Ritenuto in fatto
1. - Oprandi Iside conveniva innanzi al Tribunale di Milano il
Ministero della sanità per ottenere il risarcimento del danno
derivatole da poliomelite contratta per contatto con il figlio
Davide, sottoposto a vaccinazione obbligatoria antipoliomielitica,
lamentando che gli organi sanitari, in tale occasione, non l'avevano
messa al corrente del pericolo né istruita su particolari cautele da
osservare nel contatto con feci e muco del bambino vaccinato, da lei
personalmente accudito.
Espletata consulenza tecnica - che confermava l'eziologia della
forma morbosa contratta dall' attrice -, il Tribunale, con ordinanza
emessa il 23 febbraio 1989, sollevava questione di legittimità
costituzionale, in riferimento all'art. 32 della Costituzione, della
legge 4 febbraio 1966 n. 51 (Obbligatorietà della vaccinazione
antipoliomielitica) con particolare riguardo agli artt. 1, 2 e 3, in
quanto non prevedono un sistema di indennizzo e/o di provvidenze
precauzionali e/o assistenziali per i danni all'integrità fisica
conseguenti alla vaccinazione.
Osserva il giudice a quo che nel caso in esame non sarebbe
ravvisabile responsabilità della Pubblica Amministrazione ai sensi
dell'art. 2043 c.c., neppure sotto il profilo dell'omessa adozione di
sistemi precauzionali incentrati su comunicazioni diffuse -
difficilmente conciliabili d'altronde con i fini della vaccinazione
obbligatoria, essendo, allo stato delle conoscenze, percentualmente
minimo il rischio del contagio.
Esclusa, quindi, la responsabilità da fatto illecito, osserva il
Tribunale che non è neppur configurabile, nella specie, una
responsabilità della P.A. per atti legittimi, poiché la previsione
del ristoro indennitario del diritto soggettivo del singolo,
sacrificato nel perseguimento del pubblico interesse, è eccezionale
e tassativa, e non è contemplata da alcuna specifica disposizione in
riferimento alla lesione dell'integrità fisica, come invece avviene
per la lesione del diritto di proprietà, ex art. 46 della legge 25
giugno 1865 n. 2359.
Osserva peraltro il giudice a quo che l'art. 32 della Costituzione
tutela la salute non solo come interesse della collettività, ma
anche e soprattutto come diritto primario ed assoluto del singolo
(Corte cost. n. 88/1979), e che siffatta tutela si realizza nella
duplice direzione di apprestare misure di prevenzione e di assicurare
cure gratuite agli indigenti, anche mediante intervento solidaristico
(Corte cost. n. 202/1981). Laddove, quindi, manchino del tutto
provvidenze del genere, né sia dato ricorrere a forme risarcitorie
alternative, la garanzia costituzionale di tutela dell'integrità
fisica della persona risulta vanificata. Ed in particolare ciò
avviene nel caso in esame, nel quale tale fondamentale diritto
dell'individuo può essere sacrificato in conseguenza dell'esercizio
da parte dello Stato di attività legittima a favore della
collettività (trattamento vaccinale obbligatorio), senza previsione
di un compenso equivalente, od altro equipollente proporzionato al
sacrificio eventualmente occorso al singolo nell'adempimento di un
obbligo imposto nell'interesse della sanità pubblica. Al riguardo,
infatti, nessuna previsione in tal senso è contenuta nella legge n.
51 del 1966.
2. - Non vi è stata costituzione di parti private né ha spiegato
intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.
Considerato in diritto
1. - L'ordinanza di rimessione ha messo in dubbio la legittimità
costituzionale, in riferimento all'art. 32 della Costituzione, della
legge 4 febbraio 1966, n. 51 (Obbligatorietà della vaccinazione
antipoliomielitica) con particolare riguardo agli artt. 1, 2 e 3.
La normativa è impugnata in quanto - mentre pone l'obbligo della
vaccinazione antipoliomielitica per i bambini entro il primo anno di
età, considerando responsabile (anche penalmente) dell'osservanza
dell'obbligo l'esercente la patria potestà (oggi la potestà
genitoriale) o la tutela sul bambino (o il direttore dell'Istituto di
pubblica assistenza in cui il bambino è ricoverato, o la persona cui
il bambino sia stato affidato da un Istituto di pubblica assistenza),
e attribuendo al Ministero della sanità il compito di provvedere a
proprie spese all'acquisto e alla distribuzione del vaccino - "non
prevede un sistema di indennizzo e/o di provvidenze precauzionali e/o
assistenziali per gli incidenti vaccinali".
Nel corso di un giudizio civile intentato nei confronti del
Ministro della sanità in relazione ai danni riportati da una madre
per avere contratto la poliomielite, con paralisi spinale
persistente, in quanto a lei trasmessa per contagio dal figlio,
sottoposto a vaccinazione obbligatoria antipoliomielitica, il giudice
a quo, considerato che non sembravano ricorrere estremi di
responsabilità ai sensi dell'art. 2043 c.c., ha prospettato il
possibile contrasto della denunciata carenza di previsione di rimedi
come quelli suindicati per l'evenienza di lesioni derivanti da un
trattamento sanitario obbligatorio, da parte della norma che lo
introduce, con il principio, espresso nell'art. 32 della
Costituzione, della piena tutela dell'integrità fisica
dell'individuo.
2. - La questione è fondata.
La vaccinazione antipoliomielitica per bambini entro il primo anno
di vita, come regolata dalla norma denunciata, che ne fa obbligo ai
genitori, ai tutori o agli affidatari, comminando agli obbligati
l'ammenda per il caso di inosservanza, costituisce uno di quei
trattamenti sanitari obbligatori cui fa riferimento l'art. 32 della
Costituzione.
