Ritenuto in fatto
1. – Con ricorso notificato il 24 dicembre 2008 e depositato il 2 gennaio 2009 (r. confl. enti n. 1 del 2009), la Regione siciliana ha sollevato – in riferimento all’art. 36 del proprio statuto (regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, recante «Approvazione dello Statuto della Regione siciliana», convertito dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2), agli artt. 2 e 4 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria), e agli artt. 1, 2-bis, 2-ter, 2-quater, del decreto del Presidente della Repubblica 17 dicembre 1953, n. 1113 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia di comunicazioni e trasporti) – conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione alla nota del Ministero dell’economia e delle finanze, Dipartimento ragioneria generale dello Stato - Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni - Ufficio IX, del 24 ottobre 2008, n. 0111774.
Premette la ricorrente che, con la nota impugnata, viene affermata la spettanza allo Stato delle entrate relative alle operazioni di motorizzazione effettuate in Sicilia e richieste in via telematica utilizzando il sistema informatico del Ministero, da soggetti “terzi” rispetto agli uffici pubblici, quali imprese di revisione o studi di consulenza, pur se riconosciuti ed autorizzati ad operare dall’Assessorato regionale del turismo, dei trasporti e delle comunicazioni.
La Regione riferisce che l’Assessorato regionale del turismo, dei trasporti e delle comunicazioni ha realizzato, nell’ambito di un programma di informatizzazione degli uffici della Sicilia, iniziative volte a semplificare e migliorare le procedure di pagamento ed accertamento delle entrate dei diritti di motorizzazione mediante la “smaterializzazione” dei bollettini di conto corrente postale. Tali diritti – in base al decreto dell’Assessorato del bilancio e delle finanze dell’8 agosto 2008 recante la ripartizione in capitoli delle unità revisionali di base del bilancio di previsione della Regione per l’anno finanziario 2008 – sono incamerati dalla Regione ai capitoli n. 1983 e n. 1984 dello stato di previsione delle entrate dell’Assessorato regionale, Rubrica Dipartimento trasporti, titolo I entrate correnti. Anche il Ministero dei Trasporti - Dipartimento dei trasporti terrestri – prosegue la ricorrente – ha avviato un analogo percorso di informatizzazione del sistema di pagamento, stipulando una convenzione in esclusiva con la s.p.a. Poste italiane; convenzione alla quale la Regione non ha aderito.
Riferisce, altresí che, a settembre e a novembre del 2007, l’amministrazione regionale ha invitato il Ministero dei Trasporti a fornire il programma applicativo per la connessione del sistema informatico regionale a quello nazionale; ha poi inviato la nota 8 febbraio 2008, n. 320, con cui ha richiesto l’accertamento delle entrate riscosse nel territorio della Regione. Il Ministero, con la nota 14 febbraio 2008, n. 0014656, ha comunicato di ritenere spettanti allo Stato le entrate relative alle operazioni effettuate in via telematica utilizzando il sistema informatico del Ministero, da soggetti “terzi” rispetto agli uffici pubblici, quali imprese di revisione o studi di consulenza, pur se riconosciuti ed autorizzati ad operare dall’Amministrazione regionale, e ha prospettato, in caso di disaccordo, l’interruzione dei collegamenti. Tale orientamento è stato poi ulteriormente precisato con la nota impugnata, con cui il Ministero ha affermato che alla Regione siciliana spettano le imposte di bollo riscosse nel suo territorio per l’effettuazione delle operazioni ma non anche i diritti costituenti corrispettivo di un servizio reso dallo Stato per mezzo dei soggetti privati convenzionati.
La ricorrente prosegue riferendo che, mentre attualmente gli utenti versano i diritti in conto corrente postale o con versamento telematico al Banco di Sicilia su capitoli di bilancio della Regione, il Ministero minaccia di interrompere il servizio informatico ove detti versamenti non vengano effettuati sul conto corrente postale intestato al Ministero stesso. La pretesa statale riguarderebbe la titolarità dei corrispettivi relativi a operazioni svolte da soggetti diversi dagli uffici periferici del Ministero dei trasporti trasferiti alla Regione ai sensi dell’art. 2, comma 1, del d.P.R. n. 1113 del 1953. La ricorrente richiama l’art. 2 del decreto-legge 21 dicembre 1966, n. 1090 (Disciplina dei diritti dovuti all’Ispettorato generale della motorizzazione civile e dei trasporti in concessione), convertito, con modificazioni, dalla legge 16 febbraio 1967, n. 14, a norma del quale: «in materia di veicoli a motori e della loro guida, di navi e galleggianti impiegati per la navigazione interna, i richiedenti sono tenuti a corrispondere i diritti specificati nella tabelle da 1 a 6 annesse al presente decreto, comprensivi delle spese per moduli di domanda e stampati, nonché di ogni altra spesa e prestazione relative alle operazioni richieste». Richiama altresí l’art. 3 dello stesso decreto-legge, il quale prevede che detti diritti, unitamente alle imposte di bollo inerenti alle domande ed ai documenti, sono pagati dagli interessati anticipatamente, mediante versamento in conto corrente postale. Ricorda, poi, che l’art. 4, comma 171, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004) ha previsto un processo di semplificazione di procedure e adempimenti di competenza del Ministero dei trasporti, attraverso una gestione informatizzata di tutti i pagamenti su conto corrente postale a qualsiasi titolo dovuti; processo da attuarsi mediante convenzione con la s.p.a. Poste italiane, attraverso la realizzazione, gestione e sviluppo di infrastrutture tecnologiche, procedure applicative e informazione dell’utenza. Tale convenzione consente attualmente che i pagamenti vengano corrisposti in tutto il territorio con modalità telematica.
