Reg. Ric. n. 37 del 2025 n° parte 1
pubbl. su G.U. del 08/10/2025 n. 41

Ricorrente:Presidente del Consiglio dei ministri

Resistenti: Regione Piemonte



Oggetto:

Acque – Ambiente – Norme della Regione Piemonte – Deflusso ecologico dei corsi d’acqua – Modalità di calcolo del deflusso ecologico – Ricorso del Governo – Denunciata introduzione di una modalità di calcolo del deflusso ecologico dei corsi d’acqua in contrasto con il quadro giuridico che definisce il deflusso minimo vitale e il deflusso ecologico – Conseguente effetto di consentire un aumento dei prelievi sul singolo corso d’acqua – Violazione della competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema - Contrasto con il principio di non deterioramento dei corpi idrici superficiali e con l’interesse pubblico nella gestione della risorsa pubblica – Violazione dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario.

- Legge della Regione Piemonte 8 luglio 2025, n. 9, art. 34, comma 2.

- Costituzione, art. 117, commi primo e secondo, lettera s); decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, artt. 76, commi 1, 2, 3, 4 e 7; 95, commi 4 e 6; 121, comma 4; 144, comma 1, e parte B dell'Allegato 4 alla parte III; regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 12-bis, come sostituito dall’art. 96, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152; direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000, art. 4.


Ambiente – Aree protette, parchi e riserve naturali – Norme della Regione Piemonte – Modifiche all’allegato A (Cartografie delle aree naturali protette regionali, delle aree contigue e delle zone naturali di salvaguardia) della legge regionale n. 19 del 2009 – Sostituzione delle cartografie relative al Parco naturale del Monte Fenera e alle Aree naturali protette e area contigua della fascia fluviale del Po-Torino ovest: Area contigua della fascia fluviale del Po piemontese – Ricorso del Governo – Denunciata modifica unilaterale in riduzione dei perimetri delle aree tutelate e soggette a tutela paesaggistica – Violazione dell’obbligo di co-pianificazione con lo Stato – Contrasto con le previsioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio – Abbassamento del livello di tutela del paesaggio – Violazione della competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.

- Legge della Regione Piemonte 8 luglio 2025, n. 9, art. 50, commi 1 e 2, rispettivamente sostitutivi del n. 26 e del n. 90 dell’Allegato A alla legge regionale 29 giugno 2009, n. 19.

- Costituzione, artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s); decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, artt. 134, comma 1, lettera c); 135, comma 1; 142, comma 1, lettera f), e 143, comma 2; legge 6 dicembre 1991, n. 394, art. 22; norme di attuazione del piano paesaggistico regionale (NTA), artt. 3 e 18.


Norme impugnate:

legge della Regione Piemonte  del 08/07/2025  Num. 9  Art. 34  Co. 2

legge della Regione Piemonte  del 08/07/2025  Num. 9  Art. 50  Co. 1

legge della Regione Piemonte  del 29/06/2009  Num. 19

legge della Regione Piemonte  del 08/07/2025  Num. 9  Art. 50  Co. 2

legge della Regione Piemonte  del 29/06/2009  Num. 19



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 117   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

direttiva CE  Art.  Co.  

regio decreto  Art. 12   Co.  

decreto legislativo  Art. 96   Co.

legge  Art. 22   Co.  

decreto legislativo  Art. 134   Co.

decreto legislativo  Art. 135   Co.

decreto legislativo  Art. 142   Co.

decreto legislativo  Art. 143   Co.

decreto legislativo  Art. 76   Co.

decreto legislativo  Art. 76   Co.

decreto legislativo  Art. 76   Co.

decreto legislativo  Art. 76   Co.

decreto legislativo  Art. 76   Co.

decreto legislativo  Art. 95   Co.

decreto legislativo  Art. 95   Co.

decreto legislativo  Art. 121   Co.

decreto legislativo  Art. 144   Co.

decreto legislativo  Art.    Co.  

Norme di attuazione del Piano paesaggistico regionale (NTA)  Art.  Co.  

Norme di attuazione del Piano paesaggistico regionale (NTA)  Art. 18   Co.  




Testo dell'ricorso

                        N. 37 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 09 settembre 2025

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 9 settembre 2025 (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Acque - Ambiente - Norme della Regione Piemonte - Deflusso  ecologico
  dei corsi d'acqua - Modalita' di calcolo del deflusso ecologico. 
Ambiente - Aree protette, parchi e riserve  naturali  -  Norme  della
  Regione Piemonte - Modifiche all'allegato A (Cartografie delle aree
  naturali protette regionali,  delle  aree  contigue  e  delle  zone
  naturali di salvaguardia) della legge regionale n. 19  del  2009  -
  Sostituzione delle cartografie relative al Parco naturale del Monte
  Fenera e alle Aree naturali protette e area contigua  della  fascia
  fluviale del Po-Torino ovest: Area contigua della  fascia  fluviale
  del Po piemontese. 
- Legge della Regione Piemonte 8 luglio 2025, n. 9 (Legge annuale  di
  riordino dell'ordinamento regionale. Anno 2025), artt. 34, comma 2,
  e 50, commi 1 e 2. 


(GU n. 41 del 08-10-2025)

