Reg. Ric. n. 27 del 2025 n° parte 1
pubbl. su G.U. del 10/09/2025 n. 37
Ricorrente:Presidente del Consiglio dei ministri
Resistenti: Regione Siciliana
Oggetto:
Sanità pubblica – Impiego pubblico – Norme della Regione siciliana – Istituzione di aree funzionali per l'interruzione volontaria di gravidanza – Previsione che le aziende sanitarie e ospedaliere, nell'ambito delle ordinarie procedure selettive di reclutamento, dotano tali aree funzionali di idoneo personale non obiettore di coscienza – Previsione che qualora le aziende sanitarie e ospedaliere, per effetto della cessazione dei rapporti di lavoro o di successiva obiezione da parte del personale reclutato, rimangano prive di personale non obiettore, le stesse avviano procedure idonee a reintegrare le aree funzionali del personale non obiettore, nei limiti delle disponibilità delle piante organiche, entro 120 giorni dalla data della presentazione della dichiarazione di obiezione o della cessazione del rapporto di lavoro – Ricorso del Governo – Denunciata previsione di future procedure concorsuali riservate al personale non obiettore di coscienza – Esorbitanza dalle competenze statutarie – Contrasto con la normativa statale di riferimento – Violazione della competenza legislativa esclusiva statale nella materia dell’ordinamento civile – Violazione del principio di uguaglianza – Violazione del principio della parità di trattamento nell’accesso agli uffici pubblici, a fronte della esclusione discriminatoria dei candidati obiettori – Violazione del principio del pubblico concorso – Lesione del principio di ragionevolezza e di proporzionalità – Lesione del diritto inviolabile di obiezione di coscienza.
Norme impugnate:
legge della Regione siciliana del 05/06/2025 Num. 23 Art. 2 Co. 3
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 2 Co.
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 19 Co.
Costituzione Art. 21 Co.
Costituzione Art. 51 Co. 1
Costituzione Art. 97 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 2
decreto legislativo Art. 35 Co. 3
decreto del Presidente della Repubblica Art. 5 Co. 1
legge Art. 9 Co.
Statuto della Regione Siciliana Art. 17 Co.
Udienza Pubblica del 10/02/2026 rel. ANTONINI
Testo dell'ricorso
N. 27 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 07 agosto 2025
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 7 agosto 2025 (del Presidente del Consiglio dei
ministri).
Sanita' pubblica - Impiego pubblico - Norme della Regione siciliana -
Istituzione di aree funzionali per l'interruzione volontaria di
gravidanza - Previsione che le aziende sanitarie e ospedaliere,
nell'ambito delle ordinarie procedure selettive di reclutamento,
dotano tali aree funzionali di idoneo personale non obiettore di
coscienza - Previsione che qualora le aziende sanitarie e
ospedaliere, per effetto della cessazione dei rapporti di lavoro o
di successiva obiezione da parte del personale reclutato, rimangano
prive di personale non obiettore, le stesse avviano procedure
idonee a reintegrare le aree funzionali del personale non
obiettore, nei limiti delle disponibilita' delle piante organiche,
entro 120 giorni dalla data della presentazione della dichiarazione
di obiezione o della cessazione del rapporto di lavoro.
- Legge della Regione siciliana 5 giugno 2025, n. 23 (Norme in
materia di sanita'), art. 2, comma 3.
(GU n. 37 del 10-09-2025)
Ricorso ai sensi dell'art. 127 Cost. del Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, nei cui uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi, 12 -
pec: roma@mailcert.avvocaturastato.it contro la Regione Siciliana, in
persona del Presidente della Regione in carica per
l'impugnazionedella legge della Regione Siciliana 5 giugno 2025, n.
23, pubblicata sul Supplemento ordinario n. 1 alla Gazzetta ufficiale
della Regione Siciliana n. 26 del 13 giugno 2025, rubricata «Norme in
materia di sanita'», in relazione al suo articolo 2, comma terzo.
La disposizione impugnata.
Nella seduta del 4 agosto 2025, il Consiglio dei ministri ha
deliberato di impugnare la legge regionale della Sicilia n. 23 del
2025, in relazione al suo articolo 2, comma terzo.
La legge regionale siciliana n. 23 del 2025 reca disposizioni
varie in materia di sanita'.
L'articolo 2 della legge regionale, rubricato «Aree funzionali
per l'interruzione volontaria di gravidanza», stabilisce, al comma
primo, che, ai fini dell'applicazione della legge 22 maggio 1978, n.
