Reg. Ric. n. 31 del 2025 n° parte 1
pubbl. su G.U. del 24/09/2025 n. 39
Ricorrente:Presidente del Consiglio dei ministri
Resistenti: Regione autonoma della Sardegna
Oggetto:
Edilizia e urbanistica – Interventi edilizi – Norme della Regione autonoma Sardegna – Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985 – Definizione degli interventi edilizi – Previsione che ai fini di una corretta applicazione delle definizioni dei medesimi interventi, la realizzazione di nuovo volume in una costruzione esistente è considerata ristrutturazione edilizia se avviene all'interno della sagoma esistente e nuova costruzione in caso contrario – Ricorso del Governo – Denunciata disposizione che, incidendo sull’individuazione delle categorie di interventi edilizi, introduce un automatismo che si pone in contrasto con le norme statali di riferimento di riforma economico sociale – Eccedenza dalle competenze statutarie – Lesione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali – Normativa che si risolve in una potenziale modifica del regime amministrativo dei titoli abilitativi, differente rispetto a quello previsto dal Testo unico dell’edilizia (TUE), in grado di determinare una significativa trasformazione del territorio – Incidenza irragionevole e sproporzionata sui livelli essenziali delle prestazioni civili e sociali che devono esser garantiti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale – Introduzione di una previsione più rigorosa che genera una sostanziale spoliazione a danno delle amministrazioni preposte alla pianificazione del territorio – Lesione dei principi di buon andamento dell’amministrazione e di ragionevolezza.
- Legge della Regione Sardegna del 17 giugno 2025, n. 18, art. 2, comma 1, introduttivo nella legge regionale n. 23 del 1985 dell’art. 2- bis.
- Costituzione, artt.3, 97, 117, secondo comma, lettere m) e s); statuto speciale per la Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, artt. 3, lettera f), e 6; decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, artt. 2-bis, 3 e 10.
Edilizia e urbanistica – Interventi edilizi – Norme della Regione autonoma Sardegna – Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985 – Stato legittimo dell'immobile – Previsione che negli immobili oggetto di condono edilizio realizzati in contrasto con le norme urbanistiche sono consentite, senza incremento volumetrico o di superficie coperta, unicamente opere di manutenzione ordinaria, di manutenzione straordinaria, di restauro e risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia non comportanti demolizione e ricostruzione con differente sagoma – Ricorso del Governo – Denunciata normativa che introduce un vincolo ostativo verso l’esecuzione di determinati interventi su immobili o unità immobiliari oggetto di condono edilizio – Contrasto con la normativa interposta di riforma economico sociale la quale stabilisce che lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è, tra l’altro, quello statuito dal titolo che ne ha legittimato la costruzione, ovvero anche quello rilasciato a seguito di condono – Eccedenza dalle competenze statutarie – Lesione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali – Limitazione della facoltà del proprietario di realizzare taluni interventi edilizi in un immobile oggetto di condono – Lesione della tutela della proprietà privata.
- Legge della Regione Sardegna del 17 giugno 2025, n. 18, art. 2, comma 1, introduttivo nella legge regionale n. 23 del 1985 dell’art. 2- ter.
- Costituzione, artt. 42 e 117, secondo comma, lettera s); statuto speciale per la Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, artt. 3, lettera f), e 6; decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, artt. 9-bis, comma 1-bis.
Edilizia e urbanistica – Interventi edilizi – Norme della Regione autonoma Sardegna – Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985 – Incentivazione degli interventi di riuso del patrimonio edilizio dismesso e per l'efficientamento energetico – Previsione che, sia in caso di interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti alla data del 24 maggio 2024, sia in caso di edifici di nuova costruzione o ampliamento di quelli esistenti, sono ammesse, a determinate condizioni, deroghe alle normative regionali o regolamenti edilizi comunali, anche con riferimento alle distanze minime dai confini, delle distanze minime di protezione del nastro stradale e ferroviario – Previsione che le deroghe vanno esercitate nel rispetto delle distanze minime riportate nel codice civile – Ricorso del Governo – Denunciata disciplina che si pone in contrasto con la normativa statale interposta che non consente, se non nei termini specificamente previsti, la possibilità di derogare alla distanza minima stabilita, fissata in 30 metri – Lesione della competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia della sicurezza – Eccedenza dalle competenze statutarie.
- Legge della Regione Sardegna del 17 giugno 2025, n. 18, art. 4, introduttivo nella legge regionale n. 23 del 1985 dei commi 3-bis e 3-ter nell’art. 3-bis.
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera h); statuto speciale per la Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, artt. 3, lettera f), e 6; decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 753, artt. 49 e 60.
Edilizia e urbanistica – Interventi edilizi – Norme della Regione autonoma Sardegna – Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985 – Interventi di efficientamento energetico – Prevista esclusione dal computo dei volumi e dall’altezza massima dell’edificio, degli spessori di murature esterne, degli elementi di chiusura superiori e inferiori che racchiudono il volume riscaldato delle superfici e dei rapporti di copertura nei limiti indicati, anche nel caso di edifici nuovi – Ricorso del Governo – Denunciato contrasto con la normativa statale di riferimento la quale esclude che le deroghe ammesse per promuovere l’efficienza energetica possano applicarsi agli edifici nuovi – Lesione del principio di leale collaborazione per inosservanza della pianificazione concertata e condivisa – Violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, attesa l’introduzione di una deroga che potrebbe inficiare l’essenza e la funzione del principio di pianificazione – Eccedenza dalle competenze statutarie.
- Legge della Regione Sardegna del 17 giugno 2025, n. 18, art. 4, modificativo dell’art. 3-bis della legge regionale n. 23 del 1985.
- Costituzione, artt. 5 e 120 nonché 117, secondo comma, lettera l); statuto speciale per la Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, artt. 3, lettera f), e 6; decreto legislativo 14 luglio 2020, n. 73, art. 13.
Edilizia e urbanistica – Interventi edilizi – Norme della Regione autonoma Sardegna – Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985 – Opere eseguite in totale difformità dal titolo abilitativo – Previsione che sono considerati in totale difformità dal titolo abilitativo l'esecuzione di volumi edilizi o la realizzazione di superfici coperte oltre il 30 per cento, per i soli fabbricati esistenti alla data del 24 maggio 2024, e il 20 per cento, in tutti gli altri casi, dei limiti indicati nel progetto, nonché modifiche superiori al 50 per cento delle distanze da fabbricati, dai confini del lotto e dalle strade indicate nel progetto, o riduzioni di qualunque entità che determinano distanze inferiori ai minimi previsti dalle vigenti disposizioni – Previsione che è, in ogni caso, considerata totale difformità la modifica della localizzazione dell'edificio all'interno del lotto urbanistico di pertinenza quando non vi è alcuna sovrapposizione della sagoma a terra dell'edificio autorizzato e di quello realizzato – Ricorso del Governo – Denunciata disposizione che, determinando una collocazione delle diverse ipotesi di violazione edilizia all’interno della categoria della totale difformità, confligge con quanto disposto dalla normativa statale di riferimento, maggiormente restrittiva, che costituisce una normativa di riforma economico-sociale cui attenersi – Incidenza sull’individuazione delle fattispecie di reato con sostanziale modifica dei profili penalistici connessi alla realizzazione di interventi in assenza o difformità totale dal titolo edilizio – Lesione della competenza legislativa statale esclusiva in materia di ordinamento penale – Eccedenza dalle competenze statutarie – Violazione della competenza legislative esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.
- Legge della Regione Sardegna del 17 giugno 2025, n. 18, art. 6, sostitutivo dell’art. 4 della legge regionale n. 23 del 1985.
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettere l) ed s); statuto speciale per la Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, artt. 3, lettera f), e 6; decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, artt. 31, 32 e 36.
Edilizia e urbanistica – Interventi edilizi – Norme della Regione autonoma Sardegna – Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985 – Variazioni essenziali e parziali difformità – Previsione che per parziali difformità rispetto al progetto approvato si intendono le variazioni che non raggiungono i limiti fissati per le variazioni essenziali e, nel caso di modifiche della localizzazione dell’edificio all’interno del lotto urbanistico di pertinenza determinata a seguito di rotazione su qualunque asse o traslazione, le variazioni superiori al 50 per cento – Ricorso del Governo – Denunciata disciplina che non è in alcun modo abilitata a subordinare la sussistenza della condizione di parziale difformità, mediante l’indicazione di limiti quantitativi, che potrebbero avere l’effetto di circoscrivere la portata della condotta abusiva, nonché i suoi effetti, anche sul versante della sanzione penale – Contrasto con quanto disposto dalla normativa statale di riferimento che costituisce una normativa di riforma economico-sociale cui attenersi – Lesione della competenza legislativa statale esclusiva in materia di ordinamento penale – Eccedenza dalle competenze statutarie – Violazione della competenza legislative esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.
- Legge della Regione Sardegna del 17 giugno 2025, n. 18, art. 7, che introduce il comma 1-bis nell’art. 5 della legge regionale n. 23 del 1985.
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettere l) ed s); statuto speciale per la Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, artt. 3, lettera f), e 6; decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, art.34.
Edilizia e urbanistica – Interventi edilizi – Norme della Regione autonoma Sardegna – Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985 – Agibilità degli immobili e deroghe ai requisiti igienico sanitari – Previsione che in materia di agibilità degli immobili e deroghe ai requisiti igienico sanitari trovano applicazione l'art. 24, esclusi i commi 5-bis, 5-ter e 5-quater, e l'art. 26 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, e successive modifiche ed integrazioni – Ricorso del Governo – Denunciata disposizione che non recepisce le nuove disposizioni statali sulla superficie minima degli alloggi, ancorché espressione di norme di riforma economico-sociale – Lesione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, che devono esser garantiti su tutto il territorio nazionale e segnatamente in materia di standard edilizi – Violazione del diritto alla salute, atteso il contrasto con i parametri interposti volti a tutelare sicurezza e salute degli ambienti – Eccedenza dalle competenze statutarie, per contrasto con le norme di riforma economico-sociale – Lesione della competenza legislative esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.
- Legge della Regione Sardegna del 17 giugno 2025, n. 18, art. 12, che sostituisce l’art. 7-quater della legge regionale n. 23 del 1985.
- Costituzione, artt. 32 e 117, secondo comma, lettere [m)] ed s); statuto speciale per la Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, artt. 3, lettera f), e 6; decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, art. 24, comma 5-bis, 5-ter e 5-quater; decreto del Ministero della Sanità 5 luglio 1975, attuativo degli artt. 218 e 221 del regio decreto n. 1265 del 27 luglio 1934.
Edilizia e urbanistica – Interventi edilizi – Norme della Regione autonoma Sardegna – Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985 – Categorie funzionali urbanisticamente rilevanti e destinazione d'uso – Previsione che le destinazioni d'uso di riferimento per le varie unità immobiliari sono definite con apposita direttiva emanata ai sensi dell'art. 5 della legge regionale n. 45 del 1989 – Previsione che fino all'approvazione delle medesime direttive rimangono in vigore le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Giunta regionale 9 agosto 2018, n. 79 – Previsione che la destinazione d'uso di una unità immobiliare è quella stabilita dalla prevista documentazione – Previsione che nel caso in cui tale documentazione indichi, per la singola unità immobiliare, più destinazioni, la destinazione d'uso dell'intera unità immobiliare è quella prevalente in termini di superficie utile – Previsione che si definisce mutamento della destinazione d'uso di una unità immobiliare ogni forma di utilizzo diversa da quella originaria, ancorché non accompagnata dall'esecuzione di opere edilizie – Ricorso del Governo – Denunciata norma che non recepisce le semplificazioni concernenti il mutamento di destinazione d’uso introdotte dalla normativa statale di riferimento – Eccedenza dalle competenze statutarie, per contrasto con le norme di riforma economico-sociale – Lesione della competenza legislative esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.
- Legge della Regione Sardegna del 17 giugno 2025, n. 18, art. 14, che modifica l’art. 11 della legge regionale n. 23 del 1985.
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera s); statuto speciale per la Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, artt. 3, lettera f), e 6; decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, art. 23-ter.
Edilizia e urbanistica – Interventi edilizi – Norme della Regione autonoma Sardegna – Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985 – Parcheggi privati – Previsione che nelle modifiche di destinazione d'uso urbanisticamente non rilevanti, fermo il rispetto degli spazi per parcheggi previsti da specifiche normative di settore, lo strumento urbanistico comunale determina gli spazi per parcheggio eventualmente ritenuti necessari – Ricorso del Governo – Denunciata norma non coerente con quanto previsto dalla normativa interposta che, agevolando i mutamenti di destinazione d’uso previsti, esonera l’interessato dal recepimento delle aree per servizi di interesse generale, nonché dal vincolo della dotazione minima di parcheggi – Contrasto con i principi di semplificazione espressi dalle norme di riforma economico-sociale - Eccedenza dalle competenze statutarie – Lesione della competenza legislative esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.
- Legge della Regione Sardegna del 17 giugno 2025, n. 18, art. 14, che modifica l’art. 15-quater della legge regionale n. 23 del 1985.
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera s); statuto speciale per la Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, artt. 3, lettera f), e 6; decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, art. 23-ter.
Edilizia e urbanistica – Interventi edilizi – Norme della Regione autonoma Sardegna – Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985 – Interventi edilizi realizzati in assenza di SCIA o in difformità da essa – Previsione che prima dell'accertamento dell'esecuzione delle opere in assenza di SCIA o in difformità da essa, può essere trasmessa una comunicazione di mancata SCIA corredata di tutti gli elaborati previsti dall'art. 10-bis, comma 2, della legge regionale n. 23 del 1985 e, in tal caso, la sanatoria è condizionata al pagamento di una sanzione pecuniaria di euro 500 e al pagamento degli oneri di costruzione ove dovuti – Ricorso del Governo – Denunciato legislatore regionale che non ha recepito il nuovo impianto prefigurato dalla legislazione nazionale interposta, continuando a prevedere un regime di sanatoria analogo a quello previsto dalla previgente disciplina – Contrasto con i principi fondamentali espressi dalle norme di riforma economico-sociale - Eccedenza dalle competenze statutarie – Lesione della competenza legislative esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.
- Legge della Regione Sardegna del 17 giugno 2025, n. 18, art. 15, che modifica l’art. 14 della legge regionale n. 23 del 1985.
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera s); statuto speciale per la Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, artt. 3, lettera f), e 6; decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, artt. 36-bis e 37, comma 4, abrogato dal decreto-legge 24 maggio 2024, n. 69, convertito dalla legge del 24 luglio 2024, n. 105.
Edilizia e urbanistica – Interventi edilizi – Norme della Regione autonoma Sardegna – Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985 – Accertamento di conformità nelle ipotesi di assenza di titolo o totale difformità – Previsione che in materia di accertamento di conformità nelle ipotesi di assenza di titolo o totale difformità trova applicazione l'art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001 – Ricorso del Governo – Denunciato contrasto con la normativa statale interposta che fissa i principi relativi all’eventuale disposizione di un titolo in sanatoria e a quali condizioni - – Contrasto con i principi fondamentali espressi dalle norme di riforma economico-sociale – Eccedenza dalle competenze statutarie – Disposizione che determina un effetto estintivo della sanatoria sul reato, incidendo sull’individuazione della fattispecie e modificandone i profili penalistici connessi alla realizzazione di interventi in assenza o in difformità totale del titolo edilizio – Lesione della competenza legislativa statale esclusiva in materia di ordinamento penale.
- Legge della Regione Sardegna del 17 giugno 2025, n. 18, art. 19, che sostituisce l’art. 16 della legge regionale n. 23 del 1985.