    Ricorso ex. art. 127,  comma  1,  Cost.  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri (codice fiscale 80188230587), rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale   dello   Stato   (codice   fiscale
80224030587),  presso  i  cui  uffici  domicilia  in  Roma,  via  dei
Portoghesi  n.  12,  telefax   n.   06.96.51.40.00;   indirizzo   PEC
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it giusta delibera del Consiglio  dei
ministri adottata nella riunione del 4 settembre 2025, ricorrente; 
    contro la Regione  Piemonte,  in  persona  del  Presidente  della
Giunta  Regionale  in  carica,  intimata  per  la   declaratoria   di
illegittimita' costituzionale degli articoli 34, comma 2 e 50 commi 1
e  2,  della  legge  Regione  Piemonte  dell'8  luglio  2025,  n.  9,
pubblicata nel BUR n. 28 del 10 luglio 2025, recante  «Legge  annuale
di riordino dell'ordinamento regionale. Anno 2025»; 
    per violazione dell'art. 117, primo e secondo comma,  lettera  s)
Cost. in relazione agli articoli agli articoli 76 commi 1, 2, 3  4  e
7; 95, commi 4 e 6;  121,  comma  4;  144,  comma  1;  alla  parte  B
dell'allegato 4 alla parte III del decreto legislativo  n.  3  aprile
2006, n. 152; all'art. 12-bis del regio decreto 11 dicembre 1933,  n.
1775, recante «Approvazione del testo  unico  delle  disposizioni  di
legge sulle  acque  e  sugli  impianti  elettrici»,  come  sostituito
dall'art. 96, comma 3, del decreto legislativo n. 152/2006;  all'art.
4 della direttiva 2000/60/CE; degli articoli 9 e 117, secondo  comma,
lettera s) Cost., in relazione agli articoli 134,  comma  1,  lettera
c), 135, comma 1, 142, comma 1, lettera  f),  e  143,  comma  2,  del
«Codice dei beni  culturali  e  del  paesaggio»  di  cui  al  decreto
legislativo n 22 gennaio 2004, n. 42, agli  articoli  3  e  18  delle
norme di attuazione del piano reg. vigente (NTA) e all'art. 22  della
legge n. 394/1991. 
    1.  Con  la  legge  n.  9  dell'8  luglio   2025,   di   riordino
dell'ordinamento regionale per l'anno 2025, la  Regione  Piemonte  ha
introdotto, al Capo IV, «Disposizioni  in  materia  di  territorio  e
ambiente», alcune delle  quali  eccedono  le  competenze  legislative
regionali. 
    In particolare, l'art. 34, rubricato «Applicazione  del  deflusso
ecologico», dispone al secondo comma: 
        2. Nei  corsi  d'acqua  a  carattere  torrentizio,  canali  o
porzioni di essi non classificati come  fiumi  dalla  Regione  e  nei
corsi d'acqua classificati come fiumi o tratti di essi caratterizzati
da  ricorrenti  deficit  idrici  stagionali,   tenuto   conto   della
regimazione  non  costante  del  flusso  delle  acque,  il   deflusso
ecologico e' calcolato in modo dinamico in base alla portata presente
nella sezione di derivazione e non puo' essere eccedente  il  30  per
cento della portata effettiva medesima. 
    Il successivo art. 50, intitolato «Modifiche all'allegato A della
legge regionale 19/2009», prevede, nei suoi due commi: 
        1. Il n. 26 dell'allegato A (Cartografie delle aree  naturali
protette regionali, delle aree contigue  e  delle  zone  naturali  di
salvaguardia) della legge regionale  n.  19/2009  e'  sostituito  dal
seguente: «26) Parco naturale del  Monte  Fenera  -  scala  1:25.000»
(allegato 1); 
        2. Il n. 90 dell'allegato A della legge regionale 19/2009  e'
sostituito dal seguente: «90) Aree naturali protette e area  contigua
della fascia fluviale del Po - Torino Ovest -  scala  1:25.000:  Area
contigua della fascia fluviale del Po piemontese» (allegato 2). 
    Con le disposizioni sopra  riportate  il  legislatore  regionale,
come si spieghera', non ha rispettato la sfera di competenze ad  esso
destinate,  ed  ha  violato  la  legislazione  emanata  dallo   Stato
nell'esercizio della  propria  competenza  esclusiva  in  materia  di
tutela  del  paesaggio,  dell'ambiente  e  dell'ecosistema  che   gli
articoli  9  e  117,  primo  e  secondo  comma,  lettera  s),   della
Costituzione, attribuiscono in via esclusiva allo Stato. 
    Pertanto, il Presidente del Consiglio  dei  ministri  propone  il
presente ricorso, affidandolo ai seguenti motivi in 
 
