ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 13,
14, 22, 23, 24, 25, 26 e 28, secondo e terzo comma, della legge 22
febbraio 1934, n. 370 (riposo domenicale e settimanale), e successive
modifiche, promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 30 novembre 1970 dal pretore di Trieste nel
procedimento penale a carico di Pasini Umberto, iscritta al n. 394 del
registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n.42 del 17 febbraio 1971;
2) ordinanza emessa il 31 dicembre 1970 dal pretore di Bari nel
procedimento penale a carico di Azzarita Leonardo, iscritta al n. 70
del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 99 del 21 aprile 1971;
3) ordinanza emessa il 18 marzo 1971 dal pretore di Bologna nel
procedimento penale a carico di Pelloni Carlo, iscritta al n. 162 del
registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 151 del 16 giugno 1971;
4) ordinanza emessa il 5 aprile 1971 dal pretore di Napoli nel
procedimento penale a carico di Bevilacqua Vincenzo ed altri, iscritta
al n. 214 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 170 del 7 luglio 1971;
5) ordinanza emessa il 6 agosto 1971 dal pretore di Milano nel
procedimento penale a carico di Galli Nevio ed altri, iscritta al n.
417 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 323 del 22 dicembre 1971;
6) ordinanza emessa il 30 settembre 1971 dal pretore di Torino nel
procedimento penale a carico di Masseroni Carlo ed altro, iscritta al
n. 462 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 23 del 26 gennaio 1972.
Visti gli atti di costituzione di Pasini Umberto e di Galli Nevio;
udito nell'udienza pubblica del 26 aprile 1972 il Giudice relatore
Vezio Crisafulli;
uditi l'avv. Carlo Amigoni, per il Pasini, e gli avvocati Antonio
Sorrentino e Giovanni Bovio, per il Galli.
Ritenuto in fatto:
1. - Con ordinanza emessa il 30 novembre 1970 nel corso di un
procedimento penale a carico di Pasini Umberto, il pretore di Trieste
ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale, per
contrasto con gli artt. 21, primo e secondo comma, 3 e 41 della
Costituzione, degli artt. 13 e 14 della legge 22 febbraio 1934, n. 370,
e successive modifiche per la parte in cui dette norme impongono che il
riposo settimanale di 24 ore consecutive per gli addetti alle aziende
editrici e stampatrici di giornali ed alle aziende per la diffusione al
pubblico con qualsiasi mezzo di notizie deve decorrere dalla mattina
della domenica alle ore quattro del lunedì, nonché degli artt. 22,
23, 24, 25 e 26 della stessa legge ed inoltre del successivo art. 28,
ma limitatamente al suo secondo e terzo comma e con riferimento al solo
art. 21, terzo comma, della Costituzione.
La rilevanza della questione proposta deriva, secondo il giudice a
quo, dalla imputazione mossa al prevenuto di non aver accordato il
riposo settimanale ai lavoratori dipendenti nel periodo prescritto
dalla legge innanzi indicata, mentre sarebbe non influente ai fini del
decidere l'accertamento della circostanza se il riposo stesso fosse
stato, in ottemperanza all'art. 36 , comma terzo, della Costituzione,
concesso in un giorno diverso.
Ciò premesso, l'ordinanza assume, sotto il profilo della non
manifesta infondatezza, che le prime due tra le norme impugnate, sotto
l'apparenza di disciplinare il diritto del lavoratore al riposo
settimanale, mirerebbero in sostanza ad impedire la pubblicazione di
giornali e quotidiani nel periodo in esse considerato, come
risulterebbe confermato dalle successive disposizioni più chiaramente
e incondizionatamente contrarie alla pubblicazione nello stesso periodo
di notizie a carattere politico e dalle stesse sanzioni previste per
l'inosservanza di quei divieti e consistenti, fuori dei casi
costituzionalmente ammissibili, nelle misure del sequestro e, in caso
di recidiva, della sospensione delle pubblicazioni. Ulteriori vizi di
legittimità costituzionale sono poi ravvisati in riferimento agli
artt. 3 e 41 della Costituzione per la possibilità di turno nel riposo
settimanale conferita a talune imprese che implicherebbe una disparità
di trattamento per le aziende giornalistiche e di stampa, nonché ed al
tempo stesso per l'esistenza di una non giustificabile interferenza
nella sfera del loro sistema organizzativo e produttivo.
