Reg. Ric. n. 20 del 2025 n° parte 1
pubbl. su G.U. del 28/05/2025 n. 22
Ricorrente:Presidente del Consiglio dei ministri
Resistenti: Regione Toscana
Oggetto:
Sanità pubblica – Norme della Regione Toscana – Modalità organizzative per l'attuazione delle sentenze della Corte costituzionale n. 242 del 2019 e n. 135 del 2024 – Previsione che la Regione Toscana, nell'esercizio delle proprie competenze, disciplina le modalità organizzative per l'attuazione di quanto disposto dalle suindicate sentenze relative al suicidio medicalmente assistito – Ricorso del Governo – Denunciata disciplina, con legge regionale, dell’accesso della persona ad una morte volontaria rientrante nella materia “ordinamento civile e penale” riservata alla legislazione esclusiva statale in quanto incidente su diritti personalissimi, tra i quali quello alla vita e all’integrità – Creazione di un istituto giuridico, che innova il diritto civile e che trova applicazione diretta nell’ambito del diritto penale, che esula dalle competenze del legislatore regionale, intervenendo in una materia riguardante la responsabilità penale (artt. 579 e 580 cod. pen.), la tutela della vita umana, i principi di autodeterminazione, tutela del consenso e rifiuto dei trattamenti sanitari desumibili dagli artt. 2, 13 e 32 Cost. e dall’art. 5 cod. civ. – Disparità di trattamento rispetto al restante territorio nazionale – Violazione, in via principale, della competenza legislativa esclusiva statale in materia di ordinamento civile e penale e, in via subordinata, della competenza statale nella materia concorrente della tutela della salute in relazione alla quale è necessaria la preventiva determinazione dei principi fondamentali.
-Legge della Regione Toscana 14 marzo 2025, n. 16, intero testo, e in particolare art. 1.
-Costituzione, art. 117, commi secondo, lettera l), e terzo.
Sanità pubblica – Norme della Regione Toscana – Modalità organizzative per l'attuazione delle sentenze della Corte costituzionale n. 242 del 2019 e n. 135 del 2024 – Previsione che fino all'entrata in vigore della disciplina statale, possono accedere alle procedure relative al suicidio medicalmente assistito le persone in possesso dei requisiti indicati dalle suddette sentenze, con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della legge n. 219 del 2017 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento) – Previsione che le prestazioni e i trattamenti disciplinati dalla legge regionale costituiscono un livello di assistenza sanitaria superiore rispetto ai livelli essenziali di assistenza – Ricorso del Governo – Denunciata non spettanza alle regioni di modificare, limitare o condizionare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti il diritto alla vita previsti dalla legislazione statale e segnatamente di regolare casi e procedure in cui si dispone del diritto alla vita – Erroneità del presupposto da cui muove il legislatore regionale di prevedere l’erogazione di prestazioni superiori rispetto ai livelli essenziali previsti dal legislatore statale e, anche considerando tale prospettiva, denunciata insussistenza, nella specie, di tale presupposto, non avendo il legislatore statale fissato alcun livello minimo di prestazione da garantire in tale ambito – Violazione della competenza legislativa esclusiva statale in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali – Contrasto con la indispensabile omogeneità a livello nazionale della disciplina in materia di fine vita.
- Legge della Regione Toscana 14 marzo 2025, n. 16, intero testo, e in particolare artt. 2 e 7, comma 2.
- Costituzione, art. 117, commi secondo, lettera m), e terzo.
In via subordinata: Sanità pubblica – Norme della Regione Toscana – Modalità organizzative per l'attuazione delle sentenze della Corte costituzionale n. 242 del 2019 e n. 135 del 2024 – Previsione che le aziende unità sanitarie locali istituiscono una commissione multidisciplinare permanente per la verifica della sussistenza dei requisiti per l'accesso al suicidio medicalmente assistito, nonché per la verifica o definizione delle relative modalità di attuazione – Modalità di accesso al suicidio medicalmente assistito – Previsione che l'azienda unità sanitaria locale trasmette tempestivamente l'istanza della persona interessata e la relativa documentazione alla predetta commissione e al comitato per l'etica nella clinica operante presso l'azienda ai sensi dell'art. 99 della legge regionale n. 40 del 2005 – Procedura per la verifica dei requisiti – Previsione che, in caso di esito positivo della verifica dei requisiti, la commissione procede ai fini dell'approvazione o definizione delle modalità di attuazione del suicidio medicalmente assistito – Ricorso del Governo – Denunciata sovrapposizione con le competenze riservate dal legislatore statale ai comitati etici territoriali individuati con decreti del Ministro della salute del 23 e 30 gennaio 2023 – Violazione della competenza legislativa statale esclusiva in materia di ordinamento civile e penale e in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.
-Legge della Regione Toscana 14 marzo 2025, n. 16, artt. 3, 4, 5 e 6.
-Costituzione, art. 117, commi secondo, lettere l) e m); legge 28 dicembre 2015, n. 208, art. 1, commi 556, 557 e 558; legge 11 gennaio 2018, n. 3, art. 2.
Norme impugnate:
legge della Regione Toscana del 14/03/2025 Num. 16
legge della Regione Toscana del 14/03/2025 Num. 16 Art. 1
legge della Regione Toscana del 14/03/2025 Num. 16 Art. 2
legge della Regione Toscana del 14/03/2025 Num. 16 Art. 3
legge della Regione Toscana del 14/03/2025 Num. 16 Art. 4
legge della Regione Toscana del 14/03/2025 Num. 16 Art. 5
legge della Regione Toscana del 14/03/2025 Num. 16 Art. 6
legge della Regione Toscana del 14/03/2025 Num. 16 Art. 7
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 117 Co. 2
Costituzione Art. 117 Co. 2
Costituzione Art. 117 Co. 3
legge Art. 1 Co. 556
legge Art. 1 Co. 557
legge Art. 1 Co. 558
legge Art. 2 Co.
Udienza Pubblica del 04/11/2025 rel. VIGANÒ - ANTONINI
Testo dell'ricorso
N. 20 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 16 maggio 2025
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 16 maggio 2025 (del Presidente del Consiglio dei
ministri).
Sanita' pubblica - Norme della Regione Toscana - Modalita'
organizzative per l'attuazione delle sentenze della Corte
costituzionale n. 242 del 2019 e n. 135 del 2024 - Previsione che
la Regione Toscana, nell'esercizio delle proprie competenze,
disciplina le modalita' organizzative per l'attuazione di quanto
disposto dalle suindicate sentenze relative al suicidio
medicalmente assistito - Previsione che, fino all'entrata in vigore
della disciplina statale, possono accedere alle procedure relative
al suicidio medicalmente assistito le persone in possesso dei
requisiti indicati dalle suddette sentenze, con le modalita'
previste dagli artt. 1 e 2 della legge n. 219 del 2017 (Norme in
materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di
trattamento) - Previsione che le prestazioni e i trattamenti
disciplinati dalla legge regionale costituiscono un livello di
assistenza sanitaria superiore rispetto ai livelli essenziali di
assistenza - Previsione che le aziende unita' sanitarie locali
istituiscono una commissione multidisciplinare permanente per la
verifica della sussistenza dei requisiti per l'accesso al suicidio
medicalmente assistito, nonche' per la verifica o definizione delle
relative modalita' di attuazione - Modalita' di accesso al suicidio
medicalmente assistito - Previsione che l'azienda unita' sanitaria
locale trasmette tempestivamente l'istanza della persona
interessata e la relativa documentazione alla commissione e al
comitato per l'etica nella clinica operante presso l'azienda, ai
sensi dell'art. 99 della legge regionale n. 40 del 2005 - Procedura
per la verifica dei requisiti - Previsione che, in caso di esito
positivo della verifica dei requisiti, la commissione procede ai
fini dell'approvazione o definizione delle modalita' di attuazione
del suicidio medicalmente assistito.
