, 116 e 119 Cost., agli artt. 49, 63 e 65 della legge costituzionale n. 1 del 1963 e al principio di leale collaborazione.
La ricorrente svolge le medesime censure proposte nel precedente ricorso (reg. ric. n. 159 del 2012) avverso l’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012.
11.– Con ricorso notificato il 12 ottobre 2012 e depositato il 19 ottobre 2012 (reg. ric. n. 160 del 2012), la Regione autonoma Sardegna ha promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 16, commi 3 e 4, e 24-bis del d.l. n. 95 del 2012, in riferimento agli artt. 117 e 119 Cost., agli artt. 6, 7 e 8 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) e al principio di leale collaborazione.
Con riguardo all’art. 16, comma 3, la ricorrente premette che lo Stato non ha ancora provveduto a conferire piena attuazione all’art. 8 dello statuto, che ha rideterminato le forme di compartecipazione della Regione Sardegna ai tributi erariali. Il contributo richiesto appare perciò lesivo, secondo la ricorrente, dell’art. 8 dello statuto e del principio di leale collaborazione, non potendo lo Stato operare accantonamenti prima di avere adempiuto ai propri obblighi.
Sarebbero poi lesi l’art. 119, quinto comma, Cost. e l’art. 6 dello statuto, perché il contributo richiesto impedirebbe alla Regione di finanziare e porre in essere le funzioni pubbliche di cui è titolare.
Infine la natura temporalmente indeterminata del contributo sarebbe in contrasto con l’autonomia finanziaria regionale garantita dall’art. 119 Cost. e dall’art. 7 dello statuto.
Quanto all’art. 16, comma 4, del d.l. n. 95 del 2012, la ricorrente osserva che esso ha carattere peggiorativo riguardo alle modalità di partecipazione della Regione al patto di stabilità. La previsione secondo cui le misure indicate dalla norma impugnata si applicano ove l’accordo tra Stato e Regioni non sia raggiunto entro il 31 luglio violerebbe il principio di leale collaborazione per un duplice profilo. Anzitutto, il termine del 31 luglio sarebbe «sostanzialmente impossibile da rispettare», posto che il d.l. n. 95 del 2012 è stato pubblicato solo il 6 luglio e la legge di conversione il 14 agosto. In secondo luogo, tale termine sarebbe perentorio, anche perché posteriore al termine del 31 marzo 2012, entro il quale la Regione deve inviare la proposta di intesa. Ma la perentorietà non si concilierebbe con il principio dell’accordo, cui sono ispirati i rapporti finanziari tra Stato ed autonomie speciali.
La ricorrente impugna inoltre l’art. 24-bis del d.l. n. 95 del 2012, evidenziando che la norma, nella parte in cui afferma la diretta applicabilità dell’art. 16, comma 3, alle autonomie speciali, è affetta dai medesimi vizi denunciati rispetto a quest’ultima disposizione.
12.– Con un secondo ricorso notificato il 26 febbraio 2013 e depositato l’8 marzo 2013 (reg. ric. n. 41 del 2013), la Regione autonoma Sardegna ha promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 118, della legge n. 228 del 2012, in riferimento agli artt. 3, 117 e 119 Cost., agli artt. 3, 4, 5, 6, 7 e 8 della legge costituzionale n. 3 del 1948 e al principio di leale collaborazione.
Approfondendo le censure già rivolte verso l’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, la ricorrente denuncia anzitutto la violazione del metodo dell’accordo nel disciplinare i rapporti finanziari con lo Stato, come imposto dagli artt. 117 e 119 Cost., dagli artt. 7 e 8 dello statuto e dal principio di leale collaborazione.
Vengono poi riproposte le censure già mosse verso l’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, sottolineando che il pregiudizio relativo al corretto esercizio delle funzioni amministrative della Regione determina la violazione degli artt. 3, 4, 5 e 6 dello statuto.
Infine, la ricorrente reputa particolarmente “odioso” nei sui confronti l’accantonamento delle compartecipazioni sui tributi erariali, poiché l’art. 8 dello statuto continuerebbe a non ricevere applicazione da parte dello Stato, come questa Corte avrebbe già affermato con le sentenze n. 99 e n. 118 del 2012. Sarebbe perciò manifestamente irragionevole e contraddittorio (art. 3 Cost.) imporre un ulteriore sacrificio alle finanze regionali, mentre si nega alla Regione di elevare il livello delle spese in ragione dell’incremento delle compartecipazioni assicurato dall’art. 8 dello statuto.
13.– Con un terzo ricorso notificato il 5 agosto 2013 e depositato il 12 agosto 2013 (reg. ric. n. 80 del 2013), la Regione autonoma Sardegna ha impugnato, tra le altre disposizioni, l’art. 11, comma 8, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35 (Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 giugno 2013, n. 64, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, agli artt. 7 e 8 dello statuto e al principio di leale collaborazione.
La norma impugnata modifica l’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, stabilendo che, in alternativa all’accantonamento delle compartecipazioni regionali ai tributi erariali, la Regione può concordare con il Ministero per la coesione territoriale ed il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che le somme siano trattenute dalle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione.
La ricorrente reputa che tale previsione aggravi il vizio già contenuto nell’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, perché il Fondo, disciplinato dall’art. 2 e seguenti del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88 (Disposizioni in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e sociali, a norma dell’articolo 16 della legge 5 maggio 2009, n. 42), conferisce attuazione al principio di perequazione territoriale fissato dall’art. 119, quinto comma, Cost. Tale Fondo non potrebbe venire «depauperato in ragione di un contributo di finanza pubblica illegittimo», anche in forza dell’art. 8, comma 1, lettera l), dello statuto, che annovera tra le entrate regionali i contributi straordinari dello Stato per particolari piani di opere pubbliche.
La Regione ribadisce, poi, le censure già svolte nel precedente ricorso (reg. ric. n. 160 del 2012) a proposito dell’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, anche con riferimento alla violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., perché la norma eccederebbe i limiti dei principi di coordinamento della finanza pubblica.