Quanto agli evocati artt. 1, 2-bis, 2-ter e 2-quater del d.P.R. n. 1113 del 1953, la ricorrente evidenzia che essi prevedono che: a) «1. La regione siciliana esercita, nell’àmbito del proprio territorio, tutte le attribuzioni degli organi centrali e periferici dello Stato nelle materie concernenti le comunicazioni e i trasporti regionali di qualsiasi genere, ai sensi dell’articolo 20 e in relazione all’articolo 17, primo comma, lettera a), dello statuto. 2. La regione siciliana esercita nell’àmbito del proprio territorio tutte le attribuzioni degli organi periferici dello Stato in materia di motorizzazione, con l’esclusione delle competenze dei centri prova autoveicoli di cui all’articolo 15 della legge 1° dicembre 1986, n. 870, e successive modifiche e integrazioni, ai sensi dell’articolo 20, comma primo, secondo periodo, e comma secondo dello statuto, secondo le direttive del Governo dello Stato» (art. 1); b) «1. Al fine di assicurare il piú efficace coordinamento tra le attività dell’Amministrazione statale e di quella regionale in ordine alle funzioni trasferite dal comma 2 dell’articolo 1 ed in particolare allo scopo di conseguire l’uniforme attuazione sul territorio dell’attività relativa a quanto stabilito dal codice della strada in materia di attrezzature, di operazioni tecniche e di effettuazione di esami di guida, è costituito presso la regione siciliana un comitato di coordinamento composto da due funzionari designati dal Ministero dei trasporti e della navigazione, da due funzionari designati dal presidente della regione e da un esperto della materia, che funge da presidente, designato di comune accordo dal Ministro e dal presidente della regione. Le determinazioni del comitato sono comunicate agli organi competenti dello Stato e della regione siciliana» (art. 2-bis); c) «Al fine di garantire la necessaria uniformità operativa per quanto concerne le funzioni svolte con l’ausilio dell’informatica, gli uffici di cui all’articolo 2, comma 1, utilizzano le procedure dei sistemi informativi automatizzati del Ministero dei trasporti e della navigazione e i protocolli di trasmissione compatibili con il medesimo sistema informativo» (art. 2-ter, comma 1); d) «La determinazione dei rimborsi spettanti alla regione siciliana per le spese sostenute in ordine all’esercizio delle funzioni di cui all’articolo 1, comma 2, al netto dei proventi derivanti dalle operazioni svolte dagli uffici di cui all’articolo 2, comma 1, che affluiscono direttamente alla regione, è effettuata con cadenza biennale mediante intesa tra il Governo ed il presidente della regione, in modo da assicurare risparmi di spesa per il bilancio dello Stato» (art. 2-quater, comma 1); e) «I costi sostenuti dalla regione siciliana in sede di determinazione dei rimborsi sono quantificati sulla base» dei costi di personale e di funzionamento da determinare in misura pari alla media nazionale per uffici corrispondenti per tipo di funzioni e carichi di lavoro, contabilizzata ogni biennio e delle spese per investimenti da determinare entro i limiti di quanto preventivamente concordato per ogni biennio (art. 2-quater, comma 2).
La ricorrente lamenta che, da tale complesso di disposizioni, il Ministero ricava che i corrispettivi relativi alle operazioni svolte da soggetti diversi dagli uffici periferici trasferiti, e cioè dai cosiddetti sportelli telematici dell’automobilista e dai centri di revisione, non spettano alla Regione, nonostante tali soggetti svolgano attività a tutti gli effetti assimilabili a quelle esercitate presso gli uffici provinciali della motorizzazione. Contraddittoriamente cioè – ad avviso della stessa ricorrente – il Ministero conclude che alla Regione competono soltanto i proventi derivanti dalle operazioni svolte dagli uffici della motorizzazione trasferiti; e ciò, perché il Ministero stesso sostiene di essere il soggetto erogatore del servizio, con conseguente lesione delle attribuzioni costituzionali regionali.
In particolare, la pretesa dello Stato sui diritti di motorizzazione violerebbe gli artt. 1, 2-bis, 2-ter, 2-quater del d.P.R. n. 1113 del 1953.
Sostiene la ricorrente di avere, ai sensi dell’art. 17, lettera a), dello statuto di autonomia, una competenza legislativa concorrente in materia di trasporti di interesse regionale, esercitata al fine di soddisfare le condizioni particolari e gli interessi propri della Regione. Ai sensi del successivo art. 20 dello statuto, il Presidente e gli Assessori regionali svolgono anche funzioni amministrative proprie nelle materie di cui agli artt. 14, 15 e 17 e, secondo le direttive del Governo, nelle altre materie non comprese nei predetti articoli.
Ricorda la stessa ricorrente che: a) nell’ambito delle norme di attuazione in materia di trasporti, l’evocato art. 1 del d.P.R. n. 1113 del 1953 attribuisce alla Regione tutte le competenze degli organi centrali e periferici dello Stato nelle materie concernenti le comunicazioni ed i trasporti regionali e l’esercizio di tutte le attribuzioni degli organi periferici dello Stato in materia di motorizzazione; b) l’art. 2 dello stesso decreto, per l’esercizio del trasferimento delle funzioni di cui al precedente articolo, prevede il passaggio alle dipendenze della Regione degli uffici periferici del ministero dei trasporti (salvo i centri prova dei veicoli a motore e dispositivi di cui alla legge 10 dicembre 1986, n. 870); c) il successivo art. 2-quater prevede il sistema di determinazione dei rimborsi spettanti alla Regione per l’esercizio delle spese sostenute in ordine all’esercizio delle funzioni di cui al precedente art. 1, comma 2; spese dalle quali vanno sottratti i proventi direttamente percepiti dagli uffici trasferiti, che affluiscono alla Regione.
L’introduzione a livello nazionale dello sportello telematico dell’automobilista, ad opera del d.P.R. 19 settembre 2000, n. 358 – prosegue la Regione – ha comportato che le imposte e i diritti relativi alle operazioni di motorizzazione espletabili mediante la procedura di sportello telematico e indicati nella circolare ministeriale 6 maggio 2003, n. 1670/M360, vengano dagli operatori privati, autorizzati ad avvalersi del servizio, direttamente versati allo Stato e non piú agli uffici periferici regionali e, per essi, all’Istituto cassiere, con l’indebita conseguenza dell’attribuzione allo Stato di un gettito che spetterebbe, invece, alla Regione.
La ricorrente lamenta che la legge istitutiva dello sportello dell’automobilista non avrebbe mai potuto modificare le norme statutarie e quelle di attuazione che attribuiscono alla Regione tutti i diritti spettanti per le operazioni svolte dagli uffici di motorizzazione trasferiti, operazioni alle quali vanno assimilate quelle svolte dai centri privati autorizzati dalla stessa Regione. A tale conclusione non potrebbe ostare l’evocato art. 2-quater del d.P.R. n. 1113 del 1953 – il quale prevede l’afflusso diretto alle casse regionali delle sole entrate direttamente percepite dagli uffici trasferiti – perché tale disposizione «non consente di sottrarre artatamente le funzioni trasferite agli uffici regionali attribuendo allo Stato i servizi affidati in concessione a soggetti privati ma che andrebbero svolti dagli uffici aventi sede nella Regione siciliana». Sempre per la ricorrente, la tesi di controparte, se ritenuta per ipotesi fondata, «condurrebbe ad una onerosa ed illogica partita di giro, in quanto, diminuendo le entrate derivanti dalle operazioni direttamente svolte dagli uffici pubblici, comporterebbe la necessaria e proporzionale variazione in aumento del contributo statale di cui all’art. 2-quater» del d.P.R. n. 1113 del 1953. Tale tesi, sarebbe, peraltro, «basata su una speciosa attribuzione allo Stato del servizio, enfatizzando il momento “informatico” senza tener conto del fatto che, se il soggetto che effettua la digitazione dell’operazione non è un dipendente degli uffici della motorizzazione della Sicilia, non va trascurato che a fronte di tale minima circostanza rimangono invece in capo ai suddetti uffici tutte le attività antecedenti e consequenziali, previste dalla legge»; e, in particolare: a) il rilascio delle autorizzazioni e la stipula delle convenzioni con i privati; b) l’acquisizione, i controlli e la successiva archiviazione della documentazione inerente la singola operazione di revisione effettuata dalle imprese di cui all’art. 80 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada); c) i controlli sia tecnici che amministrativi sulle revisioni effettuate da tali imprese; d) la gestione delle richieste di documentazione e di verifica avanzate dagli organi di polizia e la tenuta degli archivi; e) i controlli relativi allo sportello telematico dell’automobilista e tutte le attività riguardanti le verifiche amministrative, compresa l’archiviazione e la custodia dei fascicoli.
2. – Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo il rigetto del ricorso.
La difesa dello Stato rileva preliminarmente l’inammissibilità del conflitto, perché «la posizione dell’Amministrazione statale in ordine alla spettanza allo Stato delle entrate relative alle operazioni di motorizzazione di cui si discute è stata espressa per la prima volta con la nota 14/2/2008 n. 0014656 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti […] non impugnata, e solo ribadita dal Ministero dell’Economia e delle Finanze con la nota 24/10/2008 n. 0111774 […] oggetto del presente ricorso».
Per il resistente, il ricorso è, comunque, infondato nel merito, in primo luogo, perché le entrate relative alle operazioni di motorizzazione non sono riconducili alla categoria dei tributi di cui all’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965. Esse, infatti, non sarebbero «un prelievo coattivo di ricchezza operato dallo Stato o altro Ente Pubblico, destinato al soddisfacimento di bisogni pubblici e rapportato alla capacità contributiva, presa a base e giustificazione del concorso alla spesa pubblica di cui all’art. 53 della Costituzione». Sarebbero, invece, riconducibili alla categoria giuridica della tariffa, che «si configura come corrispettivo-copertura, versato da un cittadino in riferimento ad un servizio richiesto ed erogato».
Sempre per il resistente, sussiste un secondo profilo di infondatezza del ricorso. Rileva la difesa dello Stato che l’art. 80 del d.lgs. n. 285 del 1992, disciplinando i criteri, modi e tempi per l’effettuazione della revisione generale o parziale delle categorie di veicoli a motore e dei loro rimorchi, contempla al comma 8 la possibilità, per il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di affidare in concessione quinquennale le suddette revisioni ad imprese di autoriparazione che abbiano determinate caratteristiche. A ciò deve aggiungersi che l’art. 2-ter del d.P.R. n. 1113 del 1953 prevede che gli uffici di cui all’art. 2, comma 1, utilizzano le procedure dei sistemi informativi automatizzati del Ministero e i protocolli di trasmissione compatibili con il medesimo sistema informativo.
3. – Con memoria depositata in prossimità dell’udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri ha ribadito quanto già sostenuto nell’atto di costituzione, aggiungendo, quale ulteriore motivo di inammissibilità del conflitto, che quest’ultimo «non sembra configurare alcuna reale vindicatio potestatis quanto esclusivamente una vindicatio rei». Si tratterebbe, cioè di una pretesa a contenuto esclusivamente patrimoniale che non coinvolge, neppure mediatamente, l’accertamento della violazione di norme attributive di competenza di rango costituzionale.
4. – Con ricorso notificato il 10 settembre 2009 e depositato il 17 settembre 2009 (r. confl. enti n. 7 del 2009), la Regione siciliana ha sollevato – in riferimento all’art. 36 dello statuto di autonomia, agli artt. 2 e 4 del d.P.R. n. 1074 del 1965 e agli artt. 1, 2-bis, 2-ter, 2-quater, del d.P.R. n. 1113 del 1953 – conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione ai seguenti atti: a) decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi e statistici del 10 luglio 2009, n. 0003662; b) circolare del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi e statistici del 10 luglio 2009, R.U. 70058, di attuazione del suddetto decreto; c) decreto del Ministro dei trasporti del 5 marzo 2008, n. 66T, in quanto allegato alla predetta circolare.
Tali atti sono impugnati «in relazione alla implicita affermazione della spettanza allo Stato delle entrate relative alle operazioni di motorizzazione effettuate dai centri privati di revisione dei veicoli operanti in Sicilia ed effettuate in via telematica utilizzando il sistema informatico del Ministero e della minacciata sospensione dei collegamenti telematici in caso di mancato versamento dei diritti».
Lamenta, in particolare, la ricorrente che il Ministero ha fornito istruzioni ai centri di revisione privati operanti sul territorio nazionale, senza escludere quelli operanti in Sicilia, indicando le modalità di versamento allo Stato dei diritti concernenti le operazioni di revisione dei veicoli a motore con modalità di versamento diretto allo Stato operanti dal 17 agosto 2009. Le nuove procedure – prosegue la ricorrente – prevedono che, in mancanza di versamento allo Stato dei diritti di motorizzazione, i centri di revisione non potranno continuare a fruire del collegamento telematico col Ministero per l’elaborazione e la stampa dei tagliandi di revisione.
La Regione formula due motivi di censura
Con il primo motivo, si deduce la violazione degli artt. 1, 2-bis, 2-ter, 2-quater del d.P.R. n. 1113 del 1953, che reca le norme di attuazione dello statuto speciale in materia di comunicazione e trasporti.
Al riguardo, la Regione svolge argomentazioni analoghe a quelle svolte nel conflitto n. 1 del 2009, affermando di avere, ai sensi dell’art. 17, lettera a), e dell’art. 20 dello statuto speciale, la competenza legislativa concorrente e la competenza amministrativa in materia di trasporti di interesse regionale. Sostiene, inoltre, che: a) l’art. 1 del d.P.R. n. 1113 del 1953 le ha attribuito, in materia di comunicazione e di trasporti regionali, le competenze degli organi centrali e periferici dello Stato e, in materia di motorizzazione, le competenze degli organi periferici dello Stato; b) l’art. 2 del citato d.P.R. n. 1113 del 1953 ha previsto in via generale il passaggio alle dipendenze della regione degli uffici periferici del ministero dei trasporti; c) l’art. 2-quater dello stesso decreto ha previsto il sistema di determinazione dei rimborsi spettanti alla Regione per l’esercizio delle spese sostenute in ordine all’esercizio di tali funzioni; «spese dalle quali vanno sottratti i “proventi” direttamente percepiti dagli uffici trasferiti e che affluiscono alla regione».
Con il secondo motivo di doglianza, la ricorrente deduce la violazione dell’art. 36 dello statuto di autonomia e degli artt. 2 e 4 del d.P.R. n. 1074 del 1965, in quanto tali norme attribuirebbero alla Regione siciliana tutte le entrate tributarie erariali, in qualsiasi modo denominate, il cui presupposto d’imposta si sia verificato nell’àmbito della stessa Regione – con le eccezioni previste dal secondo comma dell’art. 36 dello statuto, e dall’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965 –, incluse quelle che, sebbene relative a fattispecie tributarie maturate nell’àmbito regionale, affluiscono, per esigenze amministrative, ad uffici finanziari situati fuori dal territorio della Regione.
