Titolo
SENT. 210/87 A. PARCHI NAZIONALI E RISERVE NATURALI - PARCO NAZIONALE DELLO STELVIO - GESTIONE - POTERE DI DIRETTIVA DEL MINISTRO DELL'AMBIENTE - RICORSO DELLE PROVINCE AUTONOME DI TRENTO E DI BOLZANO - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE.
Testo
La norma che attribuisce al Ministro dell'ambiente il potere di impartire direttive agli enti autonomi o agli organismi di gestione dei parchi nazionali, non lede le competenze delle Province autonome, in quanto, per quel che concerne il Parco nazionale dello Stelvio, trattasi di direttive rivolte all'Amministrazione delle foreste demaniali del Bormio (che fa parte dell'organizzazione statale) e finalizzate a tutelare interessi unitari di livello nazionale - connessi ad obiettivi scientifici, educativi e di protezione ambientale - con i quali devono armonicamente coordinarsi gli interessi meramente locali appartenenti alla sfera provinciale. (Non fondatezza della questione di legittimita` costituzionale dell'art. 5, L. 8 luglio 1986, n. 349, in riferimento agli artt. 8, nn. 5, 6, 16, 21; e 16, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige).
Parametri costituzionali
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 8
n.5
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 8
n.6
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 8
n.16
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 8
n.21
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 16
Riferimenti normativi
legge
08/07/1986
n. 349
art. 5
co. 0
Titolo
SENT. 210/87 B. PAESAGGIO (TUTELA DEL) - VALUTAZIONE DELL'"IMPATTO AMBIENTALE" E DETERMINAZIONE DELLE AREE AD ELEVATO RISCHIO DI CRISI AMBIENTALE - ATTRIBUZIONE AD ORGANI STATALI - POTERI SOSTITUTIVI IN CASO DI INERZIA DELLE REGIONI E PROVINCE AUTONOME - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE.
Testo
Non sono invasive delle competenze spettanti alle Province autonome le norme che attribuiscono al Ministro dell'ambiente il potere di valutare l'impatto ambientale di determinati progetti ed opere ed, eventualmente, ordinarne la sospensione; che demandano al Consiglio dei ministri il potere di dichiarare determinate aree ad elevato rischio ambientale e deliberare piani di disinquinamento; che, infine, consentono la sostituzione del predetto Ministro alle Regioni in caso di inadempimento degli obblighi che ad esse incombono. Lo spessore di tali poteri, attribuiti anche in funzione di indirizzo e coordinamento, si giustifica, infatti, per la sussistenza di specifici obblighi comunitari a precipuo carico dello Stato, e per la necessita` di cura e salvaguardia di interessi di livello nazionale e di valori costituzionali primari - quali l'ambiente e la salute (artt. 9 e 32 Cost.) - alla cui stregua e` in atto una riconsiderazione unitaria della tutela ambientale come diritto fondamentale della persona ed interesse fondamentale della collettivita`. (Non fondatezza della questione di legittimita` costituzionale degli artt. 6 e 7, L. 8 luglio 1986 n. 349, in riferimento all'art. 8, nn. 3, 4, 5, 6, 7,, 11, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 21 e 24; all'art. 9, nn. 9, 10 e 11; ed all'art. 16, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, e relative norme di attuazione). - v. S. nn. 151/1986 e 153/1986.
Parametri costituzionali
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 8
n.3
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 8
n.4
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 8
n.5
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 8
n.6
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 8
n.7
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 8
n.11
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 8
n.13
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 8
n.14
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 8
n.15
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 8
n.16
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 8
n.17
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 8
n.18
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 8
n.21
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 8
n.24
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 9
n.9
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 9
n.10
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 9
n.11
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 16
Riferimenti normativi
legge
08/07/1986
n. 349
art. 6
co. 0
legge
08/07/1986
n. 349
art. 7
co. 0
Titolo
SENT. 210/87 C. PAESAGGIO (TUTELA DEL) - ASSOCIAZIONI DI PROTEZIONE AMBIENTALE - POTERI - DESIGNAZIONE DI UNA PARTE DEI COMPONENTI DEL CONSIGLIO NAZIONALE PER L'AMBIENTE E DENUNZIA DI DANNO AMBIENTALE - ATTRIBUZIONE ALLE SOLE ASSOCIAZIONI A CARATTERE NAZIONALE O INTERREGIONALE - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE.
Testo
L'attribuzione alle sole associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale o interregionale dei poteri di presentare terne di candidati per la nomina a membri del Consiglio Nazionale per l'ambiente, di denunciare fatti produttivi di danno ambientale, di intervenire nei giudizi per il relativo risarcimento, e di promuovere i giudizi per l'annullamento degli atti illegittimi, non viola le competenze della Provincia autonoma di Bolzano, in quanto quest'ultima ha un proprio rappresentante in seno al Consiglio, e la facolta` di denuncia e` conferita anche alla Provincia ed al singolo cittadino. (Non fondatezza della questione di legittimita` costituzionale degli artt. 12, comma primo, lett. c), 13 e 18, L. 8 luglio 1986 n. 349, in riferimento agli artt. 2, 3, comma terzo, 8, nn. 3 e 4, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, ed all'art. 10 Cost. in relazione all'Accordo di Parigi del 5 settembre 1946).
Parametri costituzionali
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 2
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 3
co. 3
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 8
n.3
statuto regione Trentino Alto Adige
art. 8
n.4
Costituzione
art. 10
Altri parametri e norme interposte
trattato, accordo internazionale
05/09/1946
n. false
Riferimenti normativi
legge
08/07/1986
n. 349
art. 12
co. 1
legge
08/07/1986
n. 349
art. 13
co. 0
legge
08/07/1986
n. 349
art. 18
co. 4
legge
08/07/1986
n. 349
art. 18
co. 5
N. 210
SENTENZA 22-28 MAGGIO 1987
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Prof. ANTONIO LA PERGOLA, Presidente - Prof.
VIRGILIO ANDRIOLI - Dott. FRANCESCO SAJA - Prof. GIOVANNI CONSO -
Prof. ETTORE GALLO - Dott. ALDO CORASANITI - Prof. GIUSEPPE
BORZELLINO - Dott. FRANCESCO GRECO - Prof. RENATO DELL'ANDRO - Prof.
