Titolo
SENT. 165/63 A. GIUDIZIO DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE - ORDINANZA CHE LO PROMUOVE - GIUDIZIO DI RILEVANZA - CONTROLLO DELLA CORTE COSTITUZIONALE - LIMITI - CORTE DEI CONTI - GIUDIZIO DI PARIFICAZIONE DEI RENDICONTI DELLE AMMINISTRAZIONI DELLA CASSA DEPOSITI E PRESTITI E DEGLI ISTITUTI DI PREVIDENZA - PROMUOVIMENTO DI QUESTIONE DI LEGITTIMITA' - ORDINANZA - AMMISSIBILITA'. (LEGGE 11 MARZO 1953, N. 87, ART. 23).
Testo
In sede di controllo sul giudizio di rilevanza, che il giudice a quo e' tenuto a pronunziare nel sollevare una questione di legittimita' costituzionale, la Corte costituzionale puo' soltanto esaminare se tale giudizio sia stato fatto e se esso non sia manifestamente insussistente, o affatto insufficiente per definire i termini della questione, o palesemente contraddittorio. Non consente affermazioni del genere l'ordinanza della Corte dei conti che nel corso del giudizio di parificazione dei rendiconti delle Amministrazioni della Cassa DD. e PP. e degli Istituti di previdenza, abbia denunciato le norme che sottraggono all'approvazione diretta del Parlamento i bilanci di tali enti, ritenendo rilevante la questione in quanto essa inciderebbe "sul procedimento di parificazione e sull'organica preordinazione del medesimo all'approvazione parlamentare dei rendiconti delle Amministrazioni dello Stato".
Altri parametri e norme interposte
legge
11/03/1953
n. false
art. 23
Titolo
SENT. 165/63 B. BILANCI - COSTITUZIONE, ART. 81, PRIMO COMMA - SUA GENESI E RATIO - NOZIONI DI BILANCI E RENDICONTI CONSUNTIVI ACCOLTA NEL SENSO TRADIZIONALE - NON COMPRENDE ANCHE I BILANCI PREVENTIVI ED I RENDICONTI DELLA CASSA DEPOSITI E PRESTITI. (T.U. 2 GENNAIO 1913, N. 453, ART. 5, LIB. I; R.D.L. 26 GENNAIO 1933, N. 241, ART. 1).
Testo
Il primo comma dell'art. 81 Cost. che demanda alle Camere l'approvazione, anno per anno, dei bilanci e dei rendiconti consuntivi presentati dal Governo, ha inteso conferire forza di legge costituzionale ad una norma dell'ordinamento contabile dello Stato, preesistente alla costituzione e fondamentale di uno Stato rappresentativo, ma non altero' il significato del bilancio e del rendiconto presentati dal Governo, che integrano in primo luogo il documento contabile in cui sono comprese le entrate e le spese statali nel senso proprio e tradizionale. Non e' pertanto fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5 del libro primo del t.u. 2 gennaio 1913, n. 453 e dell'art. 1 del r.d.l. 26 gennaio 1933, n. 241, convertito nella legge 8 giugno 1933, n. 763, i quali, in considerazione della particolare natura delle operazioni che la Cassa DD. e PP. e gli Istituti di previdenza compiono, e del rilievo che esse assumono sotto il riflesso dell'interesse dei depositanti e dei soggetti delle varie forme di previdenza amministrate, attribuiscono l'approvazione dei rendiconti di tali organismi non direttamente al Parlamento, come in generale prescrive l'art. 81 Cost., bensi' ad una commissione di vigilanza, composta di tre senatori, di tre deputati, di tre consiglieri di Stato e di un consigliere della Corte dei conti.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 81
co. 1
Costituzione
art. 72
co. 4
Riferimenti normativi
regio decreto
02/01/1913
n. 453
art. 5
lib.I
co. 0
regio decreto legge
26/01/1933
n. 241
art. 0
co. 0
legge
08/06/1933
n. 773
art. 1
co. 0
Titolo
SENT. 165/63 C. CORTE DEI CONTI - PROCEDIMENTO DI PARIFICAZIONE DI RENDICONTI - PRESENTAZIONE DEI CONTI CONSUNTIVI AL PARLAMENTO ED APPROVAZIONE DA PARTE DI QUESTO - NON COMPORTA L'INCOSTITUZIONALITA' DI NORME CHE PREVEDONO IN RELAZIONE CON UN PROCEDIMENTO QUALIFICATO ANCH'ESSO DI PARIFICAZIONE L'APPROVAZIONE DEL RENDICONTO DA PARTE DI ORGANI DIVERSI DAL PARLAMENTO - FATTISPECIE - T.U. 2 GENNAIO 1913, N. 453, ART. 5, LIB. I, E R.D.L. 26 GENNAIO 1933, N. 241, ART. 1 - RENDICONTO DELLA CASSA DEPOSITI E PRESTITI - APPROVAZIONE DA PARTE DI UNA COMMISSIONE DI VIGILANZA PREVIA PARIFICAZIONE DELLA CORTE DEI CONTI - VIOLAZIONE DELL'ART. 81, PRIMO COMMA, DELLA COSTITUZIONE - INSUSSISTENZA - ESCLUSIONE DI ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE.