- Legge della Regione Toscana 14 marzo 2025, n. 16 (Modalita'
organizzative per l'attuazione delle sentenze della Corte
costituzionale 242/2019 e 135/2024), intero testo, e in particolare
artt. 1, 2 e 7, comma 2, nonche' artt. 3, 4, 5 e 6.
(GU n. 22 del 28-05-2025)
Ricorso ex art. 127 della Costituzione nell'interesse del
Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e
difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato (codice fiscale
n. 80224030587), presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n.
12, e' domiciliato (fax 06.96.51.40.00; indirizzo PEC
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it);
nei confronti della Regione Toscana, in persona del Presidente
della Giunta Regionale pro tempore;
per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della
intera legge regionale 14 marzo 2025, n. 16, recante «Modalita'
organizzative per l'attuazione delle sentenze della Corte
costituzionale 242/2019 e 135/2024», pubblicata nel B.U.R. Toscana n.
18 del 17 marzo 2025, nonche' dei suoi articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7;
in virtu' della deliberazione del Consiglio dei ministri in data
9 maggio 2025.
Premessa
1. La Regione Toscana ha emanato la legge regionale in epigrafe
indicata, la quale definisce i presupposti, i ruoli, le modalita'
esecutive, i tempi e le condizioni per l'accesso di un individuo ad
una morte volontaria.
Le norme sono precedute da un preambolo nel quale, oltre a
richiamare il solo terzo comma dell'art. 117 della Costituzione,
nonche' la legge statale n. 219/2017, recante «Norme in materia di
consenso informato e di disposi ioni anticipate di trattamento» -
sono richiamate le sentenze della Corte costituzionale alle quali si
riferisce il titolo stesso della legge regionale, concernenti la
fattispecie disciplinata dall'intervento normativo regionale: la
sentenza n. 242/2019, che ha individuato una circoscritta area in cui
l'incriminazione per l'aiuto al suicidio, ex art. 580 del codice
penale, non e' conforme alla Costituzione, richiamando le condizioni
nelle quali deve trovarsi l'aspirante suicida; e poi la sentenza n.
135/2024, che ha evidenziato che non puo' esservi distinzione tra la
situazione del paziente gia' sottoposto a trattamenti di sostegno
vitale, di cui lo stesso puo' pretendere l'interruzione, e quella del
paziente che, per sopravvivere, necessiti, dietro valutazione medica,
dell'attivazione di simili trattamenti, che il medesimo puo'
rifiutare.
Il medesimo preambolo precisa che, nella citata sentenza
costituzionale n. 242/2019, e' stato ritenuto che la verifica delle
condizioni che legittimano l'aiuto al suicidio debbano essere
affidate, in attesa dell'intervento legislativo, a strutture
pubbliche del Servizio sanitario nazionale, e che a tal fine debba
essere acquisito il parere del comitato etico territorialmente
competente (considerato n. 5 della legge Regionale). Con la legge in
esame, inoltre, la Regione detta norme a carattere organizzativo e
procedurale per disciplinare l'esercizio non solo delle funzioni
affidate dalla Corte medesima alle aziende sanitarie, ma anche di
prestazioni ulteriori, definendo tempi e modalita' inerenti alla
procedura in questione (considerato n. 7), assumendo che si tratti di
una disciplina cedevole rispetto ad una successiva legge statale che
intervenga a regolare la materia fissandone i principi fondamentali
(considerato n. 8).
2. Nel dettaglio, la normativa regionale ha il seguente contenuto:
- L'art. 1, recante le finalita' della legge, dispone che la
Regione Toscana stabilisce l'organizzazione necessaria per
l'applicazione delle statuizioni rese dalla Corte costituzionale sul
tema del suicidio medicalmente assistito.
- L'art. 2 individua i requisiti per l'accesso al suicidio
medicalmente assistito, mediante generale rinvio alle sentenze n.
242/2019 e n. 135/2014 della Corte costituzionale;
- L'art. 3 prevede la istituzione, presso ogni ASL toscana, di
una «Commissione multidisciplinare permanente» (composta dalle
seguenti figure professionali: medico palliativista, medico
psichiatra, medico anestesista, psicologo, medico legale, infermiere
e un medico specialista per la patologia del richiedente, di seguito
anche «Commissione») per la verifica della sussistenza dei requisiti
per l'accesso al suicidio medicalmente assistito dei richiedenti e la
definizione delle modalita' di attuazione, prevedendo altresi' che
l'attivita' dei componenti di tale commissione venga svolta su base
volontaria e in orario di lavoro e non comporti la corresponsione di
alcuna indennita' di carica o di presenza;
- L'art. 4 disciplina le modalita' di «accesso al suicidio
medicalmente assistito», prevedendo che la persona interessata (o un
suo delegato) presenti un'istanza alla ASL di riferimento, corredata
da documentazione sanitaria, per l'accertamento dei requisiti per
l'accesso alla pratica in questione, nonche' per l'approvazione o la
definizione delle relative modalita' di attuazione. E' ivi previsto
che l'istanza venga trasmessa alla Commissione e al «Comitato per
l'etica clinica» operante presso la stessa ASL ai sensi dell'art. 99
della L.R. Toscana n. 40/2005, anch'esso non disciplinato da norme
quadro nazionali;
- L'art. 5 disciplina il procedimento di verifica dei requisiti,
che prevede in sintesi che:
la procedura debba concludersi entro venti giorni dal
ricevimento dell'istanza, salvo sospensione per non piu' di cinque
giorni per l'esecuzione di accertamenti clinico-diagnostici;
il richiedente debba essere informato riguardo al percorso di
cure palliative cui puo' accedere, e riguardo al diritto a rifiutare
trattamenti sanitari e ad accedere alla sedazione profonda continua;
ove il medesimo richiedente confermi la volonta' di accedere al
suicidio;
medicalmente assistito, la Commissione proceda alla verifica
dei requisiti, anche tramite accertamenti e ascolto personale;
debba essere acquisito il parere del Comitato per l'etica
clinica sugli aspetti etici del caso, da rendere entro sette giorni
dal ricevimento della documentazione;
la Commissione rediga una relazione finale attestante gli esiti
dell'accertamento dei requisiti, i quali vengono comunicati dall'ASL
al richiedente;
- L'art. 6 concerne l'introduzione di un atipico obbligo
sanitario, e le concrete modalita' di attuazione del suicidio
medicalmente assistito, prevedendo che il richiedente possa proporre
un protocollo, gia' elaborato con il proprio medico di fiducia, o
concordarne uno con la Commissione, e che il protocollo debba
garantire la presenza del medico, la dignita' del paziente e
l'assenza di sofferenze. Anche per questi aspetti, viene previsto che
debba essere acquisito il parere del Comitato per l'etica clinica
sugli aspetti etici del caso, da rendere entro cinque giorni dal
ricevimento della documentazione, e che la Commissione rediga una
relazione finale sugli esiti dell'approvazione del protocollo, i
quali vengono parimenti comunicati dall'ASL al richiedente;
- L'art. 7 disciplina il supporto tecnico e farmacologico che
deve essere assicurato dall'ASL, e l'assistenza
all'autosomministrazione del farmaco, da rendersi con personale
volontario. Viene previsto che le prestazioni e i trattamenti siano
garantite come livelli assistenziali superiori rispetto ai livelli
essenziali di assistenza, cui far fronte con risorse proprie della
Regione, che il richiedente possa sospendere o annullare l'erogazione
del trattamento in qualsiasi momento, e che i procedimenti
disciplinati dalla legge regionale siano conformati dalle ASL alla
disciplina statale;
- L'art. 8 prevede la gratuita' del percorso assistenziale per il
suicidio medicalmente assistito;
- L'art. 9 stanzia euro 10.000,00 annui, per gli anni 2025, 2026
e 2027, a carico del programma regionale per la disabilita', e
prevede che, per gli anni successivi, si provveda con legge di
bilancio.
La illustrata L.R. Toscana n. 16/2025 presenta diversi profili di
illegittimita' costituzionale, nel suo complesso, ed in relazione ai
singoli articoli precisati in epigrafe: il Consiglio dei ministri ha
pertanto ritenuto di doverla impugnare, ed a tanto in effetti si
provvede mediante il presente ricorso, sulla base dei seguenti
motivi.
1. Illegittimita' costituzionale dell'intera L.R. Toscana n.
16/2025 e del suo art. 1, per violazione degli articoli 117, secondo
comma, lett. l), e 117, terzo comma, della Costituzione.
La legge in esame, nella sua interezza e con il suo art. 1, (1)
pretende di dare «attuazione» alle sentenze costituzionali nn.
242/2019 e 135/2024.
Occorre, pertanto, preliminarmente soffermarsi sul contenuto
delle sentenze di cui la Regione asserisce di dettare le modalita'
organizzative per l'attuazione. 1.1 Con la sentenza n. 242 del 2019,
la Corte costituzionale ha dichiarato «l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 580 del codice penale, nella parte in cui
non esclude la punibilita' di chi, con le modalita' previste dagli
articoli 1 e 2 della legge 22 dicembre 2017, n. 219 (Norme in materia
di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento),
agevola l'esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e
liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti
di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di
sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma
pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre
che tali condizioni e le modalita' di esecuzione siano state
verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario
nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente
competente».
La sentenza n. 242/2019 non ha solo tracciato un circoscritto ed
eccezionale perimetro entro il quale puo' non essere sanzionabile
penalmente l'aiuto al suicidio [il quale rimane, in generale, sempre
illecito, sia sotto il versante penalistico (ai sensi degli articoli
579 e 580 del codice penale) che civilistico (ai sensi dell'art. 5
del codice civile)], ma ha anche espressamente precisato che «la
declaratoria di illegittimita' costituzionale si limita a escludere
la punibilita' dell'aiuto al suicidio nei casi considerati, senza
creare alcun obbligo di procedere a tale aiuto in capo ai medici»
(cfr. S 6).
Con la sentenza n. 135 del 2024, inoltre, la Corte costituzionale
ha ribadito «la necessita' del puntuale rispetto delle condizioni
procedurali stabilite dalla sentenza n. 242 del 2019», segnatamente
specificando che «non puo' (...) ritenersi irragionevole la
limitazione della liceita' dell'aiuto al suicidio ai soli pazienti
che abbiano gia' la possibilita', in forza del diritto
costituzionale, di porre fine alla loro esistenza rifiutando i
trattamenti di sostegno vitale».
Parimenti, la Corte ha ritenuto di confermare «lo stringente
appello, gia' contenuto nella sentenza n. 242 del 2019 (punto 2.4.
del Considerato in diritto), affinche', sull'intero territorio
nazionale, sia garantito a tutti i pazienti, inclusi quelli che si
trovano nelle condizioni per essere ammessi alla procedura di
suicidio assistito, una effettiva possibilita' di accesso alle cure
palliative appropriate per controllare la loro sofferenza, secondo
quanto previsto dalla legge n. 38 del 2010».
La Regione Toscana, con la legge in esame, titolata «Modalita'
organizzative per l'attuazione delle sentenze della Corte
costituzionale 242/2019 e 135/2024», ha ritenuto di dettare, per come
si legge nel preambolo, le «norme a carattere organizzativo e
procedurale per disciplinare in modo uniforme sul proprio territorio
l'esercizio delle funzioni che la giurisprudenza costituzionale
attribuisce alle aziende sanitarie nella materia di cui trattasi», e
dunque di disciplinare «le modalita' organizzative per l'attuazione
di quanto disposto dalle sentenze della Corte costituzionale 25
settembre 2019, n. 242 e 1° luglio 2024, n. 135, relative al suicido
medicalmente assistito».
1.2 Come e' noto, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della
Costituzione, tra le materie di competenza regionale concorrente vi
sono la «tutela della salute» e la «ricerca scientifica e
tecnologica». Tale competenza legislativa e' esercitabile nel quadro
dei principi fondamentali che spetta allo Stato determinare.
Al contempo, tra le materie di esclusiva competenza dello Stato
vi e' l'«ordinamento civile e penale» [art. 117, secondo comma, lett.
l), della Costituzione].
In questo contesto, occorre valutare se una disciplina del
«suicidio medicalmente assistito», per come e' espressamente
qualificato l'intervento nella legge regionale in esame, sia
effettivamente riconducibile ad una materia di legislazione
concorrente.
Ad avviso del Presidente del Consiglio, la disciplina del
«suicidio medicalmente assistito», o, se si vuole utilizzare un'altra
terminologia, dell'accesso di un individuo ad una morte volontaria,
rientra nella materia «ordinamento civile e penale» riservata alla
legislazione esclusiva dello Stato in quanto, evidentemente, incide
su diritti personalissimi, tra i quali quello alla vita,
precondizione di tutti i diritti, e all'integrita'.
Si tratta di diritti ai quali l'ordinamento riconosce massima
tutela, anche contro la volonta' del titolare, tanto da prevedere un
reato per chi provoca la morte di un soggetto consenziente (art. 579
del codice penale), ma anche per chi si limita a rafforzare l'altrui
intenzione suicidaria o ad agevolare l'esecuzione dell'atto (art. 580
del codice penale).
La disciplina dei presupposti e delle modalita' esecutive in
presenza delle quali viene scriminato l'aiuto al suicidio, viene a
creare un istituto giuridico che, per un verso, innova il diritto
civile e, per altro verso, trova applicazione diretta nell'ambito del
diritto penale.
La disciplina dell'istituto giudico in questione, quindi, non
puo' che essere dettata da una legge statale.
In ragione del riparto di competenze delineato a livello
costituzionale, e' inibito, dunque, al legislatore regionale
intervenire in una materia che tocca aspetti di estrema delicatezza
quali la responsabilita' penale (articoli 579 e 580 del codice
penale), il dovere di tutela della vita umana, i principi di
autodeterminazione, tutela del consenso e rifiuto dei trattamenti
sanitari, desumibili dagli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione e 5
del codice civile.