194 e successive modificazioni, le aziende sanitarie e ospedaliere
del Servizio sanitario regionale istituiscano, laddove non siano gia'
presenti, le aree funzionali dedicate all'interruzione volontaria di
gravidanza («IVG») in seno alle Unita' operative complesse di
ginecologia e ostetricia.
Il comma secondo di tale articolo dispone che l'assessore
regionale per la salute, con proprio decreto da emanarsi
entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge
regionale, definisca gli indirizzi relativi al funzionamento e
all'organizzazione delle aree funzionali dedicate all'IVG.
Nel primo periodo del comma terzo, il medesimo articolo 2 della
legge regionale prevede che «[l]e Aziende sanitarie e ospedaliere,
nell'ambito delle ordinarie procedure selettive di reclutamento gia'
previste nei piani triennali dei fabbisogni di personale, dotano le
aree funzionali di cui al comma 1 di idoneo personale non obiettore
di coscienza».
Nel periodo successivo, ultimo di tale comma terzo, l'articolo 2
della legge regionale stabilisce, infine, quanto segue:
«Qualora le Aziende sanitarie e ospedaliere, per effetto della
cessazione dei rapporti di lavoro o di successiva obiezione da parte
del personale reclutato ai sensi del presente comma, rimangano prive
di personale non obiettore, le stesse avviano procedure idonee a
reintegrare le aree funzionali del personale non obiettore, nei
limiti delle disponibilita' delle piante organiche, entro centoventi
giorni dalla data della presentazione della dichiarazione di
obiezione o della cessazione del rapporto di lavoro».
Il quadro normativo di riferimento.
La norma impugnata interferisce con ambiti materiali che, oltre
ad essere evidentemente presidiati da precetti di rango
costituzionale, sono regolati dalla legislazione statale,
nell'esercizio della competenza esclusiva in materia di ordinamento
civile, quali l'organizzazione dei servizi sanitari - nella misura in
cui questi siano chiamati a garantire gli interventi
dell'interruzione volontaria della gravidanza nei casi previsti dalla
legge, alla luce del riconoscimento del diritto all'obiezione di
coscienza - e la disciplina dell'accesso agli impieghi nelle
pubbliche amministrazioni.
Con riferimento al primo di tali settori, viene in rilievo la
legge 22 maggio 1978, n. 194, recante «Norme per la tutela sociale
della maternita' e sull'interruzione volontaria della gravidanza».
L'art. 9, comma primo, di tale legge stabilisce che il personale
sanitario ed esercente le attivita' ausiliarie non e' tenuto a
prendere parte agli interventi per l'interruzione della gravidanza,
oltre che alle procedure ad essa preliminari, quando sollevi
obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione. Tale
dichiarazione deve essere comunicata entro un mese dal conseguimento
dell'abilitazione o dall'assunzione presso un ente tenuto a fornire
prestazioni dirette alla interruzione della gravidanza o dalla
stipulazione di una convenzione con enti previdenziali che comporti
l'esecuzione di tali prestazioni.
Il successivo comma secondo prevede, tuttavia, che l'obiezione
puo' sempre essere revocata o venire proposta anche al di fuori dei
termini di cui al precedente comma, ancorche' con efficacia temporale
differita.
In base a un'opinione comunemente condivisa, al diritto di
obiezione di coscienza deve attribuirsi rango costituzionale, sulla
scorta di quanto affermato nella sentenza n. 467 del 1991, nella
quale la Corte - in quel caso, con riguardo al servizio militare - ne
ha riconosciuto la natura di diritto inviolabile dell'uomo, che trova
fondamento nella liberta' di coscienza (1) e, segnatamente, negli
articoli 2, 19 e 21 della Costituzione. (2)
In ragione del riconoscimento del diritto all'obiezione di
coscienza, il comma quarto dell'articolo 9 in esame stabilisce,
quindi, che «[g]li enti ospedalieri e le case di cura autorizzate
sono tenuti in ogni caso ad assicurare l'espletamento delle procedure
previste dall'art. 7 e l'effettuazione degli interventi di
interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalita' previste
dagli articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla e garantisce
l'attuazione anche attraverso la mobilita' del personale».