Testo
Il fatto che il giudizio di parificazione della Corte dei conti sia di regola preordinato al fine della diretta presentazione dei conti consuntivi al Parlamento, in allegato a una relazione della stessa Corte e, quindi, al fine dell'approvazione del Parlamento, non comporta l'illegittimita' - in relazione all'art. 81, primo comma, Cost. - di norme le quali - come l'art. 5 del libro primo del t.u. 2 gennaio 1913, n. 453, e l'art. 1 del r.d.l. 26 gennaio 1933, n. 241, convertito in legge 8 giugno 1933, n. 773, relativi al controllo sui bilanci della Cassa DD. e PP. e degli Istituti di previdenza - prevedano l'approvazione del rendiconto, con un procedimento anch'esso qualificato di parificazione, da parte di una speciale Commissione di vigilanza, cui la Corte dei conti e' tenuta a presentare il rendiconto parificato e la relazione che l'accompagna.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 81
co. 1
Costituzione
art. 72
co. 4
Riferimenti normativi
regio decreto
02/01/1913
n. 453
art. 5
lib.I
co. 0
regio decreto legge
26/01/1933
n. 241
art. 0
co. 0
legge
08/06/1933
n. 773
art. 1
co. 0
Titolo
SENT. 165/63 D. GIUDIZIO DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE - QUESTIONE DICHIARATA NON FONDATA IN RELAZIONE AD UN PRECETTO COSTITUZIONALE - ASSORBIMENTO DELL'ESAME SOTTO ALTRO PROFILO.
Testo
La non fondatezza della questione di costituzionalita' dell'art. 5 del libro primo del t.u. 2 gennaio 1913, n. 453 e dell'art. 1 del r.d.l. 26 gennaio 1933, convertito in legge 8 giugno 1933, n. 773, in relazione all'art. 81, primo comma, Cost., assorbe la questione di costituzionalita' proposta simultaneamente nei confronti dell'art. 72, ultimo comma, Cost.
Parametri costituzionali
Costituzione
art. 3
Costituzione
art. 124
co. 1
Riferimenti normativi
regio decreto
16/07/1905
n. 646
art. 39
co. 0
N. 165
SENTENZA 6 DICEMBRE 1963
Deposito in cancelleria: 19 dicembre 1963.
Pubblicazione in "Gazzetta Ufficiale" n. 331 del 21 dicembre 1963.
Pres. AMBROSINI - Rel. CASSANDRO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente - Prof.
GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO - Prof. ANTONINO PAPALDO - Prof. NICOLA
JAEGER - Prof. GIOVANNI CASSANDRO - Prof. BIAGIO PETROCELLI - Dott.
ANTONIO MANCA - Prof. ALDO SANDULLI - Prof. GIUSEPPE BRANCA - Prof.
