Titolo
SENT. 32/93 A. 'REFERENDUM' - GIUDIZIO DI AMMISSIBILITA' - PROCEDIMENTO - SOGGETTI ED ORGANI LEGITTIMATI A INTERVENIRE - SOGGETTI DIVERSI DA PRESENTATORI, DELEGATI E GOVERNO - ESCLUSIONE - FATTISPECIE.
Testo
La possibilita' di intervenire nei giudizi relativi alla ammissibilita' delle richieste referendarie e' limitata - dall'art. 33, comma terzo, L. n. 352 del 1970 - ai soli presentatori o delegati ed al Governo, con esclusione di altri soggetti. (Nella specie, la Corte ha dichiarato inammissibile l'intervento del "Comitato per la difesa ed il rilancio della Costituzione" nel giudizio di ammissibilita' del 'referendum' sul sistema di elezione del Senato della Repubblica). - Cfr. S. n. 47/1991.
Altri parametri e norme interposte
legge
25/05/1970
n. false
art. 33
co. 3
Titolo
SENT. 32/93 B. 'REFERENDUM' - 'REFERENDUM' ABROGATIVO SU LEGGI ELETTORALI RELATIVE AD ORGANI COSTITUZIONALI O DI RILEVANZA COSTITUZIONALE - AMMISSIBILITA' - CONDIZIONI.
Testo
Le leggi elettorali relative ad organi costituzionali o di rilevanza costituzionale sono assoggettabili a 'referendum' popolare abrogativo, alla duplice condizione che i quesiti siano omogenei e riconducibili a una matrice razionalmente unitaria, e ne risulti una coerente normativa residua, immediatamente applicabile, in guisa da garantire, pur nell'eventualita' di inerzia legislativa, la costante operativita' dell'organo; quando siano rispettate tali condizioni, e' di per se' irrilevante il modo di formulazione del quesito, che puo' anche includere singole parole o singole frasi della legge prive di autonomo significato normativo, se l'uso di questa tecnica e' imposto dall'esigenza di "chiarezza, univocita' e omogeneita' del quesito" e di "una parallela lineare evidenza delle conseguenze abrogative", si' da consentire agli elettori l'espressione di un voto consapevole. - Cfr. S. n. 47/1991.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 75
Titolo
SENT. 32/93 C. 'REFERENDUM' - ABROGAZIONE REFERENDARIA - NORMATIVA DI RISULTA - MODIFICAZIONE DA PARTE DEL LEGISLATORE ORDINARIO - POSSIBILITA' - LIMITE - DIVIETO DI FAR RIVIVERE LA NORMATIVA ABROGATA.
Testo
A seguito di abrogazione referendaria, il legislatore puo' correggere, modificare o integrare la disciplina di risulta, nei limiti del divieto di formale o sostanziale ripristino della normativa abrogata dalla volonta' popolare. - S. n. 468/1990.
Titolo
SENT. 32/93 D. ELEZIONI - ELEZIONI POLITICHE - SISTEMA ELETTORALE DEL SENATO DELLA REPUBBLICA - DISCIPLINA VIGENTE - RICHIESTA DI 'REFERENDUM' ABROGATIVO - AMMISSIBILITA'.
Testo
La richiesta di 'referendum' popolare per l'abrogazione, in piu' parti, degli artt. 17, comma secondo, 18, comma primo, e 19, commi primo, secondo, terzo e ottavo, L. 6 febbraio 1948 n. 29, modificata dalla L. 23 gennaio 1992 n. 33, mira - attraverso l'eliminazione del 'quorum' del 65 per cento dei voti validi richiesto per la proclamazione dell'eletto nel collegio, nonche' attraverso ulteriori modifiche strettamente conseguenziali e coerenti con detta soppressione - a sostituire il vigente sistema di elezione del Senato della Repubblica con un sistema misto prevalentemente maggioritario (e, precisamente, maggioritario con unico turno per i 238 seggi da assegnare nei collegi, proporzionale per i 77 seggi aggiuntivi), ma senza alterare - a differenza dell'analoga richiesta del 1990, dichiarata inammissibile - la sequenza temporale delle operazioni relative all'assegnazione dei seggi, e senza precludere la presentazione delle candidature per gruppi ai quali i candidati aderiscono con l'accettazione. La normativa risultante dall'eventuale approvazione dell'odierna proposta referendaria, se puo' dar luogo a inconvenienti, non incide tuttavia sull'operativita' del sistema elettorale, ne' paralizza la funzionalita' dell'organo, potendo comunque il legislatore correggere, modificare o integrare la disciplina residua. Pertanto, la richiesta in esame va dichiarata ammissibile. - Sull'inammissibilita' della precedente richiesta, v. S. n. 47/1991.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 75
Riferimenti normativi
legge
06/02/1948
n. 29
art. 17
co. 2
legge
06/02/1948
n. 29
art. 18
co. 1
legge
06/02/1948
n. 29
art. 19
co. 1
legge
06/02/1948
n. 29
art. 19
co. 2
legge
06/02/1948
n. 29
art. 19
co. 3
legge
06/02/1948
n. 29
art. 19
co. 8
legge
23/01/1992
n. 33
art. 0
co. 0
N. 32
SENTENZA 16 GENNAIO-4 FEBBRAIO 1993
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE,
prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI,
prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI,
prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando
SANTOSUOSSO;
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio sull'ammissibilità, ai sensi dell'art. 2, primo comma,
della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, della richiesta di
referendum popolare per l'abrogazione della legge 6 febbraio 1948, n.