GABRIELE PESCATORE - Avv. UGO SPAGNOLI Prof. FRANCESCO PAOLO CASAVOLA
- Prof. ANTONIO BALDASSARRE - Prof. VINCENZO CAIANIELLO, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 5, 6, 7, 12,
comma primo, lett. c), 13 e 18, commi quarto e quinto della legge 8
luglio 1986 n. 349 (Istituzione del Ministero dell'ambiente e norme
in materia di danno ambientale), nonché della stessa legge in toto,
promossi con ricorsi delle Province autonome di Bolzano e di Trento
contro il Presidente del Consiglio dei ministri, notificati il 12
agosto 1986, depositati in cancelleria il 13 e 20 agosto 1986 ed
iscritti ai nn. 23 e 24 del registro ricorsi 1986.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell'udienza pubblica del 7 aprile 1987 il Giudice relatore
Francesco Greco;
uditi gli avvocati Giuseppe Guarino per la Provincia di Bolzano,
Valerio Onida per la Provincia di Trento e l'Avvocato dello Stato
Pier Giorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto:
1. - Con ricorso notificato il 12 agosto 1986 la Provincia autonoma
di Bolzano ha impugnato la legge 8 luglio 1986 n. 349 (Istituzione
del Ministero dell'Ambiente e norme in materia di danno ambientale)
in toto e con particolare riguardo agli artt. 5, 6, 7, 12 (comma
primo lett. c)), 13 e 18 (commi quarto e quinto), osservando che:
a) l'art. 5 attribuendo al Ministro dell'ambiente il potere di
impartire direttive agli enti di gestione dei parchi nazionali, senza
escluderne espressamente il parco dello Stelvio, viola l'art. 8, nn.
6 e 16, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e l'art. 3
del d.P.R. 22 marzo 1974 n. 279 contenente norme di attuazione. La
citata norma statutaria prevede, invero, la competenza provinciale
esclusiva in materia di tutela del paesaggio e dei parchi per la
protezione della flora e della fauna ed ha avuto attuazione con
l'art. 3 del d.P.R. n. 279/1974 che attribuisce alle Province
autonome di Trento e Bolzano, ciascuna per il rispettivo territorio,
le funzioni legislative ed amministrative concernenti il suddetto
parco nazionale. Ne consegue che l'attribuzione del menzionato potere
ad un organo statale si configura come penetrante e grave menomazione
di siffatte competenze provinciali, conservate anche nel d.P.R. 24
luglio 1977 n. 616.
b) L'art. 6 attribuisce al Ministro dell'ambiente il potere di
valutare l'impatto sull'ambiente stesso di determinati progetti di
opera e di ordinarne, se del caso, la sospensione; l'art. 7
ugualmente attribuisce ad organi ministeriali i poteri di dichiarare
determinate aree "ad elevato rischio di crisi ambientale" e di
deliberare un "piano di disinquinamento" nonché di provvedere in via
sostitutiva, rispetto alle regioni, alle misure occorrenti per
l'attuazione del piano medesimo. Tali norme dovrebbero ritenersi
inoperanti rispetto alla ricorrente, atteso che l'art. 9
dell'impugnata legge, nel prevedere la funzione statale di indirizzo
e coordinamento nelle materie della legge medesima, espressamente fa
"salve le attribuzioni delle regioni a statuto speciale e delle
province autonome di Trento e Bolzano nelle materie di loro esclusiva
competenza" ed il "rispetto degli statuti e delle norme di
attuazione". In via subordinata, peraltro, nell'eventualità che si
ritenesse accoglibile l'opposta soluzione, i citati artt. 6 e 7
dovrebbero essere giudicati in contrasto con gli artt. 8 (nn. 3, 4,
5, 6, 7, 13, 14, 15, 16, 21, 24), 9 (nn. 9 e 10) e 16 (comma primo)
dello statuto speciale e delle relative norme di attuazione (in
particolare: DD.PP.RR. 20 gennaio 1973 n. 115; 1_ novembre 1973 n.
690; 1_ novembre 1973 n. 691; 22 marzo 1974 n. 279; 22 marzo 1974 n.
381; 28 marzo 1975 n. 474 e successive modificazioni; 31 luglio 1978
n. 1017). Alla stregua di tale normativa sono, infatti, di esclusiva
competenza provinciale, oltre le già ricordate materie, anche la
tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare,
l'urbanistica e i piani regolatori, l'agricoltura, la cura del
patrimonio zootecnico ed ittico nonché di quello forestale, gli usi
civici, le opere di bonifica ed idrauliche di terza, quarta e quinta
categoria, l'utilizzazione delle acque pubbliche, la prevenzione ed
il pronto soccorso per calamità pubbliche, la disciplina di miniere,
cave e torbiere, della caccia e della pesca, dell'igiene e della
sanità: cioè materie nelle quali l'esercizio dei suddetti poteri da
parte dell'amministrazione statale, nei sensi previsti dalla
normativa censurata, verrebbe necessariamente ad interferire, con
conseguente compressione delle competenze provinciali esclusive.
c) Gli artt. 12, 13 e 18 della legge 349/1986 prevedono che le
associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale e quelle
presenti in almeno cinque regioni possono, se individuate con decreto
del ministro, presentare indicazioni per la nomina dei membri del
Consiglio nazionale per l'ambiente; denunciare fatti produttivi di
danno ambientale per sollecitare l'esercizio delle opportune azioni
risarcitorie da parte degli enti competenti; intervenire nei relativi
giudizi e promuovere quelli per l'annullamento di atti illegittimi.
Tali previsioni violano gli artt. 2, 3 (comma terzo), 8 (nn. 3 e 4)
dello statuto speciale e delle relative norme di attuazione (in
particolare DD.PP.RR. 1_ novembre 1973 n. 691 e 12 agosto 1976 n.
667, come successivamente modificato e integrato), nonché l'art. 10
Cost. (in relazione all'accordo di Parigi del 5 settembre 1946 noto
come accordo De Gasperi-Gruber). Il principio su cui riposa la
normativa testé citata è quello per cui ai cittadini della regione
è riconosciuta parità di diritti indipendentemente dal gruppo
linguistico di appartenenza, salvaguardandosi le rispettive
caratteristiche etniche e culturali. Da tale principio discende come
corollario la devoluzione alla esclusiva competenza provinciale delle
materie della tutela e conservazione del patrimonio storico,
artistico e popolare e degli usi e costumi locali, istituzioni
culturali aventi carattere provinciale, manifestazioni ed attività
artistiche, culturali ed educative locali. Per contro le norme
censurate disciplinano un'attività attinente anche allo sviluppo
culturale delle popolazioni stanziate nel territorio provinciale,
senza però adeguate garanzie di partecipazione, con parità di
diritti, di cittadini appartenenti a gruppi linguistici ed etnici non
italiani: tale partecipazione è, anzi, di fatto preclusa, essendo i
sopra descritti poteri riconosciuti soltanto ad associazioni di
rilievo nazionale o ultranazionale, le quali proprio per tali
requisiti non possono assicurare il dovuto peso alle istanze di
specifico interesse locale di cui possono essere, invece, portatori i
menzionati gruppi.
