Ritenuto in fatto
1. - Il Tribunale per i minorenni di Brescia, in funzione di
giudice per le indagini preliminari, nel corso di un procedimento a
carico di una minorenne imputata di omicidio preterintenzionale, ha
sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento
agli artt. 2, 3, 10, 27 e 31 della Costituzione, dell'art. 222,
quarto comma, del codice penale nonché, in quanto applicabili ai
minori, degli artt. 206 cod. pen. e 312 cod. proc. pen., "nella parte
in cui prevedono la misura di sicurezza del ricovero in ospedale
psichiatrico giudiziario di minore prosciolto ex art. 88 cod. pen.
per delitto non colposo punibile con pena superiore a due anni di
reclusione e giudicato socialmente pericoloso, ovvero l'applicazione
provvisoria della predetta misura".
Il remittente premette che il pubblico ministero ha richiesto il
rinvio a giudizio dell'imputata, e che il consulente tecnico, nel
corso delle indagini preliminari, concludeva per la totale
incapacità della stessa per vizio di mente al momento del fatto,
allegando altresì un giudizio di pericolosità sociale: conclusioni
che il giudicante ritiene condivisibili.
Premette poi che il pubblico ministero ha chiesto l'applicazione
provvisoria della misura di sicurezza del ricovero in ospedale
psichiatrico giudiziario, ai sensi del combinato disposto degli artt.
206 e 222, quarto comma, cod. pen. e 312 cod. proc. pen.,
contestualmente prospettando una eccezione di legittimità
costituzionale delle stesse norme; e osserva che non può farsi
ricorso all'art. 425 cod. proc. pen., che prevede la dichiarazione di
non doversi procedere per mancanza di imputabilità derivante da
vizio di mente, in quanto la sentenza n. 41 del 1993 di questa Corte
costituzionale ha statuito l'impossibilità di tale declaratoria
senza il supporto di un'indagine di merito.
Il giudice a quo dichiara di aderire all'opinione del pubblico
ministero circa la inapplicabilità alla specie delle norme, di
natura squisitamente processuale, degli artt. 36 e seguenti del
d.P.R. n. 448 del 1988, e di ritenere applicabili nei confronti dei
minori le misure di sicurezza che trovano la loro disciplina al di
fuori della normativa speciale sul processo minorile, fra le quali è
compreso il ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario.
Così ritenuta la rilevanza della questione, posto che si procede
nei confronti di un imputato minorenne affetto da vizio di mente e da
reputarsi socialmente pericoloso, il remittente richiama la
necessità che il trattamento penale degli imputati minorenni sia
adeguatamente differenziato rispetto a quello degli adulti,
ricordando in proposito la sentenza di questa Corte n. 168 del 1994,
che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della previsione
della pena dell'ergastolo per i minorenni.
Osserva poi che la misura di sicurezza ha valenza di sanzione
criminale, onde trovano con riguardo ad essa applicazione i principi
di personalità della responsabilità e del fine rieducativo della
pena, di cui all'art. 27 della Costituzione.
Ciò posto, il giudice a quo ritiene che la previsione di una
misura di sicurezza detentiva come il ricovero in ospedale
psichiatrico giudiziario, applicabile ai minori, confligga con le
esigenze di specificità della disciplina penale minorile, tanto più
considerando la notoria mancanza di strutture speciali per i
minorenni.
La totale assenza di differenziazione nel trattamento
determinerebbe altresì un contrasto con le norme più generali di
cui agli artt. 2 e 3 della Costituzione, per il mancato trattamento
differenziato di situazioni diverse e per l'assenza di tutela dei
diritti di un soggetto per definizione debole, oltre che di una
personalità in formazione.
Sussisterebbe infine contrasto con norme internazionali pattizie,
costituzionalizzate attraverso l'art. 10 della Costituzione, in
particolare con le norme delle dichiarazioni dei diritti dell'uomo e
del fanciullo, e delle c.d. "regole di Pechino", da cui
discenderebbero impegni internazionali ad assicurare un trattamento
differenziato al minore, in relazione alle precipue esigenze di
tutela dello stesso, anche se sottoposto a procedimento penale.
2. - È intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
Ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o
comunque non fondata.
Secondo l'Avvocatura erariale, se è vero che la specificità della
situazione dei minorenni richiede un trattamento differenziato, tale
principio non potrebbe essere inteso nel senso che, per il sol fatto
che si tratti di soggetti minorenni, sia sempre e comunque necessario
predisporre autonome strutture o autonomi procedimenti.