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera l); statuto speciale per la Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, artt. 3, lettera f), e 6; decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, art. 36.
Acque – Territorio e patrimonio idrico – Norme della Regione autonoma Sardegna – Modifica alla legge regionale n. 45 del 1989 – Pianificazione comunale – Previsione che il piano deve considerare l'intero territorio comunale, nonché le acque costiere di cui all’art. 54 del d.lgs. n. 152 del 2006, immediatamente prospicenti la linea di battigia marina, alle quali, in mancanza di specifica normativa, si estende la disciplina delle aree a terra – Ricorso del Governo – Denunciata disposizione che introduce unilateralmente una disciplina estensiva delle previsioni urbanistiche comunali a porzioni di mare territoriale – Violazione della competenza legislativa statale esclusiva in materia di politica estera e rapporti internazionali dello Stato, ordinamento civile, demanio marittimo e tutela dell’ambiente – Disciplina che non contempla meccanismi di raccordo procedimentale o forme di leale collaborazione con lo Stato in spregio ai principi elaborati dalla giurisprudenza costituzionale in materia di competenze interferenti – Eccedenza dalle competenze statutarie, per contrasto con le norme di riforma economico-sociale.
- Legge della Regione Sardegna del 17 giugno 2025, n. 18, art. 27, comma 1, lettera a), che modifica l’art. 19 della legge regionale n. 45 del 1989.
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettere a), l), m) ed s); statuto speciale per la Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, art. 14; codice della navigazione, artt. 32-25; decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, art. 54; legge 28 gennaio 1984, n. 84, art. 5, comma 3-bis; decreto legislativo 17 ottobre 2016, n. 201, artt. 1, 2 e 5.
Paesaggio – Pianificazione – Norme della Regione autonoma Sardegna – Modifica alla legge regionale n. 45 del 1989 – Disposizioni di salvaguardia delle zone umide – Previsione che l'art. 17, comma 3, delle norme tecniche di attuazione del piano paesaggistico regionale si interpreta nel senso che sono beni paesaggistici le zone umide di cui alla lettera g), come individuate e rappresentate nella cartografia del piano paesaggistico regionale nella loro dimensione spaziale – Previsione che il vincolo paesaggistico si estende, oltre il perimetro individuato, alla fascia dei 300 metri dalla linea di battigia degli specchi acquei interni alla zona umida e rappresentati nella cartografia ufficiale regionale – Previsione che le aree interne al medesimo vincolo paesaggistico sono oggetto di conservazione e tutela dei rispettivi caratteri naturalistici, ambientali, morfologici e paesaggistici e ad esse si applicano le previsioni dell'art. 18, comma 1, delle norme tecniche di attuazione del piano paesaggistico regionale – Ricorso del Governo – Denunciata disciplina che contrasta con la normativa statale interposta che impone la sottoposizione della disciplina delle zone umide regionali a co-pianificazione tra Stato e Regione –Eccedenza dalle competenze statutarie – Lesione della competenza legislative esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali - Intervento unilaterale della legge regionale nelle modifiche del piano paesaggistico regionale – Violazione del principio di leale collaborazione.
- Legge della Regione Sardegna del 17 giugno 2025, n. 18, art. 27, comma 2, che modifica l’art. 19 della legge regionale n. 45 del 1989.
- Costituzione, artt. 5 e 117, secondo comma, lettera s); decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, artt. 135, 142, comma 1, 143, commi 1, lettera d), e 2.
Ambiente – Foreste – Norme della Regione autonoma Sardegna – Modifica alla legge regionale n. 8 del 2016 – Interventi e trasformazioni realizzati nelle zone sottoposte a vincolo idrogeologico ai sensi del regio decreto n. 3267 del 1923 (Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani) – Previsione che tali interventi, in assenza della prescritta autorizzazione o in difformità da essa, possono ottenere l'accertamento della compatibilità idrogeologica successivamente alla realizzazione delle opere – Ricorso del Governo – Denunciata normativa che confligge con la disciplina statale di riferimento che, per i terreni vincolati, subordina ad autorizzazione, caso per caso, la trasformazione dei boschi in altre qualità di coltura e la trasformazione dei terreni saldi in terreni soggetti a periodica lavorazione, al fine di prevenire danni idrogeologici – Lesione della competenza legislative esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali – Eccedenza dalle competenze statutarie.
- Legge della Regione Sardegna del 17 giugno 2025, n. 18, art. 28 che introduce il comma 5-quater nell’art. 19 della legge regionale n. 8 del 2016.
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera s); statuto speciale per la Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, artt. 3, 4 e 5; regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3267, artt. 1 e 7; decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, art. 53.
Paesaggio – Autorizzazione paesaggistica – Norme della Regione autonoma Sardegna – Modifica alla legge regionale n. 12 del 1998 – Attribuzione all’organo comunale della competenza in materia di accertamenti di compatibilità paesaggistica e dei relativi provvedimenti sanzionatori di cui all'art. 167 del d.lgs. n. 42 del 2004, per opere eseguite in assenza o in difformità dall'autorizzazione – Previsione che le previste sanzioni non si applicano alle opere pubbliche realizzate in assenza o difformità dell'autorizzazione paesaggistica, né alle opere realizzate prima dell'apposizione del vincolo paesaggistico di cui alla parte terza del medesimo decreto legislativo – Ricorso del Governo – Denunciata normativa che confligge con la disciplina nazionale interposta che non prevede le esclusioni delle sanzioni per le summenzionate fattispecie – Violazione della tutela del paesaggio – Lesione della competenza legislative esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali – Impossibilità per la regione di escludere con legge una sanzione relativa ad un ambito di competenza esclusiva dello Stato.
- Legge della Regione Sardegna del 17 giugno 2025, n. 18, art. 29, comma 1, lettera c) che inserisce l’art. 5-ter nella legge regionale n. 12 del 1998.
- Costituzione, artt. 9, 5 e 117, secondo comma, lettere l) ed s); decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, art. 167.
Paesaggio – Autorizzazione paesaggistica – Norme della Regione autonoma Sardegna – Modifica alla legge regionale n. 12 del 1998 – Competenza dei Servizi regionali di tutela del paesaggio – Previsione che gli strumenti urbanistici previsti dall'art.21 della legge regionale n. 45 del 1989 sono sottoposti all'approvazione paesaggistica del Servizio tutela del paesaggio regionale competente per territorio – Previsione che il piano adottato, completo della deliberazione del Consiglio comunale di adozione e dei relativi allegati, è inviato dall'amministrazione comunale al Servizio tutela del paesaggio regionale che esprime le proprie osservazioni entro sessanta giorni dalla ricezione – Previsione che il piano approvato, completo della deliberazione del Consiglio comunale di approvazione definitiva e dei relativi allegati, è trasmesso per il provvedimento finale di autorizzazione paesaggistica al Servizio tutela del paesaggio regionale competente per territorio che si esprime entro sessanta giorni dalla ricezione – Previsione che il provvedimento di approvazione paesaggistica è il presupposto per l'entrata in vigore del piano, previa pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione autonoma della Sardegna – Ricorso del Governo – Denunciata disciplina che tratteggia un procedimento totalmente autonomo nel quale non trova spazio la partecipazione degli organi ministeriali e il provvedimento di autorizzazione paesaggistica interverrebbe solo dopo un iter condotto in totale autonomia dagli uffici regionali – Conflitto con la normativa statale di riferimento in base alla quale i piani particolareggiati sono soggetti a valutazione riguardante l’incidenza della pianificazione sugli aspetti culturali o paesaggistici del territorio – Lesione dei livelli minimi di tutela del paesaggio – Contrasto con i principi di semplificazione espressi dalle norme di riforma economico-sociale – Eccedenza dalle competenze statutarie – Lesione della competenza legislative esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.
- Legge della Regione Sardegna 17 giugno 2025, n. 18, art. 29, comma 1, lettera d) che sostituisce l’art. 9 della legge regionale n. 12 del 1998.
- Costituzione, artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s); statuto speciale per la Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, art. 3; decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, art. 146; legge 17 agosto 1942, n. 1150, artt. 16 e 28.
Norme impugnate:
legge della Regione autonoma Sardegna del 17/06/2025 Num. 18 Art. 2 Co. 1
legge della Regione autonoma Sardegna del 11/10/1985 Num. 23 Art. 2
legge della Regione autonoma Sardegna del 17/06/2025 Num. 18 Art. 2 Co. 1
legge della Regione autonoma Sardegna del 11/10/1985 Num. 23 Art. 2
legge della Regione autonoma Sardegna del 17/06/2025 Num. 18 Art. 4
legge della Regione autonoma Sardegna del 11/10/1985 Num. 23 Art. 3 Co. 3
legge della Regione autonoma Sardegna del 17/06/2025 Num. 18 Art. 4
legge della Regione autonoma Sardegna del 11/10/1985 Num. 23 Art. 3 Co. 3
legge della Regione autonoma Sardegna del 17/06/2025 Num. 18 Art. 4
legge della Regione autonoma Sardegna del 11/10/1985 Num. 23 Art. 3
legge della Regione autonoma Sardegna del 17/06/2025 Num. 18 Art. 6
legge della Regione autonoma Sardegna del 11/10/1985 Num. 23 Art. 4
legge della Regione autonoma Sardegna del 17/06/2025 Num. 18 Art. 7
legge della Regione autonoma Sardegna del 11/10/1985 Num. 23 Art. 5 Co. 1
legge della Regione autonoma Sardegna del 17/06/2025 Num. 18 Art. 12
legge della Regione autonoma Sardegna del 11/10/1985 Num. 23 Art. 7
legge della Regione autonoma Sardegna del 17/06/2025 Num. 18 Art. 14
legge della Regione autonoma Sardegna del 11/10/1985 Num. 23 Art. 11
legge della Regione autonoma Sardegna del 17/06/2025 Num. 18 Art. 14
legge della Regione autonoma Sardegna del 11/10/1985 Num. 23 Art. 15
legge della Regione autonoma Sardegna del 17/06/2025 Num. 18 Art. 15
legge della Regione autonoma Sardegna del 11/10/1985 Num. 23 Art. 14
legge della Regione autonoma Sardegna del 17/06/2025 Num. 18 Art. 18
legge della Regione autonoma Sardegna del 17/06/2025 Num. 18 Art. 19
legge della Regione autonoma Sardegna del 11/10/1985 Num. 23 Art. 16
legge della Regione autonoma Sardegna del 17/06/2025 Num. 18 Art. 27 Co. 1
legge della Regione autonoma Sardegna del 22/12/1989 Num. 45 Art. 19
legge della Regione autonoma Sardegna del 17/06/2025 Num. 18 Art. 27 Co. 2
legge della Regione autonoma Sardegna del 22/12/1989 Num. 45 Art. 19
legge della Regione autonoma Sardegna del 17/06/2025 Num. 18 Art. 28
legge della Regione autonoma Sardegna del 27/04/2016 Num. 8 Art. 19 Co. 5
legge della Regione autonoma Sardegna del 17/06/2025 Num. 18 Art. 29 Co. 1
legge della Regione autonoma Sardegna del 15/04/1998 Num. 12 Art. 5
legge della Regione autonoma Sardegna del 17/06/2025 Num. 18 Art. 29 Co. 1
legge della Regione autonoma Sardegna del 15/04/1998 Num. 12 Art. 9
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 5 Co.
Costituzione Art. 9 Co.
Costituzione Art. 32 Co.
Costituzione Art. 42 Co.
Costituzione Art. 97 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 2
Costituzione Art. 117 Co. 2
Costituzione Art. 117 Co. 2
Costituzione Art. 117 Co. 2
Costituzione Art. 117 Co. 2
Costituzione Art. 120 Co.
Statuto speciale per la Sardegna Art. 3 Co.
Statuto speciale per la Sardegna Art. 3 Co.
Statuto speciale per la Sardegna Art. 4 Co.
Statuto speciale per la Sardegna Art. 5 Co.
Statuto speciale per la Sardegna Art. 6 Co.
Statuto speciale per la Sardegna Art. 14 Co.
regio decreto legge Art. 1 Co.
regio decreto legge Art. 7 Co.
codice della navigazione Art. 32 Co.
codice della navigazione Art. 33 Co.
codice della navigazione Art. 34 Co.
codice della navigazione Art. 35 Co.
legge Art. 16 Co.
legge Art. 28 Co.
decreto del Presidente della Repubblica Art. 49 Co.
decreto del Presidente della Repubblica Art. 60 Co.
legge Art. 5 Co. 3
decreto del Presidente della Repubblica Art. 2 Co.
decreto del Presidente della Repubblica Art. 3 Co.
decreto del Presidente della Repubblica Art. 9 Co. 1
decreto del Presidente della Repubblica Art. 10 Co.
decreto del Presidente della Repubblica Art. 23 Co.
decreto del Presidente della Repubblica Art. 24 Co. 5
decreto del Presidente della Repubblica Art. 24 Co. 5
decreto del Presidente della Repubblica Art. 24 Co. 5
decreto del Presidente della Repubblica Art. 31 Co.
decreto del Presidente della Repubblica Art. 32 Co.
decreto del Presidente della Repubblica Art. 34 Co.
decreto del Presidente della Repubblica Art. 36 Co.
decreto del Presidente della Repubblica Art. 36 Co.
decreto del Presidente della Repubblica Art. 37 Co. 4
decreto legislativo Art. 135 Co. 1
decreto legislativo Art. 142 Co. 1
decreto legislativo Art. 143 Co. 1
decreto legislativo Art. 143 Co. 1
decreto legislativo Art. 143 Co. 2
decreto legislativo Art. 53 Co.
decreto legislativo Art. 54 Co.
decreto legislativo Art. 146 Co.
decreto legislativo Art. 167 Co.
decreto legislativo Art. 1 Co.
decreto legislativo Art. 2 Co.
decreto legislativo Art. 5 Co.
decreto legislativo Art. 13 Co.
decreto del Ministero della sanità Art. Co.
Testo dell'ricorso
N. 31 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 12 agosto 2025
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 12 agosto 2025 (del Presidente del Consiglio dei
ministri).
Edilizia e urbanistica - Interventi edilizi - Norme della Regione
autonoma Sardegna - Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985 -
Definizione degli interventi edilizi - Previsione che ai fini di
una corretta applicazione delle definizioni dei medesimi
interventi, la realizzazione di nuovo volume in una costruzione
esistente e' considerata ristrutturazione edilizia se avviene
all'interno della sagoma esistente e nuova costruzione in caso
contrario.
Edilizia e urbanistica - Interventi edilizi - Norme della Regione
autonoma Sardegna - Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985 -
Stato legittimo dell'immobile - Previsione che negli immobili
oggetto di condono edilizio realizzati in contrasto con le norme
urbanistiche sono consentite, senza incremento volumetrico o di
superficie coperta, unicamente opere di manutenzione ordinaria, di
manutenzione straordinaria, di restauro e risanamento conservativo,
di ristrutturazione edilizia non comportanti demolizione e
ricostruzione con differente sagoma.
Edilizia e urbanistica - Interventi edilizi - Norme della Regione
autonoma Sardegna - Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985 -
Incentivazione degli interventi di riuso del patrimonio edilizio
dismesso e per l'efficientamento energetico - Previsione che, sia
in caso di interventi di riqualificazione energetica di edifici
esistenti alla data del 24 maggio 2024, sia in caso di edifici di
nuova costruzione o ampliamento di quelli esistenti, sono ammesse,
a determinate condizioni, deroghe alle normative regionali o
regolamenti edilizi comunali, anche con riferimento alle distanze
minime dai confini, delle distanze minime di protezione del nastro
stradale e ferroviario - Previsione che le deroghe vanno esercitate
nel rispetto delle distanze minime riportate nel codice civile.