2. - Si sono costituite nel presente giudizio la società Editrice
Triestina s.p.a. e la S.T.T. Stabilimento Tipografico Triestino s.r.l.
con deduzioni depositate il 10 febbraio 1971, nelle quali ampliano e
ribadiscono gli argomenti a sostegno della incostituzionalità della
normativa in esame, già esposti nell'ordinanza pretorile. La difesa
delle predette società ha, poi, chiarito in udienza di essersi
costituita in rappresentanza dell'Amministratore delegato sig. Pasini
Umberto, pur non risultando tale circostanza con tutta chiarezza dal
tenore testuale dell'atto.
3. - Analoghe questioni di legittimità costituzionale sono state
sollevate con ordinanza emessa il 31 dicembre 1970 nel corso di un
procedimento penale a carico di Azzarita Leonardo dal pretore di Bari,
che fa riferimento peraltro anche al principio costituzionale di
garanzia dei diritti inviolabili dell'uomo (art. 2 Cost.); con
ordinanza emessa il 18 marzo 1971 nel corso di un procedimento penale a
carico di Pelloni Carlo dal pretore di Bologna, senza riferimento
tuttavia all'art. 41 della Costituzione; e con ordinanza emessa il 5
aprile 1971 nel corso di un procedimento penale a carico di Bevilacqua
Vincenzo ed altri dal pretore di Napoli, limitatamente agli artt. 13,
14 e 28 della legge impugnata e con riferimento ai soli artt. 3 e 21
della Costituzione.
4. - Questioni interamente analoghe a quelle sollevate dal pretore
di Trieste vengono proposte anche dal pretore di Milano con ordinanza
emessa il 6 agosto 1971 nel corso di un procedimento penale a carico di
Galli Nevio ed altri. Ed il Galli si è costituito innanzi a questa
Corte con deduzioni depositate il 6 dicembre 1971, svolgendo argomenti
a sostegno della illegittimità della normativa impugnata.
5. - Infine il pretore di Torino, con ordinanza emessa il 30
settembre 1971 nel corso di un procedimento penale a carico di
Masseroni Carlo e Jorio Lorenzo, ha sollevato questione di legittimità
costituzionale, sempre in riferimento agli artt. 3, 21, primo comma, e
41 della Costituzione, della stessa legge n. 370 del 22 febbraio 1934,
ma limitatamente alla parte in cui essa dispone (artt. 13 e 14 in
relazione all'art. 5, n. 4, ed al d.m. 22 giugno 1935, tabella III,
voce 11) che il riposo settimanale di 24 ore consecutive per il
personale addetto alle aziende editrici ed alla stampa dei giornali
deve decorrere dal mattino della domenica alle ore 4 del lunedì ed
alla parte in cui prevede - ancora per il personale addetto alle
aziende editrici - una disparità di trattamento rispetto ai redattori
sportivi e teatrali, al personale delle aziende Ansa e Italia (già
Stefani), delle imprese di trasmissioni radiofoniche ed a quello
addetto alla trasmissione di notizie ai sensi dell'art. 26, comma
secondo. La medesima ordinanza propone poi anche essa, rispetto
all'art. 21, comma terzo, della Costituzione, questione di legittimità
costituzionale dell'art. 28 della normativa impugnata nella parte in
cui impone il sequestro del giornale.
6. - Alla pubblica udienza le parti costituite hanno insistito
nelle conclusioni già formulate.
Considerato in diritto:
1. - Le sei ordinanze sollevano questioni strettamente analoghe: i
relativi giudizi vengono perciò riuniti e decisi congiuntamente con
unica sentenza.
