Ritenuto in fatto
1.− Il Tribunale ordinario di Bolzano ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 20-ter, comma 1, lettere b) e d), della legge della Provincia autonoma di Bolzano 21 gennaio 1987, n. 2 (Norme per l’amministrazione del patrimonio della Provincia autonoma di Bolzano), nonché, in riferimento agli artt. 3 e 117, secondo comma, lettera l), Cost., dell’art. 20-ter, comma 4, della medesima legge, nel testo originario antecedente la sostituzione operata dall’art. 38 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 23 luglio 2007, n. 6 (Modifiche di leggi provinciali in vari settori).
1.1.− Il rimettente espone in punto di fatto che:
− l’attore ha fatto valere un diritto di riscatto su alcuni fondi agricoli siti nel Comune di Glorenza;
− con delibera del 26 luglio 2004, pubblicata all’albo del citato Comune dal 26 agosto al 24 settembre 2004, era stato redatto un elenco di beni immobili provinciali da alienare comprensivo di tali fondi;
− il successivo 18 ottobre 2005 essi erano stati venduti dalla Provincia autonoma di Bolzano ad altro soggetto, entrambi convenuti nel giudizio a quo;
− il 20 novembre 2005 l’attore aveva presentato domanda di acquisto di tali fondi, indicando i suoi titoli di preferenza;
− con lettera del 26 gennaio 2006 la Provincia autonoma aveva comunicato all’attore che gli immobili in questione erano già stati venduti e che aveva presentato domanda oltre il termine fissato dalla legge provinciale.
1.2.− In punto di rilevanza, il rimettente osserva che il diritto di riscatto fatto valere dall’attore è previsto dall’art. 20-ter della legge provinciale n. 2 del 1987 − introdotto dall’art. 1 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 16 luglio 2002, n. 9 (Modifiche della legge provinciale 21 gennaio 1987, n. 2, recante “Norme per l’amministrazione del patrimonio della Provincia Autonoma di Bolzano”) − regolante la dismissione degli «ex beni dello Stato», ossia i beni trasferiti alla Provincia autonoma, ai sensi dei decreti legislativi 2 settembre 1997, n. 320 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige recante modifiche ed integrazioni al D.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, e delega alle province autonome di Trento e Bolzano di funzioni amministrative dello Stato in materia di viabilità) e 21 dicembre 1998, n. 495 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige recanti modifiche ed integrazioni al D.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115, in materia di trasferimento alle province autonome di Trento e di Bolzano dei beni demaniali e patrimoniali dello Stato e della Regione).
Tale articolo, in particolare, prevede, al comma 1, diverse “categorie preferenziali” e dispone, al comma 4, che i titoli di preferenza devono essere fatti valere, a pena di decadenza, entro tre mesi dalla pubblicazione dell’elenco dei beni immobili da dismettere.
Questa preferenza equivarrebbe a un diritto di prelazione, poiché con essa il legislatore provinciale ha assegnato a determinate categorie di persone, nell’ordine indicato dal comma 1, lettere da b) a d), il diritto di acquistare i fondi agricoli di provenienza statale; e perché la disposizione fa riferimento ai beneficiari del diritto di prelazione agraria regolato dalle leggi 26 maggio 1965, n. 590 (Disposizioni per lo sviluppo della proprietà coltivatrice) e 14 agosto 1971, n. 817 (Disposizioni per il rifinanziamento delle provvidenze per lo sviluppo della proprietà coltivatrice).
La legge provinciale, tuttavia, regolerebbe tale diritto in modo differente dalla normativa statale, non corrispondendo né le categorie dei beneficiari né il loro ordine di preferenza.
Ed infatti, ai sensi dell’art. 20-ter citato, il diritto di prelazione spetta anche a quei coltivatori diretti che, prima dell’entrata in vigore dei decreti legislativi n. 320 del 1997 e n. 495 del 1998, hanno coltivato i fondi de facto, quindi a prescindere dall’esistenza di un rapporto contrattuale (affitto, mezzadria, et cetera).
La legislazione statale, invece, non conoscerebbe tale categoria e del pari sconosciuta sarebbe quella degli espropriati o dei loro successori legali prevista dal comma 1, lettera c), della disposizione provinciale. Entrambe queste categorie, poi, sarebbero preferite ai confinanti (contemplati alla lettera d del comma 1).
