Reg. Ric. n. 36 del 2025 n° parte 1
pubbl. su G.U. del 01/10/2025 n. 40

Ricorrente:Regione Veneto

Resistenti: Presidente del Consiglio dei ministri



Oggetto:

Ambiente – Inquinamento – Qualità dell’aria – Delega per il recepimento della direttiva (UE) 2024/2881 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2024, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa – Osservazione di princìpi e criteri direttivi specifici – Previsione che assicura, tra l’altro, la sinergia tra le misure di risanamento della qualità dell'aria ambiente adottate, in via ordinaria, dalle autorità regionali e locali e, in via complementare, dalle autorità statali – Previsione della competenza dello Stato ad adottare misure nazionali qualora i piani regionali non possano permettere il raggiungimento dei valori di qualità dell'aria in aree influenzate, in modo determinante, da sorgenti di emissione su cui le regioni non hanno competenza amministrativa e legislativa o, anche in assenza di tale condizione, qualora i contenuti delle misure siano definiti in accordi sottoscritti dalle autorità regionali interessate e da tutte le competenti autorità statali – Ricorso della Regione Veneto – Denunciata norma di delega che non vincola il Governo a prevedere la competenza in via ordinaria e diretta degli organi di livello statale in tutti i casi in cui, come per i territori del “bacino padano”, i fenomeni di inquinamento atmosferico, incidenti sugli standard di qualità dell’aria stabiliti dalla normativa europea, richiedono necessariamente l’adozione di interventi pubblici normativi, amministrativi e finanziari di livello ultraregionale – Contrasto con i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza – Violazione delle norme costituzionali che regolano il riparto di funzioni legislative e amministrative, che impongono al legislatore statale di farsi carico ordinariamente delle proprie responsabilità nell’esercizio della propria competenza legislative esclusiva in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.

- Legge 13 giugno 2025, n. 91, art. 12, comma 1 e, in particolare, lettera b).

- Costituzione, artt. 117, secondo comma, lettera s), e 118, primo comma; direttiva (UE) 2024/2881 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2024.

 

Ambiente – Inquinamento – Qualità dell’aria – Delega per il recepimento della direttiva (UE) 2024/2881 – Osservazione di princìpi e criteri direttivi specifici – Previsione che assicura, tra l’altro, la sinergia tra le misure di risanamento della qualità dell'aria ambiente adottate in via ordinaria dalle autorità regionali e locali e in via complementare dalle autorità statali – Previsione della competenza dello Stato ad adottare misure nazionali qualora i piani regionali non possano permettere il raggiungimento dei valori di qualità dell'aria in aree influenzate, in modo determinante, da sorgenti di emissione su cui le regioni non hanno competenza amministrativa e legislativa o, anche in assenza di tale condizione, qualora i contenuti delle misure siano definiti in accordi sottoscritti dalle autorità regionali interessate e da tutte le competenti autorità statali – Ricorso della Regione Veneto – Denunciata imposizione al legislatore delegato di un vincolo, rivolto ad allocare e distribuire tra lo Stato e le regioni le funzioni concernenti il risanamento della qualità dell’aria ambiente nei territori compresi nel “bacino padano”, irrazionale e inadeguato a garantire il rispetto degli obblighi imposti dal diritto dell’Unione europea – Violazione del principio di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione – Lesione del principio di ragionevolezza – Violazione dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario – Lesione indiretta delle competenze legislative regionali nelle materie concorrenti della tutela della salute, della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia nonché del governo del territorio” e della competenza legislativa residuale della regione in materia di trasporto pubblico locale – Contrasto con i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza

- Legge 13 giugno 2025, n. 91, art. 12, comma 1 e, in particolare, lettera b).

- Costituzione, artt. 3, 97, 117, primo, terzo e quarto comma; direttiva (UE) 2024/2881 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2024.


Ambiente – Inquinamento – Qualità dell’aria – Delega per il recepimento della direttiva (UE) 2024/2881 – Osservazione di princìpi e criteri direttivi specifici – Previsione che i decreti legislativi sono adottati previo parere della Conferenza unificata di cui all'art. 8 del d.lgs. n. 281 del 1997 – Ricorso della Regione Veneto – Denunciata norma che non prevede l’intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, quale idonea forma di raccordo collaborativo idonea a realizzare il confronto con le autonomie regionali – Lesione del principio di leale collaborazione. 

- Legge 13 giugno 2025, n. 91, art. 12, comma 2

- Costituzione, artt. 5 e 120, secondo comma.

 

Ambiente – Inquinamento – Qualità dell’aria – Delega per il recepimento della direttiva (UE) 2024/2881 – Osservazione di princìpi e criteri direttivi specifici – Previsione che dall’attuazione della delega non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica – Previsione che le amministrazioni competenti provvedono ai relativi adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente – Ricorso della Regione Veneto – Denunciata disciplina che palesemente elude l’obbligo di copertura delle spese connesse alle numerose nuove funzioni richieste dalla corretta attuazione della direttiva (UE) n. 2024/2881 – Contrasto con il principio di corrispondenza tra risorse finanziarie e funzioni che impone allo Stato di assicurare agli enti dell’autonomia territoriale il finanziamento integrale delle funzioni pubbliche loro attribuite – Lesione del principio di copertura finanziaria – Normativa che pretende di vincolare il legislatore delegato ad attuare gli obblighi derivanti dalla legislazione europea, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, irrazionalmente contraddicendo le stesse finalità dichiarate della delega e impedendo il corretto adempimento dei suddetti obblighi – Violazione dei principi di ragionevolezza e buon andamento dell’amministrazione – Violazione dai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario.

- Legge 13 giugno 2025, n. 91, art. 12, comma 3.

- Costituzione, artt. 3, 81, terzo comma, 97, 117, primo e 119, quarto comma; direttiva (UE) 2024/2881 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2024.


Norme impugnate:

legge  del 13/06/2025  Num. 91  Art. 12

legge  del 13/06/2025  Num. 91  Art. 12  Co. 1

legge  del 13/06/2025  Num. 91  Art. 12  Co. 2

legge  del 13/06/2025  Num. 91  Art. 12  Co. 3



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 81   Co.

Costituzione  Art. 97   Co.  

Costituzione  Art. 117   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

Costituzione  Art. 118   Co.

Costituzione  Art. 119   Co.

Costituzione  Art. 120   Co.

direttiva UE  Art.    Co.  




Testo dell'ricorso

                        N. 36 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 25 agosto 2025

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 25 agosto 2025 (della Regione Veneto). 
 
Ambiente  -  Inquinamento  -  Qualita'  dell'aria  -  Delega  per  il
  recepimento della direttiva (UE) 2024/2881 del Parlamento europeo e
  del  Consiglio,  del  23  ottobre  2024,  relativa  alla   qualita'
  dell'aria  ambiente  e  per  un'aria  piu'  pulita  in   Europa   -
  Osservazione di principi e criteri direttivi specifici - Previsione
  che assicura, tra l'altro, la sinergia tra le misure di risanamento
  della qualita' dell'aria ambiente adottate, in via ordinaria, dalle
  autorita'  regionali  e  locali  e,  in  via  complementare,  dalle
  autorita' statali - Previsione  della  competenza  dello  Stato  ad
  adottare misure nazionali qualora i  piani  regionali  non  possano
  permettere il raggiungimento dei valori di  qualita'  dell'aria  in
  aree influenzate, in modo determinante, da sorgenti di emissione su
  cui le regioni non hanno competenza amministrativa e legislativa o,
  anche in assenza di tale  condizione,  qualora  i  contenuti  delle
  misure siano  definiti  in  accordi  sottoscritti  dalle  autorita'
  regionali interessate e da tutte le competenti autorita' statali. 
Ambiente  -  Inquinamento  -  Qualita'  dell'aria  -  Delega  per  il
  recepimento  della  direttiva  (UE)  2024/2881  -  Osservazione  di
  principi e criteri direttivi specifici - Previsione che  i  decreti
  legislativi sono adottati previo parere della Conferenza  unificata
  di cui all'art. 8 del d.lgs. 1997, n. 281 del 1997. 
Ambiente  -  Inquinamento  -  Qualita'  dell'aria  -  Delega  per  il
  recepimento  della  direttiva  (UE)  2024/2881  -  Osservazione  di
  principi  e  criteri   direttivi   specifici   -   Previsione   che
  dall'attuazione della delega non devono derivare nuovi  o  maggiori
  oneri per la finanza pubblica - Previsione che  le  amministrazioni
  competenti provvedono ai relativi adempimenti con le risorse umane,
  strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. 
- Legge 13 giugno 2025, n. 91 (Delega al Governo per  il  recepimento
  delle direttive europee e l'attuazione di  altri  atti  dell'Unione
  europea - Legge di delegazione europea 2024), art. 12, commi 1,  in
  particolare, lettera b), 2 e 3. 


(GU n. 40 del 01-10-2025)

