Reg. Ric. n. 37 del 2025 n° parte 1
pubbl. su G.U. del 08/10/2025 n. 41
Ricorrente:Presidente del Consiglio dei ministri
Resistenti: Regione Piemonte
Oggetto:
Acque – Ambiente – Norme della Regione Piemonte – Deflusso ecologico dei corsi d’acqua – Modalità di calcolo del deflusso ecologico – Ricorso del Governo – Denunciata introduzione di una modalità di calcolo del deflusso ecologico dei corsi d’acqua in contrasto con il quadro giuridico che definisce il deflusso minimo vitale e il deflusso ecologico – Conseguente effetto di consentire un aumento dei prelievi sul singolo corso d’acqua – Violazione della competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema - Contrasto con il principio di non deterioramento dei corpi idrici superficiali e con l’interesse pubblico nella gestione della risorsa pubblica – Violazione dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario.
- Legge della Regione Piemonte 8 luglio 2025, n. 9, art. 34, comma 2.
- Costituzione, art. 117, commi primo e secondo, lettera s); decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, artt. 76, commi 1, 2, 3, 4 e 7; 95, commi 4 e 6; 121, comma 4; 144, comma 1, e parte B dell'Allegato 4 alla parte III; regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 12-bis, come sostituito dall’art. 96, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152; direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000, art. 4.
Ambiente – Aree protette, parchi e riserve naturali – Norme della Regione Piemonte – Modifiche all’allegato A (Cartografie delle aree naturali protette regionali, delle aree contigue e delle zone naturali di salvaguardia) della legge regionale n. 19 del 2009 – Sostituzione delle cartografie relative al Parco naturale del Monte Fenera e alle Aree naturali protette e area contigua della fascia fluviale del Po-Torino ovest: Area contigua della fascia fluviale del Po piemontese – Ricorso del Governo – Denunciata modifica unilaterale in riduzione dei perimetri delle aree tutelate e soggette a tutela paesaggistica – Violazione dell’obbligo di co-pianificazione con lo Stato – Contrasto con le previsioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio – Abbassamento del livello di tutela del paesaggio – Violazione della competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.
- Legge della Regione Piemonte 8 luglio 2025, n. 9, art. 50, commi 1 e 2, rispettivamente sostitutivi del n. 26 e del n. 90 dell’Allegato A alla legge regionale 29 giugno 2009, n. 19.
- Costituzione, artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s); decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, artt. 134, comma 1, lettera c); 135, comma 1; 142, comma 1, lettera f), e 143, comma 2; legge 6 dicembre 1991, n. 394, art. 22; norme di attuazione del piano paesaggistico regionale (NTA), artt. 3 e 18.
Norme impugnate:
legge della Regione Piemonte del 08/07/2025 Num. 9 Art. 34 Co. 2
legge della Regione Piemonte del 08/07/2025 Num. 9 Art. 50 Co. 1
legge della Regione Piemonte del 29/06/2009 Num. 19
legge della Regione Piemonte del 08/07/2025 Num. 9 Art. 50 Co. 2
legge della Regione Piemonte del 29/06/2009 Num. 19
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 9 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 1
Costituzione Art. 117 Co. 2
direttiva CE Art. 4 Co.
regio decreto Art. 12 Co.
decreto legislativo Art. 96 Co. 3
legge Art. 22 Co.
decreto legislativo Art. 134 Co. 1
decreto legislativo Art. 135 Co. 1
decreto legislativo Art. 142 Co. 1
decreto legislativo Art. 143 Co. 2
decreto legislativo Art. 76 Co. 1
decreto legislativo Art. 76 Co. 2
decreto legislativo Art. 76 Co. 3
decreto legislativo Art. 76 Co. 4
decreto legislativo Art. 76 Co. 7
decreto legislativo Art. 95 Co. 4
decreto legislativo Art. 95 Co. 6
decreto legislativo Art. 121 Co. 4
decreto legislativo Art. 144 Co. 1
decreto legislativo Art. Co.
Norme di attuazione del Piano paesaggistico regionale (NTA) Art. 3 Co.
Norme di attuazione del Piano paesaggistico regionale (NTA) Art. 18 Co.
Testo dell'ricorso
N. 37 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 09 settembre 2025
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 9 settembre 2025 (del Presidente del Consiglio dei
ministri).
Acque - Ambiente - Norme della Regione Piemonte - Deflusso ecologico
dei corsi d'acqua - Modalita' di calcolo del deflusso ecologico.
Ambiente - Aree protette, parchi e riserve naturali - Norme della
Regione Piemonte - Modifiche all'allegato A (Cartografie delle aree
naturali protette regionali, delle aree contigue e delle zone
naturali di salvaguardia) della legge regionale n. 19 del 2009 -
Sostituzione delle cartografie relative al Parco naturale del Monte
Fenera e alle Aree naturali protette e area contigua della fascia
fluviale del Po-Torino ovest: Area contigua della fascia fluviale
del Po piemontese.
- Legge della Regione Piemonte 8 luglio 2025, n. 9 (Legge annuale di
riordino dell'ordinamento regionale. Anno 2025), artt. 34, comma 2,
e 50, commi 1 e 2.
(GU n. 41 del 08-10-2025)
Ricorso ex. art. 127, comma 1, Cost. per il Presidente del
Consiglio dei ministri (codice fiscale 80188230587), rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato (codice fiscale
80224030587), presso i cui uffici domicilia in Roma, via dei
Portoghesi n. 12, telefax n. 06.96.51.40.00; indirizzo PEC
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it giusta delibera del Consiglio dei
ministri adottata nella riunione del 4 settembre 2025, ricorrente;
contro la Regione Piemonte, in persona del Presidente della
Giunta Regionale in carica, intimata per la declaratoria di
illegittimita' costituzionale degli articoli 34, comma 2 e 50 commi 1
e 2, della legge Regione Piemonte dell'8 luglio 2025, n. 9,
pubblicata nel BUR n. 28 del 10 luglio 2025, recante «Legge annuale
di riordino dell'ordinamento regionale. Anno 2025»;
per violazione dell'art. 117, primo e secondo comma, lettera s)
Cost. in relazione agli articoli agli articoli 76 commi 1, 2, 3 4 e
7; 95, commi 4 e 6; 121, comma 4; 144, comma 1; alla parte B
dell'allegato 4 alla parte III del decreto legislativo n. 3 aprile
2006, n. 152; all'art. 12-bis del regio decreto 11 dicembre 1933, n.
1775, recante «Approvazione del testo unico delle disposizioni di
legge sulle acque e sugli impianti elettrici», come sostituito
dall'art. 96, comma 3, del decreto legislativo n. 152/2006; all'art.
4 della direttiva 2000/60/CE; degli articoli 9 e 117, secondo comma,
lettera s) Cost., in relazione agli articoli 134, comma 1, lettera
c), 135, comma 1, 142, comma 1, lettera f), e 143, comma 2, del
«Codice dei beni culturali e del paesaggio» di cui al decreto
legislativo n 22 gennaio 2004, n. 42, agli articoli 3 e 18 delle
norme di attuazione del piano reg. vigente (NTA) e all'art. 22 della
legge n. 394/1991.
1. Con la legge n. 9 dell'8 luglio 2025, di riordino
dell'ordinamento regionale per l'anno 2025, la Regione Piemonte ha
introdotto, al Capo IV, «Disposizioni in materia di territorio e
ambiente», alcune delle quali eccedono le competenze legislative
regionali.
In particolare, l'art. 34, rubricato «Applicazione del deflusso
ecologico», dispone al secondo comma:
2. Nei corsi d'acqua a carattere torrentizio, canali o
porzioni di essi non classificati come fiumi dalla Regione e nei
corsi d'acqua classificati come fiumi o tratti di essi caratterizzati
da ricorrenti deficit idrici stagionali, tenuto conto della
regimazione non costante del flusso delle acque, il deflusso
ecologico e' calcolato in modo dinamico in base alla portata presente
nella sezione di derivazione e non puo' essere eccedente il 30 per
cento della portata effettiva medesima.
Il successivo art. 50, intitolato «Modifiche all'allegato A della
legge regionale 19/2009», prevede, nei suoi due commi:
1. Il n. 26 dell'allegato A (Cartografie delle aree naturali
protette regionali, delle aree contigue e delle zone naturali di
salvaguardia) della legge regionale n. 19/2009 e' sostituito dal
seguente: «26) Parco naturale del Monte Fenera - scala 1:25.000»
(allegato 1);
2. Il n. 90 dell'allegato A della legge regionale 19/2009 e'
sostituito dal seguente: «90) Aree naturali protette e area contigua
della fascia fluviale del Po - Torino Ovest - scala 1:25.000: Area
contigua della fascia fluviale del Po piemontese» (allegato 2).
Con le disposizioni sopra riportate il legislatore regionale,
come si spieghera', non ha rispettato la sfera di competenze ad esso
destinate, ed ha violato la legislazione emanata dallo Stato
nell'esercizio della propria competenza esclusiva in materia di
tutela del paesaggio, dell'ambiente e dell'ecosistema che gli
articoli 9 e 117, primo e secondo comma, lettera s), della
Costituzione, attribuiscono in via esclusiva allo Stato.
Pertanto, il Presidente del Consiglio dei ministri propone il
presente ricorso, affidandolo ai seguenti motivi in
Diritto
1. Illegittimita' dell'art. 34, comma 2, della legge della
Regione Piemonte n. 9 dell'8 luglio 2025 per violazione dell'art.
117, primo e secondo comma, lettera s), della Costituzione in
relazione agli articoli 76, commi 1, 2, 3 4 e 7; 95, commi 4 e 6;
121, comma 4; 144, comma 1; alla parte B dell'allegato 4 alla parte
III del decreto legislativo n. 3 aprile 2006, n. 152; all'art. 12-bis
del regio decreto n. 1775/1933, recante «Approvazione del testo unico
delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici»,
come sostituito dall'art. 96, comma 3, del decreto legislativo n.
152/2006; all'art. 4 della direttiva 2000/60/CE.
La norma censurata, dopo aver disposto al comma 1, la «proroga»
al 31 dicembre 2026, su tutto il territorio regionale,
dell'applicazione del deflusso ecologico, fatte salve le
sperimentazioni in corso, rinviando il momento dell'applicazione
della regolazione del deflusso ecologico, funzionale a garantire
adeguati livelli di conservazione del bene acqua in conformita' alla
disciplina contenuta nella direttiva quadro sulle acque (2000/60/CE)
e tenendo conto del medesimo termine stabilito (31 dicembre 2026), ai
sensi dell'art. 21-bis, comma 1-bis, decreto-legge 21 marzo 2022, n.
21, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 2022, n. 51,
dispone testualmente al comma 2:
«Nei corsi d'acqua a carattere torrentizio, canali o porzioni
di essi non classificati come fiumi dalla Regione e nei corsi d'acqua
classificati come fiumi o tratti di essi caratterizzati da ricorrenti
deficit idrici stagionali, tenuto conto della regimazione non
costante del flusso delle acque, il deflusso ecologico e' calcolato
in modo dinamico in base alla portata presente nella sezione di
derivazione e non puo' essere eccedente il 30 per cento della portata
effettiva medesima» prevedendo una specifica modalita' di calcolo
(dinamico) del deflusso ecologico e stabilendo, tra l'altro, che il
deflusso stesso non debba eccedere il 30 per cento della portata
effettiva dei corsi d'acqua.
La modalita' di calcolo del deflusso ecologico introdotta da tale
norma si pone in contrasto con un complesso e consolidato quadro
giuridico nel quale la regolazione del deflusso minimo vitale (DMV) e
del deflusso ecologico (DE) e' definita nel Piano di gestione delle
acque del distretto idrografico vigente e nel Piano di tutela delle
acque, in conformita' con le previsioni contenute nell'art. 4 della
direttiva 2000/60/CE (direttiva quadro acque - DQA), recepita a
livello nazionale dal decreto legislativo n. 152/2006, di seguito,
anche TUA -Testo unico dell'ambiente, recante «Norme in materia
ambientale» e ricade nell'ambito delle competenze legislative
esclusive dello Stato in materia di tutela dell'ambiente e
dell'ecosistema, di cui all'art. 117, comma secondo, lettera s),
della Costituzione, potendo essere esercitate le competenze
regionali, in materia di tutela delle acque, soltanto qualora
perseguano standards migliorativi rispetto a quelli risultanti dalla
tutela fornita dalla legislazione statale.
La limitazione del deflusso ecologico ad una quota «non [...]
eccedente il 30 per cento della portata effettiva medesima» fissata
dal comma 2, infatti, introduce limiti, e conseguentemente, obiettivi
di qualita' meno elevati rispetto a quelli stabiliti dalla
legislazione nazionale e dai provvedimenti settoriali di area vasta.
Come si e' detto, la regolazione del deflusso minimo vitale (DMV)
e del deflusso ecologico (DE), risulta definita nel Piano di gestione
delle acque del distretto idrografico vigente, nonche' nel Piano di
tutela delle acque in conformita' con le previsioni contenute
nell'art. 4 della Direttiva 2000/60/CE (direttiva quadro acque -
DQA), recepita a livello nazionale dal decreto legislativo n.
152/2006 (di seguito, anche TUA - Testo unico ambiente).
Tale materia ricade pacificamente nell'ambito delle competenze
legislative esclusive statali in materia di tutela dell'ambiente e
dell'ecosistema, ai sensi dell'art. 117, primo e secondo comma,
lettera s), della Costituzione.
Per un verso, l'art. 95 TUA reca la disciplina delle aree di
salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al
consumo umano, definendo, in particolare, la zona di rispetto,
circostante la zona di tutela assoluta, nella quale sono vietati
l'insediamento di centri di pericolo e lo svolgimento di attivita'
puntualmente individuate (comma 4) disponendo, altresi', che, qualora
la regione non provveda a definire l'anzidetta zona di rispetto, la
medesima sia stabilita in 200 metri di raggio rispetto al punto di
captazione e di derivazione (comma 6).
Per altro verso, il successivo art. 144 TUA, comma 1, stabilisce
che tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorche' non estratte
dal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato.
Inoltre, l'art. 12-bis del regio decreto n. 1775/1933, definisce
i requisiti per il rilascio delle concessioni e utilizzazioni per la
raccolta, regolazione, estrazione, derivazione, condotta, uso,
restituzione e scolo delle acque, stabilendo che il provvedimento e'
rilasciato se:
«a) non pregiudica il mantenimento o il raggiungimento degli
obiettivi di qualita' definiti per il corso d'acqua interessato; b)
e' garantito il minimo deflusso vitale e l'equilibrio del bilancio
idrico; non sussistono possibilita' di riutilizzo di acque reflue
depurate o provenienti dalla raccolta di acque piovane ovvero, pur
sussistendo tali possibilita', il riutilizzo non risulta sostenibile
sotto il profilo economico». (comma 1);
i commi successivi stabiliscono che:
«i volumi d'acqua concessi sono commisurati alle possibilita'
di risparmio, riutilizzo o riciclo delle risorse. Il disciplinare di
concessione deve fissare, ove tecnicamente possibile, la quantita' e
le caratteristiche qualitative dell'acqua restituita. Analogamente,
nei casi di prelievo da falda deve essere garantito l'equilibrio tra
il prelievo e la capacita' di ricarica dell'acquifero, anche al fine
di evitare pericoli di intrusione di acque salate o inquinate, e
quant'altro sia utile in funzione del controllo del miglior regime
delle acque» (comma 2);
e che l'utilizzo di risorse prelevate da sorgenti o falde, o
comunque riservate al consumo umano, puo' essere assentito per usi
diversi da quello potabile se:
«a) viene garantita la condizione di equilibrio del bilancio
idrico per ogni singolo fabbisogno; b) non sussistono possibilita' di
riutilizzo di acque reflue depurate o provenienti dalla raccolta di
acque piovane, oppure, dove sussistano tali possibilita', il
riutilizzo non risulta sostenibile sotto il profilo economico; c)
sussiste adeguata disponibilita' delle risorse predette e vi e' una
accertata carenza qualitativa e quantitativa di fonti alternative di
approvvigionamento» (comma 3),
il medesimo decreto legislativo n. 152/2006, dopo aver
specificato, all'art. 75, che:
«Nelle materie disciplinate dalle disposizioni della presente
sezione [...] lo Stato esercita le competenze ad esso spettanti per
la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema attraverso il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, fatte salve
le competenze in materia igienico-sanitaria spettanti al Ministro
della salute»;
dispone che:
«1. Al fine della tutela e del risanamento delle acque
superficiali e sotterranee, la parte terza del presente decreto
individua gli obiettivi minimi di qualita' ambientale per i corpi
idrici significativi e gli obiettivi di qualita' per specifica
destinazione per i corpi idrici di cui all'art. 78, da garantirsi su
tutto il territorio nazionale.
2. L'obiettivo di qualita' ambientale e' definito in funzione
della capacita' dei corpi idrici di mantenere i processi naturali di
autodepurazione e di supportare comunita' animali e vegetali ampie e
ben diversificate.
3. L'obiettivo di qualita' per specifica destinazione
individua lo stato dei corpi idrici idoneo ad una particolare
utilizzazione da parte dell'uomo, alla vita dei pesci e dei
molluschi» (art. 76, commi 1, 2 e 3);
e che:
«le regioni possono definire obiettivi di qualita' ambientale
piu' elevati, nonche' individuare ulteriori destinazioni dei corpi
idrici e relativi obiettivi di qualita'» (comma 7).
In attuazione della parte III del TUA, il comma 4 dell'art 76
prevede l'adozione, mediante il Piano di tutela delle acque, di cui
all'art. 121 TUA, delle misure atte a conseguire, entro il 22
dicembre 2015, gli obiettivi dallo stesso comma previsti, e cioe'
che:
«a) sia mantenuto o raggiunto per i corpi idrici
significativi superficiali e sotterranei l'obiettivo di qualita'
ambientale corrispondente allo stato di "buono";
b) sia mantenuto, ove gia' esistente, lo stato di qualita'
ambientale "elevato" come definito nell'allegato 1 alla parte terza
del decreto legislativo;
c) siano mantenuti o raggiunti altresi' per i corpi idrici a
specifica destinazione di cui all'art. 79 gli obiettivi di qualita'
per specifica destinazione di cui all'allegato 2 alla parte terza del
presente decreto, salvi i termini di adempimento previsti dalla
normativa previgente».
Interessa evidenziare che il Piano di tutela delle acque
costituisce uno specifico piano di settore, articolato secondo i
contenuti elencati nell'art. 121 TUA, nonche' secondo le specifiche
indicate nella parte B dell'allegato 4 alla parte III del medesimo
provvedimento.
Tale piano di tutela contiene, in particolare:
a) i risultati dell'attivita' conoscitiva;
b) l'individuazione degli obiettivi di qualita' ambientale e
per specifica destinazione;
c) l'elenco dei corpi idrici a specifica destinazione e delle
aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall'inquinamento e
di risanamento;
d) le misure di tutela qualitative e quantitative tra loro
integrate e coordinate per bacino idrografico;
e) l'indicazione della cadenza temporale degli interventi e
delle relative priorita';
f) il programma di verifica dell'efficacia degli interventi
previsti;
g) gli interventi di bonifica dei corpi idrici.
Ebbene, la riduzione della quota calcolata per garantire il
deflusso ecologico prevista dall'art. 34, comma 2, della legge
regionale in esame consente un aumento dei prelievi sul singolo corso
d'acqua; sennonche', tale valutazione - del tutto priva di idonei
parametri tecnico-scientifici - non afferisce alla competenza
regionale, poiche' la sede deputata a compiere tale ponderazione,
secondo un riparto delle competenze costituzionalmente corretto, e'
quella pianificatoria, come stabilito dagli articoli 76, comma 4, e
121, comma 4, del decreto legislativo n. 152/2006 in relazione al
Piano di tutela delle acque, e dall'art. 95 con riferimento al Piano
di bilancio idrico.
In proposito, e' sufficiente richiamare la pronuncia della Corte
costituzionale n. 229/2017, a tenore della quale:
«Secondo la giurisprudenza costituzionale, le disposizioni in
materia di tutela delle acque contenute principalmente nella parte
III del decreto legislativo n. 152 del 2006, intitolata "Norme in
materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela
delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche" e,
in particolare, nella sua sezione II intitolata "Tutela delle acque
dall'inquinamento" sono riconducibili alla materia della "tutela
dell'ambiente", attribuita alla competenza legislativa esclusiva
dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
Si tratta, infatti, "di disposizioni aventi finalita' di prevenzione
e riduzione dell'inquinamento, risanamento dei corpi idrici
inquinati, miglioramento dello stato delle acque, perseguimento di
usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, mantenimento della
capacita' naturale di autodepurazione dei corpi idrici e della
capacita' di sostenere comunita' animali e vegetali ampie e
diversificate, mitigazione degli effetti delle inondazioni e della
siccita', protezione e miglioramento dello stato degli ecosistemi
acquatici, degli ecosistemi terrestri e delle zone umide direttamente
dipendenti dagli ecosistemi acquatici sotto il profilo del fabbisogno
idrico. Sono scopi che attengono direttamente alla tutela delle
condizioni intrinseche dei corpi idrici e che mirano a garantire
determinati livelli qualitativi e quantitativi delle acque" (sentenza
n. 254 del 2009; in senso analogo, sentenza n. 246 del 2009)».
Con piu' specifico riferimento al Piano regionale di tutela delle
acque, la stessa Corte costituzionale, con la successiva sentenza n.
153/2019, dopo aver svolto:
«una sintetica descrizione del quadro normativo di
riferimento. L'art. 121 del decreto legislativo n. 152 del 2006
disciplina il piano regionale di tutela delle acque, il quale si
aggiunge al piano di bacino distrettuale (art. 65) e al piano di
gestione (art. 117). Il piano delle acque e' approvato all'esito di
un complesso procedimento, articolato nelle seguenti fasi: "le
Autorita' di bacino, nel contesto delle attivita' di pianificazione o
mediante appositi atti di indirizzo e coordinamento, sentiti le
province e gli enti di Governo dell'ambito, definiscono gli obiettivi
su scala di distretto cui devono attenersi i piani di tutela delle
acque, nonche' le priorita' degli interventi"; "le regioni, sentite
le province e previa adozione delle eventuali misure di salvaguardia,
adottano il Piano di tutela delle acque e lo trasmettono al Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nonche' alle
competenti Autorita' di bacino, per le verifiche di competenza"
(comma 2); "le Autorita' di bacino verificano la conformita' del
piano agli atti di pianificazione o agli atti di indirizzo e
coordinamento di cui al comma 2, esprimendo parere vincolante"; le
Regioni approvano il Piano di tutela "entro i successivi sei mesi"
(comma 5).»;
ha puntualizzato che:
«Questa procedura, che vede l'intervento delle regioni sia
nella fase dell'adozione del piano sia in quella della sua
approvazione definitiva, e' interamente disciplinata nel codice
dell'ambiente, sull'assunto della sua inerenza alla competenza
legislativa statale in materia di "tutela dell'ambiente". Questo
assunto non e' stato smentito dalla giurisprudenza costituzionale,
che ha ricondotto a tale materia la normativa sulle acque, in quanto
preordinata segnatamente alla loro tutela (in questo senso, sentenze
n. 229 del 2017 e n. 86 del 2014), osservando in particolare che
"[i]l riparto delle competenze [...] dipende proprio dalla [...]
distinzione tra uso delle acque minerali e termali, di competenza
regionale residuale, e tutela ambientale delle stesse acque, che e'
di competenza esclusiva statale, ai sensi del vigente art. 117, comma
secondo, lettera s), della Costituzione» (sentenza n. 1 del 2010)»;
concludendo e ricordando che:
«Con specifico riferimento al piano di tutela delle acque,
questa Corte ha affermato che esso costituisce uno "strumento
fondamentale di programmazione, attuazione e controllo [...] per
l'individuazione degli obiettivi minimi di qualita' ambientale per i
corpi idrici", la cui disciplina rientra nella competenza legislativa
statale in materia di "tutela dell'ambiente" (sentenza n. 44 del
2011; nello stesso senso, sentenze n. 254, n. 251, n. 246 e n. 232
del 2009)».
In questo quadro, «Le regioni possono adottare le prescrizioni
del piano di tutela delle acque che ritengono opportune alla luce
degli obiettivi indicati dalle autorita' di bacino e sempre nel
rispetto del quadro normativo definito dagli articoli 95, 96 e 121
del decreto legislativo n. 152 del 2006. Inoltre, le regioni possono
anche decidere di prevedere o no eventuali misure di salvaguardia.
Cio' che e', invece, precluso alle regioni e' di intervenire con
legge per escludere o circoscrivere l'ambito di operativita' del
piano stesso, giacche' cio' comporterebbe l'elusione - totale o
parziale - del vincolo della legge statale, espressione della
competenza esclusiva in materia di tutela delle acque, funzionale
alla garanzia delle esigenze unitarie cui e' preordinata la
individuazione degli obiettivi minimi di qualita' ambientale per i
corpi idrici.
Con l'art. 34, comma 2, della legge regionale n. 9/2025, la
Regione Piemonte ha, dunque, violato il riparto di competenze in
materia di tutela delle acque, poiche' e' intervenuta sull'ambito di
operativita' degli strumenti di tutela dell'idrosfera fissati dallo
Stato nell'esercizio delle competenze legislative esclusive in
materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di cui all'art.
117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, nella quale
rientrano la garanzia del livello di deflusso ecologico e, in
generale, le misure poste a presidio dell'equilibrio del bilancio
idrico.
Alla legislazione regionale e provinciale e' consentito
unicamente, invece, nell'esercizio di una diversa competenza,
incrementare i livelli di tutela gia' fissati dal legislatore
statale; categoria di interventi nella quale non rientra certamente
la previsione del censurato art. 34.
Come chiarito dalla Corte costituzionale:
«la garanzia del minimo deflusso vitale del corpo idrico, in
quanto volta ad evitare l'esaurimento della fonte, deve ritenersi
concernere la "conservazione" del bene acqua e non il mero utilizzo
della stessa, con la conseguenza che la relativa disciplina deve
considerarsi attratta nella competenza esclusiva dello Stato, ai
sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., relativa alla
tutela dell'ambiente. Sul punto va richiamata la giurisprudenza di
questa Corte (sentenza n. 1 del 2010), secondo cui il riparto delle
competenze tra Stato e Regioni in materia di acque dipende dalla
distinzione tra uso delle acque minerali e termali, di competenza
regionale residuale, e tutela ambientale delle stesse acque, che e'
di competenza esclusiva statale, ai sensi del vigente art. 117, comma
secondo, lettera s), della Costituzione. Si tratta di un evidente
concorso di competenze sullo stesso bene (le acque minerali e
termali), competenze che riguardano, per quanto attiene alle Regioni,
l'utilizzazione del bene e, per quanto attiene allo Stato, la tutela
o conservazione del bene stesso (sentenze n. 225 del 2009 e n. 105
del 2008)» (Corte Cost. sentenza n. 28/2013).
Per quanto detto, emerge come la disposizione in commento si
ponga in contrasto, oltre che con il principio di non deterioramento
dei corpi idrici superficiali, nonche', in questi termini, con il
prevalente interesse pubblico nella gestione della risorsa pubblica,
anche con l'art. 4 della direttiva 2000/60/CE e, dunque, con il
parametro costituzionale di cui all'art. 117, primo comma, della
Costituzione.
Per le suesposte considerazioni l'impugnata disposizione
contrasta con gli articoli 95, commi 4 e 6, e 144, comma 1, decreto
legislativo n. 152/2006, nonche' con l'art. 12-bis del regio decreto
n. 1775/1933, recante «Approvazione del testo unico delle
disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici», come
sostituito dall'art. 96, comma 3, del decreto legislativo n.
152/2006, e infine con le disposizioni degli articoli 76, comma 4, e
121, comma 4, del decreto legislativo n. 152/2006, e anche con l'art.
4 della direttiva 2000/60/CE, che costituiscono normativa interposta
al parametro costituzionale di cui all'art. 117, primo e secondo
comma, lettera s), della Costituzione.
2. Illegittimita' dell'art 50, commi 1 e 2, della legge della
Regione Piemonte n. 9 dell'8 luglio 2025 per violazione degli
articoli 9 e 117, secondo comma, lettera s) Cost. in relazione agli
articoli 134, comma 1, lettera c), 135, comma 1, 142, comma 1,
lettera f), e 143, comma 2, del «Codice dei beni culturali e del
paesaggio» di cui al decreto legislazione 22 gennaio 2004, n. 42
nonche' agli articoli 3 e 18 delle norme di attuazione del piano reg.
vigente (NTA) e all'art. 22 della legge n. 394/1991.
Merita di essere censurato anche l'art. 50 della legge regionale
in esame che dispone:
«1. Il n. 26 dell'allegato A (Cartografie delle aree naturali
protette regionali, delle aree contigue e delle zone naturali di
salvaguardia) della legge regionale n. 19/2009 e' sostituito dal
seguente:
"26) Parco naturale del Monte Fenera - scala 1:25.000"
(allegato 1);
2. Il n. 90 dell'allegato A della legge regionale n. 19/2009
e' sostituito dal seguente:
"90) aree naturali protette e area contigua della fascia
fluviale del Po - Torino Ovest - scala 1:25.000: - Area contigua
della fascia fluviale del Po piemontese" (allegato 2)».
Invero, dalle cartografie allegate alla legge, e di essa parte
integrante, emerge una riduzione dei perimetri delle aree tutelate
ivi individuate.
Al riguardo, occorre evidenziare che le aree considerate sono
beni che, in quanto soggetti a tutela ambientale speciale, sono anche
«di interesse paesaggistico» ai sensi delle disposizioni degli
articoli 134, comma 1, lettera c), e 142, comma 1, lettera f), del
«Codice dei beni culturali e del paesaggio» di cui al decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
Essendo vigente il Piano paesaggistico regionale della Regione
Piemonte, per eventuali revisioni dei suddetti perimetri e dei Piani
di parchi ed aree naturali protette, agli effetti della tutela
paesaggistica, la legge statale richiede l'obbligatorio
coinvolgimento del Ministero della cultura, secondo quanto stabilito
dagli articoli 135, comma 1, e 143, comma 2, del citato codice. Tale
assetto normativo risulta pienamente coerente con la logica
incrementale dei beni paesaggistici che caratterizza il Codice dei
beni culturali e del paesaggio, nel quale non e' prevista una
disciplina per la revisione o eliminazione dei beni paesaggistici.
Al riguardo, codesta Corte costituzionale, con la sentenza n.
164/2021 - con la quale e' stato rigettato il conflitto di
attribuzione proposto dalla Regione del Veneto e dichiarato che
spetta allo Stato adottare il decreto di dichiarazione di notevole
interesse pubblico di un'area ricadente nel territorio regionale - ha
rappresentato che:
«Il legislatore ordinario si e' percio' ispirato in tale
materia (la tutela paesaggistica) ad una logica incrementale delle
tutele che e' del tutto conforme al carattere primario del bene
ambientale, cui peraltro si riferisce, collocato fra i principi
fondamentali della Repubblica, l'art. 9 Cost. (sentenze n. 367 del
2007, n. 183 del 2006, n. 641 del 1987 e n. 151 del 1986)».
Tale logica, dal lato della Regione, opera sul piano
procedimentale per addizione, e mai per sottrazione, nel senso che la
competenza regionale puo' essere spesa al solo fine di arricchire il
catalogo dei beni paesaggistici, in virtu' della conoscenza che ne
abbia l'autorita' piu' vicina al territorio ove essi sorgono, e non
gia' di alleggerirlo in forza di considerazioni confliggenti con
quelle assunte dallo Stato, o comunque mosse dalla volonta' di
affermare la prevalenza di interessi opposti, facenti capo
all'autonomia regionale, come accade nel settore del Governo del
territorio.
Per questa ragione, e' conforme al riparto costituzionale delle
competenze che il piano paesaggistico regionale - ove non sia la sede
di diversi apprezzamenti legati anche alla dimensione urbanistica del
territorio - e' tenuto a recepire le scelte di tutela paesaggistica,
senza capacita' di alterarle neppur sul piano delle prescrizioni
d'uso. Altrimenti, esso potrebbe divenire l'occasione per ridurre lo
standard di tutela dell'ambiente in forza di interessi divergenti,
anziche' la sede deputata a collocare armonicamente siffatti
interessi sub valenti nella cornice gia' intagliata secondo la
preminente prospettiva della conservazione del paesaggio. L'occasione
vale a dire, per degradare "la tutela paesaggistica - che e'
prevalente - in una tutela meramente urbanistica"». (sentenza n. 437
del 2008).
Considerato quanto sopra, occorre osservare come l'obbligo di
co-pianificazione con il Ministero, gia' previsto nel Codice dei beni
culturali e del paesaggio all'art. 143, comma 2, del citato codice,
in particolare nell'ipotesi di una de-perimetrazione, deriva dal
Piano Paesaggistico Regionale (PPR) e da quanto disposto dagli
articoli 3 e 18 delle norme di attuazione del Piano vigente (NTA).
In particolare, l'art. 3 delle NTA («Ruolo del Ppr e rapporti con
i piani e i programmi territoriali») dispone che:
«2. Le previsioni del Ppr, quadro di riferimento per la
tutela e la valorizzazione del paesaggio regionale, costituiscono
misure di coordinamento e riferimento per tutti gli strumenti di
pianificazione territoriale, urbanistica e di settore, ad ogni
livello.
3. Il Ppr, per quanto attiene alla tutela del paesaggio,
contiene altresi' previsioni cogenti e immediatamente prevalenti per
tutti gli strumenti generali e settoriali di Governo del territorio
alle diverse scale, compresi i piani d'area delle aree protette, che
prevalgono sulle disposizioni eventualmente incompatibili, fatte
salve le disposizioni normative e le previsioni dei piani finalizzate
a garantire la riduzione del rischio idrogeologico dei luoghi e la
sicurezza delle persone.
[...]
5. Il Ppr riconosce, in quanto coerenti con le previsioni di
tutela paesaggistica delle presenti norme, i contenuti dei piani
paesistici o territoriali a valenza paesaggistica regionali, di cui
al seguente elenco, approvati secondo la previgente normativa di
settore:
Ptr - Area di approfondimento Ovest-Ticino, approvato con
DCR n. 417- 11196 del 23 luglio 1997;
Piano paesistico di una parte del territorio del Comune di
Pragelato, approvato con DCR n. 614-7539 del 4 maggio 1993;
Piano paesistico di una parte del territorio del Comune di
San Maurizio D'Opaglio, approvato con DCR n. 220-2997 del 29 gennaio
2002;
Piano paesistico della Zona di salvaguardia dell'Alpe
Devero, approvato con DCR n. 618- 3421 del 24 febbraio 2000 e
modificato con DCR n. 226-5745 del 19 febbraio 2002.
Tali strumenti sono sottoposti alla verifica di conformita'
al Ppr attuata congiuntamente tra il Ministero dei beni e delle
attivita' culturali e del Turismo, di seguito denominato Ministero, e
la Regione entro dodici mesi dall'approvazione del Ppr, a seguito
della quale si provvedera', se del caso, all'eventuale adeguamento e
al riconoscimento del loro valore attuativo del Ppr.
[...]
9. Fino alla verifica o all'adeguamento al Ppr dei piani di
cui ai commi 5, 6 e 7, si applicano le disposizioni in essi
contenute, se non in contrasto con le prescrizioni del Ppr stesso».
Al riguardo, occorre segnalare la natura sottordinata del Piano
del Parco rispetto al PPR, come confermato da ormai consolidata
giurisprudenza costituzionale (sent. n. 108/2008) e da ultimo
sentenza n. 276/2020, ove si afferma che:
«E' decisivo, infine, che l'art. 25, comma 2, della legge
quadro (legge 6 dicembre 1991, n. 394, recante "Legge quadro sulle
aree protette" stabilisca che il piano del parco regionale ha valore
anche [...] di piano urbanistico e sostituisce i piani [...]
urbanistici "di qualsiasi livello", statuendo cosi' espressamente che
gli strumenti urbanistici "di qualsiasi livello" cedono il passo al
piano del parco, con una norma che, come questa Corte ha recentemente
chiarito, rappresenta "uno standard uniforme di tutela ambientale"
(sentenza n. 134 del 2020). Puo' essere utile ricordare che
un'analoga regola di prevalenza dei valori paesaggistici sulle
disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti
urbanistici e' stabilita dagli articoli 143, comma 9, e 145, comma 3,
del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni
culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio
2002, n. 137), con una previsione che puo' essere riferita anche ai
parchi regionali, in quanto aree di interesse paesaggistico, tutelate
per legge, in base all'art. 142, comma 1, lettera f), cod. beni
culturali. Questa Corte, dichiarando costituzionalmente illegittima
una disposizione legislativa regionale che aveva invertito il
rapporto tra piano paesaggistico regionale e piano urbanistico
comunale, facendo prevalere il secondo sul primo (sentenza n. 86 del
2019; nello stesso senso la sentenza n. 172 del 2018), ha affermato
che «[i]l codice dei beni culturali e del paesaggio definisce dunque,
con efficacia vincolante anche per le regioni, i rapporti tra le
prescrizioni del piano paesaggistico e le prescrizioni di carattere
urbanistico ed edilizio - sia contenute in un atto di pianificazione,
sia espresse in atti autorizzativi puntuali, come il permesso di
costruire - secondo un modello di prevalenza delle prime, non
alterabile ad opera della legislazione regionale» (sentenza n. 11 del
2016).
Sulla possibilita' di incidere sul perimetro dei parchi
regionali, la citata sentenza n. 276/2020 ha chiarito che:
«la modifica del perimetro dei parchi regionali puo' avvenire
sia con legge regionale, nel rispetto del procedimento regolato
dall'art. 22 della legge n. 394 del 1991 - spettando poi al piano del
parco di precisare la disciplina della nuova area tutelata - sia in
sede di adozione o modifica del piano del parco. Qualora la
legislazione regionale incida sulle aree protette (siano esse
nazionali o regionali), deve conformarsi ai principi fondamentali
contenuti nella legge quadro n. 394 del 1991, la quale - ricondotta
alla materia "tutela dell'ambiente e dell'ecosistema" - detta gli
standard minimi uniformi di tutela, che le Regioni possono
accompagnare con un surplus di tutela, ma non derogare in peius»
(Precedenti citati: sentenze n. 134 del 2020, n. 43 del 2020, n. 290
del 2019, n. 180 del 2019, n. 121 del 2018, n. 74 del 2017 e n. 14
del 2012).
Venendo al citato art. 18 delle NTA («Aree naturali protette e
altre aree di conservazione della biodiversita'»), quest'ultimo
dispone che:
«1. Il Ppr riconosce e individua alla Tavola P2 e nel
catalogo di cui all'art. 4, comma 1, lettera c., i parchi e le
riserve di cui all'art. 142, comma 1, lettera f. del codice,
assoggettati alla disciplina in materia di autorizzazione
paesaggistica, per i quali si applicano le presenti norme:
a. i parchi nazionali e regionali, nonche' i territori di
protezione esterna dei parchi, quali le aree contigue;
b. le riserve nazionali e regionali.
Ai fini dell'individuazione dei territori soggetti
all'autorizzazione paesaggistica di cui all'art. 146 del codice, in
quanto compresi nelle aree di cui alle lettere a. e b., valgono i
confini definiti dalla legge regionale n. 19/2009 e successive
modificazioni ed integrazioni e dai provvedimenti istitutivi delle
aree protette nazionali.».
Da quanto evidenziato, deriva che le modifiche dei confini del
Parco naturale del Monte Fenera, delle aree naturali protette e
dell'area contigua della fascia fluviale del Po-Torino Ovest,
apportate nella legge in esame dalla Regione - che si e' limitata ad
allegare, all'art. 50, le due cartografie (Parco naturale del Monte
Fenera; aree naturali protette e area contigua della fascia fluviale
del Po-Torino Ovest) - introducono una modifica unilaterale del
perimetro delle aree soggette a tutela paesaggistica.
Per quanto la normativa statale distingua nettamente l'attivita'
di classificazione e di istituzione dei parchi e delle riserve
naturali di interesse regionale e locale dall'attivita' di
elaborazione dei piani paesaggistici regionali (cfr. citata sentenza
della Corte costituzionale n. 276/2020), nel caso di specie il PPR
del Piemonte rinvia, quanto alla perimetrazione, alle disposizioni
contenute nella legge regionale n. 19/2009.
Di talche', con la modifica unilaterale della perimetrazione
delle aree interessate apportata dall'art. 50, si determina
automaticamente una variazione, in diminuzione, delle aree soggette a
tutela paesaggistica, in violazione del principio di
co-pianificazione di cui agli articoli 135 e 143 del Codice dei beni
culturali e del paesaggio.
Conseguentemente, la previsione contenuta nell'art. 50 si pone in
contrasto con gli articoli 134, comma 1, lettera c), 135, comma 1, e
142, comma 1, lettera f), e 143, comma 2, del Codice dei bei
culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo n. 42 del
2004, normativa interposta al cosi' violato parametro costituzionale
di cui agli articoli 9 e 117, secondo comma, lettera s), della
Costituzione.
P. Q. M.
Il Presidente del Consiglio dei ministri propone il presente
ricorso e confida nell'accoglimento delle seguenti conclusioni.
Voglia l'Ecc.ma Corte costituzionale dichiarare
costituzionalmente illegittimi gli articoli 34, comma 2 e 50, commi 1
e 2, della legge Regione Piemonte dell'8 luglio 2025, n. 9,
pubblicata nel BUR n. 28 del 10 luglio 2025, recante «Legge annuale
di riordino dell'ordinamento regionale. Anno 2025», per violazione
dell'art. 117, primo e secondo comma, lettera s), della Costituzione,
in relazione agli articoli 76, commi 1, 2, 3, 4 e 7; 95, commi 4 e 6;
121, comma 4; 144, comma 1; alla parte B dell'allegato 4 alla parte
III del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152; all'art. 12-bis
del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, recante «Approvazione
del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e sugli
impianti elettrici», come sostituito dall'art. 96, comma 3, del
decreto legislativo n. 152/2006; all'art. 4 della direttiva
2000/60/CE; degli articoli 9 e 117, secondo comma, lettera s) della
Costituzione, in relazione agli articoli 134, comma 1, lettera c),
135, comma 1, 142, comma 1, lettera f) e 143, comma 2, del «Codice
dei beni culturali e del paesaggio», di cui al decreto legislativo 22
gennaio 2004, n. 42, agli articoli 3 e 18 delle norme di attuazione
del Piano reg. vigente (NTA) e all'art. 22 della legge n. 394/1991.
Si producono:
1) copia della legge regionale impugnata;
2) copia conforme della delibera del Consiglio dei ministri
adottata nella riunione del 4 settembre 2025, recante la
determinazione di proposizione del presente ricorso, con allegata
relazione illustrativa.
Roma, 5 settembre 2025
L'Avvocato dello Stato: Spina