2. - Censure di illegittimità costituzionale degli artt. 5, terzo
comma, e 6 della legge 8 luglio 1986 n. 349 sono state proposte anche
dalla Provincia autonoma di Trento con ricorso notificato il 12
agosto 1986.
a) La censura concernente l'art. 5 è sostenuta con ragioni
sostanzialmente analoghe a quelle svolte dalla Provincia di Bolzano.
Si soggiunge che l'identificazione delle misure di tutela e delle
relative discipline concernenti il Parco dello Stelvio sono affidate
alle Province autonome, ancorché con la previsione (art. 3 d.P.R. n.
279/1974) di meccanismi paritari di intesa fra queste e lo Stato
sulla base di principi fondamentali di tutela stabiliti in materia
dagli accordi internazionali ed al fine di favorire l'omogeneità
delle discipline stesse. La norma censurata conferisce, invece, al
Ministro per l'ambiente un potere unilaterale di direttiva, in
assoluto contrasto con le prerogative provinciali nascenti dalla già
ricordata normativa di riferimento.
b) L'art. 6 è impugnato in riferimento agli artt. 8 (nn. 5, 6, 11,
13, 14, 16, 17, 18, 21 e 24), 9 (nn. 9, 10 e 11) e 16 del d.P.R. 31
agosto 1972 n. 670, nonché alle norme di attuazione di cui ai
DD.PP.RR. 22 marzo 1974 n. 381 e 28 marzo 1973 n. 474, ed al d.P.R.
10 settembre 1982 n. 915.
La norma censurata prevede bensì una valutazione dell'impatto
ambientale di determinate opere con il concorso anche della Regione
territorialmente interessata, ma poi rimette solo ad organi statali,
col semplice parere non vincolante della Regione stessa, la pronunzia
sulla compatibilità ambientale delle opere stesse che condizionano
l'approvazione del relativo progetto, impedendola, se negativa, salva
la contraria decisione del Consiglio dei ministri.
L'individuazione delle opere soggette alla valutazione suddetta è
rimessa al Presidente del Consiglio dei ministri che vi provvede con
proprio decreto, conformemente alla direttiva C.E.E. n. 85/337 del 27
giugno 1985. E tale direttiva prevede che siano sottoposti
obbligatoriamente a valutazione di impatto taluni progetti che sono
certamente di specifica competenza provinciale. Ciò dicasi con
riferimento agli impianti di eliminazione di rifiuti tossici e
pericolosi, soggetti ad autorizzazione provinciale ai sensi del
d.P.R. 10 settembre 1982 n. 915 ed effettivamente disciplinati con le
leggi provinciali 20 dicembre 1982 n. 29 e 27 febbraio 1986 n. 4.
Peraltro, anche nel novero di quei progetti che la citata direttiva
assoggetta a valutazione d'impatto quando gli Stati membri ritengono
che le loro caratteristiche lo richiedono, molti riguardano
ugualmente opere di sicura competenza provinciale, come quelli in
materia di agricoltura (art. 8 nn. 8, 16, 21 e 24 dello Statuto
speciale), di industria estrattiva (art. 8 n. 14), di attrezzature di
zone industriali, di sistemazione urbana, di impianti di risalita, di
strade, di opere di canalizzazione, di acquedotti, di posti turistici
locali, ecc. (art. 8 nn. 11, 17, 18 e 24; art. 9, n. 9, Statuto
speciale), di infrastrutture turistiche, di impianti di trattamento
di rifiuti, di depuratori, di depositi di fanghi, ecc. (art. 8, nn.
17 e 20 e art. 9, n. 10, Statuto speciale).
D'altra parte, la genericità della dizione della norma non si
presta ad una sua lettura riduttiva che la renda riferibile alle sole
opere di competenza statale: e, quand'anche ciò fosse possibile, ne
resterebbe nondimeno sacrificata la competenza provinciale in materia
di pianificazione ed assetto del territorio, posto che essa sussiste,
ai sensi degli artt. 8 (nn. 5 e 6) e 9 (n. 10) dello Statuto, anche
relativamente ad opere, interventi ed infrastrutture di competenza
statale (art. 20 d.P.R. n. 381/1974).
Sarebbe, poi, inesatto sostenere che la valutazione di impatto
ambientale rappresenti qualcosa di diverso e scindibile rispetto
all'esercizio delle attribuzioni relative alla realizzazione o
all'autorizzazione delle opere o degli interventi sì da poter essere
rimessa allo Stato anche se gli uni e le altre siano di competenza
provinciale; ciò per almeno due ragioni: in primo luogo perché
detta valutazione può, all'esito del relativo procedimento,
risultare preclusiva dell'opera di cui trattasi e, quindi,
ineluttabilmente interferente nel ruolo programmatorio e
discrezionale riservato, riguardo a tali opere o interventi, alla
compenza provinciale; ed in secondo luogo perché essa, proprio in
quanto intesa a verificare l'incidenza del progetto sul territorio e
sull'ambiente, non può non essere, di per sé, considerata come
precipua esplicazione di attribuzioni, in tema di assetto del
territorio, urbanistica e tutela dell'ambiente, che gli artt. 8 (nn.
5 e 6) e 9 (n. 10) vogliono riservate alla competenza della
Provincia.
A tutto si aggiungerebbe un ulteriore profilo di illegittimità
qualora la norma, nella parte concernente il parere della "Regione
interessata" dovesse letteralmente interpretarsi con la conseguenza
che le Province autonome si vedrebbero negato, in materia di loro
competenza, perfino questo ruolo meramente consultivo, esercitato, al
loro posto, dalla Regione Trentino-Alto Adige della quale esse fanno
territorialmente parte.
Per contro le censure di cui sopra non avrebbero ragione d'essere
ove la norma in questione venisse interpretata come riferibile alle
sole Regioni a statuto ordinario, con salvezza, quindi, delle
autonomie differenziate, ivi compresa quella della Provincia
ricorrente.