    Ricorso   nell'interesse   della   Regione   del   Veneto   (C.F.
80007580279), in persona del Presidente della  Giunta  regionale  pro
tempore dott. Luca Zaia, a cio' autorizzato con  deliberazione  della
Giunta regionale n. 928 del 12 agosto 2025 (doc. 1), rappresentato  e
difeso, come da procura speciale allegata al presente atto (doc.  2),
dall'avv. Giacomo  Quarneti,  avvocato  coordinatore  dell'Avvocatura
regionale     del     Veneto     (C.F.     QRNGCM77L07E730G,     PEC:
giacomo.quarneti@venezia.pecavvocati.it e  dall'avv.  prof.  Marcello
Cecchetti           (C.F.           CCCMCL65E02H501Q,            PEC:
marcello.cecchetti@firenze.pecavvocati.it del Foro  di  Firenze,  con
elezione di domicilio fisico presso  lo  studio  di  quest'ultimo  in
Roma, piazza Barberini n. 12,  nonche'  di  domicilio  digitale  agli
indirizzi PEC dei difensori sopra indicati; 
    Contro lo Stato, in persona  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri  pro-tempore,  per  la   dichiarazione   di   illegittimita'
costituzionale dell'art. 12 della legge 13 giugno 2025, n. 91 (Delega
al Governo per il recepimento delle direttive europee e  l'attuazione
di altri atti dell'Unione  europea -  Legge  di  delegazione  europea
2024), pubblicata nella  Gazzetta  Ufficiale -  Serie  Generale -  25
giugno 2025, n. 145, per violazione degli artt. 3, 81,  terzo  comma,
97, 117, primo comma, in relazione alla direttiva (UE) 2024/2881  del
Parlamento europeo e del Consiglio «relativa alla qualita'  dell'aria
ambiente e per un'aria piu' pulita in Europa»,  117,  secondo  comma,
lettera s), con riferimento  alla  materia  «tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema», 117, terzo e quarto comma, 118 e 119, quarto comma,
della Costituzione, nonche' del principio di leale collaborazione  di
cui agli artt. 5 e 120, secondo comma, della Costituzione. 
Premessa. La delega legislativa per l'attuazione della direttiva (UE)
2024/2881 del Parlamento  europeo  e  del  Consiglio  «relativa  alla
qualita' dell'aria ambiente e per un'aria piu' pulita in Europa». 
    1. - L'art. 12 della legge n. 91 del 2025, oggetto  del  presente
ricorso,  prevede  i  principi  e  criteri  direttivi  della   delega
legislativa conferita al Governo per il recepimento  della  direttiva
(UE) 2024/2881, relativa  alla  qualita'  dell'aria  ambiente  e  per
un'aria piu' pulita in Europa. 
    In particolare, il comma 1 della disposizione in esame stabilisce
che,  nell'esercizio  della  delega  il  Governo  osserva,  oltre  ai
principi e criteri direttivi generali (previsti  dall'art.  32  della
legge 24 dicembre 2012, n. 234), anche i seguenti principi e  criteri
direttivi specifici: 
        «a)  assicurare  la  sinergia  tra  le  azioni  relative   al
risanamento della qualita' dell'aria ambiente e le azioni relative ai
settori che interessano le piu' importanti fonti emissive, prevedendo
le necessarie misure di integrazione e di coordinamento tra gli  atti
di  pianificazione  e  di  programmazione  in  materia  di   qualita'
dell'aria e quelli  in  materia  di  trasporti,  mobilita',  energia,
industria, efficienza energetica e  agricoltura,  nonche'  prevedendo
sedi e procedure istituzionali per l'impulso e  il  coordinamento  di
un'azione condivisa, a livello territoriale e  a  livello  nazionale,
tra le autorita' competenti per la qualita' dell'aria e le  autorita'
competenti per tali settori; 
        b) assicurare la sinergia tra le misure di risanamento  della
qualita' dell'aria ambiente adottate in via ordinaria dalle autorita'
regionali e locali e in via complementare  dalle  autorita'  statali,
prevedendo la competenza dello Stato  ad  adottare  misure  nazionali
qualora i piani regionali non possano  permettere  il  raggiungimento
dei valori  di  qualita'  dell'aria  in  aree  influenzate,  in  modo
determinante, da sorgenti di emissione su cui le  regioni  non  hanno
competenza amministrativa e legislativa o, anche in assenza  di  tale
condizione, qualora  i  contenuti  delle  misure  siano  definiti  in
accordi sottoscritti dalle autorita' regionali interessate e da tutte
le  autorita'  statali  aventi  competenza  sui  pertinenti   settori
emissivi; 
        c) assegnare all'Istituto superiore per la  protezione  e  la
ricerca ambientale (ISPRA), nell'ambito del Sistema nazionale a  rete
per  la  protezione  dell'ambiente  (SNPA),  le   funzioni   relative
all'attuazione, sotto la supervisione del Ministero  dell'ambiente  e
della sicurezza  energetica,  degli  obblighi  della  direttiva  (UE)
2024/2881 in materia di preparazione e trasmissione periodica di dati
e informazioni alla Commissione europea; 
        d) introdurre misure di semplificazione, nella misura ammessa
dalla pertinente normativa dell'Unione  europea,  in  relazione  alle
procedure  amministrative  propedeutiche   alla   predisposizione   e
all'adozione  dei  piani  regionali  di  risanamento  della  qualita'
dell'aria; 
        e) prevedere, a integrazione della  disciplina  sulla  tutela
della qualita' dell'aria ambiente, una prima disciplina sulla  tutela
della qualita' dell'aria indoor,  limitatamente  all'introduzione  di
disposizioni di dettaglio e di specificazione relative a  fattispecie
in cui la tutela della qualita' dell'aria indoor e' gia'  oggetto  di
procedure e di obblighi nella vigente normativa» (enfasi aggiunta). 
    Il successivo comma  2  dispone  che  i  decreti  legislativi  di
attuazione della delega in esame sono adottati  previo  parere  della
Conferenza unificata. 
    Infine, il comma  3  reca  un'esplicita  clausola  di  invarianza
finanziaria  rivolta  al   legislatore   delegato,   stabilendo   che
dall'attuazione della delega «non devono derivare  nuovi  o  maggiori
oneri per la finanza pubblica» e precisando che  «le  amministrazioni
competenti provvedono ai relativi adempimenti con le  risorse  umane,
strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente». 
    2. - Per comprendere appieno la portata  (che  non  si  stenta  a
definire  «epocale»)  e   la   complessita'   davvero   estrema   che
caratterizza le opzioni normative e le finalita' «di  sistema»  della
delega legislativa che qui  si  esamina,  e'  necessario  richiamare,
ancorche' solo per sommi  capi,  almeno  alcuni  dei  contenuti  piu'
significativi della direttiva (UE) 2024/2881. 
    La direttiva in parola - adottata, lo si segnala sin  da  subito,
nell'esercizio della competenza dell'Unione nel settore dell'ambiente
(cfr. la base giuridica dell'art. 192, par. 1, del TFUE) - riscrive e
riunisce in un solo testo  le  disposizioni  recate  dalla  direttiva
2008/50/CE, relativa alla qualita' dell'aria ambiente e  per  un'aria
piu' pulita in Europa (recepita  nell'ordinamento  nazionale  con  il
d.lgs. n.  155/2010),  e  dalla  direttiva  2004/107/CE,  concernente
l'arsenico, il cadmio, il  mercurio,  il  nickel  e  gli  idrocarburi
policiclici aromatici nell'aria ambiente (recepita con il  d.lgs.  n.
152/2007). 
    In virtu' di tale riscrittura,  le  due  direttive  2008/50/CE  e
2004/107/CE risulteranno abrogate a decorrere dal  giorno  successivo
al  termine  per  il  recepimento  nell'ordinamento  nazionale  della
direttiva in esame, ossia a partire dall'11 dicembre 2026. 
    L'obiettivo principale della direttiva (enunciato dall'art. 1) e'
particolarmente   ambizioso,   coincidendo   addirittura    con    il
conseguimento  dell'inquinamento  zero,  «in  modo  che  la  qualita'
dell'aria all'interno  dell'Unione  sia  progressivamente  migliorata
fino al raggiungimento di livelli non piu' considerati nocivi per  la
salute umana,  gli  ecosistemi  naturali  e  la  biodiversita'  (...)
contribuendo in tal modo a  creare  un  ambiente  privo  di  sostanze
tossiche entro il 2050» (enfasi aggiunta). A tal fine  la  direttiva,
sul modello  delle  discipline  precedenti,  stabilisce  disposizioni
relative a: 
        la definizione e  la  fissazione  di  parametri  di  qualita'
dell'aria ambiente, al fine  di  evitare,  prevenire  o  ridurre  gli
effetti nocivi per la salute umana e per l'ambiente; 
        la definizione di metodi e criteri  comuni  per  valutare  la
qualita' dell'aria ambiente negli Stati membri; 
        il monitoraggio della qualita' dell'aria ambiente  attuale  e
delle tendenze a lungo termine, cosi' come degli effetti delle misure
unionali e nazionali sulla qualita' dell'aria ambiente; 
        il mantenimento della qualita'  dell'aria  ambiente,  laddove
sia buona, e il suo miglioramento negli altri casi. 
    La direttiva precisa, all'art. 3, che i  succitati  parametri  di
qualita'  dell'aria  (valori-limite,  valori-obiettivo,  obblighi  di
riduzione  dell'esposizione  media,   obiettivi   di   concentrazione
dell'esposizione media, livelli critici, soglie di allarme, soglie di
informazione e obiettivi a lungo termine), che figurano nell'allegato
I, sono riesaminati periodicamente in linea  con  le  raccomandazioni
dell'Organizzazione Mondiale della Sanita' (OMS). 
    In  coerenza  con  quanto  era  gia'  previsto  dalla   direttiva
2008/50/CE,  la  direttiva  in  esame   prevede   (all'art.   6)   la
zonizzazione del territorio e dispone (all'art. 8) che «in  tutte  le
zone classificate come  al  di  sopra  delle  soglie  di  valutazione
stabilite per gli inquinanti di cui all'art. 7 [in base al  quale  le
soglie di valutazione  indicate  nell'allegato  II  si  applicano  al
biossido di zolfo, al biossido di azoto, agli  ossidi  di  azoto,  al
particolato (PM10 e PM2,5), al benzene,  al  monossido  di  carbonio,
all'arsenico, al cadmio, al piombo, al nichel,  al  benzo(a)pirene  e
all'ozono nell'aria  ambiente]  la  qualita'  dell'aria  ambiente  e'
valutata tramite misurazioni in siti fissi». 
    Cio' nondimeno, una rilevante novita' in tema di monitoraggio  e'
introdotta dall'art.  10,  che  prevede,  per  gli  Stati  membri  di
maggiori dimensioni (come l'Italia), l'obbligo di  istituire  i  c.d.
«supersiti di monitoraggio»,  secondo  le  seguenti  indicazioni  (le
quali - e' appena il caso di osservare - con riferimento  all'Italia,
implicano  senz'altro  la  considerazione  di  livelli   territoriali
evidentemente «ultra-regionali»): 
        almeno un supersito ogni 10 milioni di abitanti in un sito di
fondo urbano; 
        almeno un supersito ogni 100.000 km2  in  un  sito  di  fondo
rurale. 
    Altra importante novita' recata dalla direttiva e' l'introduzione
di valori-limite piu' rigorosi da rispettare entro il  2030.  Per  la
precisione, la direttiva prevede (all'allegato I) che: 
        entro l'11 dicembre 2026 (termine per  il  recepimento  della
direttiva stessa) i valori  limite  da  rispettare  sono  analoghi  a
quelli previsti dalle precedenti direttive; 
        a partire dal 1°  gennaio  2030  si  applicano  valori-limite
decisamente piu' severi. In particolare, sono addirittura dimezzati i
valori-limite relativi alle medie annuali e del 60% il  valore-limite
previsto per il PM2,5,  il  cui  valore-limite  relativo  alla  media
annuale scende da 25 µg/m3  a  10  µg/m3.  Inoltre,  i  valori-limite
giornalieri, attualmente previsti solo per  il  PM10  (per  il  quale
viene  effettuata  una  riduzione  da  50  µg/m3  a  45  µg/m3  della
concentrazione massima giornaliera e da 35 a 18 del numero massimo di
giorni di superamento nell'arco di  un  anno),  sono  previsti  dalla
direttiva in esame anche per altri inquinanti, in particolare per  il
PM2,5 (concentrazione massima giornaliera pari  a  25  µg/m3  da  non
superare per piu' di 18 giorni per anno  civile)  e  il  biossido  di
azoto (NO2) (concentrazione massima giornaliera pari a  50  µg/m3  da
non superare per piu' di 18 giorni per anno civile). 
    Al riguardo, deve  osservarsi  che  i  nuovi  valori-limite  piu'
rigorosi, rispetto a quelli finora previsti,  risultano  maggiormente
allineati  agli  orientamenti  dell'OMS  sulla  qualita'   dell'aria,
benche' ancora piu' alti dei valori di riferimento dell'OMS. Infatti,
le «Linee guida globali OMS sulla  qualita'  dell'aria»  emanate  nel
2021 prevedono, ad esempio, limiti (per la media annuale) di 5  µg/m3
per il PM2,5 e di 10 µg/m3 per l'NO2. Tali valori sono esattamente la
meta' rispetto a quelli previsti dalla direttiva in esame:  tuttavia,
come  si  e'  gia'  segnalato,  quest'ultima   prevede   un'analitica
disciplina di «Riesame periodico» (art. 3)  espressamente  rivolta  -
«al fine di conseguire gli obiettivi di cui all'art.  1»  (ossia,  in
primis, l'obiettivo di «inquinamento  zero») -  alla  valutazione  di
«opzioni e tempistiche per l'allineamento dei parametri  di  qualita'
dell'aria agli orientamenti  piu'  recenti  dell'OMS  sulla  qualita'
dell'aria e i piu' recenti dati scientifici». 
    Meritano poi di essere considerate  anche  le  previsioni  recate