Venendo al tema dell'accesso agli impieghi nella pubblica
amministrazione, occorre prendere le mosse dalla consolidata
giurisprudenza della Corte che, sul fondamento degli artt. 97, 51,
comma primo e 3 della Costituzione, ha escluso la legittimita'
costituzionale di procedure selettive riservate, che escludano o
riducano irragionevolmente la possibilita' di accesso dall'esterno,
violando il carattere pubblico del concorso (si veda la sentenza n.
227 del 2013 e le sentenze n. 293 del 2009 e nn. 100 e 225 del 2010,
ivi richiamate) e che si risolvano in un privilegio indebito in
favore delle persone appartenenti alla categoria cui e' riservato
l'accesso all'impego pubblico in questione (si veda la sentenza n. 62
del 2012).
In continuita' con tale consolidato orientamento si veda, tra le
piu' recenti, la sentenza n. 227 del 2021, che ha ritenuto
incostituzionale, in base ai parametri sopra richiamati, una
disposizione di una legge regionale della Sardegna che, prevedendo
un'ingiustificata deroga al principio costituzionale del pubblico
concorso, vincolava un'amministrazione regionale a bandire una
procedura concorsuale secondo modalita' tali da risolversi in una
riserva integrale dei posti messi a concorso a favore di soggetti
determinati (nella circostanza, i dipendenti di un ente privato).
La Corte ha, ben vero, ammesso che eventuali restrizioni della
platea dei soggetti legittimati a partecipare al concorso possano
eccezionalmente considerarsi ragionevoli in presenza di «particolari
situazioni, che possano giustificarle per una migliore garanzia del
buon andamento dell'amministrazione» (cfr., per tutte, la sentenza n.
373 del 2002).
Ogni eventuale, eccezionale, restrizione deve, tuttavia, superare
un vaglio di ragionevolezza e proporzionalita', il quale implica che
la restrizione medesima deve essere idonea a realizzare l'obiettivo
di interesse pubblico perseguito e non deve andare oltre quanto
necessario per garantirlo.
Nel nostro caso, come si vedra' piu' diffusamente infra, la norma
regionale impugnata non riesce a superare il test di ragionevolezza e
proporzionalita', in entrambe le descritte direzioni. La disposizione
non e' sufficiente a garantire lo scopo che si propone. Ed essa,
nondimeno, va oltre quanto necessario per ottenerlo, poiche' le
finalita' che si propone possono essere conseguite con mezzi meno
lesivi di altri valori costituzionali o di situazioni giuridiche
individuali riconosciute dalla Costituzione.
Nel giudizio sulla ragionevolezza e proporzionalita' della norma,
poi, deve necessariamente inserirsi anche il bilanciamento tra gli
interessi che vengono in gioco e, in questo contesto, dovra'
necessariamente tenersi conto del fatto che i principi costituzionali
sacrificati dalla norma regionale non sono esclusivamente quelli che
fondano la regola del pubblico concorso, ma anche - come si e' visto
- quelli che presiedono al riconoscimento dell'obiezione di coscienza
quale diritto inviolabile dell'uomo.
Trascorrendo agli elementi di diritto positivo rinvenibili nella
legislazione statale, il principio del pubblico concorso trova
riscontro nel decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante
«Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche», e, in particolare, nell'art. 35, comma 3,
il quale stabilisce quanto segue:
«3. Le procedure di reclutamento nelle pubbliche
amministrazioni si conformano ai seguenti principi:
a) adeguata pubblicita' della selezione e modalita' di
svolgimento che garantiscano l'imparzialita' e assicurino
economicita' e celerita' di espletamento, ricorrendo, ove e'
opportuno, all'ausilio di sistemi automatizzati, diretti anche a
realizzare forme di preselezione;
b) adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a
verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali
richiesti in relazione alla posizione da ricoprire;
c) - e-bis) (...)».
Il disfavore per i pubblici concorsi interamente riservati a
particolari categorie e' ribadito dal «Regolamento recante norme
sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le
modalita' di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle
altre forme di assunzione nei pubblici impieghi» (decreto del
Presidente della Repubblica 24 agosto 1994, n. 497), che all'art. 5,
comma 1, stabilisce che «[n]ei pubblici concorsi, le riserve di posti
in favore di particolari categorie di cittadini, comunque denominate,
non possono complessivamente superare la meta' dei posti messi a
concorso». Benche' tale regolamento non sia direttamente applicabile
al reclutamento del personale del Servizio sanitario nazionale, e'
evidente che il comma teste' trascritto recepisce ed enuncia un
principio fondamentale della materia, che permea l'intera
legislazione statale.