Edilizia e urbanistica - Interventi edilizi - Norme della Regione
autonoma Sardegna - Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985 -
Interventi di efficientamento energetico - Prevista esclusione dal
computo dei volumi e dall'altezza massima dell'edificio, degli
spessori di murature esterne, degli elementi di chiusura superiori
e inferiori che racchiudono il volume riscaldato delle superfici e
dei rapporti di copertura nei limiti indicati, anche nel caso di
edifici nuovi.
Edilizia e urbanistica - Interventi edilizi - Norme della Regione
autonoma Sardegna - Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985 -
Opere eseguite in totale difformita' dal titolo abilitativo -
Previsione che sono considerati in totale difformita' dal titolo
abilitativo l'esecuzione di volumi edilizi o la realizzazione di
superfici coperte oltre il 30 per cento, per i soli fabbricati
esistenti alla data del 24 maggio 2024, e il 20 per cento, in tutti
gli altri casi, dei limiti indicati nel progetto, nonche' modifiche
superiori al 50 per cento delle distanze da fabbricati, dai confini
del lotto e dalle strade indicate nel progetto, o riduzioni di
qualunque entita' che determinano distanze inferiori ai minimi
previsti dalle vigenti disposizioni - Previsione che e', in ogni
caso, considerata totale difformita' la modifica della
localizzazione dell'edificio all'interno del lotto urbanistico di
pertinenza quando non vi e' alcuna sovrapposizione della sagoma a
terra dell'edificio autorizzato e di quello realizzato.
Edilizia e urbanistica - Interventi edilizi - Norme della Regione
autonoma Sardegna - Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985 -
Variazioni essenziali e parziali difformita' - Previsione che per
parziali difformita' rispetto al progetto approvato si intendono le
variazioni che non raggiungono i limiti fissati per le variazioni
essenziali e, nel caso di modifiche della localizzazione
dell'edificio all'interno del lotto urbanistico di pertinenza
determinata a seguito di rotazione su qualunque asse o traslazione,
le variazioni superiori al 50 per cento.
Edilizia e urbanistica - Interventi edilizi - Norme della Regione
autonoma Sardegna - Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985 -
Agibilita' degli immobili e deroghe ai requisiti igienico sanitari
- Previsione che in materia di agibilita' degli immobili e deroghe
ai requisiti igienico sanitari trovano applicazione l'art. 24,
esclusi i commi 5-
Edilizia e urbanistica - Interventi edilizi - Norme della Regione
autonoma Sardegna - Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985 -
Categorie funzionali urbanisticamente rilevanti e destinazione
d'uso - Previsione che le destinazioni d'uso di riferimento per le
varie unita' immobiliari sono definite con apposita direttiva
emanata ai sensi dell'art. 5 della legge regionale n. 45 del 1989 -
Previsione che fino all'approvazione delle medesime direttive
rimangono in vigore le disposizioni di cui al decreto del
Presidente della Giunta regionale 9 agosto 2018, n. 79 - Previsione
che la destinazione d'uso di una unita' immobiliare e' quella
stabilita dalla prevista documentazione - Previsione che nel caso
in cui tale documentazione indichi, per la singola unita'
immobiliare, piu' destinazioni, la destinazione d'uso dell'intera
unita' immobiliare e' quella prevalente in termini di superficie
utile - Previsione che si definisce mutamento della destinazione
d'uso di una unita' immobiliare ogni forma di utilizzo diversa da
quella originaria, ancorche' non accompagnata dall'esecuzione di
opere edilizie.
Edilizia e urbanistica - Interventi edilizi - Norme della Regione
autonoma Sardegna - Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985 -
Parcheggi privati - Previsione che nelle modifiche di destinazione
d'uso urbanisticamente non rilevanti, fermo il rispetto degli spazi
per parcheggi previsti da specifiche normative di settore, lo
strumento urbanistico comunale determina gli spazi per parcheggio
eventualmente ritenuti necessari.
Edilizia e urbanistica - Interventi edilizi - Norme della Regione
autonoma Sardegna - Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985 -
Interventi edilizi realizzati in assenza di SCIA o in difformita'
da essa - Previsione che prima dell'accertamento dell'esecuzione
delle opere in assenza di SCIA o in difformita' da essa, puo'
essere trasmessa una comunicazione di mancata SCIA corredata di
tutti gli elaborati previsti dall'art. 10-
Edilizia e urbanistica - Interventi edilizi - Norme della Regione
autonoma Sardegna - Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985 -
Accertamento di conformita' nelle ipotesi di assenza di titolo o
totale difformita' - Previsione che in materia di accertamento di
conformita' nelle ipotesi di assenza di titolo o totale difformita'
trova applicazione l'art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001.
Acque - Territorio e patrimonio idrico - Norme della Regione autonoma
Sardegna - Modifica alla legge regionale n. 45 del 1989 -
Pianificazione comunale - Previsione che il piano deve considerare
l'intero territorio comunale, nonche' le acque costiere di cui
all'art. 54 del d.lgs. n. 152 del 2006, immediatamente prospicenti
la linea di battigia marina, alle quali, in mancanza di specifica
normativa, si estende la disciplina delle aree a terra.
Paesaggio - Pianificazione - Norme della Regione autonoma Sardegna -
Modifica alla legge regionale n. 45 del 1989 - Disposizioni di
salvaguardia delle zone umide - Previsione che l'art. 17, comma 3,
delle norme tecniche di attuazione del piano paesaggistico
regionale si interpreta nel senso che sono beni paesaggistici le
zone umide di cui alla lettera
Ambiente - Foreste - Norme della Regione autonoma Sardegna - Modifica
alla legge regionale n. 8 del 2016 - Interventi e trasformazioni
realizzati nelle zone sottoposte a vincolo idrogeologico ai sensi
del regio decreto n. 3267 del 1923 (Riordinamento e riforma della
legislazione in materia di boschi e di terreni montani) -
Previsione che tali interventi, in assenza della prescritta
autorizzazione o in difformita' da essa, possono ottenere
l'accertamento della compatibilita' idrogeologica successivamente
alla realizzazione delle opere.
Paesaggio - Autorizzazione paesaggistica - Norme della Regione
autonoma Sardegna - Modifica alla legge regionale n. 12 del 1998 -
Attribuzione all'organo comunale della competenza in materia di
accertamenti di compatibilita' paesaggistica e dei relativi
provvedimenti sanzionatori di cui all'art. 167 del d.lgs. n. 42 del
2004, per opere eseguite in assenza o in difformita'
dall'autorizzazione - Previsione che le previste sanzioni non si
applicano alle opere pubbliche realizzate in assenza o difformita'
dell'autorizzazione paesaggistica, ne' alle opere realizzate prima
dell'apposizione del vincolo paesaggistico di cui alla parte terza
del medesimo decreto legislativo.
Paesaggio - Autorizzazione paesaggistica - Norme della Regione
autonoma Sardegna - Modifica alla legge regionale n. 12 del 1998 -
Competenza dei Servizi regionali di tutela del paesaggio -
Previsione che gli strumenti urbanistici previsti dall'art. 21
della legge regionale n. 45 del 1989 sono sottoposti
all'approvazione paesaggistica del Servizio tutela del paesaggio
regionale competente per territorio - Previsione che il piano
adottato, completo della deliberazione del Consiglio comunale di
adozione e dei relativi allegati, e' inviato dall'amministrazione
comunale al Servizio tutela del paesaggio regionale che esprime le
proprie osservazioni entro sessanta giorni dalla ricezione -
Previsione che il piano approvato, completo della deliberazione del
Consiglio comunale di approvazione definitiva e dei relativi
allegati, e' trasmesso per il provvedimento finale di
autorizzazione paesaggistica al Servizio tutela del paesaggio
regionale competente per territorio che si esprime entro sessanta
giorni dalla ricezione - Previsione che il provvedimento di
approvazione paesaggistica e' il presupposto per l'entrata in
vigore del piano, previa pubblicazione nel Bollettino ufficiale
della Regione autonoma della Sardegna.
- Legge della Regione Sardegna 17 giugno 2025, n. 18 (Riordino e
coordinamento della normativa edilizia e urbanistica regionale con
le disposizioni urgenti in materia di semplificazione urbanistica
ed edilizia di cui al decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69,
convertito, con modificazioni, in legge 24 luglio 2024, n. 105),
artt. 2, comma 1; 4; 6; 7; 12; 14; 15; 18; 19; 27, comma 1, lettera
(GU n. 39 del 24-09-2025)
Ricorso ex art. 127 della Costituzione per il Presidente del
Consiglio dei ministri, (c.f. 80188230587), in persona del Presidente
del Consiglio pro tempore, rappresentato e difeso per mandato ex lege
dall'Avvocatura generale dello Stato, (c.f. 80224030587), fax
06/96514000 - PEC ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it presso i cui
uffici ha domicilio in Roma, via dei Portoghesi 12, ricorrente;
contro: Regione autonoma della Sardegna, in persona del
Presidente della giunta regionale pro tempore, resistente;
Per la declaratoria della illegittimita' costituzionale giusta
deliberazione del Consiglio dei ministri assunta nella seduta del 4
agosto 2025, degli articoli 2, 4, 6, 7, 12, 14, 15, 18, 19, 27, comma
1, lettera a), 27, comma 1, lettera a) e comma 2, 28, 29, comma 1,
lettere c) e d) della legge della Regione autonoma della Sardegna n.
18 del 17 giugno 2025, recante «Riordino e coordinamento della
normativa edilizia e urbanistica regionale con le disposizioni
urgenti in materia di semplificazione urbanistica ed edilizia di cui
al decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69, convertito, con
modificazioni, in legge 24 luglio 2025, n. 105», pubblicata nel
Bollettino Ufficiale della Regione autonoma della Sardegna (BURAS) n.
35 in data 19 giugno 2025 (parte I e II).
La legge regionale in esame, che riguarda il riordino e il
coordinamento della normativa edilizia e urbanistica regionale con le
disposizioni urgenti in materia di semplificazione urbanistica ed
edilizia di cui al decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69, convertito
con modificazioni in legge 24 luglio 2024, n. 105, presenta profili
di illegittimita' costituzionale con riferimento alle disposizioni
contenute negli articoli 2, 4, 6, 7, 12, 14, 15, 18, 19, 27, comma 1,
lettera a) e comma 2 e 28, 29, comma 1, lettere c) e d).
Le disposizioni suddette, per i motivi di seguito specificati,
risultano eccedere dalle competenze statutarie riconosciute alla
Regione Sardegna dallo Statuto speciale di autonomia (Legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3), andando a violare l'art. 117,
comma secondo, lettere a), h), l), m), r) e s) della Costituzione,
ponendosi altresi' in contrasto con i principi di ragionevolezza e di
buon andamento dell'amministrazione di cui agli articoli 3 e 97 della
Costituzione, nonche' con gli articoli 9, 32, 42 della Costituzione.
La Regione autonoma della Sardegna, in forza dell'art. 3, lettera
f) e art. 6 dello Statuto speciale (L. Cost. n. 3/1948), e in
coerenza con l'art. 116, terzo comma, della Costituzione, ha una
competenza legislativa esclusiva in materia di «urbanistica e opere
pubbliche».
Tale attribuzione, seppur ampia, non puo' tuttavia tradursi in
una piena ed incondizionata autonomia normativa.
E la giurisprudenza costituzionale ha infatti costantemente
ribadito come anche le regioni a statuto speciale siano vincolate al
rispetto di principi e materie trasversali, tra cui spiccano le
riforme economico-sociali di interesse nazionale, l'ordinamento
civile - ambito che include le fondamentali norme di diritto privato
inerenti alla proprieta', ai contratti e ai rapporti obbligatori, la
cui disciplina non puo' essere disomogenea su base regionale - e la
determinazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP)
concernenti i diritti civili e sociali. L'analisi delle norme
regionali in oggetto evidenzia come le stesse, nell'introdurre
deroghe o previsioni specifiche, incidano su tali limiti
inderogabili, violando principi di coerenza ordinamentale e di tutela
dei diritti fondamentali che, per loro natura, richiedono
un'uniforme.
Cio' premesso, le disposizioni sopra citate, ledendo nei termini
che di seguito si esporranno i precetti costituzionali a presidio
delle competenze legislative statali, devono essere impugnate per i
seguenti:
Motivi
1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1 della legge
della Regione autonoma Sardegna n. n. 18 del 17 giugno 2025 per
violazione degli articoli 117, secondo comma, lettera s) e m), in
relazione agli articoli articoli 2-bis, 3 e 10 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 380/2001 quali norme di riforma
economico sociale nonche' con i principi di ragionevolezza e di buon
andamento dell'amministrazione di cui agli articoli 3 e 97 della
Costituzione.
L'art. 2, comma 1, rubricato «Introduzione nella legge n. 23 del
1985 di norme in materia di definizione di interventi edilizi, stato
legittimo dell'immobile, attivita' edilizia e caratteristiche del
titolo abilitativo», introduce nella legge regionale n. 23 del 1985
un articolo aggiuntivo 2-bis, rubricato «Definizione degli interventi
edilizi».
Il predetto articolo, al comma 1, opera un rinvio all'art. 3, del
testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia
edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno
2001, n. 380, (di seguito, il «TUE»), per la definizione degli
interventi edilizi.
Purtuttavia, al comma 3, prevede che «ai fini di una corretta
applicazione delle definizioni di cui al comma 1, la realizzazione di
nuovo volume in una costruzione esistente e' considerata
ristrutturazione edilizia se avviene all'interno della sagoma
esistente e nuova costruzione in caso contrario».
Occorre premettere che in base al combinato disposto degli
articoli 3 e 10 del TUE, la realizzazione di volumi «fuori sagoma»
rientra in ogni caso tra gli interventi di nuova costruzione e,
pertanto, richiede sempre il permesso di costruire ai sensi dell'art.
10, comma 1, lettera a), del TUE; al contrario, la realizzazione di
volumi «entro sagoma» non costituisce una tipologia di intervento
qualificabile, in ogni caso, quale intervento di ristrutturazione
edilizia.
Sul punto, la giurisprudenza ha fornito indicazioni utili per
comprendere fino a quale misura puo' essere effettuato un aumento di
volumetria in ristrutturazione pesante, senza per cio' stesso
ricadere nel regime proprio della «nuova costruzione», che non e'
assoggettabile a SCIA alternativa ma soltanto a permesso di
costruire.
In particolare, e' stato autorevolmente affermato che le
«modifiche volumetriche previste dall'art. 10 del decreto del
Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 per le attivita' di
ristrutturazione edilizia (assentibili, a scelta dell'interessato, o
con permesso di costruire o con DIA) devono consistere in diminuzioni
o trasformazioni dei volumi preesistenti ovvero in incrementi
volumetrici modesti, tali da non configurare apprezzabili aumenti di
volumetria, perche' altrimenti verrebbe meno la linea di distinzione
tra la ristrutturazione edilizia e la nuova costruzione» (cfr., ex
multis, Cassazione n. 47046/2007, ribadito, piu' di recente, da
Cassazione n. 43530/2019). Nello stesso senso, e' stato ulteriormente
precisato che «la ristrutturazione edilizia si caratterizza anche per
la previsione di possibili incrementi volumetrici, ma cio' rende
necessaria una lettura della norma nel senso che l'aumento di
cubatura deve essere senz'altro contenuto, in modo da mantenere netta
la differenza con gli interventi di nuova costruzione» (cfr., ex
multis, Cassazione n. 38611/2019).
Premesso quanto sopra, l'art. 2, della legge regionale impugnata
si pone in contrasto anzitutto con l'art. 117, secondo comma, lettera
s) della Costituzione atteso che la disposizione in esame, incidendo
sull'individuazione delle categorie di interventi edilizi e, in
particolare, qualificando l'ampliamento di volume «entro sagoma»
quale intervento di ristrutturazione edilizia, introduce un
automatismo che si pone in contrasto con le previsioni di cui agli
articoli 3 e 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380
del 2001 che costituiscono norme di riforma economico sociale.
A tal ultimo riguardo, la Regione autonoma della Sardegna,
ancorche' in forza dell'art. 3, lettera f), e art. 6, dello Statuto
speciale della legge costituzionale n. 3/1948 e in coerenza con
l'art. 116, terzo comma, della Costituzione, detenga una competenza
legislativa esclusiva in materia di «edilizia e urbanistica», tale
attribuzione, seppur ampia, non puo' tuttavia tradursi in una piena
ed incondizionata autonomia normativa, avendo la giurisprudenza
costituzionale costantemente ribadito come anche le Regioni a statuto
speciale siano vincolate al rispetto di principi e materie
trasversali, tra cui spiccano le norme di riforme economico-sociali
di interesse nazionale, relativamente ad ambiti in cui la cui
disciplina non puo' essere disomogenea su base regionale.
Secondo la giurisprudenza costituzionale la disciplina statale
inerente ai titoli abilitativi di cui al Trattato sull'Unione europea
(e, nella fattispecie, gli articoli 3 e 10 del decreto del Presidente
della Repubblica n. 380/2001( «deve [...] qualificarsi come
espressione di norme fondamentali di riforma economico-sociale, in
quanto tale condizionante la potesta' legislativa primaria delle
regioni a statuto speciale» (sentenza n. 147 del 2023), condividendo
di queste «"le caratteristiche salienti" che vanno individuate «nel
contenuto riformatore e nell'attinenza a settori o beni della vita
economico-sociale di rilevante importanza» (sentenza n. 24 del 2022).
Esse, d'altro canto, "rispond[o]no complessivamente ad un interesse
unitario ed esig[o]no, pertanto, un'attuazione su tutto il territorio
nazionale" (sentenza n. 198 del 2018)» (sentenza n. 90 del 2023; da
ultimo si v. Corte costituzionale sentenza n. 22/2025).
La disposizione censurata, come anticipato, nel qualificare
l'ampliamento di volume «entro sagoma» quale intervento di
ristrutturazione edilizia, introduce un automatismo in palese
contrasto con i su richiamati principi espressi dalla giurisprudenza
di legittimita' in base ai quali, delineando i confini tra
«ristrutturazione edilizia» e «nuovo intervento» in base alle
predette disposizioni del TUE, occorre verificare la consistenza
dell'intervento e, quindi, l'impatto in termini di trasformazione
edilizia e urbanistica del territorio interessato.
Ne discende che la disposizione regionale viola palesemente
l'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione, per avere
la regione travalicando i limiti della competenza legislativa
esclusiva attribuita a livello statutario che deve comunque essere
esercitata nel rispetto delle norme fondamentali di riforma
economico-sociale che nella fattispecie sono da rinvenire nelle
previsioni del Trattato sull'Unione europea recanti i titoli edilizi
e la qualificazione degli interventi sottoposti a permessi di
costruire, in quanto di queste condividono le caratteristiche
salienti, che vanno individuate nel contenuto riformatore e
nell'attinenza a settori o beni della vita economico-sociale di
rilevante importanza.
Peraltro, le predette previsioni del Trattato sull'Unione europea
rispondono complessivamente ad un interesse unitario ed esigono,
pertanto, un'attuazione su tutto il territorio nazionale (cfr. Corte
costituzionale, sentenza n. 198 del 2018).
La disposizione, incidendo sull'individuazione delle categorie di
intervento edilizio, si risolve altresi' in una potenziale modifica
del regime amministrativo dei titoli abilitativi. La potenziale
individuazione, da parte della norma regionale, di un titolo edilizio
differente rispetto a quello previsto nel Trattato sull'Unione
europea potrebbe implicare trasformazioni del territorio cosi'
significative da incidere, in maniera sproporzionata e irragionevole,
sui livelli essenziali delle prestazioni dei diritti civili e sociali
che devono essere garantiti in modo uniforme su tutto il territorio
nazionale, cosi' ponendosi altresi' in contrasto con l'art. 117,
secondo comma, lettera m) della Costituzione.
Sotto altro profilo, l'art. 2, comma 1, introducendo l'art.
2-bis, comma 5, consente l'esecuzione di interventi che prevedano
l'integrale demolizione di edifici e la loro ricostruzione, nei
limiti delle distanze legittimamente preesistenti, qualora le
dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica
dell'area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra
edifici, tra pareti finestrate, dalle strade e dai confini.
In tema di demolizione e ricostruzione di edifici nelle zone
omogenee A o comunque in zone di particolare pregio storico o
artistico, l'art. 2-bis, comma 1-ter, del Trattato sull'Unione
europea ha posto un'ulteriore condizione perche' la ricostruzione
possa avvenire nel rispetto delle distanze legittimamente
preesistenti: e cioe' che l'intervento sia contemplato
«esclusivamente nell'ambito dei piani urbanistici di recupero e di
riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale».
La ratio della previsione risiede nell'esigenza di assicurare una
maggior tutela al valore d'insieme delle aree soggette allo specifico
regime delle zone A e dei centri storici, escludendo che all'interno
di esse gli interventi di cui al medesimo comma 1-ter dell'art. 2-bis
possano essere direttamente realizzati dagli interessati e stabilendo
invece che essi debbano inserirsi nella piu' generale considerazione
del contesto di riferimento, che solo un piano particolareggiato puo'
assicurare.
In tal senso, anche la disposizione da ultimo richiamata si pone
in contrasto, per le medesime ragioni sopra illustrate, con i
principi fondamentali di tutela dell'ordinato assetto del territorio
nonche' di tutela del patrimonio storico e artistico di cui all'art.
117, secondo comma, lettera s) della Costituzione, rilevando come la
stessa si traduca in una sostanziale spoliazione a danno delle
amministrazioni preposte alla pianificazione del territorio, rispetto
alle quali l'art. 2 bis, comma 1-ter del Trattato sull'Unione europea
fa salve «le previsioni degli strumenti di pianificazione
territoriale, paesaggistica e urbanistica vigenti e i pareri degli
enti preposti alla tutela», e quindi la facolta' che tali
amministrazioni possano dettare prescrizioni diverse e anche piu'
rigorose per l'effettuazione degli interventi in discorso, tenuto
conto dello specifico contesto preso in considerazione.
Sotto tale ultimo aspetto, la disposizione censurata -
introducendo una previsione piu' rigorosa - si pone in contrasto
altresi' con i principi di ragionevolezza e di buon andamento
dell'amministrazione di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione.
2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1, della
legge della Regione autonoma Sardegna n. 18 del 17 giugno 2025 per
violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s), in relazione
all'art. 9-bis, comma 1-bis del decreto del Presidente della
Repubblica n. 380/2001 quale norma di riforma economico sociale
nonche' per contrasto con l'art. 42 della Costituzione.
L'art. 2, comma 1, della legge regionale in esame inserisce nella
legge regionale n. 23 del 1985 un ulteriore art. 2-ter, il quale, al
comma 2, prevede che negli immobili oggetto di condono edilizio sono
consentite, senza incremento volumetrico o di superficie coperta,
unicamente opere di manutenzione ordinaria, di manutenzione
straordinaria, di restauro e risanamento conservativo, di
ristrutturazione edilizia non comportanti demolizione e ricostruzione
con differente sagoma.
La disposizione censurata introduce un «vincolo» ostativo verso
l'esecuzione di determinati interventi su immobile o unita'
immobiliare oggetto di condono edilizio il quale, al pari
dell'accertamento di conformita', costituisce un presupposto per
l'esecuzione di qualsiasi ulteriore intervento edilizio.
Tale intervento normativo si pone in antitesi e non risulta
pertanto coerente con quanto previsto dall'art. 9-bis, comma 1-bis,
del TUE, da ultimo novellato ad opera del decreto-legge 29 maggio
2024, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio
2024, n. 105, il quale stabilisce che lo stato legittimo
dell'immobile o dell'unita' immobiliare e', tra l'altro, quello
stabilito dal titolo che ne «ha legittimato» la costruzione,
ovverosia anche quello rilasciato a seguito di condono.
La Regione autonoma Sardegna, al pari di quanto evidenziato nel
precedente motivo le cui considerazioni devono essere integralmente
richiamate in questa sede, superando gli ambiti riservati alla
potesta' legislativa esclusiva fissata dallo Statuto, ha introdotto
una disposizione che si pone in contrasto con una disposizione che
integra una delle norme di riforma economico sociale.
Ne discende che la previsione impugnata viola l'art. 117, secondo
comma lettera s) della Costituzione, atteso che il legislatore
regionale e' chiamato a rispettare le disposizioni di carattere
generale che integrano, come nella specie, norme di riforma economico
sociale.
In ogni caso, la predetta disposizione - nella parte in cui
limita le facolta' del proprietario di realizzare taluni interventi
edilizi in un immobile (o unita' immobiliare) oggetto di condono - si
pone in contrasto con l'art. 42 della Costituzione in ragione del
pregiudizio arrecato al privato proprietario dell'immobile che,
ancorche' non espropriato della titolarita', e' sottoposto ad una
disciplina che svuota di contenuto il diritto di proprieta'.
Nell'immobile o unita' immobile per il quale e' intervenuto un
condono edilizio - in base alla disciplina introdotta dalla Regione
autonoma Sardegna - sussiste un'evidente limitazione alle facolta'
proprietarie, ancorche' il condono, come rilevato dalla Corte
costituzionale con la sentenza n. 119 del 2024 «ha per effetto la
sanatoria non solo formale ma anche sostanziale dell'abuso, a
prescindere dalla conformita' delle opere realizzate alla disciplina
urbanistica ed edilizia».
Si ritiene, pertanto, di poter concludere, evidenziando come vada
esclusa la legittimita' costituzionale di una disposizione che
comporti per il proprietario, ancorche' non espropriato della
titolarita', uno svuotamento del contenuto del suo diritto nel modo
piu' irrimediabile e definitivo, e cioe' con graduale degrado e
perimento del bene (costruzione) ed una progressiva inutilizzabilita'
e distruzione dell'edificio, in rapporto alla destinazione inerente
alla sua natura (conforme a licenze, concessioni e autorizzazioni
ancorche' in sanatoria). Si tratta in ogni caso di edifici
legittimamente esistenti e ovviamente regolarmente assentiti (fin
dall'origine o con valido condono in sanatoria non oggetto di
successivi interventi repressivi o di annullamento) dal punto di
vista urbanistico o sotto il profilo di speciali vincoli (cfr. Corte
costituzionale, sentenza n. 529 del 1995; sentenza n. 238 del 2000;
cfr. Consiglio di Stato, sentenza n. 5358 del 2016).
3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge
regionale della Regione autonoma Sardegna n. 18 del 17 giugno 2025
per violazione dell'art. 117, secondo comma lettera h), della
Costituzione in relazione agli articoli 49 e 60 del decreto del
Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 753.
L'art. 4, rubricato «Integrazioni all'art. 3-bis della legge
regionale n. 23 del 1985 in materia di incentivazione degli
interventi di riuso del patrimonio edilizio dismesso e per
l'efficientamento energetico» ha inserito due nuovi commi nell'art.
3-bis della legge regionale n. 23 del 1985, prevedendo che, sia in
caso di interventi di riqualificazione energetica di edifici
esistenti alla data del 24 maggio 2024, sia in caso di edifici di
nuova costruzione o ampliamento di quelli esistenti, sono ammesse, a
certe condizioni, deroghe alle normative regionali o regolamenti
edilizi comunali, anche con riferimento alle «distanze minime di
protezione del nastro statale ferroviario...».
I due commi introdotti (comma 3-bis e comma 3-ter) introdotti
dall'art. 4 della legge regionale censurata stabiliscono che le
suddette deroghe vanno esercitate nel «rispetto delle distanze minime
riportate nel codice civile».
La disposizione censurata si pone in contrasto con l'art. 49 del
decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 753,
recante «Nuove norme in materia di polizia, sicurezza e regolarita'
dell'esercizio delle ferrovie e di altri servizi di trasporto» il
quale non consente, se non nei termini che di seguito si esporranno,
la possibilita' di derogare alla distanza minima ivi disciplinata
(fissata in metri 30).
Secondo l'art. 49 del decreto del Presidente della Repubblica n.
753/1980 «Lungo i tracciati delle linee ferroviarie e' vietato
costruire, ricostruire o ampliare edifici o manufatti di qualsiasi
specie ad una distanza, da misurarsi in proiezione orizzontale,
minore di metri trenta dal limite della zona di occupazione della
piu' vicina rotaia».
La deroga al rispetto delle distanze legali dal limite della zona
di occupazione della piu' vicina rotaia (fissata in metri 30
dall'art. 49 del decreto del Presidente della Repubblica n. 753 del
1980) puo' essere autorizzata, in base all'art. 60 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 753 del 1980, previa autorizzazione di
R.F.I., quando «... la sicurezza pubblica, la conservazione delle
ferrovie, la natura dei terreni e le particolari circostanze locali
lo consentano».
L'inquadramento generale della fascia di rispetto ferroviaria
restituisce un assetto normativo in base al quale la fissazione delle
distanze minime tra i manufatti edilizi e le linee ferroviarie
risponde a esigenza di carattere generale, diretta, oltreche' alla
regolarita' dell'esercizio ferroviario, alla prevenzione di danni o
di pregiudizi che possono essere arrecati alla sicurezza delle
persone e delle cose, con una competenza propria della polizia
amministrativa relativa alla sicurezza e alla regolarita'
dell'esercizio ferroviario.
La stessa legislazione statale - laddove ammette la possibilita'
di derogare alle distanze minime stabilite dall'art. 49 dello stesso
decreto, richiede al riguardo un'apposita autorizzazione da parte di
Rete Ferroviaria Italiana - su richiesta dei soggetti interessati,
sempreche' questi ultimi dimostrino la peculiarita' delle esigenze
che li hanno indotti a prevedere distanze inferiori e, nello stesso
tempo, i competenti uffici statali vi acconsentano, ritenendo che non
ne risultino pregiudicate la sicurezza dei trasporti e la
conservazione degli impianti ferroviari.
La distanza minima di 30 metri non e' dunque meramente
indicativa, ma rappresenta un limite inderogabile, salvo che il
richiedente l'autorizzazione a costruire a distanza inferiore non
dimostri l'assenza di rischi concreti legati all'edificazione.
Peraltro, la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che l'onere di
provare l'insussistenza di rischi concreti spetta a chi chiede la
deroga alla distanza minima. Dunque, e' ormai pacifico ritenere che
la distanza di 30 metri dalle ferrovie sia un parametro fondamentale
per le costruzioni, con possibilita' di deroga solo a fronte di
precise e documentate garanzie di sicurezza.
Le disposizioni contenute negli articoli 49 e 60 del decreto del
Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 753, delineano
pertanto uno strumento di tutela della sicurezza che, ai sensi
dell'art. 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione, e'
materia ascritta alla competenza legislativa statale in modo
esclusivo (in tal senso, Corte costituzionale, n. 999 del 1988).