dall'art.  18,  che  consente  la  proroga   del   termine   per   il
conseguimento  di  determinati  valori-limite.   Tale   disposizione,
infatti, stabilisce che, se in una determinata zona non e'  possibile
raggiungere  la  conformita'  ai   valori-limite   fissati   per   il
particolato (PM10 e PM2,5), il biossido di azoto,  il  benzene  o  il
benzo(a)pirene entro il 1° gennaio 2030,  gli  Stati  membri  possono
prorogare tale termine  per  la  zona  in  questione  di  un  periodo
giustificato da una tabella di marcia per la  qualita'  dell'aria  (e
purche' siano soddisfatte alcune  condizioni  indicate  dal  medesimo
articolo) fino al: 
        a) 1° gennaio 2040, se giustificato dalle caratteristiche  di
dispersione  specifiche  del  sito,  dalle  condizioni  al   contorno
orografiche, dalle condizioni  climatiche  avverse,  dall'apporto  di
inquinanti transfrontalieri, o se  le  necessarie  riduzioni  possono
essere  ottenute  solo  sostituendo  una  parte  considerevole  degli
impianti di riscaldamento domestici esistenti  che  costituiscono  la
fonte di inquinamento che causa il superamento; oppure 
        b) 1° gennaio 2035  (termine  prorogabile  di  ulteriori  due
anni), se  giustificato  da  proiezioni  che  dimostrano  che,  anche
tenendo conto dell'impatto previsto delle misure efficaci in  materia
di inquinamento atmosferico individuate nella tabella di  marcia  per
la qualita' dell'aria, i valori-limite non possono  essere  raggiunti
entro il termine per il conseguimento. 
    L'art.  19  disciplina  l'adozione  di  piani  per  la   qualita'
dell'aria. In particolare, tale disposizione stabilisce (al  par.  1)
che,  se  in  determinate  zone  i  livelli  di  inquinanti  presenti
nell'aria ambiente superano un valore-limite  o  un  valore-obiettivo
qualsiasi fissato nella sezione 1  dell'allegato  I  (che  riporta  i
valori-limite per la protezione  della  salute  umana  da  rispettare
entro l'11 dicembre 2026 e quelli da raggiungere entro il 1°  gennaio
2030), gli Stati membri istituiscono piani per la qualita'  dell'aria
per le  zone  in  questione  che  stabiliscono  misure  adeguate  per
conseguire il valore-limite o  il  valore-obiettivo  in  questione  e
mantenere il periodo di superamento il piu'  breve  possibile  e,  in
ogni caso, non superiore a 4 anni dalla  fine  dell'anno  in  cui  e'
stato registrato il primo superamento. Tali  piani  per  la  qualita'
dell'aria sono predisposti il prima possibile e comunque entro 2 anni
dall'anno in cui si e' registrato il superamento di un  valore-limite
o di un valore-obiettivo. 
    Una rilevante novita' prevista  dall'art.  19  e'  la  previsione
delle c.d. «tabelle di marcia», al fine di aumentare l'efficacia  dei
piani per la qualita' dell'aria. In particolare, il  par.  4  dispone
che, se dal 1° gennaio 2026 al 31 dicembre 2029  in  una  zona  o  in
un'unita' territoriale i livelli di inquinanti superano uno qualsiasi
dei valori-limite o dei valori-obiettivo da raggiungere entro  il  1°
gennaio 2030, gli Stati membri predispongono una  tabella  di  marcia
per  la  qualita'  dell'aria  affinche'  l'inquinante  in   questione
raggiunga  i  relativi  valori-limite  o  valori-obiettivo  entro  il
termine stabilito. Tali tabelle di marcia per la  qualita'  dell'aria
sono predisposte quanto prima e comunque entro 2  anni  dall'anno  in
cui si e' registrato il superamento. 
    L'art. 20 (in linea con quanto era gia' previsto dalla  direttiva
2008/50/CE) prevede invece, nelle zone in cui sussiste il rischio che
i livelli degli inquinanti superino una  o  piu'  soglie  di  allarme
(previste dall'allegato I, sezione 4), l'adozione di piani d'azione a
breve termine contenenti indicazioni sui provvedimenti  di  emergenza
da adottare per ridurre il rischio o la durata del superamento. 
    Di estremo rilievo, infine,  in  quanto  decisamente  innovative,
sono le disposizioni recate dagli artt. 27  e  28  che  disciplinano,
rispettivamente, l'accesso alla giustizia e il risarcimento dei danni
alla salute umana. In particolare, l'art. 28, par. 1, dispone che gli
Stati membri provvedono affinche' le persone fisiche  la  cui  salute
subisce un danno a causa di una violazione delle  norme  relative  ai
piani o tabelle di marcia, commessa intenzionalmente o per negligenza
dalle autorita' competenti, abbiano il diritto di chiedere e ottenere
un risarcimento per tale danno. 
    3. - Le disposizioni legislative  contenute  nell'art.  12  della
legge n. 91 del 2025,  anche  e  proprio  alla  luce  degli  obblighi
imposti dalla direttiva  europea  che  il  legislatore  nazionale  si
propone di recepire, nonche'  della  complessita'  e  della  varieta'
delle misure - come si e' visto, addirittura di  portata  «sistemica»
ed «epocale» -  che  si  renderanno  necessarie  per  conseguire  gli
ambiziosi risultati (ad oggi inediti nell'intero  panorama  mondiale)
prescritti  a  livello  sovranazionale,  soprattutto  con   specifico
riferimento alla conclamata situazione deficitaria che  da  sempre  e
«strutturalmente» caratterizza il raggiungimento dei previgenti (e di
gran  lunga  meno  rigorosi)  standard  di  qualita'  dell'aria   nei
territori ricompresi all'interno del  c.d.  «bacino  padano»,  devono
ritenersi costituzionalmente illegittime per violazione  e/o  lesione
delle competenze legislative e amministrative, nonche' delle relative
prerogative finanziarie, della Regione del Veneto, nei termini e  per
le ragioni che di seguito si illustrano. 
I. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 12, comma 1, della legge
13 giugno 2025, n. 91, e, in particolare, del  principio  e  criterio
direttivo specifico di cui alla lettera b), per violazione  dell'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost., con riferimento  alla  materia
«tutela dell'ambiente  e  dell'ecosistema»,  nonche'  dell'art.  118,
primo comma, Cost. e dei principi di sussidiarieta', differenziazione
e adeguatezza ivi  contemplati  per  la  corretta  allocazione  delle
funzioni amministrative tra gli enti territoriali della Repubblica. 
    I.1. - L'art. 12 della legge n. 91 del 2025 e' costituzionalmente
illegittimo, innanzitutto, con riferimento a quanto disposto  con  il
principio e criterio direttivo di cui al  comma  1,  lettera  b),  in
quanto, vincolando il Governo ad attribuire la competenza ad adottare
le misure di risanamento della qualita' dell'aria  ambiente  «in  via
ordinaria»  alle  autorita'  regionali  e  locali  e  solo  «in   via
complementare»  alle  autorita'  statali  e,   piu'   specificamente,
imponendo  di  esercitare  la  delega   legislativa   prevedendo   la
competenza dello Stato ad adottare misure nazionali solo alla duplice
e alternativa condizione che  (a)  «i  piani  regionali  non  possano
permettere il raggiungimento dei valori di qualita' dell'aria in aree
influenzate, in modo determinante, da sorgenti di emissione su cui le
regioni non hanno competenza amministrativa  e  legislativa»,  ovvero
che  (b),  «i  contenuti  delle  misure  siano  definiti  in  accordi
sottoscritti dalle autorita' regionali  interessate  e  da  tutte  le
autorita' statali aventi competenza sui pertinenti settori emissivi»,
omette di considerare la  strutturale  e  fisiologica  inadeguatezza,
acclarata dall'esperienza degli ultimi quindici  anni  nella  vigenza
del sistema di tutela previsto  dal  d.lgs.  n.  155  del  2010,  dei
livelli regionali e  locali  a  garantire  nel  territorio  del  c.d.
«bacino  padano»  il  raggiungimento  degli  standard   di   qualita'
dell'aria imposti dall'Unione europea, in  assenza  dell'attribuzione
«in via ordinaria» e diretta al livello sovraregionale, ossia in capo
allo Stato, di specifiche funzioni amministrative e  delle  correlate
responsabilita' legislative; con cio' ponendosi in  palese  contrasto
con la competenza legislativa di cui e' titolare in via esclusiva  il
legislatore statale  nella  materia  della  «tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema» ai sensi dell'art. 117, secondo comma,  lettera  s),
Cost., nonche' con l'art. 118, primo comma, Cost., il quale impone al
legislatore competente in materia di standard di qualita'  ambientale
di allocare le funzioni amministrative tra gli enti della  Repubblica
in conformita' ai  principi  di  sussidiarieta',  differenziazione  e
adeguatezza e, dunque, di allocare ordinariamente e direttamente tali
funzioni in titolarita' al livello statale in tutti i casi in  cui  i
livelli di governo regionale si rivelino a priori inadeguati - ovvero
allorquando,  come  nel  caso  dei  territori  compresi  nel  «bacino
padano», addirittura  per  «cause  naturali»  legate  alla  peculiare
conformazione orografica e alla  situazione  meteoclimatica  di  quei
territori, i livelli regionali siano «fisiologicamente» inidonei -  a
fronteggiare e gestire in  autonomia  fenomeni  la  cui  origine  e/o
portata e/o effetti oltrepassino gli ambiti territoriali propri delle
Regioni. 
    In buona sostanza, la norma di delega che qui si censura pretende
di vincolare il  legislatore  delegato  a  riprodurre,  senza  alcuna
modifica di sorta, il modello di riparto di competenze in materia  di
qualita' dell'aria a suo tempo introdotto dal d.lgs. n. 155 del  2010
in sede di attuazione della precedente direttiva 2008/50/CE «relativa
alla qualita'  dell'aria  ambiente  e  per  un'aria  piu'  pulita  in
Europa». Un modello costruito, per l'appunto,  sulla  competenza  «in
via ordinaria» (e diretta) delle  autorita'  regionali  e  locali  ad
adottare le misure necessarie a garantire  la  qualita'  dell'aria  e
sulla competenza solo «in  via  complementare»  (e  indiretta)  delle
autorita' statali; un modello che, pero', soprattutto con riferimento
alla garanzia degli standard  di  qualita'  dell'aria  nei  territori
ricompresi nel «bacino padano» e come meglio si dira' nel  prosieguo,
si  e'  rivelato  palesemente  inefficace  e  inefficiente   rispetto
all'obiettivo di assicurare il  rispetto  degli  obblighi  imposti  a
livello sovranazionale  e  che,  oltretutto,  lo  stesso  legislatore
nazionale, assieme alle Amministrazioni  dello  Stato  funzionalmente
competenti nei diversi settori coinvolti, hanno dovuto  ripetutamente
contraddire   (finanche   in   tempi   recentissimi   e   addirittura
contestualmente  all'approvazione  della  norma   impugnata:   sic!),
finendo per ammettere un dato che l'esperienza  concreta  dell'ultimo
quindicennio   ha   rivelato   ormai   in   termini    inconfutabili:
l'impossibilita' di prescindere dall'adozione «in  via  ordinaria»  e
«diretta»  di  strategie   complessive   e   di   misure   normative,
amministrative  e   finanziarie   di   livello   sovraregionale,   in
conformita' ai parametri costituzionali che  si  invocano  in  questa
sede. 
    I.2. - Come detto, il d.lgs. n. 155 del 2010 ha  attribuito  alle
Regioni  e  alle  Province   autonome   la   competenza   «ordinaria»
all'adozione della pianificazione in materia di qualita' dell'aria ai
fini dell'individuazione delle misure  necessarie  ad  assicurare  il
rispetto dei  valori-limite  e  dei  valori-obiettivo  stabiliti  dal
diritto dell'Unione europea (cfr. art. 9).  Persino  nell'ipotesi  in
cui «sulla base di una specifica istruttoria svolta da una regione  o
provincia autonoma, risulti che le principali sorgenti  di  emissioni
aventi influenza su un'area di superamento sono  localizzate  in  una
diversa regione o provincia autonoma», il comma 8 dello stesso art. 9
attribuisce  direttamente  ai  soli  enti  regionali  interessati  la
responsabilita' di farsi carico - tramite appositi coordinamenti,  ma
pur sempre nell'esercizio della loro autonomia - dell'adozione  delle
misure necessarie ad affrontare e risolvere le problematiche inerenti
alla qualita' dell'aria, stabilendo espressamente che «devono  essere
adottate da entrambe le regioni o province autonome misure coordinate
finalizzate al raggiungimento dei valori limite  o  al  perseguimento
dei valori  obiettivo»,  limitandosi  espressamente  ad  affidare  al
Ministero   dell'ambiente   il   solo   compito    di    «promuovere»
«l'elaborazione  e  l'adozione  di  tali   misure   nell'ambito   del
Coordinamento di cui all'art. 20». 
    L'unico  strumento  di  effettivo  «coinvolgimento»  diretto  del
livello nazionale previsto dal richiamato art. 9 e'  la  possibilita'
residuale per gli enti regionali di «richiedere» -  al  ricorrere  di
specifiche condizioni e con onere di «prova tecnica» a proprio carico
- l'attivazione della speciale procedura di cui al comma 9, il  quale
cosi' stabilisce: 
        «Nel caso in cui, sulla base  di  una  specifica  istruttoria
svolta, su richiesta di una  o  piu'  regioni  o  province  autonome,
nell'ambito del Coordinamento di cui all'art. 20, risulti che,  tutte
le possibili misure individuabili  dalle  regioni  e  dalle  province
autonome nei propri piani di qualita' dell'aria non sono in grado  di
assicurare il raggiungimento dei valori limite in aree di superamento
influenzate, in modo determinante, da sorgenti di emissione su cui le
regioni e le province autonome non hanno competenza amministrativa  e
legislativa,  si  procede  all'adozione  di   misure   di   carattere
nazionale. La richiesta della regione o della provincia autonoma deve
essere adeguatamente motivata sotto il profilo tecnico. In tali  casi
e' convocato, presso la Presidenza del  Consiglio  dei  ministri,  su
richiesta del Ministero dell'ambiente, un  comitato  tecnico  con  il
compito di presentare un programma di misure di  carattere  nazionale
alla cui elaborazione partecipano anche i Ministeri aventi competenza
su specifici settori emissivi, quali trasporti, energia, inclusi  gli
usi civili, attivita'  produttive  e  agricoltura.  Il  programma  e'
approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei  ministri.  Il
comitato e' istituito senza oneri a carico dello Stato ed  opera  per
il tempo  strettamente  necessario  ad  elaborare  il  programma.  Ai
soggetti che partecipano, a qualsiasi  titolo,  al  comitato  non  e'
dovuto alcun compenso o rimborso spese o altro tipo di emolumento per
tale  partecipazione.  Per  lo  svolgimento  di  tale  attivita'   il
Ministero  dell'ambiente  si  avvale  del   supporto   dell'ISPRA   e
dell'ENEA» (enfasi aggiunte). 
    Per parte sua, il richiamato art. 20, prevede quanto segue: 
        «1. E'  istituito,  presso  il  Ministero  dell'ambiente,  un
Coordinamento tra i rappresentanti di tale Ministero,  del  Ministero
della salute, di ogni regione e provincia autonoma, dell'Unione delle
province italiane (UPI) e dell'Associazione nazionale comuni italiani
(ANCI).  Partecipano  al  Coordinamento  rappresentanti   dell'ISPRA,
dell'ENEA e del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) e  di  altre
autorita' competenti all'applicazione del  presente  decreto,  e,  su
indicazione del Ministero della salute, rappresentanti  dell'Istituto
superiore  di  sanita',  nonche',  su  indicazione  della  regione  o
provincia autonoma  di  appartenenza,  rappresentanti  delle  agenzie
regionali  e  provinciali  per  la   protezione   dell'ambiente.   Il
Coordinamento opera attraverso l'indizione di riunioni  periodiche  e
la creazione di una rete di referenti per lo scambio  di  dati  e  di
informazioni. 
        2. Il Coordinamento previsto  dal  comma  1  assicura,  anche
mediante gruppi di lavoro, l'elaborazione di  indirizzi  e  di  linee
guida in relazione ad aspetti di comune interesse e permette un esame
congiunto di temi connessi  all'applicazione  del  presente  decreto,
anche al fine di garantire un'attuazione coordinata e omogenea  delle
nuove norme e di  prevenire  le  situazioni  di  inadempimento  e  le
relative conseguenze. Il  Coordinamento  assicura  inoltre  un  esame
congiunto e l'elaborazione di indirizzi e linee guida in relazione ad
aspetti di comune interesse inerenti la normativa vigente in  materia
di emissioni in atmosfera. (...)». 
    Merita ricordare, altresi', che il d.lgs. n. 155  del  2010  dava
attuazione alla delega legislativa conferita al Governo dalla legge 7
luglio 2009, n. 88 (Disposizioni  per  l'adempimento  degli  obblighi
derivanti  dall'appartenenza  dell'Italia  alle  Comunita'  europee -
Legge comunitaria 2008), e che l'art. 10 di tale legge - al comma  1,
lettera d) - contemplava uno specifico principio e criterio direttivo
espressamente rivolto alle peculiarita' dei fenomeni di  inquinamento
atmosferico nell'ambito dei territori del  «bacino  padano»  e  cosi'
formulato: «d) in  considerazione  della  particolare  situazione  di
inquinamento dell'aria  presente  nella  pianura  padana,  promuovere
l'adozione  di   specifiche   strategie   di   intervento   nell'area
interessata,  anche  attraverso  un  maggiore  coordinamento  tra  le
regioni  che  insistono  sul  predetto  bacino».   Di   una   qualche
«attuazione» di tale principio e criterio di delega il d.lgs. n.  155
del 2010  non  reca  alcuna  traccia:  le  sorti  della  «particolare
situazione» della qualita' dell'aria e  il  rispetto  degli  obblighi
imposti dal diritto  sovranazionale  nell'ambito  dei  territori  del
«bacino padano» sono rimasti affidati interamente alle  modalita'  di
funzionamento del modello «ordinario»  di  riparto  delle  competenze
sopra descritto e, in particolare,  da  un  lato,  al  «coordinamento
interregionale»   imposto   dall'art.   9,   comma   8,   dall'altro,
all'attivazione - su specifica richiesta tecnicamente motivata  degli
enti regionali interessati - della speciale  procedura  di  «soccorso
nazionale» prevista dal successivo comma 9. 
    I.3. - Come accennato, pero', l'esperienza  del  quindicennio  di
vigenza del modello di riparto delle competenze disegnato dal  d.lgs.
n. 155 del 2010 - che la norma di  delega  qui  censurata  impone  al
Governo di  riprodurre  anche  in  sede  di  attuazione  della  nuova
direttiva (UE) 2024/2881 - ne ha rivelato palesemente  e  in  termini
ormai  inconfutabili  la  strutturale   inadeguatezza   proprio   con
specifico riferimento alla «particolare  situazione  di  inquinamento
dell'aria presente nella pianura padana»  e  tale  inadeguatezza  non
solo  e'  stata  ripetutamente  accertata  in   sede   sovranazionale
nell'ambito delle procedure di infrazione attivate dalla  Commissione
europea per violazione degli  obblighi  imposti  dalle  direttive  in
materia di qualita' dell'aria e che hanno condotto fino a oggi a  ben
tre  sentenze  di  accertamento  di  inadempimenti  della  Repubblica
italiana da parte della Corte di giustizia dell'Unione europea, ma e'
stata significativamente e piu' volte riconosciuta - anche in ragione
delle pronunce sfavorevoli subite e delle procedure di  infrazione  a
tutt'oggi in corso -  dallo  stesso  legislatore  nazionale  e  dalle
Amministrazioni dello Stato a vario titolo coinvolte dai  fenomeni  e
dalle attivita' antropiche  che  incidono  sulla  qualita'  dell'aria
ambiente, dapprima mediante la stipulazione di una serie  di  accordi
di programma e protocolli di  intesa  a  partire  dal  2013  e,  piu'
recentemente  (2023  e  2024),  addirittura  con   alcuni   specifici
interventi legislativi in sede di decretazione d'urgenza,  che  hanno
condotto all'adozione della delibera del Consiglio  dei  ministri  20
giugno 2025, con la quale e'  stato  approvato  il  Piano  di  azione
nazionale   per   il   miglioramento   della    qualita'    dell'aria
(cfr. Gazzetta Ufficiale - Serie generale - 2 agosto 2025, n. 178). 
    I.3.1. - Quanto alle procedure di infrazione  ancora  attualmente
in corso e alle sentenze sfavorevoli della Corte di giustizia UE gia'
intervenute, e' sufficiente in questa sede richiamare schematicamente
quanto segue: 
        con sentenza 19 dicembre 2012 (causa  C-68/11),  la  CGUE  ha
accertato che l'Italia, «avendo omesso di provvedere,  per  gli  anni
2006 e 2007, affinche' le concentrazioni di PM10  nell'aria  ambiente
non superassero, nelle 55 zone  e  agglomerati  italiani  considerati
nella diffida della Commissione europea del 2 febbraio 2009, i valori
limite fissati all'art. 5, paragrafo 1,  della  direttiva  1999/30/CE
del Consiglio, del 22 aprile 1999, concernente  i  valori  limite  di
qualita' dell'aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido  di
azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo, e' venuta meno
agli obblighi ad essa incombenti in forza di tale disposizione»; 
        successivamente,  la  Commissione  europea  ha  avviato   nei
confronti dell'Italia le procedure di  infrazione  n.  2014/2147,  n.
2015/2043 e n. 2020/2299  per  la  non  corretta  applicazione  della
direttiva 2008/50/CE, in riferimento ai  superamenti  continui  e  di
lungo periodo dei valori limite del materiale particolato  PM10,  del
biossido di azoto e del materiale particolato PM2,5; 
        con sentenza del  10  novembre  2020  (causa  C-644/18),  con
riferimento alla procedura di infrazione n.  2014/2147,  la  CGUE  ha
accertato che l'Italia, «avendo superato  in  maniera  sistematica  e
continuata, i valori limite [giornaliero e annuale] applicabili  alle
concentrazioni di particelle PM10,  superamento  che  e'  tuttora  in
corso», in una serie di zone del territorio  italiano  delle  Regioni
Emilia-Romagna,  Lombardia,  Piemonte,   Veneto,   Puglia,   Toscana,
Sicilia, Umbria, Campania e Lazio, negli anni compresi tra il 2008  e
il 2017, «e' venuta meno all'obbligo sancito dal  combinato  disposto
dell'art. 13  e  dell'allegato  XI  della  direttiva  2008/50/CE  del
Parlamento europeo e del Consiglio»; inoltre, «non avendo adottato, a
partire dall'11 giugno 2010,  misure  appropriate  per  garantire  il
rispetto  dei  valori  limite  fissati  per  le   concentrazioni   di
particelle PM10 in tutte tali zone,  e'  venuta  meno  agli  obblighi
imposti dall'art. 23, paragrafo 1, della direttiva 2008/50, letto  da
solo e in combinato disposto con l'allegato  XV,  parte  A,  di  tale
direttiva, e,  in  particolare,  all'obbligo  previsto  all'art.  23,
paragrafo 1, secondo comma, di detta direttiva,  di  far  si'  che  i
piani  per  la  qualita'  dell'aria  prevedano   misure   appropriate
affinche' il periodo di superamento dei valori  limite  sia  il  piu'
breve possibile» (enfasi aggiunta); 
        con sentenza 12 maggio 2022 (causa C-573/19), con riferimento
alla procedura di infrazione n. 2015/2043, la CGUE ha  accertato  che
l'Italia, «non avendo provveduto affinche'  non  fosse  superato,  in
modo sistematico e continuato, il valore limite annuale  fissato  per
il biossido di azoto (NO2)», in una  serie  di  zone  del  territorio
italiano delle Regioni, Piemonte, Lombardia, Liguria, Toscana,  Lazio
e Sicilia, negli anni compresi tra il 2010 e il 2018, «e' venuta meno
agli obblighi ad essa incombenti  in  forza  del  combinato  disposto
dell'art.  13,  paragrafo  1,  e  dell'allegato  XI  della  direttiva
2008/50/CE del Parlamento europeo e  del  Consiglio,  del  21  maggio
2008, relativa alla qualita' dell'aria ambiente e  per  un'aria  piu'
pulita in Europa, e, non avendo adottato, a  partire  dall'11  giugno
2010, misure appropriate per garantire il rispetto del valore  limite
annuale  fissato  per  il  NO2  in  tutte  le  suddette  zone  e,  in
particolare, non avendo provveduto affinche' i piani per la  qualita'
dell'aria prevedessero misure appropriate  affinche'  il  periodo  di
superamento di detto valore limite fosse il piu' breve possibile,  e'
venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza  dell'art.  23,
paragrafo 1, di tale direttiva, letto da solo e in combinato disposto
con l'allegato XV, punto A, di quest'ultima» (enfasi aggiunta); 
        da ultimo, in data 13 marzo 2024, in relazione all'esecuzione
della sentenza 10 novembre 2020 e quindi nell'ambito della  procedura
di infrazione n.  2014/2147  concernente  i  superamenti  dei  limiti
giornaliero e annuale stabiliti per le concentrazioni  del  materiale
particolato PM10, la Commissione europea ha  inviato  alle  Autorita'
italiane una lettera di messa in mora ai sensi dell'art. 260, par. 2,
del TFUE, prefigurando un nuovo ricorso alla CGUE per  l'accertamento
della mancata  corretta  esecuzione  della  sentenza  e  la  relativa
condanna al pagamento delle conseguenti sanzioni. 
    I.3.2. - Quanto agli accordi di  programma  e  ai  protocolli  di
intesa stipulati tra le Amministrazioni dello Stato e  le  Regioni  e
Province autonome a partire dal 2013, proprio la prima sentenza della
CGUE del 19  dicembre  2012  ha  costituito  il  presupposto  per  la
stipulazione, in data 19 dicembre 2013,  dell'«Accordo  di  programma
per l'adozione coordinata e congiunta di misure per il  miglioramento
della qualita' dell'aria nel Bacino Padano» (doc. 3). La sola lettura
delle premesse di tale Accordo, unita alla considerazione delle Parti
che lo hanno sottoscritto (ben 5 Ministri  e  i  7  Presidenti  delle
Regioni/Province autonome del Bacino Padano), rivelano in termini  di
immediata evidenza quanto qui si sostiene, ossia  che  fin  dall'anno
2013 le Amministrazioni dello Stato a  vario  titolo  competenti  nei
settori interessati dai fenomeni di  inquinamento  atmosferico  erano
pienamente consapevoli: 
        a) dell'assoluta peculiarita' della  situazione  del  «bacino
padano» in relazione ai fenomeni naturali e antropici incidenti sulla
qualita' dell'aria ambiente, ossia  alla  formazione  e  all'accumulo
nell'aria  degli  inquinanti  e,  in   particolare,   del   materiale
particolato (c.d. «inquinanti secondari»); 
        b)  della  «naturale»  insufficienza  a   fronteggiare   tali
fenomeni  delle  azioni   degli   enti   regionali   territorialmente
interessati, senza che  a  tali  enti  potesse  essere  addebitato  e
contestato un qualche inadempimento rispetto alle ordinarie  funzioni
pubbliche loro attribuite; 
        c) della «speculare» e del tutto  «fisiologica»  esigenza  di
adottare  interventi  addizionali  da  parte  delle   Amministrazioni
statali, senza che tali interventi potessero  in  alcun  modo  essere
ricondotti allo strumento dei «poteri  sostitutivi»  previsti  per  i
casi di inadempimento  degli  enti  territoriali,  soprattutto  nelle
ipotesi di violazione (gia' accertata o  in  corso  di  accertamento)
degli obblighi imposti dal diritto sovranazionale. 
    Al riguardo, meritano di essere riportati  testualmente,  per  la
loro chiarezza,  alcuni  tra  i  passaggi  piu'  significativi  delle
premesse dell'Accordo di programma in questione: 
        «(... ); 
        Ritenuto che sussista (...) la  straordinaria  necessita'  di
adottare interventi  addizionali  rispetto  a  quelli  fino  ad  oggi
previsti al  fine  di  prevenire  e  fronteggiare  tempestivamente  i
superamenti dei  valori  limite  di  concentrazione  atmosferica  del
materiale particolato PM10 registrati a partire  dal  2005  su  oltre
cinquanta zone del territorio nazionale, ubicate in quindici  Regioni
e Province autonome, situazione  a  cui  e'  associabile  un  elevato
rischio sanitario per la popolazione esposta; 
        Considerato che tali superamenti interessano, in molti  casi,
zone ubicate nel Bacino Padano; 
        Considerato che le Regioni e  Province  autonome  del  Bacino
Padano presentano specifiche condizioni orografiche e meteoclimatiche
(in relazione alla scarsita' dei venti, alle condizioni di stabilita'
atmosferica e all'instaurarsi di frequenti situazioni  di  inversione
termica), a causa delle quali e' favorita la formazione e  l'accumulo
nell'aria  di  inquinanti,  con  particolare  riferimento  a   quelli
secondari quali le polveri sottili,  e  si  producono  situazioni  di
inquinamento particolarmente diffuse; 
        Considerato  che  le  particolari  condizioni  orografiche  e
meteoclimatiche delle Regioni e Province autonome del  Bacino  Padano
rendono difficile il conseguimento del rispetto dei valori limite  di
qualita' dell'aria, specialmente se manca uno  stretto  coordinamento
tra i diversi soggetti interessati; 
        Considerato che le particolari condizioni del  Bacino  Padano
sono state portate in piu' occasioni all'attenzione della Commissione
europea; 
        Considerato che, anche  per  tali  motivi,  i  vigenti  piani
regionali di qualita' dell'aria non risultano  ad  oggi  sufficienti,
nelle zone del Bacino Padano, ad assicurare il  rispetto  dei  valori
limite di qualita' dell'aria per il materiale particolato PM10; 
        Visto l'art. 10, comma 1, lettera d) della legge  comunitaria
n.  88/2009  che  prevede  l'adozione  di  specifiche  strategie   di
intervento nel Bacino Padano in materia di inquinamento atmosferico; 
        Considerato che le Regioni e  Province  autonome  del  Bacino
Padano, nel  prospettare  l'impossibilita'  di  rispettare  i  valori
limite  di  qualita'  dell'aria  nei  tempi  previsti   dalle   norme
comunitarie per  il  materiale  particolato  PMI10,  hanno  richiesto
all'amministrazione statale di  adottare  misure  nazionali  volte  a
promuovere il processo di raggiungimento di tali valori limite; 
        (...); 
        Considerato che il  processo  di  raggiungimento  dei  valori
limite per il  materiale  particolato  PM10  richiede  un  intervento
coordinato delle Regioni e delle Province autonome del Bacino  Padano
e  delle  amministrazioni   statali,   diretto   ad   assicurare   la
realizzazione omogenea e congiunta di misure di breve, medio e  lungo
periodo; 
        Considerato  che  un  intervento  coordinato  permettera'  di
assicurare  alle  Regioni  e  Province  autonome  del  Bacino  Padano
indirizzi, strumenti e valutazioni da utilizzare come presupposto per
l'adozione di nuove e piu' efficaci misure  da  inserire  nei  propri
piani  di  qualita'  dell'aria  e  permettera',   al   contempo,   di
individuare le ulteriori azioni di  competenza  statale  e  regionale
utili al processo di raggiungimento dei valori limite; 
        Vista la riunione  tenutasi  il  23  luglio  2013  presso  il
Ministero dell'ambiente, nel corso  della  quale  i  Ministri  aventi
competenza sui settori che producono  emissioni  in  atmosfera  hanno
espresso avviso favorevole all'avvio di una nuova e piu'  determinata
strategia a livello nazionale, che si integri con l'azione intrapresa
dalle Regioni e Province  autonome  del  Bacino  Padano  al  fine  di
individuare le iniziative da assumere per  risolvere  il  contenzioso
comunitario in corso; 
        (... )» (enfasi aggiunte). 
    Sulla base di tali premesse, le Parti dell'Accordo si impegnavano
a intervenire in alcuni settori «individuati tra quelli  maggiormente
responsabili delle emissioni inquinanti: a) combustione di  biomasse;
b) trasporto merci; c) trasporto passeggeri; d) riscaldamento civile;
e) industria e produzione di energia; f) agricoltura», in particolare
mediante l'adozione delle necessarie «misure di carattere  normativo,
programmatico e finanziario», analiticamente articolate in  specifici
impegni espressamente assunti dal  Ministero  dell'ambiente  e  della
tutela del territorio  e  del  mare,  dal  Ministero  dello  sviluppo
economico, dal Ministero delle infrastrutture e  dei  trasporti,  dal
Ministero delle  politiche  agricole,  alimentari  e  forestali,  dal
Ministero della salute,  nonche'  dalle  stesse  Regioni  e  Province
autonome del Bacino Padano. 
    L'esperienza degli accordi e della fisiologica «presa in  carico»
da  parte  delle  Amministrazioni   dello   Stato   delle   questioni
concernenti la qualita' dell'aria,  con  specifico  riferimento  alla
peculiare situazione del «bacino padano», ha avuto importanti seguiti
anche negli anni successivi al 2013 e fino ai giorni nostri,  con  un
andamento  addirittura  incrementale  in   termini   di   «ordinaria»
assunzione di responsabilita' al livello centrale. Tra gli atti  piu'
rilevanti, al riguardo, e'  possibile  richiamare  almeno  il  «Nuovo
Accordo di programma per l'adozione coordinata e congiunta di  misure
per il miglioramento della  qualita'  dell'aria  nel  Bacino  Padano»
(doc. 4), sottoscritto a Bologna il 9 giugno  2017  tra  il  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e i Presidenti
delle 4 Regioni  Emilia-Romagna,  Lombardia,  Piemonte  e  Veneto,  e
costruito su premesse e impegni  delle  Parti  in  tutto  analoghi  a
quelli dell'Accordo del 2013;  successivamente  (e  con  una  portata
senza dubbio piu' ampia e innovativa) - non  a  caso  a  seguito  del
deposito presso la CGUE del ricorso contro l'Italia  C-644/18  per  i
superamenti dei valori limite del materiale particolato PM10 e  della
decisione di deferimento alla CGUE da parte della Commissione europea
anche per i superamenti dei valori limite del biossido di azoto NO2 -
in data 4 giugno 2019 e' stato sottoscritto a Torino  il  «Protocollo
di intesa che istituisce il  "Piano  d'azione  per  il  miglioramento
della  qualita'  dell'aria  2019-2021"»  (doc.  5).   Tra   le   piu'
significative  peculiarita'/novita'  di   tale   atto,   si   segnala
l'attivazione di una vera e propria «strategia nazionale» finalizzata
a risolvere le questioni della qualita'  dell'aria  in  Italia  e  ad
assicurare l'adempimento  degli  obblighi  europei,  come  dimostrano
inequivocamente: la sottoscrizione del Protocollo d'intesa  da  parte
del Presidente del Consiglio dei ministri e di 6 Ministri  (oltre  al
Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome);
l'assunzione di specifici impegni in 5  Ambiti  d'intervento  (Misure
trasversali,  Agricoltura  e  combustione  di  biomasse,   Mobilita',
Riscaldamento civile e Uscita dal carbone), tutti declinati  mediante
l'individuazione analitica di azioni poste esclusivamente  a  carico,
in   via   diretta,   delle   Amministrazioni   statali    coinvolte;
l'istituzione di una apposita «Unita'  di  coordinamento»  del  Piano
d'azione  presso  la   Presidenza   del   Consiglio   dei   ministri,
espressamente  finalizzata  -  inter  alia   -   ad   assicurare   la
cooperazione delle Parti «nell'individuazione delle future  strategie
nazionali nei settori [emissivi maggiormente responsabili] al fine di
garantire  una  maggiore  tutela  della  qualita'   dell'aria   e   a
partecipare congiuntamente ai periodici confronti con la  Commissione
europea  volti  alla  rappresentazione  delle  iniziative  avviate  a
livello nazionale per  la  riduzione  dell'inquinamento  atmosferico»
(art. 1, comma 2) (enfasi aggiunta). 
    I.3.3. -  Da  ultimo,  negli  anni  piu'  recenti,  sulla  spinta
dell'esigenza di dare esecuzione alle ricordate sentenze  della  CGUE
del 10 novembre 2020 e del 12 maggio 2022, nel tentativo  estremo  di
dare un impulso decisivo alla garanzia del corretto adempimento degli
obblighi europei in materia di  qualita'  dell'aria,  e'  intervenuto
finalmente anche il legislatore nazionale. 
    Dapprima, con il d.l. n. 121 del 2023 - come convertito in  legge
e successivamente modificato dalla legge n. 177 del  2024  (art.  32,
comma 1) e dal d.l. n. 73 del 2025 (art. 5, comma  3-ter)  -  rivolto
specificamente ad autorizzare proprio le quattro  principali  Regioni
del «bacino padano» (Piemonte, Lombardia, Veneto  ed  Emilia-Romagna)
all'introduzione di misure speciali di limitazione strutturale  della
circolazione stradale  per  alcune  categorie  di  autoveicoli  e  di
veicoli commerciali,  misure  che,  in  assenza  di  tali  previsioni
legislative statali, quelle  medesime  Regioni  non  sarebbero  state
competenti a introdurre (art. 1), nonche'  a  prevedere  direttamente
misure per lo «sviluppo del turismo di prossimita',  all'aria  aperta
ed ecosostenibile per l'abbattimento  delle  emissioni  atmosferiche»
(art.  1-bis)  e  «misure  in  materia  di   riduzione   dell'impatto
ambientale del trasporto merci su  gomma  tramite  potenziamento  del
trasporto aereo» (art. 1-ter). 
    Successivamente, con l'art. 14 del d.l. n. 131 del  2024  -  come
convertito in legge e da ultimo modificato dal d.l. n.  25  del  2025
(art.  15-bis,  comma  1)  -   e'   stata   prevista,   innanzitutto,
l'approvazione  con  decreto  interministeriale  di   uno   specifico
programma finalizzato a promuovere la mobilita'  sostenibile,  dotato
delle relative risorse finanziarie annuali (per una durata massima di
60 mesi) da destinare a interventi proposti dai comuni  capoluogo  di
provincia con popolazione superiore ai 50.000 abitanti e dalle citta'
metropolitane ricadenti nelle zone in cui sia stato accertato - dalle
menzionate sentenze della CGUE e dalla  lettera  di  costituzione  in
mora della Commissione europea del 13 marzo 2024 - il superamento dei
valori limite di qualita' dell'aria relativi al particolato PM10 e al
biossido di azoto NO2. 
    In secondo luogo, ed e' cio' che piu' assume rilievo ai  fini  di
quanto qui si sostiene, e' stata istituita presso la  Presidenza  del
Consiglio  dei  ministri  una  cabina  di  regia  (composta   da   un
rappresentante della stessa Presidenza del Consiglio dei ministri, da
un rappresentante per ciascuno di ben 8 Ministri  coinvolti,  nonche'
da un rappresentante per ciascuna  delle  Regioni  interessate  dalle
procedure di infrazione attualmente aperte), con lo specifico compito
di elaborare un «Piano di azione nazionale per il miglioramento della
qualita'  dell'aria,  comprensivo  di  cronoprogramma»,  destinato  a
essere approvato con delibera del Consiglio dei ministri,  la  quale,
per  espressa  disposizione  di  legge,   e'   tenuta   a   contenere
«l'individuazione delle amministrazioni centrali, regionali e  locali
cui  e'  demandata  l'attuazione  delle  misure  previste  dal  Piano
medesimo, in relazione  alla  natura  delle  misure  stesse  e  delle
competenze delle amministrazioni interessate» (comma  6).  Proprio  a
tale proposito, il successivo comma 8 si preoccupa di specificare che
«Le Amministrazioni individuate nella delibera  di  approvazione  del
Piano sono  tenute  ad  adottare  le  relative  misure  di  carattere
normativo, programmatico e, nei limiti delle risorse disponibili allo
scopo, finanziario volte ad assicurare il rispetto dei valori  limite
di materiale particolato PM10 e di biossido  di  azoto  NO2,  di  cui
all'allegato XI del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, anche
in accordo con gli  altri  enti  locali  interessati  dall'esecuzione
della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione  europea  del  12
maggio 2022, relativa alla causa C-573/2019», mentre il  comma  9,  a
garanzia del corretto adempimento degli impegni che il Piano ponga  a
carico degli enti dell'autonomia territoriale, richiama espressamente
l'istituto dei poteri sostitutivi del Governo di  cui  all'art.  120,
secondo comma, Cost., stabilendo che «In caso di  mancata  attuazione
delle misure del Piano o di scostamenti dal cronoprogramma  approvato
superiori al trimestre, la cabina di regia riferisce al Consiglio dei
ministri che, con apposita deliberazione  adottata  su  proposta  del
Presidente  del  Consiglio   dei   ministri   ovvero   del   Ministro
dell'ambiente e della sicurezza energetica,  puo'  anche  autorizzare
l'esercizio di poteri sostitutivi ai sensi dell'art. 8 della legge  5
giugno 2003, n. 131. L'esercizio dei poteri  sostitutivi  di  cui  al
secondo periodo puo' essere  deliberato,  su  proposta  del  Ministro
dell'ambiente e della sicurezza energetica, anche per  la  tempestiva
attuazione di misure diverse da quelle previste dal Piano e  ritenute
necessarie per assicurare l'esecuzione delle decisioni della Corte di
giustizia dell'Unione europea e della lettera di costituzione in mora
della Commissione europea di cui al comma 4». 
    In attuazione di tale disciplina, come si e' gia'  accennato,  in
data 20 giugno 2025 (ossia appena una settimana dopo la promulgazione
della legge n. 91 che si sottopone in parte  qua  allo  scrutinio  di
questa Ecc.ma Corte), il  Consiglio  dei  ministri  ha  approvato  il
«Piano di  azione  nazionale  per  il  miglioramento  della  qualita'
dell'aria 2025-2027» (Gazzetta Ufficiale - Serie Generale - 2  agosto
2025, n. 178), articolato in 5 ambiti di intervento (1 trasversale, 3
tematici:  Agricoltura,  Mobilita',   Riscaldamento   civile,   e   1
complementare)  e  con  l'individuazione  per   ciascun   ambito   di
specifiche  azioni  operative  espressamente   «inquadrate   in   una
strategia unica e complessiva», come si legge  nelle  premesse  dello
stesso  Piano.  Queste  ultime  recano,  altresi',   due   importanti
precisazioni per quanto  di  maggior  rilievo  in  questa  sede:  «La
definizione  degli  ambiti  d'intervento  e  delle  azioni,  che   ne
costituiscono la specificazione in chiave  operativa,  muovono  dalla
consapevolezza che i fattori incidenti sulla qualita' dell'aria  sono
molteplici  e  richiedono  un'attivita'   trasversale   e   razionale
indirizzata alla comprensione e  all'individuazione  dei  problemi  e
della  loro  soluzione,  attraverso  interventi  specifici  che   sia
direttamente  sia  indirettamente  possano  assicurare  un'aria  piu'
salubre  per  i  cittadini  riducendo   le   emissioni   atmosferiche
inquinanti.  Su  tale  situazione  operano   le   parti   [ossia   le
Amministrazioni dello Stato  coinvolte],  insieme  alle  regioni,  in
ragione delle specifiche e rispettive funzioni,  nel  rispetto  delle
competenze di ciascuna, come indicato di seguito» (enfasi aggiunte). 
    Come imposto dal richiamato comma 6 dell'art. 14 del d.l. n.  131
del 2024 e come ribadito dall'art. 1, comma 2, della delibera del CdM
del  20  giugno  2025,  il  Piano  «individua  per  ogni  misura   le
amministrazioni  centrali,  regionali  e  locali  cui  e'   demandata
l'attuazione della misura».  E  qui  il  dato  che  emerge  con  ogni
evidenza e' addirittura diametralmente opposto rispetto al modello di
riparto di competenze tra Stato e Regioni prefigurato dal principio e
criterio direttivo  della  delega  legislativa  che  si  censura  con
l'odierno ricorso: su 29 azioni operative complessivamente previste e
ripartite sui 5 indicati ambiti  di  intervento,  soltanto  1  (ossia
l'ultima delle «Azioni  in  atto  complementari»,  consistente  nella
«Incentivazione per la promozione delle tecniche agricole inerenti la
copertura delle vasche di stoccaggio rigide e flessibili ancorate  ai
bordi») non contempla una o piu'  Amministrazioni  dello  Stato  come
«soggetto attuatore», assegnando tale qualifica in via esclusiva alle
«regioni del bacino padano»; per tutte le altre 28  azioni  operative
previste dal Piano, tra i «soggetti  attuatori»  e'  sempre  prevista
almeno 1 Amministrazione centrale (ancorche', in alcuni  casi,  anche
in fisiologico abbinamento con enti dell'autonomia territoriale o con
altri  enti),  con  cio'  «certificando»  in  modo  inconfutabile  il
riconoscimento  da  parte  degli  stessi  organi  dello  Stato  della
indispensabilita' di un ruolo diretto e di «prima linea» del  livello
sovraregionale nell'assunzione di responsabilita' operative -  e  non
solo di «soccorso complementare» - nella  gestione  dei  fenomeni  di
inquinamento atmosferico e nella predisposizione e  attuazione  delle
strategie complessive necessarie ad assicurare la qualita'  dell'aria
ambiente sul territorio nazionale. 
    I.4. - Alla luce di tutto quanto  fin  qui  esposto,  emerge  con
chiarezza  che  il  vincolo  imposto  al  legislatore  delegato   dal
principio e  criterio  direttivo  della  delega  legislativa  che  si
censura in questa sede, concernente l'attribuzione  della  competenza
ad  adottare  le  misure  di  risanamento  della  qualita'  dell'aria
ambiente «in via ordinaria» alle autorita' regionali e locali e  solo
«in  via  complementare»  alle  autorita'  statali,   con   specifico
riferimento alla peculiare situazione dei  territori  ricompresi  nel
«bacino padano», viola palesemente le  evocate  norme  costituzionali
che regolano il riparto delle funzioni legislative e amministrative e
che impongono al legislatore statale di farsi carico «ordinariamente»
delle   proprie   responsabilita'   nell'esercizio   della   potesta'
legislativa esclusiva nella materia  della  «tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema» di cui all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),
Cost. e di allocare  -  altrettanto  «ordinariamente»  -  al  livello
sovraregionale (anche mediante  opportuni  trattamenti  differenziati
tra enti dello stesso tipo) le funzioni amministrative per  le  quali
le Regioni risultino strutturalmente inadeguate, ai  sensi  dell'art.
118, primo comma, Cost. 
    In   altri   termini,   la   censurata   norma   di   delega   e'
costituzionalmente illegittima, per  gli  illustrati  profili,  nella
parte in cui non vincola il Governo a prevedere la competenza «in via
ordinaria» e «diretta» degli organi di livello  statale  in  tutti  i
casi in cui, come accade per  i  territori  del  «bacino  padano»,  i
fenomeni di inquinamento atmosferico che incidono sugli  standard  di
qualita'  dell'aria  stabiliti   dalla   direttiva   (UE)   2024/2881
richiedano necessariamente  -  per  le  loro  stesse  caratteristiche
«naturali»   -   l'adozione   di   interventi   pubblici   normativi,
amministrativi e finanziari di livello e dimensione ultraregionale. 
II. - Illegittimita' costituzionale  dell'art.  12,  comma  1,  della
legge 13 giugno 2025, n. 91,  e,  in  particolare,  del  principio  e
criterio direttivo specifico di cui alla lettera b),  per  violazione
degli artt. 3, 97 e 117, primo comma, Cost., con contestuale  lesione
indiretta delle competenze legislative e amministrative regionali  di
cui agli artt. 117, terzo e quarto comma, Cost. e 118 Cost. 
    II.1.  -  L'art.   12   della   legge   n.   91   del   2025   e'
costituzionalmente  illegittimo,  sempre  con  riferimento  a  quanto
disposto con il principio e criterio direttivo di  cui  al  comma  1,
lettera b), e per le medesime ragioni e nei medesimi termini indicati
nella censura che precede, anche da un ulteriore e distinto punto  di
vista.   Tale   previsione,   infatti,   impedisce    alle    Regioni
territorialmente ricomprese nel c.d. «bacino padano», ma  anche  allo
stesso Stato in relazione a quella parte del territorio nazionale, in
termini palesemente irrazionali e in contrasto con  il  principio  di
buon  andamento  dell'amministrazione,  di  conseguire  i   risultati
imposti dalla direttiva (UE) 2024/2881 del Parlamento europeo  e  del
Consiglio «relativa alla qualita' dell'aria ambiente  e  per  un'aria
piu' pulita in Europa», con l'effetto che, in  ragione  dei  suddetti
vizi di legittimita' costituzionale, quelle Regioni (e  tra  esse  la
Regione  odierna  ricorrente)  risulteranno  di  fatto  costrette   a
esercitare le proprie competenze legislative e amministrative - inter
alia nelle materie della «tutela della  salute»,  della  «produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia»,  del  governo  del
territorio, nonche'  dell'«agricoltura»  e  del  «trasporto  pubblico
locale» - in modo costituzionalmente illegittimo e  ad  assumerne  le
relative responsabilita'. In altre  parole,  il  vincolo  imposto  al
legislatore delegato ad allocare e distribuire  tra  lo  Stato  e  le
Regioni  le  funzioni  concernenti  il  risanamento  della   qualita'
dell'aria ambiente nei territori compresi nel «bacino padano» in modo
palesemente irrazionale e strutturalmente inadeguato a  garantire  il
rispetto degli obblighi imposti dal diritto dell'Unione  europea  con
la direttiva di cui la  delega  disciplina  l'attuazione  nel  nostro
ordinamento si pone direttamente in contrasto con gli artt. 3,  97  e
117, primo comma, Cost., determinando, al tempo  stesso,  la  lesione
indiretta delle evocate competenze legislative e amministrative della
Regione del Veneto, dal momento che le imporrebbe  di  esercitare  le
suddette  competenze  in  termini  a  loro  volta  costituzionalmente
illegittimi. 
    II.2.  -  La  presente  censura,   come   si   puo'   agevolmente
comprendere, si  fonda  sui  medesimi  presupposti  di  quella  sopra
illustrata, ponendo pero' all'attenzione di questa  Ecc.ma  Corte  la
violazione diretta di parametri costituzionali sostanziali,  anziche'
competenziali, ovviamente con la doverosa esigenza di argomentare  la
legittimazione della  odierna  ricorrente  a  proporre  una  siffatta
questione. 
    Come si conta  di  aver  ampiamente  mostrato  nelle  pagine  che
precedono, l'esperienza del modello di riparto delle  competenze  tra
Stato e Regioni in materia di qualita' dell'aria disegnato dal d.lgs.
n. 155 del 2010 - di cui la censurata norma  di  delega  pretende  di
imporre al Governo la riproduzione senza modifiche - ne ha  rivelato,
in  piu'  sedi  e  a  piu'  riprese,  la  strutturale  e   conclamata
inadeguatezza ad assicurare la conformita' agli standard imposti  dal
diritto   dell'Unione   europea,   particolarmente   con    specifico
riferimento  ai  territori  del  «bacino  padano»;   e   proprio   la
riconosciuta inadeguatezza di quel modello,  come  si  e'  visto,  ha
condotto da piu' di un decennio alla inesorabile affermazione  di  un
sistema alternativo, nel quale tanto il legislatore nazionale, quanto
le Amministrazioni dello Stato a  vario  titolo  coinvolte,  si  sono
progressivamente fatti carico di intervenire direttamente assumendosi
responsabilita' in tutto e per tutto «ordinarie», mediante l'adozione
di misure  normative,  amministrative  e  finanziarie  specificamente
rivolte  a  perseguire  l'allineamento  della   situazione   italiana
concernente la qualita' dell'aria al vigente  diritto  dell'Unione  e
tutt'altro che riconducibili a una qualche  forma  di  «sostituzione»
degli enti regionali coinvolti in ragione di eventuali (e mai neppure
ipotizzati) «inadempimenti» loro imputabili  rispetto  agli  obblighi
europei. 
    Orbene, in un simile contesto,  e'  del  tutto  evidente  che  la
pretesa della censurata norma di  delega  di  riprodurre  ut  est  un
sistema di riparto di competenze quale quello del d.lgs. n.  155  del
2010, e di farlo a dispetto della sua documentata inefficacia e della
intrinseca irrazionalita' gia' inconfutabilmente  acclarate  rispetto
agli  obiettivi  (assai  meno  rigorosi)  imposti  dalla   precedente
direttiva  2008/50/CE,  a  maggiore  e  piu'  specifica  ragione   in
relazione ai territori del «bacino padano», si pone  direttamente  in
contrasto non solo  con  l'art.  3  Cost.  e  il  principio  di  buon
andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97 Cost., ma anche con
l'art. 117, primo comma, Cost., con riferimento ai ben piu' severi  e
stringenti obblighi imposti dalla direttiva  (UE)  2024/2881  che  il
legislatore delegato e' oggi chiamato a recepire. 
    In buona sostanza, a fronte della «sfida epocale»  che  la  nuova
direttiva europea sottopone  alle  strategie  attuative  degli  Stati
membri che dovrebbero condurre  al  perseguimento  (entro  i  termini
stabiliti dal  legislatore  dell'Unione)  addirittura  dell'obiettivo
dell'inquinamento zero, non si e' affatto lontani della realta' se si
afferma  che  il  principio  di  delega  qui   censurato,   in   modo
evidentemente privo di qualunque razionalita', costituisce una vera e
propria «garanzia a rovescio», ossia la garanzia che l'esercizio  del
potere legislativo delegato al Governo  -  nei  termini  imposti  dal