                               Diritto 
 
    1. Illegittimita'  dell'art.  34,  comma  2,  della  legge  della
Regione Piemonte n. 9 dell'8 luglio  2025  per  violazione  dell'art.
117, primo  e  secondo  comma,  lettera  s),  della  Costituzione  in
relazione agli articoli 76, commi 1, 2, 3 4 e 7; 95,  commi  4  e  6;
121, comma 4; 144, comma 1; alla parte B dell'allegato 4  alla  parte
III del decreto legislativo n. 3 aprile 2006, n. 152; all'art. 12-bis
del regio decreto n. 1775/1933, recante «Approvazione del testo unico
delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti  elettrici»,
come sostituito dall'art. 96, comma 3,  del  decreto  legislativo  n.
152/2006; all'art. 4 della direttiva 2000/60/CE. 
    La norma censurata, dopo aver disposto al comma 1,  la  «proroga»
al  31   dicembre   2026,   su   tutto   il   territorio   regionale,
dell'applicazione   del   deflusso   ecologico,   fatte   salve    le
sperimentazioni in  corso,  rinviando  il  momento  dell'applicazione
della regolazione del  deflusso  ecologico,  funzionale  a  garantire
adeguati livelli di conservazione del bene acqua in conformita'  alla
disciplina contenuta nella direttiva quadro sulle acque  (2000/60/CE)
e tenendo conto del medesimo termine stabilito (31 dicembre 2026), ai
sensi dell'art. 21-bis, comma 1-bis, decreto-legge 21 marzo 2022,  n.
21, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 2022, n. 51,
dispone testualmente al comma 2: 
        «Nei corsi d'acqua a carattere torrentizio, canali o porzioni
di essi non classificati come fiumi dalla Regione e nei corsi d'acqua
classificati come fiumi o tratti di essi caratterizzati da ricorrenti
deficit  idrici  stagionali,  tenuto  conto  della  regimazione   non
costante del flusso delle acque, il deflusso ecologico  e'  calcolato
in modo dinamico in base  alla  portata  presente  nella  sezione  di
derivazione e non puo' essere eccedente il 30 per cento della portata
effettiva medesima» prevedendo una  specifica  modalita'  di  calcolo
(dinamico) del deflusso ecologico e stabilendo, tra l'altro,  che  il
deflusso stesso non debba eccedere il  30  per  cento  della  portata
effettiva dei corsi d'acqua. 
    La modalita' di calcolo del deflusso ecologico introdotta da tale
norma si pone in contrasto con  un  complesso  e  consolidato  quadro
giuridico nel quale la regolazione del deflusso minimo vitale (DMV) e
del deflusso ecologico (DE) e' definita nel Piano di  gestione  delle
acque del distretto idrografico vigente e nel Piano di  tutela  delle
acque, in conformita' con le previsioni contenute nell'art.  4  della
direttiva 2000/60/CE (direttiva  quadro  acque  -  DQA),  recepita  a
livello nazionale dal decreto legislativo n.  152/2006,  di  seguito,
anche TUA -Testo  unico  dell'ambiente,  recante  «Norme  in  materia
ambientale»  e  ricade  nell'ambito  delle   competenze   legislative
esclusive  dello  Stato  in  materia  di   tutela   dell'ambiente   e
dell'ecosistema, di cui all'art.  117,  comma  secondo,  lettera  s),
della  Costituzione,  potendo   essere   esercitate   le   competenze
regionali,  in  materia  di  tutela  delle  acque,  soltanto  qualora
perseguano standards migliorativi rispetto a quelli risultanti  dalla
tutela fornita dalla legislazione statale. 
    La limitazione del deflusso ecologico ad  una  quota  «non  [...]
eccedente il 30 per cento della portata effettiva  medesima»  fissata
dal comma 2, infatti, introduce limiti, e conseguentemente, obiettivi
di  qualita'  meno  elevati  rispetto  a   quelli   stabiliti   dalla
legislazione nazionale e dai provvedimenti settoriali di area vasta. 
    Come si e' detto, la regolazione del deflusso minimo vitale (DMV)
e del deflusso ecologico (DE), risulta definita nel Piano di gestione
delle acque del distretto idrografico vigente, nonche' nel  Piano  di
tutela  delle  acque  in  conformita'  con  le  previsioni  contenute
nell'art. 4 della Direttiva  2000/60/CE  (direttiva  quadro  acque  -
DQA),  recepita  a  livello  nazionale  dal  decreto  legislativo  n.
152/2006 (di seguito, anche TUA - Testo unico ambiente). 
    Tale materia ricade pacificamente  nell'ambito  delle  competenze
legislative esclusive statali in materia di  tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema, ai sensi  dell'art.  117,  primo  e  secondo  comma,
lettera s), della Costituzione. 
    Per un verso, l'art. 95 TUA reca  la  disciplina  delle  aree  di
salvaguardia delle acque  superficiali  e  sotterranee  destinate  al
consumo umano,  definendo,  in  particolare,  la  zona  di  rispetto,
circostante la zona di tutela  assoluta,  nella  quale  sono  vietati
l'insediamento di centri di pericolo e lo  svolgimento  di  attivita'
puntualmente individuate (comma 4) disponendo, altresi', che, qualora
la regione non provveda a definire l'anzidetta zona di  rispetto,  la
medesima sia stabilita in 200 metri di raggio rispetto  al  punto  di
captazione e di derivazione (comma 6). 
    Per altro verso, il successivo art. 144 TUA, comma 1,  stabilisce
che tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorche' non estratte
dal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato. 
    Inoltre, l'art. 12-bis del regio decreto n. 1775/1933,  definisce
i requisiti per il rilascio delle concessioni e utilizzazioni per  la
raccolta,  regolazione,  estrazione,  derivazione,   condotta,   uso,
restituzione e scolo delle acque, stabilendo che il provvedimento  e'
rilasciato se: 
        «a) non pregiudica il mantenimento o il raggiungimento  degli
obiettivi di qualita' definiti per il corso d'acqua  interessato;  b)
e' garantito il minimo deflusso vitale e  l'equilibrio  del  bilancio
idrico; non sussistono possibilita' di  riutilizzo  di  acque  reflue
depurate o provenienti dalla raccolta di acque  piovane  ovvero,  pur
sussistendo tali possibilita', il riutilizzo non risulta  sostenibile
sotto il profilo economico». (comma 1); 
    i commi successivi stabiliscono che: 
        «i volumi d'acqua concessi sono commisurati alle possibilita'
di risparmio, riutilizzo o riciclo delle risorse. Il disciplinare  di
concessione deve fissare, ove tecnicamente possibile, la quantita'  e
le caratteristiche qualitative dell'acqua  restituita.  Analogamente,
nei casi di prelievo da falda deve essere garantito l'equilibrio  tra
il prelievo e la capacita' di ricarica dell'acquifero, anche al  fine
di evitare pericoli di intrusione di  acque  salate  o  inquinate,  e
quant'altro sia utile in funzione del controllo  del  miglior  regime
delle acque» (comma 2); 
    e che l'utilizzo di risorse prelevate  da  sorgenti  o  falde,  o
comunque riservate al consumo umano, puo' essere  assentito  per  usi
diversi da quello potabile se: 
        «a) viene garantita la condizione di equilibrio del  bilancio
idrico per ogni singolo fabbisogno; b) non sussistono possibilita' di