In tal senso, la Regione autonoma della Sardegna, ancorche' in
forza dell'art. 3, lettera f) e art. 6 dello statuto speciale della
legge costituzionale n. 3/1948 e in coerenza con l'art. 116, terzo
comma, della Costituzione, detenga una competenza legislativa
esclusiva in materia di «edilizia e urbanistica», ha invaso la
competenza esclusiva attribuita allo Stato in materia di sicurezza e,
in ogni caso, ha introdotto una disciplina che si pone in contrasto
le suddette disposizioni che, alla luce delle ragioni che sono state
sopra enucleate, costituiscono norme di riforma economica sociale cui
la Regione e' chiamata comunque ad attenersi, rispondendo peraltro ad
un interesse unitario, esigendo tali disposizioni un'attuazione su
tutto il territorio nazionale.
Pertanto, una disposizione - come quella che nella specie e'
stata introdotta dalla Regione autonoma Sardegna la quale ammette
deroghe a questa distanza, senza porre il limite previsto dagli
articoli 49 e 60 - del citato decreto del Presidente della Repubblica
n. 753 del 1980 determina un'evidente violazione della competenza
legislativa esclusiva dello Stato in materia di sicurezza, di cui
all'art. 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione.
4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge
regionale della Regione autonoma Sardegna n. 18 del 17 giugno 2025
per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione
in relazione all'art. 13 del decreto legislativo n. 73 del 2020 che
ha abrogato l'art. 14, comma 6 del decreto legislativo 4 luglio 2014,
n. 102 nonche' per contrasto con il principio di leale collaborazione
di cui agli articoli 5 e 120 della Costituzione.
L'art. 4 della legge regionale, nella parte in cui modifica
l'articolo. 3-bis della legge regionale n. 23 del 1985, introduce
l'esclusione dal computo dei volumi e dall'altezza massima
dell'edificio, degli spessori di murature esterne, degli elementi di
chiusura superiori e inferiori che racchiudono il volume riscaldato
delle superfici e dei rapporti di copertura nei limiti ivi indicati,
per interventi di efficientamento energetico anche nel caso di
edifici nuovi.
Tale previsione si pone in contrasto con quanto stabilito a
livello statale, a seguito dell'abrogazione dell'art. 14, comma 6 del
decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102, avvenuta ad opera
dell'art. 13 del decreto legislativo n. 73 del 2020.
Per effetto dell'abrogazione del comma 6 dell'art. 14, le
suddette esclusioni sono possibili solo per interventi su edifici
esistenti.
La giurisprudenza costituzionale e' intervenuta piu' volte sulla
legittimita' di leggi regionali che prevedono deroghe ex lege agli
spessori delle murature di cui al decreto ministeriale n. 1444 del
1968.
La Corte ha chiarito che le regioni possono introdurre deroghe a
tali norme, solo se riguardano i limiti stabiliti dalla normativa
locale.
Le leggi regionali che prevedono deroghe agli spessori delle
murature, e piu' in generale alle distanze tra edifici, sono
legittime, purche' tali deroghe si riferiscano ai limiti stabiliti
dalla normativa locale (piani urbanistici e regolamenti edilizi) e
non a quelli previsti dalla normativa statale. Le deroghe possono
riguardare i limiti stabiliti dai regolamenti edilizi e dai piani
urbanistici, ma non i parametri minimi stabiliti dalla normativa
statale. In sostanza, la Corte costituzionale ha bilanciato
l'autonomia delle regioni nella pianificazione urbanistica con la
necessita' di rispettare i principi fondamentali stabiliti dalla
normativa statale e di tutelare il paesaggio.
Ebbene, con il decreto legislativo 14 luglio 2020, n. 73, l'art.
13 ha abrogato il comma 6 dell'art. 14 del decreto legislativo 4
luglio 2014, n. 102, con cio' definitivamente escludendo che le
deroghe ammesse per promuovere l'efficienza energetica possano
applicarsi agli edifici nuovi.
Pertanto, l'art. 4, comma 1, della legge in esame, che, come
detto, modifica l'articolo. 3-bis della legge regionale n. 23 del
1985, nel non distinguere tra edifici nuovi e edifici esistenti, ai
fini dell'applicabilita' della deroga di cui all'art. 3-ter della
legge regionale n. 23 del 1985, non tiene conto della necessita' di
bilanciare l'autonomia, anche speciale, delle regioni nella
pianificazione urbanistica con la necessita' di rispettare i principi
stabiliti dalla normativa statale.
Ne discende la violazione del principio di leale collaborazione
di cui agli articoli 5 e 120 della Costituzione, per inosservanza
dell'obbligo di pianificazione concertata e condivisa, necessaria per
un ordinato sviluppo urbanistico e per individuare le trasformazioni
compatibili con le prescrizioni statali del codice dei beni culturali
e del paesaggio.
Inoltre, la Regione autonoma Sardegna ha invaso la sfera di
competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile di cui
alla lettera l) del secondo comma dell'art. 117 della Costituzione,
introducendo una disposizione che introduce una deroga di tale
rilievo che, se consentite, inficiano l'essenza e la funzione del
principio di pianificazione sotteso anche all'intervento del
legislatore statale del 2020.
5) Illegittimita' costituzionale dell'art. 6 della legge della
Regione autonoma Sardegna n. 18 del 17 giugno 2025 per violazione
dell'art. 117, comma 2 lettera l) e s) della Costituzione in
relazione agli articoli 31 e 32 del decreto del Presidente della
Repubblica n. 380/2001.
L'art. 6 della legge regionale impugnata sostituisce
integralmente l'art. 4 della legge regionale n. 23 del 1985,
riguardante le opere eseguite in totale difformita' dal permesso di
costruire, prevedendo, al novellato comma 2 di detto art. 4, che sono
considerati in totale difformita' dal titolo abilitativo,
l'esecuzione di volumi edilizi o la realizzazione di superfici
coperte oltre il 20 per cento dei limiti indicati nel progetto,
nonche' le modifiche superiori al 50 per cento delle distanze da
fabbricati, dai confini del lotto e dalle strade indicate nel
progetto, o riduzioni di qualunque entita' che determinano distanze
inferiori ai minimi previsti dalle vigenti disposizioni.
Inoltre, al medesimo comma 2, la disposizione qualifica, in ogni
caso, quale totale difformita' la modifica della localizzazione
dell'edificio all'interno del lotto urbanistico di pertinenza quando
non vi e' alcuna sovrapposizione della sagoma a terra dell'edificio
autorizzato e di quello realizzato.
Le disposizioni non risultano coerenti rispetto all'impianto
prefigurato dal testo unico dell'Edilizia. Invero, l'art. 31 del TUE,
al comma 1, definisce le casistiche di totale difformita' dal
permesso di costruire in termini esclusivamente qualitativi,
facendovi rientrare gli interventi che, sotto vari profili, hanno
come effetto quello di comportare la realizzazione di un organismo
edilizio integralmente diverso da quello assentito, ovvero di un
organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza e
autonomamente utilizzabile.
Al riguardo, in base all'art. 32, comma 1, del TUE, alla
legislazione regionale e' esclusivamente attribuita la competenza a
stabilire, entro i parametri specificamente indicati dalle lettere
dalla a) alla e), quali siano le variazioni essenziali al progetto
approvato, tenuto conto dei limiti posti al riguardo dalla
legislazione statale e, in particolare, dal menzionato art. 31 del
TUE.
Orbene, la disposizione in esame, nel determinare una
collocazione delle diverse ipotesi di violazione edilizia all'interno
delle categorie della totale difformita' e della variazione
essenziale, potenzialmente differente rispetto a quella risultante
dall'applicazione della normativa statale rilevante (articoli 31 e 32
del TUE), viola le predette norme che costituiscono principi
fondamentali di riforma-economico sociale cui si deve attenere la
disciplina regionale, incidendo altresi' sull'individuazione delle
fattispecie di reato, determinando una sostanziale modifica dei
profili penalistici connessi alla realizzazione di interventi in
assenza o in difformita' totale del titolo edilizio, in violazione
dunque anche della competenza legislativa esclusiva statale in
materia di ordinamento penale di cui all'art. 117, secondo comma,
lettera l) della Costituzione.
Per altro verso, la disposizione, nell'incidere
sull'individuazione della species di violazione edilizia di volta in
volta rilevante, consente la regolarizzazione di difformita' edilizie
sulla base di titoli abilitativi diversi o di procedure diverse da
quelli indicati dalle norme di principio statali, intaccando le
scelte di principio operate dal legislatore statale sul versante
della sanatoria, incorrendo nella pertanto nella violazione delle
norme di riforma economica sociale cui la regione autonoma Sardegna,
nell'esercizio delle competenze statutarie (gia' richiamate), deve
osservare.
Infatti, mentre gli interventi costituenti variazione essenziale
sono assoggettati alla procedura di sanatoria prevista dall'art.
36-bis del TUE, quelli realizzati in totale difformita' dal permesso
di costruire sono soggetti al regime, piu' rigido, di cui all'art. 36
del TUE.
La legislazione regionale non e' in alcun modo abilitata a
subordinare la sussistenza della condizione di «totale difformita'»
mediante l'indicazione di limiti quantitativi, che potrebbero avere,
quale effetto, non solo quello di circoscrivere la portata della
condotta abusiva, nonche' i suoi effetti, anche sul versante della
sanzione penale, ma anche quello di ledere le scelte di principio sul
versante della sanatoria, in relazione all'an, al quando e al
quantum.
La disposizione regionale censurata, fuoriuscendo dalle
competenze fissate dalle previsioni statutarie richiamate nell'ambito
del primo motivo e si pone pertanto in contrasto con le disposizioni
di principio che costituiscono norme di riforma economico sociale,
andando a violare la competenza esclusiva statale in materia di
ordinamento penale di cui all'art. 117, secondo comma, lettera l)
della Costituzione nonche' la competenza esclusiva di cui all'art.
117, secondo comma, lettera s).
6) Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, della legge della
Regione autonoma Sardegna n. 18 del 17 giugno 2025 per violazione
dell'art. 117, comma 2, lettera l) e s) della Costituzione in
relazione all'art. 34 del decreto del Presidente della Repubblica n.
380/2001.
L'art. 7, riguardante le variazioni essenziali e le parziali
difformita', modifica l'art. 5 della legge regionale n. 23 del 1985,
il quale prevede, al comma 1-bis di nuova introduzione, che per
parziali difformita' rispetto al progetto approvato si intendono le
variazioni che non raggiungono i limiti fissati per le variazioni
essenziali e, nel caso di modifiche della localizzazione
dell'edificio all'interno del lotto urbanistico di pertinenza
determinata a seguito di rotazione su qualunque asse o traslazione,
le variazioni superiori al 50 per cento. Al pari della fattispecie
della «totale difformita'», anche per la parziale difformita' non si
rinvengono all'interno dell'art. 34 del Trattato sull'Unione europea
criteri quantitativi (e neppure qualitativi) per la definizione delle
casistiche rientranti nella categoria.
Tuttavia, la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che la
parziale difformita' si configura quando «le modificazioni incidano
su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si
concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti
sulle strutture essenziali dell'opera» (cfr., ex multis, Consiglio di
Stato, n. 1484 del 2017).
La parziale difformita' si configura come una difformita' minore
e residuale rispetto alla totale difformita' e alla variazione
essenziale, sicche' i suoi confini sono individuabili tra il limite
delle tolleranze edilizie (limite inferiore) e quello delle
variazioni essenziali (limite superiore). Al riguardo, si intendono
integralmente richiamati i motivi di illegittimita' riguardanti i
vizi di costituzionalita' formulati in relazione al precedente art.
6, in quanto la legislazione regionale non e' in alcun modo abilitata
a subordinare la sussistenza della condizione di «parziale
difformita'» mediante l'indicazione di limiti quantitativi, che
potrebbero avere, quale effetto, parimenti quello di circoscrivere la
portata della condotta abusiva, nonche' i suoi effetti, anche sul
versante della sanzione penale.
Ne discende che, anche in relazione all'art. 7, al pari della
previsione contenuta nella precedente disposizione censurata,
sussiste il contrasto con disposizioni di principio che costituiscono
norme di riforma economico sociale, andando cosi' a violare la
competenza esclusiva statale in materia di ordinamento penale di cui
all'art. 117, secondo comma, lettera l) e nonche' quella di cui
all'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione.
7) Illegittimita' costituzionale dell'art. 12 della legge della
Regione autonoma Sardegna n. 18 del 17 giugno 2025 per violazione
dell'art. 117, primo comma, lettera s) della Costituzione in
relazione all'art. 24, comma 5-bis, 5-ter e 5-quater del decreto del
Presidente della Repubblica n. 380/2001 e per contrasto con l'art. 32
della Costituzione in relazione al decreto del Ministro della sanita'
5 luglio 1975, con il quale e' stata data attuazione degli articoli
218 e 221 del regio decreto n. 1265/1934.
L'art. 12 della legge regionale impugnata riguardante i requisiti
edilizi minimi igienico-sanitari sostituisce l'art. 7-quater della
legge regionale n. 23 del 1985, in materia di agibilita' degli
immobili e deroghe ai requisiti igienico sanitari.
In particolare, il menzionato art. 7-quater, al comma 1, esclude
l'applicabilita', nell'ambito dell'ordinamento regionale, dei commi
da 5-bis a 5-quater dell'art. 24 del TUE, e, pertanto, allo stato,
sono mantenute inalterate le misure minime di agibilita' per i
monolocali nei limiti fissati dalla normativa nazionale previgente
alla data di entrata in vigore del decreto-legge 29 maggio 2024, n.
69, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2024, n.
105, che ha introdotto significative novita' sul tema dei cd.
«micro-appartamenti».
In particolare, la disposizione in esame, non recepisce le nuove
disposizioni statali sulla superficie minima degli alloggi, ancorche'
espressione di norme di riforma economico sociale nonche' livello
essenziale delle prestazioni.
Occorre premettere che i commi da 5-bis a 5-quater dell'art. 24
del TUE, introdotti dal citato decreto-legge n. 69 del 2024, nelle
more dell'adozione del decreto di cui all'art. 20, comma 1-bis, del
Trattato sull'Unione europea da parte del Ministero della salute
volto a definire i requisiti igienico-sanitari di carattere
prestazionale degli edifici, hanno autorizzato il progettista, ai
fini del rilascio del certificato di agibilita', ad asseverare la
conformita' del progetto ai parametri igienico-sanitari in due nuove
ipotesi, concernenti le altezze e la superficie interna.
Nel dettaglio, con riguardo alle altezze, il progettista e'
autorizzato ad asseverare il progetto nei locali aventi un'altezza
minima interna inferiore a 2,70 metri, fino al limite massimo di 2,40
metri; mentre, con riguardo alla superficie degli alloggi mono
stanza, il progettista viene autorizzato ad asseverare il progetto
fino al limite massimo di 20 metri quadrati, in caso di alloggi
abitati da una persona, oppure, se abitati da due persone, fino al
limite massimo di 28 metri quadrati.
Si prevede, in ogni caso, che il progettista potra' rendere
l'asseverazione de qua qualora ricorra almeno una delle seguenti
condizioni: (i) i locali siano situati in edifici sottoposti ad
interventi di recupero edilizio e di miglioramento delle
caratteristiche igienico-sanitarie; (ii) sia contestualmente
presentato un progetto che contenga soluzioni di ristrutturazione
alternative atte a garantire, in relazione al numero degli occupanti,
idonee condizioni igienico-sanitarie dell'alloggio.
La ratio di siffatta disciplina transitoria si rinviene nella
necessita' di fornire una risposta pragmatica alle mutate esigenze
sociali ed economiche, nonche' di adeguare la disciplina edilizia
alle trasformazioni del contesto urbano, non pregiudicando al
contempo l'effettiva sussistenza dei requisiti inderogabili di
sicurezza, igiene e salubrita', degli edifici.
La riduzione dell'altezza o della superficie minima degli alloggi
mono stanza e' stata subordinata dalla legislazione statale alla
contestuale sussistenza di un progetto atto a garantire in ogni caso
idonee condizioni igienico-sanitarie dell'alloggio.
In tale ottica, le misure statali sono orientate a fornire
soluzioni abitative a una fascia consistente di popolazione di
giovani lavoratori, studenti e famiglie monopersonali, consentendo
loro di accedere a soluzioni abitative flessibili e a prezzi
contenuti, e quindi di realizzare le proprie aspettative di vita e
lavoro anche in contesti urbani dove il costo di un alloggio e'
proibitivo.
Al contempo, tali misure rappresentano una risposta all'esigenza
di valorizzare il patrimonio edilizio esistente, limitando il consumo
di nuovo suolo e rivitalizzando aree urbane sottoutilizzate.
Cio' premesso, l'art. 12, della legge regionale impugnata, nella
parte in cui non recepisce il disposto di cui ai menzionati commi
5-bis, 5-ter e 5-quater dell'art. 24 del TUE, e' incostituzionale in
quanto la materia relativa agli standard edilizi si configura quale
livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e
sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale,
non potendosi ammettere - su aspetti di primario rilievo sociale ed
economico -- una tutela frammentaria e diversificata della disciplina
di settore.
A cio' si aggiunga che, pur non recependo i commi 5-bis, 5-ter e
5-quater dell'art. 24 del TUE, il medesimo art. 7-quater, della legge
regionale n. 23 del 1985, come novellato dalla legge in esame, ai
commi 3 e 6, ammette, ai fini dell'agibilita', deroghe di carattere
generalizzato ai rapporti aero-illuminanti di cui al decreto del
Ministro della Sanita' 5 luglio 1975, di attuazione degli articoli
218 e 221 del regio decreto n. 1265/1934, che stabilisce gli standard
posti a presidio del diritto alla tutela della salute di cui all'art.
32 della Costituzione.
In particolare, mentre le ricordate disposizioni statali, da un
lato, circoscrivono l'ambito di applicazione oggettivo del regime
derogatorio (i.e. alloggi mono stanza) e, dall'altro, fissano limiti
quantitativi precisamente individuati cui e' subordinata
l'asseverazione ai fini dell'agibilita' (altezza e superficie
minima), l'art. 7-quater, ai commi 3 e 6, dispone una deroga ai
rapporti aero-illuminanti suscettibile di trovare potenziale
applicazione verso tutti gli immobili situati nel territorio
regionale, potendosi la stessa applicare a tutti gli immobili «d)
esistenti alla data di entrata in vigore del decreto ministeriale 5
luglio 1975; e) successivi alla data di entrata in vigore del decreto
del Ministro della sanita' 5 luglio 1975 e esistenti alla data del 24
maggio 2024», e senza nemmeno fissare una misura minima.
Tutto cio' considerato, l'art. 7-quater, in parte qua reca
pertanto disposizioni lesive dell'art. 32 Costituzione, in quanto
contrasta con i parametri interposti rappresentati dalle citate
disposizioni del decreto ministeriale 5 luglio 1975, dirette a
tutelare la salute e la sicurezza degli ambienti.
A tal proposito, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 119
del 2024, ha rammentato che le prescrizioni del decreto ministeriale
5 luglio 1975 sono vincolanti per la normativa regionale, in quanto,
essendo «legate da un nesso evidente alla normativa primaria e
chiamate a specificarne sul versante tecnico i precetti generali,
[...] sono idonee a esprimere principi fondamentali» (cfr. anche
sentenza Corte costituzionale n. 124 del 2021). Le prescrizioni
riguardanti i parametri di aero illuminazione, al pari dell'altezza
interna degli edifici, perseguono l'essenziale finalita' di
conformare l'attivita' edilizia e, in tale ambito, apprestano misure
volte anche a garantire il diritto alla salute nel contesto
dell'abitazione, spazio di importanza vitale nell'esistenza di ogni
persona. Tali prescrizioni si configurano, pertanto, come principi
fondamentali di riforma economico-sociale, vincolanti per la
legislazione regionale.
Stante la riconducibilita' di tali disposizioni alle norme
fondamentali di riforma economico-sociale, la disposizione impugnata
contrasta con l'art. 117, secondo comma, lettera s) della
Costituzione, atteso che la Regione autonoma Sardegna ha invaso le
competenze del legislatore statale in materia, non attenendosi alle
previsioni di cui all'art. 24 del Trattato sull'Unione europea che
costituiscono norme generali di riforma economico sociale, violando
altresi' l'art. 32 della Costituzione.
8) Illegittimita' costituzionale dell'art. 14 della legge della
Regione autonoma Sardegna n. 18 del 17 giugno 2025 per violazione
dell'art. 117, primo comma, lettera s) della Costituzione in
relazione all'art. 23-ter del decreto del Presidente della Repubblica
n. 380/2001.
L'art. 14 della legge regionale impugnata apporta modifiche
all'art. 11 della legge regionale n. 23 del 1985, in materia di
categorie funzionali urbanisticamente rilevanti e destinazione d'uso,
non recependo le novita' introdotte dal decreto-legge n. 69 del 2024
all'art. 23-ter del TUE, in particolare in punto di obblighi relativi
all'assolvimento degli oneri urbanistici connessi al mutamento di
destinazione d'uso delle singole unita' immobiliari, tanto
all'interno della stessa categoria funzionale (cd. mutamenti di
destinazione d'uso urbanisticamente irrilevanti o orizzontali),
quanto tra categorie funzionali diverse (cd. mutamenti
urbanisticamente rilevanti o verticali).
L'art. 23-ter del TUE, come modificato dal decreto-legge n. 69
del 2024, ha inteso agevolare, mediante l'introduzione di
semplificazioni sostanziali e procedurali, i mutamenti di
destinazione d'uso, anche in caso di contestuale esecuzione di opere
edilizie.
Il citato art. 23-ter, comma 1-bis, dispone che, nei casi di
mutamento di destinazione d'uso orizzontale di singole unita'
immobiliari, non e' dovuto il pagamento ne' degli oneri di
urbanizzazione primaria ne' di quelli di urbanizzazione secondaria
ove previsto dalla legislazione regionale.
In tali ipotesi, infatti, l'equivalenza del carico urbanistico
viene valutata a priori dalla legislazione statale e, pertanto, il
mutamento d'uso non comporta la necessita' di adeguare la dotazione
esistente di aree per servizi pubblici o di uso pubblico o
l'esecuzione di opere di urbanizzazione.
Nel caso di mutamento di destinazione d'uso verticale relativo ad
una singola unita' immobiliare, il medesimo art. 23-ter, al comma
1-quater, dispone che questo non e' assoggettato all'obbligo di
reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale, al
vincolo della dotazione minima obbligatoria di parcheggi, ne' al
pagamento degli oneri di urbanizzazione primaria, fermo restando il
pagamento di quelli di urbanizzazione secondaria, ove previsto dalla
legislazione regionale.
La ratio della disposizione e' rinvenibile nell'esigenza di
introdurre una semplificazione per agevolare i cambi d'uso rilevanti
per singole unita' immobiliari, ad esclusione di quelle rurali,
giustificata dalla circostanza che nelle zone A), B). e C) di cui
all'art. 2 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile
1968, n. 1444), il mutamento avviene tendenzialmente in un contesto
gia' urbanizzato, ove l'incremento del carico urbanistico si presume
compensato o ridimensionato.
A conferma di cio', il legislatore statale ha ritenuto di non
imporre la corresponsione degli oneri di urbanizzazione primaria,
nella consapevolezza che il loro versamento si risolverebbe in una
sostanziale duplicazione di costi a fronte dell'unicita' dei servizi
gia' predisposti nella zona interessata (e.g. strade residenziali,
spazi di sosta o di parcheggio, fognature, rete idrica, pubblica
illuminazione). Il favor per la semplificazione e l'agevolazione del
mutamento di destinazione d'uso espresso dal legislatore statale e'
altresi' evidente laddove si consideri che, ai sensi dell'art.
23-ter, commi 1-bis e 1-ter, tanto i mutamenti di destinazione d'uso
orizzontali, quanto quelli verticali (nelle zone A), B) e C)),
possono essere oggetto soltanto di «specifiche condizioni» da parte
degli strumenti urbanistici comunali, in ogni caso sorrette da
adeguata motivazione, in punto, per esempio, della necessita',
valutata in concreto dall'amministrazione, di salvaguardare il decoro
urbano.
Il legislatore statale, al primo periodo del comma 3, dell'art.
23-ter del TUE, ha stabilito che i principi discendenti dalle
disposizioni dinanzi illustrate trovano in ogni caso applicazione
diretta.
Alla luce di quanto sopra, e' di chiara evidenza come la
disciplina di cui all'art. 23-ter del Trattato sull'Unione europea
ponga principi fondamentali di riforma economico sociale, e si
configuri, altresi', quale livello essenziale delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su
tutto il territorio nazionale, non potendosi ammettere, su tale
aspetto di primario rilievo, una tutela frammentaria e diversificata
a livello territoriale.
Pertanto, l'art. 14 in esame si pone in contrasto con l'art. 117,
secondo comma lettera s) atteso che la regione, invadendo la potesta'
legislativa attribuita allo Stato e fuoriuscendo dalla potesta'
statutaria che le e' attribuita, ha introdotto una disposizione
incostituzionale nella parte in cui non recepisce le semplificazioni
concernenti il mutamento di destinazione d'uso introdotte dal citato
art. 23-ter del TUE.
9) Illegittimita' costituzionale dell'art. 18 della legge della
Regione autonoma Sardegna n. 18 del 17 giugno 2025 per violazione
dell'art. 117, primo comma, lettera s) della Costituzione in
relazione all'art. 23-ter del decreto del Presidente della Repubblica
n. 380/2001.
L'art. 18 della legge regionale, nell'apportare modifiche
all'art. 15-quater della legge regionale n. 23 del 1985, prevede, tra
l'altro, che, nelle modifiche di destinazione d'uso urbanisticamente
non rilevanti, fermo il rispetto degli spazi per parcheggi previsti
da specifiche normative di settore, lo strumento urbanistico comunale
determina gli spazi per parcheggio eventualmente ritenuti necessari.
La disposizione, per le medesime ragioni gia' enunciate in relazione
all'art. 14 che si hanno qui per richiamate, risulta non coerente con
quanto previsto dall'art. 23-ter, comma 1-bis, del TUE, che,
nell'ottica di agevolare i mutamenti di destinazione d'uso ivi
previsti, esonera l'interessato dal reperimento delle aree per
servizi di interesse generale, nonche' dal vincolo della dotazione
minima di parcheggi.
Le citate disposizioni statali violate, come detto, finalizzate a
principi di semplificazione, costituiscono norme di riforma economico
sociale che, come tali, vincolano anche la potesta' legislativa della
Regione Sardegna.
10) Illegittimita' costituzionale dell'art. 15 della legge della
Regione autonoma Sardegna n. 18 del 17 giugno 2025 per violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera s) in relazione agli articoli
36-bis e 37, comma 4 del decreto del Presidente della Repubblica 380
del 2001 abrogato dal decreto-legge n. 69 del 2024.
L'art. 15 della legge regionale impugnata modifica l'art. 14
della legge regionale n. 23 del 1985, in materia di opere eseguite in
assenza di SCIA o in difformita' da essa.
In particolare, il citato art. 14, al comma 2, continua a
prevedere, in relazione all'ipotesi di opere eseguite in assenza di
SCIA o in difformita' da essa, una forma di sanatoria condizionata al
pagamento di una sanzione pecuniaria di euro 500 e al pagamento degli
oneri di costruzione ove dovuti, secondo un meccanismo procedurale
simile a quello gia' previsto dall'art. 37, comma 4, del TUE,
abrogato dal decreto-legge n. 69 del 2024.
A seguito del predetto decreto-legge, l'accertamento di
conformita' per le opere eseguite in assenza o in totale difformita'
dalla SCIA e' regolato dall'art. 36-bis del TUE, che disciplina
altresi' l'accertamento di conformita' per gli interventi eseguiti in
parziale difformita' ovvero costituenti variazione essenziale al
permesso di costruire.
Il legislatore regionale non ha pertanto recepito il nuovo
impianto prefigurato dal testo unico in materia edilizia, continuando
a prevedere un regime di sanatoria analogo a quello previsto dal
previgente art. 37, comma 4, del TUE.
Pur sussistendo una competenza della Regione autonoma Sardegna
statutaria nella materia dell'urbanistica e delle opere pubbliche,
quest'ultima va esercitata alla stregua dei principi fondamentali di
riforma economico sociale nell'ambito del quale rientrano, per
giurisprudenza costituzionale costante, le disposizioni in materia di
sanatorie edilizie che sono di esclusiva competenza statale (cfr.
Corte costituzionale, sentenza 21 aprile 2021, n. 77 e, di recente,
Corte costituzionale n. 22/2025).
Alla stregua delle superiori considerazioni l'art. 15 viola
l'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione per avere la
Regione autonoma Sardegna invaso la competenza legislativa esclusiva
dello Stato, introducendo una disciplina che, fuoriuscendo dalle
predette competenze statutarie, si pone in contrasto con le
richiamate norme di riforma economico sociale.
1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 19 della legge della
Regione autonoma Sardegna n. 18 del 17 giugno 2025 per violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera l) in relazione all'art. 36-bis
del decreto del Presidente della Repubblica 380 del 2001.
L'art. 19 sostituisce l'art. 16 della legge regionale n. 23 del
1985 e prevede una fattispecie di accertamento di conformita', per
opere eseguite in assenza di titolo o in difformita' totale. Tale
disposizione contempla la possibilita' di eliminazione degli elementi
incongrui e volti alla modifica dell'esistente per ricondurre l'abuso
a conformita' e quindi a renderlo sanabile, non previsto dall'art. 36
del Trattato sull'Unione europea che, invece, a tal fine, richiede la
doppia conformita' dell'abuso eseguito alla disciplina urbanistica ed
edilizia sia al momento della realizzazione dell'abuso sia al momento
della presentazione della domanda.
La giurisprudenza amministrativa e penale hanno pacificamente e
costantemente affermato che l'abuso che si intende sanare deve essere
quello rilevato e non quello a cui si puo' pervenire per renderlo
sanabile attraverso demolizioni o modificazioni, cio' anche in
relazione agli effetti estintivi che la sanatoria di cui all'art. 36
determina sul reato commesso (art. 45 TUE).
Diverso invece e' il caso previsto dal successivo art. 20, che
nel caso di difformita' parziali e variazioni essenziali, alle
condizioni ivi espresse, consente l'eliminazione di opere per rendere
conforme l'abuso eseguito, come ammesso dall' art. 36-bis del TUE.
L'art. 36, nel delimitare presupposti e limiti della sanatoria, solo
«formale», per il caso di assenza o totale difformita' dal permesso
di costruire, e' riconducibile alle norme fondamentali di riforma
economico-sociale e vincola anche la potesta' legislativa della
Regione autonoma Sardegna.
In tal senso, la disposizione risulta illegittima, in quanto,
come affermato dalla giurisprudenza costituzionale (cfr., ex multis,
sentenza 21 aprile 2021, n. 77), in tema di sanatorie edilizie, sono
di esclusiva competenza statale le scelte di principio, in
particolare quelle relative all'an, al quando e al quantum, ossia la
decisione sul se disporre un titolo in sanatoria e a quali
condizioni, che operano alla stregua di principi fondamentali di
riforma economico-sociale.
Peraltro, considerato l'effetto estintivo della sanatoria sul
reato, la disposizione e' suscettibile di incidere
sull'individuazione delle fattispecie, e determina una sostanziale
modifica dei profili penalistici connessi alla realizzazione di
interventi in assenza o in difformita' totale del titolo edilizio, in
violazione della competenza legislativa esclusiva statale in materia
di ordinamento penale di cui all'art. 117, secondo comma, lettera l),
della Costituzione.
12) Illegittimita' costituzionale dell'art. 27, comma 1, lettera
a) della legge della Regione autonoma Sardegna n. 18 del 17 giugno
2025 per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettere a), l), m)
e s), della Costituzione in relazione all'art. 54 del decreto
legislativo n. 152/2006, agli articoli 32-35 del codice della
navigazione, in relazione all'art. 5, comma 3-bis, della legge n. 84
del 1994 nonche' in relazione agli articoli 1,2 5 del decreto
legislativo 17 ottobre 2016, n. 201 (Attuazione della direttiva
2014/89/UE che istituisce un quadro per la pianificazione dello
spazio' marittimo).
L'art. 27, comma 1, lettera a) modifica l'art. 19 della legge
regionale n. 45 del 1989 e prevede che il piano urbanistico comunale
debba estendersi, oltre che all'intero territorio comunale, anche
alle "acque costiere di cui all'art. 54 del decreto legislativo n.
152 del 2006, immediatamente prospicienti la battigia marina, alle
quali, in assenza di normativa specifica, si applicherebbe la
«disciplina prevista per le aree a terra».
Al riguardo, l'art. 54 del decreto legislativo n. 152 del 2006
definisce le acque costiere come «le acque superficiali situate
all'interno rispetto a una retta immaginaria distante, in ogni suo
punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto piu' vicino della
linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle
acque territoriali, e che si estendono eventualmente fino al limite
esterno delle acque di transizione».
La disposizione impugnata prevede che il piano urbanistico
comunale debba necessariamente estendersi al largo, sino ad un miglio
nautico dalla linea di base di cui all'art. 1 del decreto del
Presidente della Repubblica 26 aprile 1977, n. 816, recante adesione
alla convenzione sul mare territoriale e la zona contigua.
Occorre premettere che alle regioni non e' riconosciuta la
possibilita' di legiferare e/o adottare provvedimenti amministrativi
che esplicano i propri effetti oltre i limiti della giurisdizione
amministrativa, sulla considerazione secondo cui i confini dovrebbero
arrestarsi sulla linea costiera.
In proposito si evidenzia che: a) il mare non fa parte del
territorio comunale e non vi e' alcuna norma espressa che autorizzi
ad includere nel territorio comunale le zone d'acqua del mare
territoriale prospicienti la linea di costa, che delimita il
territorio comunale; b) il mare territoriale e' zona distinta
rispetto al territorio nazionale in quanto l'art. 2 della Convenzione
di Montego Bay del 1982 afferma che «la sovranita' dello Stato
costiero si estende, al di la' del suo territorio... ad una fascia
adiacente di mare, denominata mare territoriale» e che, secondo il
successivo comma 3, tale sovranita' «si esercita alle condizioni
della presente Convenzione e delle altre norme del diritto
internazionale».
Il fatto che, in diritto internazionale, si riconosca allo Stato
costiero l'esercizio della sovranita' sul mare territoriale non
significa che il medesimo se ne possa appropriare e considerarlo
parte del «territorio» nazionale, in virtu' del principio della
liberta' dei mari.
Cio' e' dimostrato dal fatto che sul mare territoriale lo Stato
costiero, ai sensi della citata convenzione, non puo' opporsi, ad
esempio, al passaggio inoffensivo di navi straniere (art. 17 della
convenzione).
La delega alle regioni di funzioni in materia di demanio
marittimo operata con i pertinenti provvedimenti normativi non
comporta affatto un ampliamento dei limiti amministrativi di regioni
e comuni, ne' una cessione della sovranita' dello Stato sul mare
territoriale.
A dimostrazione del fatto che la delega alle regioni non puo'
comportare un ampliamento dei loro limiti amministrativi, la
disposizione interferisce con la predetta sovranita' statale e con le
competenze statali in materia di demanio marittimo e portuale,
incidendo indirettamente sull'assetto ordinamentale statale in tema
di uso, tutela e gestione dei beni pubblici costieri.
Peraltro, la norma coinvolge ambiti riconducibili alla
pianificazione degli spazi marittimi di cui al decreto legislativo 17
ottobre 2016, n. 201 (Attuazione della direttiva 2014/89/UE che
istituisce un quadro per la pianificazione dello spazio' marittimo)
e, per quanto concerne le concessioni demaniali, a quelle ancora di
competenza statale, tra cui, in via esemplificativa, le concessioni
per l'approvvigionamento di fonti energetiche (cfr. articoli 2, 5
sulla elaborazione e attuazione della pianificazione dello spazio
marittimo).
Il predetto decreto, in base a quanto prevede altresi' l'art. 1,
istituisce un quadro per la pianificazione dello spazio marittimo al
fine di promuovere la crescita sostenibile delle economie marittime,
lo sviluppo sostenibile delle zone marine e l'uso sostenibile delle
risorse marine, assicurando la protezione dell'ambiente marino e
costiero mediante l'applicazione dell'approccio ecosistemico, tenendo
conto delle interazioni terra-mare e del rafforzamento della
cooperazione transfrontaliera, in conformita' alle pertinenti
disposizioni della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del
mare (UNCLOS), fatta a Montego Bay il 10 dicembre 1982 e ratificata
con legge 2 dicembre 1994, n. 689.
Pur riconoscendo che molte concessioni demaniali marittime
rientrano oggi nella competenza degli enti locali, permane la riserva
statale su alcune tipologie strategiche, nonche' sulle concessioni
rilasciate all'interno delle aree di giurisdizione delle Autorita' di
sistema portuale, che avrebbero meritato un'espressa esclusione
dall'ambito applicativo della disposizione regionale in esame.
Peraltro, in tema di porti, l'art. 5, comma 3-bis, della legge n.
84 del 1994 stabilisce che «Nei porti di cui al comma 3, ne quali non
e' istituita l'Autorita' di sistema portuale, il piano regolatore e'
adottato e approvato dalla regione di pertinenza o, ove istituita,
dall'Autorita' di sistema portuale regionale, previa intesa con il
comune o i comuni interessati, ciascuno per il proprio ambito di
competenza, nel rispetto delle normative vigenti e delle proprie
norme regolamentari. Sono fatte salve, altresi', le disposizioni
legislative regionali vigenti in materia di pianificazione dei porti
di interesse regionale».
Dunque, come si vede, nei porti ove non e' istituita l'Autorita'
di sistema portuale, per la potesta' regolatoria in capo a regioni e
comuni si e' resa necessaria un'espressa attribuzione della
legislazione statale, non essendo sufficiente una generica
attribuzione di competenza nella materia de qua derivante dagli
ordinari principi costituzionali di ripartizione delle competenze tra
Stato e regioni. Sotto altro profilo, si rileva che la disposizione
non contempla meccanismi di raccordo procedimentale o forme di leale
collaborazione con lo Stato, contravvenendo ai principi elaborati
dalla giurisprudenza costituzionale in materia di competenze
interferenti.
La Corte costituzionale ha infatti affermato costantemente (cfr.
sentenze n. 157 del 2017, n. 113 del 2015, n. 180 del 2011) che le
regioni non possono incidere, nemmeno in via indiretta, sul regime
giuridico dei beni appartenenti al demanio marittimo, la cui
disciplina deve essere ricondotta a un interesse unitario nazionale.
Ulteriori profili di illegittimita' emergono in relazione alle
competenze esclusive statali in materia di tutela della dominicalita'
del demanio marittimo, che si esplicano, tra l'altro, nei
procedimenti di delimitazione (art. 32 cod. nav.), ampliamento (art.
33), consegna ad altre amministrazioni (art. 34) e sdemanializzazione
(art. 35) del demanio marittimo, oltre che nella gestione della sua
consistenza e destinazione funzionale. La possibilita' che
disposizioni urbanistiche comunali si estendano, ope legis, a
porzioni di mare adiacenti alla battigia finisce per interferire con
tali prerogative.
In considerazione di quanto sopra esposto, la disposizione,
introducendo unilateralmente una disciplina estensiva delle
previsioni urbanistiche comunali a porzioni di mare territoriale, si
pone in contrasto ed invade la competenza legislativa statale nelle
materie del politica estera e rapporti internazionali dello Stato,
ordinamento civile, demanio marittimo e tutela dell'ambiente
individuate dall'art. 117, secondo comma, lettere a), l), m) e s),
della Costituzione.
Lo stesso Statuto della Regione Sardegna, all'art. 14, stabilisce
che la «Regione, nell'ambito del suo territorio, succede nei beni e
diritti patrimoniali dello Stato di natura immobiliare e in quelli
demaniali, escluso il demanio marittimo», con cio' non facendo
minimamente cenno alle acque costiere (territoriali), implicitamente
escluse persino dal dubbio se facciano parte o meno delle
circoscrizioni regionali o comunali, con cio' non ritenendosi neppure
necessario che si dimostri la violazione, pur avvenuta alla stregua
di quanto sopra esposto, di norme fondamentali di riforma
economico-sociale.
In tale contesto, la Corte costituzionale ha piu' volte chiarito
che la disciplina del demanio marittimo - ivi comprese le modalita'
di acquisizione, utilizzo e concessione - rientra nella materia
dell'ordinamento civile ed e', pertanto, di competenza esclusiva
dello Stato.
In particolare, nella sentenza n. 94/2019, la Corte ha affermato
che la disciplina del demanio marittimo (e ancor piu' quella delle
acque territoriali), «costituisce espressione della potesta'
legislativa esclusiva dello Stato nella regolazione degli aspetti
dominicali del demanio marittimo, in quanto rientranti nella materia
dell'ordinamento civile».
Alla luce delle suesposte considerazioni l'art. 27, comma 1,
lettera a) si pone in contrasto con l'art. 117, secondo comma,
lettere a), l), m) e s), della Costituzione, essendo la Regione
autonoma Sardegna intervenuta in materia devoluta alla competenza
esclusiva dello Stato, fuoriuscendo anche dagli ambiti fissati dalla
competenza statutaria (art. 3, primo comma, lettera l) dello Statuto)
che, in ogni caso, deve essere esercitata nel rispetto nelle norme di
riforma economico sociale.
Tale contesto normativo e giurisprudenziale depone
indiscutibilmente per l'incostituzionalita' della norma regionale la
quale ha violato molteplici parametri costituzionali.
13) Illegittimita' costituzionale dell'art. 27, comma 2 della
legge della Regione autonoma Sardegna n. 18 del 17 giugno 2025 per
contrasto con l'art. 117, secondo comma lettera s) in relazione agli
articoli 135, comma 1, 142, comma 2, 143, comma 1 lettera d) e
lettera i) del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
Sotto altro e ulteriore profilo, l'art. 27, al comma 2, si pone
in contrasto con l'art. 142, comma 2, del decreto legislativo 22
gennaio 2004, n. 42, che disciplina le fattispecie esenti dalle
tutele prescritte dal comma 1 del medesimo articolo, ed in
particolare con la lettera i) posta a presidio delle «zone umide
incluse nell'elenco previsto dal decreto del Presidente della
Repubblica 13 marzo 1976, n. 448», con cui e' stato dato recepimento
alla Convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, relativa alla tutela
delle zone umide di importanza internazionale. Infatti, la disciplina
delle zone umide regionali deve essere sottoposta a copianificazione
tra Stato e regione, come previsto dall'art. 135, comma 1, ultimo
periodo, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, secondo il
quale «L'elaborazione dei piani paesaggistici avviene congiuntamente
tra Ministero e regioni, limitatamente ai beni paesaggistici di cui
all'art. 143, comma 1, lettere b), c) e d), nelle forme previste dal
medesimo art. 143».
In particolare, la lettera d) del comma 1 dell'art. 143, cui si
riferisce l'art. 135 quando impone le materie di copianificazione,
prevede che l'elaborazione del Piano comprenda almeno la «eventuale
individuazione di ulteriori immobili od aree, di notevole interesse
pubblico a termini dell'art. 134, comma 1, lettera c), loro
delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla
identificazione, nonche' determinazione delle specifiche prescrizioni
d'uso, a termini dell'art. 138, comma 1».
Al riguardo, e' d'uopo precisare che i beni facenti parte
dell'Assetto Ambientale regionale, elencati dall'art. 17 delle NTA
del PPR, sono stati individuati dalla Regione ai sensi dell'art. 143,
comma 1, lettera i), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42,
vigente al momento dell'approvazione (8 settembre 2006) e
pubblicazione ed entrata in vigore (9 settembre 2006) del Piano
paesaggistico regionale. Il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.
42 non prevedeva il principio della pianificazione paesaggistica
congiunta obbligatoria, che e' stato introdotto solo con il decreto
legislativo 26 marzo 2008, n. 63, recante «Ulteriori disposizioni
integrative e correttive del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.
42, in relazione al paesaggio».
Il decreto legislativo 26 marzo 2008, n. 63, entrato in vigore il
24 aprile 2008, ha completamente riscritto, tra gli altri, gli
articoli 135 e 143 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42,
facendo confluire la lettera i), dell'art. 143, comma 1, del decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 del testo previgente nell'attuale
lettera d) del testo dell'art. 143, comma 1, come novellato dall'art.
2, comma 6, lettera p) del decreto legislativo 26 marzo 2008, n. 63,
in cui e' previsto che il PPR comprenda la «d) eventuale
individuazione di ulteriori immobili od aree, di notevole interesse
pubblico a termini dell'art. 134, comma 1, lettera c), loro
delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla
identificazione, nonche' determinazione delle specifiche prescrizioni
d'uso, a termini dell'art. 138, comma 1.».
Di talche' le zone umide regionali individuate dal PPR, e
sottoposte a tutela ai sensi degli articoli 17 e 18 delle NTA del
PPR, fanno parte dei beni indicati dall'art. 143, comma 1, lettera d)
del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, come integrato dal
decreto legislativo 26 marzo 2008, n. 63, per i quali vige l'obbligo
di pianificazione congiunta stabilito ai sensi dell'art. 135, comma
1, ultimo periodo del D. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, secondo il
quale «L'elaborazione dei piani paesaggistici avviene congiuntamente
tra Ministero e regioni, limitatamente ai beni paesaggistici di cui
all'art. 143, comma 1, lettere b), c) e d), nelle forme previste dal
medesimo art. 143.».
Inoltre, intervenendo unilateralmente con legge regionale nelle
modifiche del PPR, la regione contravviene al principio di leale
collaborazione e all'art. 143, comma 2, del decreto legislativo 22
gennaio 2004, n. 42.
Sul punto, si osserva che la giurisprudenza costituzionale, si e'
espressa affermando che «integra una regola di tutela primaria del
paesaggio in nessun modo derogabile ad opera della legislazione
regionale che, nella cura di interessi funzionalmente collegati con
quelli propriamente ambientali, deve rispettare gli standard minimi
uniformi di tutela previsti dalla normativa statale, potendo al
limite introdurre un surplus di tutela e non un regime peggiorativo»
(sentenza n. 251 del 2021, punto 3).
Ne discende come la norma regionale si ponga in contrasto con
l'art. 117 lettera s) della Costituzione, per quel che riguarda le
procedure di co-pianificazione del piano paesaggistico regionale di
cui all'art. 135, decreto legislativo n. 42/2004, nonche' con il
principio di leale collaborazione Stato-regione, di cui all'art. 5
della Costituzione.