legislatore delegante - non potra'  giammai  assicurare  il  corretto
adempimento degli obblighi europei. 
    Anche dal punto di vista qui esaminato,  pertanto,  la  censurata
norma di delega e' costituzionalmente illegittima nella parte in  cui
non vincola il Governo a prevedere la competenza «in via ordinaria» e
«diretta» degli organi di livello statale in tutti  i  casi  in  cui,
come accade per i  territori  del  «bacino  padano»,  i  fenomeni  di
inquinamento atmosferico che  incidono  sugli  standard  di  qualita'
dell'aria  stabiliti  dalla  direttiva  (UE)  2024/2881,   richiedano
necessariamente - per le loro  stesse  caratteristiche  «naturali»  -
l'adozione  di  interventi  pubblici  normativi,   amministrativi   e
finanziari di livello e dimensione ultraregionale. 
    II.3. - Quanto  alla  legittimazione  dell'odierna  ricorrente  a
prospettare in sede di ricorso ex art. 127 Cost.  la  violazione  dei
richiamati parametri costituzionali sostanziali, non occorre spendere
molte  parole  per  dimostrare  come  i  vizi  denunciati   ridondino
senz'altro nella lesione indiretta  delle  competenze  legislative  e
amministrative che la Costituzione riconosce alle Regioni. 
    E'  sufficiente  considerare  che  le  politiche  e   le   misure
necessarie ad assicurare gli standard di qualita' dell'aria stabiliti
dalla direttiva europea, ancorche' riferibili senz'altro alla  tutela
dell'ambiente in ragione del  fine  ultimo  che  perseguono  e  della
ontologica  trasversalita',   investono   e   soprattutto   implicano
innegabilmente, in termini addirittura  imprescindibili,  l'esercizio
di competenze normative riconducibili ad ambiti materiali  di  sicura
legislazione regionale,  quali,  tra  gli  altri,  la  «tutela  della
salute»,  la  «produzione,  trasporto   e   distribuzione   nazionale
dell'energia» e il governo del territorio, affidati  alla  competenza
concorrente di cui all'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  nonche'  ad
ambiti  quali  l'«agricoltura»  e  il  «trasporto  pubblico  locale»,
affidati alla competenza residuale di cui all'art. 117, quarto comma,
Cost.  E  non  diversamente  accade  in   relazione   alle   funzioni
amministrative, laddove, oltre evidentemente alle necessarie funzioni
di livello nazionale gia' piu' volte richiamate nel presente ricorso,
un'ampia molteplicita' di funzioni si rivela adeguatamente allocabile
in capo alle  Regioni,  in  piena  conformita'  a  quanto  prescritto
dall'art. 118, primo comma, Cost. 
    Alla luce  di  tali  elementi,  e'  del  tutto  evidente  che  la
illegittimita' costituzionale della censurata  norma  di  delega  per
contrasto con gli artt. 3, 97 e 117,  primo  comma,  Cost.,  sotto  i
profili sopra esposti, e' destinata a determinare inevitabilmente una
lesione   indiretta   delle   evocate   competenze   legislative    e
amministrative della Regione odierna ricorrente, se non altro perche'
quest'ultima si troverebbe costretta a esercitare  quelle  competenze
adottando propri atti che risulterebbero  viziati  da  illegittimita'
derivata per violazione di quei medesimi parametri costituzionali. 
III. - Illegittimita' costituzionale dell'art.  12,  comma  2,  della
legge 13 giugno 2025, n. 91, per violazione del  principio  di  leale
collaborazione di cui agli artt. 5 e 120, secondo comma, Cost. 
    III.1.  -  L'art.  12   della   legge   n.   91   del   2025   e'
costituzionalmente  illegittimo  anche  con  specifico   e   autonomo
riferimento alla previsione del  comma  2,  in  quanto  la  norma  di
delega, nonostante  le  molteplici  interferenze  con  le  competenze
regionali non risolvibili mediante il criterio della  prevalenza  del
legislatore  statale,   prescrive,   per   l'adozione   dei   decreti
legislativi delegati attuativi, una forma inadeguata di raccordo  con
le Regioni quale il mero parere della Conferenza unificata,  anziche'
l'intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, ossia la sola forma  di
raccordo collaborativo idonea a realizzare  quel  confronto  reale  e
autentico con le autonomie regionali che la giurisprudenza di  questa
Ecc.ma Corte considera necessario, in simili casi,  per  contemperare
la incisione e la conformazione delle loro competenze. 
    III.2. - Premesso che nel corso  dell'iter  di  formazione  della
disciplina di delega qui censurata non e' stata attivata alcuna forma
di collaborazione con  il  sistema  delle  autonomie  regionali,  dal
momento che la Conferenza Stato-Regioni - Sessione Europea ha  potuto
esprimere il proprio parere, in data 17 ottobre 2024, solo sul d.d.l.
originario predisposto dal Governo e che il testo  dell'attuale  art.
12 con la delega legislativa per il recepimento della direttiva  (UE)
2024/2881 e' stato introdotto solo nel corso della prima  lettura  da
parte del Senato su proposta della IV Commissione in data 25 febbraio
2025,  con  il  comma  2  oggetto  della  prospettata  questione   di
legittimita' costituzionale il legislatore delegante ha espressamente
previsto che «I decreti legislativi di cui al comma 1  sono  adottati
previo parere della  Conferenza  unificata  di  cui  all'art.  8  del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281». 
    Tale previsione, pur espressione del riconoscimento dell'esigenza
di introdurre una qualche forma di collaborazione tra il Governo e il
sistema delle autonomie territoriali (nel suo  insieme)  in  sede  di
concreto esercizio della  delega  legislativa  in  esame,  si  rivela
costituzionalmente illegittima per violazione del principio di  leale
collaborazione di cui agli artt. 5 e 120, secondo comma,  Cost.,  dal
momento che omette palesemente di considerare la peculiare  posizione
degli enti regionali e le competenze costituzionali di questi  ultimi
che risultano inevitabilmente coinvolte nell'adozione delle politiche
e delle misure  necessarie  a  garantire  gli  standard  di  qualita'
dell'aria stabiliti a livello europeo, tanto sotto il  profilo  della
sede collaborativa individuata (la Conferenza Unificata, anziche'  la
Conferenza Stato-Regioni), quanto - e ancor piu' - sotto  il  profilo
della intensita' della forma di  collaborazione  prescelta  (il  mero
parere, anziche' l'intesa). 
    La Regione del Veneto  e'  ben  consapevole  che  la  consolidata
giurisprudenza di questa Ecc.ma Corte  e'  prevalentemente  orientata
nel senso di escludere, in linea  di  principio,  l'applicazione  del
principio di leale collaborazione in  sede  di  adozione  degli  atti
legislativi  statali,  ossia  la  «necessita'»   che   nell'iter   di
formazione  di  tali  atti  -  «nella  perdurante  assenza   di   una
trasformazione delle istituzioni parlamentari e,  piu'  in  generale,
dei procedimenti legislativi» -  siano  previste  adeguate  forme  di
raccordo collaborativo  a  garanzia  soprattutto  delle  attribuzioni
costituzionali delle autonomie regionali. 
    Cio' nondimeno, proprio con riferimento all'adozione dei  decreti
legislativi, questa stessa Corte, a partire dalla notissima sent.  n.
251 del 2016, ha avuto modo di affermare a chiare  lettere  che  «la'
dove, tuttavia,  il  legislatore  delegato  si  accinge  a  riformare
istituti  che   incidono   su   competenze   statali   e   regionali,
inestricabilmente  connesse,  sorge   la   necessita'   del   ricorso
all'intesa. Quest'ultima si impone, dunque, quale cardine della leale
collaborazione anche quando l'attuazione delle  disposizioni  dettate
dal legislatore statale e' rimessa a  decreti  legislativi  delegati,
adottati  dal  Governo  sulla  base  dell'art.  76  Cost.»,  i  quali
«finiscono, infatti, con l'essere attratti nelle procedure  di  leale
collaborazione,   in   vista   del   pieno   rispetto   del   riparto
costituzionale delle competenze» (enfasi aggiunta). E  proprio  sulla
base di tale ricostruzione, nella richiamata sent. n. 251  del  2016,
e'  stata  dichiarata  la  illegittimita'  costituzionale  di  alcune
disposizioni della legge  di  delega  n.  124  del  2015  oggetto  di
scrutinio, nella parte in cui esse - cosi' come  accade  nell'odierno
giudizio - prevedevano che il Governo adottasse  i  relativi  decreti
legislativi  attuativi  previo  parere  della  Conferenza  Unificata,
anziche' previa intesa, in alcuni casi della Conferenza Stato-Regioni
e in alcuni casi della stessa Conferenza Unificata. 
    III.3. -  Orbene,  a  fondamento  di  tutte  le  declaratorie  di
illegittimita' costituzionale appena menzionate questa Corte ha posto
con chiarezza l'emersione, in quei casi, di un «palese» «concorso  di
competenze, inestricabilmente connesse, nessuna delle quali si rivela
prevalente, ma  ciascuna  delle  quali  concorre  alla  realizzazione
dell'ampio disegno di riforma»  prefigurato  dalla  disciplina  della
delega legislativa in questione,  ossia  di  una  situazione  in  cui
l'esercizio  del  potere  affidato  al  legislatore  delegato  doveva
ritenersi  caratterizzato  da   «molteplici   interferenze   con   le
competenze regionali  non  risolvibili  mediante  il  criterio  della
prevalenza del legislatore statale». 
    Si tratta di una situazione che trova piena corrispondenza  anche
con riguardo alla delega legislativa di cui qui si discute. 
    E' pur vero  che  la  disciplina  recata  dalla  nuova  direttiva
europea sulla  qualita'  dell'aria  ambiente  2024/2881  puo'  essere
agevolmente  ricondotta  alla  competenza  dell'Unione  nel   settore
dell'ambiente, anche in forza della esplicita base giuridica  che  la
stessa direttiva individua nell'art. 192, par. 1,  del  TFUE;  ma  e'
altrettanto vero che costituirebbe  una  palese  quanto  superficiale
forzatura ritenere che, per cio' solo,  anche  l'attuazione  di  tale
direttiva  nell'ordinamento  degli  Stati   membri   -   e,   dunque,
l'individuazione delle strategie,  degli  strumenti  e  delle  misure
concretamente chiamate ad assicurare la conformita' agli standard  di
qualita' dell'aria imposti dal legislatore europeo -  possano  essere
ascritte sic et simpliciter, ancorche' solo in base  al  criterio  di
una asserita «prevalenza», alla competenza legislativa esclusiva  che
l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),  Cost.   attribuisce   al
legislatore statale. 
    In realta', come dimostra anche la pluridecennale  esperienza  di
cui si e' dato  rapidamente  conto  supra  a  proposito  della  prima
questione sollevata, in materia di qualita'  dell'aria  si  configura
una netta e imprescindibile distinzione che  vede,  da  un  lato,  le
discipline che fissano gli standard da rispettare e  i  risultati  da
conseguire,  i  parametri  di  controllo  e  di  misurazione  per  le
necessarie verifiche di conformita', nonche'  le  tempistiche  e  gli
aggiornamenti  al  progresso  tecnico-scientifico,  ossia,  in  buona
sostanza, gli «obiettivi di  tutela  ambientale»  e  tutto  cio'  che
occorre   per   accertarne   progressivamente   il    raggiungimento;
dall'altro,  pero',  quelle  medesime  discipline  -   di   per   se'
riconducibili  senz'altro  alla  «tutela  dell'ambiente -  richiedono
necessariamente, pena la loro sicura  inefficacia  e  ineffettivita',
l'attivazione di politiche strategiche di  straordinaria  varieta'  e
complessita'  che  investano,  con  appositi   strumenti   e   misure
appropriate rivolte specificamente alla innegabile molteplicita'  dei
fattori che incidono sulla qualita' dell'aria,  i  piu'  vasti  campi
delle attivita' antropiche  produttive  di  emissioni  in  atmosfera,
dispiegandosi  dalle  attivita'  industriali  e   commerciali,   alla
produzione e al consumo di energia,  alle  attivita'  agricole,  alla
mobilita'    e    alla    intermodalita'    dei     trasporti,     al
riscaldamento/raffreddamento  degli  ambienti   civili,   all'assetto
urbanistico del territorio, oltre ovviamente alla  sanita'  pubblica,
al turismo, alla ricerca scientifica e  all'innovazione  tecnologica.
D'altra parte, che una simile «constatazione» non sia riconducibile a
una mera «opinione» di parte, ma possa ritenersi pienamente condivisa
finanche dallo stesso  legislatore  delegante,  e'  dimostrato  dalla
formulazione testuale del principio e criterio direttivo di cui  allo
stesso art. 12, comma 1, lettera a), il quale impone espressamente al
Governo  di  «assicurare  la  sinergia  tra  le  azioni  relative  al
risanamento della qualita' dell'aria ambiente e le azioni relative ai
settori che interessano le piu' importanti fonti emissive, prevedendo
le necessarie misure di integrazione e di coordinamento tra gli  atti
di  pianificazione  e  di  programmazione  in  materia  di   qualita'
dell'aria e quelli  in  materia  di  trasporti,  mobilita',  energia,
industria, efficienza energetica e  agricoltura,  nonche'  prevedendo
sedi e procedure istituzionali per l'impulso e  il  coordinamento  di
un'azione condivisa, a livello territoriale e  a  livello  nazionale,
tra le autorita' competenti per la qualita' dell'aria e le  autorita'
competenti per tali settori» (enfasi aggiunta). 
    Come si vede, dunque, mentre non e' affatto difficile  ricondurre
la disciplina dettata dal legislatore europeo  con  la  direttiva  in
parola alla competenza in materia  di  ambiente,  e'  tutt'altro  che
scontato - e, anzi,  senz'altro  scorretto  proprio  in  forza  della
inderogabilita' degli standard, degli obiettivi e  dei  parametri  di
qualita' dell'aria gia' stabiliti dalla vigente normativa  europea  -
ritenere che la disciplina normativa affidata al legislatore delegato
italiano per il recepimento e l'attuazione di quella direttiva  possa
essere  ricondotta  a  una  supposta  «prevalenza»  della  competenza
ambientale esclusiva del legislatore statale, configurandosi, tutt'al
contrario,  proprio  quell'inestricabile  intreccio   di   competenze
legislative dello Stato e  delle  Regioni  non  risolvibili  mediante
l'evocato criterio di prevalenza, che, come si e' visto,  costituisce
il presupposto che ha  gia'  consentito  a  questa  Ecc.ma  Corte  di
ritenere fondate questioni di legittimita' costituzionale  del  tutto
analoghe a quella che si sottopone all'odierno giudizio. 
    III.4. - La incostituzionalita' del censurato comma  2  dell'art.
12 della legge n. 91  del  2025  nei  termini  esposti  e'  lamentata
indipendentemente e in via autonoma rispetto all'esito  del  giudizio
sulle prime due questioni aventi a oggetto il comma  1,  lettera  b),
prescindendo, come si conta  di  aver  dimostrato  nell'illustrazione
della  presente  censura,   dall'auspicato   accoglimento   di   tali
questioni. Cio' nondimeno, merita osservare  fin  da  ora  che  anche
nella denegata ipotesi in cui questa Ecc.ma Corte dovesse ritenere di
definire  il  giudizio  con  una  pronuncia  di  rigetto  di   quelle
questioni, la illegittimita' costituzionale del comma 2 per i profili
qui denunciati permarrebbe senz'altro e,  anzi,  risulterebbe  ancora
piu' evidente e finanche macroscopica. E'  innegabile,  infatti,  che
nel caso in cui fosse esclusa la incostituzionalita' del principio  e
criterio direttivo di cui al comma  1,  lettera  b),  il  vincolo  ad
adottare i decreti legislativi attuativi prevedendo la competenza «in
via ordinaria» delle autorita' regionali e locali per  le  misure  di
risanamento della  qualita'  dell'aria  ambiente,  a  fronte  di  una
competenza solo «in via complementare» delle autorita' statali  (alla
sola duplice e alternativa condizione della «insufficienza» dei piani
regionali  o  della  sottoscrizione  di  accordi  sottoscritti  dalle
autorita' regionali interessate  e  da  tutte  le  autorita'  statali
competenti nei settori emissivi coinvolti), rivelerebbe  per  tabulas
la sicura inadeguatezza a garantire il riparto  costituzionale  delle
competenze tra Stato e  Regioni  della  forma  collaborativa  imposta
dalla norma di delega, ossia del mero parere da acquisire nella  sede
della  Conferenza  Unificata,  in  luogo  dell'intesa  in   sede   di
Conferenza Stato-Regioni. 
IV. - Illegittimita' costituzionale  dell'art.  12,  comma  3,  della
legge 13 giugno 2025, n. 91, per violazione  degli  artt.  81,  terzo
comma, e 119, quarto comma, Cost., ovvero degli artt. 3,  97  e  117,
primo comma, Cost. 
    IV.1. - L'art.  12  della  legge  n.  91  del  2025,  infine,  e'
costituzionalmente  illegittimo  anche  con  specifico   e   autonomo
riferimento alla previsione del  comma  3,  in  quanto  la  norma  di
delega, imponendo al Governo la clausola  di  invarianza  finanziaria
per l'adozione dei decreti legislativi attuativi,  palesemente  elude
l'obbligo di copertura  delle  spese  connesse  alle  numerose  nuove
funzioni richieste dalla corretta  attuazione  della  direttiva  (UE)
2024/2881, ponendosi  in  contrasto  altresi'  con  il  principio  di
corrispondenza tra risorse finanziarie e  funzioni  che  impone  allo
Stato  di  assicurare  agli  enti  dell'autonomia   territoriale   il
finanziamento integrale delle funzioni pubbliche loro  attribuite  (e
cio' in violazione del combinato disposto dell'art. 81, terzo  comma,
e dell'art.  119,  quarto  comma,  Cost.),  ovvero,  in  alternativa,
pretende «effettivamente» e «seriamente» di vincolare il  legislatore
delegato  ad  attuare  gli  obblighi  derivanti  dalla  direttiva  in
questione senza nuovi o maggiori oneri per la finanza  pubblica,  con
cio',  pero',  irrazionalmente  contraddicendo  le  stesse  finalita'
dichiarate  della  delega  e  addirittura   impedendo   il   corretto
adempimento di quegli obblighi (e cio' in violazione degli  artt.  3,
97 e 117, primo comma, Cost.). 
    IV.2. - Come si e' gia' segnalato in premessa,  con  il  comma  3
dell'art. 12 della legge n. 91 del 2025 il legislatore  delegante  ha
inteso vincolare  il  Governo  mediante  una  esplicita  clausola  di
invarianza finanziaria, stabilendo espressamente che  dall'attuazione
della delega «non devono derivare  nuovi  o  maggiori  oneri  per  la
finanza pubblica» e precisando  che  «le  amministrazioni  competenti
provvedono ai relativi adempimenti con le risorse umane,  strumentali
e finanziarie disponibili a legislazione vigente». 
    La  norma  in  questione  ha  evidentemente  natura  speciale  in
relazione  al  recepimento  e  all'attuazione  della  direttiva  (UE)
2024/2881, con lo  specifico  effetto  di  derogare  alla  disciplina
generale  degli  oneri  finanziari  e  delle  relative  modalita'  di
copertura stabilita dall'art. 1, comma 3, della stessa  legge  n.  91
del 2025, laddove si dispone che, ferme  restando  per  l'appunto  le
clausole di invarianza finanziaria previste dalle varie  disposizioni
specifiche della legge (tra le quali, per quanto qui  rileva,  l'art.
12, comma 3), «eventuali spese non contemplate da leggi vigenti e che
non riguardano l'attivita' ordinaria delle amministrazioni statali  o
regionali possono essere previste nei decreti legislativi di  cui  al
comma 1  del  presente  articolo,  nei  soli  limiti  occorrenti  per
l'adempimento degli obblighi derivanti dall'esercizio  delle  deleghe
di cui al medesimo comma 1. Alla  relativa  copertura,  nonche'  alla
copertura    delle    minori    entrate    eventualmente    derivanti
dall'attuazione delle deleghe, laddove non sia possibile farvi fronte
con i  fondi  gia'  assegnati  alle  competenti  amministrazioni,  si
provvede mediante  riduzione  del  fondo  per  il  recepimento  della
normativa europea, di cui all'art. 41-bis della citata legge  n.  234
del 2012. Qualora  la  dotazione  del  predetto  fondo  si  rivelasse
insufficiente, i decreti  legislativi  dai  quali  derivino  nuovi  o
maggiori oneri  sono  emanati  solo  successivamente  all'entrata  in
vigore dei provvedimenti  legislativi  che  stanziano  le  occorrenti
risorse finanziarie, in conformita' all'art. 17, comma 2, della legge
31 dicembre 2009, n. 196» (enfasi aggiunta). 
    Proprio l'art. 17, comma 2, della legge n. 196 del 2009,  d'altra
parte, reca la disciplina generale di riferimento  per  la  copertura
degli oneri finanziari nei casi di deleghe legislative: «Le leggi  di
delega comportanti oneri recano i mezzi di  copertura  necessari  per
l'adozione dei relativi decreti  legislativi.  Qualora,  in  sede  di
conferimento  della  delega,  per  la  complessita'   della   materia
trattata, non  sia  possibile  procedere  alla  determinazione  degli
effetti   finanziari   derivanti   dai   decreti   legislativi,    la
quantificazione degli stessi e' effettuata al  momento  dell'adozione
dei singoli decreti legislativi.  I  decreti  legislativi  dai  quali
derivano nuovi o maggiori oneri  sono  emanati  solo  successivamente
all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che  stanzino  le
occorrenti  risorse  finanziarie.  A  ciascuno  schema   di   decreto
legislativo e' allegata una relazione tecnica, predisposta  ai  sensi
del comma 3, che da' conto della neutralita' finanziaria del medesimo
decreto ovvero dei nuovi o maggiori oneri da  esso  derivanti  e  dei
corrispondenti mezzi di copertura». 
    Anche alla  luce  di  tali  discipline  generali  (che  avrebbero
senz'altro consentito quantomeno di assicurare la  «possibilita'»  di
una  corretta  quantificazione  degli  oneri  derivanti  dai  decreti
legislativi attuativi e la loro  relativa  copertura  finanziaria  al
momento dell'esercizio  del  potere  legislativo  delegato),  risulta
dunque assolutamente inequivoca la precisa volonta'  della  norma  di
delega che qui  si  censura  di  conformare  l'esercizio  del  potere
legislativo delegato al Governo per l'attuazione della  direttiva  in
parola ad  adottare  si'  tutte  le  misure  necessarie  ad  adeguare
l'ordinamento interno  ai  nuovi  obblighi  imposti  dal  legislatore
europeo, ma, al contempo,  a  farlo  nella  rigorosa  osservanza  del
vincolo dell'invarianza finanziaria, ossia senza  che  quelle  misure
possano in alcun modo determinare  nuovi  o  maggiori  oneri  per  la
finanza pubblica rispetto alle risorse gia' disponibili in base  alla
legislazione vigente. 
    IV.3. - Ora, se solo si  considerano  gli  obiettivi  addirittura
«epocali»  (e,  come  gia'  osservato  supra,   del   tutto   inediti
nell'intero panorama mondiale) ai quali la direttiva  (UE)  2024/2881
collega i nuovi e assai articolati obblighi imposti agli Stati membri
in tema  di  garanzia  della  qualita'  dell'aria  ambiente,  non  e'
difficile comprendere che un effettivo  adeguamento  dell'ordinamento
italiano  alle  prescrizioni  stabilite  dal  legislatore  europeo  -
soprattutto  nella  gia'  conclamata  situazione  di  perdurante  non
conformita' rispetto agli assai meno rigorosi standard  previgenti  -
non  e'  realisticamente  neppure  ipotizzabile  senza   la   congrua
previsione di nuove e maggiori risorse  rispetto  a  quanto  disposto
dalla legislazione attualmente in vigore, con  l'effetto  di  rendere
del  tutto  evidente  la  incostituzionalita'   della   clausola   di
invarianza finanziaria prevista dalla disposizione censurata, sotto i
due alternativi profili qui denunciati. Infatti, delle due l'una. 
    O  si  ritiene  che  il  legislatore  delegato   dovra'   davvero
provvedere a dare attuazione alla direttiva europea «a  costo  zero»,
ossia senza alcun nuovo impatto negativo sulla finanza  pubblica,  ma
allora risulterebbero contraddittoriamente pregiudicate in limine  le
stesse finalita' della delega legislativa in questione,  dal  momento
che giammai l'esercizio  del  potere  legislativo  delegato  potrebbe
assicurare le condizioni per l'adeguamento dell'ordinamento interno e
l'effettivo adempimento degli obblighi europei, in  violazione  degli
artt. 3, 97 e  117,  primo  comma,  Cost.  (con  correlativa  lesione
indiretta   delle   gia'   richiamate   competenze   legislative    e
amministrative delle Regioni, le quali, analogamente a quanto  si  e'
sopra argomentato a proposito della questione sub II, si troverebbero
costrette ad adottare atti di  esercizio  di  quelle  competenze  che
risulterebbero inesorabilmente  viziati  da  illegittimita'  derivata
dalla  incostituzionalita'  dei  decreti  legislativi  adottati   dal
Governo). 
    Oppure si  ritiene  che  il  legislatore  delegato,  proprio  per
assicurare  il  corretto  ed  effettivo  adempimento  degli  obblighi
europei,  potra'  fisiologicamente  prevedere   misure   che,   nella
sostanza, risultino in effetti produttive di nuovi  impatti  negativi
sulla  finanza  pubblica,  ma  in  questo  caso,  non   potendo   ne'
quantificare tali nuovi o maggiori oneri, ne' tanto  meno  provvedere
alla loro copertura in ragione dell'esplicito vincolo  imposto  dalla
clausola di invarianza finanziaria stabilita dalla  norma  censurata,
risulterebbero evidentemente eluse - e, percio', violate -  le  norme
costituzionali  che  obbligano  il  legislatore  statale   a   quella
quantificazione e a quella copertura, ossia l'art. 81,  terzo  comma,
Cost. e, con riferimento alla finanza degli enti territoriali e  alla
garanzia  costituzionale  dell'integrale  finanziamento  delle   loro
funzioni, l'art. 119, quarto comma, Cost. 

 
                              P. Q. M. 
 
    La Regione del Veneto, come sopra rappresentata e difesa,  chiede
che questa Ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del  presente
ricorso, dichiari l'illegittimita' costituzionale dell'art. 12  della
legge 13 giugno 2025, n. 91 (Delega al  Governo  per  il  recepimento
delle direttive europee e  l'attuazione  di  altri  atti  dell'Unione
europea - Legge di  delegazione  europea  2024),  nei  limiti  e  nei
termini sopra esposti. Con ossequio. 
        Venezia-Roma, 12 agosto 2025 
 
                    Avv.ti: Quarneti - Cecchetti