Titolo
SENT. 225/90 A. ISTRUZIONE PUBBLICA - INSEGNAMENTO DELL'EDUCAZIONE FISICA - ISTITUZIONE DI CATTEDRE DISTINTE IN MASCHILI E FEMMINILI E SEPARATA COPERTURA CON INSEGNANTI DI SESSO MASCHILE E INSEGNANTI DI SESSO FEMMINILE - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 'IN PARTE QUA'.
Testo
E' illegittimo costituzionalmente - perche' implica una discriminazione ormai palesemente irrazionale tra i docenti in base al sesso, in violazione dell'art. 3 Cost. (assorbito il riferimento all'art. 97) - l'art. 13, comma secondo, legge 7 febbraio 1958, n. 88, nella parte in cui prevede l'istituzione delle cattedre di educazione fisica distintamente in maschili e femminili e la conseguente loro copertura separatamente con docenti di sesso maschile e docenti di sesso femminile.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 3
Riferimenti normativi
legge
07/02/1958
n. 88
art. 13
co. 2
Titolo
SENT. 225/90 B. ISTRUZIONE PUBBLICA - INSEGNAMENTO DELL'EDUCAZIONE FISICA - DISTINZIONE DEGLI ALUNNI IN BASE AL SESSO E COLLOCAZIONE IN SQUADRE MASCHILI E FEMMINILI - INAMMISSIBILITA' DELLA QUESTIONE (PER DIFETTO DI RILEVANZA).
Testo
La questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1 e 2, legge 7 febbraio 1958, n. 88 - "i quali prevedono rispettivamente la distinzione in maschi e femmine ed in squadre maschili e femminili degli alunni" cui si impartisce l'insegnamento dell'educazione fisica - e' inammissibile per difetto di rilevanza, non trovando le suddette disposizioni applicazione nel giudizio 'a quo'. (Questione sollevata in riferimento agli artt. 4, 37 e 97 Cost.).
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 4
Costituzione
art. 37
Costituzione
art. 97
Riferimenti normativi
legge
07/02/1958
n. 88
art. 1
co. 0
legge
07/02/1958
n. 88
art. 2
co. 0
N. 225
SENTENZA 3-8 MAGGIO 1990
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: prof. Giovanni CONSO;
Giudici: prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe
BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof.
Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo
CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv.
Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 13
della legge 7 febbraio 1958, n. 88 (Provvedimenti per l'educazione
fisica), promosso con ordinanza emessa il 14 luglio 1988 dal T.A.R.
per la Puglia - Sezione di Lecce, sul ricorso proposto da Antonaci
Cinzia ed altre contro il Provveditorato agli Studi di Taranto ed
altri, iscritta al n. 643 del registro ordinanze 1989 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, prima serie
speciale, dell'anno 1989;
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 21 marzo 1990 il Giudice
relatore Francesco Greco;
Ritenuto in fatto
1. - Antonaci Cinzia ed altre, abilitate all'insegnamento
dell'educazione fisica nelle scuole medie, hanno proposto ricorso al
T.A.R. per la Puglia - Sezione di Lecce, contro il provvedimento del
Provveditore agli Studi di Taranto di conferma della loro nomina
definitiva per un numero di ore eguale a quello dell'anno precedente,
mentre gli insegnanti di sesso maschile della stessa disciplina
avevano ottenuto la nomina per cattedre a orario pieno. Si sono
dolute della mancata attuazione delle disposizioni ministeriali che
consentivano alle docenti prive di titoli di studio di insegnare
attività ginnico-sportive anche agli alunni di sesso maschile,
mentre si era fatta rigorosa applicazione degli artt. 1, 2 e 13 della
legge 7 febbraio 1958, n. 88, la quale prevede, per l'insegnamento
dell'educazione fisica, la distinzione degli alunni per sesso con la
conseguente differenziazione delle cattedre e dei posti. E nel
periodo suddetto le classi maschili avevano una maggiore
disponibilità di posti rispetto a quelle femminili.