14.– Con ricorso notificato il 13 ottobre 2012 e depositato il 23 ottobre 2012 (reg. ric. n. 170 del 2012), la Regione siciliana ha promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, in riferimento agli artt. 36 e 43 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), e all’art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria).
La ricorrente ritiene che il contributo posto a carico della Regione costituisca una «dissimulata riserva» a favore dello Stato di quote regionali di compartecipazione ai tributi erariali, in difetto dei presupposti a tal fine imposti allo Stato dall’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965, ed in violazione dell’art. 36 dello statuto. A maggior ragione, sarebbe illegittimo che il contributo non abbia limiti temporali.
Con tale meccanismo, non derogato dalla clausola di salvaguardia, la norma impugnata violerebbe il principio dell’accordo nella disciplina dei rapporti finanziari tra Stato e Regione siciliana, desumibile dall’art. 43 dello statuto. Tale principio, a parere della ricorrente, non sarebbe soddisfatto neppure in presenza di un accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni, essendo invece necessario osservare le procedure speciali previste dallo statuto.
Infine la ricorrente sottolinea che, per effetto delle riserve all’erario di quote regionali di tributi spettanti ai sensi dell’art. 36 dello statuto, la norma impugnata compromette l’esercizio delle funzioni amministrative da parte del sistema regionale.
15.– Con un secondo ricorso notificato il 27 febbraio 2013 e depositato l’8 marzo 2013 (reg. ric. n. 43 del 2013), la Regione siciliana ha promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 118, della legge n. 228 del 2012, in riferimento all’art. 43 dello statuto, all’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965 e al principio di leale collaborazione.
La ricorrente ripropone le censure già svolte nel precedente ricorso (reg. ric. n. 170 del 2012) nei riguardi dell’art. 16, comma 3, ricostruendo l’evoluzione della normativa statale in punto di contributi alla finanza pubblica da parte delle autonomie speciali.
16.– In tutti i ricorsi si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, con memorie di analogo contenuto, chiedendo che essi siano dichiarati inammissibili o infondati.
Le norme impugnate costituirebbero principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, imposti dall’emergenza finanziaria, a fronte dei quali non vi sarebbe ragione di distinguere Regioni ordinarie e autonomie speciali. Le prerogative regionali sarebbero adeguatamente salvaguardate, sia dal rinvio operato all’art. 27 della legge n. 42 del 2009, sia dalla natura residuale delle misure, che scattano solo se non è raggiunto un accordo tra lo Stato e le autonomie speciali. Con riguardo al riparto del contributo tra le autonomie speciali, aggiunge l’Avvocatura generale dello Stato, l’accordo è stato raggiunto e recepito con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 27 novembre 2012 (Riparto del contributo alla finanza pubblica previsto dall’articolo 16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 tra le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano. Determinazione dell’accantonamento).
Su tale profilo del contenzioso sarebbe perciò sopraggiunta la cessazione della materia del contendere.
In questo contesto le norme impugnate non arrecherebbero alcun pregiudizio alle ricorrenti, così da renderne inammissibili i ricorsi. In particolare le ricorrenti non avrebbero allegato alcuna disparità di trattamento tra le Regioni in conseguenza delle norme impugnate, né l’esistenza di squilibri economico-finanziari.
Con specifico riferimento all’art. 79 dello statuto speciale regionale, applicabile alla Regione autonoma Trentino-Alto Adige e alle Province autonome di Trento e di Bolzano, l’Avvocatura afferma che esso assoggetta al principio dell’accordo solo le modalità di conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, ma non la determinazione della misura del contributo, la quale costituirebbe oggetto di competenza legislativa statale.
Con riguardo all’impugnativa dell’art. 16, comma 9, del d.l. n. 95 del 2012 da parte della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, l’Avvocatura dubita che la norma sia applicabile a tale ricorrente, in forza della clausola di salvaguardia di cui all’art. 24-bis, e afferma che, in ogni caso, essa costituisce principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica.
Con riferimento all’art. 11, comma 8, del d.l. n. 35 del 2013, impugnato dalla Regione autonoma Sardegna, la difesa dello Stato sottolinea che si tratta di una norma applicabile solo su richiesta della Regione, sicché la censura sarebbe inammissibile e, nel merito, non fondata.
17.– Tutte le ricorrenti hanno depositato memorie, insistendo per l’accoglimento dei ricorsi.
La Regione autonoma Valle d’Aosta, in particolare, contesta il carattere eccezionale dell’intervento normativo statale, posto che esso fa seguito ad analoghe norme volte a trattenere le quote di tributi erariali spettanti alle autonomie speciali, ovvero agli artt. 13, comma 17, 14, comma 13-bis, e 28, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214; all’art. 35, comma 4, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 marzo 2012, n. 27, e all’art. 1, comma 132, della legge n. 228 del 2012. Da tali misure è derivata una riduzione delle entrate pari ad euro 93,5 milioni su 1,2 miliardi nel 2012, destinata a divenire di 163 milioni nel 2013.
La Provincia autonoma di Bolzano, alla luce delle sentenze n. 229 e n. 236 del 2013 di questa Corte, afferma di avere proposto ricorso solo in via cautelativa e reputa che l’art. 24-bis del d.l. n. 95 del 2012 imponga di escludere l’applicabilità delle norme impugnate alle autonomie speciali. Peraltro, tale applicazione è stata già disposta con il decreto ministeriale 27 novembre 2012 e con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 23 settembre 2013 (Riparto del contributo alla finanza pubblica previsto dall’articolo 16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 tra le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano. Determinazione dell’accantonamento), atti impugnati dalla Provincia con conflitto di attribuzione. Essi hanno infatti operato il riparto del contributo tra le autonomie speciali secondo criteri che la ricorrente reputa illegittimi, sulla base di argomenti che non sono stati posti a base dei ricorsi trattati in questa sede.