29, recante "norme per la elezione del Senato della Repubblica",
limitatamente alle seguenti parti:
Articolo 17
secondo comma, così come modificato dall'art. 1 della legge 23
gennaio 1992, n. 33, limitatamente alle parole "comunque non
inferiore al 65 per cento del loro totale";
Articolo 18
primo comma, limitatamente alle parole "alla segreteria del
Senato, che ne rilascia ricevuta, qualora sia avvenuta la
proclamazione del candidato e, nel caso contrario";
Articolo 19
primo comma, limitatamente alle parole "o delle comunicazioni di
avvenuta proclamazione";
secondo comma, limitatamente alle parole "presentatisi nei
collegi";
terzo comma, così modificato dall'art. 1 della legge 28 aprile
1967, n. 262, limitatamente alla parola "suddetti";
ultimo comma, limitatamente alla parola "soltanto" nonché alle
parole "il candidato che in detto collegio ha ottenuto il maggior
numero di voti validi, e", iscritto al n. 50 del registro referendum.
Viste le ordinanze del 10 e 15 dicembre 1992 con le quali
l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione ha
dichiarato legittima la richiesta;
Udito nella camera di consiglio del 13 gennaio il Giudice relatore
Luigi Mengoni;
Uditi gli avvocati Paolo Barile, Nicolò Lipari e Valerio Onida,
per i presentatori del referendum.
Ritenuto in fatto
1. - L'Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la
Corte di Cassazione, in applicazione della legge 25 maggio 1970, n.
352, e successive modificazioni, ha esaminato la richiesta di referendum popolare presentata il 16 settembre 1991 da Mariotto Giovanni
Segni, Augusto Antonio Barbera ed altri diciassette cittadini
elettori, sui seguenti quesiti:
Volete voi che sia abrogata la legge 6 febbraio 1948, n. 29,
recante "norme per l'elezione del Senato della Repubblica",
limitatamente alle parti seguenti:
art. 17, secondo comma, limitatamente alle parole "al 65 per
cento dei votanti";
art. 18, primo comma, limitatamente alle parole "alla segreteria
del Senato, che ne rilascia ricevuta, qualora sia avvenuta la
proclamazione del candidato e, nel caso contrario";
art. 19, primo comma, limitatamente alle parole "o delle
comunicazioni di avvenuta proclamazione"; secondo comma,
limitatamente alle parole "presentatisi nei collegi"; terzo comma,
modificato dall'art. 1 della legge 26 aprile 1967, n. 262,
limitatamente alla parola "suddetti"; ultimo comma, limitatamente
alla parola "soltanto" nonché alle parole "il candidato che in detto
collegio ha ottenuto il maggior numero di voti validi, e"
2. - L'Ufficio centrale, verificata la regolarità della richiesta
e dopo avere modificato, con ordinanza del 10 dicembre 1992 - in
considerazione della intervenuta legge 23 gennaio 1992, n. 33 -
l'oggetto del quesito relativo all'art. 17, secondo comma, della
legge n. 29 del 1948, nei termini seguenti: "comunque non inferiore
al sessantacinque per cento del loro totale", ne ha dichiarato la
legittimità, con ordinanza del 15 dicembre 1992.
3. - Ricevuta la comunicazione dell'ordinanza dell'Ufficio
centrale, il Presidente di questa Corte ha fissato il giorno 13
gennaio 1993 per la conseguente deliberazione, dandone regolare
comunicazione.