MICHELE FRAGALI - Prof. COSTANTINO MORTATI - Prof. GIUSEPPE CHIARELLI -
Dott. GIUSEPPE VERZÌ - Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI - Prof.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 5, lib. I,
del T.U. 2 gennaio 1913, n. 453, e dell'art. 1 del R.D.L. 26 gennaio
1933, n. 241, convertito nella legge 8 giugno 1933, n. 773, promosso
con ordinanza emessa il 10 aprile 1963 dalla Corte dei conti a Sezioni
riunite nel giudizio di parificazione dei rendiconti delle
Amministrazioni della Cassa depositi e prestiti e degli Istituti di
previdenza, iscritta al n. 96 del Registro ordinanze 1963 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 132 del 18 maggio 1963.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
udita nell'udienza pubblica del 6 novembre 1963 la relazione del
Giudice Giovanni Cassandro;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Luciano Tracanna,
per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto:
1. - Nel corso del giudizio di parificazione dei rendiconti delle
Amministrazioni della Cassa depositi e prestiti e degli Istituti di
previdenza per gli esercizi finanziari 1955, 1956 e 1957, davanti alla
Corte dei conti a Sezioni riunite, il P.M. sollevò la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 5, lib. I, del T.U. 2 gennaio
1913, n. 453, e dell'art. 1 del R.D.L. 26 gennaio 1933, n. 241,
convertito nella legge 8 giugno 1933, n. 773, in relazione agli
articoli 81, primo comma, e 72, ultimo comma, della Costituzione.
Il primo di questi articoli attribuisce alla Commissione di
vigilanza sull'amministrazione della Cassa depositi e prestiti e degli
Istituti di previdenza l'approvazione dei rendiconti consuntivi della
Cassa medesima, delle gestioni annesse e degli Istituti di previdenza e
dispone che questi rendiconti, parificati dalla Corte dei conti, siano
presentati al Parlamento in allegato alla relazione che la Commissione
medesima è tenuta a redigere entro l'anno successivo a quello al quale
i rendiconti stessi si riferiscono.
Il secondo articolo dispone che la situazione patrimoniale e
contabile della Cassa, delle gestioni annesse, della Sezione di credito
comunale e provinciale, e degli Istituti di previdenza sia pubblicata
ogni anno sulla Gazzetta Ufficiale, dopo che il Consiglio di
amministrazione ha deliberato sui rendiconti dell'anno precedente, che,
sottoposti alla Commissione di vigilanza per l'approvazione e alla
Corte dei conti per la parificazione, sono presentati al Parlamento
dalla medesima Commissione in allegato a una sua relazione. Il P.M.
precisò per altro che la questione di legittimità costituzionale
dovesse intendersi sollevata soltanto per la parte in cui queste norme
attribuiscono alla Commissione di vigilanza la competenza ad approvare
i rendiconti.
La Corte dei conti ritenne la questione in questi limiti non
manifestamente infondata. A suo avviso la Cassa depositi e prestiti e
gli Istituti di previdenza sono Amministrazioni dello Stato e i loro
bilanci devono perciò essere sottoposti all'approvazione del
Parlamento (art. 81, primo comma, della Costituzione), con l'osservanza
delle procedure fissate dall'art. 72, ultimo comma, il quale vuole che
codesta approvazione sia data direttamente dalle Assemblee
parlamentari, non già da una Commissione della quale si può anche
dubitare che sia un'emanazione del Parlamento.
La Corte dei conti ha altresì ritenuto che la questione fosse
rilevante, in quanto essa inciderebbe "sul procedimento di
parificazione e sull'organica preordinazione del medesimo
all'approvazione parlamentare dei rendiconti delle Amministrazioni
dello Stato".
In conseguenza, con ordinanza del 10 aprile 1963, ha sospeso il
giudizio e trasmesso gli atti alla Corte costituzionale.
L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, è stata
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 132 del 18 maggio 1963.
2. - Nel presente giudizio è intervenuto il Presidente del
Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso, come per legge,
dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato le sue
deduzioni il 30 maggio 1963.
L'Avvocatura, superato il dubbio che la questione sia sorta nel
corso di un giudizio, sostiene, viceversa, che essa non si trova in
rapporto di pregiudizialità col giudizio principale. Il procedimento
che la Corte segue in materia di "parificazione" non risulta modificato
dalle norme impugnate, dato che esso si svolge indipendentemente dalle
attribuzioni devolute alla Commissione di vigilanza e senza alcuna
menomazione o deformazione dei poteri di controllo e di riscontro,
propri in questa materia della Corte dei conti.
3. - La questione sarebbe infondata anche nel merito.