3. - Resiste ad entrambi i ricorsi il Presidente del Consiglio dei
ministri, per il tramite dell'Avvocatura dello Stato, che ha concluso
sollecitando la declaratoria di infondatezza delle questioni
sollevate ex adverso.
A) Per quanto concerne le censure svolte relativamente all'art. 5
dell'impugnata legge l'Avvocatura dello Stato osserva che:
a) l'istituto dei parchi nazionali è sopravvissuto all'attuazione
dell'autonomia regionale quale precipua espressione dell'interesse
dell'intera collettività nazionale alla protezione dell'ambiente
naturale. Di tale istituto manca però una disciplina organica di
tipo generale e ciascun parco è retto da una lex singularis di
fondazione e regolamentazione, intesa specialmente a stabilire il
"regime di tutela" del parco territorio, mediante prescrizioni,
divieti, limiti inerenti a beni o attività siti o da svolgersi
all'interno di tale territorio. Ciò vale anche per il Parco dello
Stelvio, fondato e regolato dalla legge 24 aprile 1935 n. 740 e dal
d.P.R. n. 1178/1951, che restano ancora in vigore, non essendo stata
esercitata, previa intesa con lo Stato, la potestà normativa
accordata, in materia, alle Province ricorrenti dall'art. 3 del
d.P.R. n. 279/1974.
b) Ciascun parco, però, e così pure quello dello Stelvio, non è
un'entità statica, ma per assolvere alle sue finalità istituzionali
necessita di un'attività di gestione e promozionale inerenti a
specifici e concreti problemi, difficilmente risolvibili a livello di
astratta previsione normativa. Ed appunto a tale attività è
riferibile il potere ministeriale di direttiva, che si configura come
uno strumento di propulsione e di potenziamento dell'attività
stessa, che, sia pure nel rispetto delle normative speciali di
ciascun parco, risponde all'imprescindibile esigenza di una
sovrintendenza unitaria, coerente al suddetto interesse della
collettività generale.
c) Così inteso, il menzionato potere non incide, né può incidere
sulla competenza normativa delle Province ricorrenti circa
l'organizzazione del Parco dello Stelvio come struttura
amministrativa e la determinazione del relativo regime di tutela.
Esso, inoltre, non vulnera nemmeno le prerogative delle Province in
ordine all'amministrazione del Parco (del resto ancora affidata
all'ufficio forestale di Bormio, non essendo stato costituito il
Consorzio di cui al quarto comma dell'art. 3 d.P.R. 279/1974) posto
che ha la funzione di orientare l'attività amministrativa e non di
sostituirsi ad essa: ed il condizionamento che ne deriva appare
legittimo anche di fronte alle garanzie autonomistiche delle
ricorrenti, in considerazione dei ricordati profili di interesse
nazionale, tenuto conto altresì della circostanza che con l'art. 9
della legge n. 349/1986 il legislatore ha avuto cura di prevedere che
la funzione statale di indirizzo e coordinamento delle attività
amministrative regionali attinenti alle materie oggetto della legge
medesima (ivi compresa, quindi, quella dei parchi) deve esercitarsi
con piena salvaguardia delle prerogative degli enti ad autonomia
differenziata nelle materie di loro esclusiva competenza.
B) Per quanto concerne le censure relative agli artt. 6 e 7
dell'impugnata legge, l'Avvocatura dello Stato rileva che:
a) gli istituti ivi previsti, adeguando il nostro ordinamento alla
direttiva C.E.E. 85/337, sono espressivi di una nuova forma di
intervento ecologico, caratterizzata dalla globalità di valutazione
dell'ambiente naturale in tutte le sue singole componenti (assetto
territoriale, acqua, suolo, atmosfera) e da un risultato che, proprio
in considerazione di tale globalità, non equivale ad una somma di
specifici interventi settoriali su ciascuna di tali componenti, ma se
ne differenzia qualitativamente.
b) Ciò spiega anche perché siffatta forma di intervento ispirata
ad un approccio globale sia non solo distinguibile ma altresì non
sostitutiva dei mezzi "tradizionali" di governo di singole componenti
dell'ambiente. Ciò che lo statuto speciale (e particolarmente gli
artt. 8 e 9) riserva alla competenza esclusiva delle Province
ricorrenti riguarda appunto l'utilizzazione di questi mezzi
tradizionali destinati ad incidere su singoli elementi dell'ambiente,
più che l'esercizio di poteri attinenti alla considerazione globale
di questo. La differenza risulta evidente ove si consideri, ad
esempio, che una valutazione favorevole di impatto ambientale resa
dal competente Ministro non implica, di per sé, la legittima
fattibilità di un'opera pubblica per quanto attiene alla disciplina
urbanistica ove difetti la conformità della prima a questa seconda.
c) Ne consegue che i poteri di intervento assegnati dagli artt. 6 e
7 al Ministro dell'ambiente, trascendendo le singole e specifiche
funzioni che in materia ambientale sono riservate a dette province
dal loro regime statutario, non sono identificabili con alcuna di
esse e, pertanto, non intaccano prerogative delle province medesime.
d) Né può diversamente opinarsi argomentando dalla competenza a
queste riservata in materia urbanistica, posto che questa Corte con
le sentenze nn. 359/1985 e 151/1986 ha già disatteso la concezione
di detta materia come nozione globale, capace di riferibilità a
qualsiasi forma di governo di interessi pubblici aventi una
radicazione territoriale. Certamente la compresenza nell'ordinamento
di discipline relative a fatti o situazioni aventi attinenza col
territorio può implicare interferenze o condizionamento fra le
stesse, ma secondo l'insegnamento emergente dalle testé citate
sentenze, i relativi problemi vanno risolti in base al principio
della leale cooperazione cui devono improntarsi i rapporti fra lo
Stato e le autonomie regionali o provinciali.
C) Quanto all'impugnazione degli artt. 12, 13 e 18 della legge n.
349/1986, la difesa dello Stato osserva anzitutto che manca una reale
attinenza della relativa disciplina alla materia contemplata nelle
norme statutarie di riferimento.
Rileva, poi, che lo sviluppo culturale dei gruppi etnici e
linguistici della provincia di Bolzano, ove voglia esprimersi nelle
tematiche ambientali che trascendono il mero ambito locale, non
incontra alcun ostacolo a convogliarsi nell'associazionismo
riconosciuto dalle citate norme. Ove, invece, si tratti di istanze
circoscritte al mero ambito locale, fa difetto la ragione di fondo
per l'attribuzione di prerogative esercitabili in relazione ad ambiti
territoriali diversi.