Tutti gli argomenti incisi e i principi sottesi alla tematica de
qua sono, pertanto, riconducibili alla competenza legislativa
esclusiva statale in materia di «ordinamento civile e penale» ex art.
117, secondo comma, lett. l), della Costituzione. E', quindi,
evidente l'esigenza di uniformita' e omogeneita' di disciplina
sull'intero territorio nazionale che solo l'intervento del
legislatore statale puo' assicurare. Solo a quest'ultimo e' dato
bilanciare interessi costituzionalmente rilevanti, ma contrapposti,
quali, da un lato, la possibilita' di rifiuto di trattamenti sanitari
e, dall'altro, il fondamentale dovere costituzionale di tutela della
vita umana, muovendosi nel perimetro tracciato dalla giurisprudenza
costituzionale in materia.
1.3 Anche nella sentenza n. 50 del 2022, codesta Corte ha
significativamente rilevato che le norme dettate con la finalita' di
«tutela della vita» non sono norme «a contenuto costituzionalmente
vincolato», ed e' dunque necessariamente rimessa alla valutazione del
legislatore statale la determinazione del «livello minimo di tutela
richiesto dai referenti costituzionali ai quali esse si saldano».
A cio' si aggiunga, con riferimento all'intera legge e, comunque,
all'art. 1 della stessa, che la dichiarata «finalita'»
dell'intervento, ovvero disciplinare «le modalita' organizzative per
l'attuazione di quanto disposto dalle sentenze della Corte
costituzionale 25 settembre 2019, n. 242 e 1° luglio 2024, n. 135,
relative al suicidio medicalmente assistito», finisce, in concreto,
per prevedere e approntare gli strumenti operativi affinche' possa
operare una causa di non punibilita' penale, in quanto quello, e solo
quello, hanno disciplinato le sentenze citate.
Cio' evidenzia, anche, la diretta incidenza della
regolamentazione sull'ordinamento penale, pacificamente sottratto
alla competenza delle regioni e spettante in via esclusiva alla Stato
ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione.
Si aggiunge, poi, che la previsione di condizioni che consentono
il concreto operare di una causa di giustificazione penale solo su
una parte del territorio danno vita ad una disparita' di trattamento
che l'ordinamento penale (materia come gia' detto di esclusiva
competenza del legislatore statale) non puo' tollerare.
1.4 Ne' potrebbero essere addotti, in senso contrario, argomenti
che assegnino alle Regioni un ruolo «supplente» rispetto al
legislatore statale, nelle more delle decisioni da esso assunte.
Al riguardo, appare utile richiamare quanto codesta Corte ha
statuito con la sentenza n. 262 del 2016, nella parte in cui ha
dichiarato illegittima una legge della Regione Friuli-Venezia Giulia
che, per «rimediare» all'asserita inerzia del legislatore statale,
aveva introdotto una disciplina regionale in tema di disposizioni
anticipate di trattamento sanitario.
In particolare, codesta Corte ha ricordato che, data la sua
incidenza su aspetti essenziali della identita' e della integrita'
della persona, una normativa in tema di disposizioni di volonta'
relative ai trattamenti sanitari nella fase terminale della vita - al
pari di quella che regola la donazione di organi e tessuti -
necessita di uniformita' di trattamento sul territorio nazionale, per
ragioni imperative di eguaglianza, ratio ultima della riserva allo
Stato della competenza legislativa esclusiva in materia di
«ordinamento civile». In quell'occasione, si e' affermato che
l'assenza di una specifica legislazione nazionale «non vale a
giustificare in alcun modo l'interferenza della legislazione
regionale in una materia affidata in via esclusiva alla competenza
dello Stato».
Principi identici non possono non valere anche nel caso di
specie.
Con la sentenza n. 5 del 2018, codesta Corte ha, inoltre,
rilevato «che il diritto della persona di essere curata
efficacemente, secondo i canoni della scienza e dell'arte medica, e
di essere rispettata nella propria integrita' fisica e psichica
(sentenze n. 169 del 2017, n. 338 del 2003 e n. 282 del 2002) deve
essere garantito in condizione di eguaglianza in tutto il Paese,
attraverso una legislazione generale dello Stato basata sugli
indirizzi condivisi dalla comunita' scientifica nazionale e
internazionale».
In ordine alla possibile riconducibilita' dell'intervento alla
materia della «tutela della salute», che risulterebbe derivare dalla
menzione, nel preambolo della legge regionale, del solo terzo comma
dell'art. 117 della Costituzione, va considerato:
che l'ordinamento (in sede sia civile, sia penale) si e' fatto
carico, con pronunce giurisprudenziali, anche della Corte
costituzionale, di mandare esenti da responsabilita' penale i terzi
che supportano una persona nel darsi una morte volontaria
esclusivamente in relazione a soggetti che siano affetti da gravi
patologie irreversibili e fonte di sofferenze fisiche o psicologiche
assolutamente intollerabili;
che le stesse pronunce giurisprudenziali (e segnatamente quelle
della Corte costituzionale, peraltro volte esclusivamente ad
individuare una causa di giustificazione penale) hanno previsto che
l'aiuto al suicidio «lecito», non sanzionabile penalmente, sia sempre
«medicalmente» accertato.
Alla luce di cio', non puo' ammettersi che la regolamentazione
dei casi in cui l'ausilio al suicidio risulti scriminato
dall'ordinamento possa attenere propriamente alla materia «tutela
della salute», come declinata dall'art. 117, terzo comma, della
Costituzione, in quanto la grave compromissione della salute e' solo
un antefatto concreto che scrimina (per come l'ordinamento si e' ad
oggi stabilizzato in sede di giurisprudenza e di pronunce della Corte
costituzionale) comportamenti altrimenti penalmente sanzionati; e la
verificazione medica dei presupposti per l'accesso al suicido
assistito e' solo la modalita' accertativa dei presupposti ritenuta
imprescindibile.
Di conseguenza, nell'ambito della materia «tutela della salute»
non potrebbe in alcun modo rientrare la disciplina delle condizioni
sostanziali e procedurali che scriminano l'aiuto al suicidio di un
terzo, ne', a ben vedere, potrebbe rientrarvi la disciplina delle
modalita' di verifica della sussistenza dei presupposti che
legittimano l'atto, anche ove quei presupposti fossero di carattere
medico/sanitario.
In ogni caso, anche qualora, per mera ipotesi, si ritenesse che
alcuni aspetti relativi all'esimente da responsabilita' penale per
aiuto al suicidio di terzi attengano alla «tutela della salute», di
certo resterebbe il fatto che, in questo caso, la previsione per cui
la Costituzione vuole che la «determinazione dei principi
fondamentali» sia «riservata alla legislazione dello Stato» avrebbe
un peso vincolante assai piu' pregnante.
Deve, quindi, ribadirsi l'esistenza di una riserva di competenza
dello Stato che sarebbe tale da precludere la possibilita' per la
Regione di intervenire prescindendo dalla preventiva previsione di
quei principi fondamentali, sia perche' i principi fondamentali
sarebbero conseguenti all'assetto che nell'«ordinamento civile e
penale» si e' ritenuto di dare all'istituto, ma anche perche'
altrimenti l'esito, in relazione all'operare concreto dell'istituto,
sarebbe di un istituto giuridico riconosciuto in maniera difforme sul
territorio nazionale: soluzione, si rimarca, non tollerabile rispetto
all'attuazione di diritti fondamentali, come affermato della Corte
costituzionale (sentenza n. 262 del 2016).
1.5 In sostanza, la giurisprudenza costituzionale esclude ogni
attivita' legislativa regionale «suppletiva» o «sostitutiva» in
assenza di principi fondamentali posti a livello statale: con la
conseguenza che la legge regionale che intervenga in tale situazione
e' illegittima perche' invasiva di una riserva statale relativa alla
fissazione dei principi fondamentali (Corte costituzionale, sentenza
n. 438 del 2008).
Invero, per quanto codesta Corte abbia auspicato che la materia
del «fine vita» sia oggetto di sollecita e compiuta disciplina da
parte del legislatore, appare evidente che essa non possa che
riferirsi al legislatore statale, perche' l'incidenza della normativa
sollecitata «su aspetti essenziali della identita' e della integrita'
della persona, (...) necessita di uniformita' di trattamento sul
territorio nazionale, per ragioni imperative di eguaglianza».
Ecco, quindi, che la prospettiva di regolamentare il fine vita,
nel silenzio del legislatore statale, attraverso l'esercizio della
iniziativa legislativa regionale in materia di «tutela della salute»
(art. 117, terzo comma, della Costituzione) e', per le ragioni
esposte, passibile di censure sotto il profilo della legittimita'
costituzionale.
In definitiva, l'introduzione di qualsiasi normativa regionale in
materia di procedure di suicidio assistito, in assenza di una cornice
normativa statale di riferimento deputata a delineare quantomeno i
principi fondamentali di un settore particolarmente sensibile come e'
quello in esame, incide sulle prerogative regolatorie dello Stato e
si presta a compromettere il complesso equilibrio tra i principi di
diritto ricostruiti dalla giurisprudenza costituzionale.
1.6 Conferma della contrarieta' della legge regionale impugnata
rispetto alla competenza statale esclusiva in materia di «ordinamento
civile», e' anche la previsione per cui l'attivazione del
procedimento puo' essere rimessa ad un «delegato» non meglio
specificato nelle sue caratteristiche di legittimazione (art. 4,
comma 1), mentre si tratta con certezza di un atto che deve essere
personalissimo.
Altrettanto vale per la previsione per cui l'istanza da
presentare non e' disciplinata nel contenuto e nella forma (sempre
l'art. 4, comma 1), sicche' per questo aspetto resta incerto anche il
rapporto con le forme, assai piu' precise, che la legge n. 219/2017
detta per l'acquisizione del consenso ad un trattamento sanitario e
che sono indicate espressamente come applicabili dalla Corte
costituzionale.
Ma e' dubbio anche il fatto che non sia in alcun modo
disciplinata nel suo contenuto e nella sua forma neppure la
rilevantissima facolta' (meramente enunciata come tale)
dell'interessato di «sospendere o annullare l'erogazione del
trattamento» (art. 7, comma 3). Rispetto ad essa, ad esempio, ben
piu' coerentemente con la natura dell'intervento, si sarebbe dovuto
prevedere che, prima di procedere alla sua esecuzione «definitiva»,
debba essere positivamente accertato che l'interessato non intende
sospenderlo o annullarlo.
Tutti questi aspetti valgono a ribadire come si sia in presenza
di scelte normative molto piu' ampie e significative di quello che
l'impostazione della legge in esame intende prospettare, e che non
trovano soluzione neppure nella legge n. 219/2017.
1.7 Per gli evidenziati profili, la legge regionale in argomento
si pone, anzitutto nel suo complesso e nella sua interezza, in
violazione dell'art. 117, secondo comma, lett. l), della
Costituzione, e al contempo dell'art. 117, terzo comma, della
Costituzione, in quanto impingente:
anzitutto, ed in via assorbente, su titolo competenziale
legislativo di esclusiva pertinenza dello Stato;
in via subordinata, su titolo competenziale concorrente, in
relazione al quale e' necessaria la preventiva determinazione dei
principi fondamentali della materia, riservata alla legislazione
dello Stato.
2. Illegittimita' costituzionale dell'intera L.R. n. 16/2025, e
dei suoi articoli 2 e 7, comma 2, per violazione dell'art. 117,
secondo comma, lett. m), della Costituzione, e dell'art. 117, terzo
comma, della Costituzione.
2.1 La legge regionale n. 16/2025, nella sua interezza e con
riferimento ai suoi articoli 2 (2) e 7, comma 2, (3) altresi',
impatta sulla competenza esclusiva in tema di determinazione dei
livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e
sociali [art. 117, secondo comma, lett. m), della Costituzione].
La esclusivita' della competenza legislativa statale non puo'
essere elusa dal fatto che, nella legge in esame (art. 7, comma 2),
la Regione abbia affermato che le prestazioni disciplinate
costituiscono un livello di assistenza sanitaria superiore, perche'
la questione e' che, si ribadisce, trattandosi di istituti giuridici
che per definizione incidono sul primo dei diritti civili garantito
dalla nostra Costituzione all'art. 2, ossia il diritto alla vita,
essi non possono che trovare disciplina in una legge dello Stato.
E' appena il caso di ricordare, al riguardo, che codesta Corte
non ha affermato l'esistenza di un «diritto» al suicidio, come
prestazione garantita dalla legislazione statale, ma ha fissato casi
in cui l'aiuto al suicidio debba ritenersi scriminato.
Chiarissima, in tal senso, e' la sentenza costituzionale n.
242/2019, in termini confermata anche dalla menzionata sentenza n.
50/2022: «dall'art. 2 della Costituzione, non diversamente che
dall'art. 2 CEDU - discende il dovere dello Stato di tutelare la vita
di ogni individuo: non quello - diametralmente opposto - di
riconoscere all'individuo la possibilita' di ottenere dallo Stato o
da terzi un aiuto a morire. Che dal diritto alla vita, garantito
dall'art. 2 CEDU, non possa derivare il diritto di rinunciare a
vivere, e dunque un vero e proprio diritto a morire, e' stato, del
resto, da tempo affermato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo,
proprio in relazione alla tematica dell'aiuto al suicidio».
Cio' posto, secondo la giurisprudenza costante di codesta Corte,
«il legislatore nazionale deve poter porre le norme necessarie per
assicurare a tutti, sull'intero territorio nazionale, il godimento di
prestazioni garantite, come contenuto essenziale di tali diritti,
senza che la legislazione regionale possa limitarle o condizionarle»
(cfr., ex plurimis, sentenze nn. 282/2002, 353/2003, 338/2003,
134/2006, 115/2012, 231 /2017, 72/2020, 91/2020).
Peraltro, anche nella recentissima sentenza n. 135/2024, codesta
Corte, ogni qualvolta considera un intervento legislativo, in questa
delicata materia, si rivolge solo e soltanto al legislatore
nazionale. Ad esempio: al § 7.2 della motivazione si ritiene essere
«compito del legislatore» la individuazione «del» (al singolare)
«punto di equilibrio» fra autodeterminazione e tutela della vita e
ancora, richiamando la giurisprudenza della Corte EDU, si ricorda
come tale possibilita' «spetta agli Stati» (non alle regioni); al §
9, si rimane in attesa di un «organico intervento del legislatore»,
che non puo' che intervenire con norma nazionale; al § 10 si auspica
una sola «disciplina» di attuazione dei principi di cui alle sentenze
nn. 242/2019 e 135/2024; e al § 6.1 ci si riferisce direttamente al
«legislatore penale» che e', ovviamente, sempre e solo nazionale.
