Titolo
SENT. 90/70 A. LIBERTA' DI RIUNIONE - COSTITUZIONE, ART. 17 - INTERPRETAZIONE - RIUNIONE IN LUOGO PUBBLICO - ONERE DEL PREAVVISO - INOSSERVANZA - CONSEGUENZE - T.U. DELLE LEGGI DI P.S. 18 GIUGNO 1931, N. 773, ART. 18, TERZO COMMA - SANZIONE PENALE PER I SOLI PROMOTORI E NON GLI INTERVENUTI - NON CONTRASTA CON IL PRECETTO COSTITUZIONALE.
Testo
E' esatto interpretare l'art. 17 della Costituzione nel senso che esso, pel fatto di condizionare ad un semplice preavviso le riunioni in luogo pubblico che si svolgano pacificamente e senz'armi, ha inteso escludere ogni preventivo intervento autorizzativo da parte dell'autorita' di pubblica sicurezza, ed invece imposto solo un onere a carico dei promotori, con la conseguenza che nessun illecito penale puo' addebitarsi a coloro che partecipino ad una riunione non preceduta da preavviso, dato che tale partecipazione si risolve nel concreto esercizio di un diritto costituzionalmente protetto. Si uniforma a questi principi l'art. 18, terzo comma, T.U.L.P.S., nella parte in cui sanziona penalmente solo il comportamento dei contravventori all'obbligo del preavviso e non gia' i semplici intervenuti alla riunione e conferma di tutto cio' puo' trarsi dal quarto comma dello stesso articolo, nonche' dall'art. 28 del regolamento esecutivo del T.U. n. 635 del 1940, che non impongono l'obbligo, ma conferiscono all'autorita' di p.s. solo la facolta' di impedire che le riunioni non precedute da preavviso abbiano luogo.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 17
Riferimenti normativi
regio decreto
18/06/1931
n. 773
art. 18
co. 3
Titolo
SENT. 90/70 B. LIBERTA' DI MANIFESTAZIONE DEL PENSIERO - RIUNIONI IN LUOGO PUBBLICO SENZA PREAVVISO - T.U. DELLE LEGGI DI P.S. 18 GIUGNO 1931, N. 773, ART. 18, TERZO COMMA - SANZIONE PENALE PER GLI INTERVENUTI CHE PRENDANO LA PAROLA SENZA ESSERE A CONOSCENZA DELL'OMISSIONE - VIOLAZIONE DELL'ARTICOLO 21 DELLA COSTITUZIONE - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE.
Testo
Contrasta con l'art. 21 della Costituzione il precetto contenuto nell'art. 18, terzo comma, T.U.L.P.S., che incrimina a titolo di contravvenzione il fatto di chi, essendo intervenuto ad una riunione non preavvisata senza essere a conoscenza dell'omissione del preavviso richiesto dal primo comma dello stesso articolo 18, vi prenda la parola; la disposizione impugnata si sottrae invece alla censura di incostituzionalita' relativamente al caso in cui chi prende la parola sia a conoscenza dell'omissione del preavviso, giacche' la posizione che egli viene ad assumere di parte piu' spiccatamente attiva fra i convenuti, o fa presupporre un accordo con i promotori, o comunque lo qualifica in modo particolare, cosi' da assimilarlo ai promotori stessi, differenziandolo dai semplici intervenuti, mai punibili anche ove si dimostrasse la conoscenza da parte loro dell'irregolarita' intervenuta.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 21
Riferimenti normativi
regio decreto
18/06/1931
n. 773
art. 18
co. 3
N. 90
SENTENZA 3 GIUGNO 1970
Deposito in cancelleria: 10 giugno 1970.
Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 150 del 17 giugno 1970.
Pres. BRANCA - Rel. MORTATI
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Prof. GIUSEPPE BRANCA, Presidente - Prof.
