Reg. Ric. n. 27 del 2025 n° parte 1
pubbl. su G.U. del 10/09/2025 n. 37
Ricorrente:Presidente del Consiglio dei ministri
Resistenti: Regione Siciliana
Oggetto:
Sanità pubblica – Impiego pubblico – Norme della Regione siciliana – Istituzione di aree funzionali per l'interruzione volontaria di gravidanza – Previsione che le aziende sanitarie e ospedaliere, nell'ambito delle ordinarie procedure selettive di reclutamento, dotano tali aree funzionali di idoneo personale non obiettore di coscienza – Previsione che qualora le aziende sanitarie e ospedaliere, per effetto della cessazione dei rapporti di lavoro o di successiva obiezione da parte del personale reclutato, rimangano prive di personale non obiettore, le stesse avviano procedure idonee a reintegrare le aree funzionali del personale non obiettore, nei limiti delle disponibilità delle piante organiche, entro 120 giorni dalla data della presentazione della dichiarazione di obiezione o della cessazione del rapporto di lavoro – Ricorso del Governo – Denunciata previsione di future procedure concorsuali riservate al personale non obiettore di coscienza – Esorbitanza dalle competenze statutarie – Contrasto con la normativa statale di riferimento – Violazione della competenza legislativa esclusiva statale nella materia dell’ordinamento civile – Violazione del principio di uguaglianza – Violazione del principio della parità di trattamento nell’accesso agli uffici pubblici, a fronte della esclusione discriminatoria dei candidati obiettori – Violazione del principio del pubblico concorso – Lesione del principio di ragionevolezza e di proporzionalità – Lesione del diritto inviolabile di obiezione di coscienza.
Norme impugnate:
legge della Regione siciliana del 05/06/2025 Num. 23 Art. 2 Co. 3
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 2 Co.
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 19 Co.
Costituzione Art. 21 Co.
Costituzione Art. 51 Co. 1
Costituzione Art. 97 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 2
decreto legislativo Art. 35 Co. 3
decreto del Presidente della Repubblica Art. 5 Co. 1
legge Art. 9 Co.
Statuto della Regione Siciliana Art. 17 Co.
Testo dell'ricorso
N. 27 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 07 agosto 2025 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 7 agosto 2025 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Sanita' pubblica - Impiego pubblico - Norme della Regione siciliana - Istituzione di aree funzionali per l'interruzione volontaria di gravidanza - Previsione che le aziende sanitarie e ospedaliere, nell'ambito delle ordinarie procedure selettive di reclutamento, dotano tali aree funzionali di idoneo personale non obiettore di coscienza - Previsione che qualora le aziende sanitarie e ospedaliere, per effetto della cessazione dei rapporti di lavoro o di successiva obiezione da parte del personale reclutato, rimangano prive di personale non obiettore, le stesse avviano procedure idonee a reintegrare le aree funzionali del personale non obiettore, nei limiti delle disponibilita' delle piante organiche, entro 120 giorni dalla data della presentazione della dichiarazione di obiezione o della cessazione del rapporto di lavoro. - Legge della Regione siciliana 5 giugno 2025, n. 23 (Norme in materia di sanita'), art. 2, comma 3. (GU n. 37 del 10-09-2025) Ricorso ai sensi dell'art. 127 Cost. del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, nei cui uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi, 12 - pec: roma@mailcert.avvocaturastato.it contro la Regione Siciliana, in persona del Presidente della Regione in carica per l'impugnazionedella legge della Regione Siciliana 5 giugno 2025, n. 23, pubblicata sul Supplemento ordinario n. 1 alla Gazzetta ufficiale della Regione Siciliana n. 26 del 13 giugno 2025, rubricata «Norme in materia di sanita'», in relazione al suo articolo 2, comma terzo. La disposizione impugnata. Nella seduta del 4 agosto 2025, il Consiglio dei ministri ha deliberato di impugnare la legge regionale della Sicilia n. 23 del 2025, in relazione al suo articolo 2, comma terzo. La legge regionale siciliana n. 23 del 2025 reca disposizioni varie in materia di sanita'. L'articolo 2 della legge regionale, rubricato «Aree funzionali per l'interruzione volontaria di gravidanza», stabilisce, al comma primo, che, ai fini dell'applicazione della legge 22 maggio 1978, n. 194 e successive modificazioni, le aziende sanitarie e ospedaliere del Servizio sanitario regionale istituiscano, laddove non siano gia' presenti, le aree funzionali dedicate all'interruzione volontaria di gravidanza («IVG») in seno alle Unita' operative complesse di ginecologia e ostetricia. Il comma secondo di tale articolo dispone che l'assessore regionale per la salute, con proprio decreto da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge regionale, definisca gli indirizzi relativi al funzionamento e all'organizzazione delle aree funzionali dedicate all'IVG. Nel primo periodo del comma terzo, il medesimo articolo 2 della legge regionale prevede che «[l]e Aziende sanitarie e ospedaliere, nell'ambito delle ordinarie procedure selettive di reclutamento gia' previste nei piani triennali dei fabbisogni di personale, dotano le aree funzionali di cui al comma 1 di idoneo personale non obiettore di coscienza». Nel periodo successivo, ultimo di tale comma terzo, l'articolo 2 della legge regionale stabilisce, infine, quanto segue: «Qualora le Aziende sanitarie e ospedaliere, per effetto della cessazione dei rapporti di lavoro o di successiva obiezione da parte del personale reclutato ai sensi del presente comma, rimangano prive di personale non obiettore, le stesse avviano procedure idonee a reintegrare le aree funzionali del personale non obiettore, nei limiti delle disponibilita' delle piante organiche, entro centoventi giorni dalla data della presentazione della dichiarazione di obiezione o della cessazione del rapporto di lavoro». Il quadro normativo di riferimento. La norma impugnata interferisce con ambiti materiali che, oltre ad essere evidentemente presidiati da precetti di rango costituzionale, sono regolati dalla legislazione statale, nell'esercizio della competenza esclusiva in materia di ordinamento civile, quali l'organizzazione dei servizi sanitari - nella misura in cui questi siano chiamati a garantire gli interventi dell'interruzione volontaria della gravidanza nei casi previsti dalla legge, alla luce del riconoscimento del diritto all'obiezione di coscienza - e la disciplina dell'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni. Con riferimento al primo di tali settori, viene in rilievo la legge 22 maggio 1978, n. 194, recante «Norme per la tutela sociale della maternita' e sull'interruzione volontaria della gravidanza». L'art. 9, comma primo, di tale legge stabilisce che il personale sanitario ed esercente le attivita' ausiliarie non e' tenuto a prendere parte agli interventi per l'interruzione della gravidanza, oltre che alle procedure ad essa preliminari, quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione. Tale dichiarazione deve essere comunicata entro un mese dal conseguimento dell'abilitazione o dall'assunzione presso un ente tenuto a fornire prestazioni dirette alla interruzione della gravidanza o dalla stipulazione di una convenzione con enti previdenziali che comporti l'esecuzione di tali prestazioni. Il successivo comma secondo prevede, tuttavia, che l'obiezione puo' sempre essere revocata o venire proposta anche al di fuori dei termini di cui al precedente comma, ancorche' con efficacia temporale differita. In base a un'opinione comunemente condivisa, al diritto di obiezione di coscienza deve attribuirsi rango costituzionale, sulla scorta di quanto affermato nella sentenza n. 467 del 1991, nella quale la Corte - in quel caso, con riguardo al servizio militare - ne ha riconosciuto la natura di diritto inviolabile dell'uomo, che trova fondamento nella liberta' di coscienza (1) e, segnatamente, negli articoli 2, 19 e 21 della Costituzione. (2) In ragione del riconoscimento del diritto all'obiezione di coscienza, il comma quarto dell'articolo 9 in esame stabilisce, quindi, che «[g]li enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l'espletamento delle procedure previste dall'art. 7 e l'effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalita' previste dagli articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla e garantisce l'attuazione anche attraverso la mobilita' del personale». Venendo al tema dell'accesso agli impieghi nella pubblica amministrazione, occorre prendere le mosse dalla consolidata giurisprudenza della Corte che, sul fondamento degli artt. 97, 51, comma primo e 3 della Costituzione, ha escluso la legittimita' costituzionale di procedure selettive riservate, che escludano o riducano irragionevolmente la possibilita' di accesso dall'esterno, violando il carattere pubblico del concorso (si veda la sentenza n. 227 del 2013 e le sentenze n. 293 del 2009 e nn. 100 e 225 del 2010, ivi richiamate) e che si risolvano in un privilegio indebito in favore delle persone appartenenti alla categoria cui e' riservato l'accesso all'impego pubblico in questione (si veda la sentenza n. 62 del 2012). In continuita' con tale consolidato orientamento si veda, tra le piu' recenti, la sentenza n. 227 del 2021, che ha ritenuto incostituzionale, in base ai parametri sopra richiamati, una disposizione di una legge regionale della Sardegna che, prevedendo un'ingiustificata deroga al principio costituzionale del pubblico concorso, vincolava un'amministrazione regionale a bandire una procedura concorsuale secondo modalita' tali da risolversi in una riserva integrale dei posti messi a concorso a favore di soggetti determinati (nella circostanza, i dipendenti di un ente privato). La Corte ha, ben vero, ammesso che eventuali restrizioni della platea dei soggetti legittimati a partecipare al concorso possano eccezionalmente considerarsi ragionevoli in presenza di «particolari situazioni, che possano giustificarle per una migliore garanzia del buon andamento dell'amministrazione» (cfr., per tutte, la sentenza n. 373 del 2002). Ogni eventuale, eccezionale, restrizione deve, tuttavia, superare un vaglio di ragionevolezza e proporzionalita', il quale implica che la restrizione medesima deve essere idonea a realizzare l'obiettivo di interesse pubblico perseguito e non deve andare oltre quanto necessario per garantirlo. Nel nostro caso, come si vedra' piu' diffusamente infra, la norma regionale impugnata non riesce a superare il test di ragionevolezza e proporzionalita', in entrambe le descritte direzioni. La disposizione non e' sufficiente a garantire lo scopo che si propone. Ed essa, nondimeno, va oltre quanto necessario per ottenerlo, poiche' le finalita' che si propone possono essere conseguite con mezzi meno lesivi di altri valori costituzionali o di situazioni giuridiche individuali riconosciute dalla Costituzione. Nel giudizio sulla ragionevolezza e proporzionalita' della norma, poi, deve necessariamente inserirsi anche il bilanciamento tra gli interessi che vengono in gioco e, in questo contesto, dovra' necessariamente tenersi conto del fatto che i principi costituzionali sacrificati dalla norma regionale non sono esclusivamente quelli che fondano la regola del pubblico concorso, ma anche - come si e' visto - quelli che presiedono al riconoscimento dell'obiezione di coscienza quale diritto inviolabile dell'uomo. Trascorrendo agli elementi di diritto positivo rinvenibili nella legislazione statale, il principio del pubblico concorso trova riscontro nel decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante «Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche», e, in particolare, nell'art. 35, comma 3, il quale stabilisce quanto segue: «3. Le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni si conformano ai seguenti principi: a) adeguata pubblicita' della selezione e modalita' di svolgimento che garantiscano l'imparzialita' e assicurino economicita' e celerita' di espletamento, ricorrendo, ove e' opportuno, all'ausilio di sistemi automatizzati, diretti anche a realizzare forme di preselezione; b) adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire; c) - e-bis) (...)». Il disfavore per i pubblici concorsi interamente riservati a particolari categorie e' ribadito dal «Regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalita' di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi» (decreto del Presidente della Repubblica 24 agosto 1994, n. 497), che all'art. 5, comma 1, stabilisce che «[n]ei pubblici concorsi, le riserve di posti in favore di particolari categorie di cittadini, comunque denominate, non possono complessivamente superare la meta' dei posti messi a concorso». Benche' tale regolamento non sia direttamente applicabile al reclutamento del personale del Servizio sanitario nazionale, e' evidente che il comma teste' trascritto recepisce ed enuncia un principio fondamentale della materia, che permea l'intera legislazione statale. La Corte ha, del resto, ripetutamente chiarito che le disposizioni contenute nell'art. 