Pertanto, non e' dato alle Regioni modificare, limitare o
condizionare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti il
diritto alla vita previsti dalla legislazione statale e,
segnatamente, regolare casi e procedure in cui del diritto alla vita
si dispone.
2.2 Non puo' quindi condividersi lo stesso presupposto di fondo
della legge regionale toscana, ovvero quello di presentarsi come
erogazione di prestazioni superiori rispetto ai livelli essenziali
previsti da legge statale.
Ma anche a voler per ipotesi ragionare nella (erronea)
prospettiva della legge regionale toscana, va ricordato che,
quand'anche per ipotesi volesse considerarsi il suicidio medicalmente
assistito come «prestazione» concernente i diritti civili, non
sussisterebbe nella specie il presupposto per emettere una normativa
regionale superiore rispetto ai livelli fissati da legge statale.
Cio' semplicemente perche' il legislatore statale non ha fissato
alcun livello minimo di prestazione da garantire in questo ambito, e
cio' preclude alla Regione di disporlo autonomamente. In altri
termini, un intervento del legislatore regionale, senza che sia
previsto un livello minimo di prestazione dal legislatore statale, si
pone inevitabilmente in contrasto con la indispensabile omogeneita' a
livello nazionale della disciplina in materia di fine vita.
Ne' «i livelli minimi di prestazione» possono ricavarsi dalle
sentenze n. 242/2019 e n. 135/2024. Le citate pronunce, come gia'
rilevato, hanno riguardato la legittimita' costituzionale di una
norma penale che punisce l'agevolazione del suicidio e hanno
esclusivamente inciso sulle cause di non punibilita' rispetto a quel
reato.
Un ambito preciso e circoscritto dell'ordinamento giuridico,
diverso dalla fissazione di una legislazione in materia di livelli
essenziali di prestazioni attinenti ai diritti civili e sociali.
A quelle decisioni, quindi, non dovrebbe essere attribuita una
portata che non e' loro propria e che esse hanno anzi espressamente
escluso e tale, addirittura, da poter sostituire una «legislazione
dello Stato» che disciplini positivamente l'istituto del «suicidio»
o, anche solo, che stabilisca i «principi fondamentali» rispetto alla
gestione di quell'istituto nell'ambito della «tutela della salute».
Tanto e' vero che nella sentenza n. 242 del 2019, codesta Corte
riteneva di «ribadire con vigore l'auspicio che la materia formi
oggetto di sollecita e compiuta disciplina da parte del legislatore,
conformemente ai principi precedentemente enunciati».
In altri termini, le pronunce di codesta Corte non hanno
introdotto nell'ordinamento l'istituto giuridico del «diritto al
suicidio assistito», disciplinandone tutti gli aspetti che sono
connessi alla sua introduzione nell'ordinamento «civile e penale»,
anche perche' non era quella la questione che doveva essere
esaminata. Codesta Corte ha solo escluso la punibilita' di un
soggetto che abbia prestato assistenza o aiuto ad un altro individuo,
quando questi, in determinate condizioni, avesse deciso di porre fine
alla sua vita.
In questo quadro si pone, dunque, il quesito relativo alla
possibilita' che quegli interventi strutturali e organizzativi
(necessari affinche' il servizio sanitario possa svolgere le
attivita' accertative, le sole che sono state individuate dalla Corte
costituzionale) possano essere effettuati con legge regionale.
Al quesito deve essere data risposta negativa, perche' tutte le
determinazioni assunte implicano scelte tutt'altro che meramente
organizzative, bensi' tali da incidere direttamente sul diritto alla
vita: per questo, non possono che rientrare nella competenza
esclusiva del legislatore statale.
2.3 E' opportuno rilevare, infine, che non sarebbe invocabile - a
favore di una disciplina regionale del fine vita, l'applicazione del
principio di «cedevolezza invertita» (Corte costituzionale, sentenza
n. 398 del 2006), a fronte dell'inerzia del legislatore statale. Cio'
in quanto, com'e' noto, la cedevolezza normativa puo' essere prevista
dalla Regione in materie di propria competenza legislativa, «senza
pero' che la previsione della clausola consenta alle Regioni di
intervenire in ordine a profili che attengano alla competenza
esclusiva del legislatore statale» (Corte costituzionale, sentenza n.
1 del 2019): profili che nella materia in esame - come rilevato in
precedenza - certamente sussistono.
Ne' il carattere asseritamente temporaneo della normativa
regionale si presta in alcun modo a incidere sulle considerazioni
sopra svolte.
D'altro canto, la non necessarieta' di una legge regionale per
rendere immediatamente operativi i precetti fissati dalle decisioni
della Corte costituzionale e' inequivocabilmente confermata dal fatto
che, gia' in alcuni casi, tali precetti hanno ricevuto applicazione,
valendo a scriminare casi di aiuto al suicido realizzati dopo il 2019
nella ricorrenza dei presupposti indicati dalle sentenze stesse,
garantendosi cosi' piena applicazione dei loro principi. Appare
quindi evidente la finalita' della legge regionale di andare oltre a
quanto richiesto dalla Corte costituzionale, invadendo un campo che,
per le ragioni esposte, rientra nell'esclusiva competenza dello
Stato.
Per gli evidenziati profili, la legge regionale in argomento si
pone, anzitutto nel suo complesso e nella sua interezza, in
violazione dell'art. 117, secondo comma, lett. m), della
Costituzione, in quanto impingente su titolo competenziale
legislativo di esclusiva pertinenza dello Stato.
Entro questa ottica, devono dirsi affetti dal medesimo vizio di
incostituzionalita', anche singolarmente considerati, sia l'art. 2
della L.R. Toscana n. 16/2025, allorche' istituisce le «procedure
relative al suicidio medicalmente assistito le persone in possesso
dei requisiti indicati dalle sentenze della Corte costituzionale nn.
242/2019 e 135/2024», sia l'art. 7, comma 2, allorche' precisa che
«le prestazioni e i trattamenti disciplinati dalla presente legge
costituiscono un livello di assistenza sanitaria superiore rispetto
ai livelli essenziali di assistenza».
In estrema sintesi, puo' legittimamente parlarsi di livello di
assistenza superiore solo se il legislatore statale abbia gia'
definito i livelli essenziali di assistenza uniformi sul territorio
nazionale.
3. Illegittimita' costituzionale degli articoli 3, 4, 5 e 6 della
L.R. Toscana n. 16/2025, con l'art. 117, secondo comma, lett. l),
della Costituzione, nonche' con l'art. 117, secondo comma, lett. m),
della Costituzione, in relazione all'art. 1, commi 556, 557 e 558,
della legge n. 208/2015, e in relazione all'art. 2 della legge n.
3/2018 (quali norme statali interposte).
I precedenti motivi di ricorso, siccome in principalita' rivolti
nei confronti dell'intera L.R. Toscana n. 16/2025, e comunque anche
nei confronti degli articoli 1, 2 e 7 della stessa, intendono
pervenire all'integrale annullamento del provvedimento legislativo
regionale di che trattasi.
E' dunque in via subordinata che si formula anche il presente
motivo di ricorso, rivolto specificamente nei confronti degli
articoli 3, 4, 5 e 6 della medesima legge regionale.