MICHELE FRAGALI - Prof. COSTANTINO MORTATI - Prof. GIUSEPPE CHIARELLI -
Dott. GIUSEPPE VERZÌ - Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI - Prof.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO - Dott. LUIGI OGGIONI - AVV. ERCOLE ROCCHETTI
Prof. ENZO CAPALOZZA - Prof. VEZIO CRISAFULLI - Dott. NICOLA REALE -
Prof. PAOLO ROSSI, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 18,
terzo comma, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza
approvato con R.D. 18 giugno 1931, n. 773, promossi con le seguenti
ordinanze:
1) ordinanza emessa il 10 giugno 1968 dal pretore di Brindisi nel
procedimento penale a carico di Mennitti Domenico, iscritta al n. 168
del registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 248 del 28 settembre 1968;
2) ordinanza emessa l'8 ottobre 1969 dal pretore di Verona nel
procedimento penale a carico di Brigo Corrado e Benato Beniamino,
iscritta al n. 423 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 311 del 10 dicembre 1969.
Udito nella camera di consiglio del 6 maggio 1970 il Giudice
relatore Costantino Mortati.
Ritenuto in fatto:
1. - Nel corso di un procedimento penale pendente nei confronti di
tale Mennitti Domenico, imputato del reato previsto e punito dall'art.
18, terzo comma, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza
approvato con R.D. 18 giugno 1931, n. 773, per avere preso la parola
nel corso di una riunione non preavvisata, il pretore di Brindisi, con
ordinanza 10 giugno 1968, ha sollevato questione di legittimità
costituzionale di siffatta norma incriminatrice in riferimento all'art.
21 della Costituzione.
Nel provvedimento si osserva, innanzi tutto, che il preavviso da
dare all'autorità di pubblica sicurezza, ai sensi dell'art. 17 della
Costituzione, per le riunioni che debbano svolgersi in luogo pubblico,
non può essere equiparato ad una istanza di autorizzazione e che
pertanto le riunioni non preavvisate non possono, in sé e per sé,
essere ritenute illecite.
Conseguente a tali premesse risulta la previsione come reato
dell'opera dei promotori di una riunione tenutasi senza preavviso,
mentre priva di ogni base costituzionale risulta la punizione di coloro
che abbiano soltanto preso la parola nel corso di una tale riunione.
Tale norma incriminatrice, secondo il pretore, appare anzi contrastante
con il predetto art. 21 che ha inteso abolire qualsiasi limitazione
della libertà di manifestazione del pensiero che non trovi
giustificazione nella Costituzione stessa.
L'ordinanza è stata regolarmente notificata, comunicata e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 248 del 28 settembre 1968, ma
nessuno si è costituito né è intervenuto nel relativo giudizio.
2. - Analoga questione è stata sollevata altresì dal pretore di
Verona con l'ordinanza 8 ottobre 1969 pronunciata nel corso del
procedimento penale contro Brigo Corrado e Benato Beniamino.
In tale provvedimento vengono svolte osservazioni simili a quelle
del pretore di Brindisi e si conclude nel senso che l'esercizio del
diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero nel corso di una
riunione in luogo pubblico, per la quale sia stato omesso il prescritto
preavviso, non può avere alcuna rilevanza in sede penale, una volta
constatato che la semplice partecipazione alla riunione stessa non può
essere incriminata ai sensi del citato art. 18. Ove invece il
partecipante alla riunione sia incriminato soltanto per il fatto di
avere manifestato il proprio pensiero - come avviene in base alla norma
impugnata - chiara appare la violazione dell'art. 21 della
Costituzione.
Anche tale ordinanza è stata regolarmente notificata, comunicata e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 311 del 10 dicembre 1969, ma
nessuno si è costituito nel relativo giudizio.
Considerato in diritto:
Le due cause riguardano la stessa questione, sicché si rende
opportuna la loro riunione e la decisione con unica sentenza, resa in
camera di consiglio mancando la costituzione delle parti.
1. - L'interpretazione che dell'art. 17 della Costituzione danno le
ordinanze in esame, nel senso che esso, pel fatto di condizionare ad un
semplice preavviso le riunioni in luogo pubblico che si svolgano
pacificamente e senz'armi, ha inteso escludere ogni preventivo
intervento autorizzativo da parte dell'autorità di pubblica sicurezza,
ed invece imposto solo un onere a carico dei promotori, deve ritenersi
esatta. Dal che discende che nessun illecito penale può addebitarsi a
coloro che partecipino ad una riunione non preceduta da preavviso, dato
che tale partecipazione si risolve nel concreto esercizio di un diritto
costituzionalmente protetto.