La ricorrente rileva, in proposito, che i diritti di motorizzazione «non appaiono qualificabili come entrate derivanti da un’attività economica svolta dal Ministero delle infrastrutture, ma costituiscono un tributo obbligatorio per un servizio (la revisione periodica) del pari obbligatorio». Per la Regione, tali diritti «non si configurano come la remunerazione di una prestazione economica (le operazioni tecniche di revisione sono oggetto di separato pagamento al centro di revisione) ma costituiscono vere e proprie “tasse” corrisposte in relazione al servizio richiesto e che, relative ad operazioni effettuate in Sicilia, vanno attribuite alla regione stessa». Essi, infatti, «non possono che avere la stessa natura tributaria riconosciuta da codesta Corte con sentenza n. 156/1990 ai diritti di segreteria sui contratti e sugli altri atti rogati o ricevuti in forma pubblica amministrativa o a mezzo di scrittura privata», sul rilievo che «il criterio distintivo della tassa, o piú in generale del tributo, dal corrispettivo è il carattere di funzione pubblica alla quale si riferisce la riscossione».
La Regione sostiene, inoltre, che la revisione dei veicoli ben può essere assimilata alla revisione delle patenti di guida, che deve essere considerata attività amministrativa regionale.
5. – Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo il rigetto del ricorso.
La difesa dello Stato rileva preliminarmente l’inammissibilità del conflitto, perché la posizione dell’Amministrazione statale in ordine alla spettanza allo Stato delle entrate relative alle operazioni di motorizzazione di cui si discute è stata espressa per la prima volta con la nota 14 febbraio 2008, n. 0014656, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti non impugnata, e solo ribadita con la nota 24 ottobre 2008, n. 0111774, oggetto del conflitto n. 1 del 2009.
Per il resistente, il ricorso è, comunque, infondato nel merito, in primo luogo, perché le entrate relative alle operazioni di motorizzazione non sono riconducibili alla categoria giuridica del tributo, ma a quella della tariffa, che «si configura come corrispettivo-copertura, versato da un cittadino in riferimento ad un servizio richiesto ed erogato».
Infatti, le suddette entrate sono i corrispettivi delle attività di cui all’art. 80, comma 13, del d.lgs. n. 286 del 2000, consistenti nella verifica della correttezza dei versamenti e delle operazioni di revisione ed aggiornamento manuale della carta di circolazione; attività che, nella procedura informatizzata, corrispondono al «servizio reso dal CED del Ministero Infrastrutture attraverso il sistema informatizzato deputato dal Codice della Strada alla gestione, alla tenuta e all’aggiornamento dell’Archivio Nazionale dei Veicoli».
Anche dall’intenzione del legislatore – prosegue la difesa dello Stato – risulta che i prelievi di cui è causa hanno natura di tariffe. Infatti, i tre decreti ministeriali (decreto 10 novembre 1994, n. 751, art. 2, comma 1; decreto 22 marzo 1999, n. 143, art. 2, comma 1; decreto 2 agosto 2007, n. 161, art. 2) che, nel tempo, ne hanno fissato gli importi vi si riferiscono espressamente come a una «tariffa».
Né potrebbe ritenersi che la Regione abbia correttamente operato ponendo in essere una propria e distinta procedura informatizzata per l’accertamento delle entrate dei diritti di motorizzazione attraverso la smaterializzazione dei bollettini di conto corrente postale. Il resistente rileva, sul punto, che l’evocato articolo 2-ter del d.P.R. n. 1113 del 1953 prevede che gli uffici di cui all’articolo 2, comma 1, utilizzano i sistemi informativi automatizzati del Ministero dei trasporti e della navigazione e i protocolli di trasmissione compatibili con il medesimo sistema informativo; con la duplice conseguenza che «certamente la Regione siciliana avrebbe potuto fruire delle procedure dei sistemi informativi automatizzati dell’Amministrazione centrale e dei protocolli di trasmissione con essi compatibili», ma non esiste alcun «obbligo per l’Amministrazione centrale di predisporre protocolli per consentire l’accesso ai sistemi operativi del proprio CED di un diverso sistema (che peraltro si avvale del portale di un ente privato) predisposto dalla Regione».
Con riferimento alla tesi della ricorrente, secondo la quale i proventi dei diritti di motorizzazione le dovrebbero essere destinati in quanto funzionali all’espletamento di una serie di attività che gli uffici della Regione esercitano in maniera prodromica alla concessione e, successivamente, in sede di vigilanza amministrativa sui soggetti concessionari, l’Avvocatura dello Stato svolge le seguenti considerazioni: a) tale affermazione contraddice la tesi della stessa Regione, secondo cui i diritti di cui trattasi costituiscono una “tassa”; b) «gli importi da corrispondersi sul c/c 9001 “diritti di motorizzazione” […] costituiscono evidentemente il rimborso del costo dell’operazione informatizzata di verifica delle operazioni di revisione e rilascio dei tagliandi di aggiornamento nonché contributo alla gestione e alla tenuta dell’Archivio Nazionale dei Veicoli»; c) tali importi sono definiti dalla tabella 3, punto 2, della legge n. 870 del 1986, «la quale ricomprende anche i diritti di motorizzazione per l’ipotesi di duplicati di patente o di carta di circolazione per smarrimento o furto: tutte procedure gestite, con modalità informatizzate, a livello centrale, per le quali mai è stata messa in discussione la spettanza dei diritti in parola allo Stato, proprio perché questi costituivano la determinazione amministrativa del costo del servizio reso attraverso tali procedure»; d) la procedura afferente alla revisione tecnica delle patenti è attività amministrativa della Regione siciliana, perché è gestita esclusivamente dagli uffici provinciali della Regione stessa, senza che l’amministrazione statale debba fare nulla; al contrario, l’attività di rinnovo di validità della patente richiede la stampa in sede centralizzata del tagliando di convalida, e pertanto pacificamente richiede la corresponsione dei diritti di motorizzazione all’Amministrazione centrale.
In conclusione, per la difesa dello Stato, risulta evidente che, a fronte di un’operazione di revisione periodica di veicolo, devono essere corrisposti, a titolo di tariffa: i diritti di motorizzazione, quale rimborso forfetario del servizio reso dal CED del Ministero, nonché «l’importo di 45 euro, quale remunerazione – di importo determinato in via amministrativa – del servizio reso dall’officina». Costituisce, invece, vera e propria tassa il versamento dell’imposta di bollo.
6. – Con unica memoria depositata in prossimità dell’udienza in relazione sia al conflitto n. 1 del 2009 sia al conflitto n. 7 del 2009, la Regione siciliana ha ribadito quanto già richiesto e ha svolto alcune considerazioni in punto di fatto.
