˙ Sentenza  406/1989 (ECLI:IT:COST:1989:406)
Giudizio:  GIUDIZIO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE TRA POTERI DELLO STATO
Presidente: SAJA - Redattore:  - Relatore: CORASANITI
Udienza Pubblica del 13/06/1989;    Decisione  del 06/07/1989
Deposito del 14/07/1989;    Pubblicazione in G. U. 26/07/1989
Norme impugnate:  
Massime:  13601 13602 13603
Atti decisi: 

Pronuncia

N. 406

SENTENZA 6-14 LUGLIO 1989

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio promosso con ricorso della Corte dei conti notificato il 2 maggio 1989, depositato in Cancelleria il 9 maggio 1989 ed iscritto al n. 6 del registro ricorsi 1989, per conflitto di attribuzione sorto a seguito dell'omessa sottoposizione al controllo della Corte dei conti del d.P.R. 27 dicembre 1985, n. 1142 e dell'approvazione dell'art. 16, comma primo, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il quale sottrae al controllo della Corte dei conti "i decreti del Presidente della Repubblica, adottati su deliberazione del Consiglio dei ministri, ai sensi degli artt. 76 e 77 della Costituzione";

Visti gli atti di costituzione della Camera dei deputati, del Senato e del Governo;

Udito nell'udienza pubblica del 13 giugno 1989 il Giudice relatore Aldo Corasaniti;

Uditi gli avvocati Alessandro Pace e Federico Sorrentino per la Corte dei conti, Paolo Barile, Feliciano Benvenuti e Alberto Predieri per la Camera dei deputati e per il Senato e l'Avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri;

Ritenuto in fatto

1. - Con ricorso depositato il 15 aprile 1989, la Corte dei conti, Sezione di controllo, in persona del presidente pro-tempore, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Governo della Repubblica nonché, "ove occorra", del Ministero di grazia e giustizia, in relazione all'omessa sottoposizione ad essa Corte dei conti del d.P.R. 27 dicembre 1985, n. 1142 (Trasferimento alla regione Valle d'Aosta delle funzioni in materia di industria, commercio, annona e utilizzazione delle miniere) prima della sua pubblicazione, e alla pubblicazione medesima, e nei confronti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica in relazione all'approvazione dell'art. 16, primo comma, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri) - che sottrae al controllo della Corte dei conti "i decreti del Presidente della Repubblica, adottati su deliberazione del Consiglio dei ministri, ai sensi degli artt. 76 e 77 della Costituzione" -, lamentando la lesione del potere di controllo sugli "atti del Governo" ad essa attribuito dall'art. 100, secondo comma, della Costituzione.

Espone la ricorrente che il 20 gennaio 1986 veniva ad essa trasmesso per il controllo di legittimità il suindicato decreto adottato in attuazione di delega conferita al Governo. L'ufficio di controllo aveva restituito il decreto, non registrato, con rilievo istruttorio.

La Presidenza del Consiglio dei ministri, che non aveva ritrasmesso alla Corte il decreto, a seguito dell'emanazione della legge 23 agosto 1988, n. 400 procedeva alla pubblicazione dello stesso sulla Gazzetta Ufficiale numero 4 del 5 gennaio 1989, pretermettendo il procedimento di controllo.

La Sezione di controllo, convocata dal Presidente della Corte a seguito della richiesta del consigliere delegato al controllo sugli atti del Governo, rilevava: che era stato "esercitato il potere di procedere alla pubblicazione di un decreto legislativo in maniera tale da compromettere l'esercizio delle attribuzioni della Corte dei conti in materia di controllo ad essa attribuite dall'art. 100, secondo comma, della Costituzione"; che tale comportamento del Governo, peraltro, trovava fondamento nell'art. 16, primo comma, della legge n. 400 del 1988. Affermata la propria competenza a dichiarare definitivamente la volontà del potere di controllo spettante alla Corte dei conti, la Sezione di controllo deliberava di proporre conflitto di attribuzioni nei confronti delle Camere e del Governo "per avere illegittimamente menomato" le attribuzioni costituzionali della Corte dei conti, richiedendo a questa Corte "di dichiarare che spetta alla Corte dei conti di effettuare il controllo preventivo di legittimità sui decreti legislativi; per il caso di ravvisata inoppugnabilità mediante conflitto di attribuzione di una disposizione di legge - l'art. 16, primo comma, della legge n. 400 del 1988 -, e quindi di inammissibilità del conflitto nei confronti delle Camere, deliberava di prospettare, in linea subordinata, la possibilità che questa Corte sollevasse, in via incidentale, la questione di illegittimità costituzionale, in riferimento all'art. 100, secondo comma, della Costituzione, di tale norma.

