LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Valerio ONIDA,
prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI
MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
ha pronunciato la seguente
Ordinanza
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 71 del codice di
procedura penale promossi con ordinanze emesse il 2 aprile 1998 dal
Tribunale di Avellino rispettivamente iscritte ai nn. 590, 591 e 592
del registro ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell'anno 1998.
Udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 1999 il giudice
relatore Giuliano Vassalli.
Ritenuto che il Tribunale di Avellino, con tre ordinanze di
contenuto pressoché identico, pronunciate tutte il 2 aprile 1998 in
procedimenti a carico del medesimo imputato, che, pur essendo in
grado di partecipare coscientemente al processo - come accertato
dalla perizia disposta ai sensi dell'art. 70 del codice di procedura
penale - risultava impossibilitato a presenziare al dibattimento
perché affetto da una grave infermità fisica, ha denunciato, in
riferimento agli artt. 3, 97 e 112 della Costituzione,
l'illegittimità dell'art. 71 del codice di procedura penale, "nella
parte in cui non prevede la sospensione del procedimento penale in
caso di imputato affetto da infermità fisica di natura permanente
che non ne consenta la partecipazione al dibattimento";
che il giudice a quo richiama la sentenza costituzionale n. 354
del 1996, la quale, pur non ritenendo parificabile la posizione
dell'imputato che non sia in grado di partecipare coscientemente al
processo a quella dell'imputato impedito a comparire al dibattimento
per infermità fisica permanente, avrebbe ravvisato forti analogie
tra le due situazioni;
che, in più, secondo il Tribunale, l'impedimento fisico
dell'imputato, determinando una stasi processuale sine die viene a
compromettere, oltre che il principio di eguaglianza, anche
l'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero (pure
considerando l'inevitabile prescrizione dei reati) ed il principio
del buon andamento dell'amministrazione della giustizia le cui
strutture vengono sottoposte ad un aggravio ingiustificato di spese e
di lavoro;
che in nessuno dei giudizi si è costituita la parte privata né
ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Considerato che i giudizi, concernendo una identica questione,
vanno riuniti;
che questa Corte con sentenza n. 354 del 1996 - tuttavia chiamata
in causa dal giudice a quo - ha già dichiarato inammissibile la
medesima questione prospettata denunciando, in riferimento agli artt.
3 e 112 della Costituzione, oltre che l'art. 71 del codice di
procedura penale, anche gli artt. 486, 477 e 70 dello stesso codice,
perché, fra l'altro, una dichiarazione di illegittimità
costituzionale del tipo di quella richiesta dal giudice a quo oltre a
determinare "la creazione ex novo di un regime eccezionale che
invaderebbe le scelte che l'ordinamento riserva alla esclusiva sfera
della discrezionalità legislativa", provocherebbe "come automatico
effetto sul piano del diritto sostanziale, l'inserimento di un nuovo
caso di sospensione della prescrizione del reato e, quindi, la
creazione di conseguenze penali contra reum";
che la questione deve essere, dunque dichiarata manifestamente
inammissibile, a nulla rilevando l'ulteriore parametro, peraltro
erroneamente, evocato dal giudice a quo.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi, dichiara la manifesta inammissibilità della
questione di legittimità costituzionale dell'art. 71 del codice di
procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 97 e 112
della Costituzione, dal Tribunale di Avellino con le ordinanze in
epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 marzo 1999.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Vassalli
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 12 marzo 1999.
Il direttore della cancelleria: Di Paola