2. - Le disposizioni di cui sorge questione, in riferimento agli
artt. 21, primo, secondo e terzo comma, 3 e 41 della Costituzione (cui
si aggiunge, nell'ordinanza del pretore di Bari, l'art. 2) sono
contenute nella legge del 22 febbraio 1934, n. 370, sul riposo
settimanale e domenicale.
Di esse, quelle degli artt. 13 e 14, denunciate da tutte le
ordinanze, hanno per oggetto immediato il riposo di 24 ore settimanali,
spettante al personale addetto alle aziende editrici di giornali ed
altre agenzie di diffusione al pubblico, con ogni mezzo, di notizie
(art. 13, commi primo e secondo) nonché al personale addetto alla
stampa dei giornali (art. 14, comma primo). Ed in proposito,
stabiliscono tassativamente che detto riposo settimanale debba
decorrere dalla mattina della domenica alle ore quattro del lunedì.
Viene fatta eccezione, consentendosi il turno, per i redattori sportivi
e teatrali, per il personale della "Agenzia Stefani" (oggi non più
esistente) e delle imprese di trasmissioni radiofoniche, nonché per
quello addetto alla trasmissione di notizie telegrafiche e telefoniche
previsto dal successivo art. 26, comma secondo. Il riposo per turno è
anche ammesso (dall'art. 13, comma terzo) limitatamente al "personale
di redazione" dei giornali quotidiani, che, "per esigenze
straordinarie, abbia prestato la sua opera fra la mattina della
domenica e le ore quattro del lunedì", ove sia consentito dal
contratto collettivo di lavoro e contro corresponsione dell'aumento
percentuale di retribuzione da quest'ultimo prescritto.
Delle anzidette disposizioni viene denunciato in particolare il
contrasto con gli artt. 21 e 41 Cost., per le ingiustificate
limitazioni che ne derivano alla libertà di manifestazione del
pensiero attraverso la stampa periodica e alla libertà della
iniziativa economica privata, e con l'art. 3 Cost., per l'arbitraria
discriminazione - entro l'ambito delle imprese giornalistiche e
similari - nei confronti con la (sola) "Agenzia Stefani" e con l'ente
radiotelevisivo, nonché - entro un ambito più largo - tra le imprese
giornalistiche e similari, e le altre, per le quali l'art. 5 della
legge prevede invece che il riposo settimanale possa cadere in giorno
diverso dalla domenica ed essere attuato mediante turni al personale.
Altre disposizioni della medesima legge, denunciate nelle ordinanze
dei pretori di Trieste, Bari, Bologna e Milano, e precisamente quelle
degli artt. da 22 a 26, sono raggruppate nel testo legislativo sotto la
rubrica "Edizione e vendita dei giornali ed attività analoghe" ed
hanno per oggetto diretto ed immediato la diffusione al pubblico della
stampa periodica e delle pubblicazioni delle agenzie di notizie, fatta
sempre eccezione per l'"Agenzia Stefani" e le imprese radiofoniche.
Viene così stabilito che i quotidiani posti in vendita prima del
mezzogiorno debbano omettere l'edizione del lunedì, riprendendo le
pubblicazioni il martedì mattina, mentre i quotidiani pomeridiani
debbano omettere l'edizione della domenica, riprendendo le
pubblicazioni al mezzogiorno o dopo il mezzogiorno del lunedì. Un
particolare regime è invece consentito per i quotidiani sportivi, cui
è peraltro proibito pubblicare notizie e commenti "che non siano di
natura strettamente sportiva" (art. 22, ultimo comma).