2. - Con ordinanza del 22 aprile 1989, questa Corte dichiarava ammissibile il conflitto nei confronti del Senato della Repubblica, della Camera dei deputati e del Governo della Repubblica, ma non anche nei confronti del Ministero di grazia e giustizia, e fissava il termine per la notifica del ricorso.

3. - Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, concludendo per l'inammissibilità e comunque per l'infondatezza dei conflitti.

Il resistente nega preliminarmente la legittimazione attiva della Corte dei conti a sollevare conflitto, nell'esercizio della funzione di controllo, trattandosi di organo ausiliario del Governo, che non può essere considerato potere dello Stato a norma dell'art. 134 della Costituzione né organo competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartiene. Quanto al conflitto nei confronti del Parlamento, soggiunge l'Avvocatura dello Stato che gli atti aventi forza di legge non possono costituire oggetto di conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.

Nel merito, il Presidente del Consiglio contesta la fondatezza della tesi, che la Corte dei conti prospetta, secondo cui la disciplina del controllo di legittimità sarebbe posta non più dalle leggi, bensì direttamente dall'art. 100, secondo comma, della Costituzione, ed avrebbe ad oggetto tutti gli atti del Governo, senza possibilità di deroghe od eccezioni.

La formula "esercita il controllo preventivo", più che adombrare una modifica della disciplina del controllo posta dall'art. 17 del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214 (testo unico delle leggi sulla Corte dei conti), sembra infatti attribuire dignità costituzionale a regole generali della legislazione ordinaria, che non escludono deroghe ed eccezioni poste da leggi ordinarie. Ma, se l'art. 100, secondo comma, ha consacrato una regola generale derogabile - che derogabile era già in forza dell'art. 17 del t.u. del 1934 -, il vaglio di legittimità costituzionale dell'art. 16 della legge n. 400 del 1988 va operato verificando se la sottrazione dei decreti legge e dei decreti delegati al controllo della Corte dei conti sia giustificata da altre norme e princìpi costituzionali. E tale giustificazione ben si trae: dalla collocazione dell'art. 100 nel titolo della Costituzione dedicato al Governo, laddove gli artt. 76 e 77 fanno parte della sezione che riguarda la formazione delle leggi; dalla incompatibilità del controllo preventivo della Corte dei conti con la norma contenuta nell'art. 87 della Costituzione, che attribuisce al Presidente della Repubblica la promulgazione e l'emanazione dei decreti aventi valore di legge; dal rilievo che il controllo della Corte dei conti sugli atti aventi valore di legge non solo si aggiunge, ma anche male si distingue, per il contenuto, da quello della Corte costituzionale, ex art. 134 della Costituzione, tendenzialmente esclusivo; dalla considerazione, quanto ai decreti legge, che il controllo preventivo è in contrasto con la responsabilità attribuita al Governo dall'art. 77 della Costituzione, con l'urgenza che ne giustifica l'adozione e con il controllo, sia pure successivo, ma necessario, del Parlamento, pure prescritto dall'art. 77, ultimo comma.

4. - Si è costituito in giudizio il Senato della Repubblica, in persona del Presidente pro-tempore, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile e comunque infondato.

In ordine all'ammissibilità del conflitto sotto il profilo soggettivo, il resistente osserva che la Corte dei conti, nell'esercizio delle funzioni di controllo, è organo ausiliario di semplice rilievo costituzionale, sicché non può essere ritenuta soggetto sostanziale del conflitto tra poteri.

Quanto all'oggetto del giudizio, e segnatamente all'impugnazione dell'art. 16 della legge n. 400 del 1988 in sede di conflitto, eccepisce che per la contestazione della legittimità costituzionale delle leggi ordinarie la Costituzione ha previsto un meccanismo tipico, che la ricorrente intende così aggirare.