La Cassa depositi e prestiti è, sì, un organo dello Stato, ma
essa si pone come un'amministrazione staccata dalle Amministrazioni
dello Stato con una propria particolare autonomia, confermata dalle
circostanze che essa è espressamente esonerata dall'osservanza di
talune norme della contabilità generale dello Stato; ha patrimonio e
bilanci separati; non ha e non può avere, data la sua natura e i suoi
compiti, un bilancio preventivo, limitandosi le previsioni soltanto
alle spese di amministrazione e agli utili di gestione, compresi del
resto nel bilancio dello Stato tra i prodotti netti di aziende e
gestioni autonome; non gestisce fondi dello Stato, ma di privati
depositanti che ad essa affluiscono dal risparmio postale, e,
soprattutto nei confronti dei suoi documenti contabili, non sussiste
quella necessaria correlazione cronologica, logica e giuridica, che
invece intercorre tra bilanci preventivi e rendiconti dello Stato,
cioè tra l'autorizzazione data dalle Camere con la legge di bilancio e
l'approvazione dei risultati dell'esercizio, quali risultano dal
rendiconto. Ragioni tutte, e segnatamente l'ultima, sulla quale
l'Avvocatura insiste particolarmente, che dovrebbero far persuasi come
bilanci e rendiconti della Cassa depositi e prestiti costituiscano un
sistema a sé stante, che il legislatore costituente non ha ignorato,
ma, anzi, ha voluto escludere dalla previsione dell'art. 81.
L'Avvocatura richiama, infine, i poteri assegnati alla Commissione
di vigilanza, in base ai quali questa esercita un controllo costante
sulla Cassa depositi e prestiti ed è tenuta a presentare, oltre alla
relazione connessa con l'approvazione dei rendiconti, anche una
relazione morale -, per trarne la conseguenza che il sistema consente
al Parlamento di esercitare nei confronti della gestione della Cassa
"le sue sovrane attribuzioni sia in sede legislativa che di controllo
politico avvalendosi dei mezzi a sua disposizione".
Conclude chiedendo che la Corte dichiari non fondata la proposta
questione di costituzionalità.
4. - Questi stessi argomenti, con più ampi riferimenti alla
dottrina, alla legislazione e agli atti parlamentari relativi alla
legge 18 giugno 1911, n. 543, l'art. 1 della quale fu trasfuso
nell'art. 5 del T.U. del 1913, ora impugnato, sono esposti nella
memoria che l'Avvocatura dello Stato ha depositato il 20 ottobre 1963.
All'udienza del 6 novembre 1963 la difesa dello Stato si è
riportata agli scritti difensivi e ha insistito nelle già prese
conclusioni.
Considerato in diritto:
1. - I limiti del controllo che la Corte può esercitare sul
giudizio di rilevanza, che il giudice a quo è tenuto a pronunziare,
sono stati più volte definiti da un'ormai copiosa giurisprudenza.
Conformemente a questa la Corte può soltanto esaminare se tale
giudizio sia stato fatto e se esso non sia manifestamente insussistente
o affatto insufficiente per definire i termini della questione di
costituzionalità, o palesemente contraddittorio. Ora la pur succinta
motivazione che si legge nell'ordinanza di rinvio non consente
affermazioni del genere di quelle ora ricordate: sicché l'eccezione
pregiudiziale dell'Avvocatura deve essere respinta.
2. - Peraltro la questione, pur legittimamente proposta, non è
fondata. Per risolverla la Corte deve in primo luogo esaminare le
attribuzioni della Cassa depositi e prestiti e i modi nei quali la
legge prescrive che debbano essere esercitate; detto diversamente, deve
sottoporre le norme sospette di incostituzionalità a
un'interpretazione sistematica che consenta di valutare la portata che
esse hanno nell'ordinamento e renda possibile il confronto con gli
invocati precetti costituzionali.
La Cassa depositi e prestiti, istituita con l'art. 1 della legge 17
maggio 1863, n. 1270, presso la Direzione del debito pubblico, prese il
posto, in virtù dell'art. 36 della medesima legge, delle preesistenti
Casse depositi e prestiti. Costituita con il R.D. 15 maggio 1898, n.
161, in Direzione generale, entrò a far parte insieme con l'altra
Direzione degli Istituti di previdenza (successivamente fusa con la
prima e poi definitivamente staccata da essa con l'art. 1 del D.Lg. 1
settembre 1947, n. 883, convertito con modifiche nella legge 22
dicembre 1952, n. 3137) dell'amministrazione della Cassa depositi e
prestiti in virtù dell'art. 1 della legge 13 luglio 1910, n. 431.