riutilizzo di acque reflue depurate o provenienti dalla  raccolta  di
acque  piovane,  oppure,  dove  sussistano  tali   possibilita',   il
riutilizzo non risulta sostenibile sotto  il  profilo  economico;  c)
sussiste adeguata disponibilita' delle risorse predette e vi  e'  una
accertata carenza qualitativa e quantitativa di fonti alternative  di
approvvigionamento» (comma 3), 
    il  medesimo  decreto  legislativo   n.   152/2006,   dopo   aver
specificato, all'art. 75, che: 
        «Nelle materie disciplinate dalle disposizioni della presente
sezione [...] lo Stato esercita le competenze ad esso  spettanti  per
la tutela dell'ambiente  e  dell'ecosistema  attraverso  il  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,  fatte  salve
le competenze in materia  igienico-sanitaria  spettanti  al  Ministro
della salute»; 
    dispone che: 
        «1. Al fine  della  tutela  e  del  risanamento  delle  acque
superficiali e sotterranee,  la  parte  terza  del  presente  decreto
individua gli obiettivi minimi di qualita'  ambientale  per  i  corpi
idrici significativi  e  gli  obiettivi  di  qualita'  per  specifica
destinazione per i corpi idrici di cui all'art. 78, da garantirsi  su
tutto il territorio nazionale. 
        2. L'obiettivo di qualita' ambientale e' definito in funzione
della capacita' dei corpi idrici di mantenere i processi naturali  di
autodepurazione e di supportare comunita' animali e vegetali ampie  e
ben diversificate. 
        3.  L'obiettivo  di  qualita'  per   specifica   destinazione
individua lo  stato  dei  corpi  idrici  idoneo  ad  una  particolare
utilizzazione  da  parte  dell'uomo,  alla  vita  dei  pesci  e   dei
molluschi» (art. 76, commi 1, 2 e 3); 
    e che: 
        «le regioni possono definire obiettivi di qualita' ambientale
piu' elevati, nonche' individuare ulteriori  destinazioni  dei  corpi
idrici e relativi obiettivi di qualita'» (comma 7). 
    In attuazione della parte III del TUA, il  comma  4  dell'art  76
prevede l'adozione, mediante il Piano di tutela delle acque,  di  cui
all'art. 121 TUA,  delle  misure  atte  a  conseguire,  entro  il  22
dicembre 2015, gli obiettivi dallo stesso  comma  previsti,  e  cioe'
che: 
        «a)  sia  mantenuto  o   raggiunto   per   i   corpi   idrici
significativi superficiali  e  sotterranei  l'obiettivo  di  qualita'
ambientale corrispondente allo stato di "buono"; 
        b) sia mantenuto, ove gia' esistente, lo  stato  di  qualita'
ambientale "elevato" come definito nell'allegato 1 alla  parte  terza
del decreto legislativo; 
        c) siano mantenuti o raggiunti altresi' per i corpi idrici  a
specifica destinazione di cui all'art. 79 gli obiettivi  di  qualita'
per specifica destinazione di cui all'allegato 2 alla parte terza del
presente decreto, salvi  i  termini  di  adempimento  previsti  dalla
normativa previgente». 
    Interessa  evidenziare  che  il  Piano  di  tutela  delle   acque
costituisce uno specifico piano  di  settore,  articolato  secondo  i
contenuti elencati nell'art. 121 TUA, nonche' secondo  le  specifiche
indicate nella parte B dell'allegato 4 alla parte  III  del  medesimo
provvedimento. 
    Tale piano di tutela contiene, in particolare: 
        a) i risultati dell'attivita' conoscitiva; 
        b) l'individuazione degli obiettivi di qualita' ambientale  e
per specifica destinazione; 
        c) l'elenco dei corpi idrici a specifica destinazione e delle
aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall'inquinamento e
di risanamento; 
        d) le misure di tutela qualitative e  quantitative  tra  loro
integrate e coordinate per bacino idrografico; 
        e) l'indicazione della cadenza temporale degli  interventi  e
delle relative priorita'; 
        f) il programma di verifica dell'efficacia  degli  interventi
previsti; 
        g) gli interventi di bonifica dei corpi idrici. 
    Ebbene, la riduzione  della  quota  calcolata  per  garantire  il
deflusso ecologico  prevista  dall'art.  34,  comma  2,  della  legge
regionale in esame consente un aumento dei prelievi sul singolo corso
d'acqua; sennonche', tale valutazione - del  tutto  priva  di  idonei
parametri  tecnico-scientifici  -  non  afferisce   alla   competenza
regionale, poiche' la sede deputata  a  compiere  tale  ponderazione,
secondo un riparto delle competenze costituzionalmente  corretto,  e'
quella pianificatoria, come stabilito dagli articoli 76, comma  4,  e
121, comma 4, del decreto legislativo n.  152/2006  in  relazione  al
Piano di tutela delle acque, e dall'art. 95 con riferimento al  Piano
di bilancio idrico. 
    In proposito, e' sufficiente richiamare la pronuncia della  Corte
costituzionale n. 229/2017, a tenore della quale: 
        «Secondo la giurisprudenza costituzionale, le disposizioni in
materia di tutela delle acque contenute  principalmente  nella  parte
III del decreto legislativo n. 152 del  2006,  intitolata  "Norme  in
materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di  tutela
delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche" e,
in particolare, nella sua sezione II intitolata "Tutela  delle  acque
dall'inquinamento" sono  riconducibili  alla  materia  della  "tutela
dell'ambiente",  attribuita  alla  competenza  legislativa  esclusiva
dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s),  Cost.
Si tratta, infatti, "di disposizioni aventi finalita' di  prevenzione
e  riduzione  dell'inquinamento,   risanamento   dei   corpi   idrici
inquinati, miglioramento dello stato delle  acque,  perseguimento  di
usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, mantenimento  della
capacita' naturale  di  autodepurazione  dei  corpi  idrici  e  della
capacita'  di  sostenere  comunita'  animali  e  vegetali   ampie   e
diversificate, mitigazione degli effetti delle  inondazioni  e  della
siccita', protezione e miglioramento  dello  stato  degli  ecosistemi
acquatici, degli ecosistemi terrestri e delle zone umide direttamente
dipendenti dagli ecosistemi acquatici sotto il profilo del fabbisogno
idrico. Sono scopi  che  attengono  direttamente  alla  tutela  delle
condizioni intrinseche dei corpi idrici  e  che  mirano  a  garantire
determinati livelli qualitativi e quantitativi delle acque" (sentenza
n. 254 del 2009; in senso analogo, sentenza n. 246 del 2009)». 
    Con piu' specifico riferimento al Piano regionale di tutela delle
acque, la stessa Corte costituzionale, con la successiva sentenza  n.
153/2019, dopo aver svolto: 
        «una  sintetica   descrizione   del   quadro   normativo   di
riferimento. L'art. 121 del  decreto  legislativo  n.  152  del  2006
disciplina il piano regionale di tutela  delle  acque,  il  quale  si
aggiunge al piano di bacino distrettuale (art.  65)  e  al  piano  di
gestione (art. 117). Il piano delle acque e' approvato  all'esito  di
un  complesso  procedimento,  articolato  nelle  seguenti  fasi:  "le