1.2.1.− Fatte tali premesse interpretative, il rimettente osserva che, alla stregua della legislazione provinciale, la domanda attorea dovrebbe essere rigettata, poiché l’intenzione di fare valere il diritto di prelazione sarebbe stata manifestata oltre il termine decadenziale previsto dall’art. 20-ter, comma 4.
Per contro, in caso di accoglimento della questione di costituzionalità, la fattispecie andrebbe decisa alla stregua della normativa statale: essendo l’attore coltivatore diretto e confinante con le particelle controverse, e non essendogli stata comunicata l’intenzione di venderle tramite lettera raccomandata con avviso di ricevimento, sussisterebbero tutti i presupposti per l’esercizio del diritto di riscatto previsto dalle leggi n. 590 del 1965 e n. 817 del 1971.
Anche laddove fosse fondata esclusivamente la questione di costituzionalità del comma 4, riguardante la forma della denuntiatio, la domanda attrice andrebbe comunque accolta alla stregua della legislazione provinciale, sussistendo tutte le condizioni da questa fissate per l’esercizio del diritto di prelazione.
Il Tribunale ordinario di Bolzano, infine, rileva che l’art. 20-ter, comma 4, è stato novellato dall’art. 38 della legge provinciale n. 6 del 2007, che ha introdotto l’obbligo di comunicazione individuale, a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, nei confronti dei titolari dei diritti di prelazione di cui al comma 1, lettere b) e d), ovverosia degli affittuari/coltivatori (anche di fatto) e dei confinanti.
Tale modifica, tuttavia, non avrebbe rilievo nel giudizio a quo, essendo stata introdotta in epoca successiva alla vendita, che quindi resterebbe regolata dalla versione originaria del comma 4.
1.3.− In punto di non manifesta infondatezza, il rimettente ritiene che il legislatore provinciale, con l’art. 20-ter, commi 1, lettere b) e d) (ma il discorso varrebbe anche per la lettera c non censurata), e 4, abbia violato, in primo luogo, la competenza statale in materia di ordinamento civile.
Il comma 1, alle lettere b) e c), individuerebbe, infatti, due categorie (i coltivatori diretti di fatto e gli espropriati e i loro successori legali) di titolari di diritti di prelazione agraria ulteriori rispetto a quelle previste dalla legislazione statale, anteponendole a quella dei confinanti (comma 1, lettera d), tutelata dalla legge n. 817 del 1971.
Poiché il diritto di prelazione agraria sarebbe «un diritto potestativo nell’ambito del diritto civile», le norme esaminate, nella misura in cui disciplinano i beneficiari di tale diritto e il loro ordine di priorità, sarebbero riconducibili all’ordinamento civile.
Diversamente dovrebbe dirsi con riferimento al comma 1, lettera a), che, prevedendo la cessione a enti pubblici, recherebbe una «norma di carattere giuridico pubblico».
Anche il comma 4 sarebbe ascrivibile all’ordinamento civile, poiché prevede particolari modalità per la comunicazione dell’intenzione di alienare e fissa un termine di decadenza per l’esercizio del diritto di prelazione.
Il Tribunale ordinario di Bolzano, ricorda, a questo punto che, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, l’ordinamento del diritto privato si pone quale limite alla legislazione regionale, in quanto fondato sull’esigenza, sottesa al principio costituzionale di eguaglianza, di garantire nel territorio nazionale l’uniformità della disciplina dettata per i rapporti tra privati.
Rammenta altresì il rimettente che, sempre secondo la giurisprudenza costituzionale, può ammettersi che leggi provinciali dettate nell’esercizio di una competenza primaria regolino aspetti di diritto privato, nella misura in cui ciò sia necessario per la disciplina della materia (un classico esempio sarebbe quello dell’ordinamento dei masi chiusi).
Tale intervento regionale dovrebbe, tuttavia, essere rispettoso del principio di ragionevolezza, in quanto strumentale al soddisfacimento del principio di eguaglianza.
Ciò posto, osserva il Tribunale ordinario di Bolzano, da un lato, che le norme censurate riguardano solo i diritti di prelazione relativi a fondi a destinazione agricola, come si evince dal comma 3 dell’art. 20-ter, che esclude quelli relativi alle zone a insediamento edilizio, produttivo, o di interesse turistico o collettivo; e, dall’altro, che la Provincia autonoma di Bolzano, ai sensi dell’art. 8, numeri 8) e 21), del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), ha competenza legislativa esclusiva nelle materie di «ordinamento delle minime proprietà colturali, anche agli effetti dell’art. 847 del codice civile» e «agricoltura».
A escludere che le norme in esame siano riconducibili a tali competenze regionali, tuttavia, vi sarebbe il rilievo che esse sono dettate da una legge sull’amministrazione del patrimonio della Provincia; la disciplina in esame avrebbe solo «punti di contatto» con l’agricoltura e le minime proprietà colturali, nella misura in cui al comma 1, lettere b) e d), si fa riferimento ai titolari dei diritti di prelazione statale e si introduce la categoria di beneficiari dei coltivatori di fatto, mentre non vi sarebbe alcuna connessione con riferimento agli espropriati e successori legali di cui alla lettera c).
In ogni caso, la normativa provinciale avrebbe esorbitato dalle competenze statutarie per violazione dei principi di eguaglianza e ragionevolezza.
Infatti e in primo luogo, l’ordine di prelazione ivi fissato vedrebbe i confinanti scavalcati dai coltivatori di fatto e dagli espropriati e loro successori legali. Il confinante, quindi, sarebbe «manifestamente posizionato peggio che nel resto del territorio nazionale».
Ancora, sotto altro profilo, l’affissione all’albo del Comune ove sono ubicati i beni, prevista dal comma 4 dell’art. 20-ter, non costituirebbe una modalità appropriata di comunicazione agli interessati dell’intenzione di alienare, tanto più per i titolari di diritti di prelazione che, come l’attore, risiedono in un differente Comune. Questa forma di pubblicità sarebbe non conforme al principio di ragionevolezza, specie se comparata alla comunicazione personale prevista dalla legge statale.
La «sproporzione tra la concessione di un diritto e la sua pratica esercitabilità» condurrebbe anche a un irragionevole «trattamento diseguale rispetto al resto del territorio nazionale».
1.4.− Il Tribunale ordinario di Bolzano, poi, ritiene che le considerazioni sopra svolte in punto di ragionevolezza ed eguaglianza siano idonee, anche al di fuori della logica competenziale, a sorreggere autonomi dubbi di costituzionalità per violazione dell’art. 3 Cost.
Aggiunge il rimettente, con riferimento al comma 4, che esso, con intervento successivo irrilevante per la definizione del giudizio a quo, è stato modificato proprio nel senso di prevedere la comunicazione individuale ai titolari dei diritti di prelazione ai sensi delle lettere b) e d) del comma 1.
2.− Con memoria depositata presso la cancelleria della Corte il 14 luglio 2015, si è costituita in giudizio la Provincia autonoma di Bolzano, eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza delle questioni sollevate.
2.1.− Dopo avere operato una ricostruzione del quadro normativo di riferimento, la Provincia interveniente eccepisce, in particolare, l’inammissibilità del ricorso per difetto di rilevanza.
Il diritto di prelazione invocato, infatti, si fonderebbe sia sulla lettera b) che sulla lettera d) del comma 1 dell’art. 20-ter, il che renderebbe irrilevante nel giudizio a quo la circostanza, lamentata dal rimettente, che le categorie di beneficiari dei diritti di prelazione e l’ordine di preferenza stabilito dal legislatore provinciale per la cessione dei fondi agricoli non rispecchino quelli previsti dalla normativa statale.
2.2.− Le questioni sollevate sarebbero comunque infondate, in primo luogo perché le norme censurate non sono riconducibili all’ordinamento civile.
Esse, infatti, non regolerebbero il diritto di prelazione agraria previsto dalla legislazione statale, ma il trasferimento a terzi di beni di proprietà della Provincia; tutt’al più, le norme in esame sarebbero riconducibili alle competenze provinciali in materia di ordinamento delle minime unità colturali e agricoltura.
Gli immobili trasferiti dallo Stato che non sono d’interesse della Provincia e dei Comuni, sarebbero, infatti, esclusivamente fondi agricoli lavorati già da tempo da coltivatori diretti o comunque siti in zone a destinazione agricola.
Come osservato dallo stesso rimettente, poi, è ammissibile che nell’esercizio della propria competenza primaria le leggi provinciali «tocchino» aspetti di diritto privato, nella misura in cui ciò sia necessario per la disciplina della materia.
In secondo luogo, anche i dubbi di legittimità costituzionale per violazione dell’art. 3 Cost. sono, secondo la difesa provinciale, infondati.