La ricorrente evidenzia, in particolare, che «prima dell’attivazione del portale dell’Automobilista, il data base era tenuto dal Ministero ed aperto all’immissione dei dati da parte dei concessionari regionali senza che la corresponsione dei diritti alla Regione fosse stata mai contestata. Il mero trasferimento da parte del Ministero del data base ad un soggetto convenzionato attiene al momento finale delle operazione di revisione e non giustifica la pretesa, comunque sproporzionata, di una innovazione delle modalità di erogazione del servizio che giustifichi anche la spettanza allo Stato dei diritti connessi. Questi, infatti, spettano ancora all’Amministrazione regionale che eroga materialmente il servizio attraverso propri concessionari e svolge tutte le attività che stanno a monte della registrazione del dato finale». Evidenzia, inoltre, la stessa ricorrente che la semplice variazione delle modalità di gestione dell’archivio telematico non può esonerare il Ministero dall’obbligo di assicurare alla Regione, e per essa ai soggetti privati concessionari, l’accesso al suo data base.
7. – Con memoria depositata in prossimità dell’udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri ha ribadito quanto già sostenuto nell’atto di costituzione.
Con separata istanza, ha richiesto la trattazione congiunta dei giudizi per conflitto fra enti n. 1, n. 7, n. 13 e n. 14 del 2009.
8. – Con ricorso notificato il 23 novembre 2009 e depositato il 27 novembre successivo (r. confl. enti n. 13 del 2009), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato ha sollevato – in riferimento agli artt. 114, 120 e 117, primo comma, Cost. (quest’ultimo per il tramite della Direttiva CE del Consiglio 29 aprile 1999, n. 1999/37/CE, relativa ai documenti di immatricolazione dei veicoli), al principio di leale collaborazione, nonché all’art. 36 dello statuto speciale e agli artt. 1, commi 2 e 4, e 2-ter del d.P.R. n. 1113 del 1953 – conflitto di attribuzione nei confronti della Regione siciliana, in relazione ai seguenti atti: a) il decreto del dirigente generale del Dipartimento regionale trasporti e comunicazioni e del ragioniere generale della Ragioneria generale della Regione siciliana del 28 luglio 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana del 21 agosto 2009, parte I, n. 39, con il quale viene dato «incarico all’Istituto Cassiere di provvedere a partire dal 17 agosto 2009 oltre che al rilascio della ricevuta dell’avvenuto pagamento anche al rilascio del tagliando di revisione secondo le vigenti specifiche, integrato con l’intestazione “Regione siciliana - Dipartimento comunicazioni e trasporti”»; b) la circolare dell’Assessorato del turismo, delle comunicazioni e dei trasporti del 18 agosto 2009, n. 5, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana del 28 agosto 2009, parte I, n. 40, con cui si da attuazione al suddetto decreto, definendo, tra l’altro, le caratteristiche dei tagliandi di revisione emessi e illustrando le modalità di accesso al servizio di verifica dell’autenticità dei tagliandi di revisione emessi dalle imprese di autoriparazione aventi sede in Sicilia, dandone comunicazione, tra l’altro, alle forze di polizia; c) la nota del dirigente generale del Dipartimento regionale trasporti e comunicazioni della Regione siciliana del 25 agosto 2009, protocollo n. 471, con cui viene comunicato al Ministero dei trasporti il contenuto dei suddetti provvedimenti e si richiede al Ministero stesso un incontro al fine di stabilire le modalità operative concernenti la «necessaria integrazione» dei dati relativi alle revisioni effettuate in Sicilia dalle imprese di autoriparazione «con quelli contenuti nel data base nazionale».
Il ricorrente – dopo avere svolto preliminarmente argomentazioni analoghe a quelle già svolte nei suoi atti difensivi nei giudizi per conflitto di attribuzione n. 1 e n. 7 del 2009 – lamenta che gli atti censurati ledono le attribuzioni che gli derivano dagli evocati parametri.
Essi violerebbero, in primo luogo, l’art. 1, commi 2 e 4, del d.P.R. n. 1113 del 1953, perché le indicate modalità di rilascio dei tagliandi di aggiornamento della carta di circolazione per avvenuta revisione dei veicoli compromettono l’uniformità sul territorio nazionale delle operazioni tecniche concernenti la completezza dell’archivio nazionale dei veicoli di cui all’art. 226 del codice della strada e sulla circolazione internazionale.
Sarebbe violato, in secondo luogo, l’art. 36 dello statuto di autonomia, perché gli atti censurati attribuiscono alla Regione siciliana i diritti relativi alle operazioni di motorizzazione, pur avendo questi natura non di tributi (come richiesto dallo statuto d’autonomia), ma di tariffa e, pertanto, non essendo di spettanza regionale.
Il ricorrente lamenta, in terzo luogo, la violazione dell’art. 2-ter del d.P.R. n. 1113 del 1953, sostenendo che gli atti impugnati pongono in essere una propria e distinta procedura informatizzata per l’accertamento dei diritti di motorizzazione attraverso la «smaterializzazione dei bollettini di conto corrente postale».
È evocato, in quarto luogo, l’art. 117, primo comma, Cost., per il tramite del diritto comunitario in tema di archivio nazionale dei veicoli (Direttiva CE del Consiglio 29 aprile 1999, n. 1999/37/CE), sul rilievo che non è propria «delle attribuzioni degli organi periferici dello Stato la decisione unilaterale di: sospendere l’aggiornamento dell’archivio nazionale dei veicoli da parte delle officine site sul territorio siciliano; costituire […] un archivio separato da quello nazionale per la registrazione delle revisioni effettuate; provvedere autonomamente all’aggiornamento di un documento nazionale, emesso dalle strutture centrali dello Stato sulla base di standard comunitari (la carta di circolazione)».
Gli atti oggetto di ricorso si porrebbero, in quinto luogo, in contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., per il tramite del diritto comunitario in tema di circolazione dei veicoli e controlli di polizia – rappresentato da numerosi regolamenti e direttive soltanto indicati nel ricorso – perché ostacolano il controllo della polizia italiana e dei paesi dell’Unione effettuato mediante l’«anagrafe nazionale dei veicoli (CED motorizzazione)».
Sarebbe violato, in settimo luogo, l’art. 120 della Costituzione, perché gli atti in questione pongono limitazioni alla libertà di circolazione.
Sono evocati, in ottavo luogo, l’art. 114 Cost. e il principio di leale collaborazione, sul rilievo che la Regione non ha competenza ad adottare gli atti oggetto di conflitto e, in ogni caso, avrebbe dovuto attendere l’esito del giudizio per conflitto n. 1 del 2009.
9. – Si è costituita la Regione siciliana, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o, in subordine, infondato, sulla base di argomentazioni analoghe a quelle svolte nei giudizi r. confl. enti n. 1 e n. 7 del 2009.
Quanto alle singole censure, la resistente rileva che: a) l’obbligo di utilizzare le procedure dei sistemi informativi automatizzati del Ministero dei trasporti si applica solo agli uffici trasferiti alla Regione e non anche alle officine di autoriparazione, con la conseguenza che la Regione, nel raccogliere i dati delle revisioni effettuate da queste ultime, «ha esercitato autonomamente le proprie funzioni, senza violare alcuna disposizione di legge»; b) «la produzione autonoma del tagliando di revisione da parte della Regione non crea alcun problema nella circolazione comunitaria», anche perché «vi sono paesi europei nei quali l’annotazione dell’esito delle revisioni differisce da un ente territoriale rispetto ad un altro di uno stesso Stato»; c) «l’intento della Regione non è quello di sospendere l’aggiornamento dell’archivio nazionale dei veicoli, avendo manifestato ripetutamente la volontà di trasferire i dati con le modalità stabilite dal Ministero dei Trasporti»; d) l’unico servizio reso dal Ministero in materia di motorizzazione consiste nel consentire la consultazione dell’archivio nazionale dei veicoli per mezzo di un portale pubblico (il portale dell’automobilista); e) il diritto comunitario non è violato, perché le operazioni di revisione vengono espletate con le stesse modalità vigenti in campo comunitario e nazionale, le caratteristiche del tagliando riportante l’esito della revisione sono le stesse di quelle dei tagliandi stampati nelle altre Regioni, ad eccezione dell’annotazione “Regione siciliana”; f) il principio di leale collaborazione non è violato, perché «la stampa dei tagliandi da parte della Regione a seguito delle revisioni non altera il sistema unitario di archiviazione dei dati se non per il rifiuto del Ministero di recepire quelli raccolti in Sicilia senza il pagamento allo Stato dei diritti controversi».
10. – Con memoria depositata in prossimità dell’udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri ha ribadito quanto già sostenuto nel ricorso.
11. – Con ricorso notificato il 23 novembre 2009 e depositato il 2 dicembre successivo (r. confl. enti n. 14 del 2009), la Regione siciliana ha sollevato – in riferimento agli artt. 17, lettera a), e 20 dello statuto speciale e agli artt. 1, comma 1, e 2-ter del d.P.R. n. 1113 del 1953 – conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione alla nota del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 14 settembre 2009, n. 75/RC, che rifiuta «l’integrazione dei dati relativi alla revisione degli autoveicoli raccolti dall’Istituto cassiere della Regione con l’Archivio nazionale veicoli».
La ricorrente svolge preliminarmente argomentazioni analoghe a quelle già svolte nei ricorsi per conflitto di attribuzione n. 1 e n. 7 del 2009 e lamenta, nel merito, che l’atto censurato lede le attribuzioni che le derivano dagli evocati parametri, perché fa venire meno l’obbligo del Ministero di consentire l’accesso ai propri sistemi informativi da parte sia degli uffici trasferiti alla Regione sia dei centri privati che agiscono su autorizzazione di tali uffici e, di conseguenza, «impedisce alla regione il corretto ed utile esercizio delle funzioni amministrative proprie e reca disagio agli utenti che, effettuata in Sicilia la revisione presso un centro autorizzato e pur ottenendo l’annotazione della revisione sulla propria carta di circolazione non possono registrare tale operazione presso l’Archivio nazionale».
12. – Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo il rigetto del ricorso e rilevando preliminarmente l’inammissibilità del conflitto, sulla base di argomentazioni analoghe a quelle già svolte in relazione ai giudizi r. confl. enti n. 1 e n. 7 del 2009.
13. – Con memoria depositata in prossimità dell’udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri ha ribadito quanto già sostenuto nell’atto di costituzione.
Considerato in diritto
1. – La Regione siciliana (r. confl. enti n. 1, n. 7 e n. 14 del 2009) ha proposto ricorsi per conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione a diversi atti del Ministero dell’economia e delle finanze, aventi ad oggetto la spettanza delle entrate relative alle operazioni di motorizzazione effettuate in Sicilia da soggetti quali imprese di revisione o studi di consulenza riconosciuti ed autorizzati ad operare dall’Assessorato regionale del turismo, dei trasporti e delle comunicazioni e le modalità di collegamento di tali soggetti al sistema informatico statale.
Il Presidente del Consiglio dei ministri (r. confl. enti n. 13 del 2009) ha proposto ricorso per conflitto di attribuzione nei confronti della Regione siciliana, in relazione a diversi atti della stessa Regione, aventi anch’essi ad oggetto la spettanza delle entrate relative alle operazioni di motorizzazione effettuate in Sicilia da soggetti privati autorizzati e le modalità di collegamento di tali soggetti al sistema informatico statale.
2. – I proposti ricorsi prospettano motivi di impugnazione analoghi, avendo per oggetto – come visto – la spettanza allo Stato o alla Regione siciliana delle entrate relative alle operazioni di motorizzazione effettuate in Sicilia da soggetti terzi rispetto agli uffici pubblici, nonché le modalità di collegamento al sistema informatico dello Stato. Tali elementi di connessione inducono a disporre la riunione dei giudizi, perché questi siano congiuntamente trattati e decisi.
3. – In relazione ai ricorsi proposti dalla Regione siciliana, l’Avvocatura generale dello Stato ha sollevato un’eccezione preliminare di inammissibilità, rilevando che gli atti impugnati con i conflitti n. 1, n. 7 e n. 14 del 2009 hanno carattere meramente confermativo o consequenziale rispetto alla nota del Ministero dei trasporti, Dipartimento trasporti terrestri, personale, affari generali e pianificazione generale dei trasporti, 14 febbraio 2008, n. 0014656 - Dip. 4, con la quale lo Stato aveva già rivendicato a sé le entrate relative alle operazioni di motorizzazione effettuate in Sicilia da soggetti quali imprese di revisione o studi di consulenza riconosciuti ed autorizzati ad operare dall’Assessorato regionale del turismo, dei trasporti e delle comunicazioni e aveva già affermato la necessità che detti soggetti fossero collegati al sistema informatico statale, secondo le modalità fissate dallo stesso Ministero.
Rileva la difesa erariale che tale ultima nota non è stata impugnata, con la conseguenza che l’affermazione della spettanza allo Stato delle entrate che ne sono oggetto non può piú essere contestata.
L’eccezione è fondata.
3.1. – Con il ricorso r. confl. enti n. 1 del 2009, la Regione siciliana ha sollevato – in riferimento all’art. 36 del proprio statuto (regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, recante «Approvazione dello Statuto della Regione siciliana», convertito dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2), agli artt. 2 e 4 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria), e agli artt. 1, 2-bis, 2-ter, 2-quater, del decreto del Presidente della Repubblica 17 dicembre 1953, n. 1113 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia di comunicazioni e trasporti) – conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione alla nota del Ministero dell’economia e delle finanze, Dipartimento ragioneria generale dello Stato - Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni - Ufficio IX, del 24 ottobre 2008, n. 0111774. La ricorrente lamenta che, con la nota impugnata, viene affermata la spettanza allo Stato delle entrate relative alle operazioni di motorizzazione effettuate in Sicilia da soggetti «terzi» rispetto agli uffici pubblici, quali imprese di revisione o studi di consulenza, pur se riconosciuti ed autorizzati ad operare dall’Assessorato regionale del turismo, dei trasporti e delle comunicazioni.