La Corte ha, del resto, ripetutamente chiarito che le
disposizioni contenute nell'art. 35 del decreto legislativo n. 165
del 2001 e del Regolamento sull'accesso agli impieghi «esprimono il
carattere indefettibile del pubblico concorso, che ritrova nella
natura aperta della procedura selettiva, in piu' occasioni ribadita
[dalla] Corte (ex plurimis, sentenze n. 95 del 2021, n. 227 del 2013,
n. 299 del 2011, n. 225 del 2010 e n. 293 del 2009), un suo elemento
essenziale» (cosi' la sentenza n. 140 del 2023, punto 7.1 della
motivazione in diritto).
La disposizione della legge regionale impugnata e' illegittima
per i seguenti.
Motivi
1) In relazione all'art. 117, comma secondo, lettera l), Cost.
violazione della potesta' legislativa esclusiva dello Stato nella
materia dell'«ordinamento civile». Violazione dell'art. 17 della
legge costituzionale n. 2 del 1948 («Statuto della Regione
Siciliana»).
Si e' visto che l'art. 2, comma 3, della legge della Regione
Siciliana n. 23 del 2025 prescrive alle aziende sanitarie e
ospedaliere di dotare le aree dedicate all'interruzione volontaria di
gravidanza di personale non obiettore di coscienza e che tali enti -
al ricorrere delle condizioni previste dal medesimo comma - debbano
avviano procedure idonee a reintegrare le aree funzionali di medici e
altro personale sanitarie non obiettore.
In altri termini - e cosi' evidentemente esorbitando dalle
competenze statutarie della Regione Siciliana - la norma censurata
finisce per prefigurare future procedure concorsuali riservate al
personale non obiettore di coscienza, interferendo, in modo
costituzionalmente non consentito, sui requisiti di accesso agli
impieghi pubblici.
Ne risulta, conseguentemente, violato l'art. 117, secondo comma,
lettera l), della Costituzione, che attribuisce alla competenza
legislativa esclusiva dello Stato la disciplina della materia
dell'ordinamento civile, cui appartiene la definizione delle
procedure e dei requisiti di accesso agli impieghi della pubblica
amministrazione (si confronti, al riguardo, la sentenza n. 255 del
2022), al pari dell'art. 17 dello Statuto della Regione Siciliana,
che richiama «i limiti dei principi ed interessi generali cui si
informa la legislazione dello Stato».
La norma viola, in particolare, il parametro interposto
dell'articolo 35, comma 3, lett. b), del decreto legislativo n. 165
del 2001, nonche' quello dell'articolo 5, comma 1, del decreto del
Presidente della Republica 9 maggio 1994, n. 487, in tema di riserve
nei concorsi, nella misura in cui, come gia' condiviso dalla Corte
nella citata sentenza n. 140 del 2023 e nella giurisprudenza ivi
richiamata, questo codifica un principio fondamentale della materia
dell'accesso ai pubblici impieghi (e delle disposizioni settoriali
per l'accesso alle professioni sanitarie).
Parimenti violato e' il parametro interposto costituito dall'art.
9 della legge n. 194 del 1978, visto che questo non prevede eccezioni
ai descritti principi generali in materia di accesso agli impieghi
pubblici, tanto meno l'indizione di concorsi riservati al personale
non obiettore, quale mezzo per assicurare l'effettuazione degli
interventi di interruzione della gravidanza e le procedure ad essi
preliminari, ma rinvia a modalita' diverse, quali le procedure di
mobilita' del personale.
Si e' visto, infatti, che il plesso normativo statale non impone
alle regioni di garantire la presenza nei ruoli sanitari di personale
non obiettore, ma l'obbligo «di assicurare l'espletamento degli
interventi interruttivi richiesti».
Tale obbligo puo' essere assolto anche attraverso diverse forme
di rapporto con la pubblica amministrazione, che vanno dalla
mobilita' temporanea, all'utilizzo di forme di lavoro flessibile.
In ogni caso, anche nella denegata ipotesi in cui volesse
immaginarsi per un attimo - la necessita' di derogare ai principi
suddetti mediante una limitazione nell'accesso ai concorsi, tale
restrizione dovrebbe trovare la propria fonte giustificatrice in una
norma di legge statale, che solo potrebbe giustificare le limitazioni
de quibus purche' ricollegabili a esigenze obiettive e comunque volte
a escludere trattamenti differenziati (il diritto vivente appare
consolidato in tale senso, fin da Tar Liguria, sentenza 3 luglio
1980, 396).