L'assorbimento, nel caso di minore infermo di mente, della causa di
esclusione dell'imputabilità derivante dall'età in quella derivante
dal vizio di mente renderebbe ragione della applicabilità della
misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico
giudiziario, pur se il recupero del minore implichi terapie diverse
rispetto a quelle da utilizzare per i soggetti adulti.
La difesa del Presidente del Consiglio ammette che la necessaria
accentuazione della dimensione del recupero e la prevalenza di tale
dimensione rispetto a quelle di difesa sociale e afflittiva
richiederanno in futuro un ripensamento dell'istituto "dalle sue
fondamenta", e che è auspicabile in sede legislativa una più
sensibile differenziazione nel trattamento a seconda dell'età dei
soggetti; ma afferma che all'iniziativa del legislatore non potrebbe
sostituirsi questa Corte, cui si porrebbe l'alternativa fra una
pronuncia demolitrice che determinerebbe un inaccettabile vuoto
normativo, ed una pronuncia manipolativa che comporterebbe un
inammissibile esercizio di discrezionalità politica.
Considerato in diritto
1. - La questione concerne le norme che prevedono la misura di
sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, nella
parte in cui riferiscono l'applicabilità di tale misura ai minori
infermi di mente: e precisamente investe l'art. 222, quarto comma,
del codice penale, ai cui sensi le disposizioni dello stesso
articolo, relative ai casi di applicazione della misura di sicurezza
in questione, si applicano anche ai minori degli anni quattordici o
maggiori dei quattordici e minori dei diciotto, prosciolti per
ragione di età, quando abbiano commesso un fatto previsto dalla
legge come reato trovandosi in condizioni di infermità psichica,
intossicazione cronica da alcool o da sostanze stupefacenti, o
sordomutismo; l'art. 206 cod. pen., che prevede il ricovero
provvisorio in ospedale psichiatrico giudiziario, durante le indagini
o il giudizio, dell'infermo di mente o della persona in stato di
cronica intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti, e l'art.
312 cod. proc. pen., secondo cui l'applicazione provvisoria delle
misure di sicurezza può essere disposta in qualunque stato e grado
del procedimento. Le due ultime disposizioni sono impugnate in quanto
applicabili ai minori.
Preliminarmente deve osservarsi che la censura del giudice a quo,
formalmente indirizzata al quarto comma dell'art. 222 cod. pen., deve
più correttamente intendersi riferita anche ai primi due commi dello
stesso articolo, che disciplinano l'applicazione della misura di
sicurezza nel caso di proscioglimento per infermità psichica, ai
sensi dell'art. 88 cod. pen.: laddove il quarto comma estende
l'applicabilità delle stesse disposizioni al caso dei minori
"prosciolti per ragione di età". Infatti l'ordinanza afferma che
sussisterebbero nella fattispecie i presupposti per il
proscioglimento ex art. 88 cod. pen., e nel dispositivo denuncia le
norme in questione "nella parte in cui prevedono la misura di
sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario di minore
prosciolto ex art. 88 cod. pen.", nell'evidente presupposto che tale
proscioglimento, nel caso, sottoposto al giudice a quo, di minore
riconosciuto infermo di mente, debba pronunciarsi in luogo o a
preferenza di quello ex art. 98 cod. pen. In ogni caso, il vizio
denunciato riguarda le norme che prevedono l'applicazione della
misura di sicurezza ai minori, in tutta la loro ampiezza: e in questa
accezione più ampia la Corte ritiene di doverle prendere in
considerazione.
Il remittente reputa che l'applicazione indifferenziata, in via
definitiva o provvisoria, della predetta misura di sicurezza ai
minori sia in contrasto con le esigenze di specificità del
trattamento penale dei minori, risultanti anche da norme
internazionali, e dunque confligga con gli artt. 27, 31 e 10 della
Costituzione; che essa violi il principio di uguaglianza di cui
all'art. 3 Cost., per il trattamento uguale riservato a situazioni
diverse; e contrasti con le esigenze di tutela dei diritti di
soggetti deboli e di personalità in formazione (art. 2 Cost.).
2. - Il giudice a quo muove dal presupposto - che condiziona la
rilevanza della questione - che la misura di sicurezza del ricovero
in ospedale psichiatrico giudiziario sia tuttora applicabile, anche
in via provvisoria, ai minori, autori di reati, riconosciuti infermi
di mente e socialmente pericolosi: ciò, nonostante che il d.P.R. n.