4. - In data 24 dicembre 1992 i presentatori della richiesta di
referendum hanno depositato una memoria a sostegno
dell'ammissibilità dello stesso.
Una memoria di intervento è stata depositata anche dal "Comitato
per la difesa ed il rilancio della Costituzione", nella veste di
soggetto controinteressato all'ammissione del referendum proposto.
5. - Ad integrazione delle difese scritte, nella camera di
consiglio del 13 gennaio 1993 sono stati uditi, per i promotori del
referendum, gli avvocati Paolo Barile, Nicolò Lipari e Valerio
Onida.
Considerato in diritto
1. - Preliminarmente deve essere dichiarato inammissibile
l'intervento del "Comitato per la difesa ed il rilancio della
Costituzione" per le medesime ragioni già indicate nella sentenza n.
47 del 1991, contro le quali la memoria depositata dal Comitato non
ha addotto nuovi argomenti pertinenti alla questione della
legittimazione a interloquire sulla ammissibilità della richiesta di
referendum.
2. - Ai fini di tale giudizio occorre prendere le mosse dai
criteri elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte, e più
specificamente dalle premesse fissate dalla sentenza ora citata,
relativa a una richiesta avente oggetto e finalità analoghi a quella
in esame, ma formulata in termini diversi.
Sono assoggettabili a referendum popolare anche le leggi
elettorali relative ad organi costituzionali o di rilevanza
costituzionale, alla duplice condizione che i quesiti siano omogenei
e riconducibili a una matrice razionalmente unitaria, e ne risulti
una coerente normativa residua, immediatamente applicabile, in guisa
da garantire, pur nell'eventualità di inerzia legislativa, la
costante operatività dell'organo.
Quando siano rispettate tali condizioni, è di per sé irrilevante
il modo di formulazione del quesito, che può anche includere singole
parole o singole frasi della legge prive di autonomo significato
normativo, se l'uso di questa tecnica è imposto dall'esigenza di
"chiarezza, univocità e omogeneità del quesito" e di "una parallela
lineare evidenza delle conseguenze abrogative", sì da consentire
agli elettori l'espressione di un voto consapevole.
3. - Il fine intrinseco dell'atto abrogativo proposto e le
conseguenze dell'abrogazione sono apprensibili con chiarezza e
compiutezza dal primo quesito, concernente l'art. 17, secondo comma,
della legge n. 29 del 1948, nel testo modificato dalla legge n. 33
del 1992. Fine intrinseco è l'eliminazione del quorum del 65 per
cento dei voti validi prescritto nell'inciso finale per la
proclamazione dell'eletto nel collegio, che finora ha reso di fatto
inoperante, tranne in uno o due casi isolati, il criterio
maggioritario enunciato nella prima parte del comma; conseguenza
dell'abrogazione è la sostituzione del sistema attuale con un
sistema misto prevalentemente maggioritario, e precisamente
maggioritario con unico turno per i 238 seggi da assegnare nei
collegi, proporzionale per i restanti 77 seggi aggiuntivi (pari a
circa il 25 per cento del totale di 315).
Questa conseguenza si produce necessariamente in base alla
disciplina residua dell'art. 17, secondo comma, senza alterare "la
sequenza temporale delle operazioni relative all'assegnazione dei
seggi, così come disciplinata nell'art. 19" (cfr. sent. n. 47 del
1991 cit., punto 5 in diritto): il candidato designato dal voto
maggioritario è proclamato eletto dal presidente dell'ufficio
elettorale circoscrizionale, a norma dell'art. 17, prima dell'inizio
delle operazioni regolate dall'art. 19, non, alla fine di queste, dal
presidente dell'ufficio regionale a norma dell'ultimo comma dell'art.
19, come prevedeva la richiesta referendaria del 1990 dichiarata
inammissibile. Il significato normativo dell'art. 19 viene ridefinito
alla stregua di una rilettura della legge che valorizza la potenziale
coerenza funzionale della sua struttura logico-sistematica col
principio maggioritario corretto, in una certa misura, dal principio
proporzionale. Con tale principio non appare incompatibile nemmeno
l'art. 9, che prescrive la presentazione delle candidature "per
gruppi ai quali i candidati aderiscono con l'accettazione".
4. - Le ulteriori modifiche della legge n. 29 del 1948, proposte
in ordine agli artt. 18 e 19, sono strettamente conseguenziali
all'abrogazione parziale dell'art. 17, secondo comma, nei termini e
con gli esiti suddetti.