Non v'e', infatti, chi non veda come la ricerca di un tale
delicato punto di equilibrio spetti in via esclusiva al legislatore
statale in quanto in condizione di compiere una valutazione globale e
omnicomprensiva dei molteplici interessi rilevanti e, quindi, in
grado di assicurare l'effettivita' e la continuita' del servizio
esame in termini uniformi sull'intero territorio nazionale.
2) Violazione degli artt. 3, 51, comma primo, e 97 della
Costituzione.
Il vizio sopra denunciato e' assorbente e si ritiene possa
rendere superfluo l'esame delle ulteriori censure che si vanno a
proporre.
In ogni caso, la norma in esame, nella misura in cui incide
negativamente sulla possibilita' di tutti i potenziali aspiranti di
partecipare alle procedure concorsuali, viola, altresi', il disposto
di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione, oltre che il
principio della parita' di accesso agli uffici pubblici enunciato
nell'art. 51, comma primo, Cost..
La prospettata formula concorsuale «riservata», infatti, lede il
principio fondamentale di eguaglianza, nella misura in cui esclude
determinate categorie di soggetti in ragione delle loro convinzioni
personali e morali. Ancorche' la disciplina regionale non preveda
espressamente una procedura selettiva riservata ai soli obiettori,
una tale riserva risulta giocoforza imposta dalla circostanza che la
procedura e' avviata per la sola selezione di personale da dedicare
al servizio di interruzione volontaria della gravidanza (sub specie
«di idoneo personale non obiettore di coscienza») e, per cio' stesso,
lede la liberta' di accedere al concorso da parte di chi ritenga tale
pratica inconciliabile con le ragioni della propria coscienza,
risolvendosi in un'esclusione discriminatoria dei candidati
obiettori.
In altre parole, il pregiudizio ai suddetti valori costituzionali
- di per se' indotto dalla previsione di concorsi riservati a
particolari categorie - e' aggravato dalla circostanza che i
requisiti sui quali si fonda la selezione degli ammessi al concorso
attiene ad aspetti che coinvolgono scelte fondamentali di coscienza,
che - oltre a non poter essere oggettivamente verificati all'atto
della partecipazione al concorso - non riguardano ne' le competenze
professionali, ne' il merito. Individuare in tali aspetti il
requisito per l'accesso al pubblico impiego realizza, quindi, una
palese discriminazione fondata sulle convinzioni personali di natura
etico - morale.
E, per altro verso, tale restrizione della platea dei
partecipanti - fondata, come detto, su caratteristiche diverse da
quelle professionali e di merito - induce, di per se', un vulnus al
buon andamento della pubblica amministrazione, poiche' nega la
massima partecipazione e preclude, di conseguenza, una selezione
ottimale delle risorse umane.
Lungi dal rappresentare un'equilibrata soluzione per il
contemperamento dei contrapposti interessi in gioco, la misura
legislativa regionale si dimostra, poi, irragionevole e
sproporzionata.
Si e' visto, infatti, che la legge n. 194 del 1978 riconosce che
il diritto all'obiezione di coscienza per il personale sanitario puo'
essere esercitato in qualsiasi momento. Ne', tale legge, potrebbe
prevedere qualcosa di diverso, stante la natura di incomprimibile
diritto fondamentale, di rango costituzionale, del diritto di
obiezione di coscienza.
Non e', dunque, in alcun modo evitabile che coloro che
risulteranno vincitori delle selezioni pubbliche prefigurate dalla
legge regionale in esame possano dichiararsi obiettori in un momento
successivo all'assunzione. Il che ben potrebbe verificarsi - anche
indipendentemente da ogni dolosa preordinazione al momento della
partecipazione al concorso - in ragione del fatto che si tratta di
scelte di coscienza che possono maturare o mutare nel tempo (in
relazione alla formazione individuale, spirituale ed esperienziale
dell'individuo).
Tanto meno il contratto di lavoro potrebbe impedire al medico di
manifestare l'obiezione di coscienza o prevedere la risoluzione del
rapporto in caso di obiezione sopravvenuta.