L’ordine di preferenza previsto dal comma 1 terrebbe adeguatamente conto della realtà agricola esistente in Provincia di Bolzano e degli avvenimenti storici che avevano portato agli espropri di fondi a prezzi irrisori; e ciò renderebbe impossibile un paragone tra la disciplina statale e quella provinciale.
Né sarebbe irragionevole o violativo del principio di eguaglianza il comma 4, che prevede la comunicazione dell’intenzione di vendere mediante affissione all’albo del Comune ove insistono gli immobili alienandi.
All’epoca dell’approvazione dell’art. 20-ter, infatti, per la Provincia sarebbe stato pressoché impossibile individuare gli effettivi espropriati, non essendo in possesso della documentazione relativa ai procedimenti di esproprio; stesso ragionamento andrebbe fatto per i coltivatori di cui alla lettera b), trattandosi, spesso, di coltivatori di fatto; materialmente molto difficile, se non impossibile, in assenza del catasto digitale, sarebbe stata anche la corretta individuazione dei confinanti.
Per tali motivi, dunque, la norma indubbiata avrebbe disposto la comunicazione mediante affissione all’albo; la sua estensione a tutte le categorie previste dall’art. 20-ter sarebbe dovuta all’intento di non favorire alcuna di esse.
Inoltre, la norma provinciale, nel fissare un termine di tre mesi per l’esercizio del diritto di riscatto, assicurerebbe una tutela superiore a quella apprestata dalla norma statale, che pone il più breve termine di trenta giorni.
Da ultimo, la Provincia autonoma di Bolzano fa presente che la legge provinciale n. 6 del 2007 ha modificato il comma 4 dell’art. 20-ter, prevedendo per alcune categorie la comunicazione individuale, e che tale modifica sarebbe dovuta al fatto che nel frattempo era stato introdotto il catasto digitale, che avrebbe reso più agevole l’individuazione dei titolari di diritto di prelazione.
Considerato in diritto
1.− Il Tribunale ordinario di Bolzano ha sollevato, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 20-ter, comma 1, lettere b) e d), della legge della Provincia autonoma di Bolzano 21 gennaio 1987, n. 2 (Norme per l’amministrazione del patrimonio della Provincia autonoma di Bolzano), perché, con riferimento ai fondi agricoli “ex beni dello Stato” di proprietà della Provincia, introduce nuove categorie di beneficiari del diritto di prelazione agraria sconosciute alla disciplina statale e fissa un ordine di priorità diverso da quello previsto da quest’ultima, così invadendo la materia dell’ordinamento civile.
Il Tribunale ha anche sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 117, secondo comma, lettera l), Cost., questione di legittimità costituzionale dell’art. 20-ter, comma 4, della legge provinciale n. 2 del 1987, nel testo originario antecedente la sostituzione operata dall’art. 38 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 23 luglio 2007, n. 6 (Modifiche di leggi provinciali in vari settori), perché prevede, difformemente dalla disciplina statale, che la comunicazione dell’intenzione di vendere i citati fondi agricoli avvenga a mezzo di affissione all’albo del Comune ove sono ubicati i beni e non a mezzo di comunicazione individuale ai titolari di diritti di prelazione.
In tal modo, secondo il rimettente, la disposizione censurata invaderebbe la materia dell’ordinamento civile, cui è rinconducibile la regolamentazione delle modalità di esercizio di tali diritti, e violerebbe il principio di ragionevolezza, perché appresta una forma di pubblicità non idonea a consentire la conoscenza effettiva dell’intenzione di vendere, nonché il principio di eguaglianza, perché i titolari del diritto di prelazione agraria della Provincia autonoma di Bolzano ricevono un trattamento deteriore rispetto agli altri, in assenza di una valida giustificazione.
2.– Prima di esaminare l’ammissibilità e il merito delle questioni sollevate, appare necessario illustrare, sia pure brevemente, il contenuto delle disposizioni censurate contenute nell’art. 20-ter (rubricato «Cessione di beni immobili trasferiti dallo Stato e da amministrazioni statali») della legge provinciale n. 2 del 1987, articolo che si occupa della cessione degli “ex beni dello Stato”, ossia dei beni pervenuti alla Provincia autonoma di Bolzano in base ai decreti legislativi 2 settembre 1997, n. 320 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige recante modifiche ed integrazioni al D.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, e delega alle province autonome di Trento e Bolzano di funzioni amministrative dello Stato in materia di viabilità) e 21 dicembre 1998, n. 495 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige recanti modifiche ed integrazioni al D.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115, in materia di trasferimento alle province autonome di Trento e di Bolzano dei beni demaniali e patrimoniali dello Stato e della Regione).