Nel merito, rileva che la prassi applicativa dell'art. 17 del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, che ha esteso il controllo nei confronti dei decreti legge e dei decreti delegati, se era giustificata dal quadro politico pre-repubblicano, nel quale non era sufficiente il controllo parlamentare, contrasta invece con il quadro istituzionale definito dalla Costituzione, che ha potenziato il controllo parlamentare sugli atti aventi forza di legge ed ha introdotto, con il controllo di legittimità costituzionale, "un meccanismo di garanzia che completa e chiude il sistema dei controlli attivabili nei confronti di tali atti".

La formula usata dall'art. 100, secondo comma, è del resto generica, e lascia al legislatore ordinario ampi spazi per definire la consistenza e l'estensione dei poteri di controllo della Corte dei conti, esentandone, tra gli atti attribuibili al Governo, i decreti delegati.

In definitiva, ad avviso del resistente, il controllo di legittimità sull'esercizio delle funzioni legislative da parte del Governo è necessariamente un controllo di legittimità costituzionale, previsto ed ammissibile solo nelle sue sedi naturali: il controllo del Parlamento (artt. 77 e 76 della Costituzione); il potere di rinvio del Presidente della Repubblica; il giudizio dinanzi alla Corte costituzionale.

5. - Nel giudizio si è altresì costituita la Camera dei deputati, in persona del Presidente pro-tempore, che ha concluso negli stessi termini del Senato, sulla base di conformi argomentazioni.

6. - In prossimità dell'udienza hanno depositato memorie la Corte dei conti, e, con unico atto, il Senato e la Camera.

Considerato in diritto

1. - Con l'ordinanza pronunciata ai sensi del terzo e del quarto comma in relazione al primo comma dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, questa Corte ha dato corso al presente conflitto nei confronti del Governo in ordine alla mancata sottoposizione a controllo preventivo (visto e registrazione) della Corte dei conti e all'intervenuta pubblicazione, malgrado tale mancata sottoposizione, del decreto delegato d.P.R 27 dicembre 1985, n. 1142, e nei confronti del Parlamento in ordine alla "approvazione" dell'art. 16 della legge 23 agosto 1988, n. 400, nella parte in cui non assoggetta al detto controllo preventivo i decreti adottati ai sensi degli artt. 76 e 77 della Costituzione (atti del Governo di normazione primaria).

Stante il carattere delibativo della pronuncia, vanno tuttavia ulteriormente verificati i requisiti soggettivi ed oggettivi, che sono contestati dai resistenti per quel che concerne l'attitudine della Corte dei conti a sollevare il conflitto, nonché l'idoneità della legge ad esserne oggetto.

2. - Quanto al primo punto, il problema non è senz'altro risolto dalle pronunce di questa Corte (sent. n. 129 del 1981, ord. n. 150 del 1980) che hanno riconosciuto la proponibilità contro la Corte dei conti di conflitti di attribuzione sollevati in relazione alla instaurazione del giudizio di conto. In tal caso, infatti, la Corte dei conti veniva in considerazione relativamente a una funzione giurisdizionale (garantita dall'art. 103 della Costituzione). E l'esercizio di una siffatta funzione è stato costantemente ritenuto da questa Corte legittimante sotto l'aspetto attivo e sotto quello passivo al conflitto fra poteri dello Stato.

Precedente più significativo è quello costituito dal riconoscimento del potere della Corte dei conti di sollevare questioni di legittimità costituzionale come operato da questa Corte con la sentenza n. 226 del 1976 sul presupposto della assimilabilità della funzione di controllo preventivo (esercitata allora su un decreto delegato e nell'esercizio della quale era stata sollevata la questione di legittimità costituzionale della legge di delega) alla funzione giurisdizionale.

Tuttavia non si può non avvertire che altro è il potere di sollevare in via incidentale questione di legittimità costituzionale, allora esteso alla Corte dei conti sul cennato presupposto, altro è l'attitudine a sollevare conflitto fra poteri, da questa Corte fino ad ora riconosciuta a qualsiasi giudice, ma in relazione all'esercizio della giurisdizione in senso stretto.

Il problema va quindi impostato avendo riguardo alla posizione della Corte dei conti nell'esercizio della funzione di controllo preventivo e tenendo conto delle obbiezioni sollevate dai resistenti, i quali contestano che tale posizione possa considerarsi qualificata da piena autonomia, in ragione del rapporto di ausiliarietà della funzione in discorso rispetto al Governo e/o al Parlamento.