Il T.A.R., in accoglimento della eccezione proposta dalle
ricorrenti, ha sollevato questione di legittimità costituzionale
degli artt. 1, 2 e 13 della legge n. 88 del 1958 nella parte in cui
prevedono, per l'insegnamento dell'educazione fisica, classi diverse
per alunni maschi e femmine con la conseguente possibilità per i
docenti maschi di insegnare solo a classi di alunni e per le docenti
di insegnare solo a classi di alunne.
Secondo il remittente risulterebbero violati gli artt. 3, 4, 37 e
97 della Costituzione in quanto, essendo identica la natura degli
insegnamenti impartiti dai docenti, basata sulla conoscenza
fisiologica del corpo umano e sulle tecniche del lavoro sportivo, e
solo parzialmente diverse le attività ginniche svolte dagli alunni
di ciascun sesso, si verificherebbe una irrazionale disparità di
trattamento tra docenti con pari titolo solo per diversità di sesso,
e una chiara violazione dei principi costituzionali della parità di
sesso (art. 37 della Costituzione), della imparzialità della
pubblica amministrazione (art. 97 della Costituzione) nonché la
compressione del diritto al lavoro (art. 4 della Costituzione).
L'ordinanza è stata regolarmente comunicata e pubblicata.
2. - Nel giudizio dinanzi a questa Corte non si sono costituite
parti private.
3. - È intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato in
rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, la quale ha
rilevato che la normativa in questione - relativa solo agli
insegnamenti impartiti nelle scuole medie ed in quelle superiori, e
non anche nelle elementari - è giustificata dall'esigenza di evitare
turbamenti sessuali in alunni e alunne che, per l'età puberale ed
adolescenziale che attraversano, sono particolarmente sensibili a
impulsi che inevitabilmente sarebbero indotti da movenze,
dimostrazioni, posizioni assunte da docenti di sesso diverso da
quello degli alunni o delle alunne, il cui contatto fisico con gli
insegnanti è talora inevitabile.
Ad avviso dell'Avvocatura sarebbe razionale la differenziazione,
in base al sesso, non già degli insegnanti ma degli alunni, anche
per la necessità della tutela del loro pudore, che è uno dei
diritti fondamentali della persona (art. 2 della Costituzione), ed in
osservanza dell'art. 31 della Costituzione, che tutela l'infanzia e
la gioventù.
L'inconveniente verificatosi nella specie in danno delle
insegnanti di sesso femminile, sarebbe del tutto occasionale ed
assolutamente contingente, perché legato al dato, meramente
accidentale, del numero e del sesso degli alunni; non sarebbe
correlabile per nessun profilo alla irragionevolezza delle scelte,
certamente non discriminatorie, del legislatore, tenuto anche conto
che potrebbe capovolgersi, e determinare in un momento diverso, il
completamento di orario da parte delle insegnanti di sesso femminile
e non di quelli di sesso maschile.
Nel caso in esame non si tratterebbe di accesso al lavoro, né di
stabilità del posto, ma solo di completamento di orario, e ciò a
prescindere dalla considerazione che l'art. 4 è interpretato nel
senso che non è garantito ad ogni cittadino il diritto ad una
occupazione, e neppure in via assoluta, alla conservazione del posto.
Considerato in diritto
1. - Il T.A.R. per la Puglia dubita della legittimità
costituzionale degli artt. 1, 2 e 13 della legge 7 febbraio 1958, n.
88, nella parte in cui prevedono la differenziazione delle cattedre
per l'insegnamento dell'educazione fisica a seconda del sesso degli
alunni e la conseguente possibilità per i docenti di sesso maschile
di insegnare solo a squadre di alunni e per le docenti di sesso
femminile solo a squadre di alunne, in violazione del diritto al
lavoro di tutti i cittadini senza distinzione di sesso.
2. - La questione è fondata per quanto riguarda l'art. 13.
Esso prevede la distinzione delle cattedre di ruolo di educazione
fisica in maschili e femminili. Ed è interpretato dal giudice a quo
nel senso che le cattedre maschili sono conferite a docenti di sesso
maschile e quelle femminili a docenti di sesso femminile.