Le norme censurate dal rimettente, da un lato, individuano due categorie di titolari di diritti di prelazione sui fondi agricoli (coltivatori, anche di fatto, e confinanti), e, dall’altro, regolano le modalità di esternazione della manifestazione della volontà dell’ente pubblico di alienare, strumentale all’esercizio di tali diritti.
Esse fanno parte di un articolato meccanismo normativo che, con riferimento ai medesimi fondi agricoli, individua un’ulteriore platea di beneficiari (gli espropriati e i loro successori legali), pone le varie categorie di titolari del diritto di prelazione agraria, ivi comprese quelle riconosciute dalla legislazione statale, in un ordine decrescente di preferenza e fissa un termine di decadenza trimestrale per l’esercizio del diritto medesimo.
Più in particolare, in base al combinato disposto dei commi 1 e 3, i fondi agricoli provinciali che rientrano tra gli “ex beni dello Stato” possono essere ceduti nel seguente ordine: a) a enti pubblici che destinino i beni al perseguimento dei propri fini istituzionali o di pubblico interesse; b) ai coltivatori dei fondi (le «persone che dimostrino di avere un diritto di prelazione ai sensi della L. 26 maggio 1965, n. 590»), anche “di fatto” («persone che dimostrino di coltivare il fondo, in qualità di coltivatore diretto, da prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 21 dicembre 1998, n. 495, ovvero del D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 320»); c) agli espropriati e loro successori legali; d) ai coltivatori confinanti (le «persone che dimostrino di avere un diritto di prelazione ai sensi della L. 14 agosto 1971, n. 817»).
Ai sensi del comma 4 (nel testo originario), la Giunta provinciale forma, per i beni immobili che intende cedere, degli elenchi distinti per Comuni e tali elenchi sono pubblicati per 30 giorni all’albo del Comune ove si trovano i beni oggetto di dismissione; i titolari dei diritti di preferenza di cui alle lettere b), c) e d) devono manifestare all’amministrazione la volontà di avvalersene, a pena di decadenza, entro tre mesi dal termine della pubblicazione.
3.− La Provincia autonoma di Bolzano ha eccepito l’inammissibilità delle questioni sollevate dal Tribunale ordinario di Bolzano per difetto di rilevanza.
Secondo la difesa provinciale, il fatto che l’attore nel giudizio a quo sia titolare di un diritto di prelazione, tanto perché coltivatore di fatto quanto perché confinante, renderebbe irrilevante la circostanza, lamentata dal rimettente, che la legislazione provinciale per la cessione dei fondi agricoli di proprietà della Provincia diverga parzialmente da quella statale: la pronuncia di incostituzionalità del comma 1, lettere b) e d), nella parte in cui i cosiddetti coltivatori di fatto (lettera b) − unitamente a quelli “di diritto” (lettera b) e al pari degli espropriati e loro successori legali (lettera c) − sono preferiti ai confinanti (lettera d), non sarebbe, infatti, di alcuna utilità per la definizione del giudizio a quo.
L’eccezione, per quanto apparentemente rivolta a entrambe le questioni sollevate, in realtà si dirige esclusivamente alla prima, avendo ad oggetto le sole disposizioni che individuano i beneficiari del diritto di prelazione agraria sui beni provinciali (comma 1), e non quella che prevede le modalità di comunicazione della volontà dell’amministrazione di dismettere tali beni e il connesso termine di decadenza per l’esercizio del diritto di prelazione (comma 4).
Così circoscritta, l’eccezione è fondata, dal momento che − secondo la stessa prospettazione del rimettente – l’attore nel giudizio principale è titolare di un diritto di prelazione sia in forza della normativa provinciale (in quanto coltivatore di fatto e confinante con i fondi alienandi) che di quella nazionale (in quanto confinante), e nel giudizio a quo non si pone il problema della preferenza accordata dall’art. 20-ter, comma 1, lettera c) (non censurata), agli espropriati rispetto ai confinanti.