Questa amministrazione è retta da un consiglio permanente di
amministrazione, che fu presieduto in un primo tempo da un
amministratore generale, sostituito col R.D. 12 novembre 1921, n. 1615,
da un presidente "nominato con decreto reale su proposta del Ministro
per il tesoro" prima e su quella del Ministro per le finanze poi,
quindi dal Ministro per le finanze e, infine, dal Ministro per il
tesoro, che presiede anche le due sezioni nelle quali, da ultimo, il
consiglio stesso fu ripartito (art. 2, libro I, del T.U. n. 453 del
1913; art. 1, terzo comma, del R.D. 21 novembre 1926, n. 1967; art. 1
della legge 20 giugno 1929, n. 1125; art. 1 del D.Lg. 14 dicembre 1946,
n. 512; art. 3 del D.Lg. 1 settembre 1947, n. 883). La Cassa depositi
e prestiti riceve in deposito denaro, titoli del debito pubblico dello
Stato, obbligazioni di Comuni, Provincie e pubblici stabilimenti, buoni
del tesoro, azioni e obbligazioni di società anonime e in accomandita,
cartelle di credito comunale e provinciale ordinarie e speciali (art.
3, libro II, del T.U. citato), tutte le volte che ciò sia prescritto
da leggi o regolamenti e, in taluni casi, dall'autorità giudiziaria o
dall'autorità amministrativa (art. 4, libro II), nonché i depositi
volontari "che si fanno per impiego di capitali dai privati, dai corpi
morali, dagli stabilimenti o dalle amministrazioni pubbliche, dalle
casse di risparmio o da qualunque altra persona giuridica" (art. 5,
libro II); può ricevere, a scopo di custodia, depositi volontari di
titoli al portatore di consolidato italiano, assumendosi anche il
carico della riscossione delle rispettive cedole trimestrali o
semestrali (art. 6, primo comma, libro II), e può anche incaricarsi
della riscossione delle rate di interesse sulle rendite nominative dei
consolidati italiani, purché sia insieme incaricata di investirne
tutto l'importo in nuovi titoli dei detti consolidati (art. 7, libro
II), o chiedere anticipazione sui depositi di titoli da essa posseduti
agli Istituti di credito nazionali ed esteri (art. 67, libro II);
amministra il "risparmio postale", rappresentando gli uffici postali
"gradatamente designati dal Governo" le succursali di una cassa di
risparmio centrale "compenetrata nella Cassa depositi e prestiti" (art.
21, libro II); colloca per conto degli Istituti di previdenza "in
impiego fruttifero i fondi degli Istituti stessi nei modi stabiliti
dalla legge per ciascuno di essi"(art. 46, libro II).
Tutti i fondi, eccettuati quelli per i bisogni del servizio della
Cassa, devono essere impiegati in prestiti ai Comuni, alle Provincie,
ai loro consorzi, ai consorzi di scolo, di bonifica e di irrigazione,
di derivazione e di uso di acque a scopo industriale e ai consorzi per
le opere idrauliche - in titoli di Stato o garantiti dallo Stato in
buoni del tesoro - in conto corrente al tesoro dello Stato in cartelle
di credito fondiario o agrario - in cartelle di credito comunale e
provinciale ordinarie e speciali e in altri modi stabiliti da apposite
leggi (art. 68, libro II): con la precisazione che i fondi provenienti
dal risparmio postale e dai depositi volontari devono essere impiegati
per non meno di una metà in titoli di Stato o garantiti dallo Stato e
per il resto in prestiti alle Provincie, ai Comuni e ai consorzi o in
conti correnti col tesoro (art. 69, libro II). La legge determina poi,
nel capo II del titolo IV, i modi e le forme in cui devono essere
concessi, garantiti, ammortizzati e trasformati i prestiti a Comuni,
Provincie e consorzi, per la concessione dei quali fu istituita una
sezione autonoma di credito comunale e provinciale "con gestione
propria" (legge 24 aprile 1898, n. 132), la rappresentanza legale della
quale spetta al direttore generale della Cassa depositi e prestiti che
è anche il responsabile della relativa gestione, regolata dalle norme
contenute nella parte II del libro II del T.U. più volte citato.