Autorita' di bacino, nel contesto delle attivita' di pianificazione o
mediante appositi atti  di  indirizzo  e  coordinamento,  sentiti  le
province e gli enti di Governo dell'ambito, definiscono gli obiettivi
su scala di distretto cui devono attenersi i piani  di  tutela  delle
acque, nonche' le priorita' degli interventi"; "le  regioni,  sentite
le province e previa adozione delle eventuali misure di salvaguardia,
adottano il Piano di tutela delle acque e lo trasmettono al Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare  nonche'  alle
competenti Autorita' di  bacino,  per  le  verifiche  di  competenza"
(comma 2); "le Autorita' di  bacino  verificano  la  conformita'  del
piano agli  atti  di  pianificazione  o  agli  atti  di  indirizzo  e
coordinamento di cui al comma 2, esprimendo  parere  vincolante";  le
Regioni approvano il Piano di tutela "entro i  successivi  sei  mesi"
(comma 5).»; 
    ha puntualizzato che: 
        «Questa procedura, che vede l'intervento  delle  regioni  sia
nella  fase  dell'adozione  del  piano  sia  in  quella   della   sua
approvazione  definitiva,  e'  interamente  disciplinata  nel  codice
dell'ambiente,  sull'assunto  della  sua  inerenza  alla   competenza
legislativa statale in  materia  di  "tutela  dell'ambiente".  Questo
assunto non e' stato smentito  dalla  giurisprudenza  costituzionale,
che ha ricondotto a tale materia la normativa sulle acque, in  quanto
preordinata segnatamente alla loro tutela (in questo senso,  sentenze
n. 229 del 2017 e n. 86 del  2014),  osservando  in  particolare  che
"[i]l riparto delle competenze  [...]  dipende  proprio  dalla  [...]
distinzione tra uso delle acque minerali  e  termali,  di  competenza
regionale residuale, e tutela ambientale delle stesse acque,  che  e'
di competenza esclusiva statale, ai sensi del vigente art. 117, comma
secondo, lettera s), della Costituzione» (sentenza n. 1 del 2010)»; 
    concludendo e ricordando che: 
        «Con specifico riferimento al piano di  tutela  delle  acque,
questa  Corte  ha  affermato  che  esso  costituisce  uno  "strumento
fondamentale di programmazione,  attuazione  e  controllo  [...]  per
l'individuazione degli obiettivi minimi di qualita' ambientale per  i
corpi idrici", la cui disciplina rientra nella competenza legislativa
statale in materia di "tutela  dell'ambiente"  (sentenza  n.  44  del
2011; nello stesso senso, sentenze n. 254, n. 251, n. 246  e  n.  232
del 2009)». 
    In questo quadro, «Le regioni possono  adottare  le  prescrizioni
del piano di tutela delle acque che  ritengono  opportune  alla  luce
degli obiettivi indicati dalle  autorita'  di  bacino  e  sempre  nel
rispetto del quadro normativo definito dagli articoli 95,  96  e  121
del decreto legislativo n. 152 del 2006. Inoltre, le regioni  possono
anche decidere di prevedere o no eventuali  misure  di  salvaguardia.
Cio' che e', invece, precluso alle  regioni  e'  di  intervenire  con
legge per escludere o  circoscrivere  l'ambito  di  operativita'  del
piano stesso, giacche'  cio'  comporterebbe  l'elusione  -  totale  o
parziale  -  del  vincolo  della  legge  statale,  espressione  della
competenza esclusiva in materia di  tutela  delle  acque,  funzionale
alla  garanzia  delle  esigenze  unitarie  cui  e'   preordinata   la
individuazione degli obiettivi minimi di qualita'  ambientale  per  i
corpi idrici. 
    Con l'art. 34, comma 2,  della  legge  regionale  n.  9/2025,  la
Regione Piemonte ha, dunque, violato  il  riparto  di  competenze  in
materia di tutela delle acque, poiche' e' intervenuta sull'ambito  di
operativita' degli strumenti di tutela dell'idrosfera  fissati  dallo
Stato  nell'esercizio  delle  competenze  legislative  esclusive   in
materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema,  di  cui  all'art.
117, secondo comma,  lettera  s),  della  Costituzione,  nella  quale
rientrano la  garanzia  del  livello  di  deflusso  ecologico  e,  in
generale, le misure poste a  presidio  dell'equilibrio  del  bilancio
idrico. 
    Alla  legislazione  regionale   e   provinciale   e'   consentito
unicamente,  invece,  nell'esercizio  di  una   diversa   competenza,
incrementare  i  livelli  di  tutela  gia'  fissati  dal  legislatore
statale; categoria di interventi nella quale non  rientra  certamente
la previsione del censurato art. 34. 
    Come chiarito dalla Corte costituzionale: 
        «la garanzia del minimo deflusso vitale del corpo idrico,  in
quanto volta ad evitare l'esaurimento  della  fonte,  deve  ritenersi
concernere la "conservazione" del bene acqua e non il  mero  utilizzo
della stessa, con la conseguenza  che  la  relativa  disciplina  deve
considerarsi attratta nella  competenza  esclusiva  dello  Stato,  ai
sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., relativa  alla
tutela dell'ambiente. Sul punto va richiamata  la  giurisprudenza  di
questa Corte (sentenza n. 1 del 2010), secondo cui il  riparto  delle
competenze tra Stato e Regioni in  materia  di  acque  dipende  dalla
distinzione tra uso delle acque minerali  e  termali,  di  competenza
regionale residuale, e tutela ambientale delle stesse acque,  che  e'
di competenza esclusiva statale, ai sensi del vigente art. 117, comma
secondo, lettera s), della Costituzione. Si  tratta  di  un  evidente
concorso di  competenze  sullo  stesso  bene  (le  acque  minerali  e
termali), competenze che riguardano, per quanto attiene alle Regioni,
l'utilizzazione del bene e, per quanto attiene allo Stato, la  tutela
o conservazione del bene stesso (sentenze n. 225 del 2009  e  n.  105
del 2008)» (Corte Cost. sentenza n. 28/2013). 
    Per quanto detto, emerge come  la  disposizione  in  commento  si
ponga in contrasto, oltre che con il principio di non  deterioramento
dei corpi idrici superficiali, nonche', in  questi  termini,  con  il
prevalente interesse pubblico nella gestione della risorsa  pubblica,
anche con l'art. 4 della  direttiva  2000/60/CE  e,  dunque,  con  il
parametro costituzionale di cui  all'art.  117,  primo  comma,  della
Costituzione. 
    Per  le   suesposte   considerazioni   l'impugnata   disposizione
contrasta con gli articoli 95, commi 4 e 6, e 144, comma  1,  decreto
legislativo n. 152/2006, nonche' con l'art. 12-bis del regio  decreto
n.  1775/1933,  recante   «Approvazione   del   testo   unico   delle
disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti  elettrici»,  come
sostituito  dall'art.  96,  comma  3,  del  decreto  legislativo   n.
152/2006, e infine con le disposizioni degli articoli 76, comma 4,  e
121, comma 4, del decreto legislativo n. 152/2006, e anche con l'art.
4 della direttiva 2000/60/CE, che costituiscono normativa  interposta
al parametro costituzionale di cui  all'art.  117,  primo  e  secondo
comma, lettera s), della Costituzione. 
    2. Illegittimita' dell'art 50, commi 1 e  2,  della  legge  della