Nella imminenza della udienza le ricorrenti hanno depositato
memorie illustrative.
Hanno ribadito che la competenza provinciale è di carattere
esclusivo e ricomprende non solo la funzione legislativa ma anche
quella amministrativa, che invece l'art. 5 impugnato, in contrasto
con l'art. 9 della stessa legge che legittima i soli limiti derivanti
dalla funzione di indirizzo e coordinamento, pone il limite della
direttiva che viene a sovrapporsi alle competenze provinciali,
svuotandole di effettività in quanto le relega in posizione
subalterna rispetto a quelle riconosciute ad un soggetto per
l'esercizio di una specifica attività di guida e di impulso
sovraordinato.
Rilevano che la tutela dell'ambiente, inteso nella sua accezione
unitaria e globale non equivalente alla somma delle singole materie
attribuite alle province autonome, non può giustificare una lettura
riduttiva delle competenze provinciali, anche perché detta accezione
è soltanto frutto di ricostruzioni teoriche.
Mentre sono previsti congegni di coinvolgimento delle
amministrazioni interessate, consultazione paritaria di altri
Ministri, risoluzione di conflitti demandata al massimo organo di
Governo, sono ingiustificatamente escluse le Regioni e le Province.
Esse non sono ammesse a pronunciarsi sulla compatibilità
ambientale; non sono previste né forme di raccordo o di intesa fra
Stato e Regioni né forme istituzionali di risoluzione di eventuali
conflitti.
Entrambe le ricorrenti ricordano, infine, l'avvenuta legiferazione
provinciale di dettaglio nella materia.
Considerato in diritto
1. - I due giudizi che sollevano questioni identiche e connesse
possono essere riuniti e decisi con un'unica sentenza.
2. - Le due Province ricorrenti hanno, anzitutto, rilevato che
l'art. 9 della legge n. 349 del 1986 farebbe salva la loro competenza
esclusiva in materia di governo del territorio, di protezione
dell'ambiente, di agricoltura ecc... ed hanno, quindi, sostenuto che
solo se la suddetta norma fosse diversamente interpretata, avrebbero
ingresso le censure dei singoli articoli.
L'assunto non ha fondamento.
L'art. 9, nei vari commi in cui si articola, riguarda
genericamente la funzione di indirizzo e di coordinamento delle
attività amministrative delle Regioni, nelle materie oggetto della
legge (comma 1); la facoltà del Ministro per l'ambiente di emanare
direttive concernenti le attività delegate (comma 2); il potere di
sostituzione del Ministro in caso di persistente inerzia delle
Regioni (comma 3); l'obbligo reciproco del Ministero per l'ambiente e
delle Regioni di scambiarsi informazioni (comma 4).
Le impugnazioni proposte riguardano norme determinate le quali
disciplinano specifiche materie come si preciserà di seguito e
prevedono per le stesse materie alcune delle funzioni e dei poteri
suindicati.
3. - Entrambe le Province ricorrenti hanno impugnato l'art. 5
della legge n. 349 del 1986 nella parte (c. 3) in cui attribuisce al
Ministro per l'ambiente il potere di impartire direttive, curandone
l'osservanza, agli enti autonomi o agli organismi di gestione dei
parchi nazionali senza prevedere l'esclusione del Parco Nazionale
dello Stelvio. Risulterebbero quindi violati gli artt. 8 nn. 5, 6,
16, 21 e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670 (Statuto speciale
Trentino-Alto Adige) che attribuiscono alla competenza esclusiva
delle province ricorrenti la tutela del paesaggio e dei parchi
istituiti per la protezione della fauna e della flora nonché l'art.
3 del d.P.R. 22 marzo 1974 n. 279 che conferisce ad esse, ciascuna
per il proprio territorio, le funzioni legislative ed amministrative
per la gestione del detto Parco Nazionale.
3.1. - Si rileva che il Parco Nazionale dello Stelvio è stato
costituito con la legge 24 aprile 1935 n. 740 allo scopo di tutelare
e migliorare la flora, di incrementare la fauna, di conservare le
speciali formazioni geologiche e le bellezze del paesaggio, di
promuovere lo sviluppo del turismo nei territori che vi si
comprendono.
Trattasi di valori estetici, scientifici, ecologici di pregio, che
necessitano di interventi che ubbidiscano ad una visione unitaria ed
esigono una attività continua e sistematica.
Successivamente il d.P.R. 22 marzo 1974 n. 138, ha trasferito alle
ricorrenti, tra le altre, le funzioni amministrative concernenti il
Parco Nazionale, al quale, si è specificamente detto, si è voluto
conservare una configurazione unitaria ed ha previsto la disciplina,
con legge, delle forme e dei modi della specifica tutela; nonché, al
fine di realizzare una disciplina omogenea, intese tra le due
Province e lo Stato, sulla base dei principi fondamentali della
tutela dei beni naturali, stabiliti da accordi internazionali.
Per la gestione unitaria del Parco si doveva costituire un
apposito Consorzio tra lo Stato e le due Province e, fino alla sua
costituzione, le due Province si dovevano avvalere
dell'Amministrazione delle foreste demaniali del Bormio. Il che è
tuttora, non essendo stato costituito il Consorzio.
Pertanto, le direttive previste dalla norma impugnata si rivolgono
a quest'ultima amministrazione la quale fa parte dell'organizzazione
statale e della quale lo Stato può disporre, e può anche accomunare
ad altri uffici consimili del territorio nazionale, al fine di
attuare un indirizzo ed un coordinamento unitari (sent. n. 166/1976).
Inoltre, le direttive contengono criteri generali e lasciano alla
responsabilità delle Province ed alla loro valutazione l'adozione
dei provvedimenti specifici entro gli spazi dell'autonomia e della
discrezionalità di cui godono, tranne la valutazione, nelle sedi
competenti, della conformità del provvedimento particolare alla
direttiva generale.
Peraltro le direttive che nella specie si possono impartire
secondo la previsione normativa, hanno una finalità ed un oggetto
particolare e ben determinato; esse sono solo quelle necessarie al
raggiungimento degli obiettivi scientifici, educativi e di protezione
naturalistica.
Sono quindi dirette a tutelare interessi unitari di livello
nazionale, ai quali devono coordinarsi quelli meramente locali
appartenenti alla sfera provinciale.