448 del 1988 sul processo penale minorile, nel disciplinare, agli
artt. da 36 a 41, il procedimento per l'applica-zione delle misure di
sicurezza, sia in via provvisoria, con la sentenza di non luogo a
procedere nei confronti del minore non imputabile (art. 37), sia con
la sentenza di proscioglimento per assenza di imputabilità o con la
sentenza di condanna (art. 39), non faccia alcuna menzione di tale
misura, ma si riferisca esplicitamente solo alle misure della
libertà vigilata (eseguita nelle forme delle prescrizioni o della
permanenza in casa: art. 36, comma 1) e del riformatorio giudiziario
(eseguita nella forma del collocamento in comunità: art. 36, comma
2).
Benché il carattere di disciplina organica e apparentemente
esaustiva, pur relativa ai soli aspetti esecutivi e non a quelli
sostanziali (cfr. ordinanza n. 360 del 1990), che riveste il d.P.R.
n. 448 del 1988 sul punto della applicazione di misure di sicurezza
ai minori, possa indurre a dubitare della permanente riferibilità ai
minori, in sede di applicazione provvisoria, della misura del
ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, la disciplina del
processo minorile non ha comunque inciso sulla esplicita previsione
normativa, contenuta nell'art. 222, cod. pen., della applicazione ai
minori della predetta misura di sicurezza in esito al giudizio.
D'altra parte la ricostruzione del sistema offerta dal remittente, e
che condiziona la rilevanza della questione, il cui apprezzamento
spetta anzitutto al giudice a quo, non appare palesemente
implausibile: onde può darsi ingresso all'esame del merito.
3. - La questione è fondata.
La misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico
giudiziario, a differenza di quella del riformatorio giudiziario, che
è misura di sicurezza speciale per i minori (artt. da 223 a 226 cod.
pen.), è prevista dalla legge in modo indifferenziato per adulti e
minori, sul presupposto della presenza dell'infermità psichica (o
delle situazioni ad essa assimilate), in relazione alla quale la
misura dovrebbe assumere la duplice funzione di cura del soggetto e
di tutela della società rispetto alla pericolosità dello stesso
(cfr. sentenza n. 139 del 1982). La presenza del vizio totale di
mente comporta anzi che anche ai minori non imputabili per ragioni di
età, perché non hanno compiuto i quattordici anni, ovvero li hanno
compiuti ma sono riconosciuti incapaci di intendere e di volere, a
norma dell'art. 98 cod. pen., si applichino, in caso di
pericolosità sociale, non già le misure di sicurezza previste per i
minori imputabili e per quelli non imputabili ma non infermi di
mente, bensì l'unica misura del ricovero in ospedale psichiatrico
giudiziario (art. 222, quarto comma, cod. pen.).
Quest'ultima è una misura di sicurezza detentiva (art. 215 cod.
pen.), e per la sua esecuzione nei confronti di minori - a differenza
di quanto avviene ad esempio per la libertà vigilata, misura
anch'essa applicabile ad adulti e minori, ma eseguita nei confronti
dei minori in forme speciali (art. 36, comma 1, d.P.R. n. 448 del
1988) - non è prevista alcuna modalità che tenga conto delle
specifiche esigenze dei minori medesimi.
In sostanza il legislatore del codice penale del 1930 ha ritenuto
che, in presenza di uno stato di infermità psichica tale da
comportare il vizio totale di mente, la condizione di minore divenga
priva di specifico rilievo e venga per così dire assorbita dalla
condizione di infermo di mente: tanto che, come si è ricordato,
persino se si tratta di minore riconosciuto non imputabile per
ragioni di età, il regime di applicazione delle misure di sicurezza
è quello previsto per l'infermo di mente adulto, e non quello
riservato ai minori.
4. - Siffatta scelta non è compatibile con i principi derivanti
dagli artt. 2, 3, 27 e 31 della Costituzione, in forza dei quali il
trattamento penale dei minori deve essere improntato, sia per quanto
riguarda le misure adottabili, sia per quanto riguarda la fase
esecutiva, alle specifiche esigenze proprie dell'età minorile (cfr.,
fra le tante, sentenze nn. 403 e 109 del 1997, 168 del 1994 e 125 del
1992).
Le stesse esigenze sono espresse dalle norme internazionali
relative alla tutela dei minori: in particolare, l'art. 40 della
convenzione sui diritti del fanciullo (New York, 20 novembre 1989),
resa esecutiva in Italia dalla legge 27 maggio 1991, n. 176, afferma
il diritto del fanciullo accusato di reato "ad un trattamento tale da
favorire il suo senso della dignità e del valore personale, ... e
che tenga conto della sua età nonché della necessità di facilitare
il suo reinserimento nella società e di fargli svolgere un ruolo
costruttivo in seno a quest'ultima" (comma 1); e chiama gli Stati a
"promuovere l'adozione di leggi, di procedure, la costituzione di
autorità e di istituzioni destinate specificamente ai fanciulli
sospettati, accusati o riconosciuti colpevoli di aver commesso reato"
(comma 3), nonché a prevedere, fra l'altro, soluzioni alternative
all'assistenza in istituti "in vista di assicurare ai fanciulli un
trattamento conforme al loro benessere e proporzionato sia alla loro
situazione che al reato" (comma 4).