La più importante investe l'art. 19, secondo comma, espungendo
l'inciso "presentatisi nei collegi", il quale determina
l'inutilizzabilità, ai fini del calcolo della cifra elettorale dei
singoli gruppi di candidati, di tutti i voti espressi nei collegi in
cui è avvenuta la proclamazione dell'eletto ai sensi dell'art. 17.
Nel sistema risultante dall'abrogazione del quorum del 65 per cento,
l'assegnazione di tutti i 238 seggi col criterio maggioritario
comporterebbe l'azzeramento dei voti validi espressi dagli elettori,
rendendo impossibile l'assegnazione dei restanti 77 seggi col
criterio proporzionale. La soppressione dell'inciso modifica la
regola in guisa da escludere dalla base di calcolo i soli voti
ottenuti dai candidati proclamati eletti nei collegi col sistema
maggioritario.
Tale modifica - oltre a richiedere una lieve correzione formale
dell'art. 19, terzo comma, dove non ha più senso l'aggettivo
"suddetti", essendo caduto il suo referente nel comma precedente -
esige a sua volta che, venuta meno l'alternativa del "caso contrario"
prevista nell'art. 18, primo comma, l'incidenza su questa norma
dell'abrogazione del quorum del 65 per cento sia rovesciata nel senso
di prevedere in ogni caso l'invio immediato di un esemplare del
verbale delle operazioni dell'ufficio circoscrizionale all'ufficio
regionale, senza di che questo non sarebbe in grado di calcolare le
cifre elettorali di gruppo. Non per ciò il Senato resta escluso da
ogni comunicazione: resta fermo l'obbligo dei presidenti degli uffici
circoscrizionali di dare immediata notizia alla segreteria del Senato
dell'avvenuta proclamazione degli eletti col sistema maggioritario
(art. 17, terzo comma).
All'alternativa formulata nell'art. 18, primo comma, è correlata,
in termini invertiti, l'alternativa prevista nell'art. 19, primo
comma, la quale, pertanto, deve pure essere eliminata, non potendo
più verificarsi il caso di invio all'ufficio elettorale regionale
soltanto della comunicazione di avvenuta proclamazione ai sensi
dell'art. 17, anziché di un esemplare del verbale delle operazioni
elettorali dell'ufficio circoscrizionale.
Infine la richiesta in esame provvede coerentemente a modificare
l'ultimo comma dell'art. 19 sostituendo all'attuale fattispecie, che
non avrebbe più senso dopo l'eliminazione del quorum del 65 per
cento, l'ipotesi di parità di voti conseguiti dai candidati più
votati in un collegio. Provvede allora alla proclamazione
dell'eletto, dopo gli opportuni accertamenti, il presidente
dell'ufficio regionale scegliendo il candidato più anziano di età.
5. - La Corte non si nasconde che la normativa di risulta può dar
luogo ad inconvenienti, ad esempio per ciò che riguarda, da un lato,
la diseguale proporzione in cui l'uno e l'altro sistema di elezione
sarebbero destinati ad operare nelle singole regioni, dall'altro -
fermi restando gli artt. 9, secondo comma, e 28 della legge n. 29 del
1948 - gli effetti che il passaggio al sistema maggioritario semplice
determina in caso di ricorso alle elezioni suppletive, secondo la
legge 14 febbraio 1987, n. 31, al fine di ricoprire i seggi rimasti
vacanti per qualsiasi causa, e in particolare per effetto di
eventuali opzioni effettuate da candidati eletti in più collegi o
eletti contemporaneamente al Senato e alla Camera dei deputati. Ma
questi aspetti non incidono sull'operatività del sistema elettorale,
né paralizzano la funzionalità dell'organo, e pertanto non mettono
in causa l'ammissibilità della richiesta di referendum. Nei limiti
del divieto di formale o sostanziale ripristino della normativa
abrogata dalla volontà popolare (sent. 468 del 1990), il legislatore
potrà correggere, modificare o integrare la disciplina residua.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara ammissibile la richiesta di referendum popolare per
l'abrogazione, nelle parti indicate in epigrafe, degli artt. 17,
secondo comma, 18, primo comma, 19, primo, secondo, terzo e ottavo
comma, della legge 6 febbraio 1948, n. 29 (norme per la elezione del
Senato della Repubblica), modificata dalla legge 23 gennaio 1992, n.
33 (modificazioni alla legge 6 febbraio 1948, n. 29, sulla elezione
del Senato della Repubblica), richiesta dichiarata legittima
dall'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione
con ordinanza del 15 dicembre 1992.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 gennaio 1993.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: MENGONI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 4 febbraio 1993.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA