Reg. Ric. n. 31 del 2025 n° parte 1
pubbl. su G.U. del 24/09/2025 n. 39

Ricorrente:Presidente del Consiglio dei ministri

Resistenti: Regione autonoma della Sardegna



Oggetto:

Edilizia e urbanistica – Interventi edilizi – Norme della Regione autonoma Sardegna – Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985 – Definizione degli interventi edilizi – Previsione che ai fini di una corretta applicazione delle definizioni dei medesimi interventi, la realizzazione di nuovo volume in una costruzione esistente è considerata ristrutturazione edilizia se avviene all'interno della sagoma esistente e nuova costruzione in caso contrario – Ricorso del Governo – Denunciata disposizione che, incidendo sull’individuazione delle categorie di interventi edilizi, introduce un automatismo che si pone in contrasto con le norme statali di riferimento di riforma economico sociale – Eccedenza dalle competenze statutarie – Lesione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali – Normativa che si risolve in una potenziale modifica del regime amministrativo dei titoli abilitativi, differente rispetto a quello previsto dal Testo unico dell’edilizia (TUE), in grado di determinare una significativa trasformazione del territorio – Incidenza irragionevole e sproporzionata sui livelli essenziali delle prestazioni civili e sociali che devono esser garantiti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale – Introduzione di una previsione più rigorosa che genera una sostanziale spoliazione a danno delle amministrazioni preposte alla pianificazione del territorio – Lesione dei principi di buon andamento dell’amministrazione e di ragionevolezza.

- Legge della Regione Sardegna del 17 giugno 2025, n. 18, art. 2, comma 1, introduttivo nella legge regionale n. 23 del 1985 dell’art. 2- bis.

- Costituzione, artt.3, 97, 117, secondo comma, lettere m) e s); statuto speciale per la Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, artt. 3, lettera f), e 6; decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, artt. 2-bis, 3 e 10.

 

Edilizia e urbanistica – Interventi edilizi – Norme della Regione autonoma Sardegna – Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985 – Stato legittimo dell'immobile – Previsione che negli immobili oggetto di condono edilizio realizzati in contrasto con le norme urbanistiche sono consentite, senza incremento volumetrico o di superficie coperta, unicamente opere di manutenzione ordinaria, di manutenzione straordinaria, di restauro e risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia non comportanti demolizione e ricostruzione con differente sagoma – Ricorso del Governo – Denunciata normativa che introduce un vincolo ostativo verso l’esecuzione di determinati interventi su immobili o unità immobiliari oggetto di condono edilizio – Contrasto con la normativa interposta di riforma economico sociale la quale stabilisce che lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è, tra l’altro, quello statuito dal titolo che ne ha legittimato la costruzione, ovvero anche quello rilasciato a seguito di condono – Eccedenza dalle competenze statutarie – Lesione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali – Limitazione della facoltà del proprietario di realizzare taluni interventi edilizi in un immobile oggetto di condono – Lesione della tutela della proprietà privata.

- Legge della Regione Sardegna del 17 giugno 2025, n. 18, art. 2, comma 1, introduttivo nella legge regionale n. 23 del 1985 dell’art. 2- ter.

- Costituzione, artt. 42 e 117, secondo comma, lettera s); statuto speciale per la Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, artt. 3, lettera f), e 6; decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, artt. 9-bis, comma 1-bis.


Edilizia e urbanistica – Interventi edilizi – Norme della Regione autonoma Sardegna – Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985 – Incentivazione degli interventi di riuso del patrimonio edilizio dismesso e per l'efficientamento energetico – Previsione che, sia in caso di interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti alla data del 24 maggio 2024, sia in caso di edifici di nuova costruzione o ampliamento di quelli esistenti, sono ammesse, a determinate condizioni, deroghe alle normative regionali o regolamenti edilizi comunali, anche con riferimento alle distanze minime dai confini, delle distanze minime di protezione del nastro stradale e ferroviario – Previsione che le deroghe vanno esercitate nel rispetto delle distanze minime riportate nel codice civile – Ricorso del Governo – Denunciata disciplina che si pone in contrasto con la normativa statale interposta che non consente, se non nei termini specificamente previsti, la possibilità di derogare alla distanza minima stabilita, fissata in 30 metri – Lesione della competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia della sicurezza – Eccedenza dalle competenze statutarie.

- Legge della Regione Sardegna del 17 giugno 2025, n. 18, art. 4, introduttivo nella legge regionale n. 23 del 1985 dei commi 3-bis e 3-ter nell’art. 3-bis.

- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera h); statuto speciale per la Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, artt. 3, lettera f), e 6; decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 753, artt. 49 e 60.


Edilizia e urbanistica – Interventi edilizi – Norme della Regione autonoma Sardegna – Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985 – Interventi di efficientamento energetico – Prevista esclusione dal computo dei volumi e dall’altezza massima dell’edificio, degli spessori di murature esterne, degli elementi di chiusura superiori e inferiori che racchiudono il volume riscaldato delle superfici e dei rapporti di copertura nei limiti indicati, anche nel caso di edifici nuovi – Ricorso del Governo – Denunciato contrasto con la normativa statale di riferimento la quale esclude che le deroghe ammesse per promuovere l’efficienza energetica possano applicarsi agli edifici nuovi – Lesione del principio di leale collaborazione per inosservanza della pianificazione concertata e condivisa – Violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, attesa l’introduzione di una deroga che potrebbe inficiare l’essenza e la funzione del principio di pianificazione – Eccedenza dalle competenze statutarie.

- Legge della Regione Sardegna del 17 giugno 2025, n. 18, art. 4, modificativo dell’art. 3-bis della legge regionale n. 23 del 1985.

- Costituzione, artt. 5 e 120 nonché 117, secondo comma, lettera l); statuto speciale per la Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, artt. 3, lettera f), e 6; decreto legislativo 14 luglio 2020, n. 73, art. 13.


Edilizia e urbanistica – Interventi edilizi – Norme della Regione autonoma Sardegna – Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985 – Opere eseguite in totale difformità dal titolo abilitativo – Previsione che sono considerati in totale difformità dal titolo abilitativo l'esecuzione di volumi edilizi o la realizzazione di superfici coperte oltre il 30 per cento, per i soli fabbricati esistenti alla data del 24 maggio 2024, e il 20 per cento, in tutti gli altri casi, dei limiti indicati nel progetto, nonché modifiche superiori al 50 per cento delle distanze da fabbricati, dai confini del lotto e dalle strade indicate nel progetto, o riduzioni di qualunque entità che determinano distanze inferiori ai minimi previsti dalle vigenti disposizioni – Previsione che è, in ogni caso, considerata totale difformità la modifica della localizzazione dell'edificio all'interno del lotto urbanistico di pertinenza quando non vi è alcuna sovrapposizione della sagoma a terra dell'edificio autorizzato e di quello realizzato – Ricorso del Governo – Denunciata disposizione che, determinando una collocazione delle diverse ipotesi di violazione edilizia all’interno della categoria della totale difformità, confligge con quanto disposto dalla normativa statale di riferimento, maggiormente restrittiva, che costituisce una normativa di riforma economico-sociale cui attenersi – Incidenza sull’individuazione delle fattispecie di reato con sostanziale modifica dei profili penalistici connessi alla realizzazione di interventi in assenza o difformità totale dal titolo edilizio – Lesione della competenza legislativa statale esclusiva in materia di ordinamento penale – Eccedenza dalle competenze statutarie – Violazione della competenza legislative esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.

- Legge della Regione Sardegna del 17 giugno 2025, n. 18, art. 6, sostitutivo dell’art. 4 della legge regionale n. 23 del 1985.

- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettere l) ed s); statuto speciale per la Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, artt. 3, lettera f), e 6; decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, artt. 31, 32 e 36.


Edilizia e urbanistica – Interventi edilizi – Norme della Regione autonoma Sardegna – Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985 – Variazioni essenziali e parziali difformità – Previsione che per parziali difformità rispetto al progetto approvato si intendono le variazioni che non raggiungono i limiti fissati per le variazioni essenziali e, nel caso di modifiche della localizzazione dell’edificio all’interno del lotto urbanistico di pertinenza determinata a seguito di rotazione su qualunque asse o traslazione, le variazioni superiori al 50 per cento – Ricorso del Governo – Denunciata disciplina che non è in alcun modo abilitata a subordinare la sussistenza della condizione di parziale difformità, mediante l’indicazione di limiti quantitativi, che potrebbero avere l’effetto di circoscrivere la portata della condotta abusiva, nonché i suoi effetti, anche sul versante della sanzione penale – Contrasto con quanto disposto dalla normativa statale di riferimento che costituisce una normativa di riforma economico-sociale cui attenersi – Lesione della competenza legislativa statale esclusiva in materia di ordinamento penale – Eccedenza dalle competenze statutarie – Violazione della competenza legislative esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.

- Legge della Regione Sardegna del 17 giugno 2025, n. 18, art. 7, che introduce il comma 1-bis nell’art. 5 della legge regionale n. 23 del 1985.

- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettere l) ed s); statuto speciale per la Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, artt. 3, lettera f), e 6; decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, art.34.


Edilizia e urbanistica – Interventi edilizi – Norme della Regione autonoma Sardegna – Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985 – Agibilità degli immobili e deroghe ai requisiti igienico sanitari – Previsione che in materia di agibilità degli immobili e deroghe ai requisiti igienico sanitari trovano applicazione l'art. 24, esclusi i commi 5-bis, 5-ter e 5-quater, e l'art. 26 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, e successive modifiche ed integrazioni – Ricorso del Governo – Denunciata disposizione che non recepisce le nuove disposizioni statali sulla superficie minima degli alloggi, ancorché espressione di norme di riforma economico-sociale – Lesione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, che devono esser garantiti su tutto il territorio nazionale e segnatamente in materia di standard edilizi – Violazione del diritto alla salute, atteso il contrasto con i parametri interposti volti a tutelare sicurezza e salute degli ambienti – Eccedenza dalle competenze statutarie, per contrasto con le norme di riforma economico-sociale – Lesione della competenza legislative esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.

- Legge della Regione Sardegna del 17 giugno 2025, n. 18, art. 12, che sostituisce l’art. 7-quater della legge regionale n. 23 del 1985.

- Costituzione, artt. 32 e 117, secondo comma, lettere [m)] ed s); statuto speciale per la Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, artt. 3, lettera f), e 6; decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, art. 24, comma 5-bis, 5-ter e 5-quater; decreto del Ministero della Sanità 5 luglio 1975, attuativo degli artt. 218 e 221 del regio decreto n. 1265 del 27 luglio 1934.


Edilizia e urbanistica – Interventi edilizi – Norme della Regione autonoma Sardegna – Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985 – Categorie funzionali urbanisticamente rilevanti e destinazione d'uso – Previsione che le destinazioni d'uso di riferimento per le varie unità immobiliari sono definite con apposita direttiva emanata ai sensi dell'art. 5 della legge regionale n. 45 del 1989 – Previsione che fino all'approvazione delle medesime direttive rimangono in vigore le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Giunta regionale 9 agosto 2018, n. 79 – Previsione che la destinazione d'uso di una unità immobiliare è quella stabilita dalla prevista documentazione – Previsione che nel caso in cui tale documentazione indichi, per la singola unità immobiliare, più destinazioni, la destinazione d'uso dell'intera unità immobiliare è quella prevalente in termini di superficie utile – Previsione che si definisce mutamento della destinazione d'uso di una unità immobiliare ogni forma di utilizzo diversa da quella originaria, ancorché non accompagnata dall'esecuzione di opere edilizie – Ricorso del Governo – Denunciata norma che non recepisce le semplificazioni concernenti il mutamento di destinazione d’uso introdotte dalla normativa statale di riferimento – Eccedenza dalle competenze statutarie, per contrasto con le norme di riforma economico-sociale – Lesione della competenza legislative esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.

- Legge della Regione Sardegna del 17 giugno 2025, n. 18, art. 14, che modifica l’art. 11 della legge regionale n. 23 del 1985.

- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera s); statuto speciale per la Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, artt. 3, lettera f), e 6; decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, art. 23-ter.


Edilizia e urbanistica – Interventi edilizi – Norme della Regione autonoma Sardegna – Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985 – Parcheggi privati – Previsione che nelle modifiche di destinazione d'uso urbanisticamente non rilevanti, fermo il rispetto degli spazi per parcheggi previsti da specifiche normative di settore, lo strumento urbanistico comunale determina gli spazi per parcheggio eventualmente ritenuti necessari – Ricorso del Governo – Denunciata norma non coerente con quanto previsto dalla normativa interposta che, agevolando i mutamenti di destinazione d’uso previsti, esonera l’interessato dal recepimento delle aree per servizi di interesse generale, nonché dal vincolo della dotazione minima di parcheggi – Contrasto con i principi di semplificazione espressi dalle norme di riforma economico-sociale - Eccedenza dalle competenze statutarie – Lesione della competenza legislative esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.

- Legge della Regione Sardegna del 17 giugno 2025, n. 18, art. 14, che modifica l’art. 15-quater della legge regionale n. 23 del 1985.

- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera s); statuto speciale per la Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, artt. 3, lettera f), e 6; decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, art. 23-ter.


Edilizia e urbanistica – Interventi edilizi – Norme della Regione autonoma Sardegna – Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985 – Interventi edilizi realizzati in assenza di SCIA o in difformità da essa – Previsione che prima dell'accertamento dell'esecuzione delle opere in assenza di SCIA o in difformità da essa, può essere trasmessa una comunicazione di mancata SCIA corredata di tutti gli elaborati previsti dall'art. 10-bis, comma 2, della legge regionale n. 23 del 1985 e, in tal caso, la sanatoria è condizionata al pagamento di una sanzione pecuniaria di euro 500 e al pagamento degli oneri di costruzione ove dovuti – Ricorso del Governo – Denunciato legislatore regionale che non ha recepito il nuovo impianto prefigurato dalla legislazione nazionale interposta, continuando a prevedere un regime di sanatoria analogo a quello previsto dalla previgente disciplina – Contrasto con i principi fondamentali espressi dalle norme di riforma economico-sociale - Eccedenza dalle competenze statutarie – Lesione della competenza legislative esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.

- Legge della Regione Sardegna del 17 giugno 2025, n. 18, art. 15, che modifica l’art. 14 della legge regionale n. 23 del 1985.

- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera s); statuto speciale per la Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, artt. 3, lettera f), e 6; decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, artt. 36-bis e 37, comma 4, abrogato dal decreto-legge 24 maggio 2024, n. 69, convertito dalla legge del 24 luglio 2024, n. 105.


Edilizia e urbanistica – Interventi edilizi – Norme della Regione autonoma Sardegna – Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985 – Accertamento di conformità nelle ipotesi di assenza di titolo o totale difformità – Previsione che in materia di accertamento di conformità nelle ipotesi di assenza di titolo o totale difformità trova applicazione l'art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001 – Ricorso del Governo – Denunciato contrasto con la normativa statale interposta che fissa i principi relativi all’eventuale disposizione di un titolo in sanatoria e a quali condizioni - – Contrasto con i principi fondamentali espressi dalle norme di riforma economico-sociale – Eccedenza dalle competenze statutarie – Disposizione che determina un effetto estintivo della sanatoria sul reato, incidendo sull’individuazione della fattispecie e modificandone i profili penalistici connessi alla realizzazione di interventi in assenza o in difformità totale del titolo edilizio – Lesione della competenza legislativa statale esclusiva in materia di ordinamento penale.

- Legge della Regione Sardegna del 17 giugno 2025, n. 18, art. 19, che sostituisce l’art. 16 della legge regionale n. 23 del 1985.

- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera l); statuto speciale per la Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, artt. 3, lettera f), e 6; decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, art. 36.


Acque – Territorio e patrimonio idrico – Norme della Regione autonoma Sardegna – Modifica alla legge regionale n. 45 del 1989 – Pianificazione comunale – Previsione che il piano deve considerare l'intero territorio comunale, nonché le acque costiere di cui all’art. 54 del d.lgs. n. 152 del 2006, immediatamente prospicenti la linea di battigia marina, alle quali, in mancanza di specifica normativa, si estende la disciplina delle aree a terra – Ricorso del Governo – Denunciata disposizione che introduce unilateralmente una disciplina estensiva delle previsioni urbanistiche comunali a porzioni di mare territoriale – Violazione della competenza legislativa statale esclusiva in materia di politica estera e rapporti internazionali dello Stato, ordinamento civile, demanio marittimo e tutela dell’ambiente – Disciplina che non contempla meccanismi di raccordo procedimentale o forme di leale collaborazione con lo Stato in spregio ai principi elaborati dalla giurisprudenza costituzionale in materia di competenze interferenti – Eccedenza dalle competenze statutarie, per contrasto con le norme di riforma economico-sociale.

- Legge della Regione Sardegna del 17 giugno 2025, n. 18, art. 27, comma 1, lettera a), che modifica l’art. 19 della legge regionale n. 45 del 1989.

- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettere a), l), m) ed s); statuto speciale per la Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, art. 14; codice della navigazione, artt. 32-25; decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, art. 54; legge 28 gennaio 1984, n. 84, art. 5, comma 3-bis; decreto legislativo 17 ottobre 2016, n. 201, artt. 1, 2 e 5.


Paesaggio – Pianificazione – Norme della Regione autonoma Sardegna – Modifica alla legge regionale n. 45 del 1989 – Disposizioni di salvaguardia delle zone umide – Previsione che l'art. 17, comma 3, delle norme tecniche di attuazione del piano paesaggistico regionale si interpreta nel senso che sono beni paesaggistici le zone umide di cui alla lettera g), come individuate e rappresentate nella cartografia del piano paesaggistico regionale nella loro dimensione spaziale – Previsione che il vincolo paesaggistico si estende, oltre il perimetro individuato, alla fascia dei 300 metri dalla linea di battigia degli specchi acquei interni alla zona umida e rappresentati nella cartografia ufficiale regionale – Previsione che le aree interne al medesimo vincolo paesaggistico sono oggetto di conservazione e tutela dei rispettivi caratteri naturalistici, ambientali, morfologici e paesaggistici e ad esse si applicano le previsioni dell'art. 18, comma 1, delle norme tecniche di attuazione del piano paesaggistico regionale – Ricorso del Governo – Denunciata disciplina che contrasta con la normativa statale interposta che impone la sottoposizione della disciplina delle zone umide regionali a co-pianificazione tra Stato e Regione –Eccedenza dalle competenze statutarie – Lesione della competenza legislative esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali - Intervento unilaterale della legge regionale nelle modifiche del piano paesaggistico regionale – Violazione del principio di leale collaborazione.

- Legge della Regione Sardegna del 17 giugno 2025, n. 18, art. 27, comma 2, che modifica l’art. 19 della legge regionale n. 45 del 1989.

- Costituzione, artt. 5 e 117, secondo comma, lettera s); decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, artt. 135, 142, comma 1, 143, commi 1, lettera d), e 2.


Ambiente – Foreste – Norme della Regione autonoma Sardegna – Modifica alla legge regionale n. 8 del 2016 – Interventi e trasformazioni realizzati nelle zone sottoposte a vincolo idrogeologico ai sensi del regio decreto n. 3267 del 1923 (Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani) – Previsione che tali interventi, in assenza della prescritta autorizzazione o in difformità da essa, possono ottenere l'accertamento della compatibilità idrogeologica successivamente alla realizzazione delle opere – Ricorso del Governo – Denunciata normativa che confligge con la disciplina statale di riferimento che, per i terreni vincolati, subordina ad autorizzazione, caso per caso, la trasformazione dei boschi in altre qualità di coltura e la trasformazione dei terreni saldi in terreni soggetti a periodica lavorazione, al fine di prevenire danni idrogeologici – Lesione della competenza legislative esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali – Eccedenza dalle competenze statutarie.

- Legge della Regione Sardegna del 17 giugno 2025, n. 18, art. 28 che introduce il comma 5-quater nell’art. 19 della legge regionale n. 8 del 2016.

- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera s); statuto speciale per la Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, artt. 3, 4 e 5; regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3267, artt. 1 e 7; decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, art. 53.

 

Paesaggio – Autorizzazione paesaggistica – Norme della Regione autonoma Sardegna – Modifica alla legge regionale n. 12 del 1998 – Attribuzione all’organo comunale della competenza in materia di accertamenti di compatibilità paesaggistica e dei relativi provvedimenti sanzionatori di cui all'art. 167 del d.lgs. n. 42 del 2004, per opere eseguite in assenza o in difformità dall'autorizzazione – Previsione che le previste sanzioni non si applicano alle opere pubbliche realizzate in assenza o difformità dell'autorizzazione paesaggistica, né alle opere realizzate prima dell'apposizione del vincolo paesaggistico di cui alla parte terza del medesimo decreto legislativo – Ricorso del Governo – Denunciata normativa che confligge con la disciplina nazionale interposta che non prevede le esclusioni delle sanzioni per le summenzionate fattispecie – Violazione della tutela del paesaggio – Lesione della competenza legislative esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali – Impossibilità per la regione di escludere con legge una sanzione relativa ad un ambito di competenza esclusiva dello Stato.

- Legge della Regione Sardegna del 17 giugno 2025, n. 18, art. 29, comma 1, lettera c) che inserisce l’art. 5-ter nella legge regionale n. 12 del 1998.

- Costituzione, artt. 9, 5 e 117, secondo comma, lettere l) ed s); decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, art. 167.

 

Paesaggio – Autorizzazione paesaggistica – Norme della Regione autonoma Sardegna – Modifica alla legge regionale n. 12 del 1998 – Competenza dei Servizi regionali di tutela del paesaggio – Previsione che gli strumenti urbanistici previsti dall'art.21 della legge regionale n. 45 del 1989 sono sottoposti all'approvazione paesaggistica del Servizio tutela del paesaggio regionale competente per territorio – Previsione che il piano adottato, completo della deliberazione del Consiglio comunale di adozione e dei relativi allegati, è inviato dall'amministrazione comunale al Servizio tutela del paesaggio regionale che esprime le proprie osservazioni entro sessanta giorni dalla ricezione – Previsione che il piano approvato, completo della deliberazione del Consiglio comunale di approvazione definitiva e dei relativi allegati, è trasmesso per il provvedimento finale di autorizzazione paesaggistica al Servizio tutela del paesaggio regionale competente per territorio che si esprime entro sessanta giorni dalla ricezione – Previsione che il provvedimento di approvazione paesaggistica è il presupposto per l'entrata in vigore del piano, previa pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione autonoma della Sardegna – Ricorso del Governo – Denunciata disciplina che tratteggia un procedimento totalmente autonomo nel quale non trova spazio la partecipazione degli organi ministeriali e il provvedimento di autorizzazione paesaggistica interverrebbe solo dopo un iter condotto in totale autonomia dagli uffici regionali – Conflitto con la normativa statale di riferimento in base alla quale i piani particolareggiati sono soggetti a valutazione riguardante l’incidenza della pianificazione sugli aspetti culturali o paesaggistici del territorio – Lesione dei livelli minimi di tutela del paesaggio – Contrasto con i principi di semplificazione espressi dalle norme di riforma economico-sociale – Eccedenza dalle competenze statutarie – Lesione della competenza legislative esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.

- Legge della Regione Sardegna 17 giugno 2025, n. 18, art. 29, comma 1, lettera d) che sostituisce l’art. 9 della legge regionale n. 12 del 1998.

- Costituzione, artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s); statuto speciale per la Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, art. 3; decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, art. 146; legge 17 agosto 1942, n. 1150, artt. 16 e 28. 




Norme impugnate:

legge della Regione autonoma Sardegna  del 17/06/2025  Num. 18  Art. 2  Co. 1

legge della Regione autonoma Sardegna  del 11/10/1985  Num. 23  Art. 2

legge della Regione autonoma Sardegna  del 17/06/2025  Num. 18  Art. 2  Co. 1

legge della Regione autonoma Sardegna  del 11/10/1985  Num. 23  Art. 2

legge della Regione autonoma Sardegna  del 17/06/2025  Num. 18  Art. 4

legge della Regione autonoma Sardegna  del 11/10/1985  Num. 23  Art. 3  Co. 3

legge della Regione autonoma Sardegna  del 17/06/2025  Num. 18  Art. 4

legge della Regione autonoma Sardegna  del 11/10/1985  Num. 23  Art. 3  Co. 3

legge della Regione autonoma Sardegna  del 17/06/2025  Num. 18  Art. 4

legge della Regione autonoma Sardegna  del 11/10/1985  Num. 23  Art. 3

legge della Regione autonoma Sardegna  del 17/06/2025  Num. 18  Art. 6

legge della Regione autonoma Sardegna  del 11/10/1985  Num. 23  Art. 4

legge della Regione autonoma Sardegna  del 17/06/2025  Num. 18  Art. 7

legge della Regione autonoma Sardegna  del 11/10/1985  Num. 23  Art. 5  Co. 1

legge della Regione autonoma Sardegna  del 17/06/2025  Num. 18  Art. 12

legge della Regione autonoma Sardegna  del 11/10/1985  Num. 23  Art. 7

legge della Regione autonoma Sardegna  del 17/06/2025  Num. 18  Art. 14

legge della Regione autonoma Sardegna  del 11/10/1985  Num. 23  Art. 11

legge della Regione autonoma Sardegna  del 17/06/2025  Num. 18  Art. 14

legge della Regione autonoma Sardegna  del 11/10/1985  Num. 23  Art. 15

legge della Regione autonoma Sardegna  del 17/06/2025  Num. 18  Art. 15

legge della Regione autonoma Sardegna  del 11/10/1985  Num. 23  Art. 14

legge della Regione autonoma Sardegna  del 17/06/2025  Num. 18  Art. 18

legge della Regione autonoma Sardegna  del 17/06/2025  Num. 18  Art. 19

legge della Regione autonoma Sardegna  del 11/10/1985  Num. 23  Art. 16

legge della Regione autonoma Sardegna  del 17/06/2025  Num. 18  Art. 27  Co. 1

legge della Regione autonoma Sardegna  del 22/12/1989  Num. 45  Art. 19

legge della Regione autonoma Sardegna  del 17/06/2025  Num. 18  Art. 27  Co. 2

legge della Regione autonoma Sardegna  del 22/12/1989  Num. 45  Art. 19

legge della Regione autonoma Sardegna  del 17/06/2025  Num. 18  Art. 28

legge della Regione autonoma Sardegna  del 27/04/2016  Num. 8  Art. 19  Co. 5

legge della Regione autonoma Sardegna  del 17/06/2025  Num. 18  Art. 29  Co. 1

legge della Regione autonoma Sardegna  del 15/04/1998  Num. 12  Art. 5

legge della Regione autonoma Sardegna  del 17/06/2025  Num. 18  Art. 29  Co. 1

legge della Regione autonoma Sardegna  del 15/04/1998  Num. 12  Art. 9



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 32   Co.  

Costituzione  Art. 42   Co.  

Costituzione  Art. 97   Co.  

Costituzione  Art. 117   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

Costituzione  Art. 120   Co.  

Statuto speciale per la Sardegna  Art.  Co.  

Statuto speciale per la Sardegna  Art.  Co.  

Statuto speciale per la Sardegna  Art.  Co.  

Statuto speciale per la Sardegna  Art.  Co.  

Statuto speciale per la Sardegna  Art.  Co.  

Statuto speciale per la Sardegna  Art. 14   Co.  

regio decreto legge  Art.  Co.  

regio decreto legge  Art.  Co.  

codice della navigazione  Art. 32   Co.  

codice della navigazione  Art. 33   Co.  

codice della navigazione  Art. 34   Co.  

codice della navigazione  Art. 35   Co.  

legge  Art. 16   Co.  

legge  Art. 28   Co.  

decreto del Presidente della Repubblica  Art. 49   Co.  

decreto del Presidente della Repubblica  Art. 60   Co.  

legge  Art.  Co.

decreto del Presidente della Repubblica  Art.  Co.  

decreto del Presidente della Repubblica  Art.  Co.  

decreto del Presidente della Repubblica  Art.  Co.

decreto del Presidente della Repubblica  Art. 10   Co.  

decreto del Presidente della Repubblica  Art. 23   Co.  

decreto del Presidente della Repubblica  Art. 24   Co.

decreto del Presidente della Repubblica  Art. 24   Co.

decreto del Presidente della Repubblica  Art. 24   Co.

decreto del Presidente della Repubblica  Art. 31   Co.  

decreto del Presidente della Repubblica  Art. 32   Co.  

decreto del Presidente della Repubblica  Art. 34   Co.  

decreto del Presidente della Repubblica  Art. 36   Co.  

decreto del Presidente della Repubblica  Art. 36   Co.  

decreto del Presidente della Repubblica  Art. 37   Co.

decreto legislativo  Art. 135   Co.

decreto legislativo  Art. 142   Co.

decreto legislativo  Art. 143   Co.

decreto legislativo  Art. 143   Co.

decreto legislativo  Art. 143   Co.

decreto legislativo  Art. 53   Co.  

decreto legislativo  Art. 54   Co.  

decreto legislativo  Art. 146   Co.  

decreto legislativo  Art. 167   Co.  

decreto legislativo  Art.  Co.  

decreto legislativo  Art.  Co.  

decreto legislativo  Art.  Co.  

decreto legislativo  Art. 13   Co.  

decreto del Ministero della sanità  Art.    Co.  




Testo dell'ricorso

                        N. 31 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 12 agosto 2025

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 12 agosto  2025  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Edilizia e urbanistica - Interventi edilizi  -  Norme  della  Regione
  autonoma Sardegna - Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985  -
  Definizione degli interventi edilizi - Previsione che  ai  fini  di
  una  corretta   applicazione   delle   definizioni   dei   medesimi
  interventi, la realizzazione di nuovo  volume  in  una  costruzione
  esistente  e'  considerata  ristrutturazione  edilizia  se  avviene
  all'interno della sagoma esistente  e  nuova  costruzione  in  caso
  contrario. 
Edilizia e urbanistica - Interventi edilizi  -  Norme  della  Regione
  autonoma Sardegna - Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985  -
  Stato legittimo  dell'immobile  -  Previsione  che  negli  immobili
  oggetto di condono edilizio realizzati in contrasto  con  le  norme
  urbanistiche sono consentite, senza  incremento  volumetrico  o  di
  superficie coperta, unicamente opere di manutenzione ordinaria,  di
  manutenzione straordinaria, di restauro e risanamento conservativo,
  di  ristrutturazione  edilizia  non   comportanti   demolizione   e
  ricostruzione con differente sagoma. 
Edilizia e urbanistica - Interventi edilizi  -  Norme  della  Regione
  autonoma Sardegna - Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985  -
  Incentivazione degli interventi di riuso  del  patrimonio  edilizio
  dismesso e per l'efficientamento energetico - Previsione  che,  sia
  in caso di interventi di  riqualificazione  energetica  di  edifici
  esistenti alla data del 24 maggio 2024, sia in caso di  edifici  di
  nuova costruzione o ampliamento di quelli esistenti, sono  ammesse,
  a  determinate  condizioni,  deroghe  alle  normative  regionali  o
  regolamenti edilizi comunali, anche con riferimento  alle  distanze
  minime dai confini, delle distanze minime di protezione del  nastro
  stradale e ferroviario - Previsione che le deroghe vanno esercitate
  nel rispetto delle distanze minime riportate nel codice civile. 
Edilizia e urbanistica - Interventi edilizi  -  Norme  della  Regione
  autonoma Sardegna - Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985  -
  Interventi di efficientamento energetico - Prevista esclusione  dal
  computo dei volumi  e  dall'altezza  massima  dell'edificio,  degli
  spessori di murature esterne, degli elementi di chiusura  superiori
  e inferiori che racchiudono il volume riscaldato delle superfici  e
  dei rapporti di copertura nei limiti indicati, anche  nel  caso  di
  edifici nuovi. 
Edilizia e urbanistica - Interventi edilizi  -  Norme  della  Regione
  autonoma Sardegna - Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985  -
  Opere eseguite in  totale  difformita'  dal  titolo  abilitativo  -
  Previsione che sono considerati in totale  difformita'  dal  titolo
  abilitativo l'esecuzione di volumi edilizi o  la  realizzazione  di
  superfici coperte oltre il 30 per  cento,  per  i  soli  fabbricati
  esistenti alla data del 24 maggio 2024, e il 20 per cento, in tutti
  gli altri casi, dei limiti indicati nel progetto, nonche' modifiche
  superiori al 50 per cento delle distanze da fabbricati, dai confini
  del lotto e dalle strade indicate  nel  progetto,  o  riduzioni  di
  qualunque entita' che  determinano  distanze  inferiori  ai  minimi
  previsti dalle vigenti disposizioni - Previsione che  e',  in  ogni
  caso,   considerata   totale   difformita'   la   modifica    della
  localizzazione dell'edificio all'interno del lotto  urbanistico  di
  pertinenza quando non vi e' alcuna sovrapposizione della  sagoma  a
  terra dell'edificio autorizzato e di quello realizzato. 
Edilizia e urbanistica - Interventi edilizi  -  Norme  della  Regione
  autonoma Sardegna - Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985  -
  Variazioni essenziali e parziali difformita' - Previsione  che  per
  parziali difformita' rispetto al progetto approvato si intendono le
  variazioni che non raggiungono i limiti fissati per  le  variazioni
  essenziali  e,  nel  caso   di   modifiche   della   localizzazione
  dell'edificio  all'interno  del  lotto  urbanistico  di  pertinenza
  determinata a seguito di rotazione su qualunque asse o traslazione,
  le variazioni superiori al 50 per cento. 
Edilizia e urbanistica - Interventi edilizi  -  Norme  della  Regione
  autonoma Sardegna - Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985  -
  Agibilita' degli immobili e deroghe ai requisiti igienico  sanitari
  - Previsione che in materia di agibilita' degli immobili e  deroghe
  ai requisiti igienico  sanitari  trovano  applicazione  l'art.  24,
  esclusi i commi 5- 
Edilizia e urbanistica - Interventi edilizi  -  Norme  della  Regione
  autonoma Sardegna - Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985  -
  Categorie  funzionali  urbanisticamente  rilevanti  e  destinazione
  d'uso - Previsione che le destinazioni d'uso di riferimento per  le
  varie unita'  immobiliari  sono  definite  con  apposita  direttiva
  emanata ai sensi dell'art. 5 della legge regionale n. 45 del 1989 -
  Previsione  che  fino  all'approvazione  delle  medesime  direttive
  rimangono  in  vigore  le  disposizioni  di  cui  al  decreto   del
  Presidente della Giunta regionale 9 agosto 2018, n. 79 - Previsione
  che la destinazione d'uso  di  una  unita'  immobiliare  e'  quella
  stabilita dalla prevista documentazione - Previsione che  nel  caso
  in  cui  tale  documentazione  indichi,  per  la   singola   unita'
  immobiliare, piu' destinazioni, la destinazione  d'uso  dell'intera
  unita' immobiliare e' quella prevalente in  termini  di  superficie
  utile - Previsione che si definisce  mutamento  della  destinazione
  d'uso di una unita' immobiliare ogni forma di utilizzo  diversa  da
  quella originaria, ancorche' non  accompagnata  dall'esecuzione  di
  opere edilizie. 
Edilizia e urbanistica - Interventi edilizi  -  Norme  della  Regione
  autonoma Sardegna - Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985  -
  Parcheggi privati - Previsione che nelle modifiche di  destinazione
  d'uso urbanisticamente non rilevanti, fermo il rispetto degli spazi
  per parcheggi previsti  da  specifiche  normative  di  settore,  lo
  strumento urbanistico comunale determina gli spazi  per  parcheggio
  eventualmente ritenuti necessari. 
Edilizia e urbanistica - Interventi edilizi  -  Norme  della  Regione
  autonoma Sardegna - Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985  -
  Interventi edilizi realizzati in assenza di SCIA o  in  difformita'
  da essa - Previsione che  prima  dell'accertamento  dell'esecuzione
  delle opere in assenza di SCIA  o  in  difformita'  da  essa,  puo'
  essere trasmessa una comunicazione di  mancata  SCIA  corredata  di
  tutti gli elaborati previsti dall'art. 10- 
Edilizia e urbanistica - Interventi edilizi  -  Norme  della  Regione
  autonoma Sardegna - Modifica alla legge regionale n. 23 del 1985  -
  Accertamento di conformita' nelle ipotesi di assenza  di  titolo  o
  totale difformita' - Previsione che in materia di  accertamento  di
  conformita' nelle ipotesi di assenza di titolo o totale difformita'
  trova applicazione l'art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001. 
Acque - Territorio e patrimonio idrico - Norme della Regione autonoma
  Sardegna  -  Modifica  alla  legge  regionale  n.  45  del  1989  -
  Pianificazione comunale - Previsione che il piano deve  considerare
  l'intero territorio comunale, nonche'  le  acque  costiere  di  cui
  all'art. 54 del d.lgs. n. 152 del 2006, immediatamente  prospicenti
  la linea di battigia marina, alle quali, in mancanza  di  specifica
  normativa, si estende la disciplina delle aree a terra. 
Paesaggio - Pianificazione - Norme della Regione autonoma Sardegna  -
  Modifica alla legge regionale n. 45  del  1989  -  Disposizioni  di
  salvaguardia delle zone umide - Previsione che l'art. 17, comma  3,
  delle  norme  tecniche  di  attuazione  del   piano   paesaggistico
  regionale si interpreta nel senso che sono  beni  paesaggistici  le
  zone umide di cui alla lettera 
Ambiente - Foreste - Norme della Regione autonoma Sardegna - Modifica
  alla legge regionale n. 8 del 2016 -  Interventi  e  trasformazioni
  realizzati nelle zone sottoposte a vincolo idrogeologico  ai  sensi
  del regio decreto n. 3267 del 1923 (Riordinamento e  riforma  della
  legislazione  in  materia  di  boschi  e  di  terreni  montani)   -
  Previsione  che  tali  interventi,  in  assenza  della   prescritta
  autorizzazione  o  in  difformita'  da   essa,   possono   ottenere
  l'accertamento della compatibilita'  idrogeologica  successivamente
  alla realizzazione delle opere. 
Paesaggio  -  Autorizzazione  paesaggistica  -  Norme  della  Regione
  autonoma Sardegna - Modifica alla legge regionale n. 12 del 1998  -
  Attribuzione all'organo comunale della  competenza  in  materia  di
  accertamenti  di  compatibilita'  paesaggistica  e   dei   relativi
  provvedimenti sanzionatori di cui all'art. 167 del d.lgs. n. 42 del
  2004,  per   opere   eseguite   in   assenza   o   in   difformita'
  dall'autorizzazione - Previsione che le previste  sanzioni  non  si
  applicano alle opere pubbliche realizzate in assenza o  difformita'
  dell'autorizzazione paesaggistica, ne' alle opere realizzate  prima
  dell'apposizione del vincolo paesaggistico di cui alla parte  terza
  del medesimo decreto legislativo. 
Paesaggio  -  Autorizzazione  paesaggistica  -  Norme  della  Regione
  autonoma Sardegna - Modifica alla legge regionale n. 12 del 1998  -
  Competenza  dei  Servizi  regionali  di  tutela  del  paesaggio   -
  Previsione che gli  strumenti  urbanistici  previsti  dall'art.  21
  della  legge   regionale   n.   45   del   1989   sono   sottoposti
  all'approvazione paesaggistica del Servizio  tutela  del  paesaggio
  regionale competente per  territorio  -  Previsione  che  il  piano
  adottato, completo della deliberazione del  Consiglio  comunale  di
  adozione e dei relativi allegati, e'  inviato  dall'amministrazione
  comunale al Servizio tutela del paesaggio regionale che esprime  le
  proprie  osservazioni  entro  sessanta  giorni  dalla  ricezione  -
  Previsione che il piano approvato, completo della deliberazione del
  Consiglio  comunale  di  approvazione  definitiva  e  dei  relativi
  allegati,   e'   trasmesso   per   il   provvedimento   finale   di
  autorizzazione  paesaggistica  al  Servizio  tutela  del  paesaggio
  regionale competente per territorio che si esprime  entro  sessanta
  giorni  dalla  ricezione  -  Previsione  che  il  provvedimento  di
  approvazione paesaggistica  e'  il  presupposto  per  l'entrata  in
  vigore del piano, previa  pubblicazione  nel  Bollettino  ufficiale
  della Regione autonoma della Sardegna. 
-  Legge della Regione Sardegna 17 giugno 2025,  n.  18  (Riordino  e
  coordinamento della normativa edilizia e urbanistica regionale  con
  le disposizioni urgenti in materia di  semplificazione  urbanistica
  ed edilizia  di  cui  al  decreto-legge  29  maggio  2024,  n.  69,
  convertito, con modificazioni, in legge 24 luglio  2024,  n.  105),
  artt. 2, comma 1; 4; 6; 7; 12; 14; 15; 18; 19; 27, comma 1, lettera 


(GU n. 39 del 24-09-2025)

    Ricorso ex art. 127 della  Costituzione  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri, (c.f. 80188230587), in persona del Presidente
del Consiglio pro tempore, rappresentato e difeso per mandato ex lege
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  (c.f.   80224030587),   fax
06/96514000 - PEC  ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it  presso  i  cui
uffici ha domicilio in Roma, via dei Portoghesi 12, ricorrente; 
    contro:  Regione  autonoma  della  Sardegna,   in   persona   del
Presidente della giunta regionale pro tempore, resistente; 
    Per la declaratoria della  illegittimita'  costituzionale  giusta
deliberazione del Consiglio dei ministri assunta nella seduta  del  4
agosto 2025, degli articoli 2, 4, 6, 7, 12, 14, 15, 18, 19, 27, comma
1, lettera a), 27, comma 1, lettera a) e comma 2, 28,  29,  comma  1,
lettere c) e d) della legge della Regione autonoma della Sardegna  n.
18 del 17  giugno  2025,  recante  «Riordino  e  coordinamento  della
normativa  edilizia  e  urbanistica  regionale  con  le  disposizioni
urgenti in materia di semplificazione urbanistica ed edilizia di  cui
al  decreto-legge  29   maggio   2024,   n.   69,   convertito,   con
modificazioni, in legge 24  luglio  2025,  n.  105»,  pubblicata  nel
Bollettino Ufficiale della Regione autonoma della Sardegna (BURAS) n.
35 in data 19 giugno 2025 (parte I e II). 
    La legge regionale in  esame,  che  riguarda  il  riordino  e  il
coordinamento della normativa edilizia e urbanistica regionale con le
disposizioni urgenti in materia  di  semplificazione  urbanistica  ed
edilizia di cui al decreto-legge 29 maggio 2024,  n.  69,  convertito
con modificazioni in legge 24 luglio 2024, n. 105,  presenta  profili
di illegittimita' costituzionale con  riferimento  alle  disposizioni
contenute negli articoli 2, 4, 6, 7, 12, 14, 15, 18, 19, 27, comma 1,
lettera a) e comma 2 e 28, 29, comma 1, lettere c) e d). 
    Le disposizioni suddette, per i motivi  di  seguito  specificati,
risultano eccedere  dalle  competenze  statutarie  riconosciute  alla
Regione  Sardegna  dallo  Statuto  speciale   di   autonomia   (Legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3), andando a violare l'art. 117,
comma secondo, lettere a), h), l), m), r) e  s)  della  Costituzione,
ponendosi altresi' in contrasto con i principi di ragionevolezza e di
buon andamento dell'amministrazione di cui agli articoli 3 e 97 della
Costituzione, nonche' con gli articoli 9, 32, 42 della Costituzione. 
    La Regione autonoma della Sardegna, in forza dell'art. 3, lettera
f) e art. 6 dello  Statuto  speciale  (L.  Cost.  n.  3/1948),  e  in
coerenza con l'art. 116, terzo  comma,  della  Costituzione,  ha  una
competenza legislativa esclusiva in materia di «urbanistica  e  opere
pubbliche». 
    Tale attribuzione, seppur ampia, non puo'  tuttavia  tradursi  in
una piena ed incondizionata autonomia normativa. 
    E  la  giurisprudenza  costituzionale  ha  infatti  costantemente
ribadito come anche le regioni a statuto speciale siano vincolate  al
rispetto di principi e  materie  trasversali,  tra  cui  spiccano  le
riforme  economico-sociali  di  interesse  nazionale,   l'ordinamento
civile - ambito che include le fondamentali norme di diritto  privato
inerenti alla proprieta', ai contratti e ai rapporti obbligatori,  la
cui disciplina non puo' essere disomogenea su base regionale -  e  la
determinazione  dei  Livelli  Essenziali  delle   Prestazioni   (LEP)
concernenti  i  diritti  civili  e  sociali.  L'analisi  delle  norme
regionali  in  oggetto  evidenzia  come  le  stesse,  nell'introdurre
deroghe  o   previsioni   specifiche,   incidano   su   tali   limiti
inderogabili, violando principi di coerenza ordinamentale e di tutela
dei  diritti  fondamentali   che,   per   loro   natura,   richiedono
un'uniforme. 
    Cio' premesso, le disposizioni sopra citate, ledendo nei  termini
che di seguito si esporranno i  precetti  costituzionali  a  presidio
delle competenze legislative statali, devono essere impugnate  per  i
seguenti: 
 
                               Motivi 
 
    1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1 della legge
della Regione autonoma Sardegna n. n.  18  del  17  giugno  2025  per
violazione degli articoli 117, secondo comma, lettera  s)  e  m),  in
relazione agli articoli articoli  2-bis,  3  e  10  del  decreto  del
Presidente della  Repubblica  n.  380/2001  quali  norme  di  riforma
economico sociale nonche' con i principi di ragionevolezza e di  buon
andamento dell'amministrazione di cui agli  articoli  3  e  97  della
Costituzione. 
    L'art. 2, comma 1, rubricato «Introduzione nella legge n. 23  del
1985 di norme in materia di definizione di interventi edilizi,  stato
legittimo dell'immobile, attivita'  edilizia  e  caratteristiche  del
titolo abilitativo», introduce nella legge regionale n. 23  del  1985
un articolo aggiuntivo 2-bis, rubricato «Definizione degli interventi
edilizi». 
    Il predetto articolo, al comma 1, opera un rinvio all'art. 3, del
testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia
edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6  giugno
2001, n. 380, (di  seguito,  il  «TUE»),  per  la  definizione  degli
interventi edilizi. 
    Purtuttavia, al comma 3, prevede che «ai  fini  di  una  corretta
applicazione delle definizioni di cui al comma 1, la realizzazione di
nuovo  volume   in   una   costruzione   esistente   e'   considerata
ristrutturazione  edilizia  se  avviene  all'interno   della   sagoma
esistente e nuova costruzione in caso contrario». 
    Occorre premettere  che  in  base  al  combinato  disposto  degli
articoli 3 e 10 del TUE, la realizzazione di  volumi  «fuori  sagoma»
rientra in ogni caso tra  gli  interventi  di  nuova  costruzione  e,
pertanto, richiede sempre il permesso di costruire ai sensi dell'art.
10, comma 1, lettera a), del TUE; al contrario, la  realizzazione  di
volumi «entro sagoma» non costituisce  una  tipologia  di  intervento
qualificabile, in ogni caso,  quale  intervento  di  ristrutturazione
edilizia. 
    Sul punto, la giurisprudenza ha  fornito  indicazioni  utili  per
comprendere fino a quale misura puo' essere effettuato un aumento  di
volumetria  in  ristrutturazione  pesante,  senza  per  cio'   stesso
ricadere nel regime proprio della «nuova  costruzione»,  che  non  e'
assoggettabile  a  SCIA  alternativa  ma  soltanto  a   permesso   di
costruire. 
    In  particolare,  e'  stato  autorevolmente  affermato   che   le
«modifiche  volumetriche  previste  dall'art.  10   del decreto   del
Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 per le attivita' di
ristrutturazione edilizia (assentibili, a scelta dell'interessato,  o
con permesso di costruire o con DIA) devono consistere in diminuzioni
o  trasformazioni  dei  volumi  preesistenti  ovvero  in   incrementi
volumetrici modesti, tali da non configurare apprezzabili aumenti  di
volumetria, perche' altrimenti verrebbe meno la linea di  distinzione
tra la ristrutturazione edilizia e la nuova  costruzione»  (cfr.,  ex
multis, Cassazione n.  47046/2007,  ribadito,  piu'  di  recente,  da
Cassazione n. 43530/2019). Nello stesso senso, e' stato ulteriormente
precisato che «la ristrutturazione edilizia si caratterizza anche per
la previsione di possibili  incrementi  volumetrici,  ma  cio'  rende
necessaria una  lettura  della  norma  nel  senso  che  l'aumento  di
cubatura deve essere senz'altro contenuto, in modo da mantenere netta
la differenza con gli interventi  di  nuova  costruzione»  (cfr.,  ex
multis, Cassazione n. 38611/2019). 
    Premesso quanto sopra, l'art. 2, della legge regionale  impugnata
si pone in contrasto anzitutto con l'art. 117, secondo comma, lettera
s) della Costituzione atteso che la disposizione in esame,  incidendo
sull'individuazione delle  categorie  di  interventi  edilizi  e,  in
particolare, qualificando  l'ampliamento  di  volume  «entro  sagoma»
quale  intervento  di   ristrutturazione   edilizia,   introduce   un
automatismo che si pone in contrasto con le previsioni  di  cui  agli
articoli 3 e 10 del decreto del Presidente della  Repubblica  n.  380
del 2001 che costituiscono norme di riforma economico sociale. 
    A tal  ultimo  riguardo,  la  Regione  autonoma  della  Sardegna,
ancorche' in forza dell'art. 3, lettera f), e art. 6,  dello  Statuto
speciale della legge costituzionale  n.  3/1948  e  in  coerenza  con
l'art. 116, terzo comma, della Costituzione, detenga  una  competenza
legislativa esclusiva in materia di «edilizia  e  urbanistica»,  tale
attribuzione, seppur ampia, non puo' tuttavia tradursi in  una  piena
ed  incondizionata  autonomia  normativa,  avendo  la  giurisprudenza
costituzionale costantemente ribadito come anche le Regioni a statuto
speciale  siano  vincolate  al  rispetto  di   principi   e   materie
trasversali, tra cui spiccano le norme di  riforme  economico-sociali
di interesse  nazionale,  relativamente  ad  ambiti  in  cui  la  cui
disciplina non puo' essere disomogenea su base regionale. 
    Secondo la giurisprudenza costituzionale  la  disciplina  statale
inerente ai titoli abilitativi di cui al Trattato sull'Unione europea
(e, nella fattispecie, gli articoli 3 e 10 del decreto del Presidente
della  Repubblica  n.  380/2001(  «deve   [...]   qualificarsi   come
espressione di norme fondamentali di  riforma  economico-sociale,  in
quanto tale condizionante  la  potesta'  legislativa  primaria  delle
regioni a statuto speciale» (sentenza n. 147 del 2023),  condividendo
di queste «"le caratteristiche salienti" che vanno  individuate  «nel
contenuto riformatore e nell'attinenza a settori o  beni  della  vita
economico-sociale di rilevante importanza» (sentenza n. 24 del 2022).
Esse, d'altro canto, "rispond[o]no complessivamente ad  un  interesse
unitario ed esig[o]no, pertanto, un'attuazione su tutto il territorio
nazionale" (sentenza n. 198 del 2018)» (sentenza n. 90 del  2023;  da
ultimo si v. Corte costituzionale sentenza n. 22/2025). 
    La  disposizione  censurata,  come  anticipato,  nel  qualificare
l'ampliamento  di  volume  «entro   sagoma»   quale   intervento   di
ristrutturazione  edilizia,  introduce  un  automatismo   in   palese
contrasto con i su richiamati principi espressi dalla  giurisprudenza
di  legittimita'  in  base  ai  quali,  delineando  i   confini   tra
«ristrutturazione  edilizia»  e  «nuovo  intervento»  in  base   alle
predette disposizioni del  TUE,  occorre  verificare  la  consistenza
dell'intervento e, quindi, l'impatto  in  termini  di  trasformazione
edilizia e urbanistica del territorio interessato. 
    Ne discende  che  la  disposizione  regionale  viola  palesemente
l'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione,  per  avere
la  regione  travalicando  i  limiti  della  competenza   legislativa
esclusiva attribuita a livello statutario che  deve  comunque  essere
esercitata  nel  rispetto  delle  norme   fondamentali   di   riforma
economico-sociale che  nella  fattispecie  sono  da  rinvenire  nelle
previsioni del Trattato sull'Unione europea recanti i titoli  edilizi
e  la  qualificazione  degli  interventi  sottoposti  a  permessi  di
costruire,  in  quanto  di  queste  condividono  le   caratteristiche
salienti,  che  vanno  individuate  nel   contenuto   riformatore   e
nell'attinenza a settori  o  beni  della  vita  economico-sociale  di
rilevante importanza. 
    Peraltro, le predette previsioni del Trattato sull'Unione europea
rispondono complessivamente ad  un  interesse  unitario  ed  esigono,
pertanto, un'attuazione su tutto il territorio nazionale (cfr.  Corte
costituzionale, sentenza n. 198 del 2018). 
    La disposizione, incidendo sull'individuazione delle categorie di
intervento edilizio, si risolve altresi' in una  potenziale  modifica
del regime  amministrativo  dei  titoli  abilitativi.  La  potenziale
individuazione, da parte della norma regionale, di un titolo edilizio
differente  rispetto  a  quello  previsto  nel  Trattato  sull'Unione
europea  potrebbe  implicare  trasformazioni  del  territorio   cosi'
significative da incidere, in maniera sproporzionata e irragionevole,
sui livelli essenziali delle prestazioni dei diritti civili e sociali
che devono essere garantiti in modo uniforme su tutto  il  territorio
nazionale, cosi' ponendosi altresi'  in  contrasto  con  l'art.  117,
secondo comma, lettera m) della Costituzione. 
    Sotto altro profilo,  l'art.  2,  comma  1,  introducendo  l'art.
2-bis, comma 5, consente l'esecuzione  di  interventi  che  prevedano
l'integrale demolizione di  edifici  e  la  loro  ricostruzione,  nei
limiti  delle  distanze  legittimamente  preesistenti,   qualora   le
dimensioni  del  lotto  di  pertinenza  non  consentano  la  modifica
dell'area di sedime ai fini del rispetto delle  distanze  minime  tra
edifici, tra pareti finestrate, dalle strade e dai confini. 
    In tema di demolizione e  ricostruzione  di  edifici  nelle  zone
omogenee A o  comunque  in  zone  di  particolare  pregio  storico  o
artistico,  l'art.  2-bis,  comma  1-ter,  del  Trattato  sull'Unione
europea ha posto un'ulteriore  condizione  perche'  la  ricostruzione
possa   avvenire   nel   rispetto   delle   distanze   legittimamente
preesistenti:   e   cioe'   che    l'intervento    sia    contemplato
«esclusivamente nell'ambito dei piani urbanistici di  recupero  e  di
riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale». 
    La ratio della previsione risiede nell'esigenza di assicurare una
maggior tutela al valore d'insieme delle aree soggette allo specifico
regime delle zone A e dei centri storici, escludendo che  all'interno
di esse gli interventi di cui al medesimo comma 1-ter dell'art. 2-bis
possano essere direttamente realizzati dagli interessati e stabilendo
invece che essi debbano inserirsi nella piu' generale  considerazione
del contesto di riferimento, che solo un piano particolareggiato puo'
assicurare. 
    In tal senso, anche la disposizione da ultimo richiamata si  pone
in contrasto,  per  le  medesime  ragioni  sopra  illustrate,  con  i
principi fondamentali di tutela dell'ordinato assetto del  territorio
nonche' di tutela del patrimonio storico e artistico di cui  all'art.
117, secondo comma, lettera s) della Costituzione, rilevando come  la
stessa si traduca  in  una  sostanziale  spoliazione  a  danno  delle
amministrazioni preposte alla pianificazione del territorio, rispetto
alle quali l'art. 2 bis, comma 1-ter del Trattato sull'Unione europea
fa  salve  «le   previsioni   degli   strumenti   di   pianificazione
territoriale, paesaggistica e urbanistica vigenti e  i  pareri  degli
enti  preposti  alla  tutela»,  e  quindi  la   facolta'   che   tali
amministrazioni possano dettare prescrizioni  diverse  e  anche  piu'
rigorose per l'effettuazione degli  interventi  in  discorso,  tenuto
conto dello specifico contesto preso in considerazione. 
    Sotto  tale  ultimo  aspetto,   la   disposizione   censurata   -
introducendo una previsione piu' rigorosa  -  si  pone  in  contrasto
altresi' con  i  principi  di  ragionevolezza  e  di  buon  andamento
dell'amministrazione di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione. 
    2) Illegittimita' costituzionale  dell'art.  2,  comma  1,  della
legge della Regione autonoma Sardegna n. 18 del 17  giugno  2025  per
violazione dell'art. 117, secondo comma,  lettera  s),  in  relazione
all'art.  9-bis,  comma  1-bis  del  decreto  del  Presidente   della
Repubblica n. 380/2001  quale  norma  di  riforma  economico  sociale
nonche' per contrasto con l'art. 42 della Costituzione. 
    L'art. 2, comma 1, della legge regionale in esame inserisce nella
legge regionale n. 23 del 1985 un ulteriore art. 2-ter, il quale,  al
comma 2, prevede che negli immobili oggetto di condono edilizio  sono
consentite, senza incremento volumetrico  o  di  superficie  coperta,
unicamente  opere  di   manutenzione   ordinaria,   di   manutenzione
straordinaria,   di   restauro   e   risanamento   conservativo,   di
ristrutturazione edilizia non comportanti demolizione e ricostruzione
con differente sagoma. 
    La disposizione censurata introduce un «vincolo»  ostativo  verso
l'esecuzione  di  determinati  interventi  su   immobile   o   unita'
immobiliare  oggetto  di  condono  edilizio   il   quale,   al   pari
dell'accertamento di  conformita',  costituisce  un  presupposto  per
l'esecuzione di qualsiasi ulteriore intervento edilizio. 
    Tale intervento normativo si  pone  in  antitesi  e  non  risulta
pertanto coerente con quanto previsto dall'art. 9-bis,  comma  1-bis,
del TUE, da ultimo novellato ad opera  del  decreto-legge  29  maggio
2024, n. 69, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  24  luglio
2024,  n.  105,  il  quale  stabilisce   che   lo   stato   legittimo
dell'immobile o  dell'unita'  immobiliare  e',  tra  l'altro,  quello
stabilito  dal  titolo  che  ne  «ha  legittimato»  la   costruzione,
ovverosia anche quello rilasciato a seguito di condono. 
    La Regione autonoma Sardegna, al pari di quanto  evidenziato  nel
precedente motivo le cui considerazioni devono  essere  integralmente
richiamate in  questa  sede,  superando  gli  ambiti  riservati  alla
potesta' legislativa esclusiva fissata dallo Statuto,  ha  introdotto
una disposizione che si pone in contrasto con  una  disposizione  che
integra una delle norme di riforma economico sociale. 
    Ne discende che la previsione impugnata viola l'art. 117, secondo
comma lettera  s)  della  Costituzione,  atteso  che  il  legislatore
regionale e' chiamato  a  rispettare  le  disposizioni  di  carattere
generale che integrano, come nella specie, norme di riforma economico
sociale. 
    In ogni caso, la predetta  disposizione  -  nella  parte  in  cui
limita le facolta' del proprietario di realizzare  taluni  interventi
edilizi in un immobile (o unita' immobiliare) oggetto di condono - si
pone in contrasto con l'art. 42 della  Costituzione  in  ragione  del
pregiudizio  arrecato  al  privato  proprietario  dell'immobile  che,
ancorche' non espropriato della titolarita',  e'  sottoposto  ad  una
disciplina che svuota di contenuto il diritto di proprieta'. 
    Nell'immobile o unita' immobile per il quale  e'  intervenuto  un
condono edilizio - in base alla disciplina introdotta  dalla  Regione
autonoma Sardegna - sussiste un'evidente  limitazione  alle  facolta'
proprietarie,  ancorche'  il  condono,  come  rilevato  dalla   Corte
costituzionale con la sentenza n. 119 del 2024  «ha  per  effetto  la
sanatoria  non  solo  formale  ma  anche  sostanziale  dell'abuso,  a
prescindere dalla conformita' delle opere realizzate alla  disciplina
urbanistica ed edilizia». 
    Si ritiene, pertanto, di poter concludere, evidenziando come vada
esclusa  la  legittimita'  costituzionale  di  una  disposizione  che
comporti  per  il  proprietario,  ancorche'  non  espropriato   della
titolarita', uno svuotamento del contenuto del suo diritto  nel  modo
piu' irrimediabile e definitivo,  e  cioe'  con  graduale  degrado  e
perimento del bene (costruzione) ed una progressiva inutilizzabilita'
e distruzione dell'edificio, in rapporto alla  destinazione  inerente
alla sua natura (conforme a  licenze,  concessioni  e  autorizzazioni
ancorche'  in  sanatoria).  Si  tratta  in  ogni  caso   di   edifici
legittimamente esistenti e  ovviamente  regolarmente  assentiti  (fin
dall'origine o  con  valido  condono  in  sanatoria  non  oggetto  di
successivi interventi repressivi o  di  annullamento)  dal  punto  di
vista urbanistico o sotto il profilo di speciali vincoli (cfr.  Corte
costituzionale, sentenza n. 529 del 1995; sentenza n. 238  del  2000;
cfr. Consiglio di Stato, sentenza n. 5358 del 2016). 
    3)  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.   4   della   legge
regionale della Regione autonoma Sardegna n. 18 del  17  giugno  2025
per  violazione  dell'art.  117,  secondo  comma  lettera  h),  della
Costituzione in relazione agli articoli  49  e  60  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 753. 
    L'art. 4, rubricato  «Integrazioni  all'art.  3-bis  della  legge
regionale  n.  23  del  1985  in  materia  di  incentivazione   degli
interventi  di  riuso  del  patrimonio  edilizio   dismesso   e   per
l'efficientamento energetico» ha inserito due nuovi  commi  nell'art.
3-bis della legge regionale n. 23 del 1985, prevedendo  che,  sia  in
caso  di  interventi  di  riqualificazione  energetica   di   edifici
esistenti alla data del 24 maggio 2024, sia in  caso  di  edifici  di
nuova costruzione o ampliamento di quelli esistenti, sono ammesse,  a
certe condizioni, deroghe  alle  normative  regionali  o  regolamenti
edilizi comunali, anche con  riferimento  alle  «distanze  minime  di
protezione del nastro statale ferroviario...». 
    I due commi introdotti (comma 3-bis  e  comma  3-ter)  introdotti
dall'art. 4 della  legge  regionale  censurata  stabiliscono  che  le
suddette deroghe vanno esercitate nel «rispetto delle distanze minime
riportate nel codice civile». 
    La disposizione censurata si pone in contrasto con l'art. 49  del
decreto del Presidente della  Repubblica  11  luglio  1980,  n.  753,
recante «Nuove norme in materia di polizia, sicurezza  e  regolarita'
dell'esercizio delle ferrovie e di altri  servizi  di  trasporto»  il
quale non consente, se non nei termini che di seguito si  esporranno,
la possibilita' di derogare alla  distanza  minima  ivi  disciplinata
(fissata in metri 30). 
    Secondo l'art. 49 del decreto del Presidente della Repubblica  n.
753/1980 «Lungo  i  tracciati  delle  linee  ferroviarie  e'  vietato
costruire, ricostruire o ampliare edifici o  manufatti  di  qualsiasi
specie ad una  distanza,  da  misurarsi  in  proiezione  orizzontale,
minore di metri trenta dal limite della  zona  di  occupazione  della
piu' vicina rotaia». 
    La deroga al rispetto delle distanze legali dal limite della zona
di  occupazione  della  piu'  vicina  rotaia  (fissata  in  metri  30
dall'art. 49 del decreto del Presidente della Repubblica n.  753  del
1980) puo' essere autorizzata, in base all'art. 60  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 753 del 1980, previa autorizzazione di
R.F.I., quando «... la sicurezza  pubblica,  la  conservazione  delle
ferrovie, la natura dei terreni e le particolari  circostanze  locali
lo consentano». 
    L'inquadramento generale della  fascia  di  rispetto  ferroviaria
restituisce un assetto normativo in base al quale la fissazione delle
distanze minime tra  i  manufatti  edilizi  e  le  linee  ferroviarie
risponde a esigenza di carattere generale,  diretta,  oltreche'  alla
regolarita' dell'esercizio ferroviario, alla prevenzione di  danni  o
di pregiudizi  che  possono  essere  arrecati  alla  sicurezza  delle
persone e delle  cose,  con  una  competenza  propria  della  polizia
amministrativa   relativa   alla   sicurezza   e   alla   regolarita'
dell'esercizio ferroviario. 
    La stessa legislazione statale - laddove ammette la  possibilita'
di derogare alle distanze minime stabilite dall'art. 49 dello  stesso
decreto, richiede al riguardo un'apposita autorizzazione da parte  di
Rete Ferroviaria Italiana - su richiesta  dei  soggetti  interessati,
sempreche' questi ultimi dimostrino la  peculiarita'  delle  esigenze
che li hanno indotti a prevedere distanze inferiori e,  nello  stesso
tempo, i competenti uffici statali vi acconsentano, ritenendo che non
ne  risultino  pregiudicate  la  sicurezza   dei   trasporti   e   la
conservazione degli impianti ferroviari. 
    La  distanza  minima  di  30  metri  non  e'   dunque   meramente
indicativa, ma rappresenta  un  limite  inderogabile,  salvo  che  il
richiedente l'autorizzazione a costruire  a  distanza  inferiore  non
dimostri  l'assenza  di  rischi  concreti  legati   all'edificazione.
Peraltro, la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che l'onere di
provare l'insussistenza di rischi concreti spetta  a  chi  chiede  la
deroga alla distanza minima. Dunque, e' ormai pacifico  ritenere  che
la distanza di 30 metri dalle ferrovie sia un parametro  fondamentale
per le costruzioni, con possibilita'  di  deroga  solo  a  fronte  di
precise e documentate garanzie di sicurezza. 
    Le disposizioni contenute negli articoli 49 e 60 del decreto  del
Presidente  della  Repubblica  11  luglio  1980,  n.  753,  delineano
pertanto uno strumento  di  tutela  della  sicurezza  che,  ai  sensi
dell'art. 117, secondo comma,  lettera  h),  della  Costituzione,  e'
materia  ascritta  alla  competenza  legislativa  statale   in   modo
esclusivo (in tal senso, Corte costituzionale, n. 999 del 1988). 
    In tal senso, la Regione autonoma della  Sardegna,  ancorche'  in
forza dell'art. 3, lettera f) e art. 6 dello statuto  speciale  della
legge costituzionale n. 3/1948 e in coerenza con  l'art.  116,  terzo
comma,  della  Costituzione,  detenga  una   competenza   legislativa
esclusiva in materia  di  «edilizia  e  urbanistica»,  ha  invaso  la
competenza esclusiva attribuita allo Stato in materia di sicurezza e,
in ogni caso, ha introdotto una disciplina che si pone  in  contrasto
le suddette disposizioni che, alla luce delle ragioni che sono  state
sopra enucleate, costituiscono norme di riforma economica sociale cui
la Regione e' chiamata comunque ad attenersi, rispondendo peraltro ad
un interesse unitario, esigendo tali  disposizioni  un'attuazione  su
tutto il territorio nazionale. 
    Pertanto, una disposizione - come  quella  che  nella  specie  e'
stata introdotta dalla Regione autonoma  Sardegna  la  quale  ammette
deroghe a questa distanza,  senza  porre  il  limite  previsto  dagli
articoli 49 e 60 - del citato decreto del Presidente della Repubblica
n. 753 del 1980 determina  un'evidente  violazione  della  competenza
legislativa esclusiva dello Stato in materia  di  sicurezza,  di  cui
all'art. 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione. 
    4)  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.   4   della   legge
regionale della Regione autonoma Sardegna n. 18 del  17  giugno  2025
per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera l) della  Costituzione
in relazione all'art. 13 del decreto legislativo n. 73 del  2020  che
ha abrogato l'art. 14, comma 6 del decreto legislativo 4 luglio 2014,
n. 102 nonche' per contrasto con il principio di leale collaborazione
di cui agli articoli 5 e 120 della Costituzione. 
    L'art. 4 della legge  regionale,  nella  parte  in  cui  modifica
l'articolo. 3-bis della legge regionale n.  23  del  1985,  introduce
l'esclusione  dal  computo  dei   volumi   e   dall'altezza   massima
dell'edificio, degli spessori di murature esterne, degli elementi  di
chiusura superiori e inferiori che racchiudono il  volume  riscaldato
delle superfici e dei rapporti di copertura nei limiti ivi  indicati,
per interventi  di  efficientamento  energetico  anche  nel  caso  di
edifici nuovi. 
    Tale previsione si pone  in  contrasto  con  quanto  stabilito  a
livello statale, a seguito dell'abrogazione dell'art. 14, comma 6 del
decreto  legislativo  4  luglio  2014,  n.  102,  avvenuta  ad  opera
dell'art. 13 del decreto legislativo n. 73 del 2020. 
    Per  effetto  dell'abrogazione  del  comma  6  dell'art.  14,  le
suddette esclusioni sono possibili solo  per  interventi  su  edifici
esistenti. 
    La giurisprudenza costituzionale e' intervenuta piu' volte  sulla
legittimita' di leggi regionali che prevedono deroghe  ex  lege  agli
spessori delle murature di cui al decreto ministeriale  n.  1444  del
1968. 
    La Corte ha chiarito che le regioni possono introdurre deroghe  a
tali norme, solo se riguardano i  limiti  stabiliti  dalla  normativa
locale. 
    Le leggi regionali che  prevedono  deroghe  agli  spessori  delle
murature,  e  piu'  in  generale  alle  distanze  tra  edifici,  sono
legittime, purche' tali deroghe si riferiscano  ai  limiti  stabiliti
dalla normativa locale (piani urbanistici e  regolamenti  edilizi)  e
non a quelli previsti dalla normativa  statale.  Le  deroghe  possono
riguardare i limiti stabiliti dai regolamenti  edilizi  e  dai  piani
urbanistici, ma non i  parametri  minimi  stabiliti  dalla  normativa
statale.  In  sostanza,  la  Corte   costituzionale   ha   bilanciato
l'autonomia delle regioni nella  pianificazione  urbanistica  con  la
necessita' di rispettare  i  principi  fondamentali  stabiliti  dalla
normativa statale e di tutelare il paesaggio. 
    Ebbene, con il decreto legislativo 14 luglio 2020, n. 73,  l'art.
13 ha abrogato il comma 6 dell'art.  14  del  decreto  legislativo  4
luglio 2014, n. 102,  con  cio'  definitivamente  escludendo  che  le
deroghe  ammesse  per  promuovere  l'efficienza  energetica   possano
applicarsi agli edifici nuovi. 
    Pertanto, l'art. 4, comma 1, della  legge  in  esame,  che,  come
detto, modifica l'articolo. 3-bis della legge  regionale  n.  23  del
1985, nel non distinguere tra edifici nuovi e edifici  esistenti,  ai
fini dell'applicabilita' della deroga di  cui  all'art.  3-ter  della
legge regionale n. 23 del 1985, non tiene conto della  necessita'  di
bilanciare  l'autonomia,  anche   speciale,   delle   regioni   nella
pianificazione urbanistica con la necessita' di rispettare i principi
stabiliti dalla normativa statale. 
    Ne discende la violazione del principio di  leale  collaborazione
di cui agli articoli 5 e 120  della  Costituzione,  per  inosservanza
dell'obbligo di pianificazione concertata e condivisa, necessaria per
un ordinato sviluppo urbanistico e per individuare le  trasformazioni
compatibili con le prescrizioni statali del codice dei beni culturali
e del paesaggio. 
    Inoltre, la Regione autonoma  Sardegna  ha  invaso  la  sfera  di
competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile di  cui
alla lettera l) del secondo comma dell'art. 117  della  Costituzione,
introducendo una  disposizione  che  introduce  una  deroga  di  tale
rilievo che, se consentite, inficiano l'essenza  e  la  funzione  del
principio  di  pianificazione  sotteso   anche   all'intervento   del
legislatore statale del 2020. 
    5) Illegittimita' costituzionale dell'art. 6  della  legge  della
Regione autonoma Sardegna n. 18 del 17  giugno  2025  per  violazione
dell'art. 117,  comma  2  lettera  l)  e  s)  della  Costituzione  in
relazione agli articoli 31 e 32  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 380/2001. 
    L'art.   6   della   legge   regionale   impugnata    sostituisce
integralmente  l'art.  4  della  legge  regionale  n.  23  del  1985,
riguardante le opere eseguite in totale difformita' dal  permesso  di
costruire, prevedendo, al novellato comma 2 di detto art. 4, che sono
considerati   in   totale   difformita'   dal   titolo   abilitativo,
l'esecuzione di  volumi  edilizi  o  la  realizzazione  di  superfici
coperte oltre il 20 per  cento  dei  limiti  indicati  nel  progetto,
nonche' le modifiche superiori al 50  per  cento  delle  distanze  da
fabbricati, dai  confini  del  lotto  e  dalle  strade  indicate  nel
progetto, o riduzioni di qualunque entita' che  determinano  distanze
inferiori ai minimi previsti dalle vigenti disposizioni. 
    Inoltre, al medesimo comma 2, la disposizione qualifica, in  ogni
caso, quale  totale  difformita'  la  modifica  della  localizzazione
dell'edificio all'interno del lotto urbanistico di pertinenza  quando
non vi e' alcuna sovrapposizione della sagoma a  terra  dell'edificio
autorizzato e di quello realizzato. 
    Le disposizioni  non  risultano  coerenti  rispetto  all'impianto
prefigurato dal testo unico dell'Edilizia. Invero, l'art. 31 del TUE,
al comma  1,  definisce  le  casistiche  di  totale  difformita'  dal
permesso  di  costruire  in   termini   esclusivamente   qualitativi,
facendovi rientrare gli interventi che,  sotto  vari  profili,  hanno
come effetto quello di comportare la realizzazione  di  un  organismo
edilizio integralmente diverso da  quello  assentito,  ovvero  di  un
organismo  edilizio  o  parte  di  esso  con  specifica  rilevanza  e
autonomamente utilizzabile. 
    Al riguardo,  in  base  all'art.  32,  comma  1,  del  TUE,  alla
legislazione regionale e' esclusivamente attribuita la  competenza  a
stabilire, entro i parametri specificamente  indicati  dalle  lettere
dalla a) alla e), quali siano le variazioni  essenziali  al  progetto
approvato,  tenuto  conto  dei  limiti  posti   al   riguardo   dalla
legislazione statale e, in particolare, dal menzionato  art.  31  del
TUE. 
    Orbene,  la  disposizione   in   esame,   nel   determinare   una
collocazione delle diverse ipotesi di violazione edilizia all'interno
delle  categorie  della  totale  difformita'   e   della   variazione
essenziale, potenzialmente differente rispetto  a  quella  risultante
dall'applicazione della normativa statale rilevante (articoli 31 e 32
del  TUE),  viola  le  predette  norme  che  costituiscono   principi
fondamentali di riforma-economico sociale cui  si  deve  attenere  la
disciplina regionale, incidendo  altresi'  sull'individuazione  delle
fattispecie di  reato,  determinando  una  sostanziale  modifica  dei
profili penalistici connessi  alla  realizzazione  di  interventi  in
assenza o in difformita' totale del titolo  edilizio,  in  violazione
dunque  anche  della  competenza  legislativa  esclusiva  statale  in
materia di ordinamento penale di cui  all'art.  117,  secondo  comma,
lettera l) della Costituzione. 
    Per    altro    verso,     la     disposizione,     nell'incidere
sull'individuazione della species di violazione edilizia di volta  in
volta rilevante, consente la regolarizzazione di difformita' edilizie
sulla base di titoli abilitativi diversi o di  procedure  diverse  da
quelli indicati dalle  norme  di  principio  statali,  intaccando  le
scelte di principio operate  dal  legislatore  statale  sul  versante
della sanatoria, incorrendo nella  pertanto  nella  violazione  delle
norme di riforma economica sociale cui la regione autonoma  Sardegna,
nell'esercizio delle competenze statutarie  (gia'  richiamate),  deve
osservare. 
    Infatti, mentre gli interventi costituenti variazione  essenziale
sono assoggettati alla  procedura  di  sanatoria  prevista  dall'art.
36-bis del TUE, quelli realizzati in totale difformita' dal  permesso
di costruire sono soggetti al regime, piu' rigido, di cui all'art. 36
del TUE. 
    La legislazione regionale  non  e'  in  alcun  modo  abilitata  a
subordinare la sussistenza della condizione di  «totale  difformita'»
mediante l'indicazione di limiti quantitativi, che potrebbero  avere,
quale effetto, non solo quello  di  circoscrivere  la  portata  della
condotta abusiva, nonche' i suoi effetti, anche  sul  versante  della
sanzione penale, ma anche quello di ledere le scelte di principio sul
versante della  sanatoria,  in  relazione  all'an,  al  quando  e  al
quantum. 
    La   disposizione   regionale   censurata,   fuoriuscendo   dalle
competenze fissate dalle previsioni statutarie richiamate nell'ambito
del primo motivo e si pone pertanto in contrasto con le  disposizioni
di principio che costituiscono norme di  riforma  economico  sociale,
andando a violare la  competenza  esclusiva  statale  in  materia  di
ordinamento penale di cui all'art. 117,  secondo  comma,  lettera  l)
della Costituzione nonche' la competenza esclusiva  di  cui  all'art.
117, secondo comma, lettera s). 
    6) Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, della  legge  della
Regione autonoma Sardegna n. 18 del 17  giugno  2025  per  violazione
dell'art. 117, comma  2,  lettera  l)  e  s)  della  Costituzione  in
relazione all'art. 34 del decreto del Presidente della Repubblica  n.
380/2001. 
    L'art. 7, riguardante le  variazioni  essenziali  e  le  parziali
difformita', modifica l'art. 5 della legge regionale n. 23 del  1985,
il quale prevede, al comma  1-bis  di  nuova  introduzione,  che  per
parziali difformita' rispetto al progetto approvato si  intendono  le
variazioni che non raggiungono i limiti  fissati  per  le  variazioni
essenziali  e,   nel   caso   di   modifiche   della   localizzazione
dell'edificio  all'interno  del  lotto  urbanistico   di   pertinenza
determinata a seguito di rotazione su qualunque asse  o  traslazione,
le variazioni superiori al 50 per cento. Al  pari  della  fattispecie
della «totale difformita'», anche per la parziale difformita' non  si
rinvengono all'interno dell'art. 34 del Trattato sull'Unione  europea
criteri quantitativi (e neppure qualitativi) per la definizione delle
casistiche rientranti nella categoria. 
    Tuttavia, la giurisprudenza amministrativa  ha  chiarito  che  la
parziale difformita' si configura quando «le  modificazioni  incidano
su elementi particolari e  non  essenziali  della  costruzione  e  si
concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non  incidenti
sulle strutture essenziali dell'opera» (cfr., ex multis, Consiglio di
Stato, n. 1484 del 2017). 
    La parziale difformita' si configura come una difformita'  minore
e residuale  rispetto  alla  totale  difformita'  e  alla  variazione
essenziale, sicche' i suoi confini sono individuabili tra  il  limite
delle  tolleranze  edilizie  (limite  inferiore)   e   quello   delle
variazioni essenziali (limite superiore). Al riguardo,  si  intendono
integralmente richiamati i motivi  di  illegittimita'  riguardanti  i
vizi di costituzionalita' formulati in relazione al  precedente  art.
6, in quanto la legislazione regionale non e' in alcun modo abilitata
a  subordinare  la  sussistenza   della   condizione   di   «parziale
difformita'»  mediante  l'indicazione  di  limiti  quantitativi,  che
potrebbero avere, quale effetto, parimenti quello di circoscrivere la
portata della condotta abusiva, nonche' i  suoi  effetti,  anche  sul
versante della sanzione penale. 
    Ne discende che, anche in relazione all'art.  7,  al  pari  della
previsione  contenuta  nella   precedente   disposizione   censurata,
sussiste il contrasto con disposizioni di principio che costituiscono
norme di riforma  economico  sociale,  andando  cosi'  a  violare  la
competenza esclusiva statale in materia di ordinamento penale di  cui
all'art. 117, secondo comma, lettera  l)  e  nonche'  quella  di  cui
all'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione. 
    7) Illegittimita' costituzionale dell'art. 12 della  legge  della
Regione autonoma Sardegna n. 18 del 17  giugno  2025  per  violazione
dell'art.  117,  primo  comma,  lettera  s)  della  Costituzione   in
relazione all'art. 24, comma 5-bis, 5-ter e 5-quater del decreto  del
Presidente della Repubblica n. 380/2001 e per contrasto con l'art. 32
della Costituzione in relazione al decreto del Ministro della sanita'
5 luglio 1975, con il quale e' stata data attuazione  degli  articoli
218 e 221 del regio decreto n. 1265/1934. 
    L'art. 12 della legge regionale impugnata riguardante i requisiti
edilizi minimi igienico-sanitari sostituisce  l'art.  7-quater  della
legge regionale n. 23  del  1985,  in  materia  di  agibilita'  degli
immobili e deroghe ai requisiti igienico sanitari. 
    In particolare, il menzionato art. 7-quater, al comma 1,  esclude
l'applicabilita', nell'ambito dell'ordinamento regionale,  dei  commi
da 5-bis a 5-quater dell'art. 24 del TUE, e,  pertanto,  allo  stato,
sono mantenute inalterate  le  misure  minime  di  agibilita'  per  i
monolocali nei limiti fissati dalla  normativa  nazionale  previgente
alla data di entrata in vigore del decreto-legge 29 maggio  2024,  n.
69, convertito, con modificazioni, dalla legge  24  luglio  2024,  n.
105, che  ha  introdotto  significative  novita'  sul  tema  dei  cd.
«micro-appartamenti». 
    In particolare, la disposizione in esame, non recepisce le  nuove
disposizioni statali sulla superficie minima degli alloggi, ancorche'
espressione di norme di riforma  economico  sociale  nonche'  livello
essenziale delle prestazioni. 
    Occorre premettere che i commi da 5-bis a 5-quater  dell'art.  24
del TUE, introdotti dal citato decreto-legge n. 69  del  2024,  nelle
more dell'adozione del decreto di cui all'art. 20, comma  1-bis,  del
Trattato sull'Unione europea da  parte  del  Ministero  della  salute
volto  a  definire  i  requisiti   igienico-sanitari   di   carattere
prestazionale degli edifici, hanno  autorizzato  il  progettista,  ai
fini del rilascio del certificato di  agibilita',  ad  asseverare  la
conformita' del progetto ai parametri igienico-sanitari in due  nuove
ipotesi, concernenti le altezze e la superficie interna. 
    Nel dettaglio, con  riguardo  alle  altezze,  il  progettista  e'
autorizzato ad asseverare il progetto nei  locali  aventi  un'altezza
minima interna inferiore a 2,70 metri, fino al limite massimo di 2,40
metri; mentre,  con  riguardo  alla  superficie  degli  alloggi  mono
stanza, il progettista viene autorizzato ad  asseverare  il  progetto
fino al limite massimo di 20  metri  quadrati,  in  caso  di  alloggi
abitati da una persona, oppure, se abitati da due  persone,  fino  al
limite massimo di 28 metri quadrati. 
    Si prevede, in ogni  caso,  che  il  progettista  potra'  rendere
l'asseverazione de qua qualora  ricorra  almeno  una  delle  seguenti
condizioni: (i) i locali  siano  situati  in  edifici  sottoposti  ad
interventi  di   recupero   edilizio   e   di   miglioramento   delle
caratteristiche   igienico-sanitarie;   (ii)   sia    contestualmente
presentato un progetto che  contenga  soluzioni  di  ristrutturazione
alternative atte a garantire, in relazione al numero degli occupanti,
idonee condizioni igienico-sanitarie dell'alloggio. 
    La ratio di siffatta disciplina  transitoria  si  rinviene  nella
necessita' di fornire una risposta pragmatica  alle  mutate  esigenze
sociali ed economiche, nonche' di  adeguare  la  disciplina  edilizia
alle  trasformazioni  del  contesto  urbano,  non  pregiudicando   al
contempo  l'effettiva  sussistenza  dei  requisiti  inderogabili   di
sicurezza, igiene e salubrita', degli edifici. 
    La riduzione dell'altezza o della superficie minima degli alloggi
mono stanza e' stata  subordinata  dalla  legislazione  statale  alla
contestuale sussistenza di un progetto atto a garantire in ogni  caso
idonee condizioni igienico-sanitarie dell'alloggio. 
    In tale ottica,  le  misure  statali  sono  orientate  a  fornire
soluzioni abitative  a  una  fascia  consistente  di  popolazione  di
giovani lavoratori, studenti e  famiglie  monopersonali,  consentendo
loro  di  accedere  a  soluzioni  abitative  flessibili  e  a  prezzi
contenuti, e quindi di realizzare le proprie aspettative  di  vita  e
lavoro anche in contesti urbani dove  il  costo  di  un  alloggio  e'
proibitivo. 
    Al contempo, tali misure rappresentano una risposta  all'esigenza
di valorizzare il patrimonio edilizio esistente, limitando il consumo
di nuovo suolo e rivitalizzando aree urbane sottoutilizzate. 
    Cio' premesso, l'art. 12, della legge regionale impugnata,  nella
parte in cui non recepisce il disposto di  cui  ai  menzionati  commi
5-bis, 5-ter e 5-quater dell'art. 24 del TUE, e' incostituzionale  in
quanto la materia relativa agli standard edilizi si  configura  quale
livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti  civili  e
sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale,
non potendosi ammettere - su aspetti di primario rilievo  sociale  ed
economico -- una tutela frammentaria e diversificata della disciplina
di settore. 
    A cio' si aggiunga che, pur non recependo i commi 5-bis, 5-ter  e
5-quater dell'art. 24 del TUE, il medesimo art. 7-quater, della legge
regionale n. 23 del 1985, come novellato dalla  legge  in  esame,  ai
commi 3 e 6, ammette, ai fini dell'agibilita', deroghe  di  carattere
generalizzato ai rapporti aero-illuminanti  di  cui  al  decreto  del
Ministro della Sanita' 5 luglio 1975, di  attuazione  degli  articoli
218 e 221 del regio decreto n. 1265/1934, che stabilisce gli standard
posti a presidio del diritto alla tutela della salute di cui all'art.
32 della Costituzione. 
    In particolare, mentre le ricordate disposizioni statali,  da  un
lato, circoscrivono l'ambito di  applicazione  oggettivo  del  regime
derogatorio (i.e. alloggi mono stanza) e, dall'altro, fissano  limiti
quantitativi   precisamente   individuati    cui    e'    subordinata
l'asseverazione  ai  fini  dell'agibilita'  (altezza   e   superficie
minima), l'art. 7-quater, ai commi 3  e  6,  dispone  una  deroga  ai
rapporti  aero-illuminanti   suscettibile   di   trovare   potenziale
applicazione  verso  tutti  gli  immobili  situati   nel   territorio
regionale, potendosi la stessa applicare a  tutti  gli  immobili  «d)
esistenti alla data di entrata in vigore del decreto  ministeriale  5
luglio 1975; e) successivi alla data di entrata in vigore del decreto
del Ministro della sanita' 5 luglio 1975 e esistenti alla data del 24
maggio 2024», e senza nemmeno fissare una misura minima. 
    Tutto cio'  considerato,  l'art.  7-quater,  in  parte  qua  reca
pertanto disposizioni lesive dell'art.  32  Costituzione,  in  quanto
contrasta con  i  parametri  interposti  rappresentati  dalle  citate
disposizioni del  decreto  ministeriale  5  luglio  1975,  dirette  a
tutelare la salute e la sicurezza degli ambienti. 
    A tal proposito, la Corte costituzionale, con la sentenza n.  119
del 2024, ha rammentato che le prescrizioni del decreto  ministeriale
5 luglio 1975 sono vincolanti per la normativa regionale, in  quanto,
essendo «legate da  un  nesso  evidente  alla  normativa  primaria  e
chiamate a specificarne sul versante  tecnico  i  precetti  generali,
[...] sono idonee a  esprimere  principi  fondamentali»  (cfr.  anche
sentenza Corte costituzionale  n.  124  del  2021).  Le  prescrizioni
riguardanti i parametri di aero illuminazione, al  pari  dell'altezza
interna  degli  edifici,   perseguono   l'essenziale   finalita'   di
conformare l'attivita' edilizia e, in tale ambito, apprestano  misure
volte  anche  a  garantire  il  diritto  alla  salute  nel   contesto
dell'abitazione, spazio di importanza vitale nell'esistenza  di  ogni
persona. Tali prescrizioni si configurano,  pertanto,  come  principi
fondamentali  di  riforma  economico-sociale,   vincolanti   per   la
legislazione regionale. 
    Stante  la  riconducibilita'  di  tali  disposizioni  alle  norme
fondamentali di riforma economico-sociale, la disposizione  impugnata
contrasta  con  l'art.  117,  secondo   comma,   lettera   s)   della
Costituzione, atteso che la Regione autonoma Sardegna  ha  invaso  le
competenze del legislatore statale in materia, non  attenendosi  alle
previsioni di cui all'art. 24 del Trattato  sull'Unione  europea  che
costituiscono norme generali di riforma economico  sociale,  violando
altresi' l'art. 32 della Costituzione. 
    8) Illegittimita' costituzionale dell'art. 14 della  legge  della
Regione autonoma Sardegna n. 18 del 17  giugno  2025  per  violazione
dell'art.  117,  primo  comma,  lettera  s)  della  Costituzione   in
relazione all'art. 23-ter del decreto del Presidente della Repubblica
n. 380/2001. 
    L'art. 14  della  legge  regionale  impugnata  apporta  modifiche
all'art. 11 della legge regionale n.  23  del  1985,  in  materia  di
categorie funzionali urbanisticamente rilevanti e destinazione d'uso,
non recependo le novita' introdotte dal decreto-legge n. 69 del  2024
all'art. 23-ter del TUE, in particolare in punto di obblighi relativi
all'assolvimento degli oneri urbanistici  connessi  al  mutamento  di
destinazione  d'uso   delle   singole   unita'   immobiliari,   tanto
all'interno della  stessa  categoria  funzionale  (cd.  mutamenti  di
destinazione  d'uso  urbanisticamente  irrilevanti  o   orizzontali),
quanto   tra   categorie   funzionali    diverse    (cd.    mutamenti
urbanisticamente rilevanti o verticali). 
    L'art. 23-ter del TUE, come modificato dal  decreto-legge  n.  69
del  2024,  ha   inteso   agevolare,   mediante   l'introduzione   di
semplificazioni   sostanziali   e   procedurali,   i   mutamenti   di
destinazione d'uso, anche in caso di contestuale esecuzione di  opere
edilizie. 
    Il citato art. 23-ter, comma 1-bis,  dispone  che,  nei  casi  di
mutamento  di  destinazione  d'uso  orizzontale  di  singole   unita'
immobiliari,  non  e'  dovuto  il  pagamento  ne'  degli   oneri   di
urbanizzazione primaria ne' di quelli  di  urbanizzazione  secondaria
ove previsto dalla legislazione regionale. 
    In tali ipotesi, infatti, l'equivalenza  del  carico  urbanistico
viene valutata a priori dalla legislazione statale  e,  pertanto,  il
mutamento d'uso non comporta la necessita' di adeguare  la  dotazione
esistente  di  aree  per  servizi  pubblici  o  di  uso  pubblico   o
l'esecuzione di opere di urbanizzazione. 
    Nel caso di mutamento di destinazione d'uso verticale relativo ad
una singola unita' immobiliare, il medesimo  art.  23-ter,  al  comma
1-quater, dispone che  questo  non  e'  assoggettato  all'obbligo  di
reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse  generale,  al
vincolo della dotazione minima  obbligatoria  di  parcheggi,  ne'  al
pagamento degli oneri di urbanizzazione primaria, fermo  restando  il
pagamento di quelli di urbanizzazione secondaria, ove previsto  dalla
legislazione regionale. 
    La ratio  della  disposizione  e'  rinvenibile  nell'esigenza  di
introdurre una semplificazione per agevolare i cambi d'uso  rilevanti
per singole unita'  immobiliari,  ad  esclusione  di  quelle  rurali,
giustificata dalla circostanza che nelle zone A), B).  e  C)  di  cui
all'art. 2 del decreto del Ministro  dei  lavori  pubblici  2  aprile
1968, n. 1444), il mutamento avviene tendenzialmente in  un  contesto
gia' urbanizzato, ove l'incremento del carico urbanistico si  presume
compensato o ridimensionato. 
    A conferma di cio', il legislatore statale  ha  ritenuto  di  non
imporre la corresponsione degli  oneri  di  urbanizzazione  primaria,
nella consapevolezza che il loro versamento si  risolverebbe  in  una
sostanziale duplicazione di costi a fronte dell'unicita' dei  servizi
gia' predisposti nella zona interessata  (e.g.  strade  residenziali,
spazi di sosta o di  parcheggio,  fognature,  rete  idrica,  pubblica
illuminazione). Il favor per la semplificazione e l'agevolazione  del
mutamento di destinazione d'uso espresso dal legislatore  statale  e'
altresi' evidente  laddove  si  consideri  che,  ai  sensi  dell'art.
23-ter, commi 1-bis e 1-ter, tanto i mutamenti di destinazione  d'uso
orizzontali, quanto quelli  verticali  (nelle  zone  A),  B)  e  C)),
possono essere oggetto soltanto di «specifiche condizioni»  da  parte
degli strumenti  urbanistici  comunali,  in  ogni  caso  sorrette  da
adeguata  motivazione,  in  punto,  per  esempio,  della  necessita',
valutata in concreto dall'amministrazione, di salvaguardare il decoro
urbano. 
    Il legislatore statale, al primo periodo del comma  3,  dell'art.
23-ter del  TUE,  ha  stabilito  che  i  principi  discendenti  dalle
disposizioni dinanzi illustrate trovano  in  ogni  caso  applicazione
diretta. 
    Alla luce  di  quanto  sopra,  e'  di  chiara  evidenza  come  la
disciplina di cui all'art. 23-ter del  Trattato  sull'Unione  europea
ponga principi  fondamentali  di  riforma  economico  sociale,  e  si
configuri,  altresi',  quale  livello  essenziale  delle  prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su
tutto il territorio  nazionale,  non  potendosi  ammettere,  su  tale
aspetto di primario rilievo, una tutela frammentaria e  diversificata
a livello territoriale. 
    Pertanto, l'art. 14 in esame si pone in contrasto con l'art. 117,
secondo comma lettera s) atteso che la regione, invadendo la potesta'
legislativa attribuita  allo  Stato  e  fuoriuscendo  dalla  potesta'
statutaria che le  e'  attribuita,  ha  introdotto  una  disposizione
incostituzionale nella parte in cui non recepisce le  semplificazioni
concernenti il mutamento di destinazione d'uso introdotte dal  citato
art. 23-ter del TUE. 
    9) Illegittimita' costituzionale dell'art. 18 della  legge  della
Regione autonoma Sardegna n. 18 del 17  giugno  2025  per  violazione
dell'art.  117,  primo  comma,  lettera  s)  della  Costituzione   in
relazione all'art. 23-ter del decreto del Presidente della Repubblica
n. 380/2001. 
    L'art.  18  della  legge  regionale,   nell'apportare   modifiche
all'art. 15-quater della legge regionale n. 23 del 1985, prevede, tra
l'altro, che, nelle modifiche di destinazione d'uso  urbanisticamente
non rilevanti, fermo il rispetto degli spazi per  parcheggi  previsti
da specifiche normative di settore, lo strumento urbanistico comunale
determina gli spazi per parcheggio eventualmente ritenuti  necessari.
La disposizione, per le medesime ragioni gia' enunciate in  relazione
all'art. 14 che si hanno qui per richiamate, risulta non coerente con
quanto  previsto  dall'art.  23-ter,  comma  1-bis,  del  TUE,   che,
nell'ottica di  agevolare  i  mutamenti  di  destinazione  d'uso  ivi
previsti,  esonera  l'interessato  dal  reperimento  delle  aree  per
servizi di interesse generale, nonche' dal  vincolo  della  dotazione
minima di parcheggi. 
    Le citate disposizioni statali violate, come detto, finalizzate a
principi di semplificazione, costituiscono norme di riforma economico
sociale che, come tali, vincolano anche la potesta' legislativa della
Regione Sardegna. 
    10) Illegittimita' costituzionale dell'art. 15 della legge  della
Regione autonoma Sardegna n. 18 del 17  giugno  2025  per  violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera s) in relazione  agli  articoli
36-bis e 37, comma 4 del decreto del Presidente della Repubblica  380
del 2001 abrogato dal decreto-legge n. 69 del 2024. 
    L'art. 15 della legge  regionale  impugnata  modifica  l'art.  14
della legge regionale n. 23 del 1985, in materia di opere eseguite in
assenza di SCIA o in difformita' da essa. 
    In particolare, il  citato  art.  14,  al  comma  2,  continua  a
prevedere, in relazione all'ipotesi di opere eseguite in  assenza  di
SCIA o in difformita' da essa, una forma di sanatoria condizionata al
pagamento di una sanzione pecuniaria di euro 500 e al pagamento degli
oneri di costruzione ove dovuti, secondo  un  meccanismo  procedurale
simile a quello  gia'  previsto  dall'art.  37,  comma  4,  del  TUE,
abrogato dal decreto-legge n. 69 del 2024. 
    A  seguito  del   predetto   decreto-legge,   l'accertamento   di
conformita' per le opere eseguite in assenza o in totale  difformita'
dalla SCIA e' regolato  dall'art.  36-bis  del  TUE,  che  disciplina
altresi' l'accertamento di conformita' per gli interventi eseguiti in
parziale difformita'  ovvero  costituenti  variazione  essenziale  al
permesso di costruire. 
    Il legislatore  regionale  non  ha  pertanto  recepito  il  nuovo
impianto prefigurato dal testo unico in materia edilizia, continuando
a prevedere un regime di sanatoria  analogo  a  quello  previsto  dal
previgente art. 37, comma 4, del TUE. 
    Pur sussistendo una competenza della  Regione  autonoma  Sardegna
statutaria nella materia dell'urbanistica e  delle  opere  pubbliche,
quest'ultima va esercitata alla stregua dei principi fondamentali  di
riforma  economico  sociale  nell'ambito  del  quale  rientrano,  per
giurisprudenza costituzionale costante, le disposizioni in materia di
sanatorie edilizie che sono di  esclusiva  competenza  statale  (cfr.
Corte costituzionale, sentenza 21 aprile 2021, n. 77 e,  di  recente,
Corte costituzionale n. 22/2025). 
    Alla stregua  delle  superiori  considerazioni  l'art.  15  viola
l'art. 117, comma 2, lettera  s)  della  Costituzione  per  avere  la
Regione autonoma Sardegna invaso la competenza legislativa  esclusiva
dello Stato, introducendo  una  disciplina  che,  fuoriuscendo  dalle
predette  competenze  statutarie,  si  pone  in  contrasto   con   le
richiamate norme di riforma economico sociale. 
    1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 19 della  legge  della
Regione autonoma Sardegna n. 18 del 17  giugno  2025  per  violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera l) in relazione all'art. 36-bis
del decreto del Presidente della Repubblica 380 del 2001. 
    L'art. 19 sostituisce l'art. 16 della legge regionale n.  23  del
1985 e prevede una fattispecie di accertamento  di  conformita',  per
opere eseguite in assenza di titolo o  in  difformita'  totale.  Tale
disposizione contempla la possibilita' di eliminazione degli elementi
incongrui e volti alla modifica dell'esistente per ricondurre l'abuso
a conformita' e quindi a renderlo sanabile, non previsto dall'art. 36
del Trattato sull'Unione europea che, invece, a tal fine, richiede la
doppia conformita' dell'abuso eseguito alla disciplina urbanistica ed
edilizia sia al momento della realizzazione dell'abuso sia al momento
della presentazione della domanda. 
    La giurisprudenza amministrativa e penale hanno  pacificamente  e
costantemente affermato che l'abuso che si intende sanare deve essere
quello rilevato e non quello a cui si  puo'  pervenire  per  renderlo
sanabile  attraverso  demolizioni  o  modificazioni,  cio'  anche  in
relazione agli effetti estintivi che la sanatoria di cui all'art.  36
determina sul reato commesso (art. 45 TUE). 
    Diverso invece e' il caso previsto dal successivo  art.  20,  che
nel caso  di  difformita'  parziali  e  variazioni  essenziali,  alle
condizioni ivi espresse, consente l'eliminazione di opere per rendere
conforme l'abuso eseguito, come ammesso dall' art.  36-bis  del  TUE.
L'art. 36, nel delimitare presupposti e limiti della sanatoria,  solo
«formale», per il caso di assenza o totale difformita'  dal  permesso
di costruire, e' riconducibile alle  norme  fondamentali  di  riforma
economico-sociale e  vincola  anche  la  potesta'  legislativa  della
Regione autonoma Sardegna. 
    In tal senso, la disposizione  risulta  illegittima,  in  quanto,
come affermato dalla giurisprudenza costituzionale (cfr., ex  multis,
sentenza 21 aprile 2021, n. 77), in tema di sanatorie edilizie,  sono
di  esclusiva  competenza  statale  le  scelte   di   principio,   in
particolare quelle relative all'an, al quando e al quantum, ossia  la
decisione  sul  se  disporre  un  titolo  in  sanatoria  e  a   quali
condizioni, che operano alla  stregua  di  principi  fondamentali  di
riforma economico-sociale. 
    Peraltro, considerato l'effetto  estintivo  della  sanatoria  sul
reato,    la    disposizione    e'    suscettibile    di     incidere
sull'individuazione delle fattispecie, e  determina  una  sostanziale
modifica dei  profili  penalistici  connessi  alla  realizzazione  di
interventi in assenza o in difformita' totale del titolo edilizio, in
violazione della competenza legislativa esclusiva statale in  materia
di ordinamento penale di cui all'art. 117, secondo comma, lettera l),
della Costituzione. 
    12) Illegittimita' costituzionale dell'art. 27, comma 1,  lettera
a) della legge della Regione autonoma Sardegna n. 18  del  17  giugno
2025 per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettere a), l),  m)
e s),  della  Costituzione  in  relazione  all'art.  54  del  decreto
legislativo  n.  152/2006,  agli  articoli  32-35  del  codice  della
navigazione, in relazione all'art. 5, comma 3-bis, della legge n.  84
del 1994 nonche'  in  relazione  agli  articoli  1,2  5  del  decreto
legislativo 17 ottobre  2016,  n.  201  (Attuazione  della  direttiva
2014/89/UE che istituisce  un  quadro  per  la  pianificazione  dello
spazio' marittimo). 
    L'art. 27, comma 1, lettera a) modifica  l'art.  19  della  legge
regionale n. 45 del 1989 e prevede che il piano urbanistico  comunale
debba estendersi, oltre che  all'intero  territorio  comunale,  anche
alle "acque costiere di cui all'art. 54 del  decreto  legislativo  n.
152 del 2006, immediatamente prospicienti la  battigia  marina,  alle
quali,  in  assenza  di  normativa  specifica,  si  applicherebbe  la
«disciplina prevista per le aree a terra». 
    Al riguardo, l'art. 54 del decreto legislativo n.  152  del  2006
definisce le acque  costiere  come  «le  acque  superficiali  situate
all'interno rispetto a una retta immaginaria distante,  in  ogni  suo
punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto piu' vicino della
linea di base che serve da riferimento per definire il  limite  delle
acque territoriali, e che si estendono eventualmente fino  al  limite
esterno delle acque di transizione». 
    La  disposizione  impugnata  prevede  che  il  piano  urbanistico
comunale debba necessariamente estendersi al largo, sino ad un miglio
nautico dalla linea di  base  di  cui  all'art.  1  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 26 aprile 1977, n. 816, recante  adesione
alla convenzione sul mare territoriale e la zona contigua. 
    Occorre premettere  che  alle  regioni  non  e'  riconosciuta  la
possibilita' di legiferare e/o adottare provvedimenti  amministrativi
che esplicano i propri effetti oltre  i  limiti  della  giurisdizione
amministrativa, sulla considerazione secondo cui i confini dovrebbero
arrestarsi sulla linea costiera. 
    In proposito si evidenzia che:  a)  il  mare  non  fa  parte  del
territorio comunale e non vi e' alcuna norma espressa  che  autorizzi
ad includere  nel  territorio  comunale  le  zone  d'acqua  del  mare
territoriale  prospicienti  la  linea  di  costa,  che  delimita   il
territorio  comunale;  b)  il  mare  territoriale  e'  zona  distinta
rispetto al territorio nazionale in quanto l'art. 2 della Convenzione
di Montego Bay del  1982  afferma  che  «la  sovranita'  dello  Stato
costiero si estende, al di la' del suo territorio...  ad  una  fascia
adiacente di mare, denominata mare territoriale» e  che,  secondo  il
successivo comma 3, tale  sovranita'  «si  esercita  alle  condizioni
della  presente  Convenzione  e  delle  altre   norme   del   diritto
internazionale». 
    Il fatto che, in diritto internazionale, si riconosca allo  Stato
costiero l'esercizio  della  sovranita'  sul  mare  territoriale  non
significa che il medesimo se  ne  possa  appropriare  e  considerarlo
parte del «territorio»  nazionale,  in  virtu'  del  principio  della
liberta' dei mari. 
    Cio' e' dimostrato dal fatto che sul mare territoriale  lo  Stato
costiero, ai sensi della citata convenzione,  non  puo'  opporsi,  ad
esempio, al passaggio inoffensivo di navi straniere  (art.  17  della
convenzione). 
    La  delega  alle  regioni  di  funzioni  in  materia  di  demanio
marittimo  operata  con  i  pertinenti  provvedimenti  normativi  non
comporta affatto un ampliamento dei limiti amministrativi di  regioni
e comuni, ne' una cessione della  sovranita'  dello  Stato  sul  mare
territoriale. 
    A dimostrazione del fatto che la delega  alle  regioni  non  puo'
comportare  un  ampliamento  dei  loro  limiti   amministrativi,   la
disposizione interferisce con la predetta sovranita' statale e con le
competenze statali  in  materia  di  demanio  marittimo  e  portuale,
incidendo indirettamente sull'assetto ordinamentale statale  in  tema
di uso, tutela e gestione dei beni pubblici costieri. 
    Peraltro,  la   norma   coinvolge   ambiti   riconducibili   alla
pianificazione degli spazi marittimi di cui al decreto legislativo 17
ottobre 2016, n.  201  (Attuazione  della  direttiva  2014/89/UE  che
istituisce un quadro per la pianificazione dello  spazio'  marittimo)
e, per quanto concerne le concessioni demaniali, a quelle  ancora  di
competenza statale, tra cui, in via esemplificativa,  le  concessioni
per l'approvvigionamento di fonti energetiche  (cfr.  articoli  2,  5
sulla elaborazione e attuazione  della  pianificazione  dello  spazio
marittimo). 
    Il predetto decreto, in base a quanto prevede altresi' l'art.  1,
istituisce un quadro per la pianificazione dello spazio marittimo  al
fine di promuovere la crescita sostenibile delle economie  marittime,
lo sviluppo sostenibile delle zone marine e l'uso  sostenibile  delle
risorse marine, assicurando  la  protezione  dell'ambiente  marino  e
costiero mediante l'applicazione dell'approccio ecosistemico, tenendo
conto  delle  interazioni  terra-mare  e  del   rafforzamento   della
cooperazione  transfrontaliera,  in   conformita'   alle   pertinenti
disposizioni della Convenzione delle Nazioni Unite  sul  diritto  del
mare (UNCLOS), fatta a Montego Bay il 10 dicembre 1982  e  ratificata
con legge 2 dicembre 1994, n. 689. 
    Pur  riconoscendo  che  molte  concessioni  demaniali   marittime
rientrano oggi nella competenza degli enti locali, permane la riserva
statale su alcune tipologie strategiche,  nonche'  sulle  concessioni
rilasciate all'interno delle aree di giurisdizione delle Autorita' di
sistema  portuale,  che  avrebbero  meritato  un'espressa  esclusione
dall'ambito applicativo della disposizione regionale in esame. 
    Peraltro, in tema di porti, l'art. 5, comma 3-bis, della legge n.
84 del 1994 stabilisce che «Nei porti di cui al comma 3, ne quali non
e' istituita l'Autorita' di sistema portuale, il piano regolatore  e'
adottato e approvato dalla regione di pertinenza  o,  ove  istituita,
dall'Autorita' di sistema portuale regionale, previa  intesa  con  il
comune o i comuni interessati, ciascuno  per  il  proprio  ambito  di
competenza, nel rispetto delle  normative  vigenti  e  delle  proprie
norme regolamentari. Sono  fatte  salve,  altresi',  le  disposizioni
legislative regionali vigenti in materia di pianificazione dei  porti
di interesse regionale». 
    Dunque, come si vede, nei porti ove non e' istituita  l'Autorita'
di sistema portuale, per la potesta' regolatoria in capo a regioni  e
comuni  si  e'  resa  necessaria   un'espressa   attribuzione   della
legislazione  statale,   non   essendo   sufficiente   una   generica
attribuzione di competenza  nella  materia  de  qua  derivante  dagli
ordinari principi costituzionali di ripartizione delle competenze tra
Stato e regioni. Sotto altro profilo, si rileva che  la  disposizione
non contempla meccanismi di raccordo procedimentale o forme di  leale
collaborazione con lo Stato,  contravvenendo  ai  principi  elaborati
dalla  giurisprudenza  costituzionale  in   materia   di   competenze
interferenti. 
    La Corte costituzionale ha infatti affermato costantemente  (cfr.
sentenze n. 157 del 2017, n. 113 del 2015, n. 180 del  2011)  che  le
regioni non possono incidere, nemmeno in via  indiretta,  sul  regime
giuridico  dei  beni  appartenenti  al  demanio  marittimo,  la   cui
disciplina deve essere ricondotta a un interesse unitario nazionale. 
    Ulteriori profili di illegittimita' emergono  in  relazione  alle
competenze esclusive statali in materia di tutela della dominicalita'
del  demanio  marittimo,  che  si   esplicano,   tra   l'altro,   nei
procedimenti di delimitazione (art. 32 cod. nav.), ampliamento  (art.
33), consegna ad altre amministrazioni (art. 34) e sdemanializzazione
(art. 35) del demanio marittimo, oltre che nella gestione  della  sua
consistenza  e   destinazione   funzionale.   La   possibilita'   che
disposizioni  urbanistiche  comunali  si  estendano,  ope  legis,   a
porzioni di mare adiacenti alla battigia finisce per interferire  con
tali prerogative. 
    In considerazione  di  quanto  sopra  esposto,  la  disposizione,
introducendo   unilateralmente   una   disciplina   estensiva   delle
previsioni urbanistiche comunali a porzioni di mare territoriale,  si
pone in contrasto ed invade la competenza legislativa  statale  nelle
materie del politica estera e rapporti  internazionali  dello  Stato,
ordinamento  civile,  demanio  marittimo   e   tutela   dell'ambiente
individuate dall'art. 117, secondo comma, lettere a), l),  m)  e  s),
della Costituzione. 
    Lo stesso Statuto della Regione Sardegna, all'art. 14, stabilisce
che la «Regione, nell'ambito del suo territorio, succede nei  beni  e
diritti patrimoniali dello Stato di natura immobiliare  e  in  quelli
demaniali, escluso  il  demanio  marittimo»,  con  cio'  non  facendo
minimamente cenno alle acque costiere (territoriali),  implicitamente
escluse  persino  dal  dubbio  se  facciano  parte   o   meno   delle
circoscrizioni regionali o comunali, con cio' non ritenendosi neppure
necessario che si dimostri la violazione, pur avvenuta  alla  stregua
di  quanto  sopra  esposto,  di   norme   fondamentali   di   riforma
economico-sociale. 
    In tale contesto, la Corte costituzionale ha piu' volte  chiarito
che la disciplina del demanio marittimo - ivi comprese  le  modalita'
di acquisizione, utilizzo  e  concessione  -  rientra  nella  materia
dell'ordinamento civile ed  e',  pertanto,  di  competenza  esclusiva
dello Stato. 
    In particolare, nella sentenza n. 94/2019, la Corte ha  affermato
che la disciplina del demanio marittimo (e ancor  piu'  quella  delle
acque  territoriali),   «costituisce   espressione   della   potesta'
legislativa esclusiva dello Stato  nella  regolazione  degli  aspetti
dominicali del demanio marittimo, in quanto rientranti nella  materia
dell'ordinamento civile». 
    Alla luce delle suesposte  considerazioni  l'art.  27,  comma  1,
lettera a) si pone  in  contrasto  con  l'art.  117,  secondo  comma,
lettere a), l), m) e  s),  della  Costituzione,  essendo  la  Regione
autonoma Sardegna intervenuta in  materia  devoluta  alla  competenza
esclusiva dello Stato, fuoriuscendo anche dagli ambiti fissati  dalla
competenza statutaria (art. 3, primo comma, lettera l) dello Statuto)
che, in ogni caso, deve essere esercitata nel rispetto nelle norme di
riforma economico sociale. 
    Tale    contesto    normativo    e    giurisprudenziale    depone
indiscutibilmente per l'incostituzionalita' della norma regionale  la
quale ha violato molteplici parametri costituzionali. 
    13) Illegittimita' costituzionale dell'art.  27,  comma  2  della
legge della Regione autonoma Sardegna n. 18 del 17  giugno  2025  per
contrasto con l'art. 117, secondo comma lettera s) in relazione  agli
articoli 135, comma 1, 142, comma  2,  143,  comma  1  lettera  d)  e
lettera i) del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. 
    Sotto altro e ulteriore profilo, l'art. 27, al comma 2,  si  pone
in contrasto con l'art. 142, comma  2,  del  decreto  legislativo  22
gennaio 2004, n. 42,  che  disciplina  le  fattispecie  esenti  dalle
tutele  prescritte  dal  comma  1  del  medesimo  articolo,   ed   in
particolare con la lettera i) posta  a  presidio  delle  «zone  umide
incluse  nell'elenco  previsto  dal  decreto  del  Presidente   della
Repubblica 13 marzo 1976, n. 448», con cui e' stato dato  recepimento
alla Convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, relativa alla  tutela
delle zone umide di importanza internazionale. Infatti, la disciplina
delle zone umide regionali deve essere sottoposta a  copianificazione
tra Stato e regione, come previsto dall'art.  135,  comma  1,  ultimo
periodo, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42,  secondo  il
quale «L'elaborazione dei piani paesaggistici avviene  congiuntamente
tra Ministero e regioni, limitatamente ai beni paesaggistici  di  cui
all'art. 143, comma 1, lettere b), c) e d), nelle forme previste  dal
medesimo art. 143». 
    In particolare, la lettera d) del comma 1 dell'art. 143,  cui  si
riferisce l'art. 135 quando impone le  materie  di  copianificazione,
prevede che l'elaborazione del Piano comprenda almeno  la  «eventuale
individuazione di ulteriori immobili od aree, di  notevole  interesse
pubblico  a  termini  dell'art.  134,  comma  1,  lettera  c),   loro
delimitazione   e   rappresentazione    in    scala    idonea    alla
identificazione, nonche' determinazione delle specifiche prescrizioni
d'uso, a termini dell'art. 138, comma 1». 
    Al riguardo,  e'  d'uopo  precisare  che  i  beni  facenti  parte
dell'Assetto Ambientale regionale, elencati dall'art.  17  delle  NTA
del PPR, sono stati individuati dalla Regione ai sensi dell'art. 143,
comma 1, lettera i), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.  42,
vigente  al  momento   dell'approvazione   (8   settembre   2006)   e
pubblicazione ed entrata in  vigore  (9  settembre  2006)  del  Piano
paesaggistico regionale. Il decreto legislativo 22 gennaio  2004,  n.
42 non prevedeva  il  principio  della  pianificazione  paesaggistica
congiunta obbligatoria, che e' stato introdotto solo con  il  decreto
legislativo 26 marzo 2008, n.  63,  recante  «Ulteriori  disposizioni
integrative e correttive del decreto legislativo 22 gennaio 2004,  n.
42, in relazione al paesaggio». 
    Il decreto legislativo 26 marzo 2008, n. 63, entrato in vigore il
24 aprile 2008,  ha  completamente  riscritto,  tra  gli  altri,  gli
articoli 135 e 143 del decreto legislativo 22 gennaio  2004,  n.  42,
facendo confluire la lettera i), dell'art. 143, comma 1, del  decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 del testo previgente  nell'attuale
lettera d) del testo dell'art. 143, comma 1, come novellato dall'art.
2, comma 6, lettera p) del decreto legislativo 26 marzo 2008, n.  63,
in  cui  e'  previsto  che  il  PPR  comprenda   la   «d)   eventuale
individuazione di ulteriori immobili od aree, di  notevole  interesse
pubblico  a  termini  dell'art.  134,  comma  1,  lettera  c),   loro
delimitazione   e   rappresentazione    in    scala    idonea    alla
identificazione, nonche' determinazione delle specifiche prescrizioni
d'uso, a termini dell'art. 138, comma 1.». 
    Di talche'  le  zone  umide  regionali  individuate  dal  PPR,  e
sottoposte a tutela ai sensi degli articoli 17 e  18  delle  NTA  del
PPR, fanno parte dei beni indicati dall'art. 143, comma 1, lettera d)
del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42,  come  integrato  dal
decreto legislativo 26 marzo 2008, n. 63, per i quali vige  l'obbligo
di pianificazione congiunta stabilito ai sensi dell'art.  135,  comma
1, ultimo periodo del D. lgs. 22 gennaio  2004,  n.  42,  secondo  il