Gli Istituti di previdenza (regolati nel libro III del T.U.), più
numerosi un tempo, sono ora i seguenti: la Cassa per le pensioni ai
dipendenti locali; la Cassa per le pensioni agli insegnanti di asili e
scuole elementari parificate; la Cassa per le pensioni ai sanitari,
agli ufficiali giudiziari e agli aiutanti ufficiali giudiziari.
Codesti istituti, definiti dalla legge "corpi morali con facoltà di
acqui, stare e possedere", sono rappresentati legalmente dal direttore
generale degli Istituti di previdenza, che ha anche la responsabilità
delle relative gestioni. Anche su di essi si estende la competenza
della Commissione di vigilanza, alla quale spetta l'approvazione dei
relativi rendiconti e la loro presentazione al Parlamento in allegato
alla relazione, entro l'anno successivo a quello al quale i rendiconti
si riferiscono; ed anche per questi rendiconti è prevista la
parificazione da parte della Corte dei conti.
3. - Anche se queste disposizioni consentono di concordare nella
definizione di amministrazione statale che l'ordinanza di rinvio dà
dell'amministrazione della Cassa dei depositi e prestiti, esse tuttavia
impongono di ritenere che si tratta di un'amministrazione, la quale -
per la natura delle operazioni che compie, segnatamente nel campo del
risparmio pubblico, nel quale la legge l'assimila ad una cassa di
risparmio, e in quello della "previdenza" - attua una forma particolare
di decentramento funzionale che non può non riflettersi anche nel
campo della gestione contabile e dei controlli. È in ragione di ciò
che l'amministrazione della Cassa depositi e prestiti è sottratta
all'ingerenza della Ragioneria generale dello Stato e alle norme sulla
contabilità dello Stato che regolano la formazione e l'approvazione
dei bilanci e dei conti consuntivi, nonché le entrate e le spese dello
Stato (art. 6, libro I); e che l'approvazione dei rendiconti è
attribuita a una Commissione di vigilanza, composta di tre senatori, di
tre deputati, di tre consiglieri di Stato e di un consigliere della
Corte dei conti (art. 3, libro I). E furono le medesime ragioni, vale
a dire la particolare natura delle operazioni che la Cassa depositi e
prestiti e gli Istituti di previdenza compiono, e il rilievo che esse
assumono sotto il riflesso dell'interesse dei depositanti e dei
soggetti delle varie forme di previdenza amministrate, che indussero la
Giunta del Senato, la quale discusse il progetto governativo di quella
che fu poi la legge 18 giugno 1911, n. 543, a respingere la proposta
ministeriale dell'estensione ai bilanci della Cassa delle norme
relative ai bilanci delle aziende di Stato, con gestione autonoma, che
vengono allegati al bilancio preventivo e al conto consuntivo dello
Stato, anche se qualcuno degli argomenti che in quella occasione furono
fatti valere, può non trovare consenziente ora una critica attenta.
Il che, ovviamente, non volle significare e non significò la rinuncia
al controllo pubblico sull'attività dell'amministrazione della Cassa,
ma l'istituzione di un controllo peculiare, altrettanto rigoroso di
quello che l'ordinamento prevede sulla pubblica spesa, ma distinto da
questo in quanto diretto al fine di impedire che l'approvazione dei
rendiconti perdesse rilievo nell'ambito della generale approvazione dei
rendiconti statali da parte del Parlamento.