La Provincia ribadisce, infine, che le norme impugnate non possono reputarsi transitorie, poiché non è previsto alcun termine ai fini dell’adozione delle norme di attuazione statutaria che renderebbero inapplicabili le misure da esse disposte.
La Regione autonoma Trentino-Alto Adige e la Provincia autonoma di Trento hanno depositato memorie di analogo contenuto, con cui si è replicato alle eccezioni dell’Avvocatura generale dello Stato, svolte con l’atto di costituzione, e con successive memorie.
Dopo avere rilevato che le modifiche normative intervenute nelle more del giudizio non hanno attenuato la lesività delle norme impugnate, le ricorrenti negano che il decreto ministeriale 27 novembre 2012 abbia determinato la cessazione della materia del contendere sul contestato criterio di riparto del contributo enunciato dall’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, poiché tale decreto ministeriale avrebbe applicato una norma efficace, nelle more del giudizio finalizzato alla declaratoria di incostituzionalità di tale disposizione. Inoltre le ricorrenti contestano che, ai fini dell’ammissibilità, i ricorsi dovessero evidenziare una disparità di trattamento tra Regioni, ovvero dimostrare che le norme impugnate arrechino squilibri finanziari, essendo sufficiente, invece, denunciarne il contrasto con lo statuto.
Con riferimento all’art. 16, comma 4, del d.l. n. 95 del 2012, le ricorrenti reputano le censure ampiamente motivate e del tutto autonome rispetto a quelle dedotte negli altri contenziosi pendenti innanzi a questa Corte.
Inoltre esse osservano che l’art. 79 dello statuto assoggetta al principio dell’accordo non le modalità di perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica ma direttamente i saldi di bilancio, ovvero il risparmio pubblico (entrate correnti-spese correnti), il saldo netto da finanziare (entrate finali-spese finali), l’avanzo primario e il ricorso al mercato. Si tratta, perciò, di valori, e non di mere modalità.
Sarebbe priva di rilievo la circostanza che le misure contestate trovino applicazione solo in caso di mancato accordo tra lo Stato e le autonomie speciali, posto che i ricorsi deducono proprio l’illegittimità costituzionale di un simile meccanismo con cui lo Stato intende sfuggire all’obbligo di raggiungere l’intesa.
Infine andrebbe escluso che l’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012 corrisponda a competenze dello Stato diverse dal coordinamento della finanza pubblica.
La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha svolto deduzioni analoghe a quelle appena esposte per i punti di comune interesse con la Regione autonoma Trentino-Alto Adige e con la Provincia di Trento.
Quanto poi all’art. 16, comma 9, del d.l. n. 95 del 2012, la ricorrente ribadisce che un divieto di assumere personale eccede i limiti che lo Stato può imporre a titolo di principio di coordinamento della finanza pubblica, giacché sarebbero ammissibili solo limiti alla spesa per il personale nel suo complesso.
Inoltre, una volta dichiarata, con la sentenza n. 220 del 2013 di questa Corte, l’illegittimità costituzionale dell’art. 17 del d.l. n. 95 del 2012, ne dovrebbe seguire l’inapplicabilità dell’art. 16, comma 9, del d.l. n. 95 del 2012, che sarebbe stato applicabile nelle more del processo di riduzione delle Province disposto dall’art. 17.
La Regione autonoma Sardegna rileva che, sulla base della sentenza n. 236 del 2013 di questa Corte, sarebbe auspicabile attribuire all’art. 24-bis del d.l. n. 95 del 2012 il significato di escludere l’applicabilità integrale delle norme impugnate alle autonomie speciali.
In caso contrario, la ricorrente ribadisce che il rinvio operato dall’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012 alle procedure di cui all’art. 27 della legge n. 42 del 2009 non vale a salvaguardare le prerogative regionali, anche perché rimarrà comunque in capo alle Regioni il contributo straordinario senza limiti temporali fissato dalla disposizione impugnata, mentre potrebbe mutare solamente il modo in cui le regolazioni finanziarie si traducono in effettivi trasferimenti di liquidità e di risorse.
Quanto alle eccezioni di inammissibilità sollevate dall’Avvocatura generale dello Stato, la ricorrente osserva che lo squilibrio finanziario cui è costretta emerge con evidenza dal contenzioso, già rammentato, relativo all’attuazione dell’art. 8 dello statuto, e che, anzi, proprio la modifica di quest’ultima disposizione comprova la grave alterazione tra mezzi e risorse. Alla luce di ciò il ritardo nella definizione degli accordi tra Stato e Regione attinenti alla finanza pubblica sarebbe da imputare allo Stato e non potrebbe giustificare le misure imposte a titolo suppletivo dalle norme impugnate.
Con riferimento all’art. 11, comma 8, del d.l. n. 35 del 2013, per ribadire il grave pregiudizio che la norma impugnata le arreca, la ricorrente si dilunga nuovamente sul contenzioso in corso con lo Stato circa l’attuazione dell’art. 8 dello statuto.
La Regione siciliana premette che le modifiche normative intervenute sull’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012 non hanno carattere satisfattivo e sostiene che, per effetto di plurime normative, il contributo della ricorrente alla finanza pubblica è ingente, e tale da comportare un pregiudizio rilevante.
18.– Anche l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato memorie, insistendo sulle conclusioni già formulate.
In particolare, l’Avvocatura sottolinea che il riparto del contributo di cui all’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi desunti dal SIOPE, si affida ad un criterio non arbitrario, ma certificato e garantito.
L’accantonamento delle quote di tributi erariali corrisponderebbe, poi, all’esercizio della competenza statale in materia di «sistema tributario e contabile e di perequazione finanziaria».
Viene poi dedotta l’inammissibilità delle censure svolte dalla Regione autonoma Trentino-Alto Adige e dalla Provincia autonoma di Trento rispetto all’art. 16, comma 4, del d.l. n. 95 del 2012, per genericità, anche con riguardo alle censure di illegittimità per invalidità derivata.
19.– Talune ricorrenti hanno depositato ulteriori memorie. La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha rammentato che l’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012 ha ricevuto attuazione anche nel 2014 tramite il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 17 giugno 2014 (Riparto del contributo alla finanza pubblica previsto dall’articolo 16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, tra le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano. Determinazione dell’accantonamento).
La Provincia autonoma di Bolzano, allo stesso modo, riferisce che l’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012 ha trovato attuazione, prima con il decreto ministeriale 27 novembre 2012, poi con il decreto ministeriale 23 settembre 2013, ed infine con il decreto ministeriale 17 giugno 2014, e aggiunge di avere proposto contro tali atti conflitto di attribuzione.
La ricorrente specifica che i decreti ministeriali appena citati hanno determinato una sproporzione tra le autonomie speciali, in danno della Provincia autonoma di Bolzano, perché sono state privilegiate le «amministrazioni con maggiore spesa indiretta, rispetto a quelle con maggiore spesa diretta». Più favorevole, per tale aspetto, appare alla ricorrente l’art. 46, comma 2, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 23 giugno 2014, n. 89. Questa stessa Corte, con la sentenza n. 79 del 2014, avrebbe ritenuto che i criteri di riparto del contributo tra le autonomie speciali, in quanto basati sul livello dei consumi intermedi, sarebbero costituzionalmente illegittimi.
L’art. 1, comma 118, della legge n. 228 del 2012 avrebbe ulteriormente aggravato il pregiudizio subito dalla ricorrente, incrementando l’importo dovuto a titolo di contributo. Ogni modifica normativa intervenuta sul testo dell’art. 16, comma 3, impugnato, è tale, secondo la ricorrente, da comportare il trasferimento delle questioni sul testo attualmente vigente.
Da ultimo la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha depositato due memorie, con le quali ha dichiarato che intende rinunciare all’impugnativa dell’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, e dell’art. 1, comma 118, della legge n. 228 del 2012.
La Regione insiste, invece, per l’accoglimento della questione relativa all’art. 16, comma 9, del d.l. n. 95 del 2012, rilevando che tale disposizione non ha subito modifiche.
Considerato in diritto
1.– Le Regioni autonome Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (reg. ric. n. 144 del 2012), Trentino-Alto Adige/Südtirol (reg. ric. n. 155 del 2012), Sardegna (reg. ric. n. 160 del 2012), Friuli-Venezia Giulia (reg. ric. n. 159 del 2012), la Regione siciliana (reg. ric. n. 170 del 2012) e le Province autonome di Trento e di Bolzano (rispettivamente, reg. ric. n. 156 e n. 149 del 2012) hanno promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135. L’art. 16, comma 4, e l’art. 24-bis del d.l. n. 95 del 2012, invece, sono stati impugnati da tutte le ricorrenti, con l’eccezione della Regione siciliana e della Regione automa Friuli-Venezia Giulia. Quest’ultima ha censurato anche l’art. 16, comma 9, del d.l. n. 95 del 2012.
Tutte le ricorrenti hanno poi proposto altri ricorsi (rispettivamente, reg. ric. n. 24, n. 33, n. 41, n. 32, n. 43, n. 35 e n. 30 del 2013), con i quali hanno impugnato, tra l’altro, l’art. 1, comma 118, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che apporta modifiche all’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012. La sola Regione autonoma Sardegna, con separato ricorso (reg. ric. n. 80 del 2013), ha impugnato, tra l’altro, anche l’art. 11, comma 8, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35 (Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 giugno 2013, n. 64, che reca un’ulteriore modifica all’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012.
2.– Più in particolare, la Regione autonoma Valle d’Aosta ha impugnato gli artt. 16, commi 3 e 4, e 24-bis, del d.l. n. 95 del 2012, e l’art. 1, comma 118, della legge n. 228 del 2012, in riferimento agli artt. 2, lettera a), 3, lettera f), 4, 12, 48-bis e 50 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta), e alla legge 26 novembre 1981, n. 690 (Revisione dell’ordinamento finanziario della regione Valle d’Aosta), nonché in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 della Costituzione, in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), e ai principi di ragionevolezza e di leale collaborazione, quest’ultimo desunto dagli artt. 5 e 120 Cost.
La Regione autonoma Trentino-Alto Adige e la Provincia autonoma di Trento hanno impugnato gli artt. 16, commi 3 e 4, e 24-bis del d.l. n. 95 del 2012, e l’art. 1, comma 118, della legge n. 228 del 2012, in riferimento agli artt. 69, 75, 79, 104 e 107 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), e all’art. 2, comma 108, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010).
La Regione autonoma Sardegna ha impugnato gli artt. 16, commi 3 e 4, e 24-bis del d.l. n. 95 del 2012, in riferimento agli artt. 117 e 119 Cost., agli artt. 6, 7 e 8 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) e al principio di leale collaborazione. Ha impugnato, inoltre, sia l’art. 1, comma 118, della legge n. 228 del 2012, in riferimento agli artt. 3, 117 e 119 Cost., agli artt. 3, 4, 5, 6, 7 e 8 della legge costituzionale n. 3 del 1948 e al principio di leale collaborazione, sia l’art. 11, comma 8, del d.l. n. 35 del 2013, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, agli artt. 7 e 8 dello statuto e al principio di leale collaborazione.
La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha impugnato l’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, e l’art. 1, comma 118, della legge n. 228 del 2012, in riferimento agli artt. 3, 116 e 119 Cost., agli artt. 49, 63 e 65 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia) e al principio di leale collaborazione. Ha impugnato inoltre l’art. 16, comma 9, del d.l. n. 95 del 2012, in riferimento agli artt. 4, comma 1-bis, e 51 dello statuto.
La Regione siciliana ha impugnato l’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, in riferimento agli artt. 36 e 43 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), e all’art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria). Ha impugnato inoltre l’art. 1, comma 118, della legge n. 228 del 2012, in riferimento all’art. 43 dello statuto, all’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965 e al principio di leale collaborazione.