quale «L'elaborazione dei piani paesaggistici avviene  congiuntamente
tra Ministero e regioni, limitatamente ai beni paesaggistici  di  cui
all'art. 143, comma 1, lettere b), c) e d), nelle forme previste  dal
medesimo art. 143.». 
    Inoltre, intervenendo unilateralmente con legge  regionale  nelle
modifiche del PPR, la regione  contravviene  al  principio  di  leale
collaborazione e all'art. 143, comma 2, del  decreto  legislativo  22
gennaio 2004, n. 42. 
    Sul punto, si osserva che la giurisprudenza costituzionale, si e'
espressa affermando che «integra una regola di  tutela  primaria  del
paesaggio in nessun  modo  derogabile  ad  opera  della  legislazione
regionale che, nella cura di interessi funzionalmente  collegati  con
quelli propriamente ambientali, deve rispettare gli  standard  minimi
uniformi di tutela  previsti  dalla  normativa  statale,  potendo  al
limite introdurre un surplus di tutela e non un regime  peggiorativo»
(sentenza n. 251 del 2021, punto 3). 
    Ne discende come la norma regionale si  ponga  in  contrasto  con
l'art. 117 lettera s) della Costituzione, per quel  che  riguarda  le
procedure di co-pianificazione del piano paesaggistico  regionale  di
cui all'art. 135, decreto legislativo  n.  42/2004,  nonche'  con  il
principio di leale collaborazione Stato-regione, di  cui  all'art.  5
della Costituzione. 
    14) Illegittimita' costituzionale dell'art. 28 della legge  della
Regione autonoma Sardegna n. 18 del 17 giugno 2025 per contrasto  con
l'art. 117, secondo comma, lettera s) in relazione agli articoli 1  e
7 del r.d.l. 30 dicembre 1923, n. 3267 nonche' in relazione  all'art.
53, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. 
    L'art.  28  modifica  l'art  19,  introduce  il  comma   5-quater
nell'art. 19 della legge regionale n. 8  del  2016  rubricata  «Legge
forestale  della  Sardegna»,  prevedendo  che  gli  interventi  e  le
trasformazioni realizzati in zone sottoposte a vincolo  idrogeologico
ai sensi del regio decreto 30 dicembre  1923,  n.  3267,  in  assenza
della prescritta autorizzazione o in  difformita'  da  essa,  possano
ottenere  l'accertamento  della  compatibilita'  idrogeologica  anche
successivamente alla realizzazione delle opere. 
    Tale disposizione si pone in contrasto con l'art. 7 del r.d.l. 30
dicembre 1923, n. 3267, quale norma interposta dell'art.  117,  comma
secondo, lettera s) della Costituzione. 
    La  Regione  autonoma  Sardegna  ha   chiaramente   superato   le
competenze  fissate  dall'art.  3  dello  Statuto  speciale  per   la
Sardegna, di cui alla legge costituzionale 26 febbraio  1948,  n.  3,
intervenendo in materia in senso contrario al legislatore nazionale. 
    La materia disciplinata dal r.d.l. n. 3267 del 1923, relativa  al
«vincolo per scopi idrogeologici» e ai terreni di qualsiasi natura  e
destinazione»  (art.  1,  r.d.l.   n.   3267/1923)   ricade   infatti
nell'ambito delle competenze legislative esclusive statali in materia
di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di cui all'art. 117, comma
secondo, lettera s), della Costituzione. 
    Cio' si evince  chiaramente  da  una  lettura  sistematica  delle
disposizioni in materia: l'art. 53, comma 1, del decreto  legislativo
3 aprile 2006, n. 152, che apre  la  sezione  I  della  parte  terza,
recante  «Norme  in  materia  di  difesa  del  suolo  e  lotta   alla
desertificazione», individua  tra  le  finalita'  delle  disposizioni
della  suddetta  sezione  «[...]  il  risanamento  idrogeologico  del
territorio tramite la prevenzione dei fenomeni di dissesto, la  messa
in  sicurezza  delle  situazioni  a   rischio   e   la   lotta   alla
desertificazione». 
    Tale lettura e' condivisa dalla giurisprudenza amministrativa  in
base alla quale «[il vincolo idrogeologico, secondo  quanto  previsto
dall'art. 1 r.d.l. 30 dicembre 1923 n. 3267, riguarda direttamente  e
specificamente i  terreni  [...]  ed  ha  come  finalita'  quella  di
prevenire smottamenti e movimenti franosi» e «consente alla  pubblica
amministrazione di adottare qualsiasi  misura  -  tanto  restrittiva,
quanto impeditiva - per ragioni di tutela ambientale»  (Cons.  Stato,
sez. V, 10 settembre 2009, n. 5424). A tal proposito, e' pacifico che
le competenze statali di cui all'art. 117, comma secondo, lettera  s)
della   Costituzione   costituiscono   limite   all'esercizio   delle
competenze legislative regionali previste dagli articoli  3,  4  e  5
dello  Statuto  speciale  della  Sardegna  (Cfr.  sul   punto   Corte
costituzionale 28 gennaio 2022, n. 24; Id., 6 luglio 2021, n. 138). 
    L'art. 7 del r.d.l. n. 3267 del 1923 prevede che  per  i  terreni
vincolati, la trasformazione dei boschi in altre qualita' di  coltura
e la trasformazione dei terreni saldi in terreni soggetti a periodica
lavorazione, sono subordinate ad autorizzazione, caso per caso,  allo
scopo di prevenire i danni di cui all'art. 1. 
    La giurisprudenza qualifica  pacificamente  tale  atto,  come  un
titolo   ampliativo   («autorizzazione»   Tribunale    amministrativo
regionale Puglia, Lecce, sez. 1, 12 dicembre 2016,  n.  1850;  oppure
«nulla  osta»:  Cons.  Stato,  V,   n.   5424/2009)   da   conseguire
necessariamente  prima  della   realizzazione   dell'intervento.   In
particolare, il giudice amministrativo ha espressamente statuito  che
«il regio decreto n. 3267 del 1923, recante Riordinamento  e  riforma
della legislazione in materia di boschi e  di  terreni  montani,  non
prevede il rilascio di parere e/o nulla osta  a  sanatoria,  ma  solo
l'autorizzazione preventiva» (TAR Puglia, Bari, sez. III, 26  gennaio
2012, n. 246). L'art. 28, dunque, viola i principi e le  disposizioni
sopra citati, con particolare riferimento all'art. 7  del  r.d.l.  n.
3627 del 1923, nella misura in cui prevede che gli  interventi  e  le
trasformazioni realizzati in zone sottoposte a vincolo  idrogeologico
ai sensi del regio decreto 30 dicembre  1923,  n.  3267,  in  assenza
della prescritta autorizzazione o in  difformita'  da  essa,  possano
ottenere  l'accertamento  della  compatibilita'  idrogeologica  anche
successivamente  alla  realizzazione  delle  opere,  con  conseguente
violazione  dell'art.  117,   comma   secondo,   lettera   s)   della
Costituzione e superamento della competenza statutaria. 
    15) Illegittimita' costituzionale dell'art. 29, comma 1,  lettera
c) della legge della Regione autonoma Sardegna n. 18  del  17  giugno
2025 per contrasto con l'art. 117, comma 2, lettera  l)  e  s)  della
Costituzione, nonche' con l'art. 9 della  Costituzione  in  relazione
all'art. 167 del decreto legislativo 42/2004. 
    L'art. 29, comma 1, lettera c), inserisce  un  nuovo  art.  5-ter
nella legge regionale n. 12  del  1998,  che  attribuisce  all'organo
comunale le competenze in materia di provvedimenti di accertamenti di
compatibilita' paesaggistica e di relativi provvedimenti sanzionatori
di cui all'art. 167 del decreto legislativo n. 42/2004. 
    Quanto previsto ai commi 4 e 5 del nuovo art. 5-ter contrasta con
la sovraordinata norma  statale  di  cui  all'art.  167  del  decreto
legislativo n.  42/2004,  ove  non  si  prevedono  le  esclusioni  di
applicazione  delle  sanzioni  rispettivamente  per  opere  pubbliche
eseguite in assenza o difformita' dell'autorizzazione paesaggistica e
per i casi di  opere  eseguite  prima  dell'apposizione  del  vincolo
paesaggistico. 
    Si tratta di previsioni lesive delle prerogative esclusive  dello
Stato in materia di tutela del paesaggio e della conseguente potesta'
sanzionatoria prevista in materia,  esula  infatti  dalle  competenze
della Regione la possibilita' di escludere con  legge  regionale  una
sanzione relativa ad un ambito di competenza esclusiva dello Stato. 
    Ne discende,  per  le  suesposte  ragioni,  la  violazione  della
competenza primaria statale in  materia  di  ambiente,  ecosistema  e
paesaggio, derivante dall'art. 117, comma 2, lettera s)  e  l)  della
Costituzione, nonche' dall'art. 9 della Costituzione. 
    16) Illegittimita' costituzionale dell'art. 29, comma 1,  lettera
d) della legge della Regione autonoma Sardegna n. 18  del  17  giugno
2025 per violazione degli articoli 117, comma 2, lettera s) e 9 della
Costituzione, dall'art. 9 in relazione all'art. 16 e 28  della  legge
n. 1150/1942. 
    L'art. 29, comma 1, lettera d), sostituisce integralmente  l'art.
9 della legge regionale n. 12 del  1998,  prevedendo,  nel  novellato
comma 12 di detto art. 9 che: «12. Gli strumenti urbanistici previsti
dall'art. 21 della legge regionale n. 45  del  1989  sono  sottoposti
all'approvazione paesaggistica  del  Servizio  tutela  del  paesaggio
regionale competente per  territorio.  Il  piano  adottato,  completo
della deliberazione del consiglio comunale di adozione e dei relativi
allegati, e' inviato dall'amministrazione comunale al Servizio tutela
del paesaggio regionale che esprime  le  proprie  osservazioni  entro
sessanta giorni dalla ricezione. Il piano approvato,  completo  della
deliberazione del consiglio comunale di approvazione definitiva e dei
relativi allegati,  e'  trasmesso  per  il  provvedimento  finale  di
autorizzazione  paesaggistica  al  Servizio  tutela   del   paesaggio
regionale competente per territorio che  si  esprime  entro  sessanta
giorni   dalla   ricezione.   Il   provvedimento   di    approvazione
paesaggistica e' il presupposto per l'entrata in  vigore  del  piano,
previa pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione  autonoma
della Sardegna (BURAS).». 
    La norma  regionale  detta  una  procedura  per  l'autorizzazione
paesaggistica di piani particolareggiati, quali quelli  previsti  dal
citato  art.  21  legge  regionale  n.  45/1989  che,  tuttavia,  non
contempla il preventivo parere della Soprintendenza competente,  come
sancito dall'art. 16, legge n. 1150/1942. 
    Il nuovo articolo tratteggia, quindi, un procedimento  totalmente
autonomo nel quale non trova spazio la  partecipazione  degli  organi
ministeriali ed  il  provvedimento  di  autorizzazione  paesaggistica
interverrebbe dopo un iter condotto in totale autonomia dagli  uffici
regionali. La norma statale stabilisce al comma 3 dell'art.  16  che:
«I piani particolareggiati nei quali  siano  comprese  cose  immobili
soggette alla legge 1° giugno 1939, n. 1089, sulla tutela delle  cose
di interesse artistico o storico, e alla legge  29  giugno  1939,  n.
1497, sulla protezione delle bellezze naturali, sono  preventivamente
sottoposti alla competente Soprintendenza ovvero al  Ministero  della
pubblica istruzione quando sono approvati con  decreto  del  ministro
per i lavori pubblici». 
    L'art. 16, comma 3 della legge n.  1150/1942  e  l'art.  146  del
decreto legislativo n. 42/2004  individuano,  come  oggetto  dei  due
pareri contemplati dalla richiamata normativa, aspetti differenti del
Governo del territorio, poiche',  mentre  il  parere  reso  ai  sensi
dell'art.  16,  legge  n.  1150/1942,   ha   ad   oggetto   i   piani
particolareggiati, quello di cui all'art. 146, decreto legislativo n.
42/2004  concerne,  invece,  il  progetto  degli  interventi  che  si
intendano intraprendere. 
    In particolare, quanto al secondo dei  due  pareri,  l'art.  146,
comma 3, decreto legislativo n. 42/2004, prevede  la  verifica  della
compatibilita' fra interesse  paesaggistico  tutelato  ed  intervento
progettato,  correlando  a  tale   finalita'   il   contenuto   della
documentazione che l'interessato e' tenuto a presentare. 
    Per  l'amministrazione  preposta   alla   salvaguardia   e   alla
valorizzazione dei beni culturali e del paesaggio, la possibilita' di
esprimersi,  su  quelli  che  sono  gli  aspetti  piu'   direttamente
collegati all'intervento che si effettuera' in attuazione  del  piano
particolareggiato e,  dunque,  relativamente  a  quelli  che  sono  i
profili d'incidenza piu' marcatamente edilizi delle  opere  a  farsi,
diviene possibile soltanto con la presentazione dei progetti relativi
ai singoli interventi, che danno conto, nel dettaglio, degli  aspetti
costruttivi delle opere (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 17 agosto 2021 n.
5905; sez. VI, 15 marzo 2010, n. 1491; sez. VI, 5 febbraio  2010,  n.
538). 
    Al contrario, in base al disposto di cui all'art.  16,  comma  3,
legge n. 1150/1942, i piani particolareggiati sono  soggetti  ad  una
valutazione  riguardante  l'incidenza  della   pianificazione   sugli
aspetti culturali o paesaggistici del territorio, divenendo  pertanto
oggetto del giudizio della Soprintendenza  l'eventuale  incidenza  di
carattere "urbanistico" dei piani scrutinati. 
    La Regione Sardegna grazie alla modifica legislativa de  qua  non
sottopone al parere della competente amministrazione statale i  piani
urbanistici attuativi, qualora questi atti di pianificazione incidano
su immobili tutelati ai sensi della Parte Seconda e Terza del D. Lgs.
n. 42/2004, ledendo in tal modo direttamente le  funzioni  di  tutela
del patrimonio culturale  di  competenza  statale,  il  principio  di
ripartizione delle competenze legislative previste dall'art. 3, dello
Statuto  Sardo,  e  dall'art.  117,  comma  2,   lettera   s)   della
Costituzione, nonche' il principio di leale collaborazione. 
    La competente amministrazione statale preposta  alla  tutela  non
viene messa nelle condizioni di poter espletare le  sue  funzioni  di
tutela del patrimonio  culturale  poiche'  vengono  rimesse  solo  le
istanze singole di  autorizzazione  paesaggistica  ex  art.  146  del
codice, secondo una visione parcellizzata caso per caso della tutela,
laddove viceversa l'esercizio di tale funzione richiede la percezione
e  la  conoscenza  dell'insieme  degli  interventi  suscettibili   di
modificare le aree tutelate, nonche' la possibilita' di esprimere  un
giudizio sull'insieme delle opere concernenti lo strumento  attuativo
in area vincolata. Sul punto, per quanto non si ritenga vincolante il
parere della Soprintendenza reso ex art. 16, comma 3, della legge  n.
1150/1942, si tratta comunque di  un  parere  obbligatorio,  previsto
dalla  sovraordinata  legge  statale,   ove   si   fissano   principi
fondamentali di grande riforma economico sociale, al cui rispetto  e'
pure tenuta la Regione autonoma di Sardegna. La  Soprintendenza  deve
quindi esprimere prima il proprio parere sul piano  particolareggiato
e poi essere chiamata a  valutare  il  singolo  intervento  ai  sensi
dell'art. 146 con parere vincolante ed obbligatorio. Detto parere  si
distingue dall'autorizzazione paesaggistica prescritta  all'art.  146
del decreto legislativo  n.  42/20004  che  e'  riferita  ai  singoli
interventi sui beni tutelati. Infatti, il  disegno  tratteggiato  dal
legislatore  statale  e'  volto  alla  massima  tutela   dei   valori
paesaggistici coinvolti in un  programma  di  interventi  edilizi  da
realizzare nelle zone vincolante.  Tale  intento  e'  realizzato  sia
mediante  la  previsione  di  un  parere  a  monte,  da  parte  della
soprintendenza, circa la generale  compatibilita'  paesaggistica  dei
piani,  sia  tramite  l'imposizione  di  un  ulteriore  parere  della
medesima soprintendenza in relazione ai singoli  interventi  a  valle
(Cfr Corte costituzionale  68/2018).  La  disposizione  regionale  in
argomento lede pertanto la competenza primaria statale in materia  di
ambiente, ecosistema e paesaggio, derivante dall'art. 117,  comma  2,
lettera s) della Costituzione, dall'art.  9  della  Costituzione  che
stabilisce la preminenza del principio della tutela  dell'ambiente  e
del patrimonio culturale e stabilisce livelli  minimi  di  tutela,  e
dagli articoli 16 e 28 della legge n. 1150/1942, norma interposta  da
ritenersi di riforma economica e sociale,  prevalente  rispetto  alla
legislazione regionale, e  dunque  applicabile  anche  al  territorio
sardo,  in  ragione   dell'art.   3   dello   Statuto   sardo   legge
costituzionale n. 3/1948 che, come piu' volte evidenziato nell'ambito
dei  motivi  di  ricorso,  prescrive  come  la  funzione  legislativa
regionale si esercita «In armonia con la Costituzione  e  i  principi
dell'ordinamento giuridico dello Stato e col rispetto degli  obblighi
internazionali e  degli  interessi  nazionali,  nonche'  delle  norme
fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica». 

 
                               P.Q.M. 
 
    Il  Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,   come   sopra
rappresentato   e   difeso,   chiede   che   codesta   Ecc.ma   Corte
costituzionale voglia accogliere il presente ricorso,  per  i  motivi
sopra  indicati  ed   illustrati,   e   per   l'effetto,   dichiarare
l'illegittimita' costituzionale degli articoli 2, 4, 6,  7,  12,  14,
15, 18, 19, 27, comma 1, lettera a) e  comma  2,  28,  29,  comma  1,
lettere c) e d) della legge della Regione autonoma della Sardegna  n.
18 del 17 giugno 2025. 
    Con il ricorso notificato si depositeranno: 
        1. l'attestazione relativa alla  approvazione  da  parte  del
Consiglio dei ministri, nella riunione  del  giorno  4.8.2025,  della
determinazione di impugnare la legge  della  Regione  autonoma  della
Sardegna n. 18 del 17 giugno 2025; 
        2. la copia della legge regionale impugnata. 
    Con riserva di illustrare e sviluppare i motivi di ricorso  anche
alla luce delle difese avversarie. 
        Roma, 11 agosto 2025 
 
                  Il Vice avvocato generale: Mangia 
 
 
                   L'Avvocato dello Stato: Santini