Regione Piemonte  n.  9  dell'8  luglio  2025  per  violazione  degli
articoli 9 e 117, secondo comma, lettera s) Cost. in  relazione  agli
articoli 134, comma 1, lettera  c),  135,  comma  1,  142,  comma  1,
lettera f), e 143, comma 2, del «Codice  dei  beni  culturali  e  del
paesaggio» di cui al decreto legislazione  22  gennaio  2004,  n.  42
nonche' agli articoli 3 e 18 delle norme di attuazione del piano reg.
vigente (NTA) e all'art. 22 della legge n. 394/1991. 
    Merita di essere censurato anche l'art. 50 della legge  regionale
in esame che dispone: 
        «1. Il n. 26 dell'allegato A (Cartografie delle aree naturali
protette regionali, delle aree contigue  e  delle  zone  naturali  di
salvaguardia) della legge regionale  n.  19/2009  e'  sostituito  dal
seguente: 
          "26) Parco naturale del  Monte  Fenera  -  scala  1:25.000"
(allegato 1); 
        2. Il n. 90 dell'allegato A della legge regionale n.  19/2009
e' sostituito dal seguente: 
          "90) aree naturali protette e area  contigua  della  fascia
fluviale del Po - Torino Ovest -  scala  1:25.000:  -  Area  contigua
della fascia fluviale del Po piemontese" (allegato 2)». 
    Invero, dalle cartografie allegate alla legge, e  di  essa  parte
integrante, emerge una riduzione dei perimetri  delle  aree  tutelate
ivi individuate. 
    Al riguardo, occorre evidenziare che  le  aree  considerate  sono
beni che, in quanto soggetti a tutela ambientale speciale, sono anche
«di  interesse  paesaggistico»  ai  sensi  delle  disposizioni  degli
articoli 134, comma 1, lettera c), e 142, comma 1,  lettera  f),  del
«Codice dei beni  culturali  e  del  paesaggio»  di  cui  al  decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. 
    Essendo vigente il Piano paesaggistico  regionale  della  Regione
Piemonte, per eventuali revisioni dei suddetti perimetri e dei  Piani
di parchi ed  aree  naturali  protette,  agli  effetti  della  tutela
paesaggistica,   la    legge    statale    richiede    l'obbligatorio
coinvolgimento del Ministero della cultura, secondo quanto  stabilito
dagli articoli 135, comma 1, e 143, comma 2, del citato codice.  Tale
assetto  normativo  risulta  pienamente  coerente   con   la   logica
incrementale dei beni paesaggistici che caratterizza  il  Codice  dei
beni culturali e  del  paesaggio,  nel  quale  non  e'  prevista  una
disciplina per la revisione o eliminazione dei beni paesaggistici. 
    Al riguardo, codesta Corte costituzionale,  con  la  sentenza  n.
164/2021  -  con  la  quale  e'  stato  rigettato  il  conflitto   di
attribuzione proposto dalla  Regione  del  Veneto  e  dichiarato  che
spetta allo Stato adottare il decreto di  dichiarazione  di  notevole
interesse pubblico di un'area ricadente nel territorio regionale - ha
rappresentato che: 
        «Il legislatore ordinario si  e'  percio'  ispirato  in  tale
materia (la tutela paesaggistica) ad una  logica  incrementale  delle
tutele che e' del tutto  conforme  al  carattere  primario  del  bene
ambientale, cui peraltro  si  riferisce,  collocato  fra  i  principi
fondamentali della Repubblica, l'art. 9 Cost. (sentenze  n.  367  del
2007, n. 183 del 2006, n. 641 del 1987 e n. 151 del 1986)». 
    Tale  logica,  dal  lato   della   Regione,   opera   sul   piano
procedimentale per addizione, e mai per sottrazione, nel senso che la
competenza regionale puo' essere spesa al solo fine di arricchire  il
catalogo dei beni paesaggistici, in virtu' della  conoscenza  che  ne
abbia l'autorita' piu' vicina al territorio ove essi sorgono,  e  non
gia' di alleggerirlo in  forza  di  considerazioni  confliggenti  con
quelle assunte dallo  Stato,  o  comunque  mosse  dalla  volonta'  di
affermare  la  prevalenza  di   interessi   opposti,   facenti   capo
all'autonomia regionale, come accade  nel  settore  del  Governo  del
territorio. 
    Per questa ragione, e' conforme al riparto  costituzionale  delle
competenze che il piano paesaggistico regionale - ove non sia la sede
di diversi apprezzamenti legati anche alla dimensione urbanistica del
territorio - e' tenuto a recepire le scelte di tutela  paesaggistica,
senza capacita' di alterarle  neppur  sul  piano  delle  prescrizioni
d'uso. Altrimenti, esso potrebbe divenire l'occasione per ridurre  lo
standard di tutela dell'ambiente in forza  di  interessi  divergenti,
anziche'  la  sede  deputata  a  collocare   armonicamente   siffatti
interessi sub  valenti  nella  cornice  gia'  intagliata  secondo  la
preminente prospettiva della conservazione del paesaggio. L'occasione
vale a  dire,  per  degradare  "la  tutela  paesaggistica  -  che  e'
prevalente - in una tutela meramente urbanistica"». (sentenza n.  437
del 2008). 
    Considerato quanto sopra, occorre  osservare  come  l'obbligo  di
co-pianificazione con il Ministero, gia' previsto nel Codice dei beni
culturali e del paesaggio all'art. 143, comma 2, del  citato  codice,
in particolare nell'ipotesi  di  una  de-perimetrazione,  deriva  dal
Piano Paesaggistico  Regionale  (PPR)  e  da  quanto  disposto  dagli
articoli 3 e 18 delle norme di attuazione del Piano vigente (NTA). 
    In particolare, l'art. 3 delle NTA («Ruolo del Ppr e rapporti con
i piani e i programmi territoriali») dispone che: 
        «2. Le previsioni del  Ppr,  quadro  di  riferimento  per  la
tutela e la valorizzazione  del  paesaggio  regionale,  costituiscono
misure di coordinamento e riferimento  per  tutti  gli  strumenti  di
pianificazione  territoriale,  urbanistica  e  di  settore,  ad  ogni
livello. 
        3. Il Ppr, per quanto  attiene  alla  tutela  del  paesaggio,
contiene altresi' previsioni cogenti e immediatamente prevalenti  per
tutti gli strumenti generali e settoriali di Governo  del  territorio
alle diverse scale, compresi i piani d'area delle aree protette,  che
prevalgono  sulle  disposizioni  eventualmente  incompatibili,  fatte
salve le disposizioni normative e le previsioni dei piani finalizzate
a garantire la riduzione del rischio idrogeologico dei  luoghi  e  la
sicurezza delle persone. 
        [...] 
        5. Il Ppr riconosce, in quanto coerenti con le previsioni  di
tutela paesaggistica delle presenti  norme,  i  contenuti  dei  piani
paesistici o territoriali a valenza paesaggistica regionali,  di  cui
al seguente elenco, approvati  secondo  la  previgente  normativa  di
settore: 
          Ptr - Area di approfondimento Ovest-Ticino,  approvato  con
DCR n. 417- 11196 del 23 luglio 1997; 
          Piano paesistico di una parte del territorio del Comune  di
Pragelato, approvato con DCR n. 614-7539 del 4 maggio 1993; 
          Piano paesistico di una parte del territorio del Comune  di
San Maurizio D'Opaglio, approvato con DCR n. 220-2997 del 29  gennaio
2002; 
          Piano  paesistico  della  Zona  di  salvaguardia  dell'Alpe
Devero, approvato con DCR  n.  618-  3421  del  24  febbraio  2000  e