Con il ricorso r. confl. enti n. 7 del 2009, la Regione siciliana ha sollevato – in riferimento ai medesimi parametri di cui al precedente ricorso – conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione ai seguenti atti: a) il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi e statistici del 10 luglio 2009, n. 0003662; b) la circolare del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi e statistici del 10 luglio 2009, R.U. 70058, di attuazione del suddetto decreto; c) il decreto del Ministro dei trasporti del 5 marzo 2008, n. 66T, in quanto allegato alla predetta circolare. La ricorrente censura tali atti «in relazione alla implicita affermazione della spettanza allo Stato delle entrate relative alle operazioni di motorizzazione effettuate dai centri privati di revisione dei veicoli operanti in Sicilia ed effettuate in via telematica utilizzando il sistema informatico del Ministero e della minacciata sospensione dei collegamenti telematici in caso di mancato versamento dei diritti».
Con il ricorso r. confl. enti n. 14 del 2009, la Regione siciliana ha sollevato – in riferimento agli artt. 17, lettera a), e 20 dello statuto speciale e agli artt. 1, comma 1, e 2-ter del d.P.R. n. 1113 del 1953 – conflitto di attribuzione, in relazione alla nota del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 14 settembre 2009, n. 75/RC, lamentando che con tale atto lo Stato rifiuta «l’integrazione dei dati relativi alla revisione degli autoveicoli raccolti dall’Istituto cassiere della Regione con l’Archivio nazionale veicoli».
3.2. – Deve rilevarsi preliminarmente che il presupposto di fatto da cui muove la difesa dello Stato – secondo cui gli atti impugnati con i conflitti n. 1, n. 7 e n. 14 del 2009 hanno carattere meramente confermativo o consequenziale rispetto ad una precedente nota ministeriale – è corretto.
La nota 14 febbraio 2008, n. 0014656, è stata impugnata dalla Regione siciliana con ricorso per conflitto di attribuzione. Tuttavia, tale ricorso è stato dichiarato inammissibile da questa Corte, per difetto di notificazione, con l’ordinanza n. 409 del 2008.
Secondo quanto emerge dalla prospettazione della stessa Regione, gli atti impugnati con i ricorsi n. 1, n. 7 e n. 14 del 2009 hanno un contenuto confermativo di quello della suddetta nota. La ricorrente sostiene, infatti, che anch’essi sono diretti ad affermare la spettanza allo Stato delle entrate relative alle operazioni di motorizzazione effettuate in Sicilia da soggetti privati riconosciuti ed autorizzati ad operare dall’Assessorato regionale del turismo, dei trasporti e delle comunicazioni ed ad imporre che tali soggetti siano collegati al sistema informatico statale, secondo le modalità fissate dallo Stato.
3.3. – Si pone, quindi, il problema se l’impugnazione, tramite ricorso per conflitto fra enti, di un atto che conferma, riproduce o attua il contenuto di un precedente atto sia preclusa dalla mancata valida impugnazione dell’atto originario.
Al problema deve essere data soluzione positiva, nel senso della sussistenza di una tale preclusione.
La giurisprudenza di questa Corte afferma infatti, fin dalle sue prime pronunce, che il conflitto di attribuzione è ammissibile allorché la lesione della competenza derivi immediatamente e direttamente dall’atto impugnato ed è, invece, inammissibile qualora l’atto impugnato «ripeta identicamente il contenuto o […] costituisca una mera e necessaria esecuzione» di un altro atto «che ne costituisca il precedente logico e giuridico» (sentenze n. 472 del 1975, n. 32 del 1958 e n. 18 del 1956). In altri termini, in relazione ad atti meramente confermativi o consequenziali, il «conflitto difetterebbe degli essenziali requisiti dell’originarietà e dell’attualità, dovendosi in tali ipotesi riconoscere che […] il ricorso rivolto alla prospettazione del conflitto […] avrebbe dovuto essere avanzato a proposito dell’atto che lo aveva causato, […] entro il relativo termine» (sentenza n. 206 del 1975).
In particolare, questa Corte ha ripetutamente sottolineato «l’inammissibilità dei ricorsi per conflitto di attribuzione proposti contro atti meramente consequenziali (confermativi, riproduttivi, esplicativi, esecutivi, etc.) rispetto ad atti anteriori, non impugnati, con i quali era già stata esercitata la competenza contestata (v., ad esempio, sentenze n. 63 del 1965, n. 94 e n. 112 del 1972, n. 28 del 1979). In tali ipotesi, infatti, si verifica una decadenza dall’esercizio dell’azione, che, a differenza delle posizioni sostanziali, è pur sempre disponibile, per il fatto che in siffatta evenienza, attraverso l’impugnazione dell’atto meramente consequenziale, si tenta, in modo surrettizio, di contestare giudizialmente l’atto di cui quello impugnato è mera conseguenza e per il quale è già inutilmente spirato il termine» di sessanta giorni stabilito dal secondo comma dell’art. 39 della legge 11 marzo 1953, n. 87, entro il quale il ricorso doveva essere proposto (sentenza n. 525 del 1990; in senso analogo, sentenza n. 84 del 1976).
Tale orientamento deve qui essere confermato.
Infatti, la decadenza fissata dall’art. 39 della legge n. 87 del 1953 non ha nulla a che vedere con la disponibilità della competenza costituzionale, perché ha per oggetto l’esercizio dell’azione diretta alla proposizione del conflitto, «azione che, a differenza delle posizioni sostanziali, è pur sempre disponibile» (sentenza n. 525 del 1990). Ne consegue l’impossibilità di mettere in discussione il riparto delle competenze costituzionali, impugnando atti meramente confermativi o consequenziali rispetto ad altri per i quali sia già inutilmente spirato il termine di proponibilità del ricorso.
Non potrebbe osservarsi al riguardo che il conflitto deve essere in ogni caso ammesso, in quanto la sua mancata proposizione entro il termine decadenziale di sessanta giorni, fissato dall’art. 39 della legge n. 87 del 1953, si risolverebbe altrimenti in un non consentito atto di disposizione dell’attribuzione costituzionale da parte dell’ente. In questo senso hanno argomentato alcune non recenti pronunce di questa Corte (sentenze n. 171 del 1971, n. 3 del 1964, n. 58 del 1959, n. 77 del 1958, n. 44 del 1957), cui fanno mero richiamo le sentenze n. 95 del 2003 e n. 389 del 1995, sul rilievo che oggetto del conflitto non è tanto la legittimità dell’atto che l’ha generato, quanto la lesione delle attribuzioni costituzionali dell’ente; attribuzioni che non sono disponibili, perché discendono direttamente da norme costituzionali, con la conseguenza che ad esse non può applicarsi l’istituto dell’acquiescenza.