Né l'entrata in vigore della Costituzione ha mutato le cose in
guisa tale da comportare una sopravvenuta incostituzionalità delle
norme impugnate. La norma contenuta nel primo comma dell'articolo 81 -
le Camere approvano ogni anno i bilanci e i rendiconti consuntivi
presentati dal Governo - ha inteso conferire forza di legge
costituzionale a una norma dell'ordinamento contabile dello Stato,
preesistente alla Costituzione e fondamentale di uno Stato
rappresentativo, nel quale l'autorizzazione a riscuotere le entrate e
il controllo della pubblica spesa sono affidati alle Camere elettive e
sono la loro prima ragion d'essere. Ma l'assunzione di quella norma
nella Costituzione non alterò lo stato delle cose, in base al quale il
bilancio e il rendiconto presentati dal Governo significano in primo
luogo il documento contabile in cui sono comprese le entrate e le spese
statali nel senso proprio e tradizionale. In questo senso è esatta
l'osservazione della difesa dello Stato, che il Costituente adottò la
nozione di bilancio e di rendiconto consuntivo dello Stato quale si era
venuta concretamente definendo nel nostro ordinamento, nell'ambito
della quale non erano ricompresi i bilanci di previsione della Cassa
depositi e prestiti che, conformemente alla natura delle cose, si
limitano a indicare le spese di gestione, né i consuntivi i quali
riguardano le operazioni di credito, che la Cassa deve o può compiere
in base alla legge e la gestione previdenziale e non invece, a rigore,
entrate e spese dello Stato: anche se non si vuole accogliere la tesi
richiamata in questo giudizio dall'Avvocatura della necessaria
correlazione cronologica, logica e giuridica sussistente tra preventivi
e consuntivi statali, che costituirebbe il fondamento dell'approvazione
parlamentare dei rendiconti, e che mancherebbe, invece, nei riguardi
dei preventivi e dei rendiconti della Cassa depositi e prestiti.
4. - La Corte ritiene che queste conclusioni non possano essere
invalidate mediante il richiamo alla circostanza che il rendiconto
dell'amministrazione della Cassa depositi e prestiti sia soggetto alla
parificazione della Corte dei conti. Il fatto che codesta
parificazione sia di regola preordinata, come si esprime la Corte dei
conti, al fine della diretta presentazione dei conti consuntivi al
Parlamento, in allegato a una relazione della medesima Corte dei conti,
e, quindi, al fine dell'approvazione del Parlamento, non comporta
l'incostituzionalità di una norma che preveda, in relazione con un
procedimento qualificato anch'esso di parificazione, l'approvazione del
rendiconto da parte di una speciale Commissione di vigilanza, alla
quale la Corte dei conti è tenuta a presentare il rendiconto
parificato e la relazione che l'accompagna. Non è sostenibile la tesi
di una natura del procedimento di parificazione tale da comportare la
incostituzionalità di tutte le norme che prevedono e regolano
l'approvazione di un rendiconto, soggetto alla parificazione della
Corte dei conti, da parte di un organo diverso dal Parlamento. Si
potrà ritenere che ragioni di armonia consiglierebbero di adottare un
sistema diverso, com'è stato da qualche parte prospettato, ma non si
può concludere per la incostituzionalità del sistema vigente senza
dare dell'art. 81 un'interpretazione non imposta necessariamente dalla
sua genesi e dalla sua ratio. È anzi da dire che le norme che il
legislatore del 1911 pose e che furono poi trasferite nel T.U. del
1913, disponendo che la Corte dei conti non soltanto riscontrasse gli
atti dell'amministrazione della Cassa depositi e prestiti ma insieme ne
parificasse i rendiconti, vollero stabilire un sistema di controllo
rigoroso e il più possibile simile a quello previsto per il bilancio
vero e proprio dello Stato, che ragioni obbiettive non consigliavano di
estendere in toto al caso sottoposto all'esame di questa Corte.
5. - La non fondatezza della questione di costituzionalità delle
norme impugnate in relazione all'art. 81, assorbe, com'è ovvio,
l'altra questione di costituzionalità delle medesime norme nei
confronti dell'art. 72, ultimo comma, della Costituzione.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione proposta con ordinanza delle
Sezioni riunite della Corte dei conti, sulla legittimità
costituzionale dell'art. 5 del libro I del T.U. 2 gennaio 1913, n. 453,
e dell'art. 1 del R.D.L. 26 gennaio 1933, n. 241, convertito nella
legge 8 giugno 1933, n. 773, in relazione agli artt. 81, primo comma, e
72, quarto comma, della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 dicembre 1963.
GASPARE AMBROSINI - GIUSEPPE CASTELLI
AVOLIO - ANTONINO PAPALDO - NICOLA
JAEGER - GIOVANNI CASSANDRO - BIAGIO
PETROCELLI - ANTONIO MANCA - ALDO
SANDULLI - GIUSEPPE BRANCA - MICHELE
FRAGALI - COSTANTINO MORTATI -
GIUSEPPE CHIARELLI - GIUSEPPE VERZÌ
- GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI -
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO.