Reg. Ric. n. 36 del 2025 n° parte 1
pubbl. su G.U. del 01/10/2025 n. 40
Ricorrente:Regione Veneto
Resistenti: Presidente del Consiglio dei ministri
Oggetto:
Ambiente – Inquinamento – Qualità dell’aria – Delega per il recepimento della direttiva (UE) 2024/2881 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2024, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa – Osservazione di princìpi e criteri direttivi specifici – Previsione che assicura, tra l’altro, la sinergia tra le misure di risanamento della qualità dell'aria ambiente adottate, in via ordinaria, dalle autorità regionali e locali e, in via complementare, dalle autorità statali – Previsione della competenza dello Stato ad adottare misure nazionali qualora i piani regionali non possano permettere il raggiungimento dei valori di qualità dell'aria in aree influenzate, in modo determinante, da sorgenti di emissione su cui le regioni non hanno competenza amministrativa e legislativa o, anche in assenza di tale condizione, qualora i contenuti delle misure siano definiti in accordi sottoscritti dalle autorità regionali interessate e da tutte le competenti autorità statali – Ricorso della Regione Veneto – Denunciata norma di delega che non vincola il Governo a prevedere la competenza in via ordinaria e diretta degli organi di livello statale in tutti i casi in cui, come per i territori del “bacino padano”, i fenomeni di inquinamento atmosferico, incidenti sugli standard di qualità dell’aria stabiliti dalla normativa europea, richiedono necessariamente l’adozione di interventi pubblici normativi, amministrativi e finanziari di livello ultraregionale – Contrasto con i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza – Violazione delle norme costituzionali che regolano il riparto di funzioni legislative e amministrative, che impongono al legislatore statale di farsi carico ordinariamente delle proprie responsabilità nell’esercizio della propria competenza legislative esclusiva in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.
- Legge 13 giugno 2025, n. 91, art. 12, comma 1 e, in particolare, lettera b).
- Costituzione, artt. 117, secondo comma, lettera s), e 118, primo comma; direttiva (UE) 2024/2881 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2024.
Ambiente – Inquinamento – Qualità dell’aria – Delega per il recepimento della direttiva (UE) 2024/2881 – Osservazione di princìpi e criteri direttivi specifici – Previsione che assicura, tra l’altro, la sinergia tra le misure di risanamento della qualità dell'aria ambiente adottate in via ordinaria dalle autorità regionali e locali e in via complementare dalle autorità statali – Previsione della competenza dello Stato ad adottare misure nazionali qualora i piani regionali non possano permettere il raggiungimento dei valori di qualità dell'aria in aree influenzate, in modo determinante, da sorgenti di emissione su cui le regioni non hanno competenza amministrativa e legislativa o, anche in assenza di tale condizione, qualora i contenuti delle misure siano definiti in accordi sottoscritti dalle autorità regionali interessate e da tutte le competenti autorità statali – Ricorso della Regione Veneto – Denunciata imposizione al legislatore delegato di un vincolo, rivolto ad allocare e distribuire tra lo Stato e le regioni le funzioni concernenti il risanamento della qualità dell’aria ambiente nei territori compresi nel “bacino padano”, irrazionale e inadeguato a garantire il rispetto degli obblighi imposti dal diritto dell’Unione europea – Violazione del principio di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione – Lesione del principio di ragionevolezza – Violazione dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario – Lesione indiretta delle competenze legislative regionali nelle materie concorrenti della tutela della salute, della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia nonché del governo del territorio” e della competenza legislativa residuale della regione in materia di trasporto pubblico locale – Contrasto con i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza
- Legge 13 giugno 2025, n. 91, art. 12, comma 1 e, in particolare, lettera b).
- Costituzione, artt. 3, 97, 117, primo, terzo e quarto comma; direttiva (UE) 2024/2881 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2024.
Ambiente – Inquinamento – Qualità dell’aria – Delega per il recepimento della direttiva (UE) 2024/2881 – Osservazione di princìpi e criteri direttivi specifici – Previsione che i decreti legislativi sono adottati previo parere della Conferenza unificata di cui all'art. 8 del d.lgs. n. 281 del 1997 – Ricorso della Regione Veneto – Denunciata norma che non prevede l’intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, quale idonea forma di raccordo collaborativo idonea a realizzare il confronto con le autonomie regionali – Lesione del principio di leale collaborazione.
- Legge 13 giugno 2025, n. 91, art. 12, comma 2
- Costituzione, artt. 5 e 120, secondo comma.
Ambiente – Inquinamento – Qualità dell’aria – Delega per il recepimento della direttiva (UE) 2024/2881 – Osservazione di princìpi e criteri direttivi specifici – Previsione che dall’attuazione della delega non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica – Previsione che le amministrazioni competenti provvedono ai relativi adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente – Ricorso della Regione Veneto – Denunciata disciplina che palesemente elude l’obbligo di copertura delle spese connesse alle numerose nuove funzioni richieste dalla corretta attuazione della direttiva (UE) n. 2024/2881 – Contrasto con il principio di corrispondenza tra risorse finanziarie e funzioni che impone allo Stato di assicurare agli enti dell’autonomia territoriale il finanziamento integrale delle funzioni pubbliche loro attribuite – Lesione del principio di copertura finanziaria – Normativa che pretende di vincolare il legislatore delegato ad attuare gli obblighi derivanti dalla legislazione europea, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, irrazionalmente contraddicendo le stesse finalità dichiarate della delega e impedendo il corretto adempimento dei suddetti obblighi – Violazione dei principi di ragionevolezza e buon andamento dell’amministrazione – Violazione dai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario.
- Legge 13 giugno 2025, n. 91, art. 12, comma 3.
- Costituzione, artt. 3, 81, terzo comma, 97, 117, primo e 119, quarto comma; direttiva (UE) 2024/2881 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2024.
Norme impugnate:
legge del 13/06/2025 Num. 91 Art. 12
legge del 13/06/2025 Num. 91 Art. 12 Co. 1
legge del 13/06/2025 Num. 91 Art. 12 Co. 2
legge del 13/06/2025 Num. 91 Art. 12 Co. 3
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 5 Co.
Costituzione Art. 81 Co. 3
Costituzione Art. 97 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 1
Costituzione Art. 117 Co. 2
Costituzione Art. 117 Co. 3
Costituzione Art. 117 Co. 4
Costituzione Art. 118 Co. 1
Costituzione Art. 119 Co. 4
Costituzione Art. 120 Co. 2
direttiva UE Art. Co.
Testo dell'ricorso
N. 36 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 25 agosto 2025
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 25 agosto 2025 (della Regione Veneto).
Ambiente - Inquinamento - Qualita' dell'aria - Delega per il
recepimento della direttiva (UE) 2024/2881 del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 23 ottobre 2024, relativa alla qualita'
dell'aria ambiente e per un'aria piu' pulita in Europa -
Osservazione di principi e criteri direttivi specifici - Previsione
che assicura, tra l'altro, la sinergia tra le misure di risanamento
della qualita' dell'aria ambiente adottate, in via ordinaria, dalle
autorita' regionali e locali e, in via complementare, dalle
autorita' statali - Previsione della competenza dello Stato ad
adottare misure nazionali qualora i piani regionali non possano
permettere il raggiungimento dei valori di qualita' dell'aria in
aree influenzate, in modo determinante, da sorgenti di emissione su
cui le regioni non hanno competenza amministrativa e legislativa o,
anche in assenza di tale condizione, qualora i contenuti delle
misure siano definiti in accordi sottoscritti dalle autorita'
regionali interessate e da tutte le competenti autorita' statali.
Ambiente - Inquinamento - Qualita' dell'aria - Delega per il
recepimento della direttiva (UE) 2024/2881 - Osservazione di
principi e criteri direttivi specifici - Previsione che i decreti
legislativi sono adottati previo parere della Conferenza unificata
di cui all'art. 8 del d.lgs. 1997, n. 281 del 1997.
Ambiente - Inquinamento - Qualita' dell'aria - Delega per il
recepimento della direttiva (UE) 2024/2881 - Osservazione di
principi e criteri direttivi specifici - Previsione che
dall'attuazione della delega non devono derivare nuovi o maggiori
oneri per la finanza pubblica - Previsione che le amministrazioni
competenti provvedono ai relativi adempimenti con le risorse umane,
strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
- Legge 13 giugno 2025, n. 91 (Delega al Governo per il recepimento
delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione
europea - Legge di delegazione europea 2024), art. 12, commi 1, in
particolare, lettera b), 2 e 3.
(GU n. 40 del 01-10-2025)
Ricorso nell'interesse della Regione del Veneto (C.F.
80007580279), in persona del Presidente della Giunta regionale pro
tempore dott. Luca Zaia, a cio' autorizzato con deliberazione della
Giunta regionale n. 928 del 12 agosto 2025 (doc. 1), rappresentato e
difeso, come da procura speciale allegata al presente atto (doc. 2),
dall'avv. Giacomo Quarneti, avvocato coordinatore dell'Avvocatura
regionale del Veneto (C.F. QRNGCM77L07E730G, PEC:
giacomo.quarneti@venezia.pecavvocati.it e dall'avv. prof. Marcello
Cecchetti (C.F. CCCMCL65E02H501Q, PEC:
marcello.cecchetti@firenze.pecavvocati.it del Foro di Firenze, con
elezione di domicilio fisico presso lo studio di quest'ultimo in
Roma, piazza Barberini n. 12, nonche' di domicilio digitale agli
indirizzi PEC dei difensori sopra indicati;
Contro lo Stato, in persona del Presidente del Consiglio dei
ministri pro-tempore, per la dichiarazione di illegittimita'
costituzionale dell'art. 12 della legge 13 giugno 2025, n. 91 (Delega
al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione
di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea
2024), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - Serie Generale - 25
giugno 2025, n. 145, per violazione degli artt. 3, 81, terzo comma,
97, 117, primo comma, in relazione alla direttiva (UE) 2024/2881 del
Parlamento europeo e del Consiglio «relativa alla qualita' dell'aria
ambiente e per un'aria piu' pulita in Europa», 117, secondo comma,
lettera s), con riferimento alla materia «tutela dell'ambiente e
dell'ecosistema», 117, terzo e quarto comma, 118 e 119, quarto comma,
della Costituzione, nonche' del principio di leale collaborazione di
cui agli artt. 5 e 120, secondo comma, della Costituzione.
Premessa. La delega legislativa per l'attuazione della direttiva (UE)
2024/2881 del Parlamento europeo e del Consiglio «relativa alla
qualita' dell'aria ambiente e per un'aria piu' pulita in Europa».
1. - L'art. 12 della legge n. 91 del 2025, oggetto del presente
ricorso, prevede i principi e criteri direttivi della delega
legislativa conferita al Governo per il recepimento della direttiva
(UE) 2024/2881, relativa alla qualita' dell'aria ambiente e per
un'aria piu' pulita in Europa.
In particolare, il comma 1 della disposizione in esame stabilisce
che, nell'esercizio della delega il Governo osserva, oltre ai
principi e criteri direttivi generali (previsti dall'art. 32 della
legge 24 dicembre 2012, n. 234), anche i seguenti principi e criteri
direttivi specifici:
«a) assicurare la sinergia tra le azioni relative al
risanamento della qualita' dell'aria ambiente e le azioni relative ai
settori che interessano le piu' importanti fonti emissive, prevedendo
le necessarie misure di integrazione e di coordinamento tra gli atti
di pianificazione e di programmazione in materia di qualita'
dell'aria e quelli in materia di trasporti, mobilita', energia,
industria, efficienza energetica e agricoltura, nonche' prevedendo
sedi e procedure istituzionali per l'impulso e il coordinamento di
un'azione condivisa, a livello territoriale e a livello nazionale,
tra le autorita' competenti per la qualita' dell'aria e le autorita'
competenti per tali settori;
b) assicurare la sinergia tra le misure di risanamento della
qualita' dell'aria ambiente adottate in via ordinaria dalle autorita'
regionali e locali e in via complementare dalle autorita' statali,
prevedendo la competenza dello Stato ad adottare misure nazionali
qualora i piani regionali non possano permettere il raggiungimento
dei valori di qualita' dell'aria in aree influenzate, in modo
determinante, da sorgenti di emissione su cui le regioni non hanno
competenza amministrativa e legislativa o, anche in assenza di tale
condizione, qualora i contenuti delle misure siano definiti in
accordi sottoscritti dalle autorita' regionali interessate e da tutte
le autorita' statali aventi competenza sui pertinenti settori
emissivi;
c) assegnare all'Istituto superiore per la protezione e la
ricerca ambientale (ISPRA), nell'ambito del Sistema nazionale a rete
per la protezione dell'ambiente (SNPA), le funzioni relative
all'attuazione, sotto la supervisione del Ministero dell'ambiente e
della sicurezza energetica, degli obblighi della direttiva (UE)
2024/2881 in materia di preparazione e trasmissione periodica di dati
e informazioni alla Commissione europea;
d) introdurre misure di semplificazione, nella misura ammessa
dalla pertinente normativa dell'Unione europea, in relazione alle
procedure amministrative propedeutiche alla predisposizione e
all'adozione dei piani regionali di risanamento della qualita'
dell'aria;
e) prevedere, a integrazione della disciplina sulla tutela
della qualita' dell'aria ambiente, una prima disciplina sulla tutela
della qualita' dell'aria indoor, limitatamente all'introduzione di
disposizioni di dettaglio e di specificazione relative a fattispecie
in cui la tutela della qualita' dell'aria indoor e' gia' oggetto di
procedure e di obblighi nella vigente normativa» (enfasi aggiunta).
Il successivo comma 2 dispone che i decreti legislativi di
attuazione della delega in esame sono adottati previo parere della
Conferenza unificata.
Infine, il comma 3 reca un'esplicita clausola di invarianza
finanziaria rivolta al legislatore delegato, stabilendo che
dall'attuazione della delega «non devono derivare nuovi o maggiori
oneri per la finanza pubblica» e precisando che «le amministrazioni
competenti provvedono ai relativi adempimenti con le risorse umane,
strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente».
2. - Per comprendere appieno la portata (che non si stenta a
definire «epocale») e la complessita' davvero estrema che
caratterizza le opzioni normative e le finalita' «di sistema» della
delega legislativa che qui si esamina, e' necessario richiamare,
ancorche' solo per sommi capi, almeno alcuni dei contenuti piu'
significativi della direttiva (UE) 2024/2881.
La direttiva in parola - adottata, lo si segnala sin da subito,
nell'esercizio della competenza dell'Unione nel settore dell'ambiente
(cfr. la base giuridica dell'art. 192, par. 1, del TFUE) - riscrive e
riunisce in un solo testo le disposizioni recate dalla direttiva
2008/50/CE, relativa alla qualita' dell'aria ambiente e per un'aria
piu' pulita in Europa (recepita nell'ordinamento nazionale con il
d.lgs. n. 155/2010), e dalla direttiva 2004/107/CE, concernente
l'arsenico, il cadmio, il mercurio, il nickel e gli idrocarburi
policiclici aromatici nell'aria ambiente (recepita con il d.lgs. n.
152/2007).
In virtu' di tale riscrittura, le due direttive 2008/50/CE e
2004/107/CE risulteranno abrogate a decorrere dal giorno successivo
al termine per il recepimento nell'ordinamento nazionale della
direttiva in esame, ossia a partire dall'11 dicembre 2026.
L'obiettivo principale della direttiva (enunciato dall'art. 1) e'
particolarmente ambizioso, coincidendo addirittura con il
conseguimento dell'inquinamento zero, «in modo che la qualita'
dell'aria all'interno dell'Unione sia progressivamente migliorata
fino al raggiungimento di livelli non piu' considerati nocivi per la
salute umana, gli ecosistemi naturali e la biodiversita' (...)
contribuendo in tal modo a creare un ambiente privo di sostanze
tossiche entro il 2050» (enfasi aggiunta). A tal fine la direttiva,
sul modello delle discipline precedenti, stabilisce disposizioni
relative a:
la definizione e la fissazione di parametri di qualita'
dell'aria ambiente, al fine di evitare, prevenire o ridurre gli
effetti nocivi per la salute umana e per l'ambiente;
la definizione di metodi e criteri comuni per valutare la
qualita' dell'aria ambiente negli Stati membri;
il monitoraggio della qualita' dell'aria ambiente attuale e
delle tendenze a lungo termine, cosi' come degli effetti delle misure
unionali e nazionali sulla qualita' dell'aria ambiente;
il mantenimento della qualita' dell'aria ambiente, laddove
sia buona, e il suo miglioramento negli altri casi.
La direttiva precisa, all'art. 3, che i succitati parametri di
qualita' dell'aria (valori-limite, valori-obiettivo, obblighi di
riduzione dell'esposizione media, obiettivi di concentrazione
dell'esposizione media, livelli critici, soglie di allarme, soglie di
informazione e obiettivi a lungo termine), che figurano nell'allegato
I, sono riesaminati periodicamente in linea con le raccomandazioni
dell'Organizzazione Mondiale della Sanita' (OMS).
In coerenza con quanto era gia' previsto dalla direttiva
2008/50/CE, la direttiva in esame prevede (all'art. 6) la
zonizzazione del territorio e dispone (all'art. 8) che «in tutte le
zone classificate come al di sopra delle soglie di valutazione
stabilite per gli inquinanti di cui all'art. 7 [in base al quale le
soglie di valutazione indicate nell'allegato II si applicano al
biossido di zolfo, al biossido di azoto, agli ossidi di azoto, al
particolato (PM10 e PM2,5), al benzene, al monossido di carbonio,
all'arsenico, al cadmio, al piombo, al nichel, al benzo(a)pirene e
all'ozono nell'aria ambiente] la qualita' dell'aria ambiente e'
valutata tramite misurazioni in siti fissi».
Cio' nondimeno, una rilevante novita' in tema di monitoraggio e'
introdotta dall'art. 10, che prevede, per gli Stati membri di
maggiori dimensioni (come l'Italia), l'obbligo di istituire i c.d.
«supersiti di monitoraggio», secondo le seguenti indicazioni (le
quali - e' appena il caso di osservare - con riferimento all'Italia,
implicano senz'altro la considerazione di livelli territoriali
evidentemente «ultra-regionali»):
almeno un supersito ogni 10 milioni di abitanti in un sito di
fondo urbano;
almeno un supersito ogni 100.000 km2 in un sito di fondo
rurale.
Altra importante novita' recata dalla direttiva e' l'introduzione
di valori-limite piu' rigorosi da rispettare entro il 2030. Per la
precisione, la direttiva prevede (all'allegato I) che:
entro l'11 dicembre 2026 (termine per il recepimento della
direttiva stessa) i valori limite da rispettare sono analoghi a
quelli previsti dalle precedenti direttive;
a partire dal 1° gennaio 2030 si applicano valori-limite
decisamente piu' severi. In particolare, sono addirittura dimezzati i
valori-limite relativi alle medie annuali e del 60% il valore-limite
previsto per il PM2,5, il cui valore-limite relativo alla media
annuale scende da 25 µg/m3 a 10 µg/m3. Inoltre, i valori-limite
giornalieri, attualmente previsti solo per il PM10 (per il quale
viene effettuata una riduzione da 50 µg/m3 a 45 µg/m3 della
concentrazione massima giornaliera e da 35 a 18 del numero massimo di
giorni di superamento nell'arco di un anno), sono previsti dalla
direttiva in esame anche per altri inquinanti, in particolare per il
PM2,5 (concentrazione massima giornaliera pari a 25 µg/m3 da non
superare per piu' di 18 giorni per anno civile) e il biossido di
azoto (NO2) (concentrazione massima giornaliera pari a 50 µg/m3 da
non superare per piu' di 18 giorni per anno civile).
Al riguardo, deve osservarsi che i nuovi valori-limite piu'
rigorosi, rispetto a quelli finora previsti, risultano maggiormente
allineati agli orientamenti dell'OMS sulla qualita' dell'aria,
benche' ancora piu' alti dei valori di riferimento dell'OMS. Infatti,
le «Linee guida globali OMS sulla qualita' dell'aria» emanate nel
2021 prevedono, ad esempio, limiti (per la media annuale) di 5 µg/m3
per il PM2,5 e di 10 µg/m3 per l'NO2. Tali valori sono esattamente la
meta' rispetto a quelli previsti dalla direttiva in esame: tuttavia,
come si e' gia' segnalato, quest'ultima prevede un'analitica
disciplina di «Riesame periodico» (art. 3) espressamente rivolta -
«al fine di conseguire gli obiettivi di cui all'art. 1» (ossia, in
primis, l'obiettivo di «inquinamento zero») - alla valutazione di
«opzioni e tempistiche per l'allineamento dei parametri di qualita'
dell'aria agli orientamenti piu' recenti dell'OMS sulla qualita'
dell'aria e i piu' recenti dati scientifici».
Meritano poi di essere considerate anche le previsioni recate
dall'art. 18, che consente la proroga del termine per il
conseguimento di determinati valori-limite. Tale disposizione,
infatti, stabilisce che, se in una determinata zona non e' possibile
raggiungere la conformita' ai valori-limite fissati per il
particolato (PM10 e PM2,5), il biossido di azoto, il benzene o il
benzo(a)pirene entro il 1° gennaio 2030, gli Stati membri possono
prorogare tale termine per la zona in questione di un periodo
giustificato da una tabella di marcia per la qualita' dell'aria (e
purche' siano soddisfatte alcune condizioni indicate dal medesimo
articolo) fino al:
a) 1° gennaio 2040, se giustificato dalle caratteristiche di
dispersione specifiche del sito, dalle condizioni al contorno
orografiche, dalle condizioni climatiche avverse, dall'apporto di
inquinanti transfrontalieri, o se le necessarie riduzioni possono
essere ottenute solo sostituendo una parte considerevole degli
impianti di riscaldamento domestici esistenti che costituiscono la
fonte di inquinamento che causa il superamento; oppure
b) 1° gennaio 2035 (termine prorogabile di ulteriori due
anni), se giustificato da proiezioni che dimostrano che, anche
tenendo conto dell'impatto previsto delle misure efficaci in materia
di inquinamento atmosferico individuate nella tabella di marcia per
la qualita' dell'aria, i valori-limite non possono essere raggiunti
entro il termine per il conseguimento.
L'art. 19 disciplina l'adozione di piani per la qualita'
dell'aria. In particolare, tale disposizione stabilisce (al par. 1)
che, se in determinate zone i livelli di inquinanti presenti
nell'aria ambiente superano un valore-limite o un valore-obiettivo
qualsiasi fissato nella sezione 1 dell'allegato I (che riporta i
valori-limite per la protezione della salute umana da rispettare
entro l'11 dicembre 2026 e quelli da raggiungere entro il 1° gennaio
2030), gli Stati membri istituiscono piani per la qualita' dell'aria
per le zone in questione che stabiliscono misure adeguate per
conseguire il valore-limite o il valore-obiettivo in questione e
mantenere il periodo di superamento il piu' breve possibile e, in
ogni caso, non superiore a 4 anni dalla fine dell'anno in cui e'
stato registrato il primo superamento. Tali piani per la qualita'
dell'aria sono predisposti il prima possibile e comunque entro 2 anni
dall'anno in cui si e' registrato il superamento di un valore-limite
o di un valore-obiettivo.
Una rilevante novita' prevista dall'art. 19 e' la previsione
delle c.d. «tabelle di marcia», al fine di aumentare l'efficacia dei
piani per la qualita' dell'aria. In particolare, il par. 4 dispone
che, se dal 1° gennaio 2026 al 31 dicembre 2029 in una zona o in
un'unita' territoriale i livelli di inquinanti superano uno qualsiasi
dei valori-limite o dei valori-obiettivo da raggiungere entro il 1°
gennaio 2030, gli Stati membri predispongono una tabella di marcia
per la qualita' dell'aria affinche' l'inquinante in questione
raggiunga i relativi valori-limite o valori-obiettivo entro il
termine stabilito. Tali tabelle di marcia per la qualita' dell'aria
sono predisposte quanto prima e comunque entro 2 anni dall'anno in
cui si e' registrato il superamento.
L'art. 20 (in linea con quanto era gia' previsto dalla direttiva
2008/50/CE) prevede invece, nelle zone in cui sussiste il rischio che
i livelli degli inquinanti superino una o piu' soglie di allarme
(previste dall'allegato I, sezione 4), l'adozione di piani d'azione a
breve termine contenenti indicazioni sui provvedimenti di emergenza
da adottare per ridurre il rischio o la durata del superamento.
Di estremo rilievo, infine, in quanto decisamente innovative,
sono le disposizioni recate dagli artt. 27 e 28 che disciplinano,
rispettivamente, l'accesso alla giustizia e il risarcimento dei danni
alla salute umana. In particolare, l'art. 28, par. 1, dispone che gli
Stati membri provvedono affinche' le persone fisiche la cui salute
subisce un danno a causa di una violazione delle norme relative ai
piani o tabelle di marcia, commessa intenzionalmente o per negligenza
dalle autorita' competenti, abbiano il diritto di chiedere e ottenere
un risarcimento per tale danno.
3. - Le disposizioni legislative contenute nell'art. 12 della
legge n. 91 del 2025, anche e proprio alla luce degli obblighi
imposti dalla direttiva europea che il legislatore nazionale si
propone di recepire, nonche' della complessita' e della varieta'
delle misure - come si e' visto, addirittura di portata «sistemica»
ed «epocale» - che si renderanno necessarie per conseguire gli
ambiziosi risultati (ad oggi inediti nell'intero panorama mondiale)
prescritti a livello sovranazionale, soprattutto con specifico
riferimento alla conclamata situazione deficitaria che da sempre e
«strutturalmente» caratterizza il raggiungimento dei previgenti (e di
gran lunga meno rigorosi) standard di qualita' dell'aria nei
territori ricompresi all'interno del c.d. «bacino padano», devono
ritenersi costituzionalmente illegittime per violazione e/o lesione
delle competenze legislative e amministrative, nonche' delle relative
prerogative finanziarie, della Regione del Veneto, nei termini e per
le ragioni che di seguito si illustrano.
I. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 12, comma 1, della legge
13 giugno 2025, n. 91, e, in particolare, del principio e criterio
direttivo specifico di cui alla lettera b), per violazione dell'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost., con riferimento alla materia
«tutela dell'ambiente e dell'ecosistema», nonche' dell'art. 118,
primo comma, Cost. e dei principi di sussidiarieta', differenziazione
e adeguatezza ivi contemplati per la corretta allocazione delle
funzioni amministrative tra gli enti territoriali della Repubblica.
I.1. - L'art. 12 della legge n. 91 del 2025 e' costituzionalmente
illegittimo, innanzitutto, con riferimento a quanto disposto con il
principio e criterio direttivo di cui al comma 1, lettera b), in
quanto, vincolando il Governo ad attribuire la competenza ad adottare
le misure di risanamento della qualita' dell'aria ambiente «in via
ordinaria» alle autorita' regionali e locali e solo «in via
complementare» alle autorita' statali e, piu' specificamente,
imponendo di esercitare la delega legislativa prevedendo la
competenza dello Stato ad adottare misure nazionali solo alla duplice
e alternativa condizione che (a) «i piani regionali non possano
permettere il raggiungimento dei valori di qualita' dell'aria in aree
influenzate, in modo determinante, da sorgenti di emissione su cui le
regioni non hanno competenza amministrativa e legislativa», ovvero
che (b), «i contenuti delle misure siano definiti in accordi
sottoscritti dalle autorita' regionali interessate e da tutte le
autorita' statali aventi competenza sui pertinenti settori emissivi»,
omette di considerare la strutturale e fisiologica inadeguatezza,
acclarata dall'esperienza degli ultimi quindici anni nella vigenza
del sistema di tutela previsto dal d.lgs. n. 155 del 2010, dei
livelli regionali e locali a garantire nel territorio del c.d.
«bacino padano» il raggiungimento degli standard di qualita'
dell'aria imposti dall'Unione europea, in assenza dell'attribuzione
«in via ordinaria» e diretta al livello sovraregionale, ossia in capo
allo Stato, di specifiche funzioni amministrative e delle correlate
responsabilita' legislative; con cio' ponendosi in palese contrasto
con la competenza legislativa di cui e' titolare in via esclusiva il
legislatore statale nella materia della «tutela dell'ambiente e
dell'ecosistema» ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost., nonche' con l'art. 118, primo comma, Cost., il quale impone al
legislatore competente in materia di standard di qualita' ambientale
di allocare le funzioni amministrative tra gli enti della Repubblica
in conformita' ai principi di sussidiarieta', differenziazione e
adeguatezza e, dunque, di allocare ordinariamente e direttamente tali
funzioni in titolarita' al livello statale in tutti i casi in cui i
livelli di governo regionale si rivelino a priori inadeguati - ovvero
allorquando, come nel caso dei territori compresi nel «bacino
padano», addirittura per «cause naturali» legate alla peculiare
conformazione orografica e alla situazione meteoclimatica di quei
territori, i livelli regionali siano «fisiologicamente» inidonei - a
fronteggiare e gestire in autonomia fenomeni la cui origine e/o
portata e/o effetti oltrepassino gli ambiti territoriali propri delle
Regioni.
In buona sostanza, la norma di delega che qui si censura pretende
di vincolare il legislatore delegato a riprodurre, senza alcuna
modifica di sorta, il modello di riparto di competenze in materia di
qualita' dell'aria a suo tempo introdotto dal d.lgs. n. 155 del 2010
in sede di attuazione della precedente direttiva 2008/50/CE «relativa
alla qualita' dell'aria ambiente e per un'aria piu' pulita in
Europa». Un modello costruito, per l'appunto, sulla competenza «in
via ordinaria» (e diretta) delle autorita' regionali e locali ad
adottare le misure necessarie a garantire la qualita' dell'aria e
sulla competenza solo «in via complementare» (e indiretta) delle
autorita' statali; un modello che, pero', soprattutto con riferimento
alla garanzia degli standard di qualita' dell'aria nei territori
ricompresi nel «bacino padano» e come meglio si dira' nel prosieguo,
si e' rivelato palesemente inefficace e inefficiente rispetto
all'obiettivo di assicurare il rispetto degli obblighi imposti a
livello sovranazionale e che, oltretutto, lo stesso legislatore
nazionale, assieme alle Amministrazioni dello Stato funzionalmente
competenti nei diversi settori coinvolti, hanno dovuto ripetutamente
contraddire (finanche in tempi recentissimi e addirittura
contestualmente all'approvazione della norma impugnata: sic!),
finendo per ammettere un dato che l'esperienza concreta dell'ultimo
quindicennio ha rivelato ormai in termini inconfutabili:
l'impossibilita' di prescindere dall'adozione «in via ordinaria» e
«diretta» di strategie complessive e di misure normative,
amministrative e finanziarie di livello sovraregionale, in
conformita' ai parametri costituzionali che si invocano in questa
sede.
I.2. - Come detto, il d.lgs. n. 155 del 2010 ha attribuito alle
Regioni e alle Province autonome la competenza «ordinaria»
all'adozione della pianificazione in materia di qualita' dell'aria ai
fini dell'individuazione delle misure necessarie ad assicurare il
rispetto dei valori-limite e dei valori-obiettivo stabiliti dal
diritto dell'Unione europea (cfr. art. 9). Persino nell'ipotesi in
cui «sulla base di una specifica istruttoria svolta da una regione o
provincia autonoma, risulti che le principali sorgenti di emissioni
aventi influenza su un'area di superamento sono localizzate in una
diversa regione o provincia autonoma», il comma 8 dello stesso art. 9
attribuisce direttamente ai soli enti regionali interessati la
responsabilita' di farsi carico - tramite appositi coordinamenti, ma
pur sempre nell'esercizio della loro autonomia - dell'adozione delle
misure necessarie ad affrontare e risolvere le problematiche inerenti
alla qualita' dell'aria, stabilendo espressamente che «devono essere
adottate da entrambe le regioni o province autonome misure coordinate
finalizzate al raggiungimento dei valori limite o al perseguimento
dei valori obiettivo», limitandosi espressamente ad affidare al
Ministero dell'ambiente il solo compito di «promuovere»
«l'elaborazione e l'adozione di tali misure nell'ambito del
Coordinamento di cui all'art. 20».
L'unico strumento di effettivo «coinvolgimento» diretto del
livello nazionale previsto dal richiamato art. 9 e' la possibilita'
residuale per gli enti regionali di «richiedere» - al ricorrere di
specifiche condizioni e con onere di «prova tecnica» a proprio carico
- l'attivazione della speciale procedura di cui al comma 9, il quale
cosi' stabilisce:
«Nel caso in cui, sulla base di una specifica istruttoria
svolta, su richiesta di una o piu' regioni o province autonome,
nell'ambito del Coordinamento di cui all'art. 20, risulti che, tutte
le possibili misure individuabili dalle regioni e dalle province
autonome nei propri piani di qualita' dell'aria non sono in grado di
assicurare il raggiungimento dei valori limite in aree di superamento
influenzate, in modo determinante, da sorgenti di emissione su cui le
regioni e le province autonome non hanno competenza amministrativa e
legislativa, si procede all'adozione di misure di carattere
nazionale. La richiesta della regione o della provincia autonoma deve
essere adeguatamente motivata sotto il profilo tecnico. In tali casi
e' convocato, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, su
richiesta del Ministero dell'ambiente, un comitato tecnico con il
compito di presentare un programma di misure di carattere nazionale
alla cui elaborazione partecipano anche i Ministeri aventi competenza
su specifici settori emissivi, quali trasporti, energia, inclusi gli
usi civili, attivita' produttive e agricoltura. Il programma e'
approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Il
comitato e' istituito senza oneri a carico dello Stato ed opera per
il tempo strettamente necessario ad elaborare il programma. Ai
soggetti che partecipano, a qualsiasi titolo, al comitato non e'
dovuto alcun compenso o rimborso spese o altro tipo di emolumento per
tale partecipazione. Per lo svolgimento di tale attivita' il
Ministero dell'ambiente si avvale del supporto dell'ISPRA e
dell'ENEA» (enfasi aggiunte).
Per parte sua, il richiamato art. 20, prevede quanto segue:
«1. E' istituito, presso il Ministero dell'ambiente, un
Coordinamento tra i rappresentanti di tale Ministero, del Ministero
della salute, di ogni regione e provincia autonoma, dell'Unione delle
province italiane (UPI) e dell'Associazione nazionale comuni italiani
(ANCI). Partecipano al Coordinamento rappresentanti dell'ISPRA,
dell'ENEA e del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) e di altre
autorita' competenti all'applicazione del presente decreto, e, su
indicazione del Ministero della salute, rappresentanti dell'Istituto
superiore di sanita', nonche', su indicazione della regione o
provincia autonoma di appartenenza, rappresentanti delle agenzie
regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente. Il
Coordinamento opera attraverso l'indizione di riunioni periodiche e
la creazione di una rete di referenti per lo scambio di dati e di
informazioni.
2. Il Coordinamento previsto dal comma 1 assicura, anche
mediante gruppi di lavoro, l'elaborazione di indirizzi e di linee
guida in relazione ad aspetti di comune interesse e permette un esame
congiunto di temi connessi all'applicazione del presente decreto,
anche al fine di garantire un'attuazione coordinata e omogenea delle
nuove norme e di prevenire le situazioni di inadempimento e le
relative conseguenze. Il Coordinamento assicura inoltre un esame
congiunto e l'elaborazione di indirizzi e linee guida in relazione ad
aspetti di comune interesse inerenti la normativa vigente in materia
di emissioni in atmosfera. (...)».
Merita ricordare, altresi', che il d.lgs. n. 155 del 2010 dava
attuazione alla delega legislativa conferita al Governo dalla legge 7
luglio 2009, n. 88 (Disposizioni per l'adempimento degli obblighi
derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee -
Legge comunitaria 2008), e che l'art. 10 di tale legge - al comma 1,
lettera d) - contemplava uno specifico principio e criterio direttivo
espressamente rivolto alle peculiarita' dei fenomeni di inquinamento
atmosferico nell'ambito dei territori del «bacino padano» e cosi'
formulato: «d) in considerazione della particolare situazione di
inquinamento dell'aria presente nella pianura padana, promuovere
l'adozione di specifiche strategie di intervento nell'area
interessata, anche attraverso un maggiore coordinamento tra le
regioni che insistono sul predetto bacino». Di una qualche
«attuazione» di tale principio e criterio di delega il d.lgs. n. 155
del 2010 non reca alcuna traccia: le sorti della «particolare
situazione» della qualita' dell'aria e il rispetto degli obblighi
imposti dal diritto sovranazionale nell'ambito dei territori del
«bacino padano» sono rimasti affidati interamente alle modalita' di
funzionamento del modello «ordinario» di riparto delle competenze
sopra descritto e, in particolare, da un lato, al «coordinamento
interregionale» imposto dall'art. 9, comma 8, dall'altro,
all'attivazione - su specifica richiesta tecnicamente motivata degli
enti regionali interessati - della speciale procedura di «soccorso
nazionale» prevista dal successivo comma 9.
I.3. - Come accennato, pero', l'esperienza del quindicennio di
vigenza del modello di riparto delle competenze disegnato dal d.lgs.
n. 155 del 2010 - che la norma di delega qui censurata impone al
Governo di riprodurre anche in sede di attuazione della nuova
direttiva (UE) 2024/2881 - ne ha rivelato palesemente e in termini
ormai inconfutabili la strutturale inadeguatezza proprio con
specifico riferimento alla «particolare situazione di inquinamento
dell'aria presente nella pianura padana» e tale inadeguatezza non
solo e' stata ripetutamente accertata in sede sovranazionale
nell'ambito delle procedure di infrazione attivate dalla Commissione
europea per violazione degli obblighi imposti dalle direttive in
materia di qualita' dell'aria e che hanno condotto fino a oggi a ben
tre sentenze di accertamento di inadempimenti della Repubblica
italiana da parte della Corte di giustizia dell'Unione europea, ma e'
stata significativamente e piu' volte riconosciuta - anche in ragione
delle pronunce sfavorevoli subite e delle procedure di infrazione a
tutt'oggi in corso - dallo stesso legislatore nazionale e dalle
Amministrazioni dello Stato a vario titolo coinvolte dai fenomeni e
dalle attivita' antropiche che incidono sulla qualita' dell'aria
ambiente, dapprima mediante la stipulazione di una serie di accordi
di programma e protocolli di intesa a partire dal 2013 e, piu'
recentemente (2023 e 2024), addirittura con alcuni specifici
interventi legislativi in sede di decretazione d'urgenza, che hanno
condotto all'adozione della delibera del Consiglio dei ministri 20
giugno 2025, con la quale e' stato approvato il Piano di azione
nazionale per il miglioramento della qualita' dell'aria
(cfr. Gazzetta Ufficiale - Serie generale - 2 agosto 2025, n. 178).
I.3.1. - Quanto alle procedure di infrazione ancora attualmente
in corso e alle sentenze sfavorevoli della Corte di giustizia UE gia'
intervenute, e' sufficiente in questa sede richiamare schematicamente
quanto segue:
con sentenza 19 dicembre 2012 (causa C-68/11), la CGUE ha
accertato che l'Italia, «avendo omesso di provvedere, per gli anni
2006 e 2007, affinche' le concentrazioni di PM10 nell'aria ambiente
non superassero, nelle 55 zone e agglomerati italiani considerati
nella diffida della Commissione europea del 2 febbraio 2009, i valori
limite fissati all'art. 5, paragrafo 1, della direttiva 1999/30/CE
del Consiglio, del 22 aprile 1999, concernente i valori limite di
qualita' dell'aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di
azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo, e' venuta meno
agli obblighi ad essa incombenti in forza di tale disposizione»;
successivamente, la Commissione europea ha avviato nei
confronti dell'Italia le procedure di infrazione n. 2014/2147, n.
2015/2043 e n. 2020/2299 per la non corretta applicazione della
direttiva 2008/50/CE, in riferimento ai superamenti continui e di
lungo periodo dei valori limite del materiale particolato PM10, del
biossido di azoto e del materiale particolato PM2,5;
con sentenza del 10 novembre 2020 (causa C-644/18), con
riferimento alla procedura di infrazione n. 2014/2147, la CGUE ha
accertato che l'Italia, «avendo superato in maniera sistematica e
continuata, i valori limite [giornaliero e annuale] applicabili alle
concentrazioni di particelle PM10, superamento che e' tuttora in
corso», in una serie di zone del territorio italiano delle Regioni
Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto, Puglia, Toscana,
Sicilia, Umbria, Campania e Lazio, negli anni compresi tra il 2008 e
il 2017, «e' venuta meno all'obbligo sancito dal combinato disposto
dell'art. 13 e dell'allegato XI della direttiva 2008/50/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio»; inoltre, «non avendo adottato, a
partire dall'11 giugno 2010, misure appropriate per garantire il
rispetto dei valori limite fissati per le concentrazioni di
particelle PM10 in tutte tali zone, e' venuta meno agli obblighi
imposti dall'art. 23, paragrafo 1, della direttiva 2008/50, letto da
solo e in combinato disposto con l'allegato XV, parte A, di tale
direttiva, e, in particolare, all'obbligo previsto all'art. 23,
paragrafo 1, secondo comma, di detta direttiva, di far si' che i
piani per la qualita' dell'aria prevedano misure appropriate
affinche' il periodo di superamento dei valori limite sia il piu'
breve possibile» (enfasi aggiunta);
con sentenza 12 maggio 2022 (causa C-573/19), con riferimento
alla procedura di infrazione n. 2015/2043, la CGUE ha accertato che
l'Italia, «non avendo provveduto affinche' non fosse superato, in
modo sistematico e continuato, il valore limite annuale fissato per
il biossido di azoto (NO2)», in una serie di zone del territorio
italiano delle Regioni, Piemonte, Lombardia, Liguria, Toscana, Lazio
e Sicilia, negli anni compresi tra il 2010 e il 2018, «e' venuta meno
agli obblighi ad essa incombenti in forza del combinato disposto
dell'art. 13, paragrafo 1, e dell'allegato XI della direttiva
2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio
2008, relativa alla qualita' dell'aria ambiente e per un'aria piu'
pulita in Europa, e, non avendo adottato, a partire dall'11 giugno
2010, misure appropriate per garantire il rispetto del valore limite
annuale fissato per il NO2 in tutte le suddette zone e, in
particolare, non avendo provveduto affinche' i piani per la qualita'
dell'aria prevedessero misure appropriate affinche' il periodo di
superamento di detto valore limite fosse il piu' breve possibile, e'
venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell'art. 23,
paragrafo 1, di tale direttiva, letto da solo e in combinato disposto
con l'allegato XV, punto A, di quest'ultima» (enfasi aggiunta);
da ultimo, in data 13 marzo 2024, in relazione all'esecuzione
della sentenza 10 novembre 2020 e quindi nell'ambito della procedura
di infrazione n. 2014/2147 concernente i superamenti dei limiti
giornaliero e annuale stabiliti per le concentrazioni del materiale
particolato PM10, la Commissione europea ha inviato alle Autorita'
italiane una lettera di messa in mora ai sensi dell'art. 260, par. 2,
del TFUE, prefigurando un nuovo ricorso alla CGUE per l'accertamento
della mancata corretta esecuzione della sentenza e la relativa
condanna al pagamento delle conseguenti sanzioni.
I.3.2. - Quanto agli accordi di programma e ai protocolli di
intesa stipulati tra le Amministrazioni dello Stato e le Regioni e
Province autonome a partire dal 2013, proprio la prima sentenza della
CGUE del 19 dicembre 2012 ha costituito il presupposto per la
stipulazione, in data 19 dicembre 2013, dell'«Accordo di programma
per l'adozione coordinata e congiunta di misure per il miglioramento
della qualita' dell'aria nel Bacino Padano» (doc. 3). La sola lettura
delle premesse di tale Accordo, unita alla considerazione delle Parti
che lo hanno sottoscritto (ben 5 Ministri e i 7 Presidenti delle
Regioni/Province autonome del Bacino Padano), rivelano in termini di
immediata evidenza quanto qui si sostiene, ossia che fin dall'anno
2013 le Amministrazioni dello Stato a vario titolo competenti nei
settori interessati dai fenomeni di inquinamento atmosferico erano
pienamente consapevoli:
a) dell'assoluta peculiarita' della situazione del «bacino
padano» in relazione ai fenomeni naturali e antropici incidenti sulla
qualita' dell'aria ambiente, ossia alla formazione e all'accumulo
nell'aria degli inquinanti e, in particolare, del materiale
particolato (c.d. «inquinanti secondari»);
b) della «naturale» insufficienza a fronteggiare tali
fenomeni delle azioni degli enti regionali territorialmente
interessati, senza che a tali enti potesse essere addebitato e
contestato un qualche inadempimento rispetto alle ordinarie funzioni
pubbliche loro attribuite;
c) della «speculare» e del tutto «fisiologica» esigenza di
adottare interventi addizionali da parte delle Amministrazioni
statali, senza che tali interventi potessero in alcun modo essere
ricondotti allo strumento dei «poteri sostitutivi» previsti per i
casi di inadempimento degli enti territoriali, soprattutto nelle
ipotesi di violazione (gia' accertata o in corso di accertamento)
degli obblighi imposti dal diritto sovranazionale.
Al riguardo, meritano di essere riportati testualmente, per la
loro chiarezza, alcuni tra i passaggi piu' significativi delle
premesse dell'Accordo di programma in questione:
«(... );
Ritenuto che sussista (...) la straordinaria necessita' di
adottare interventi addizionali rispetto a quelli fino ad oggi
previsti al fine di prevenire e fronteggiare tempestivamente i
superamenti dei valori limite di concentrazione atmosferica del
materiale particolato PM10 registrati a partire dal 2005 su oltre
cinquanta zone del territorio nazionale, ubicate in quindici Regioni
e Province autonome, situazione a cui e' associabile un elevato
rischio sanitario per la popolazione esposta;
Considerato che tali superamenti interessano, in molti casi,
zone ubicate nel Bacino Padano;
Considerato che le Regioni e Province autonome del Bacino
Padano presentano specifiche condizioni orografiche e meteoclimatiche
(in relazione alla scarsita' dei venti, alle condizioni di stabilita'
atmosferica e all'instaurarsi di frequenti situazioni di inversione
termica), a causa delle quali e' favorita la formazione e l'accumulo
nell'aria di inquinanti, con particolare riferimento a quelli
secondari quali le polveri sottili, e si producono situazioni di
inquinamento particolarmente diffuse;
Considerato che le particolari condizioni orografiche e
meteoclimatiche delle Regioni e Province autonome del Bacino Padano
rendono difficile il conseguimento del rispetto dei valori limite di
qualita' dell'aria, specialmente se manca uno stretto coordinamento
tra i diversi soggetti interessati;
Considerato che le particolari condizioni del Bacino Padano
sono state portate in piu' occasioni all'attenzione della Commissione
europea;
Considerato che, anche per tali motivi, i vigenti piani
regionali di qualita' dell'aria non risultano ad oggi sufficienti,
nelle zone del Bacino Padano, ad assicurare il rispetto dei valori
limite di qualita' dell'aria per il materiale particolato PM10;
Visto l'art. 10, comma 1, lettera d) della legge comunitaria
n. 88/2009 che prevede l'adozione di specifiche strategie di
intervento nel Bacino Padano in materia di inquinamento atmosferico;
Considerato che le Regioni e Province autonome del Bacino
Padano, nel prospettare l'impossibilita' di rispettare i valori
limite di qualita' dell'aria nei tempi previsti dalle norme
comunitarie per il materiale particolato PMI10, hanno richiesto
all'amministrazione statale di adottare misure nazionali volte a
promuovere il processo di raggiungimento di tali valori limite;
(...);
Considerato che il processo di raggiungimento dei valori
limite per il materiale particolato PM10 richiede un intervento
coordinato delle Regioni e delle Province autonome del Bacino Padano
e delle amministrazioni statali, diretto ad assicurare la
realizzazione omogenea e congiunta di misure di breve, medio e lungo
periodo;
Considerato che un intervento coordinato permettera' di
assicurare alle Regioni e Province autonome del Bacino Padano
indirizzi, strumenti e valutazioni da utilizzare come presupposto per
l'adozione di nuove e piu' efficaci misure da inserire nei propri
piani di qualita' dell'aria e permettera', al contempo, di
individuare le ulteriori azioni di competenza statale e regionale
utili al processo di raggiungimento dei valori limite;
Vista la riunione tenutasi il 23 luglio 2013 presso il
Ministero dell'ambiente, nel corso della quale i Ministri aventi
competenza sui settori che producono emissioni in atmosfera hanno
espresso avviso favorevole all'avvio di una nuova e piu' determinata
strategia a livello nazionale, che si integri con l'azione intrapresa
dalle Regioni e Province autonome del Bacino Padano al fine di
individuare le iniziative da assumere per risolvere il contenzioso
comunitario in corso;
(... )» (enfasi aggiunte).
Sulla base di tali premesse, le Parti dell'Accordo si impegnavano
a intervenire in alcuni settori «individuati tra quelli maggiormente
responsabili delle emissioni inquinanti: a) combustione di biomasse;
b) trasporto merci; c) trasporto passeggeri; d) riscaldamento civile;
e) industria e produzione di energia; f) agricoltura», in particolare
mediante l'adozione delle necessarie «misure di carattere normativo,
programmatico e finanziario», analiticamente articolate in specifici
impegni espressamente assunti dal Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare, dal Ministero dello sviluppo
economico, dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dal
Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, dal
Ministero della salute, nonche' dalle stesse Regioni e Province
autonome del Bacino Padano.
L'esperienza degli accordi e della fisiologica «presa in carico»
da parte delle Amministrazioni dello Stato delle questioni
concernenti la qualita' dell'aria, con specifico riferimento alla
peculiare situazione del «bacino padano», ha avuto importanti seguiti
anche negli anni successivi al 2013 e fino ai giorni nostri, con un
andamento addirittura incrementale in termini di «ordinaria»
assunzione di responsabilita' al livello centrale. Tra gli atti piu'
rilevanti, al riguardo, e' possibile richiamare almeno il «Nuovo
Accordo di programma per l'adozione coordinata e congiunta di misure
per il miglioramento della qualita' dell'aria nel Bacino Padano»
(doc. 4), sottoscritto a Bologna il 9 giugno 2017 tra il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e i Presidenti
delle 4 Regioni Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto, e
costruito su premesse e impegni delle Parti in tutto analoghi a
quelli dell'Accordo del 2013; successivamente (e con una portata
senza dubbio piu' ampia e innovativa) - non a caso a seguito del
deposito presso la CGUE del ricorso contro l'Italia C-644/18 per i
superamenti dei valori limite del materiale particolato PM10 e della
decisione di deferimento alla CGUE da parte della Commissione europea
anche per i superamenti dei valori limite del biossido di azoto NO2 -
in data 4 giugno 2019 e' stato sottoscritto a Torino il «Protocollo
di intesa che istituisce il "Piano d'azione per il miglioramento
della qualita' dell'aria 2019-2021"» (doc. 5). Tra le piu'
significative peculiarita'/novita' di tale atto, si segnala
l'attivazione di una vera e propria «strategia nazionale» finalizzata
a risolvere le questioni della qualita' dell'aria in Italia e ad
assicurare l'adempimento degli obblighi europei, come dimostrano
inequivocamente: la sottoscrizione del Protocollo d'intesa da parte
del Presidente del Consiglio dei ministri e di 6 Ministri (oltre al
Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome);
l'assunzione di specifici impegni in 5 Ambiti d'intervento (Misure
trasversali, Agricoltura e combustione di biomasse, Mobilita',
Riscaldamento civile e Uscita dal carbone), tutti declinati mediante
l'individuazione analitica di azioni poste esclusivamente a carico,
in via diretta, delle Amministrazioni statali coinvolte;
l'istituzione di una apposita «Unita' di coordinamento» del Piano
d'azione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri,
espressamente finalizzata - inter alia - ad assicurare la
cooperazione delle Parti «nell'individuazione delle future strategie
nazionali nei settori [emissivi maggiormente responsabili] al fine di
garantire una maggiore tutela della qualita' dell'aria e a
partecipare congiuntamente ai periodici confronti con la Commissione
europea volti alla rappresentazione delle iniziative avviate a
livello nazionale per la riduzione dell'inquinamento atmosferico»
(art. 1, comma 2) (enfasi aggiunta).
I.3.3. - Da ultimo, negli anni piu' recenti, sulla spinta
dell'esigenza di dare esecuzione alle ricordate sentenze della CGUE
del 10 novembre 2020 e del 12 maggio 2022, nel tentativo estremo di
dare un impulso decisivo alla garanzia del corretto adempimento degli
obblighi europei in materia di qualita' dell'aria, e' intervenuto
finalmente anche il legislatore nazionale.
Dapprima, con il d.l. n. 121 del 2023 - come convertito in legge
e successivamente modificato dalla legge n. 177 del 2024 (art. 32,
comma 1) e dal d.l. n. 73 del 2025 (art. 5, comma 3-ter) - rivolto
specificamente ad autorizzare proprio le quattro principali Regioni
del «bacino padano» (Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna)
all'introduzione di misure speciali di limitazione strutturale della
circolazione stradale per alcune categorie di autoveicoli e di
veicoli commerciali, misure che, in assenza di tali previsioni
legislative statali, quelle medesime Regioni non sarebbero state
competenti a introdurre (art. 1), nonche' a prevedere direttamente
misure per lo «sviluppo del turismo di prossimita', all'aria aperta
ed ecosostenibile per l'abbattimento delle emissioni atmosferiche»
(art. 1-bis) e «misure in materia di riduzione dell'impatto
ambientale del trasporto merci su gomma tramite potenziamento del
trasporto aereo» (art. 1-ter).
Successivamente, con l'art. 14 del d.l. n. 131 del 2024 - come
convertito in legge e da ultimo modificato dal d.l. n. 25 del 2025
(art. 15-bis, comma 1) - e' stata prevista, innanzitutto,
l'approvazione con decreto interministeriale di uno specifico
programma finalizzato a promuovere la mobilita' sostenibile, dotato
delle relative risorse finanziarie annuali (per una durata massima di
60 mesi) da destinare a interventi proposti dai comuni capoluogo di
provincia con popolazione superiore ai 50.000 abitanti e dalle citta'
metropolitane ricadenti nelle zone in cui sia stato accertato - dalle
menzionate sentenze della CGUE e dalla lettera di costituzione in
mora della Commissione europea del 13 marzo 2024 - il superamento dei
valori limite di qualita' dell'aria relativi al particolato PM10 e al
biossido di azoto NO2.
In secondo luogo, ed e' cio' che piu' assume rilievo ai fini di
quanto qui si sostiene, e' stata istituita presso la Presidenza del
Consiglio dei ministri una cabina di regia (composta da un
rappresentante della stessa Presidenza del Consiglio dei ministri, da
un rappresentante per ciascuno di ben 8 Ministri coinvolti, nonche'
da un rappresentante per ciascuna delle Regioni interessate dalle
procedure di infrazione attualmente aperte), con lo specifico compito
di elaborare un «Piano di azione nazionale per il miglioramento della
qualita' dell'aria, comprensivo di cronoprogramma», destinato a
essere approvato con delibera del Consiglio dei ministri, la quale,
per espressa disposizione di legge, e' tenuta a contenere
«l'individuazione delle amministrazioni centrali, regionali e locali
cui e' demandata l'attuazione delle misure previste dal Piano
medesimo, in relazione alla natura delle misure stesse e delle
competenze delle amministrazioni interessate» (comma 6). Proprio a
tale proposito, il successivo comma 8 si preoccupa di specificare che
«Le Amministrazioni individuate nella delibera di approvazione del
Piano sono tenute ad adottare le relative misure di carattere
normativo, programmatico e, nei limiti delle risorse disponibili allo
scopo, finanziario volte ad assicurare il rispetto dei valori limite
di materiale particolato PM10 e di biossido di azoto NO2, di cui
all'allegato XI del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, anche
in accordo con gli altri enti locali interessati dall'esecuzione
della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 12
maggio 2022, relativa alla causa C-573/2019», mentre il comma 9, a
garanzia del corretto adempimento degli impegni che il Piano ponga a
carico degli enti dell'autonomia territoriale, richiama espressamente
l'istituto dei poteri sostitutivi del Governo di cui all'art. 120,
secondo comma, Cost., stabilendo che «In caso di mancata attuazione
delle misure del Piano o di scostamenti dal cronoprogramma approvato
superiori al trimestre, la cabina di regia riferisce al Consiglio dei
ministri che, con apposita deliberazione adottata su proposta del
Presidente del Consiglio dei ministri ovvero del Ministro
dell'ambiente e della sicurezza energetica, puo' anche autorizzare
l'esercizio di poteri sostitutivi ai sensi dell'art. 8 della legge 5
giugno 2003, n. 131. L'esercizio dei poteri sostitutivi di cui al
secondo periodo puo' essere deliberato, su proposta del Ministro
dell'ambiente e della sicurezza energetica, anche per la tempestiva
attuazione di misure diverse da quelle previste dal Piano e ritenute
necessarie per assicurare l'esecuzione delle decisioni della Corte di
giustizia dell'Unione europea e della lettera di costituzione in mora
della Commissione europea di cui al comma 4».
In attuazione di tale disciplina, come si e' gia' accennato, in
data 20 giugno 2025 (ossia appena una settimana dopo la promulgazione
della legge n. 91 che si sottopone in parte qua allo scrutinio di
questa Ecc.ma Corte), il Consiglio dei ministri ha approvato il
«Piano di azione nazionale per il miglioramento della qualita'
dell'aria 2025-2027» (Gazzetta Ufficiale - Serie Generale - 2 agosto
2025, n. 178), articolato in 5 ambiti di intervento (1 trasversale, 3
tematici: Agricoltura, Mobilita', Riscaldamento civile, e 1
complementare) e con l'individuazione per ciascun ambito di
specifiche azioni operative espressamente «inquadrate in una
strategia unica e complessiva», come si legge nelle premesse dello
stesso Piano. Queste ultime recano, altresi', due importanti
precisazioni per quanto di maggior rilievo in questa sede: «La
definizione degli ambiti d'intervento e delle azioni, che ne
costituiscono la specificazione in chiave operativa, muovono dalla
consapevolezza che i fattori incidenti sulla qualita' dell'aria sono
molteplici e richiedono un'attivita' trasversale e razionale
indirizzata alla comprensione e all'individuazione dei problemi e
della loro soluzione, attraverso interventi specifici che sia
direttamente sia indirettamente possano assicurare un'aria piu'
salubre per i cittadini riducendo le emissioni atmosferiche
inquinanti. Su tale situazione operano le parti [ossia le
Amministrazioni dello Stato coinvolte], insieme alle regioni, in
ragione delle specifiche e rispettive funzioni, nel rispetto delle
competenze di ciascuna, come indicato di seguito» (enfasi aggiunte).
Come imposto dal richiamato comma 6 dell'art. 14 del d.l. n. 131
del 2024 e come ribadito dall'art. 1, comma 2, della delibera del CdM
del 20 giugno 2025, il Piano «individua per ogni misura le
amministrazioni centrali, regionali e locali cui e' demandata
l'attuazione della misura». E qui il dato che emerge con ogni
evidenza e' addirittura diametralmente opposto rispetto al modello di
riparto di competenze tra Stato e Regioni prefigurato dal principio e
criterio direttivo della delega legislativa che si censura con
l'odierno ricorso: su 29 azioni operative complessivamente previste e
ripartite sui 5 indicati ambiti di intervento, soltanto 1 (ossia
l'ultima delle «Azioni in atto complementari», consistente nella
«Incentivazione per la promozione delle tecniche agricole inerenti la
copertura delle vasche di stoccaggio rigide e flessibili ancorate ai
bordi») non contempla una o piu' Amministrazioni dello Stato come
«soggetto attuatore», assegnando tale qualifica in via esclusiva alle
«regioni del bacino padano»; per tutte le altre 28 azioni operative
previste dal Piano, tra i «soggetti attuatori» e' sempre prevista
almeno 1 Amministrazione centrale (ancorche', in alcuni casi, anche
in fisiologico abbinamento con enti dell'autonomia territoriale o con
altri enti), con cio' «certificando» in modo inconfutabile il
riconoscimento da parte degli stessi organi dello Stato della
indispensabilita' di un ruolo diretto e di «prima linea» del livello
sovraregionale nell'assunzione di responsabilita' operative - e non
solo di «soccorso complementare» - nella gestione dei fenomeni di
inquinamento atmosferico e nella predisposizione e attuazione delle
strategie complessive necessarie ad assicurare la qualita' dell'aria
ambiente sul territorio nazionale.
I.4. - Alla luce di tutto quanto fin qui esposto, emerge con
chiarezza che il vincolo imposto al legislatore delegato dal
principio e criterio direttivo della delega legislativa che si
censura in questa sede, concernente l'attribuzione della competenza
ad adottare le misure di risanamento della qualita' dell'aria
ambiente «in via ordinaria» alle autorita' regionali e locali e solo
«in via complementare» alle autorita' statali, con specifico
riferimento alla peculiare situazione dei territori ricompresi nel
«bacino padano», viola palesemente le evocate norme costituzionali
che regolano il riparto delle funzioni legislative e amministrative e
che impongono al legislatore statale di farsi carico «ordinariamente»
delle proprie responsabilita' nell'esercizio della potesta'
legislativa esclusiva nella materia della «tutela dell'ambiente e
dell'ecosistema» di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost. e di allocare - altrettanto «ordinariamente» - al livello
sovraregionale (anche mediante opportuni trattamenti differenziati
tra enti dello stesso tipo) le funzioni amministrative per le quali
le Regioni risultino strutturalmente inadeguate, ai sensi dell'art.
118, primo comma, Cost.
In altri termini, la censurata norma di delega e'
costituzionalmente illegittima, per gli illustrati profili, nella
parte in cui non vincola il Governo a prevedere la competenza «in via
ordinaria» e «diretta» degli organi di livello statale in tutti i
casi in cui, come accade per i territori del «bacino padano», i
fenomeni di inquinamento atmosferico che incidono sugli standard di
qualita' dell'aria stabiliti dalla direttiva (UE) 2024/2881
richiedano necessariamente - per le loro stesse caratteristiche
«naturali» - l'adozione di interventi pubblici normativi,
amministrativi e finanziari di livello e dimensione ultraregionale.
II. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 12, comma 1, della
legge 13 giugno 2025, n. 91, e, in particolare, del principio e
criterio direttivo specifico di cui alla lettera b), per violazione
degli artt. 3, 97 e 117, primo comma, Cost., con contestuale lesione
indiretta delle competenze legislative e amministrative regionali di
cui agli artt. 117, terzo e quarto comma, Cost. e 118 Cost.
II.1. - L'art. 12 della legge n. 91 del 2025 e'
costituzionalmente illegittimo, sempre con riferimento a quanto
disposto con il principio e criterio direttivo di cui al comma 1,
lettera b), e per le medesime ragioni e nei medesimi termini indicati
nella censura che precede, anche da un ulteriore e distinto punto di
vista. Tale previsione, infatti, impedisce alle Regioni
territorialmente ricomprese nel c.d. «bacino padano», ma anche allo
stesso Stato in relazione a quella parte del territorio nazionale, in
termini palesemente irrazionali e in contrasto con il principio di
buon andamento dell'amministrazione, di conseguire i risultati
imposti dalla direttiva (UE) 2024/2881 del Parlamento europeo e del
Consiglio «relativa alla qualita' dell'aria ambiente e per un'aria
piu' pulita in Europa», con l'effetto che, in ragione dei suddetti
vizi di legittimita' costituzionale, quelle Regioni (e tra esse la
Regione odierna ricorrente) risulteranno di fatto costrette a
esercitare le proprie competenze legislative e amministrative - inter
alia nelle materie della «tutela della salute», della «produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», del governo del
territorio, nonche' dell'«agricoltura» e del «trasporto pubblico
locale» - in modo costituzionalmente illegittimo e ad assumerne le
relative responsabilita'. In altre parole, il vincolo imposto al
legislatore delegato ad allocare e distribuire tra lo Stato e le
Regioni le funzioni concernenti il risanamento della qualita'
dell'aria ambiente nei territori compresi nel «bacino padano» in modo
palesemente irrazionale e strutturalmente inadeguato a garantire il
rispetto degli obblighi imposti dal diritto dell'Unione europea con
la direttiva di cui la delega disciplina l'attuazione nel nostro
ordinamento si pone direttamente in contrasto con gli artt. 3, 97 e
117, primo comma, Cost., determinando, al tempo stesso, la lesione
indiretta delle evocate competenze legislative e amministrative della
Regione del Veneto, dal momento che le imporrebbe di esercitare le
suddette competenze in termini a loro volta costituzionalmente
illegittimi.
II.2. - La presente censura, come si puo' agevolmente
comprendere, si fonda sui medesimi presupposti di quella sopra
illustrata, ponendo pero' all'attenzione di questa Ecc.ma Corte la
violazione diretta di parametri costituzionali sostanziali, anziche'
competenziali, ovviamente con la doverosa esigenza di argomentare la
legittimazione della odierna ricorrente a proporre una siffatta
questione.
Come si conta di aver ampiamente mostrato nelle pagine che
precedono, l'esperienza del modello di riparto delle competenze tra
Stato e Regioni in materia di qualita' dell'aria disegnato dal d.lgs.
n. 155 del 2010 - di cui la censurata norma di delega pretende di
imporre al Governo la riproduzione senza modifiche - ne ha rivelato,
in piu' sedi e a piu' riprese, la strutturale e conclamata
inadeguatezza ad assicurare la conformita' agli standard imposti dal
diritto dell'Unione europea, particolarmente con specifico
riferimento ai territori del «bacino padano»; e proprio la
riconosciuta inadeguatezza di quel modello, come si e' visto, ha
condotto da piu' di un decennio alla inesorabile affermazione di un
sistema alternativo, nel quale tanto il legislatore nazionale, quanto
le Amministrazioni dello Stato a vario titolo coinvolte, si sono
progressivamente fatti carico di intervenire direttamente assumendosi
responsabilita' in tutto e per tutto «ordinarie», mediante l'adozione
di misure normative, amministrative e finanziarie specificamente
rivolte a perseguire l'allineamento della situazione italiana
concernente la qualita' dell'aria al vigente diritto dell'Unione e
tutt'altro che riconducibili a una qualche forma di «sostituzione»
degli enti regionali coinvolti in ragione di eventuali (e mai neppure
ipotizzati) «inadempimenti» loro imputabili rispetto agli obblighi
europei.
Orbene, in un simile contesto, e' del tutto evidente che la
pretesa della censurata norma di delega di riprodurre ut est un
sistema di riparto di competenze quale quello del d.lgs. n. 155 del
2010, e di farlo a dispetto della sua documentata inefficacia e della
intrinseca irrazionalita' gia' inconfutabilmente acclarate rispetto
agli obiettivi (assai meno rigorosi) imposti dalla precedente
direttiva 2008/50/CE, a maggiore e piu' specifica ragione in
relazione ai territori del «bacino padano», si pone direttamente in
contrasto non solo con l'art. 3 Cost. e il principio di buon
andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97 Cost., ma anche con
l'art. 117, primo comma, Cost., con riferimento ai ben piu' severi e
stringenti obblighi imposti dalla direttiva (UE) 2024/2881 che il
legislatore delegato e' oggi chiamato a recepire.
In buona sostanza, a fronte della «sfida epocale» che la nuova
direttiva europea sottopone alle strategie attuative degli Stati
membri che dovrebbero condurre al perseguimento (entro i termini
stabiliti dal legislatore dell'Unione) addirittura dell'obiettivo
dell'inquinamento zero, non si e' affatto lontani della realta' se si
afferma che il principio di delega qui censurato, in modo
evidentemente privo di qualunque razionalita', costituisce una vera e
propria «garanzia a rovescio», ossia la garanzia che l'esercizio del
potere legislativo delegato al Governo - nei termini imposti dal
legislatore delegante - non potra' giammai assicurare il corretto
adempimento degli obblighi europei.
Anche dal punto di vista qui esaminato, pertanto, la censurata
norma di delega e' costituzionalmente illegittima nella parte in cui
non vincola il Governo a prevedere la competenza «in via ordinaria» e
«diretta» degli organi di livello statale in tutti i casi in cui,
come accade per i territori del «bacino padano», i fenomeni di
inquinamento atmosferico che incidono sugli standard di qualita'
dell'aria stabiliti dalla direttiva (UE) 2024/2881, richiedano
necessariamente - per le loro stesse caratteristiche «naturali» -
l'adozione di interventi pubblici normativi, amministrativi e
finanziari di livello e dimensione ultraregionale.
II.3. - Quanto alla legittimazione dell'odierna ricorrente a
prospettare in sede di ricorso ex art. 127 Cost. la violazione dei
richiamati parametri costituzionali sostanziali, non occorre spendere
molte parole per dimostrare come i vizi denunciati ridondino
senz'altro nella lesione indiretta delle competenze legislative e
amministrative che la Costituzione riconosce alle Regioni.
E' sufficiente considerare che le politiche e le misure
necessarie ad assicurare gli standard di qualita' dell'aria stabiliti
dalla direttiva europea, ancorche' riferibili senz'altro alla tutela
dell'ambiente in ragione del fine ultimo che perseguono e della
ontologica trasversalita', investono e soprattutto implicano
innegabilmente, in termini addirittura imprescindibili, l'esercizio
di competenze normative riconducibili ad ambiti materiali di sicura
legislazione regionale, quali, tra gli altri, la «tutela della
salute», la «produzione, trasporto e distribuzione nazionale
dell'energia» e il governo del territorio, affidati alla competenza
concorrente di cui all'art. 117, terzo comma, Cost., nonche' ad
ambiti quali l'«agricoltura» e il «trasporto pubblico locale»,
affidati alla competenza residuale di cui all'art. 117, quarto comma,
Cost. E non diversamente accade in relazione alle funzioni
amministrative, laddove, oltre evidentemente alle necessarie funzioni
di livello nazionale gia' piu' volte richiamate nel presente ricorso,
un'ampia molteplicita' di funzioni si rivela adeguatamente allocabile
in capo alle Regioni, in piena conformita' a quanto prescritto
dall'art. 118, primo comma, Cost.
Alla luce di tali elementi, e' del tutto evidente che la
illegittimita' costituzionale della censurata norma di delega per
contrasto con gli artt. 3, 97 e 117, primo comma, Cost., sotto i
profili sopra esposti, e' destinata a determinare inevitabilmente una
lesione indiretta delle evocate competenze legislative e
amministrative della Regione odierna ricorrente, se non altro perche'
quest'ultima si troverebbe costretta a esercitare quelle competenze
adottando propri atti che risulterebbero viziati da illegittimita'
derivata per violazione di quei medesimi parametri costituzionali.
III. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 12, comma 2, della
legge 13 giugno 2025, n. 91, per violazione del principio di leale
collaborazione di cui agli artt. 5 e 120, secondo comma, Cost.
III.1. - L'art. 12 della legge n. 91 del 2025 e'
costituzionalmente illegittimo anche con specifico e autonomo
riferimento alla previsione del comma 2, in quanto la norma di
delega, nonostante le molteplici interferenze con le competenze
regionali non risolvibili mediante il criterio della prevalenza del
legislatore statale, prescrive, per l'adozione dei decreti
legislativi delegati attuativi, una forma inadeguata di raccordo con
le Regioni quale il mero parere della Conferenza unificata, anziche'
l'intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, ossia la sola forma di
raccordo collaborativo idonea a realizzare quel confronto reale e
autentico con le autonomie regionali che la giurisprudenza di questa
Ecc.ma Corte considera necessario, in simili casi, per contemperare
la incisione e la conformazione delle loro competenze.
III.2. - Premesso che nel corso dell'iter di formazione della
disciplina di delega qui censurata non e' stata attivata alcuna forma
di collaborazione con il sistema delle autonomie regionali, dal
momento che la Conferenza Stato-Regioni - Sessione Europea ha potuto
esprimere il proprio parere, in data 17 ottobre 2024, solo sul d.d.l.
originario predisposto dal Governo e che il testo dell'attuale art.
12 con la delega legislativa per il recepimento della direttiva (UE)
2024/2881 e' stato introdotto solo nel corso della prima lettura da
parte del Senato su proposta della IV Commissione in data 25 febbraio
2025, con il comma 2 oggetto della prospettata questione di
legittimita' costituzionale il legislatore delegante ha espressamente
previsto che «I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati
previo parere della Conferenza unificata di cui all'art. 8 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281».
Tale previsione, pur espressione del riconoscimento dell'esigenza
di introdurre una qualche forma di collaborazione tra il Governo e il
sistema delle autonomie territoriali (nel suo insieme) in sede di
concreto esercizio della delega legislativa in esame, si rivela
costituzionalmente illegittima per violazione del principio di leale
collaborazione di cui agli artt. 5 e 120, secondo comma, Cost., dal
momento che omette palesemente di considerare la peculiare posizione
degli enti regionali e le competenze costituzionali di questi ultimi
che risultano inevitabilmente coinvolte nell'adozione delle politiche
e delle misure necessarie a garantire gli standard di qualita'
dell'aria stabiliti a livello europeo, tanto sotto il profilo della
sede collaborativa individuata (la Conferenza Unificata, anziche' la
Conferenza Stato-Regioni), quanto - e ancor piu' - sotto il profilo
della intensita' della forma di collaborazione prescelta (il mero
parere, anziche' l'intesa).
La Regione del Veneto e' ben consapevole che la consolidata
giurisprudenza di questa Ecc.ma Corte e' prevalentemente orientata
nel senso di escludere, in linea di principio, l'applicazione del
principio di leale collaborazione in sede di adozione degli atti
legislativi statali, ossia la «necessita'» che nell'iter di
formazione di tali atti - «nella perdurante assenza di una
trasformazione delle istituzioni parlamentari e, piu' in generale,
dei procedimenti legislativi» - siano previste adeguate forme di
raccordo collaborativo a garanzia soprattutto delle attribuzioni
costituzionali delle autonomie regionali.
Cio' nondimeno, proprio con riferimento all'adozione dei decreti
legislativi, questa stessa Corte, a partire dalla notissima sent. n.
251 del 2016, ha avuto modo di affermare a chiare lettere che «la'
dove, tuttavia, il legislatore delegato si accinge a riformare
istituti che incidono su competenze statali e regionali,
inestricabilmente connesse, sorge la necessita' del ricorso
all'intesa. Quest'ultima si impone, dunque, quale cardine della leale
collaborazione anche quando l'attuazione delle disposizioni dettate
dal legislatore statale e' rimessa a decreti legislativi delegati,
adottati dal Governo sulla base dell'art. 76 Cost.», i quali
«finiscono, infatti, con l'essere attratti nelle procedure di leale
collaborazione, in vista del pieno rispetto del riparto
costituzionale delle competenze» (enfasi aggiunta). E proprio sulla
base di tale ricostruzione, nella richiamata sent. n. 251 del 2016,
e' stata dichiarata la illegittimita' costituzionale di alcune
disposizioni della legge di delega n. 124 del 2015 oggetto di
scrutinio, nella parte in cui esse - cosi' come accade nell'odierno
giudizio - prevedevano che il Governo adottasse i relativi decreti
legislativi attuativi previo parere della Conferenza Unificata,
anziche' previa intesa, in alcuni casi della Conferenza Stato-Regioni
e in alcuni casi della stessa Conferenza Unificata.
III.3. - Orbene, a fondamento di tutte le declaratorie di
illegittimita' costituzionale appena menzionate questa Corte ha posto
con chiarezza l'emersione, in quei casi, di un «palese» «concorso di
competenze, inestricabilmente connesse, nessuna delle quali si rivela
prevalente, ma ciascuna delle quali concorre alla realizzazione
dell'ampio disegno di riforma» prefigurato dalla disciplina della
delega legislativa in questione, ossia di una situazione in cui
l'esercizio del potere affidato al legislatore delegato doveva
ritenersi caratterizzato da «molteplici interferenze con le
competenze regionali non risolvibili mediante il criterio della
prevalenza del legislatore statale».
Si tratta di una situazione che trova piena corrispondenza anche
con riguardo alla delega legislativa di cui qui si discute.
E' pur vero che la disciplina recata dalla nuova direttiva
europea sulla qualita' dell'aria ambiente 2024/2881 puo' essere
agevolmente ricondotta alla competenza dell'Unione nel settore
dell'ambiente, anche in forza della esplicita base giuridica che la
stessa direttiva individua nell'art. 192, par. 1, del TFUE; ma e'
altrettanto vero che costituirebbe una palese quanto superficiale
forzatura ritenere che, per cio' solo, anche l'attuazione di tale
direttiva nell'ordinamento degli Stati membri - e, dunque,
l'individuazione delle strategie, degli strumenti e delle misure
concretamente chiamate ad assicurare la conformita' agli standard di
qualita' dell'aria imposti dal legislatore europeo - possano essere
ascritte sic et simpliciter, ancorche' solo in base al criterio di
una asserita «prevalenza», alla competenza legislativa esclusiva che
l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. attribuisce al
legislatore statale.
In realta', come dimostra anche la pluridecennale esperienza di
cui si e' dato rapidamente conto supra a proposito della prima
questione sollevata, in materia di qualita' dell'aria si configura
una netta e imprescindibile distinzione che vede, da un lato, le
discipline che fissano gli standard da rispettare e i risultati da
conseguire, i parametri di controllo e di misurazione per le
necessarie verifiche di conformita', nonche' le tempistiche e gli
aggiornamenti al progresso tecnico-scientifico, ossia, in buona
sostanza, gli «obiettivi di tutela ambientale» e tutto cio' che
occorre per accertarne progressivamente il raggiungimento;
dall'altro, pero', quelle medesime discipline - di per se'
riconducibili senz'altro alla «tutela dell'ambiente - richiedono
necessariamente, pena la loro sicura inefficacia e ineffettivita',
l'attivazione di politiche strategiche di straordinaria varieta' e
complessita' che investano, con appositi strumenti e misure
appropriate rivolte specificamente alla innegabile molteplicita' dei
fattori che incidono sulla qualita' dell'aria, i piu' vasti campi
delle attivita' antropiche produttive di emissioni in atmosfera,
dispiegandosi dalle attivita' industriali e commerciali, alla
produzione e al consumo di energia, alle attivita' agricole, alla
mobilita' e alla intermodalita' dei trasporti, al
riscaldamento/raffreddamento degli ambienti civili, all'assetto
urbanistico del territorio, oltre ovviamente alla sanita' pubblica,
al turismo, alla ricerca scientifica e all'innovazione tecnologica.
D'altra parte, che una simile «constatazione» non sia riconducibile a
una mera «opinione» di parte, ma possa ritenersi pienamente condivisa
finanche dallo stesso legislatore delegante, e' dimostrato dalla
formulazione testuale del principio e criterio direttivo di cui allo
stesso art. 12, comma 1, lettera a), il quale impone espressamente al
Governo di «assicurare la sinergia tra le azioni relative al
risanamento della qualita' dell'aria ambiente e le azioni relative ai
settori che interessano le piu' importanti fonti emissive, prevedendo
le necessarie misure di integrazione e di coordinamento tra gli atti
di pianificazione e di programmazione in materia di qualita'
dell'aria e quelli in materia di trasporti, mobilita', energia,
industria, efficienza energetica e agricoltura, nonche' prevedendo
sedi e procedure istituzionali per l'impulso e il coordinamento di
un'azione condivisa, a livello territoriale e a livello nazionale,
tra le autorita' competenti per la qualita' dell'aria e le autorita'
competenti per tali settori» (enfasi aggiunta).
Come si vede, dunque, mentre non e' affatto difficile ricondurre
la disciplina dettata dal legislatore europeo con la direttiva in
parola alla competenza in materia di ambiente, e' tutt'altro che
scontato - e, anzi, senz'altro scorretto proprio in forza della
inderogabilita' degli standard, degli obiettivi e dei parametri di
qualita' dell'aria gia' stabiliti dalla vigente normativa europea -
ritenere che la disciplina normativa affidata al legislatore delegato
italiano per il recepimento e l'attuazione di quella direttiva possa
essere ricondotta a una supposta «prevalenza» della competenza
ambientale esclusiva del legislatore statale, configurandosi, tutt'al
contrario, proprio quell'inestricabile intreccio di competenze
legislative dello Stato e delle Regioni non risolvibili mediante
l'evocato criterio di prevalenza, che, come si e' visto, costituisce
il presupposto che ha gia' consentito a questa Ecc.ma Corte di
ritenere fondate questioni di legittimita' costituzionale del tutto
analoghe a quella che si sottopone all'odierno giudizio.
III.4. - La incostituzionalita' del censurato comma 2 dell'art.
12 della legge n. 91 del 2025 nei termini esposti e' lamentata
indipendentemente e in via autonoma rispetto all'esito del giudizio
sulle prime due questioni aventi a oggetto il comma 1, lettera b),
prescindendo, come si conta di aver dimostrato nell'illustrazione
della presente censura, dall'auspicato accoglimento di tali
questioni. Cio' nondimeno, merita osservare fin da ora che anche
nella denegata ipotesi in cui questa Ecc.ma Corte dovesse ritenere di
definire il giudizio con una pronuncia di rigetto di quelle
questioni, la illegittimita' costituzionale del comma 2 per i profili
qui denunciati permarrebbe senz'altro e, anzi, risulterebbe ancora
piu' evidente e finanche macroscopica. E' innegabile, infatti, che
nel caso in cui fosse esclusa la incostituzionalita' del principio e
criterio direttivo di cui al comma 1, lettera b), il vincolo ad
adottare i decreti legislativi attuativi prevedendo la competenza «in
via ordinaria» delle autorita' regionali e locali per le misure di
risanamento della qualita' dell'aria ambiente, a fronte di una
competenza solo «in via complementare» delle autorita' statali (alla
sola duplice e alternativa condizione della «insufficienza» dei piani
regionali o della sottoscrizione di accordi sottoscritti dalle
autorita' regionali interessate e da tutte le autorita' statali
competenti nei settori emissivi coinvolti), rivelerebbe per tabulas
la sicura inadeguatezza a garantire il riparto costituzionale delle
competenze tra Stato e Regioni della forma collaborativa imposta
dalla norma di delega, ossia del mero parere da acquisire nella sede
della Conferenza Unificata, in luogo dell'intesa in sede di
Conferenza Stato-Regioni.
IV. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 12, comma 3, della
legge 13 giugno 2025, n. 91, per violazione degli artt. 81, terzo
comma, e 119, quarto comma, Cost., ovvero degli artt. 3, 97 e 117,
primo comma, Cost.
IV.1. - L'art. 12 della legge n. 91 del 2025, infine, e'
costituzionalmente illegittimo anche con specifico e autonomo
riferimento alla previsione del comma 3, in quanto la norma di
delega, imponendo al Governo la clausola di invarianza finanziaria
per l'adozione dei decreti legislativi attuativi, palesemente elude
l'obbligo di copertura delle spese connesse alle numerose nuove
funzioni richieste dalla corretta attuazione della direttiva (UE)
2024/2881, ponendosi in contrasto altresi' con il principio di
corrispondenza tra risorse finanziarie e funzioni che impone allo
Stato di assicurare agli enti dell'autonomia territoriale il
finanziamento integrale delle funzioni pubbliche loro attribuite (e
cio' in violazione del combinato disposto dell'art. 81, terzo comma,
e dell'art. 119, quarto comma, Cost.), ovvero, in alternativa,
pretende «effettivamente» e «seriamente» di vincolare il legislatore
delegato ad attuare gli obblighi derivanti dalla direttiva in
questione senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, con
cio', pero', irrazionalmente contraddicendo le stesse finalita'
dichiarate della delega e addirittura impedendo il corretto
adempimento di quegli obblighi (e cio' in violazione degli artt. 3,
97 e 117, primo comma, Cost.).
IV.2. - Come si e' gia' segnalato in premessa, con il comma 3
dell'art. 12 della legge n. 91 del 2025 il legislatore delegante ha
inteso vincolare il Governo mediante una esplicita clausola di
invarianza finanziaria, stabilendo espressamente che dall'attuazione
della delega «non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la
finanza pubblica» e precisando che «le amministrazioni competenti
provvedono ai relativi adempimenti con le risorse umane, strumentali
e finanziarie disponibili a legislazione vigente».
La norma in questione ha evidentemente natura speciale in
relazione al recepimento e all'attuazione della direttiva (UE)
2024/2881, con lo specifico effetto di derogare alla disciplina
generale degli oneri finanziari e delle relative modalita' di
copertura stabilita dall'art. 1, comma 3, della stessa legge n. 91
del 2025, laddove si dispone che, ferme restando per l'appunto le
clausole di invarianza finanziaria previste dalle varie disposizioni
specifiche della legge (tra le quali, per quanto qui rileva, l'art.
12, comma 3), «eventuali spese non contemplate da leggi vigenti e che
non riguardano l'attivita' ordinaria delle amministrazioni statali o
regionali possono essere previste nei decreti legislativi di cui al
comma 1 del presente articolo, nei soli limiti occorrenti per
l'adempimento degli obblighi derivanti dall'esercizio delle deleghe
di cui al medesimo comma 1. Alla relativa copertura, nonche' alla
copertura delle minori entrate eventualmente derivanti
dall'attuazione delle deleghe, laddove non sia possibile farvi fronte
con i fondi gia' assegnati alle competenti amministrazioni, si
provvede mediante riduzione del fondo per il recepimento della
normativa europea, di cui all'art. 41-bis della citata legge n. 234
del 2012. Qualora la dotazione del predetto fondo si rivelasse
insufficiente, i decreti legislativi dai quali derivino nuovi o
maggiori oneri sono emanati solo successivamente all'entrata in
vigore dei provvedimenti legislativi che stanziano le occorrenti
risorse finanziarie, in conformita' all'art. 17, comma 2, della legge
31 dicembre 2009, n. 196» (enfasi aggiunta).
Proprio l'art. 17, comma 2, della legge n. 196 del 2009, d'altra
parte, reca la disciplina generale di riferimento per la copertura
degli oneri finanziari nei casi di deleghe legislative: «Le leggi di
delega comportanti oneri recano i mezzi di copertura necessari per
l'adozione dei relativi decreti legislativi. Qualora, in sede di
conferimento della delega, per la complessita' della materia
trattata, non sia possibile procedere alla determinazione degli
effetti finanziari derivanti dai decreti legislativi, la
quantificazione degli stessi e' effettuata al momento dell'adozione
dei singoli decreti legislativi. I decreti legislativi dai quali
derivano nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente
all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le
occorrenti risorse finanziarie. A ciascuno schema di decreto
legislativo e' allegata una relazione tecnica, predisposta ai sensi
del comma 3, che da' conto della neutralita' finanziaria del medesimo
decreto ovvero dei nuovi o maggiori oneri da esso derivanti e dei
corrispondenti mezzi di copertura».
Anche alla luce di tali discipline generali (che avrebbero
senz'altro consentito quantomeno di assicurare la «possibilita'» di
una corretta quantificazione degli oneri derivanti dai decreti
legislativi attuativi e la loro relativa copertura finanziaria al
momento dell'esercizio del potere legislativo delegato), risulta
dunque assolutamente inequivoca la precisa volonta' della norma di
delega che qui si censura di conformare l'esercizio del potere
legislativo delegato al Governo per l'attuazione della direttiva in
parola ad adottare si' tutte le misure necessarie ad adeguare
l'ordinamento interno ai nuovi obblighi imposti dal legislatore
europeo, ma, al contempo, a farlo nella rigorosa osservanza del
vincolo dell'invarianza finanziaria, ossia senza che quelle misure
possano in alcun modo determinare nuovi o maggiori oneri per la
finanza pubblica rispetto alle risorse gia' disponibili in base alla
legislazione vigente.
IV.3. - Ora, se solo si considerano gli obiettivi addirittura
«epocali» (e, come gia' osservato supra, del tutto inediti
nell'intero panorama mondiale) ai quali la direttiva (UE) 2024/2881
collega i nuovi e assai articolati obblighi imposti agli Stati membri
in tema di garanzia della qualita' dell'aria ambiente, non e'
difficile comprendere che un effettivo adeguamento dell'ordinamento
italiano alle prescrizioni stabilite dal legislatore europeo -
soprattutto nella gia' conclamata situazione di perdurante non
conformita' rispetto agli assai meno rigorosi standard previgenti -
non e' realisticamente neppure ipotizzabile senza la congrua
previsione di nuove e maggiori risorse rispetto a quanto disposto
dalla legislazione attualmente in vigore, con l'effetto di rendere
del tutto evidente la incostituzionalita' della clausola di
invarianza finanziaria prevista dalla disposizione censurata, sotto i
due alternativi profili qui denunciati. Infatti, delle due l'una.
O si ritiene che il legislatore delegato dovra' davvero
provvedere a dare attuazione alla direttiva europea «a costo zero»,
ossia senza alcun nuovo impatto negativo sulla finanza pubblica, ma
allora risulterebbero contraddittoriamente pregiudicate in limine le
stesse finalita' della delega legislativa in questione, dal momento
che giammai l'esercizio del potere legislativo delegato potrebbe
assicurare le condizioni per l'adeguamento dell'ordinamento interno e
l'effettivo adempimento degli obblighi europei, in violazione degli
artt. 3, 97 e 117, primo comma, Cost. (con correlativa lesione
indiretta delle gia' richiamate competenze legislative e
amministrative delle Regioni, le quali, analogamente a quanto si e'
sopra argomentato a proposito della questione sub II, si troverebbero
costrette ad adottare atti di esercizio di quelle competenze che
risulterebbero inesorabilmente viziati da illegittimita' derivata
dalla incostituzionalita' dei decreti legislativi adottati dal
Governo).
Oppure si ritiene che il legislatore delegato, proprio per
assicurare il corretto ed effettivo adempimento degli obblighi
europei, potra' fisiologicamente prevedere misure che, nella
sostanza, risultino in effetti produttive di nuovi impatti negativi
sulla finanza pubblica, ma in questo caso, non potendo ne'
quantificare tali nuovi o maggiori oneri, ne' tanto meno provvedere
alla loro copertura in ragione dell'esplicito vincolo imposto dalla
clausola di invarianza finanziaria stabilita dalla norma censurata,
risulterebbero evidentemente eluse - e, percio', violate - le norme
costituzionali che obbligano il legislatore statale a quella
quantificazione e a quella copertura, ossia l'art. 81, terzo comma,
Cost. e, con riferimento alla finanza degli enti territoriali e alla
garanzia costituzionale dell'integrale finanziamento delle loro
funzioni, l'art. 119, quarto comma, Cost.
P. Q. M.
La Regione del Veneto, come sopra rappresentata e difesa, chiede
che questa Ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del presente
ricorso, dichiari l'illegittimita' costituzionale dell'art. 12 della
legge 13 giugno 2025, n. 91 (Delega al Governo per il recepimento
delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione
europea - Legge di delegazione europea 2024), nei limiti e nei
termini sopra esposti. Con ossequio.
Venezia-Roma, 12 agosto 2025
Avv.ti: Quarneti - Cecchetti