Pertanto, l’accoglimento della questione di costituzionalità non determinerebbe alcuna influenza concreta sul giudizio a quo (sentenze n. 151 del 2009, n. 337 del 2008, n. 303 e n. 50 del 2007, n. 184 del 2006, n. 249 del 1996, n. 468 e n. 154 del 1994, n. 202 del 1991, n. 211 del 1984, n. 10 del 1982, n. 113 del 1980, n. 1 del 1977 e n. 122 del 1976; ordinanze n. 147 del 2015, n. 15 del 2014 e n. 337 del 2011), dovendo il giudice in ogni caso riconoscere all’attore un diritto di prelazione nell’acquisto dei fondi agricoli venduti a terzi dalla Provincia autonoma di Bolzano.
4.− La residua questione di legittimità costituzionale dell’art. 20-ter, comma 4, della legge provinciale n. 2 del 1987, nel testo originario antecedente la sostituzione operata dall’art. 38 della legge provinciale n. 6 del 2007, è fondata sotto il profilo della violazione dell’art. 117, comma 2, lettera l), Cost.
4.1.− A parte i profili di contrasto con la normativa statale evidenziati dal rimettente, la disposizione censurata, disciplinando le modalità di esternazione della volontà dell’ente pubblico di alienare i suoi fondi agricoli e il connesso termine di decadenza per l’esercizio del diritto di prelazione agraria, deve essere ascritta all’ordinamento civile, materia di competenza esclusiva dello Stato.
Essa, infatti, incide sulla scelta del contraente nella compravendita dei fondi agricoli provinciali, e quindi sulla autonomia negoziale sia dei soggetti che si determinano al loro acquisto (sentenza n. 253 del 2006), titolari o meno del diritto di prelazione, sia della pubblica amministrazione che agisce iure privatorum (sentenze n. 269 del 2014, n. 74 del 2012, n. 114 e n. 53 del 2011, n. 45 del 2010, n. 401 del 2007) per la dismissione di beni patrimoniali disponibili (sentenza n. 247 del 2015).
4.2.− Tali conclusioni non sono scalfite dalla giurisprudenza costituzionale, invocata dalla Provincia autonoma di Bolzano e citata dal rimettente, che ammette, in limiti ristretti, norme regionali di diritto privato.
Con la sentenza n. 352 del 2001, questa Corte ha affermato che «L’incidenza sulla competenza regionale del limite del diritto privato non opera […] in modo assoluto, in quanto anche la disciplina dei rapporti privatistici può subire un qualche adattamento, ove questo risulti in stretta connessione con la materia di competenza regionale e risponda al criterio di ragionevolezza, che vale a soddisfare il rispetto del richiamato principio di eguaglianza (sentenze n. 441 del 1994 e n. 35 del 1992)».
Condizioni imprescindibili, per giustificare l’intervento regionale sono, dunque: 1) la sua marginalità, 2) la connessione con una materia di competenza regionale e 3) il rispetto del principio di ragionevolezza.
Nel caso di specie, a difettare è proprio la marginalità dell’intervento (sentenze n. 295 del 2009, n. 60 del 1968 e n. 6 del 1958), perché le norme scrutinate non prevedono adattamenti, integrazioni o specificazioni della disciplina statale, ma a essa derogano in relazione a un profilo fondamentale dell’ordinamento civile, che è quello della libertà negoziale.
4.3.− Non sono pertinenti, infine, i precedenti di questa Corte, invocati dalla Provincia interveniente, in materia di maso chiuso, là dove sono state considerate legittime ampie deroghe al diritto privato funzionali alla disciplina dell’istituto in questione.
Tali deroghe, infatti, si giustificano in ragione della necessità di tutelare la specificità storica e sociale dei maso chiuso, e della maggiore estensione della potestà legislativa della Provincia autonoma di Bolzano in questa materia rispetto alle altre sue competenze pure primarie (sentenze n. 173 del 2010, n. 405 e n. 340 del 1996, n. 691 del 1988, n. 40 e n. 5 del 1957, n. 4 del 1956).
5.− Conclusivamente, deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 20-ter, comma 4, della legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 2 del 1987, nel testo originario antecedente la sostituzione operata dall’art. 38 della legge provinciale n. 6 del 2007, per violazione dell’art. 117, secondo comma , lettera l), Cost.
6.− Restano assorbiti gli ulteriori profili di violazione dell’art. 3 Cost. prospettati dal rimettente.