modificato con DCR n. 226-5745 del 19 febbraio 2002. 
        Tali strumenti sono sottoposti alla verifica  di  conformita'
al Ppr attuata congiuntamente tra  il  Ministero  dei  beni  e  delle
attivita' culturali e del Turismo, di seguito denominato Ministero, e
la Regione entro dodici mesi dall'approvazione  del  Ppr,  a  seguito
della quale si provvedera', se del caso, all'eventuale adeguamento  e
al riconoscimento del loro valore attuativo del Ppr. 
        [...] 
        9. Fino alla verifica o all'adeguamento al Ppr dei  piani  di
cui ai commi  5,  6  e  7,  si  applicano  le  disposizioni  in  essi
contenute, se non in contrasto con le prescrizioni del Ppr stesso». 
    Al riguardo, occorre segnalare la natura sottordinata  del  Piano
del Parco rispetto al  PPR,  come  confermato  da  ormai  consolidata
giurisprudenza  costituzionale  (sent.  n.  108/2008)  e  da   ultimo
sentenza n. 276/2020, ove si afferma che: 
        «E' decisivo, infine, che l'art. 25,  comma  2,  della  legge
quadro (legge 6 dicembre 1991, n. 394, recante  "Legge  quadro  sulle
aree protette" stabilisca che il piano del parco regionale ha  valore
anche  [...]  di  piano  urbanistico  e  sostituisce  i  piani  [...]
urbanistici "di qualsiasi livello", statuendo cosi' espressamente che
gli strumenti urbanistici "di qualsiasi livello" cedono il  passo  al
piano del parco, con una norma che, come questa Corte ha recentemente
chiarito, rappresenta "uno standard uniforme  di  tutela  ambientale"
(sentenza  n.  134  del  2020).  Puo'  essere  utile  ricordare   che
un'analoga  regola  di  prevalenza  dei  valori  paesaggistici  sulle
disposizioni  difformi  eventualmente   contenute   negli   strumenti
urbanistici e' stabilita dagli articoli 143, comma 9, e 145, comma 3,
del decreto legislativo 22 gennaio  2004,  n.  42  (Codice  dei  beni
culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio
2002, n. 137), con una previsione che puo' essere riferita  anche  ai
parchi regionali, in quanto aree di interesse paesaggistico, tutelate
per legge, in base all'art. 142,  comma  1,  lettera  f),  cod.  beni
culturali. Questa Corte, dichiarando  costituzionalmente  illegittima
una  disposizione  legislativa  regionale  che  aveva  invertito   il
rapporto  tra  piano  paesaggistico  regionale  e  piano  urbanistico
comunale, facendo prevalere il secondo sul primo (sentenza n. 86  del
2019; nello stesso senso la sentenza n. 172 del 2018),  ha  affermato
che «[i]l codice dei beni culturali e del paesaggio definisce dunque,
con efficacia vincolante anche per le  regioni,  i  rapporti  tra  le
prescrizioni del piano paesaggistico e le prescrizioni  di  carattere
urbanistico ed edilizio - sia contenute in un atto di pianificazione,
sia espresse in atti autorizzativi  puntuali,  come  il  permesso  di
costruire -  secondo  un  modello  di  prevalenza  delle  prime,  non
alterabile ad opera della legislazione regionale» (sentenza n. 11 del
2016). 
    Sulla  possibilita'  di  incidere  sul   perimetro   dei   parchi
regionali, la citata sentenza n. 276/2020 ha chiarito che: 
        «la modifica del perimetro dei parchi regionali puo' avvenire
sia con legge  regionale,  nel  rispetto  del  procedimento  regolato
dall'art. 22 della legge n. 394 del 1991 - spettando poi al piano del
parco di precisare la disciplina della nuova area tutelata -  sia  in
sede  di  adozione  o  modifica  del  piano  del  parco.  Qualora  la
legislazione  regionale  incida  sulle  aree  protette  (siano   esse
nazionali o regionali), deve  conformarsi  ai  principi  fondamentali
contenuti nella legge quadro n. 394 del 1991, la quale  -  ricondotta
alla materia "tutela dell'ambiente e  dell'ecosistema"  -  detta  gli
standard  minimi  uniformi  di  tutela,  che   le   Regioni   possono
accompagnare con un surplus di tutela,  ma  non  derogare  in  peius»
(Precedenti citati: sentenze n. 134 del 2020, n. 43 del 2020, n.  290
del 2019, n. 180 del 2019, n. 121 del 2018, n. 74 del 2017  e  n.  14
del 2012). 
    Venendo al citato art. 18 delle NTA («Aree  naturali  protette  e
altre  aree  di  conservazione  della  biodiversita'»),  quest'ultimo
dispone che: 
        «1. Il Ppr  riconosce  e  individua  alla  Tavola  P2  e  nel
catalogo di cui all'art. 4, comma  1,  lettera  c.,  i  parchi  e  le
riserve di  cui  all'art.  142,  comma  1,  lettera  f.  del  codice,
assoggettati   alla   disciplina   in   materia   di   autorizzazione
paesaggistica, per i quali si applicano le presenti norme: 
          a. i parchi nazionali e regionali, nonche' i  territori  di
protezione esterna dei parchi, quali le aree contigue; 
          b. le riserve nazionali e regionali. 
        Ai   fini   dell'individuazione   dei   territori    soggetti
all'autorizzazione paesaggistica di cui all'art. 146 del  codice,  in
quanto compresi nelle aree di cui alle lettere a.  e  b.,  valgono  i
confini definiti  dalla  legge  regionale  n.  19/2009  e  successive
modificazioni ed integrazioni e dai  provvedimenti  istitutivi  delle
aree protette nazionali.». 
    Da quanto evidenziato, deriva che le modifiche  dei  confini  del
Parco naturale del Monte  Fenera,  delle  aree  naturali  protette  e
dell'area  contigua  della  fascia  fluviale  del  Po-Torino   Ovest,
apportate nella legge in esame dalla Regione - che si e' limitata  ad
allegare, all'art. 50, le due cartografie (Parco naturale  del  Monte
Fenera; aree naturali protette e area contigua della fascia  fluviale
del Po-Torino Ovest)  -  introducono  una  modifica  unilaterale  del
perimetro delle aree soggette a tutela paesaggistica. 
    Per quanto la normativa statale distingua nettamente  l'attivita'
di classificazione e  di  istituzione  dei  parchi  e  delle  riserve
naturali  di  interesse  regionale   e   locale   dall'attivita'   di
elaborazione dei piani paesaggistici regionali (cfr. citata  sentenza
della Corte costituzionale n. 276/2020), nel caso di  specie  il  PPR
del Piemonte rinvia, quanto alla  perimetrazione,  alle  disposizioni
contenute nella legge regionale n. 19/2009. 
    Di talche', con  la  modifica  unilaterale  della  perimetrazione
delle  aree  interessate  apportata  dall'art.   50,   si   determina
automaticamente una variazione, in diminuzione, delle aree soggette a
tutela   paesaggistica,    in    violazione    del    principio    di
co-pianificazione di cui agli articoli 135 e 143 del Codice dei  beni
culturali e del paesaggio. 
    Conseguentemente, la previsione contenuta nell'art. 50 si pone in
contrasto con gli articoli 134, comma 1, lettera c), 135, comma 1,  e
142, comma 1, lettera  f),  e  143,  comma  2,  del  Codice  dei  bei
culturali e del paesaggio di cui al decreto  legislativo  n.  42  del
2004, normativa interposta al cosi' violato parametro  costituzionale
di cui agli articoli 9  e  117,  secondo  comma,  lettera  s),  della
Costituzione. 