Ma, se l'ausiliarietà di una funzione consiste in ciò, che questa è attribuita direttamente dalla Costituzione a un dato organo dello Stato al fine di assicurare il più corretto o di agevolare il più efficiente svolgimento delle funzioni di altri organi, certamente ricorre nel primo quella posizione di piena autonomia, che lo abilita a sollevare conflitto ai sensi dell'art. 134 della Costituzione contro un atto o comportamento di qualsiasi altro organo - ivi compresi gli organi costituzionali ausiliati in una delle forme sopraindicate - che esso reputi lesivo dell'attribuzione di cui è costituzionalmente investito.

Orbene, tanto qui si verifica per la Corte dei conti, la quale, investita dall'art. 100, secondo comma, della Costituzione, del controllo preventivo sugli atti del Governo, denuncia la lesione da parte del Governo e del Parlamento di tale attribuzione, chiedendo a tal fine la verifica dell'ambito della medesima. E ciò indipendentemente dalla soluzione da dare al problema, se il controllo in argomento si estenda agli atti del Governo aventi valore di legge, problema che attiene al merito del conflitto.

3. - Quanto al secondo punto, la Corte ritiene che, in linea di princi'pio, il conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato non possa ritenersi dato contro una legge o un atto equiparato.

Ciò non soltanto in vista della ragionevole esigenza di bilanciare la relativa latitudine della cerchia degli organi abilitati al conflitto fra poteri (non necessariamente organi costituzionali) con una più rigorosa delimitazione dell'ambito oggettivo del conflitto stesso. Ma soprattutto in quanto - a parte le difficoltà, avvertite anche dalla dottrina favorevole alla tesi opposta, cui andrebbe incontro il coordinamento fra il sistema delle misure previsto per gli atti invasivi dall'art. 37 segg. della legge n. 87 del 1953 (misura dell'annullamento ai sensi dell'art. 38, e, se applicabile, misura della sospensione ai sensi dell'art. 40) e quello sancito per le leggi dichiarate costituzionalmente illegittime dagli artt. 136, primo comma, della Costituzione e 30, terzo comma, della legge n. 87 del 1953 - la sperimentabilità del conflitto contro gli atti suindicati finirebbe con il costituire un elemento di rottura del nostro sistema di garanzia costituzionale, sistema che, per quanto concerne la legge (e gli atti equiparati), è incentrato nel sindacato incidentale.

Tale strutturazione della nostra garanzia costituzionale è da ritenere, infatti, frutto di una consapevole scelta operata, in riferimento agli artt. 137 e 127 della Costituzione, con la legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1. È una scelta, la quale, oltre che alla ponderata valutazione dei modelli preesistenti di garanzia costituzionale, si correla all'idea, rimasta portante nel nostro sistema costituzionale, della preminenza della legge e degli atti equiparati.

In considerazione della riferibilità di tali atti al più alto livello di rappresentatività politica generale (riferibilità diretta per le leggi e indiretta per gli atti di normazione primaria del Governo) e al più alto livello di autonomia (leggi regionali e provinciali), si è così ritenuto, per un verso, di sottrarli in linea generale ad iniziative volte ad ostacolarne, in via preventiva, l'efficacia (con la sola eccezione delle impugnazioni dirette promosse, entro brevi termini perentori, nei reciproci rapporti fra Stato e Regione a salvaguardia delle rispettive competenze legislative, nella prospettiva di un conflitto fra enti o fra ordinamenti, che è distinta da quella del sindacato incidentale, ma non è riconducibile, nel nostro sistema, a quella del conflitto fra poteri). Per altro verso, di impedire che gli atti stessi, se sospetti di incostituzionalità, trovassero applicazione in sede giurisdizionale, con irrimediabile pregiudizio per l'attuazione dei valori costituzionali nell'assetto dei rapporti giuridici.

Complessa disciplina, questa, cui è sotteso da un lato un particolare favore per l'operatività della legge e degli atti equiparati e dall'altro il postulato che la loro costituzionalità vada verificata nel loro impatto sociale, cioè nella loro (concreta) incidenza sugli interessi reali.