È inoltre espressamente vietato dare edizioni straordinarie e
ordinarie settimanali di giornali quotidiani, "sia pure con titolo
diverso", nel periodo durante il quale, come testé accennato, devono
restare sospese le edizioni ordinarie (art. 24); un ulteriore divieto
di pubblicazione dalle 13 della domenica alle 12 del lunedì concerne i
giornali "anche non quotidiani, sia in edizione ordinaria che in
edizione straordinaria o sotto forma di bollettini o supplemento, allo
scopo di diffondere notizie di avvenimenti improvvisi" (art. 25). Tali
divieti risultano indirettamente rafforzati da quello imposto alle
tipografie (anche diverse da quelle inserite nelle aziende
giornalistiche e similari, in ordine alle quali vale il riposo
domenicale obbligatorio del personale a norma del sopra ricordato art.
14) di iniziare il lavoro "per i giornali di qualunque natura dopo
terminato il lavoro della domenica e fino alle ore quattro del
lunedì".
L'intera disciplina fin qui riassunta viene infine estesa dall'art.
26, primo comma, alle pubblicazioni delle agenzie a stampa ed in genere
"a qualunque altro mezzo di edizione e di diffusione di notizie"
(eccettuata, al solito, la "Agenzia Stefani" e le imprese
radiofoniche). Ché anzi l'ultimo comma dello stesso art. 26 permette,
bensì, alle agenzie telegrafiche e telefoniche di diffondere dalle ore
5 della domenica alle ore 5 del lunedì "non più di un comunicato
relativo ad atti di governo o ad avvenimenti di notevole importanza",
purché tale diffusione non rivesta carattere di vendita al pubblico o
forme analoghe.
Anche della disciplina dettata dagli artt. 22 a 26 della legge,
quale la si è qui sopra riassunta, è posta in dubbio dalle ordinanze
poc'anzi richiamate la legittimità costituzionale, alla stregua degli
artt. 21, 41 e 3 Cost. (con riguardo, per quanto concerne quest'ultima
norma costituzionale, alla diversità di trattamento, nell'ambito delle
imprese giornalistiche e similari, rispetto alla "Agenzia Stefani" e
all'ente radiotelevisivo).
Tutte le ordinanze denunciano infine l'art. 28, commi secondo e
terzo, che, per le contravvenzioni alle riferite disposizioni della
legge, comminano la misura del sequestro del giornale (o del "qualunque
altro mezzo adottato per la diffusione"), autorizzando altresì il
magistrato a disporre la sospensione del giornale "per un periodo di
tempo determinato". Per questa parte, si deduce il contrasto con il
terzo comma dell'art. 21 Cost., che ammette il sequestro della stampa
solo per atto motivato della autorità giudiziaria (e comunque, nei
casi di urgenza, salvo convalida ad opera della stessa), nel caso di
delitti previsti dalla legge sulla stampa o per violazione delle norme
da questa prescritte per l'indicazione dei responsabili delle
pubblicazioni.
3. - A giudizio della Corte, le disposizioni fin qui ricordate sono
tra loro interdipendenti, formando nel loro insieme un sistema unitario
che conduce - obiettivamente - al risultato di impedire, dalle ore 13
della domenica alle 12 del lunedì, la libera diffusione e circolazione
delle notizie e delle opinioni, sia a mezzo della stampa periodica, sia
attraverso altri mezzi equipollenti, eccezion fatta per il mezzo
radiofonico (oggi, radiotelevisivo).
Tuttavia, poiché alcune tra esse, e specificamente gli articoli 13
e 14, appaiono rivolte al fine primario di garantire che il riposo
settimanale dei dipendenti dalle agenzie giornalistiche e similari
abbia sempre e necessariamente luogo la domenica, deve essere qui
preliminarmente rilevato che una siffatta rigida disciplina non
potrebbe, oggi, ritenersi imposta dal principio costituzionale che
tutela il diritto (irrinunciabile) dei lavoratori al riposo settimanale
(oltre che alle ferie annuali). Nessun accenno alla domenica o ad altro
giorno determinato si rinviene, infatti, nel terzo comma dell'art. 36,
che - come questa Corte ha già avuto occasione di affermare nelle
sentenze n. 150 del 1967 e n. 146 del 1971 - si limita ad enunciare il
principio del riposo settimanale, senza regolarne l'esercizio e senza
prescrivere, per tutte le possibili ipotesi, una rigorosa periodicità.