3.1 Come evidenziato in premessa, l'art. 3 della legge regionale
ha previsto la istituzione di cc.dd. «commissioni multidisciplinari
permanenti» presso le ASL del territorio toscano, nei seguenti
testuali termini:
«1. Entro quindici giorni dall'entrata in vigore della presente
legge, le aziende unita' sanitarie locali istituiscono una
Commissione multidisciplinare permanente (di seguito denominata
Commissione) per la verifica della sussistenza dei requisiti per
l'accesso al suicidio medicalmente assistito nonche' per la verifica
o definizione delle relative modalita' di attuazione.
2. La Commissione e' composta dai seguenti membri: a) un medico
palliativista con competenze ed esperienze assistenziali; b) un
medico psichiatra; c) un medico anestesista; d) uno psicologo; e) un
medico legale; f) un infermiere.
3. La Commissione e' integrata di volta in volta da un medico
specialista nella patologia da cui e' affetta la persona che richiede
l'accesso al suicidio medicalmente assistito.
4. I componenti sono individuati, su base volontaria,
nell'ambito del personale dipendente dell'azienda unita' sanitaria
locale. In caso di indisponibilita' di personale interno, i
componenti possono essere individuati fra i dipendenti di altre
aziende od enti del servizio sanitario regionale.
5. La partecipazione alla Commissione non comporta la
corresponsione di alcuna indennita' di carica o di presenza. E' fatto
salvo il rimborso delle spese sostenute, nei limiti previsti per il
personale dipendente, che e' posto a carico dell'azienda unita'
sanitaria locale presso cui e' istituita la Commissione. La
partecipazione alla Commissione e' considerata come attivita'
istituzionale da svolgersi in orario di lavoro.
E' a tale «Commissione» (di seguito cosi' denominata, anche al
plurale), ciascuna nell'ambito territoriale di riferimento, che va
trasmessa «tempestivamente» l'istanza della persona interessata e la
relativa documentazione (art. 4, comma 3), e ad essa spetta la
verifica circa la sussistenza dei requisiti per l'accesso al suicidio
medicalmente assistito (art. 5), nonche' l'approvazione del
protocollo da seguire per l'attuazione della procedura di suicidio
medicalmente assistito (art. 6).
3.2 Tali compiti e funzioni sono destinati a sovrapporsi con le
competenze indiscutibilmente riservate dalla legge statale ai diversi
«comitati etici territoriali» di cui, da ultimo, ai decreti
ministeriali Salute del 26 e 30 gennaio 2023.
La Corte costituzionale, nella sentenza n. 242/2019, ha infatti
individuato proprio nei comitati etici territorialmente competenti
sopra indicati «l'organo collegiale terzo, munito delle adeguate
competenze, il quale possa garantire la tutela delle situazioni di
particolare vulnerabilita'». Ha rilevato la Corte che «tali comitati
- quali organismi di consultazione e di riferimento per i problemi di
natura etica che possano presentarsi nella pratica sanitaria - sono,
infatti, investiti di funzioni consultive intese a garantire la
tutela dei diritti e dei valori della persona in confronto alle
sperimentazioni cliniche di medicinali o, amplius, all'uso di questi
ultimi e dei dispositivi medici (art. 12, comma 10, lettera c, del
decreto-legge n. 158 del 2012; art. 1 del decreto ministeriale della
salute 8 febbraio 2013, recante «Criteri per la composizione e il
funzionamento dei comitati etici»: funzioni che involgono
specificamente la salvaguardia di soggetti vulnerabili e che si
estendono anche al cosiddetto uso compassionevole di medicinali nei
confronti di pazienti affetti da patologie per le quali non siano
disponibili valide alternative terapeutiche (articoli 1 e 4 del
decreto del Ministro della salute 7 settembre 2017, recante
«Disciplina dell'uso terapeutico di medicinale sottoposto a
sperimentazione clinica»).
Nella richiamata sentenza del 2019, codesta Corte, sempre
ribadendo che l'intervento del legislatore statale risulta non
surrogabile a livello regionale, ha chiaramente individuato quali
siano gli organismi (di costituzione statale) che, nelle more di un
intervento del Parlamento, sono idoneamente legittimati ad esprimere
il parere sulle condizioni di pazienti affetti da una patologia
irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche.
I «comitati etici» ai quali la Corte ha fatto riferimento sono
invero quelli previsti dall'art. 12, comma 10, del decreto-legge n.
158/2012 (convertito con legge n. 189/2012) che sono stati, in prima
battuta disciplinati, nei requisiti minimi, per assicurare
uniformita' di composizione e funzioni sul territorio nazionale, con
il decreto ministeriale Salute dell'8 febbraio 2013, il cui art. 1,
comma 2, stabiliva che «ove non gia' attribuita a specifici
organismi, i comitati etici possono svolgere anche funzioni
consultive in relazione a questioni etiche connesse con le attivita'
scientifiche e assistenziali, allo scopo di proteggere e promuovere i
valori della persona. I comitati etici, inoltre, possono proporre
iniziative di formazione di operatori sanitari relativamente a temi
in materia di bioetica».
Successivamente, e' intervenuto un nuovo provvedimento
legislativo (la legge n. 3/2018, recante «Delega al Governo in
materia di sperimentazione clinica di medicinali nonche' disposizioni
per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza
sanitaria del Ministero della salute»), con l'obiettivo, tra gli
altri, di razionalizzare e ridurre i comitati etici. Con i
summenzionati successivi decreti del Ministero della salute del
gennaio 2023 e' stata data attuazione alla disposizione normativa del
2018. In particolare, con il decreto ministeriale del 26 gennaio 2023
sono stati individuati i quaranta comitati etici territoriali da
mantenere in funzione, e con il decreto ministeriale 30 gennaio 2023
sono stati definiti i criteri per la composizione e il funzionamento
dei comitati etici territoriali.
Questi comitati etici, ridisegnati sulla base, oltretutto, di
un'intesa raggiunta in Conferenza Stato-Regioni, sono dunque proprio
quelli ai quali ha fatto riferimento la Corte costituzionale come
unici organismi competenti a rendere le eventuali valutazioni dalla
stessa Corte indicate.
In altri termini, secondo la Corte costituzionale, solo i
comitati tecnici territoriali - siccome regolati in maniera uniforme
sul territorio nazionale da disposizioni statali, e competenti, in
via esclusiva, alla valutazione off label per fini compassionevoli di
farmaci - possono essere interpellati per rendere i pareri che
saranno poi rilevanti al fine di considerare non punibile, a fini
penali, la condotta di chi asseconda la scelta di un paziente
versante nelle condizioni individuate dalla Corte medesima.
La Commissione non e', all'evidenza, uno dei comitati etici
individuati nell'elenco allegato al decreto ministeriale Salute del
30 gennaio 2023, e non e' neppure un comitato che possa ritenersi
rientrante nella previsione di cui all'art. 1, comma 4, del decreto
ministeriale Salute del 26 gennaio 2023. Essa e' infatti un organismo
di esclusiva provenienza regionale.
Non puo' dunque rimettersi la valutazione prevista dalla Corte ai
fini della scriminante della responsabilita' penale a organismi di
volta in volta creati, con regole autonome, da ciascuna regione.