Una misura detentiva e segregante come il ricovero in ospedale
psichiatrico giudiziario, prevista e disciplinata in modo uniforme
per adulti e minori, non può certo ritenersi conforme a tali
principi e criteri: tanto più dopo che il legislatore, recependo le
acquisizioni più recenti della scienza e della coscienza sociale, ha
riconosciuto come la cura della malattia mentale non debba attuarsi
se non eccezionalmente in condizioni di degenza ospedaliera, bensì
di norma attraverso servizi e presidi psichiatrici extra-ospedalieri,
e comunque non attraverso la segregazione dei malati in strutture
chiuse come le preesistenti istituzioni manicomiali (artt. 2, 6 e 8
della legge 13 maggio 1978, n. 180). Né, più in generale, è senza
significato che il legislatore del nuovo codice di procedura penale,
allorquando ha inteso disciplinare l'adozione di provvedimenti
cautelari restrittivi nei confronti di persone inferme di mente,
abbia previsto il ricovero provvisorio non già in ospedale
psichiatrico giudiziario, ma in "idonea struttura del servizio
psichiatrico ospedaliero" (art. 286, comma 1; e cfr. anche art. 73).
L'assenza, negli ospedali psichiatrici giudiziari, di strutture ad
hoc per i minori, correlata anche alla mancanza di casi di ricoveri
di minori in tali istituti, per un verso conferma la diffusa
consapevolezza presso gli operatori e gli stessi giudici minorili
della incompatibilità di siffatta misura con la condizione di
minore, consapevolezza di cui è ulteriore indice indiretto il
silenzio serbato dal legislatore delegato, in sede di riforma del
processo penale minorile, sui problemi collegati alla misura di
sicurezza in esame, pur nell'ambito di una disciplina che si è
sforzata di risultare esaustiva in ordine agli aspetti esecutivi
delle misure di sicurezza; per altro verso rende ancor più palese
detta incompatibilità.
In definitiva, le esigenze di tutela della personalità del minore
coinvolto nel circuito penale non consentono in alcun caso, nemmeno
dunque in quello di infermità psichica, di trascurare la condizione
di minore del soggetto.
Il minore affetto da infermità psichica è prima di tutto un
minore, e come tale va trattato, tutelato nei suoi diritti in quanto
persona in formazione, ed assistito, anche nell'ambito del sistema
giudiziario penale.
5. - Deve dunque dichiararsi la illegittimità costituzionale delle
norme denunciate, che prevedono l'applicabilità ai minori della
misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico
giudiziario.
La dichiarazione di illegittimità costituzionale deve colpire il
denunciato quarto comma dell'art. 222 del codice penale, che ha
riguardo all'applicazione della misura ai minori "prosciolti per
ragione di età"; ma deve investire altresì in parte qua, secondo
quanto si è premesso, i primi due commi dello stesso art. 222, ove
si prevede in generale, e dunque implicitamente anche nei confronti
di minori (come conferma il quarto comma), l'applicazione della
misura nel caso di proscioglimento per infermità psichica o
condizioni assimilate, ai sensi degli artt. 88, 95 e 96 dello stesso
codice. Deve poi colpire il denunciato art. 206 del codice penale,
che disciplina l'applicazione provvisoria della misura, nella parte
in cui si applica ai minori infermi di mente.
Spetterà al legislatore colmare con previsioni adeguate, anche in
ordine all'apprestamento delle conseguenti misure organizzative e
strutturali, il vuoto normativo che si viene a creare con
l'eliminazione, relativamente ai minori, della misura di sicurezza
oggi specificamente diretta a far fronte alla situazione di persone,
giudicate pericolose, che abbiano commesso fatti di reato ma siano
affette da infermità psichica che le renda non imputabili.
6. - I rilevati vizi di costituzionalità non concernono il pure
denunciato art. 312 del codice di procedura penale, che si limita a
stabilire le condizioni di applicabilità in via provvisoria delle
misure di sicurezza in generale, in qualunque stato e grado del
procedimento, ad opera del giudice su richiesta del pubblico
ministero. In ogni caso è evidente che, caduta la possibilità di
applicare ai minori, in via definitiva o provvisoria, la misura di
sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, non vi
può essere luogo ad applicare, nelle ipotesi qui considerate, tale
disposizione: onde la relativa questione va dichiarata inammissibile.