Tale precetto nel primo comma definisce la salute come
"fondamentale diritto dell'individuo e interesse della
collettività"; nel secondo comma, sottopone i detti trattamenti a
riserva di legge e fa salvi, anche rispetto alla legge, i limiti
imposti dal rispetto della persona umana.
Da ciò si desume che la legge impositiva di un trattamento
sanitario non è incompatibile con l'art. 32 della Costituzione se il
trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato
di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato
di salute degli altri, giacché è proprio tale ulteriore scopo,
attinente alla salute come interesse della collettività, a
giustificare la compressione di quella autodeterminazione dell'uomo
che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto
fondamentale.
Ma si desume soprattutto che un trattamento sanitario può essere
imposto solo nella previsione che esso non incida negativamente sullo
stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle
sole conseguenze, che, per la loro temporaneità e scarsa entità,
appaiano normali di ogni intervento sanitario, e pertanto
tollerabili.
Con riferimento, invece, all'ipotesi di ulteriore danno alla
salute del soggetto sottoposto al trattamento obbligatorio - ivi
compresa la malattia contratta per contagio causato da vaccinazione
profilattica - il rilievo costituzionale della salute come interesse
della collettività non è da solo sufficiente a giustificare la
misura sanitaria. Tale rilievo esige che in nome di esso, e quindi
della solidarietà verso gli altri, ciascuno possa essere obbligato,
restando così legittimamente limitata la sua autodeterminazione, a un
dato trattamento sanitario, anche se questo importi un rischio
specifico, ma non postula il sacrificio della salute di ciascuno per
la tutela della salute degli altri. Un corretto bilanciamento fra le
due suindicate dimensioni del valore della salute - e lo stesso
spirito di solidarietà (da ritenere ovviamente reciproca) fra
individuo e collettività che sta a base dell'imposizione del
trattamento sanitario - implica il riconoscimento, per il caso che il
rischio si avveri, di una protezione ulteriore a favore del soggetto
passivo del trattamento. In particolare finirebbe con l'essere
sacrificato il contenuto minimale proprio del diritto alla salute a
lui garantito, se non gli fosse comunque assicurato, a carico della
collettività, e per essa dello Stato che dispone il trattamento
obbligatorio, il rimedio di un equo ristoro del danno patito.
E parimenti deve ritenersi per il danno - da malattia trasmessa
per contagio dalla persona sottoposta al trattamento sanitario
obbligatorio o comunque a questo ricollegabile - riportato dalle
persone che abbiano prestato assistenza personale diretta alla prima
in ragione della sua non autosufficienza fisica (persone anche esse
coinvolte nel trattamento obbligatorio che, sotto il profilo
obbiettivo, va considerato unitariamente in tutte le sue fasi e in
tutte le sue conseguenze immediate).
Se così è, la imposizione legislativa dell'obbligo del
trattamento sanitario in discorso va dichiarata costituzionalmente
illegittima in quanto non prevede un'indennità come quella
suindicata.
3. - La dichiarazione di illegittimità, ovviamente, non concerne
l'ipotesi che il danno ulteriore sia imputabile a comportamenti
colposi attinenti alle concrete misure di attuazione della norma
suindicata o addirittura alla materiale esecuzione del trattamento
stesso. La norma di legge che prevede il trattamento non va incontro,
cioè, a pronuncia di illegittimità costituzionale per la mancata
previsione della tutela risarcitoria in riferimento al danno
ulteriore che risulti iniuria datum. Soccorre in tal caso nel sistema
la disciplina generale in tema di responsabilità civile di cui
all'art. 2043 c.c.
La giurisprudenza di questa Corte è infatti fermissima nel
ritenere che ogni menomazione della salute, definita espressamente
come (contenuto di un) diritto fondamentale dell'uomo, implichi la
tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c. Ed ha chiarito come tale tutela
prescinda dalla ricorrenza di un danno patrimoniale quando, come nel
caso, la lesione incida sul contenuto di un diritto fondamentale
(sentt. nn. 88 del 1979 e 184 del 1986).
È appena il caso di notare, poi, che il suindicato rimedio
risarcitorio trova applicazione tutte le volte che le concrete forme
di attuazione della legge impositiva di un trattamento sanitario o di
esecuzione materiale del detto trattamento non siano accompagnate
dalle cautele o condotte secondo le modalità che lo stato delle
conoscenze scientifiche e l'arte prescrivono in relazione alla sua
natura. E fra queste va ricompresa la comunicazione alla persona che
vi è assoggettata, o alle persone che sono tenute a prendere
decisioni per essa e/o ad assisterla, di adeguate notizie circa i
rischi di lesione (o, trattandosi di trattamenti antiepidemiologici,
di contagio), nonché delle particolari precauzioni, che, sempre allo
stato delle conoscenze scientifiche, siano rispettivamente
verificabili e adottabili.
Ma la responsabilità civile opera sul piano della tutela della
salute di ciascuno contro l'illecito (da parte di chicchessia) sulla
base dei titoli soggettivi di imputazione e con gli effetti
risarcitori pieni previsti dal detto art. 2043 c.c.
Con la presente dichiarazione di illegittimità costituzionale,
invece, si introduce un rimedio destinato a operare relativamente al
danno riconducibile sotto l'aspetto oggettivo al trattamento
sanitario obbligatorio e nei limiti di una liquidazione equitativa
che pur tenga conto di tutte le componenti del danno stesso. Rimedio
giustificato - ripetesi - dal corretto bilanciamento dei valori
chiamati in causa dall'art. 32 della Costituzione in relazione alle
stesse ragioni di solidarietà nei rapporti fra ciascuno e la
collettività, che legittimano l'imposizione del trattamento
sanitario.