Ciò è conforme alla configurazione unitaria del Parco la quale
si riflette, necessariamente, nella unicità e nella armonicità
della gestione.
La collocazione amministrativa del potere ministeriale è
perfettamente compatibile con le competenze provinciali e non lede le
prerogative provinciali in ordine all'amministrazione del Parco in
quanto orientano soltanto l'attività amministrativa delle province e
non si sostituiscono ad essa. In definitiva si verifica una
situazione simile a quella già prevista dalle norme che disciplinano
l'amministrazione del Parco Nazionale che consentono intese tra Stato
e Province per l'esercizio delle funzioni amministrative e
l'affidamento della gestione a un ente composto dai rappresentanti
delle due Province e dello Stato. Proprio per armonizzare le
attività delle Regioni, per attuare la cura, la vigilanza e la
salvaguardia di interessi nazionali è, altresì, prevista per
l'amministrazione delle aree protette di carattere regionale e locale
la emanazione di norme generali di indirizzo e coordinamento da parte
del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per l'ambiente,
ovviamente entro margini compatibili con le autonomie speciali,
comprese le Province ricorrenti.
Pertanto la questione non è fondata.
4. - Entrambe le Province hanno censurato l'art. 6 della legge n.
349 del 1986 che attribuisce al Ministro per l'ambiente il potere di
valutare l'impatto sull'ambiente da parte di determinati progetti di
opere e di ordinarne, se del caso, la sospensione.
La censura è stata proposta in riferimento all'art. 8, nn. 3, 4,
5, 6, 7, 11, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 21 e 24; all'art. 9, nn. 9, 10,
11 ed all'art. 16 del d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670 (Statuto speciale
per il Trentino-Alto Adige) e alle relative norme di attuazione di
cui ai DD.PP.RR. n. 381 del 1974, n. 474 del 1975, n. 915 del 1982.
Alla stregua di dette normative sarebbero di competenza esclusiva
delle Province autonome il governo del territorio, la tutela e la
conservazione del patrimonio storico artistico e popolare,
l'urbanistica ed i piani regolatori, l'agricoltura, la cura del
patrimonio zootecnico, ittico e forestale, le opere di bonifica ed
idrauliche, la prevenzione ed il soccorso per le calamità pubbliche,
la disciplina delle miniere, cave e torbiere, della caccia e della
pesca, dell'igiene e della sanità.
La Provincia di Trento ha aggiunto che, sebbene la valutazione
dell'impatto ambientale di determinate opere sia effettuata con il
concorso delle Regioni interessate, la pronuncia sulla compatibilità
delle opere che condizionano l'approvazione del relativo progetto è
rimessa ad organi statali mentre le Regioni esprimono solo un parere
non vincolante.
Al Presidente del Consiglio dei Ministri, poi, è rimessa la
individuazione delle opere soggette alla valutazione di impatto
conformemente alla direttiva CEE n. 85/337 del 27 giugno 1985.
Alcuni progetti, invece, sarebbero di esclusiva competenza
provinciale, cioè gli impianti di eliminazione dei rifiuti tossici e
pericolosi, (d.P.R. 10 settembre 1982 n. 915; leggi provinciali n. 29
del 1982 e n. 4 del 1986); i progetti in materia di agricoltura, di
industria estrattiva, di attrezzature delle zone industriali, di
sistemazione urbana, di impianti di risalita, di strade, di opere di
canalizzazione, di acquedotti, di posti turistici locali, di
infrastrutture turistiche, di impianti di trattamento di rifiuti, di
depuratori, di depositi di fanghi.
La competenza provinciale sussisterebbe, inoltre, in materia di
pianificazione ed assetto del territorio, anche relativamente alle
opere, agli interventi, alle infrastrutture di competenza dello
Stato.
Si è anche rilevato che la valutazione dell'impatto ambientale
incide direttamente sulle competenze provinciali perché potrebbe
precludere le opere che rientrano nel ruolo programmatorio e
discrezionale delle Province in ordine all'assetto del territorio ed
alla tutela dell'ambiente. Infine si è dedotto che la dizione
"parere della Regione", se fosse intesa con riferimento alla sola
Regione Trentino-Alto Adige e non anche alle province autonome,
aggraverebbe ancor più la lesione delle competenze provinciali.
4.1 - La Provincia autonoma di Bolzano ha impugnato anche l'art. 7
della stessa legge che demanda al Consiglio dei Ministri, su proposta
del Ministro per l'ambiente, di intesa con le Regioni interessate, la
dichiarazione delle aree ad elevato rischio di crisi ambientale con
la individuazione degli obiettivi per gli interventi di risanamento e
la formazione di un piano di disinquinamento, in riferimento alle
norme dello Statuto speciale e delle norme di attuazione.
4.2 - Le censure non sono fondate.
L'art. 6 impugnato prevede:
a) la individuazione delle norme tecniche e delle categorie di
opere che sono in grado di produrre rilevanti modificazioni
dell'ambiente;
b) la sua effettuazione con decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei
Ministri, su proposta del Ministro per l'ambiente e sentito un
Comitato di esperti (art. 11);
c) la comunicazione dei progetti, prima dell'approvazione, al
Ministro per l'ambiente, al Ministro per i beni culturali e alla
Regione territorialmente interessata.
È specificato anche il contenuto della comunicazione (indicazione
della localizzazione degli interventi, la specificazione dei rifiuti
liquidi e solidi, delle emissioni ed immissioni inquinanti
nell'atmosfera, delle emissioni sonore prodotte dall'opera, la
descrizione dei dispositivi di eliminazione o di recupero dei danni
all'ambiente ed i piani di prevenzione e di monitoraggio ambientale);
d) l'attribuzione della pronuncia sulla compatibilità
ambientale dei progetti al Ministro per l'ambiente, sentite le
Regioni interessate, di concerto con il Ministro dei beni culturali
ed ambientali;
e) la previsione del termine di gg. 30 dalla presentazione per
la pronuncia suddetta e alla scadenza, la continuazione della
procedura ordinaria, salva la proroga deliberata dal Consiglio dei
Ministri in casi di particolare rilevanza;
f) il potere di sospensione del Ministro per l'ambiente dei
lavori, con rimessione della questione al Consiglio dei Ministri
qualora si ravvisino comportamenti contrastanti con il parere sulle
compatibilità ambientali o comunque tali da compromettere le
fondamentali esigenze di equilibrio ecologico ed ambientale;
g) l'esercizio da parte del Ministro per i beni culturali ed
ambientali, di concerto con il Ministro per l'ambiente, dei poteri in
ordine ai piani paesistici ed ambientali di cui al secondo comma
dell'art. 1- bis del d.l. n. 312 del 1985 convertito in legge n.