La Provincia autonoma di Bolzano ha impugnato gli artt. 16, commi 3 e 4, e 24-bis, del d.l. n. 95 del 2012, in riferimento agli artt. 69, 70, 75, 79, 103, 104 e 107 del d.P.R. n. 670 del 1972, agli artt. 9, 10, 10-bis e 16 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale), all’art. 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), all’art. 2, commi 106 e 108, della legge n. 191 del 2009, nonché ai principi di leale collaborazione e di ragionevolezza. Ha impugnato inoltre l’art. 1, comma 118, della legge n. 228 del 2012, in riferimento agli artt. 75, 79, 83, 103, 104 e 107 dello statuto, all’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, all’art. 16 del d.lgs. n. 268 del 1992 e ai principi di leale collaborazione, ragionevolezza e di «delimitazione temporale».
3.– I ricorsi vertono sulle medesime disposizioni e pongono problemi analoghi, sicché ne appare opportuna la riunione ai fini di una decisione congiunta, riservando a separate decisioni la trattazione delle questioni vertenti sulle altre disposizioni con essi impugnate.
4.– Nelle more del giudizio, le Regioni autonome Trentino-Alto Adige, Sardegna, Friuli-Venezia Giulia, e le Province autonome di Trento e di Bolzano hanno raggiunto con lo Stato accordi in materia di finanza pubblica. Ne è seguita, da parte di tali ricorrenti, per quanto qui di interesse, la rinuncia ai ricorsi, salva l’impugnazione dell’art. 16, comma 9, del d.l. n. 95 del 2012 da parte della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia.
Nonostante abbia raggiunto un analogo accordo, la Regione siciliana non ha rinunciato ai ricorsi.
L’accettazione della rinuncia, ai sensi dell’art. 23 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, determina l’estinzione dei giudizi promossi dalla Regione autonoma Trentino-Alto Adige e dalle Province autonome. In difetto di accettazione, ma anche di un interesse da parte dello Stato a coltivare i giudizi, va dichiarata cessata la materia del contendere con riferimento a tutti i giudizi promossi dalle Regioni autonome Sardegna e Friuli-Venezia Giulia, con l’eccezione del ricorso reg. ric. n. 159 del 2012 di quest’ultima, limitatamente all’art. 16, comma 9, del d.l. n. 95 del 2012 (da ultimo, sentenza n. 46 del 2015).
Restano altresì da decidere i ricorsi della Regione autonoma Valle d’Aosta e della Regione siciliana.
5.– L’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012 ha subito, nelle more dei giudizi, alcune modifiche, una delle quali, introdotta dall’art. 1, comma 118, della legge n. 228 del 2012, è stata oggetto di autonoma impugnazione da parte delle ricorrenti. L’art. 11, comma 8, del d.l. n. 35 del 2013, ha permesso di imputare il concorso delle autonomie speciali, previsto dalla norma impugnata, al Fondo per lo sviluppo e la coesione, mentre l’art. 1, comma 469, della legge n. 228 del 2012 ha modificato le date dell’anno entro cui dare corso agli adempimenti previsti dalla disposizione censurata. Si tratta di modificazioni marginali, che non incidono sulle censure svolte dalle ricorrenti e, in forza del principio di effettività della tutela costituzionale delle parti nei giudizi in via di azione (da ultimo, sentenza n. 46 del 2015), impongono di trasferire le originarie questioni sul testo attualmente vigente dell’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012.
6.– L’Avvocatura generale dello Stato ha eccepito l’inammissibilità dei ricorsi, perché non è stata dedotta la violazione del principio di uguaglianza tra le Regioni come conseguenza delle norme impugnate. Si tratta di un’eccezione palesemente infondata, dato che non vi è alcuna ragione per subordinare l’ammissibilità di un giudizio costituzionale allo svolgimento, da parte del ricorrente, di questa peculiare censura di merito. Parimenti non è necessaria, come ha eccepito l’Avvocatura, la deduzione, da parte della Regione, che le disposizioni impugnate determinano un grave squilibrio economico-finanziario, posto che il giudizio in via principale, avente ad oggetto una legge dello Stato, verte sull’osservanza dei criteri costituzionali di riparto della competenza legislativa (sentenza n. 79 del 2014).
7.– L’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, nel testo attualmente vigente ed oggetto di scrutinio, stabilisce che «Con le procedure previste dall’articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano assicurano un concorso alla finanza pubblica per l’importo complessivo di 600 milioni di euro per l’anno 2012, 1.200 milioni di euro per l’anno 2013 e 1.500 milioni di euro per l’anno 2014 e 1.575 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015. Fino all’emanazione delle norme di attuazione di cui al predetto articolo 27, l’importo del concorso complessivo di cui al primo periodo del presente comma è annualmente accantonato, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, o, previo accordo tra la Regione richiedente, il Ministero per la coesione territoriale e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, a valere sulle risorse destinate alla programmazione regionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione sulla base di apposito accordo sancito tra le medesime autonomie speciali in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e recepito con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze entro il 31 gennaio di ciascun anno. In caso di mancato accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, l’accantonamento è effettuato, con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze da emanare entro il 15 febbraio di ciascun anno, in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi desunte, per l’anno 2011, dal SIOPE. Fino all’emanazione delle norme di attuazione di cui al citato articolo 27, gli obiettivi del patto di stabilità interno delle predette autonomie speciali sono rideterminati tenendo conto degli importi incrementati di 500 milioni di euro annui derivanti dalle predette procedure. In caso di utilizzo delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione per le finalità di cui al presente comma, la Regione interessata propone conseguentemente al CIPE per la presa d’atto, la nuova programmazione nel limite delle disponibilità residue, con priorità per il finanziamento di interventi finalizzati alla promozione dello sviluppo in materia di trasporti, di infrastrutture e di investimenti locali».
L’Avvocatura generale dello Stato ha eccepito la cessazione della materia del contendere, perché per l’anno 2012 (decreto ministeriale 27 novembre 2012) è stato raggiunto l’accordo con le autonomie speciali sulle modalità di riparto del contributo tra di esse.