Tale interpretazione non può peraltro essere condivisa.
In primo luogo, va rilevato che, benché l’oggetto del conflitto sia la lesione delle attribuzioni costituzionali dell’ente, all’accertamento di tale lesione si può pervenire solo attraverso la tempestiva impugnazione dell’atto che si assume l’abbia prodotta. Infatti, l’indicato art. 39 individua, quale condizione necessaria per promuovere il conflitto, l’impugnazione dell’atto, precisando che «Il ricorso per regolamento di competenza deve indicare come sorge il conflitto di attribuzione e specificare l’atto dal quale sarebbe stata invasa la sfera di competenza, nonché le disposizioni della Costituzione e delle leggi costituzionali che si ritengono violate».
In secondo luogo, va osservato che la Corte – nelle citate sentenze n. 95 del 2003, n. 389 del 1995, n. 58 del 1993 e n. 278 del 1991 – fa rientrare nella nozione di acquiescenza anche il caso in cui l’ente titolare della competenza costituzionale non impugni l’atto che lede tale competenza nel termine decadenziale di sessanta giorni; considera, cioè, il mancato rispetto di tale termine quale atto di disposizione della competenza da parte dell’ente. Questa interpretazione conduce, però, alla conseguenza di attribuire all’ente un’assoluta discrezionalità nel decidere quale atto impugnare nell’àmbito di una successione di atti di contenuto analogo parimenti lesivi di una stessa competenza costituzionale, conseguenza che è vietata dallo stesso art. 39 della legge n. 87 del 1953, il quale – come appena visto – allo scopo di garantire la certezza dell’assetto delle competenze costituzionali, stabilisce il momento a partire dal quale tale assetto non può piú essere contestato mediante lo strumento del conflitto. Appare, perciò, evidente che detta decadenza dalla proposizione del conflitto costituisce un’ipotesi del tutto diversa da quella dell’acquiescenza ad atti di disposizione della competenza costituzionale – vietata invece dall’ordinamento – quali sono quelli di rinuncia (espressa o per comportamenti concludenti) ad impugnare l’atto lesivo manifestata prima della scadenza del termine decadenziale.
3.5. – Ne deriva, in conclusione, che nei conflitti fra enti la mancata impugnazione di un atto preclude l’impugnazione di atti che rispetto a questo siano meramente confermativi, riproduttivi o esecutivi. Pertanto, nel caso in esame, deve essere dichiarata l’inammissibilità dei ricorsi n. 1, n. 7 e n. 14 del 2009, perché gli atti impugnati hanno un contenuto che conferma quello della nota del Ministero dei trasporti, Dipartimento trasporti terrestri, personale, affari generali e pianificazione generale dei trasporti, 14 febbraio 2008, n. 0014656 - Dip. 4, non validamente impugnata.
4. – Quanto al conflitto r. confl. enti n. 13 del 2009, proposto dallo Stato nei confronti della Regione, va preliminarmente rilevato che esso ha per oggetto: a) il decreto del dirigente generale del Dipartimento regionale trasporti e comunicazioni e del ragioniere generale della Ragioneria generale della Regione siciliana del 28 luglio 2009, con il quale viene dato «incarico all’Istituto Cassiere di provvedere a partire dal 17 agosto 2009 oltre che al rilascio della ricevuta dell’avvenuto pagamento anche al rilascio del tagliando di revisione secondo le vigenti specifiche, integrato con l’intestazione “Regione siciliana - Dipartimento comunicazioni e trasporti”»; b) la circolare dell’Assessorato del turismo, delle comunicazioni e dei trasporti del 18 agosto 2009, n. 5, con cui si attua il suddetto decreto, definendo, tra l’altro, le caratteristiche dei tagliandi di revisione emessi e illustrando le modalità di accesso al servizio di verifica dell’autenticità dei tagliandi di revisione emessi dalle imprese di autoriparazione aventi sede in Sicilia, dandone comunicazione, tra l’altro, alle forze di polizia; c) la nota del dirigente generale del Dipartimento regionale trasporti e comunicazioni della Regione siciliana del 25 agosto 2009, protocollo n. 471, con cui viene comunicato al Ministero dei trasporti il contenuto dei suddetti provvedimenti e si richiede al Ministero stesso un incontro al fine di stabilire le modalità operative concernenti la «necessaria integrazione» dei dati relativi alle revisioni effettuate in Sicilia dalle imprese di autoriparazione «con quelli contenuti nel data base nazionale».
Lo Stato lamenta la lesione di diverse sue competenze costituzionali, fra cui quelle fissate dall’art. 1, commi 2 e 4, e dall’art. 2-ter del d.P.R. n. 1113 del 1953. Tali parametri sarebbero violati perché: a) le modalità di rilascio dei tagliandi di aggiornamento della carta di circolazione per avvenuta revisione dei veicoli previste dagli atti censurati compromettono l’uniformità sul territorio nazionale e nell’àmbito della circolazione internazionale delle operazioni tecniche concernenti la completezza dell’archivio nazionale dei veicoli di cui all’art. 226 del codice della strada; b) gli atti impugnati pongono in essere una propria e distinta procedura informatizzata per l’accertamento dei diritti di motorizzazione attraverso la «smaterializzazione dei bollettini di conto corrente postale».
La censura è fondata, con conseguente assorbimento delle altre censure proposte.
L’art. 2-ter del d.P.R. n. 1113 del 1953, evocato dalla ricorrente, è evidentemente finalizzato a garantire l’uniformità delle operazioni di revisione su tutto il territorio nazionale, attraverso l’utilizzazione di un sistema informatico centralizzato. Esso, infatti, stabilisce, al comma 1, che «Al fine di garantire la necessaria uniformità operativa per quanto concerne le funzioni svolte con l’ausilio dell’informatica, gli uffici di cui all’articolo 2, comma 1, utilizzano le procedure dei sistemi informativi automatizzati del Ministero dei trasporti e della navigazione e i protocolli di trasmissione compatibili con il medesimo sistema informativo». In altri termini, spetta allo Stato e non alla Regione siciliana stabilire le modalità operative del sistema e i protocolli di funzionamento, cui tutti gli utenti senza distinzioni devono adeguarsi, cosí evitando anche ricadute negative in sede di concreta applicazione da parte delle competenti autorità amministrative.
Ne consegue l’illegittimità dei provvedimenti impugnati, perché, secondo l’evocata norma di attuazione statutaria, la Regione siciliana non può creare un proprio sistema informatico e propri tagliandi di revisione diversi da quelli statali, né può pretendere che lo Stato modifichi i protocolli di accesso al proprio sistema per consentire un’integrazione con il sistema informatico della Regione.