Basti qui considerare, onde avvedersi della inappropriatezza della
previsione legislativa regionale, che la Commissione risulta essere
dotata di una composizione particolarmente ampia (sette membri),
senza tuttavia prevedere se essa si debba esprimere all'unanimita' o
a maggioranza: profilo decisivo per connotare l'operare concreto
dell'istituto perche', se prevalesse una deliberazione a maggioranza,
potrebbero essere private di peso competenze, invece, essenziali; al
contrario, se si pervenisse a richiederne una deliberazione unanime,
verrebbero poste sullo stesso piano competenze differenti, di peso
diverso.
La scelta delle diverse professionalita' operata dalla legge
regionale deriva probabilmente dall'improprio cumulo sul medesimo
organo sia della competenza a valutare i presupposti di accesso al
percorso, sia della competenza ad approvare, dal punto di vista
medico, le modalita' di esecuzione della procedura di suicidio
medicalmente assistito.
Quello che e' certo e' che la concreta scelta delle
professionalita' destinate a comporre la Commissione e' radicalmente
diversa da quella fissata dalla normativa statale per i comitati
etici richiamati dalla sentenza n. 242/2019 della Corte
costituzionale.
3.3 Ne deriva che anche le relative previsioni regionali sulla
istituzione e sui compiti di tale Commissione si pongono, ex se
considerate, in contrasto con la competenza legislativa statale
esclusiva in materia di «ordinamento civile e penale» di cui all'art.
117, secondo comma, lett. l), della Costituzione.
Esse, d'altra parte, si pongono anche in contrasto con l'art.
117, secondo comma, lett. m), della Costituzione, in uno con i
parametri legislativi statali interposti di cui all'art. 1, commi
556, 557 e 558, della legge n. 208/2015 (la quale disciplina, come
noto, le modalita' necessariamente condivise tra Stato e Regioni di
definizione e di aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza
sanitaria) e di cui all'art. 2 della legge n. 3/2018, il cui comma 7
ha demandato ad apposito decreto del Ministro della salute la
individuazione dei comitati etici territoriali poi considerati dalla
Corte costituzionale nella sentenza n. 242/2019.
Valga al riguardo considerare che la istituzione della
Commissione (si rimarca, di derivazione esclusivamente regionale),
con i compiti dettagliati nel corpo della L.R. Toscana n. 16/2025,
sopravanza, in concreto, la imprescindibile esigenza che la
determinazione di eventuali ulteriori livelli di assistenza sanitaria
(come all'evidenza pretende di fare la legge regionale impugnata), e
le modalita' con cui in concreto tali livelli possano o debbano
essere assicurati, vada effettuata non in via autonoma dalle singole
Regioni, ma con il necessario coinvolgimento dello Stato, anche al
fine di assicurare omogeneita' di trattamento a livello nazionale.
3.4 Analoghe considerazioni, e correlative censure di
incostituzionalita', vanno svolte per i «comitati per l'etica nella
clinica» gia' operanti presso le ASL toscane in base all'art. 99
della L.R. Toscana n. 40/2005 (4) , ed ai quali la L.R. Toscana n.
16/2025 (la quale prevede all'art. 4, comma 3, che anche ad essi vada
trasmessa l'istanza della persona interessata e la relativa
documentazione) assegna compiti consultivi «sugli aspetti etici del
caso», tanto con riguardo alla fase di verifica dei requisiti per
l'accesso alla procedura (cfr. art. 5, comma 4), sia sull'adeguatezza
del protocollo attuativo (cfr. art. 6, comma 5).
Di tali pareri, la legge regionale non specifica se siano
obbligatori o facoltativi, vincolanti o meno, o in caso idonei ad
imporre alla Commissione, ove di segno contrario rispetto alla
istanza della persona interessata, una valutazione rinforzata.
Anche il ruolo di questi comitati verrebbe illegittimamente a
sovrapporsi a quello dei «comitati etici territoriali» richiamati
dalla Corte costituzionale nella piu' volte menzionata sentenza n.
242/2019.
(1) L'art. 1 testualmente prevede che «la Regione Toscana,
nell'esercizio delle proprie competenze, disciplina le modalita'
organizzative per l'attuazione di quanto disposto dalle sentenze
della Corte costituzionale 25 settembre 2019, n. 242 e 1° luglio
2024, n. 135, relative al suicidio medicalmente assistito».
(2) L'art. 2 della legge regionale in discorso testualmente recita:
«Fino all'entrata in vigore della disciplina statale, possono
accedere alle procedure relative al suicidio medicalmente
assistito le persone in possesso dei requisiti indicati dalle
sentenze della Corte costituzionale 242/2019 e 135/2024, con le
modalita' previste dagli articoli 1 e 2 della legge 22 dicembre
2017, n. 219 (Norme in materia di consenso informato e di
disposizioni anticipate di trattamento)».
(3) L'art. 7, comma 2, della legge in discorso testualmente recita:
«Le prestazioni e i trattamenti disciplinati dalla presente legge
costituiscono un livello di assistenza sanitaria superiore
rispetto ai livelli essenziali di assistenza. La Regione fa
fronte con risorse proprie agli effetti finanziari connessi a
tali prestazioni e trattamenti, in conformita' a quanto statuito
dall'art. 13 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502
(Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma
dell'art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421)».
(4) Art. 99 della L.R. Toscana n. 40/2025: «1. I comitati per l'etica
nella clinica sono organismi indipendenti e multidisciplinari di
livello aziendale garanti dei diritti, della dignita' e della
centralita' dei soggetti utenti delle strutture sanitarie e
strumenti di diffusione della cultura bioetica. Sono finalizzati
all'esame degli aspetti etici attinenti alla programmazione e
all'erogazione delle prestazioni sanitarie, nonche' a sviluppare
e supportare i relativi interventi educativi della popolazione e
di formazione bioetica del personale; la Commissione regionale di
bioetica supporta l'attivita' regionale di indirizzo e
coordinamento dei comitati per l'etica nella clinica. 2. La
Giunta regionale, con proprio provvedimento, definisce la
costituzione, la composizione e il funzionamento dei comitati per
l'etica nella clinica, in applicazione delle normative nazionali
ed europee in materia. 3. La partecipazione ai comitati per
l'etica nella clinica non comporta la corresponsione di alcuna
indennita' di carica o di presenza. E' fatto salvo il rimborso
delle spese sostenute, che e' posto a carico dell'azienda
sanitaria presso cui e' istituito il comitato. Per i componenti
dei comitati per l'etica nella clinica dipendenti del servizio
sanitario regionale tale funzione e' considerata come attivita'
istituzionale da svolgersi in orario di lavoro».
P. Q. M.
Per tutto quanto sopra dedotto e considerato, il Presidente del
Consiglio dei ministri, come in epigrafe rappresentato, difeso e
domiciliato,
ricorre alla Ecc.ma Corte costituzionale affinche' la stessa
voglia dichiarare - in accoglimento delle suesposte censure, la
illegittimita' costituzionale della L.R. Toscana 14 marzo 2025, n.
16, nonche' degli articoli in precedenza indicati, per le ragioni e
nei termini dettagliati nel presente ricorso.
Si deposita la seguente documentazione:
1) copia autentica dell'estratto del verbale relativo alla
deliberazione del Consiglio dei ministri del 9 maggio 2025, con
allegata relazione;
2) copia della legge della Regione Toscana 14 marzo 2025, n.
16.
Roma, 14 maggio 2025
Gli Avvocati dello Stato: Fiorentino - Galluzzo - Caselli