L’eccezione non ha fondamento, dato che concludere un accordo imposto da una norma di legge mentre la si impugna non comporta alcuna acquiescenza nel giudizio in via principale (sentenza n. 98 del 2007). In ogni caso l’accordo non è stato raggiunto né nel 2013 (decreto ministeriale 23 settembre 2013), né nel 2014 (decreto ministeriale 17 giugno 2014).
8.– La Regione autonoma Valle d’Aosta e la Regione siciliana contestano, con riferimento all’art. 16, comma 3, impugnato, e all’art. 1, comma 118, della legge n. 228 del 2012, che la legge dello Stato possa imporre loro una forma di partecipazione alle manovre di risanamento della finanza pubblica senza che essa sia stata precedentemente concordata. Il principio pattizio, infatti, sarebbe desumibile dalle rispettive norme statutarie e di attuazione statutaria.
In particolare, le competenze valdostane in materia di ordinamento contabile, di ordinamento degli uffici (viene richiamato l’art. 2, comma 1, lettera a, dello statuto) e di finanze regionali e comunali (art. 3, comma 1, lettera f, dello statuto; artt. 117, terzo comma, e 119 Cost.) sarebbero presidiate dagli artt. 48-bis e 50 dello statuto, che vieterebbero, anche in riferimento al principio di leale collaborazione, interventi statali, in difetto delle particolari procedure previste per modificare lo statuto ed introdurre la normativa di attuazione di esso.
Analoga conclusione dovrebbe essere tratta per la Regione siciliana dagli artt. 36 e 43 dello statuto e dal principio di leale collaborazione.
Le questioni non sono fondate.
Questa Corte ha di recente ribadito, proprio con riguardo alla Regione siciliana (sentenza n. 46 del 2015), che, di regola, i principi di coordinamento della finanza pubblica recati dalla legislazione statale si applicano anche ai soggetti ad autonomia speciale (sentenza n. 36 del 2004; in seguito, sentenze n. 54 del 2014, n. 229 del 2011, n. 169 e n. 82 del 2007, n. 417 del 2005 e n. 353 del 2004). È vero che rispetto a questi ultimi merita di essere privilegiata la via dell’accordo (sentenza n. 353 del 2004), con la quale si esprime un principio generale, desumibile anche dall’art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, recante «Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione» (sentenze n. 193 e n. 118 del 2012), ma è anche vero che quel principio, in casi particolari, può essere derogato dal legislatore statale (sentenze n. 46 del 2015, n. 23 del 2014 e n. 193 del 2012). È da aggiungere che, contrariamente a quanto hanno sostenuto le ricorrenti, si tratta di un principio che non è stato recepito dagli statuti di autonomia o dalle norme di attuazione di essi.
È per questa ragione che l’art. 27, comma 1, della legge n. 42 del 2009 prevede che le autonomie speciali concorrono al patto di stabilità interno «secondo criteri e modalità stabiliti da norme di attuazione dei rispettivi statuti», nel presupposto che tali fonti non abbiano ancora provveduto a disciplinare la materia e non abbiano, allo stato, recepito né declinato il principio pattizio nelle forme necessarie a renderlo opponibile al legislatore ordinario. Perciò, benché non valga ad alterare il riparto costituzionale delle competenze (sentenze n. 89 del 2014 e n. 39 del 2013), l’emergenza finanziaria, ove la legge ordinaria non incontri un limite in una fonte superiore, ben può alimentare interventi settoriali, che, per quanto non oggetto di accordo (sentenza n. 23 del 2014), pongano, caso per caso, obblighi finanziari a carico delle autonomie speciali, tanto più in casi come quello in esame, in cui la norma impugnata si colloca in un ampio contesto normativo, nel quale il principio pattizio è già largamente adottato per volontà dello stesso legislatore ordinario, posto che gli interventi unilaterali dello Stato in materia di finanza pubblica sono accompagnati dall’obbligo di raggiungere comunque con le autonomie speciali un accordo di un contenuto più ampio di quello costituito dalla mera definizione del livello delle spese correnti (sentenza n. 19 del 2015). Anche la disposizione oggi censurata, nel definire e quantificare ulteriori contributi a carico delle ricorrenti, rinvia alle procedure che verranno determinate in sede di revisione delle norme di attuazione statutaria e opera perciò transitoriamente, in attesa che il principio dell’accordo venga recepito da tale ultima fonte.
9.– Le ricorrenti, sulla base dei medesimi parametri indicati al punto precedente, cui la Regione autonoma Valle d’Aosta aggiunge il principio di ragionevolezza, censurano l’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, anche nella parte in cui impone un contributo a tempo indeterminato, vale a dire «a decorrere dall’anno 2015».
Su tale questione deve ritenersi cessata la materia del contendere.
Infatti, l’art. 1, comma 454, lettera c), della legge n. 228 del 2012 ha stabilito che le ricorrenti concordino con il Ministro dell’economia e delle finanze l’obiettivo finanziario per gli anni dal 2013 al 2017, riducendo il livello delle spese finali di una serie di importi, tra i quali quelli determinati in attuazione dell’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012. Il contributo previsto in tale ultima disposizione, perciò, per gli anni successivi al 2012, è governato da una nuova norma, che lo ha espressamente circoscritto temporalmente fino al 2017. La modifica normativa ha privato tale contributo del suo carattere cronologicamente illimitato e in tal modo ha abrogato tacitamente la norma impugnata, nella parte in cui ne prevedeva una durata destinata a protrarsi indefinitamente, fino all’approvazione delle norme di attuazione statutaria.
10.– Le ricorrenti, sempre con riferimento ai parametri sopra indicati, impugnano l’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, anche nella parte in cui si prevede che, fino al perfezionamento della procedura di cui all’art. 27 della legge n. 42 del 2009, il contributo sia annualmente accantonato a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali che spettano loro in base agli statuti e alle norme di attuazione. Mentre la Regione autonoma Valle d’Aosta evidenzia che la partecipazione ai tributi erariali è assicurata, oltre che dall’art. 12 dello statuto, anche dalla legge di attuazione statutaria n. 690 del 1981, e non può pertanto venire modificata con legge ordinaria, la Regione siciliana aggiunge che i soli casi in cui lo Stato può riservare a sé quote di tributi di spettanza regionale sono tassativamente elencati nell’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965, disposizione che sarebbe perciò anch’essa violata dalla norma impugnata.