L'art. 18, terzo comma, del T.U. delle leggi di P.S., che viene
denunciato fa esatta applicazione del principio costituzionale (come la
Corte ha riconosciuto con la sent. n. 9 del 1956) nella parte in cui
sanziona penalmente solo il comportamento dei contravventori
all'obbligo del preavviso e non già quello degli intervenuti alla
riunione nei cui riguardi, come si è detto, nessun addebito può
essere formulato. Conferma di tutto ciò può trarsi dallo stesso
articolo 18 in esame che al quarto comma non impone l'obbligo, ma
conferisce all'autorità di P.S. solo la facoltà di impedire che le
riunioni non precedute da preavviso abbiano luogo, nonché dall'art. 28
del regolamento esecutivo del T.U. n 635 del 1940, secondo cui, nel
caso di omissione dell'avviso, l'autorità stessa provvede a impedire
che la riunione abbia luogo oppure a vigilarne lo svolgimento.
2. - Invece è da ritenere che l'articolo stesso contraddica alla
Costituzione allorché commina pena contravvenzionale contro coloro i
quali nelle riunioni predette prendano la parola. Se anche si dovesse
ritenere che le garanzie costituzionali del diritto in parola non siano
rivolte solo a quelle fra le riunioni che abbiano come proprio scopo le
manifestazioni o lo scambio del pensiero, è tuttavia certo che a
queste esse si rivolgono in via primaria, così da far considerare la
libertà di riunione quale uno degli strumenti necessari per la
soddisfazione di quell'interesse fondamentale dell'uomo vivente in
società, di scambiare con gli altri le proprie conoscenze, opinioni,
convinzioni: ed è perciò che la sua disciplina non può non esigere
un coordinamento con quella che l'art. 21 detta per assicurare la
libertà di manifestazione del pensiero. Ora appare evidente come
contrasti con quest'ultima disposizione la sanzione penale irrogata
contro coloro ai quali nessun altro addebito si fa all'infuori di
quello di avere in una riunione preso la parola, cioè esercitata la
facoltà corrispondente alla più propria ragione d'essere della
riunione medesima.
3. - La parte dell'art. 18 qui considerata si sottrae a censura di
incostituzionalità relativamente al solo caso in cui chi prende la
parola sia a conoscenza dell'omissione del preavviso. Infatti la
posizione che in tal caso egli viene ad assumere, di parte più
spiccatamente attiva fra i convenuti, o fa presupporre un accordo con i
promotori (ai quali, a tenore dell'art. 19 del citato regolamento per
l'esecuzione del T.U. leggi di P.S., incombe l'onere di comunicare le
generalità dei designati a prendere la parola), o comunque lo
qualifica in modo particolare, così da assimilarlo ai promotori
stessi, differenziandolo dai semplici intervenuti, mai punibili anche
ove si dimostrasse la conoscenza da parte loro dell'irregolarità
intervenuta.
Non si vuole, col richiedere siffatta conoscenza, aver riguardo
all'elemento soggettivo (ritenuto, dall'opinione prevalente, necessario
a far sorgere la responsabilità penale per i reati contravvenzionali:
responsabilità che verrebbe meno allorché il prevenuto fornisca la
prova della mancanza di colpa o dolo); ma invece precisare l'ambito
della fattispecie contravvenzionale ex art. 18, terzo comma ultima
parte, che in tanto può ritenersi conforme a Costituzione in quanto si
consideri elemento costitutivo del reato addebitabile a chi prende la
parola la consapevolezza dell'infrazione in cui siano incorsi i
promotori.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 18, terzo comma,
del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con R.D.
18 giugno 1931, n. 773, nella parte in cui non limita la previsione
punitiva a coloro che prendono la parola essendo a conoscenza
dell'omissione di preavviso previsto dal primo comma.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 giugno 1970.
GIUSEPPE BRANCA - MICHELE FRAGALI -
COSTANTINO MORTATI - GIUSEPPE
CHIARELLI - GIUSEPPE VERZÌ -
GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI -
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO - LUIGI
OGGIONI - ERCOLE ROCCHETTI - ENZO
CAPALOZZA - VEZIO CRISAFULLI - NICOLA
REALE - PAOLO ROSSI.