In tale situazione si ritiene che sussista una palese
discriminazione tra i docenti solo in base al sesso, onde la
violazione dell'art. 37 della Costituzione che statuisce la parità
di diritti della donna lavoratrice rispetto all'uomo che lavora.
Invero, gli insegnanti di educazione fisica, sia maschi che
femmine, sono in possesso di un identico titolo di studio e della
stessa abilitazione all'insegnamento. Avuto riguardo ai vari gradi
dell'insegnamento e all'età degli alunni, sono quindi parimenti
idonei ad impartire ad essi, indipendentemente dal sesso,
l'insegnamento della suddetta materia, compreso l'esercizio di
attività ginnico-sportive adeguate.
Non hanno alcuna rilevanza giuridica né la natura meramente
organizzatoria della norma, dovendosi tenere conto solo degli effetti
che essa produce, né la sussistenza di un eguale impedimento per i
docenti di sesso maschile in quanto gli effetti della decisione e le
ragioni che la sostengono valgono anche per essi, nonostante che la
questione in esame sia stata sollevata solo da docenti di sesso
femminile.
Non ha rilievo nemmeno il carattere contingente della situazione
lamentata che ha dato causa al giudizio ed all'incidente di
costituzionalità, cioè la temporanea ed occasionale minore
disponibilità di cattedre femminili rispetto alle cattedre maschili.
Trattasi di una circostanza di fatto che non incide sulla rilevanza
della questione, tanto più che non si può con certezza escludere
che la situazione possa divenire permanente e stabile.
Devesi assicurare parità di accesso al lavoro, il che si attua
eliminando la distinzione censurata e rendendo possibile un'unica
graduatoria comprendente docenti maschi e femmine. Le eventuali
differenziazioni si verificheranno solo in base al punteggio e non
più in base al sesso.
Si considera anche che sono ormai da ritenersi superate le ragioni
etico-sociali sussistenti all'epoca dell'emanazione della
disposizione censurata e che, in sostanza, l'hanno ispirata.
La società, il costume, i ruoli ed i rapporti uomo-donna sono
profondamente mutati; sia che si tratti di giovani che di adulti. La
stessa nozione di pudore, cui ha fatto cenno l'Avvocatura Generale
dello Stato, è radicalmente mutata.
La disposizione che pone una così netta separazione tra uomini e
donne è ormai palesemente irrazionale (violazione art. 3 della
Costituzione). Di essa va dichiarata l'illegittimità costituzionale.
Resta assorbita la dedotta violazione dell'art. 97 della
Costituzione.
3. - Deve, invece, essere dichiarata inammissibile la questione
che ha per oggetto gli artt. 1 e 2 della stessa legge n. 88 del 1958,
i quali prevedono rispettivamente la distinzione in maschi e femmine
ed in squadre maschili e femminili degli alunni ai quali si
impartisce l'insegnamento obbligatorio dell'educazione fisica.
Invero, nel giudizio a quo si controverte solo sulla distinzione
delle cattedre di insegnamento in maschili e femminili e sulla loro
attribuzione distintamente a docenti di sesso maschile e a docenti di
sesso femminile; distinzione posta solo dal secondo comma dell'art.
13 della suddetta legge.
Manca, così, la richiesta rilevanza, non trovando le suddette
disposizioni applicazione nel giudizio a quo.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 13, secondo
comma, della legge 7 febbraio 1958, n. 88 (Provvedimenti per
l'educazione fisica), nella parte in cui prevede l'istituzione delle
cattedre di educazione fisica distintamente in maschili e femminili e
la conseguente loro copertura separatamente con docenti di sesso
maschile e docenti di sesso femminile;
Dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
degli artt. 1 e 2 della stessa legge n. 7 febbraio 1958, n. 88, in
riferimento agli artt. 4, 37 e 97 della Costituzione, sollevata dal
T.A.R. per la Puglia - Sezione di Lecce, con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 maggio 1990.
Il Presidente: CONSO
Il redattore: GRECO
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria l'8 maggio 1990.
Il direttore della cancelleria: MINELLI