14) Illegittimita' costituzionale dell'art. 28 della legge della
Regione autonoma Sardegna n. 18 del 17 giugno 2025 per contrasto con
l'art. 117, secondo comma, lettera s) in relazione agli articoli 1 e
7 del r.d.l. 30 dicembre 1923, n. 3267 nonche' in relazione all'art.
53, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
L'art. 28 modifica l'art 19, introduce il comma 5-quater
nell'art. 19 della legge regionale n. 8 del 2016 rubricata «Legge
forestale della Sardegna», prevedendo che gli interventi e le
trasformazioni realizzati in zone sottoposte a vincolo idrogeologico
ai sensi del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3267, in assenza
della prescritta autorizzazione o in difformita' da essa, possano
ottenere l'accertamento della compatibilita' idrogeologica anche
successivamente alla realizzazione delle opere.
Tale disposizione si pone in contrasto con l'art. 7 del r.d.l. 30
dicembre 1923, n. 3267, quale norma interposta dell'art. 117, comma
secondo, lettera s) della Costituzione.
La Regione autonoma Sardegna ha chiaramente superato le
competenze fissate dall'art. 3 dello Statuto speciale per la
Sardegna, di cui alla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3,
intervenendo in materia in senso contrario al legislatore nazionale.
La materia disciplinata dal r.d.l. n. 3267 del 1923, relativa al
«vincolo per scopi idrogeologici» e ai terreni di qualsiasi natura e
destinazione» (art. 1, r.d.l. n. 3267/1923) ricade infatti
nell'ambito delle competenze legislative esclusive statali in materia
di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di cui all'art. 117, comma
secondo, lettera s), della Costituzione.
Cio' si evince chiaramente da una lettura sistematica delle
disposizioni in materia: l'art. 53, comma 1, del decreto legislativo
3 aprile 2006, n. 152, che apre la sezione I della parte terza,
recante «Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla
desertificazione», individua tra le finalita' delle disposizioni
della suddetta sezione «[...] il risanamento idrogeologico del
territorio tramite la prevenzione dei fenomeni di dissesto, la messa
in sicurezza delle situazioni a rischio e la lotta alla
desertificazione».
Tale lettura e' condivisa dalla giurisprudenza amministrativa in
base alla quale «[il vincolo idrogeologico, secondo quanto previsto
dall'art. 1 r.d.l. 30 dicembre 1923 n. 3267, riguarda direttamente e
specificamente i terreni [...] ed ha come finalita' quella di
prevenire smottamenti e movimenti franosi» e «consente alla pubblica
amministrazione di adottare qualsiasi misura - tanto restrittiva,
quanto impeditiva - per ragioni di tutela ambientale» (Cons. Stato,
sez. V, 10 settembre 2009, n. 5424). A tal proposito, e' pacifico che
le competenze statali di cui all'art. 117, comma secondo, lettera s)
della Costituzione costituiscono limite all'esercizio delle
competenze legislative regionali previste dagli articoli 3, 4 e 5
dello Statuto speciale della Sardegna (Cfr. sul punto Corte
costituzionale 28 gennaio 2022, n. 24; Id., 6 luglio 2021, n. 138).
L'art. 7 del r.d.l. n. 3267 del 1923 prevede che per i terreni
vincolati, la trasformazione dei boschi in altre qualita' di coltura
e la trasformazione dei terreni saldi in terreni soggetti a periodica
lavorazione, sono subordinate ad autorizzazione, caso per caso, allo
scopo di prevenire i danni di cui all'art. 1.
La giurisprudenza qualifica pacificamente tale atto, come un
titolo ampliativo («autorizzazione» Tribunale amministrativo
regionale Puglia, Lecce, sez. 1, 12 dicembre 2016, n. 1850; oppure
«nulla osta»: Cons. Stato, V, n. 5424/2009) da conseguire
necessariamente prima della realizzazione dell'intervento. In
particolare, il giudice amministrativo ha espressamente statuito che
«il regio decreto n. 3267 del 1923, recante Riordinamento e riforma
della legislazione in materia di boschi e di terreni montani, non
prevede il rilascio di parere e/o nulla osta a sanatoria, ma solo
l'autorizzazione preventiva» (TAR Puglia, Bari, sez. III, 26 gennaio
2012, n. 246). L'art. 28, dunque, viola i principi e le disposizioni
sopra citati, con particolare riferimento all'art. 7 del r.d.l. n.
3627 del 1923, nella misura in cui prevede che gli interventi e le
trasformazioni realizzati in zone sottoposte a vincolo idrogeologico
ai sensi del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3267, in assenza
della prescritta autorizzazione o in difformita' da essa, possano
ottenere l'accertamento della compatibilita' idrogeologica anche
successivamente alla realizzazione delle opere, con conseguente
violazione dell'art. 117, comma secondo, lettera s) della
Costituzione e superamento della competenza statutaria.
15) Illegittimita' costituzionale dell'art. 29, comma 1, lettera
c) della legge della Regione autonoma Sardegna n. 18 del 17 giugno
2025 per contrasto con l'art. 117, comma 2, lettera l) e s) della
Costituzione, nonche' con l'art. 9 della Costituzione in relazione
all'art. 167 del decreto legislativo 42/2004.
L'art. 29, comma 1, lettera c), inserisce un nuovo art. 5-ter
nella legge regionale n. 12 del 1998, che attribuisce all'organo
comunale le competenze in materia di provvedimenti di accertamenti di
compatibilita' paesaggistica e di relativi provvedimenti sanzionatori
di cui all'art. 167 del decreto legislativo n. 42/2004.
Quanto previsto ai commi 4 e 5 del nuovo art. 5-ter contrasta con
la sovraordinata norma statale di cui all'art. 167 del decreto
legislativo n. 42/2004, ove non si prevedono le esclusioni di
applicazione delle sanzioni rispettivamente per opere pubbliche
eseguite in assenza o difformita' dell'autorizzazione paesaggistica e
per i casi di opere eseguite prima dell'apposizione del vincolo
paesaggistico.
Si tratta di previsioni lesive delle prerogative esclusive dello
Stato in materia di tutela del paesaggio e della conseguente potesta'
sanzionatoria prevista in materia, esula infatti dalle competenze
della Regione la possibilita' di escludere con legge regionale una
sanzione relativa ad un ambito di competenza esclusiva dello Stato.
Ne discende, per le suesposte ragioni, la violazione della
competenza primaria statale in materia di ambiente, ecosistema e
paesaggio, derivante dall'art. 117, comma 2, lettera s) e l) della
Costituzione, nonche' dall'art. 9 della Costituzione.
16) Illegittimita' costituzionale dell'art. 29, comma 1, lettera
d) della legge della Regione autonoma Sardegna n. 18 del 17 giugno
2025 per violazione degli articoli 117, comma 2, lettera s) e 9 della
Costituzione, dall'art. 9 in relazione all'art. 16 e 28 della legge
n. 1150/1942.
L'art. 29, comma 1, lettera d), sostituisce integralmente l'art.
9 della legge regionale n. 12 del 1998, prevedendo, nel novellato
comma 12 di detto art. 9 che: «12. Gli strumenti urbanistici previsti
dall'art. 21 della legge regionale n. 45 del 1989 sono sottoposti
all'approvazione paesaggistica del Servizio tutela del paesaggio
regionale competente per territorio. Il piano adottato, completo
della deliberazione del consiglio comunale di adozione e dei relativi
allegati, e' inviato dall'amministrazione comunale al Servizio tutela
del paesaggio regionale che esprime le proprie osservazioni entro
sessanta giorni dalla ricezione. Il piano approvato, completo della
deliberazione del consiglio comunale di approvazione definitiva e dei
relativi allegati, e' trasmesso per il provvedimento finale di
autorizzazione paesaggistica al Servizio tutela del paesaggio
regionale competente per territorio che si esprime entro sessanta
giorni dalla ricezione. Il provvedimento di approvazione
paesaggistica e' il presupposto per l'entrata in vigore del piano,
previa pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione autonoma
della Sardegna (BURAS).».
La norma regionale detta una procedura per l'autorizzazione
paesaggistica di piani particolareggiati, quali quelli previsti dal
citato art. 21 legge regionale n. 45/1989 che, tuttavia, non
contempla il preventivo parere della Soprintendenza competente, come
sancito dall'art. 16, legge n. 1150/1942.
Il nuovo articolo tratteggia, quindi, un procedimento totalmente
autonomo nel quale non trova spazio la partecipazione degli organi
ministeriali ed il provvedimento di autorizzazione paesaggistica
interverrebbe dopo un iter condotto in totale autonomia dagli uffici
regionali. La norma statale stabilisce al comma 3 dell'art. 16 che:
«I piani particolareggiati nei quali siano comprese cose immobili
soggette alla legge 1° giugno 1939, n. 1089, sulla tutela delle cose
di interesse artistico o storico, e alla legge 29 giugno 1939, n.
1497, sulla protezione delle bellezze naturali, sono preventivamente
sottoposti alla competente Soprintendenza ovvero al Ministero della
pubblica istruzione quando sono approvati con decreto del ministro
per i lavori pubblici».
L'art. 16, comma 3 della legge n. 1150/1942 e l'art. 146 del
decreto legislativo n. 42/2004 individuano, come oggetto dei due
pareri contemplati dalla richiamata normativa, aspetti differenti del
Governo del territorio, poiche', mentre il parere reso ai sensi
dell'art. 16, legge n. 1150/1942, ha ad oggetto i piani
particolareggiati, quello di cui all'art. 146, decreto legislativo n.
42/2004 concerne, invece, il progetto degli interventi che si
intendano intraprendere.
In particolare, quanto al secondo dei due pareri, l'art. 146,
comma 3, decreto legislativo n. 42/2004, prevede la verifica della
compatibilita' fra interesse paesaggistico tutelato ed intervento
progettato, correlando a tale finalita' il contenuto della
documentazione che l'interessato e' tenuto a presentare.
Per l'amministrazione preposta alla salvaguardia e alla
valorizzazione dei beni culturali e del paesaggio, la possibilita' di
esprimersi, su quelli che sono gli aspetti piu' direttamente
collegati all'intervento che si effettuera' in attuazione del piano
particolareggiato e, dunque, relativamente a quelli che sono i
profili d'incidenza piu' marcatamente edilizi delle opere a farsi,
diviene possibile soltanto con la presentazione dei progetti relativi
ai singoli interventi, che danno conto, nel dettaglio, degli aspetti
costruttivi delle opere (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 17 agosto 2021 n.
5905; sez. VI, 15 marzo 2010, n. 1491; sez. VI, 5 febbraio 2010, n.
538).
Al contrario, in base al disposto di cui all'art. 16, comma 3,
legge n. 1150/1942, i piani particolareggiati sono soggetti ad una
valutazione riguardante l'incidenza della pianificazione sugli
aspetti culturali o paesaggistici del territorio, divenendo pertanto
oggetto del giudizio della Soprintendenza l'eventuale incidenza di
carattere "urbanistico" dei piani scrutinati.
La Regione Sardegna grazie alla modifica legislativa de qua non
sottopone al parere della competente amministrazione statale i piani
urbanistici attuativi, qualora questi atti di pianificazione incidano
su immobili tutelati ai sensi della Parte Seconda e Terza del D. Lgs.
n. 42/2004, ledendo in tal modo direttamente le funzioni di tutela
del patrimonio culturale di competenza statale, il principio di
ripartizione delle competenze legislative previste dall'art. 3, dello
Statuto Sardo, e dall'art. 117, comma 2, lettera s) della
Costituzione, nonche' il principio di leale collaborazione.
La competente amministrazione statale preposta alla tutela non
viene messa nelle condizioni di poter espletare le sue funzioni di
tutela del patrimonio culturale poiche' vengono rimesse solo le
istanze singole di autorizzazione paesaggistica ex art. 146 del
codice, secondo una visione parcellizzata caso per caso della tutela,
laddove viceversa l'esercizio di tale funzione richiede la percezione
e la conoscenza dell'insieme degli interventi suscettibili di
modificare le aree tutelate, nonche' la possibilita' di esprimere un
giudizio sull'insieme delle opere concernenti lo strumento attuativo
in area vincolata. Sul punto, per quanto non si ritenga vincolante il
parere della Soprintendenza reso ex art. 16, comma 3, della legge n.
1150/1942, si tratta comunque di un parere obbligatorio, previsto
dalla sovraordinata legge statale, ove si fissano principi
fondamentali di grande riforma economico sociale, al cui rispetto e'
pure tenuta la Regione autonoma di Sardegna. La Soprintendenza deve
quindi esprimere prima il proprio parere sul piano particolareggiato
e poi essere chiamata a valutare il singolo intervento ai sensi
dell'art. 146 con parere vincolante ed obbligatorio. Detto parere si
distingue dall'autorizzazione paesaggistica prescritta all'art. 146
del decreto legislativo n. 42/20004 che e' riferita ai singoli
interventi sui beni tutelati. Infatti, il disegno tratteggiato dal
legislatore statale e' volto alla massima tutela dei valori
paesaggistici coinvolti in un programma di interventi edilizi da
realizzare nelle zone vincolante. Tale intento e' realizzato sia
mediante la previsione di un parere a monte, da parte della
soprintendenza, circa la generale compatibilita' paesaggistica dei
piani, sia tramite l'imposizione di un ulteriore parere della
medesima soprintendenza in relazione ai singoli interventi a valle
(Cfr Corte costituzionale 68/2018). La disposizione regionale in
argomento lede pertanto la competenza primaria statale in materia di
ambiente, ecosistema e paesaggio, derivante dall'art. 117, comma 2,
lettera s) della Costituzione, dall'art. 9 della Costituzione che
stabilisce la preminenza del principio della tutela dell'ambiente e
del patrimonio culturale e stabilisce livelli minimi di tutela, e
dagli articoli 16 e 28 della legge n. 1150/1942, norma interposta da
ritenersi di riforma economica e sociale, prevalente rispetto alla
legislazione regionale, e dunque applicabile anche al territorio
sardo, in ragione dell'art. 3 dello Statuto sardo legge
costituzionale n. 3/1948 che, come piu' volte evidenziato nell'ambito
dei motivi di ricorso, prescrive come la funzione legislativa
regionale si esercita «In armonia con la Costituzione e i principi
dell'ordinamento giuridico dello Stato e col rispetto degli obblighi
internazionali e degli interessi nazionali, nonche' delle norme
fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica».
P.Q.M.
Il Presidente del Consiglio dei ministri, come sopra
rappresentato e difeso, chiede che codesta Ecc.ma Corte
costituzionale voglia accogliere il presente ricorso, per i motivi
sopra indicati ed illustrati, e per l'effetto, dichiarare
l'illegittimita' costituzionale degli articoli 2, 4, 6, 7, 12, 14,
15, 18, 19, 27, comma 1, lettera a) e comma 2, 28, 29, comma 1,
lettere c) e d) della legge della Regione autonoma della Sardegna n.
18 del 17 giugno 2025.
Con il ricorso notificato si depositeranno:
1. l'attestazione relativa alla approvazione da parte del
Consiglio dei ministri, nella riunione del giorno 4.8.2025, della
determinazione di impugnare la legge della Regione autonoma della
Sardegna n. 18 del 17 giugno 2025;
2. la copia della legge regionale impugnata.
Con riserva di illustrare e sviluppare i motivi di ricorso anche
alla luce delle difese avversarie.
Roma, 11 agosto 2025
Il Vice avvocato generale: Mangia
L'Avvocato dello Stato: Santini