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e del Regolamento sull'accesso agli impieghi «esprimono il carattere indefettibile del pubblico concorso, che ritrova nella natura aperta della procedura selettiva, in piu' occasioni ribadita [dalla] Corte (ex plurimis, sentenze n. 95 del 2021, n. 227 del 2013, n. 299 del 2011, n. 225 del 2010 e n. 293 del 2009), un suo elemento essenziale» (cosi' la sentenza n. 140 del 2023, punto 7.1 della motivazione in diritto). La disposizione della legge regionale impugnata e' illegittima per i seguenti. Motivi 1) In relazione all'art. 117, comma secondo, lettera l), Cost. violazione della potesta' legislativa esclusiva dello Stato nella materia dell'«ordinamento civile». Violazione dell'art. 17 della legge costituzionale n. 2 del 1948 («Statuto della Regione Siciliana»). Si e' visto che l'art. 2, comma 3, della legge della Regione Siciliana n. 23 del 2025 prescrive alle aziende sanitarie e ospedaliere di dotare le aree dedicate all'interruzione volontaria di gravidanza di personale non obiettore di coscienza e che tali enti - al ricorrere delle condizioni previste dal medesimo comma - debbano avviano procedure idonee a reintegrare le aree funzionali di medici e altro personale sanitarie non obiettore. In altri termini - e cosi' evidentemente esorbitando dalle competenze statutarie della Regione Siciliana - la norma censurata finisce per prefigurare future procedure concorsuali riservate al personale non obiettore di coscienza, interferendo, in modo costituzionalmente non consentito, sui requisiti di accesso agli impieghi pubblici. Ne risulta, conseguentemente, violato l'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, che attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la disciplina della materia dell'ordinamento civile, cui appartiene la definizione delle procedure e dei requisiti di accesso agli impieghi della pubblica amministrazione (si confronti, al riguardo, la sentenza n. 255 del 2022), al pari dell'art. 17 dello Statuto della Regione Siciliana, che richiama «i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato». La norma viola, in particolare, il parametro interposto dell'articolo 35, comma 3, lett. b), del decreto legislativo n. 165 del 2001, nonche' quello dell'articolo 5, comma 1, del decreto del Presidente della Republica 9 maggio 1994, n. 487, in tema di riserve nei concorsi, nella misura in cui, come gia' condiviso dalla Corte nella citata sentenza n. 140 del 2023 e nella giurisprudenza ivi richiamata, questo codifica un principio fondamentale della materia dell'accesso ai pubblici impieghi (e delle disposizioni settoriali per l'accesso alle professioni sanitarie). Parimenti violato e' il parametro interposto costituito dall'art. 9 della legge n. 194 del 1978, visto che questo non prevede eccezioni ai descritti principi generali in materia di accesso agli impieghi pubblici, tanto meno l'indizione di concorsi riservati al personale non obiettore, quale mezzo per assicurare l'effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza e le procedure ad essi preliminari, ma rinvia a modalita' diverse, quali le procedure di mobilita' del personale. Si e' visto, infatti, che il plesso normativo statale non impone alle regioni di garantire la presenza nei ruoli sanitari di personale non obiettore, ma l'obbligo «di assicurare l'espletamento degli interventi interruttivi richiesti». Tale obbligo puo' essere assolto anche attraverso diverse forme di rapporto con la pubblica amministrazione, che vanno dalla mobilita' temporanea, all'utilizzo di forme di lavoro flessibile. In ogni caso, anche nella denegata ipotesi in cui volesse immaginarsi per un attimo - la necessita' di derogare ai principi suddetti mediante una limitazione nell'accesso ai concorsi, tale restrizione dovrebbe trovare la propria fonte giustificatrice in una norma di legge statale, che solo potrebbe giustificare le limitazioni de quibus purche' ricollegabili a esigenze obiettive e comunque volte a escludere trattamenti differenziati (il diritto vivente appare consolidato in tale senso, fin da Tar Liguria, sentenza 3 luglio 1980, 396). Non v'e', infatti, chi non veda come la ricerca di un tale delicato punto di equilibrio spetti in via esclusiva al legislatore statale in quanto in condizione di compiere una valutazione globale e omnicomprensiva dei molteplici interessi rilevanti e, quindi, in grado di assicurare l'effettivita' e la continuita' del servizio esame in termini uniformi sull'intero territorio nazionale. 2) Violazione degli artt. 3, 51, comma primo, e 97 della Costituzione. Il vizio sopra denunciato e' assorbente e si ritiene possa rendere superfluo l'esame delle ulteriori censure che si vanno a proporre. In ogni caso, la norma in esame, nella misura in cui incide negativamente sulla possibilita' di tutti i potenziali aspiranti di partecipare alle procedure concorsuali, viola, altresi', il disposto di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione, oltre che il principio della parita' di accesso agli uffici pubblici enunciato nell'art. 51, comma primo, Cost.. La prospettata formula concorsuale «riservata», infatti, lede il principio fondamentale di eguaglianza, nella misura in cui esclude determinate categorie di soggetti in ragione delle loro convinzioni personali e morali. Ancorche' la disciplina regionale non preveda espressamente una procedura selettiva riservata ai soli obiettori, una tale riserva risulta giocoforza imposta dalla circostanza che la procedura e' avviata per la sola selezione di personale da dedicare al servizio di interruzione volontaria della gravidanza (sub specie «di idoneo personale non obiettore di coscienza») e, per cio' stesso, lede la liberta' di accedere al concorso da parte di chi ritenga tale pratica inconciliabile con le ragioni della propria coscienza, risolvendosi in un'esclusione discriminatoria dei candidati obiettori. In altre parole, il pregiudizio ai suddetti valori costituzionali - di per se' indotto dalla previsione di concorsi riservati a particolari categorie - e' aggravato dalla circostanza che i requisiti sui quali si fonda la selezione degli ammessi al concorso attiene ad aspetti che coinvolgono scelte fondamentali di coscienza, che - oltre a non poter essere oggettivamente verificati all'atto della partecipazione al concorso - non riguardano ne' le competenze professionali, ne' il merito. Individuare in tali aspetti il requisito per l'accesso al pubblico impiego realizza, quindi, una palese discriminazione fondata sulle convinzioni personali di natura etico - morale. E, per altro verso, tale restrizione della platea dei partecipanti - fondata, come detto, su caratteristiche diverse da quelle professionali e di merito - induce, di per se', un vulnus al buon andamento della pubblica amministrazione, poiche' nega la massima partecipazione e preclude, di conseguenza, una selezione ottimale delle risorse umane. Lungi dal rappresentare un'equilibrata soluzione per il contemperamento dei contrapposti interessi in gioco, la misura legislativa regionale si dimostra, poi, irragionevole e sproporzionata. Si e' visto, infatti, che la legge n. 194 del 1978 riconosce che il diritto all'obiezione di coscienza per il personale sanitario puo' essere esercitato in qualsiasi momento. Ne', tale legge, potrebbe prevedere qualcosa di diverso, stante la natura di incomprimibile diritto fondamentale, di rango costituzionale, del diritto di obiezione di coscienza. Non e', dunque, in alcun modo evitabile che coloro che risulteranno vincitori delle selezioni pubbliche prefigurate dalla legge regionale in esame possano dichiararsi obiettori in un momento successivo all'assunzione. Il che ben potrebbe verificarsi - anche indipendentemente da ogni dolosa preordinazione al momento della partecipazione al concorso - in ragione del fatto che si tratta di scelte di coscienza che possono maturare o mutare nel tempo (in relazione alla formazione individuale, spirituale ed esperienziale dell'individuo). Tanto meno il contratto di lavoro potrebbe impedire al medico di manifestare l'obiezione di coscienza o prevedere la risoluzione del rapporto in caso di obiezione sopravvenuta. Ne consegue che il ricorso a procedure selettive come quelle delineate dalla legge in esame, nonostante l'arrecato pregiudizio a valori costituzionali, non sarebbe comunque risolutivo nel garantire il risultato che il legislatore regionale si prefigge. Oltre che sproporzionata, per cosi' dire, «per difetto», la norma lede il principio di proporzionalita' anche per eccesso, andando oltre quanto necessario per assicurare i servizi sanitari che attengono all'effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza all'espletamento delle connesse procedure, come richiesto dall'art. 9, comma quarto, della legge n. 194 del 1978. Risulta, infatti, del tutto indimostrato che l'obiettivo che la legge regionale si propone non possa essere conseguito con misure meno lesive di valori costituzionali - segnatamente, il principio del pubblico concorso e il diritto inviolabile di obiezione di coscienza - quali, come gia' rilevato, le procedure di mobilita' (cui allude il citato art. 9, comma quarto, citato) o il ricorso a forme di lavoro flessibile. 3) Violazione degli artt. 2, 19 e 21 della Costituzione. La norma impugnata viola, altresi', le norme in rubrica, gia' per il fatto di realizzare una discriminazione fondata sulle convinzioni personali e di coscienza. Ma essa le viola anche nel momento in cui pone in insanabile conflitto la liberta' di coscienza - che tali norme tutelano, riconoscendo il diritto di obiezione quale diritto fondamentale - e il diritto al lavoro, garantito dall'art. 4 della Costituzione. Ammettere che si diano procedure concorsuali riservate ai medici e al personale sanitario non obiettore di coscienza vorrebbe dire, infatti, porre degli individui dinnanzi alla alternativa - per certi versi drammatica - di dover privilegiare le proprie necessita' e aspirazioni personali e di vita rispetto alle ragioni della propria coscienza, minando la relativa liberta', tutelata dal combinato disposto dei richiamati articoli della Costituzione. Cio' tanto piu' ove si consideri che - anche a voler ipotizzare che il diritto inviolabile in questione sia in certa misura bilanciabile con altri interessi di rango costituzionale - la norma regionale impugnata, come piu' volte evidenziato, individua un punto di equilibrio del tutto irragionevole, dimostrandosi inadeguata al conseguimento di quegli interessi e sproporzionata, nella misura in cui quei medesimi interessi possono essere conseguiti con mezzi meno invasivi delle liberta' degli individui. Anche per tali ragioni, pertanto, la disposizione di legge regionale impugnata deve essere annullata. (1) Si veda, in tal senso, la sentenza n. 43 del 1997, secondo la quale gli «artt. 2, 3, 19 e 21, primo comma, della Costituzione (...), come riconosciuto dalla giurisprudenza di questa Corte (sentenze nn. 196 del 1987 e 467 del 1991), contengono un insieme di elementi normativi convergenti nella configurazione unitaria di un principio di protezione dei cosiddetti diritti della coscienza» (punto 5 della motivazione in diritto). (2) Nello stesso senso, sempre in tema di obiezione di coscienza rispetto al servizio militare, si vedano, per tutte, Corte europea dei diritti dell'Uomo, 7 luglio 2011, Bayatyan c. Armenia e 7 giugno 2016, Ydemir c. Turchia, che fanno applicazione dell'art. 9 della Convenzione («Liberta' di pensiero, di coscienza e di religione»). Il diritto all'obiezione di coscienza e', del resto, riconosciuto come diritto fondamentale dalla generalita' delle nazioni civili, sovente in forma espressa nelle Carte costituzionali: cfr., ad esempio, i Paesi Bassi all'art. 99 della propria Costituzione, l'Austria all'art. 9, comma terzo, la Spagna all'art. 30, commi secondo e terzo, il Portogallo all'art. 41 comma quinto. P.Q.M. Alla stregua di quanto precede si confida che codesta Ecc.ma Corte vorra' dichiarare l'illegittimita' dell'articolo 2, comma terzo, legge della Regione Siciliana 5 giugno 2025, n. 23. Con l'originale notificato del ricorso si depositera' l'estratto della delibera del Consiglio dei ministri del 4 luglio 2025. Roma, 7 luglio 2025 L'Avvocato dello Stato: Fiorentino