Sgombrato così il campo dell'indagine da insussistenti esigenze di
rispetto dell'art. 36, la cui attuazione bene può assumere, invece,
forme più elastiche e comunque differenziate secondo la varia natura
propria di ciascuna attività, deve riconoscersi che il particolare
regime dettato per la stampa periodica, per le agenzie di notizie ed
altrettanti mezzi di diffusione del pensiero contrasta con l'art. 21
Cost., che solennemente proclama uno tra i principi caratterizzanti del
vigente ordinamento democratico, garantendo a "tutti" il diritto di
manifestare liberamente il proprio pensiero "con ogni mezzo di
diffusione" e dettando per di più ulteriori e specifiche norme a
tutela della stampa, quale mezzo di diffusione tradizionale e tuttora
insostituibile ai fini dell'informazione dei cittadini e quindi della
formazione di una pubblica opinione avvertita e consapevole.
Naturalmente, che "tutti" abbiano diritto di manifestare il proprio
pensiero "con ogni mezzo", non può significare che tutti debbano
avere, in fatto, la materiale disponibilità di tutti i possibili mezzi
di diffusione, ma vuol dire, più realisticamente, che a tutti la legge
deve garantire la giuridica possibilità di usarne o di accedervi, con
le modalità ed entro i limiti resi eventualmente necessari dalle
peculiari caratteristiche dei singoli mezzi o dalla esigenza di
assicurare l'armonica coesistenza del pari diritto di ciascuno o dalla
tutela di altri interessi costituzionalmente apprezzabili, giusta i
criteri di cui questa Corte ha fatto applicazione in varie occasioni
(sentenze n. 59 del 1960, n. 48 del 1964, n. 11 del 1968).
4. - Ora, come risulta dalla analitica esposizione che se n'è
fatta qui sopra al punto 2, le disposizioni della legge del 1934, di
cui è questione, contengono una disciplina ispirata a criteri del
tutto opposti rispetto a quelli innanzi precisati. Per un verso, e con
particolare riguardo alla stampa periodica determinano, infatti, un
rigoroso sistema di limiti temporali alla diffusione, manifestamente
eccedenti rispetto al fine di realizzare il riposo settimanale dei
lavoratori addetti al settore ed in nessun modo giustificati da
esigenze di tutela di interessi costituzionalmente rilevanti. Per altro
verso, spingendosi oltre l'ambito della stampa periodica, giungono sino
a inibire (articolo 26, primo comma) l'uso di una serie indefinita di
altri mezzi di diffusione al pubblico (quali potrebbero essere, ad
esempio, notiziari parlati, filmati, ecc.) nel corso di un periodo di
tempo press'a poco coincidente con quello durante il quale è sospesa
la pubblicazione dei giornali.
Ne risulta perciò, dal lato attivo, indebitamente compressa la
libertà di manifestazione (libertà di dare e divulgare notizie,
opinioni, commenti); e ne risulta altresì menomato - dal punto di
vista, invece, dei destinatari della manifestazione - l'interesse
generale, anch'esso indirettamente protetto dall'articolo 21, alla
informazione; il quale, in un regime di libera democrazia, implica
pluralità di fonti di informazione, libero accesso alle medesime,
assenza di ingiustificati ostacoli legali, anche temporanei, alla
circolazione delle notizie e delle idee.
5. - L'accennato contrasto delle disposizioni denunciate con l'art.
21 Cost. ne comporta la declaratoria di illegittimità costituzionale,
restando assorbiti gli altri profili dedotti nelle ordinanze. Fa
eccezione il secondo comma dell'art. 14, che si limita a stabilire le
regole del riposo settimanale per turno nei confronti del personale
addetto alla vendita dei giornali, in ordine al quale la questione di
legittimità costituzionale deve dichiararsi non fondata.