Le questioni non sono fondate.
È opportuno partire proprio dalla censura della Regione siciliana relativa all’istituto della riserva, perché mette in luce la differenza che corre tra questo e la previsione oggetto del ricorso.
Attraverso la riserva, lo Stato, ove sussistano le condizioni previste, sottrae definitivamente all’ente territoriale una quota di compartecipazione al tributo erariale che gli sarebbe spettata, e se ne appropria a tutti gli effetti al fine di soddisfare proprie finalità (ex plurimis, sentenze n. 145 del 2014, n. 97 del 2013 e n. 198 del 1999). Per mezzo dell’accantonamento previsto dalla norma impugnata, invece, poste attive che permangono nella titolarità della Regione, cui infatti spettano in forza degli statuti e della normativa di attuazione (sentenza n. 23 del 2014), sono sottratte a un’immediata disponibilità per obbligare l’autonomia speciale a ridurre di un importo corrispondente il livello delle spese. Una volta chiarito che il contributo imposto a tal fine alle ricorrenti è legittimo, si deve concludere che l’accantonamento transitorio delle quote di compartecipazione, in attesa che sopraggiungano le norme di attuazione cui rinvia l’art. 27 della legge n. 42 del 2009, costituisce il mezzo procedurale con il quale le autonomie speciali, anziché essere private definitivamente di quanto loro compete, partecipano al risanamento delle finanze pubbliche, impiegando a tal fine le risorse che lo Stato trattiene. Le quote accantonate rimangono, in tal modo, nella titolarità della Regione e sono strumentali all’assolvimento di un compito legittimamente gravante sul sistema regionale.
Naturalmente non è questa una situazione che si possa protrarre senza limite, perché altrimenti l’accantonamento si tramuterebbe di fatto in appropriazione. Ma, nell’attuale contesto emergenziale, ove è particolarmente forte l’esigenza di obbligare le Regioni a contenere la spesa, una simile tecnica non viola i parametri dedotti dalle ricorrenti, giacché si risolve nell’omessa erogazione, in via transitoria, di somme che queste ultime non avrebbero potuto comunque impiegare per incrementare il livello della spesa.
Va inoltre ribadito che, per effetto dell’art. 1, comma 454, della legge n. 228 del 2012, il contributo prescritto dall’art. 16, comma 3, impugnato, e con esso l’accantonamento, cesserà di essere dovuto, in ogni caso, nel 2017.
11.– Le ricorrenti, richiamando i parametri già indicati, cui la Regione autonoma Valle d’Aosta affianca l’art. 4 dello statuto, lamentano anche che il contributo previsto dall’art. 16, comma 3, impedisce loro di svolgere adeguatamente le funzioni amministrative cui sono preposte.
Le questioni non sono fondate, perché manca qualunque dimostrazione di tale assunto (da ultimo, sentenze n. 26 e n. 23 del 2014).
12.– L’art. 16, comma 4, del d.l. n. 95 del 2012 aggiunge un comma 12-bis all’art. 32 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2012). Questo comma stabilisce che, in caso di mancato accordo tra Stato ed autonomie speciali in materia di finanza pubblica entro il 31 luglio di ciascun anno, gli obiettivi di queste ultime sono rideterminati applicando all’obiettivo fissato con l’ultimo accordo i “miglioramenti” indicati dalla norma impugnata, ovvero tenendo in conto ulteriori contributi a carico delle Regioni e delle Province autonome, come già introdotti da separate disposizioni di legge.
La Regione autonoma Valle d’Aosta censura questa disposizione, con riferimento ai medesimi parametri dedotti rispetto all’art. 16, comma 3. La ricorrente sostiene che una predeterminazione unilaterale dell’obiettivo lede la sua autonomia finanziaria e si pone in contrasto con il principio dell’accordo.
La questione non è fondata.
Questa Corte ha già scrutinato la legittimità costituzionale dell’art. 32, comma 12, della legge n. 183 del 2011, respingendo analoghe censure (sentenza n. 19 del 2015), con riguardo all’imposizione unilaterale e preventiva di misure a carico delle autonomie speciali, in attesa del raggiungimento dell’accordo.
La disposizione oggi impugnata regola appunto l’ipotesi che l’accordo non si perfezioni nei termini previsti, e, a tal fine, recupera l’ultimo degli obiettivi concordati, apportandovi correttivi già operanti in forza delle disposizioni normative che pongono contributi a carico delle autonomie speciali, comunque dovuti in forza delle specifiche norme di legge che già li prevedono.
In tal modo la disposizione impugnata fa salvo, come è possibile, il principio consensualistico, integrandolo con quanto prescritto da specifiche norme di legge, la cui legittimità costituzionale deve essere eventualmente contestata impugnando queste ultime nei termini stabiliti dall’ordinamento.
Né viene lesa l’autonomia finanziaria regionale, posto che si è in presenza di vincoli transitori al livello generale della spesa, che per lo più preservano l’autonomia regionale circa i modi di perseguimento dell’obiettivo programmato (sentenza n. 36 del 2004).
13.– La Regione autonoma Valle d’Aosta impugna anche l’art. 24-bis del d.l. n. 95 del 2012, con riferimento agli stessi parametri dedotti rispetto all’art. 16, commi 3 e 4. La disposizione impugnata contiene una clausola di salvaguardia, che, fermo restando il contributo di cui agli artt. 15 e 16, comma 3, stabilisce che il d.l. n. 95 del 2012 si applica alle autonomie speciali secondo le procedure previste dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione. La ricorrente lamenta che questa clausola non la sottrae all’applicazione dell’art. 16, commi 3 e 4, impugnati.