431/1985.
L'art. 7 prevede:
a) la dichiarazione di aree ad elevato rischio di crisi
ambientale di quei territori o tratti marittimi caratterizzati da
gravi alterazioni degli equilibri ecologici nei corpi idrici,
nell'atmosfera o nel suolo, da parte del Consiglio dei Ministri, su
proposta del Ministro per l'ambiente, di intesa con le Regioni
interessate;
b) la predisposizione di un piano di disinquinamento da parte
del Ministro per l'ambiente, di intesa con le Regioni interessate, la
sua approvazione da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri,
su deliberazione dello stesso Consiglio; le misure dirette alla
realizzazione e all'impiego di impianti per la eliminazione o la
riduzione dell'inquinamento; alla vigilanza sui tipi e i modi di
produzione e sull'utilizzazione dei dispositivi di eliminazione o di
riduzione dell'inquinamento;
c) l'attribuzione al Ministro per l'ambiente del potere di
sostituzione in caso di inadempienza da parte delle Regioni degli
obblighi espressamente previsti con le indicazioni delle garanzie
procedimentali (audizione della Regione interessata; assegnazione di
un congruo termine per l'adempimento e deliberazione del Consiglio
dei Ministri).
Si precisa che il termine "regioni" usato dal legislatore deve
essere inteso come riferentesi oltre che alle Regioni a statuto
ordinario anche a quelle a statuto speciale e alle province autonome,
in relazione a quanto previsto dall'art. 9 della stessa legge.
Dall'art. 6 si evince poi, che esso e gli altri sono stati emanati
in attuazione della direttiva CEE n. 85/337 del 27 giugno 1985 in
attesa della formulazione di un organico disegno di legge.
Trattasi, quindi, di norme essenzialmente temporanee e
transitorie. Invero, con la legge 3 marzo 1987 n. 57, sono state
emanate ulteriori disposizioni transitorie ed urgenti per il
funzionamento del Ministero dell'ambiente.
Inoltre, la direttiva, della quale si vuole l'attuazione, è molto
specifica e dettagliata, in gran parte precettiva, come si evince dal
suo stesso tenore letterale.
È posto anche agli Stati membri il termine di tre anni per la
emanazione delle misure necessarie per conformarsi ad essa. Ed è
prevista la comunicazione alla Commissione delle disposizioni di
diritto interno adottate.
Lo Stato, quindi, ha una specifica responsabilità per
l'adempimento di quanto prescritto, responsabilità che si può fare
valere dinanzi agli organi giurisdizionali della Comunità.
Proprio per questa responsabilità vi è un particolare interesse
dello Stato all'emanazione e all'attuazione delle norme di diritto
interno onde la operatività di uno dei limiti all'autonomia delle
Regioni e delle Province.
La disciplina statale riguarda i progetti pubblici e privati che
possono avere un impatto ambientale importante e che risultano
specificati nella stessa direttiva. In essa si dice che trattasi
della realizzazione di costruzione o di altri impianti di opere, di
interventi sull'ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli
destinati allo sfruttamento delle risorse naturali.
Negli allegati alla direttiva sono specificamente indicate le
opere le quali risultano essere di grande rilievo e dimensioni,
interessanti il più delle volte ambiti pluriregionali e per lo più
materie di specifica competenza statale.
I progetti, comunque, restano soggetti alle autorizzazioni delle
autorità competenti e quindi anche a quelle regionali e provinciali.
Inoltre, anche le Province autonome sono destinatarie della
comunicazione dei progetti e, quindi, possono formulare le proprie
osservazioni delle quali ovviamente il Ministro dovrà tenere conto.
Infine, la pronuncia sulla compatibilità ambientale è fatta
d'intesa con esse.
Le stesse Province possono formulare istanze, osservazioni, dare
pareri sull'opera soggetta a valutazione di impatto ambientale e sono
a loro volta destinatarie di quelli formulati dai cittadini.
Ora a parte la novità dell'istituto (valutazione di impatto
ambientale), la sussistenza di specifici e precisi obblighi
comunitari che la Direttiva prevede anche in maniera espressa e
particolare, con la relativa responsabilità che fa carico
precipuamente sullo Stato, la natura degli interessi da curare e
salvaguardare, il loro livello, afferente all'ambito nazionale, le
sostanziali finalità che sono quelle della protezione di valori
costituzionali primari (artt. 9 e 32 Cost.), come già questa Corte
ha più volte affermato (sentt. nn. 151/1986; 153/1986), giustificano
ampiamente lo spessore dei poteri attribuiti allo Stato che sono
anche in funzione di indirizzo e coordinamento, come si rileva anche
specificamente dalla previsione di intese tra lo Stato e i soggetti
di autonomia, anche speciale, per l'intreccio degli interessi
nazionali, regionali e provinciali.
4.3 - Ugualmente si ritiene per quanto riguarda la dichiarazione
di aree ad elevato rischio di crisi ambientale e per i piani di
disinquinamento, affidati all'organo statale, il Ministro per
l'ambiente, che però opera di intesa con gli enti di autonomia anche
speciale.
È giustificato l'intervento dello Stato e risultano
sufficientemente garantiti e rispettati la sfera e l'ambito delle
autonomie.
4.4. - Anche il previsto potere di sostituzione del Ministro alle
Regioni trova giustificazione nella natura degli interessi e dei
valori da tutelare nonché nella necessità di adempiere agli
obblighi comunitari, nella ricorrenza dell'inerzia dell'ente autonomo
e nella inadempienza agli obblighi che ad esso incombono.
Mentre le condizioni, le forme e le modalità che sono previste
per il procedimento di esercizio del detto potere (audizione
dell'ente interessato; assegnazione di un termine per provvedere dopo
la valutazione delle cause dell'inerzia; la deliberazione del
Consiglio dei Ministri) garantiscono in modo sufficiente la sfera di
autonomia di cui sono titolari gli enti interessati.
La sussistenza della legislazione provinciale di settore può
limitare o addirittura annullare gli interventi legislativi statali o
rendere tuttalpiù necessari ulteriori coordinamenti ed
armonizzazioni, come dovrà essere verificato in relazione allo scopo
e alle caratteristiche di fondo della nuova legislazione mentre, in
via generale, può affermarsi che la stessa direttiva prevede la
salvezza della legislazione di settore esistente ed in vigore (cfr.
art. 1, n. 5,).