Certo può avvenire che, in relazione a leggi (o atti equiparati) che concernano direttamente competenze di organi pubblici e non anche l'ordine sostanziale e le connesse situazioni soggettive, e soprattutto non influiscano restrittivamente su queste ultime, si presentino scarse occasioni di controversia, e conseguentemente si formino zone franche di incostituzionalità. Ma a tale inconveniente può porsi rimedio (non già estendendo interpretativamente l'ambito del conflitto, bensì) modificando (ovviamente in via di revisione costituzionale) il sistema con l'introduzione di nuove impugnazioni in via principale (eventualmente ad opera di dati soggetti od organi e contro leggi ed atti equiparati aventi dati oggetti e/o per dati vizi). E d'altra parte va considerato che questa Corte, con la sentenza n. 226 del 1976, aveva ritenuto il potere della Corte dei conti (peraltro con le conseguenti limitazioni per lo stesso controllante delle quali sarà detto appresso) di sollevare questioni incidentali di legittimità costituzionale in sede di controllo preventivo: potere che, per la parte concernente il controllo preventivo sugli atti del Governo applicativi della legge e degli atti equiparati, non sarebbe incompatibile con l'entrata in vigore della norma fatta oggetto di conflitto.

Tutto ciò importa l'inammissibilità del conflitto in quanto proposto contro l'art. 16 delle legge n. 400 del 1988 e quindi nei confronti del Parlamento.

Nulla si oppone, invece, all'ammissibilità del conflitto in quanto proposto nei confronti del Governo contro l'omessa sottoposizione al controllo preventivo della Corte dei conti, e contro l'intervenuta pubblicazione, malgrado tale omissione, del decreto delegato n. 1142 del 1985.

4. - Occorre dunque scendere all'esame del merito del conflitto, e cioè del problema se il comportamento addebitato al Governo sia lesivo della attribuzione di controllo preventivo sugli atti del Governo conferita alla Corte dei conti dall'art. 100, secondo comma, della Costituzione, problema implicante quello relativo alla legittimità, in riferimento al richiamato precetto costituzionale, della norma di legge (art. 16 della legge n. 400 del 1988), che esonera dal detto controllo gli atti del Governo di normazione primaria.

In dottrina non erano mancati dubbi sulla stessa sopravvivenza, dopo l'entrata in vigore della Costituzione e del sindacato di legittimità costituzionale della legge e degli atti equiparati con essa introdotto e riservato a questa Corte costituzionale, dell'art. 17 del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214 (Approvazione del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti) nella parte in cui assoggettava a controllo preventivo della Corte dei conti (in quanto già "decreti reali") anche gli atti di normazione primaria del Governo. E ciò anche in relazione alla costante affermazione, da parte di questa Corte, della soggezione al detto sindacato sia dei decreti legge che dei decreti delegati, e di questi anche sotto il profilo della violazione della legge di delega (ricompresa nella violazione dell'art. 76 della Costituzione).

Né erano mancate riserve circa la legittimità costituzionale, per le ragioni suindicate, dello stesso art. 17 in parte qua.

Ai fini del decidere è peraltro sufficiente accertare se l'art. 100, secondo comma, della Costituzione, in conformità della tesi posta a base del ricorso per conflitto, implichi necessariamente la istituzione e, quindi, la conservazione del controllo preventivo della Corte dei conti nei confronti degli atti del Governo suindicati. Se così fosse la sottrazione al controllo preventivo di tali atti come operata con la norma impugnata potrebbe apparire in contrasto con l'invocata norma costituzionale e in violazione di una competenza da essa assicurata alla Corte dei conti.

Ma è manifesto che così non è, tanto per quel che concerne il prospettato contrasto, rispetto al quale non è dunque necessario sollevare in via incidentale questione di legittimità costituzionale, quanto per quel che concerne le conseguenze che se ne vogliono trarre sulla soluzione del conflitto.

L'art. 100 garantisce costituzionalmente il controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti sugli atti del Governo, non anche l'assoggettamento a tale controllo degli atti del Governo aventi valore di legge: garanzia ulteriore, questa, che dovrebbe risultare dal sistema costituzionale nel suo complesso, con particolare riguardo alle norme che regolano l'esercizio della funzione legislativa del Governo ai sensi degli artt. 76 e 77 della Costituzione, ed a quelle che stabiliscono il regime (valore) della legge e degli atti equiparati.