La questione è inammissibile per carenza di autonoma lesività della disposizione censurata.
Premesso che l’art. 16, commi 3 e 4, del d.l. n. 95 del 2012 è senza dubbio applicabile alle autonomie speciali, dato che le riguarda espressamente (sentenza n. 219 del 2013), va osservato che la norma impugnata non ha alcuna capacità lesiva laddove fa salve le procedure di attuazione degli statuti, mentre, come si è visto, l’applicabilità dell’art. 16, commi 3 e 4, alla ricorrente non dipende dalla clausola di salvaguardia, ma direttamente da queste disposizioni, che sono perciò le sole a poter essere impugnate allo scopo di rimuovere la pretesa violazione.
14.– La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia censura l’art. 16, comma 9, del d.l. n. 95 del 2012, secondo cui «Nelle more dell’attuazione delle disposizioni di riduzione e razionalizzazione delle Province è fatto comunque divieto alle stesse di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato».
La ricorrente osserva che la norma impugnata si collega al procedimento di riordino delle Province indicato dal successivo art. 17, anch’esso impugnato, e sostiene che la stessa è in contrasto con le competenze provinciali in materia di ordinamento degli enti locali e di finanza locale (art. 4, comma 1-bis, e 51 dello statuto).
Sulla questione è cessata la materia del contendere.
L’art. 17 del d.l. n. 95 del 2012 è stato infatti dichiarato costituzionalmente illegittimo con la sentenza n. 220 del 2013, e di conseguenza non può trovare applicazione un divieto che a tale disposizione era strettamente collegato, né la ricorrente ha dedotto che, nel breve periodo di vigenza della norma, essa ha impedito il perfezionamento di procedure di assunzione eventualmente in corso.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale promosse con i ricorsi indicati in epigrafe;
riuniti i giudizi,
1) dichiara estinti i processi relativamente alle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 16, commi 3 e 4, e 24-bis, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135, e dell’art. 1, comma 118, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), promosse dalla Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, dalla Provincia autonoma di Trento e dalla Provincia autonoma di Bolzano, con i ricorsi indicati in epigrafe;
2) dichiara cessata la materia del contendere sulle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 16, commi 3 e 4, e 24-bis del d.l. n. 95 del 2012, promosse, in riferimento agli artt. 117 e 119 della Costituzione, agli artt. 6, 7 e 8 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) e al principio di leale collaborazione, dalla Regione autonoma Sardegna, con il ricorso indicato in epigrafe;
3) dichiara cessata la materia del contendere sulle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 118, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), promosse, in riferimento agli artt. 3, 117 e 119 Cost., agli artt. 3, 4, 5, 6, 7 e 8 della legge costituzionale n. 3 del 1948 e al principio di leale collaborazione, dalla Regione autonoma Sardegna, con il ricorso indicato in epigrafe;
4) dichiara cessata la materia del contendere sulle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 8, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35 (Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 giugno 2013, n. 64, promosse, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., agli artt. 7 e 8 dello statuto regionale speciale e al principio di leale collaborazione, dalla Regione autonoma Sardegna, con il ricorso indicato in epigrafe;
5) dichiara cessata la materia del contendere sulle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, e dell’art. 1, comma 118, della legge n. 228 del 2012, promosse, in riferimento agli artt. 3, 116 e 119 Cost., agli artt. 49, 63 e 65 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia) e al principio di leale collaborazione, dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, con i ricorsi indicati in epigrafe;
6) dichiara cessata la materia del contendere sulle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 9, del d.l. n. 95 del 2012, promosse, in riferimento agli artt. 4, comma 1-bis, e 51 dello statuto regionale speciale, dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, con il ricorso indicato in epigrafe;
7) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 24-bis del d.l. n. 95 del 2012, promossa, in riferimento agli artt. 2, lettera a), 3, lettera f), 4, 12, 48-bis e 50 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta), e alla legge 26 novembre 1981, n. 690 (Revisione dell’ordinamento finanziario della regione Valle d’Aosta), nonché in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost. e ai principi di ragionevolezza e di leale collaborazione, quest’ultimo desunto dagli artt. 5 e 120 Cost., dalla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, con il ricorso indicato in epigrafe;
8) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, nel testo vigente a seguito dell’art. 11, comma 8, del d.l. n. 35 del 2013, e dell’art. 1, comma 469, della legge n. 228 del 2012, nonché le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 118, della legge n. 228 del 2012, promosse, in riferimento agli artt. 2, lettera a), 3, lettera f), 4, 12, 48-bis e 50 della legge costituzionale n. 4 del 1948, alla legge n. 690 del 1981, nonché in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost. e ai principi di ragionevolezza e di leale collaborazione, quest’ultimo desunto dagli artt. 5 e 120 Cost., dalla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, con i ricorsi indicati in epigrafe;
9) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 3, del d.l. n. 95 del 2012, nel testo vigente a seguito dell’art. 11, comma 8, del d.l. n. 35 del 2013, e dell’art. 1, comma 469, della legge n. 228 del 2012, promosse, in riferimento agli artt. 36 e 43 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), e all’art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria), dalla Regione siciliana, con il ricorso indicato in epigrafe;
10) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 118, della legge n. 228 del 2012, promosse, in riferimento all’art. 43 dello statuto regionale speciale, all’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965 e al principio di leale collaborazione, dalla Regione siciliana, con il ricorso indicato in epigrafe;
11) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 4, del d.l. n. 95 del 2012, promosse, in riferimento agli artt. 2, lettera a), 3, lettera f), 4, 12, 48-bis e 50 della legge costituzionale n. 4 del 1948, alla legge n. 690 del 1981, nonché in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost. e ai principi di ragionevolezza e di leale collaborazione, quest’ultimo desunto dagli artt. 5 e 120 Cost., dalla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 marzo 2015.
F.to:
Alessandro CRISCUOLO, Presidente
Giorgio LATTANZI, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 13 maggio 2015.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella Paola MELATTI