4.5. - Va riconosciuto lo sforzo in atto di dare un riconoscimento
specifico alla salvaguardia dell'ambiente come diritto fondamentale
della persona ed interesse fondamentale della collettività e di
creare istituti giuridici per la sua protezione. Si tende, cioè, ad
una concezione unitaria del bene ambientale comprensiva di tutte le
risorse naturali e culturali.
Esso comprende la conservazione, la razionale gestione ed il
miglioramento delle condizioni naturali (aria, acque, suolo e
territorio in tutte le sue componenti), la esistenza e la
preservazione dei patrimoni genetici terrestri e marini, di tutte le
specie animali e vegetali che in esso vivono allo stato naturale ed
in definitiva la persona umana in tutte le sue estrinsecazioni.
Ne deriva la repressione del danno ambientale cioè del
pregiudizio arrecato, da qualsiasi attività volontaria o colposa,
alla persona, agli animali, alle piante e alle risorse naturali
(acqua, aria, suolo, mare), che costituisce offesa al diritto che
vanta ogni cittadino individualmente e collettivamente.
Trattasi di valori che in sostanza la Costituzione prevede e
garantisce (artt. 9 e 32 Cost.), alla stregua dei quali, le norme di
previsione abbisognano di una sempre più moderna interpretazione.
E la direttiva comunitaria impegna lo Stato in maniera rilevante
ad una considerazione coordinata dell'ambiente, alla esecuzione
tempestiva e corretta degli impegni assunti e all'apprestamento delle
misure opportune, necessarie ed indispensabili.
5. - La Provincia di Bolzano ha censurato, infine, gli artt. 12,
comma primo, lett. c), 13 e 18 della stessa legge
n. 349 del 1986, nella parte in cui attribuisce solo alle
associazioni di protezione ambientale di carattere nazionale e/o a
quelle presenti in almeno cinque regioni, individuate con decreto del
Ministro per l'ambiente, i poteri di presentare terne di candidati
per la nomina a membri del Consiglio Nazionale per l'ambiente, di
denunciare fatti produttivi di danno ambientale, di intervenire nei
giudizi per il relativo risarcimento, di promuovere i giudizi per
l'annullamento degli atti illegittimi.
Le dette norme violerebbero gli artt. 2, 3, comma terzo, 8, nn. 3
e 4, dello Statuto speciale e delle relative norme di attuazione
(dd.PP.RR. n. 691 del 1973 e n. 667 del 1976) nonché l'art. 10 Cost.
in relazione all'accordo di Parigi del 5 settembre 1946, che
demandano alla competenza esclusiva di essa ricorrente le materie
della tutela e della conservazione del patrimonio storico, artistico
e culturale, degli usi e dei costumi locali, delle istituzioni
culturali aventi carattere provinciali, e delle manifestazioni
artistiche, culturali ed educative locali. Ed, inoltre, garantiscono
la partecipazione alle varie istituzioni anche di cittadini
appartenenti a gruppi etnici e linguistici non italiani.
5.1 - Le censure non sono fondate.
Anzitutto si rileva che la ricorrente ha il proprio rappresentante
in seno al Consiglio Nazionale che anche altri membri designati dalle
varie associazione nazionali o infraregionali vanno a costituire.
Il detto Consiglio poi, è un organo che opera a livello
nazionale, ha natura prevalentemente consultiva; dà, infatti, pareri
oltre a proporre iniziative sulle materie disciplinate dalla legge in
esame. I pareri e le proposte riguardano interessi fondamentali della
collettività e della qualità della vita, la valorizzazione del
patrimonio naturale nazionale, la difesa delle risorse naturali
dall'inquinamento, i rilevamenti sull'ambiente e infine la
sensibilizzazione dell'opinione pubblica per i problemi
dell'ambiente.
Trattasi di competenze e di attività che in sostanza mirano anche
esse alla cura, alla tutela e alla salvaguardia di interessi unitari
di livello nazionale e di valori costituzionali quali l'ambiente e la
salute e che rientrano nella competenza dello Stato.
Non risultano, quindi, assolutamente lese le competenze, anche se
esclusive, della Provincia, che riguardano interessi locali, per
effetto della scelta di alcuni componenti del detto Consiglio
Nazionale solo tra gli appartenenti alle associazioni che operano a
livello nazionale o pluriregionale, tanto più che la Provincia ha
già il proprio rappresentante in seno ad esso.
Non producono violazione delle dette competenze né l'attribuzione
del potere di scelta dei componenti del Consiglio Nazionale al
Ministro per l'ambiente in quanto cura gli interessi unitari
nazionali né la devoluzione allo stesso Consiglio della facoltà di
denunciare fatti illeciti produttivi di danni ambientali al fine di
provocare i relativi giudizi per il loro risarcimento anche perché
detta facoltà è pure conferita ai cittadini singoli e alla
Provincia autonomamente.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi (Reg. Ric. nn. 23 e 24/1986), dichiara non fondate
le questioni di legittimità costituzionale:
a) della legge 8 luglio 1986 n. 349 in toto ed in particolare
degli artt. 5, 6, 7, 12, comma primo, lett. c), 13 e 18, commi quarto
e quinto, della medesima legge, sollevata dalla Provincia autonoma di
Bolzano in riferimento agli artt. 2, 3, comma terzo, 8, nn. 3, 4, 5,
6, 7, 13, 14, 15, 16, 21 e 24; 9, nn. 9, 10; 16, comma primo, d.P.R.
31 agosto 1972 n. 670 e relative norme di attuazione e 10 Cost., con
ricorso notificato il 12 agosto 1986 (Reg. Ric. n. 23/1986);
b) degli artt. 5 e 6 legge 8 luglio 1986 n. 349 sollevata dalla
Provincia autonoma di Trento, in riferimento agli artt. 8, nn. 5, 6,
11, 13, 14, 16, 17, 18, 21, 24; 9, nn. 9, 10, 11; 16 d.P.R. 31 agosto
1972 n. 670 e relative norme di attuazione, con ricorso notificato il
12 agosto 1986 (Reg. Ric. n. 24/1986).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 maggio 1987.
Il Presidente: LA PERGOLA
Il Redattore: GRECO
Depositata in cancelleria il 28 maggio 1987.
Il direttore della cancelleria: VITALE