Sul primo punto è decisiva, per quel che riguarda i decreti adottati ai sensi dell'art. 76 della Costituzione, la considerazione della necessità della delegazione legislativa con i requisiti della delimitazione del tempo e della definizione dell'oggetto, nonché della prefissione di princi'pi e criteri direttivi, e, per quel che riguarda i decreti legge, la considerazione della necessità della conversione da parte del Parlamento. A tali forme di controllo si aggiunge il controllo sulla responsabilità politica del Governo in ordine al corretto uso complessivo del potere di normazione primaria. L'esercizio della funzione legislativa da parte del Governo vede, cioè, in primo luogo, nel Parlamento il titolare dei controlli costituzionalmente necessari.

Fra tali controlli va tuttavia annoverato anche quello spettante al Presidente della Repubblica in sede di emanazione degli atti del Governo aventi valore di legge ai sensi dell'art. 87, quinto comma, della Costituzione, che è ritenuto di intensità almeno pari a quello spettante allo stesso Presidente sulle leggi ai sensi dell'art. 87, terzo comma, della Costituzione.

Nel quadro dei controlli costituzionalmente necessari così tracciato non entra dunque l'intervento della Corte dei conti mediante visto e registrazione preventivi.

Del resto questa Corte, con la citata sentenza n. 226 del 1976, affrontando ex professo il problema dei rapporti fra il detto controllo preventivo e il sindacato di legittimità costituzionale, aveva ritenuto che la Corte dei conti non potesse rifiutare senz'altro il visto e la registrazione in caso di ravvisate incostituzionalità - in che sarebbe consistito il contenuto proprio di un controllo preventivo esteso all'incostituzionalità - ma dovesse, in tal caso, promuovere il sindacato incidentale di questa Corte.

Ché, se si pone mente al regime degli atti di normazione primaria (valore di legge), non può non riconoscersi che esso, se non esclude assolutamente, almeno non implica il controllo preventivo di tali atti esteso alla loro legittimità costituzionale. Anche se un controllo così esteso avrebbe potuto fungere, secondo quanto ritenuto dalla sentenza n. 226 del 1976 di questa Corte, da strumento del sindacato incidentale di costituzionalità sugli atti stessi, fermo restando che, come sopra osservato, il controllante sarebbe stato tenuto a denunciare a questa Corte la sospettata incostituzionalità, e a sospendere la registrazione, senza potere esso stesso rilevare l'incostituzionalità al fine di negare la medesima.

Da quanto detto segue che il conflitto va risolto nel senso di dichiarare che spetta al Governo adottare i decreti legge ed i decreti delegati senza successivamente sottoporli a visto e registrazione della Corte dei conti.

5. - Tuttavia la Corte non può nell'occasione non farsi eco, anche in considerazione della diffusa preoccupazione per la crescente ingovernabilità della spesa pubblica, della esigenza che siano introdotti meccanismi idonei ad assicurare nel modo più efficace la rigorosa osservanza dell'art. 81 della Costituzione e/o ad ampliare l'accesso al sindacato di legittimità costituzionale da parte di questa Corte per violazione dello stesso art. 81.

Tale preoccupazione del resto è stata espressa sia durante i lavori preparatori della legge n. 400 del 1988, mediante la presentazione di numerosi emendamenti, che attraverso la proposizione di autonome iniziative legislative dirette ai fini suindicati.

Spetta ovviamente al Parlamento il perseguimento dei fini medesimi mediante la scelta fra gli strumenti già sottoposti, o che saranno sottoposti, al suo esame. Così come ad esso spetta la valutazione dell'opportuno equilibrio fra controllo preventivo e controllo sulla gestione e/o sui risultati, in vista del quale da più parti si auspica la ristrutturazione delle funzioni della Corte dei conti o il rafforzamento dei suoi poteri per un più efficiente svolgimento del ruolo che alla detta Corte compete rispetto al controllo politico parlamentare.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara inammissibile il conflitto fra poteri dello Stato promosso dalla Corte dei conti nei confronti del Parlamento avverso l'approvazione dell'art. 16 della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attività di Governo, ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri), con il ricorso indicato in epigrafe;

Dichiara che spetta al Governo adottare i decreti delegati e i decreti legge ai sensi rispettivamente degli artt. 76 e 77 della Costituzione, senza successivamente sottoporli a visto e registrazione della Corte dei conti.

Così deciso in Roma, nella Sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 luglio 1989.

Il Presidente: SAJA

Il redattore: CORASANITI

Il cancelliere: FRUSCELLA

Depositata in cancelleria il 14 luglio 1989.

Il cancelliere: FRUSCELLA