 
                              P. Q. M. 
 
    Il Presidente del Consiglio  dei  ministri  propone  il  presente
ricorso e confida nell'accoglimento delle seguenti conclusioni. 
    Voglia     l'Ecc.ma     Corte      costituzionale      dichiarare
costituzionalmente illegittimi gli articoli 34, comma 2 e 50, commi 1
e  2,  della  legge  Regione  Piemonte  dell'8  luglio  2025,  n.  9,
pubblicata nel BUR n. 28 del 10 luglio 2025, recante  «Legge  annuale
di riordino dell'ordinamento regionale. Anno  2025»,  per  violazione
dell'art. 117, primo e secondo comma, lettera s), della Costituzione,
in relazione agli articoli 76, commi 1, 2, 3, 4 e 7; 95, commi 4 e 6;
121, comma 4; 144, comma 1; alla parte B dell'allegato 4  alla  parte
III del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152;  all'art.  12-bis
del regio decreto 11 dicembre 1933, n.  1775,  recante  «Approvazione
del testo unico delle disposizioni  di  legge  sulle  acque  e  sugli
impianti elettrici», come  sostituito  dall'art.  96,  comma  3,  del
decreto  legislativo  n.  152/2006;  all'art.   4   della   direttiva
2000/60/CE; degli articoli 9 e 117, secondo comma, lettera  s)  della
Costituzione, in relazione agli articoli 134, comma  1,  lettera  c),
135, comma 1, 142, comma 1, lettera f) e 143, comma  2,  del  «Codice
dei beni culturali e del paesaggio», di cui al decreto legislativo 22
gennaio 2004, n. 42, agli articoli 3 e 18 delle norme  di  attuazione
del Piano reg. vigente (NTA) e all'art. 22 della legge n. 394/1991. 
    Si producono: 
        1) copia della legge regionale impugnata; 
        2) copia conforme della delibera del Consiglio  dei  ministri
adottata  nella  riunione  del   4   settembre   2025,   recante   la
determinazione di proposizione del  presente  ricorso,  con  allegata
relazione illustrativa. 
    Roma, 5 settembre 2025 
 
                    L'Avvocato dello Stato: Spina