Ne consegue che il ricorso a procedure selettive come quelle
delineate dalla legge in esame, nonostante l'arrecato pregiudizio a
valori costituzionali, non sarebbe comunque risolutivo nel garantire
il risultato che il legislatore regionale si prefigge.
Oltre che sproporzionata, per cosi' dire, «per difetto», la norma
lede il principio di proporzionalita' anche per eccesso, andando
oltre quanto necessario per assicurare i servizi sanitari che
attengono all'effettuazione degli interventi di interruzione della
gravidanza all'espletamento delle connesse procedure, come richiesto
dall'art. 9, comma quarto, della legge n. 194 del 1978.
Risulta, infatti, del tutto indimostrato che l'obiettivo che la
legge regionale si propone non possa essere conseguito con misure
meno lesive di valori costituzionali - segnatamente, il principio del
pubblico concorso e il diritto inviolabile di obiezione di coscienza
- quali, come gia' rilevato, le procedure di mobilita' (cui allude il
citato art. 9, comma quarto, citato) o il ricorso a forme di lavoro
flessibile.
3) Violazione degli artt. 2, 19 e 21 della Costituzione.
La norma impugnata viola, altresi', le norme in rubrica, gia' per
il fatto di realizzare una discriminazione fondata sulle convinzioni
personali e di coscienza.
Ma essa le viola anche nel momento in cui pone in insanabile
conflitto la liberta' di coscienza - che tali norme tutelano,
riconoscendo il diritto di obiezione quale diritto fondamentale - e
il diritto al lavoro, garantito dall'art. 4 della Costituzione.
Ammettere che si diano procedure concorsuali riservate ai medici
e al personale sanitario non obiettore di coscienza vorrebbe dire,
infatti, porre degli individui dinnanzi alla alternativa - per certi
versi drammatica - di dover privilegiare le proprie necessita' e
aspirazioni personali e di vita rispetto alle ragioni della propria
coscienza, minando la relativa liberta', tutelata dal combinato
disposto dei richiamati articoli della Costituzione.
Cio' tanto piu' ove si consideri che - anche a voler ipotizzare
che il diritto inviolabile in questione sia in certa misura
bilanciabile con altri interessi di rango costituzionale - la norma
regionale impugnata, come piu' volte evidenziato, individua un punto
di equilibrio del tutto irragionevole, dimostrandosi inadeguata al
conseguimento di quegli interessi e sproporzionata, nella misura in
cui quei medesimi interessi possono essere conseguiti con mezzi meno
invasivi delle liberta' degli individui.
Anche per tali ragioni, pertanto, la disposizione di legge
regionale impugnata deve essere annullata.
(1) Si veda, in tal senso, la sentenza n. 43 del 1997, secondo la
quale gli «artt. 2, 3, 19 e 21, primo comma, della Costituzione
(...), come riconosciuto dalla giurisprudenza di questa Corte
(sentenze nn. 196 del 1987 e 467 del 1991), contengono un insieme
di elementi normativi convergenti nella configurazione unitaria
di un principio di protezione dei cosiddetti diritti della
coscienza» (punto 5 della motivazione in diritto).
(2) Nello stesso senso, sempre in tema di obiezione di coscienza
rispetto al servizio militare, si vedano, per tutte, Corte
europea dei diritti dell'Uomo, 7 luglio 2011, Bayatyan c. Armenia
e 7 giugno 2016, Ydemir c. Turchia, che fanno applicazione
dell'art. 9 della Convenzione («Liberta' di pensiero, di
coscienza e di religione»). Il diritto all'obiezione di coscienza
e', del resto, riconosciuto come diritto fondamentale dalla
generalita' delle nazioni civili, sovente in forma espressa nelle
Carte costituzionali: cfr., ad esempio, i Paesi Bassi all'art. 99
della propria Costituzione, l'Austria all'art. 9, comma terzo, la
Spagna all'art. 30, commi secondo e terzo, il Portogallo all'art.
41 comma quinto.
P.Q.M.
Alla stregua di quanto precede si confida che codesta Ecc.ma
Corte vorra' dichiarare l'illegittimita' dell'articolo 2, comma
terzo, legge della Regione Siciliana 5 giugno 2025, n. 23.
Con l'originale notificato del ricorso si depositera' l'estratto
della delibera del Consiglio dei ministri del 4 luglio 2025.
Roma, 7 luglio 2025
L'Avvocato dello Stato: Fiorentino