ORDINANZA N. 209
ANNO 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta da: Presidente: Giovanni AMOROSO; Giudici : Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI, Massimo LUCIANI, Maria Alessandra SANDULLI, Roberto Nicola CASSINELLI, Francesco Saverio MARINI,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 69, quarto comma, del codice penale, promosso dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Genova, nel procedimento penale a carico di W. J. con ordinanza del 27 marzo 2025, iscritta al n. 98 del registro ordinanze 2025 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell’anno 2025.
Udito nella camera di consiglio del 1° dicembre 2025 il Giudice relatore Stefano Petitti;
deliberato nella camera di consiglio del 1° dicembre 2025.
Ritenuto che, con ordinanza del 27 marzo 2025, iscritta al n. 98 del registro ordinanze 2025, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Genova ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 69, quarto comma, del codice penale, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante del fatto di lieve entità, introdotta con la sentenza n. 86 del 2024 di questa Corte, sulla circostanza aggravante della recidiva reiterata di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen.;
che il rimettente espone di dover giudicare, nelle forme del rito abbreviato condizionato, delle imputazioni per rapina impropria e per possesso ingiustificato di chiavi alterate e grimaldelli nei confronti di un soggetto che, introdottosi in una chiesa, sottraeva una scatola di sessanta cerini e spingeva il parroco per darsi alla fuga;
che, come riferito dal rimettente, in sede di discussione sia il pubblico ministero che il difensore dell’imputato, quest’ultimo in via subordinata rispetto all’assoluzione, chiedevano l’applicazione dell’attenuante della lieve entità introdotta con la citata sentenza n. 86 del 2024; la difesa chiedeva, inoltre, nel caso fosse stata accertata la recidiva reiterata contestata, di sollevarsi questione di legittimità costituzionale in ordine al divieto di prevalenza previsto dall’art. 69, quarto comma, cod. pen.;
che, ad avviso del giudice a quo, la questione sarebbe rilevante, non essendovi dubbi sulla qualificazione giuridica dei fatti come rapina impropria; sussisterebbero, inoltre, i presupposti per la recidiva reiterata, già applicata in altre cinque precedenti sentenze di condanna per reati contro il patrimonio e contro la persona, mostrando l’imputato una accresciuta pericolosità sociale; vi sarebbero, infine, le condizioni richieste dalla sentenza n. 86 del 2024 di questa Corte, attesa la modestia del fatto, consistito nella sottrazione di una confezione di sessanta cerini da chiesa, restituita intatta alle forze dell’ordine, e in una spinta al parroco settantenne che non ne ha provocato la caduta, né gli ha causato lesioni;
che, secondo il rimettente, l’applicazione al reato di rapina dell’attenuante della lieve entità introdotta da questa Corte non sarebbe impedita dal contestuale riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62, primo comma, numero 4), cod. pen., in quanto la giurisprudenza di legittimità avrebbe riconosciuto l’autonomia delle due attenuanti e l’ammissibilità del loro distinto apprezzamento (si richiama Corte di cassazione, sezione seconda penale, sentenza 4-13 dicembre 2024, n. 45792). L’art. 69, quarto comma, cod. pen., pertanto, impedirebbe al rimettente di assegnare prevalenza, nel giudizio di bilanciamento tra circostanze, all’attenuante introdotta da questa Corte rispetto alla recidiva reiterata, sicché le questioni sarebbero rilevanti;
che, ad avviso del rimettente, le questioni sarebbero altresì non manifestamente infondate sulla base delle sentenze di questa Corte che hanno già dichiarato l’illegittimità costituzionale parziale dell’art. 69, quarto comma, cod. pen. in relazione a specifiche circostante attenuanti;
che, in particolare, la sentenza n. 141 del 2023 ha eliso il divieto di prevalenza in rapporto all’attenuante di cui all’art. 62, primo comma, numero 4), cod. pen., mentre altre decisioni di questa Corte hanno introdotto l’attenuante della lieve entità per porre rimedio alla manifesta sproporzione della pena rispetto alla gravità oggettiva dei fatti, in riferimento al reato di estorsione (sentenza n. 120 del 2023) e al reato di rapina propria e impropria (sentenza n. 86 del 2024);
che, osserva il rimettente, il divieto di prevalenza di cui all’art. 69, quarto comma, cod. pen., per l’abnorme enfatizzazione della recidiva, violerebbe il principio della necessaria proporzione della pena rispetto all’offensività del fatto, essenziale per il conseguimento della sua finalità rieducativa (art. 27, terzo comma, Cost.), nonché i principi di individualizzazione della pena, ragionevolezza ed eguaglianza, determinando l’assoggettamento alla medesima pena di condotte significativamente diverse in termini di offensività;
che non è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, né si è costituito l’imputato del giudizio a quo.
Considerato che, con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Genova ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 69, quarto comma, cod. pen. nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante del fatto di lieve entità, introdotta con la sentenza n. 86 del 2024 di questa Corte, sulla circostanza aggravante della recidiva reiterata di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen.;
che, ad avviso del rimettente, tale omessa previsione violerebbe i principi di individualizzazione e necessaria proporzione della pena rispetto all’offensività del fatto, che costituirebbero condizione per il conseguimento della funzione rieducativa della pena di cui all’art. 27 Cost., nonché i principi di ragionevolezza e di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost., per l’assoggettamento alla medesima pena di condotte significativamente diverse in termini di offensività;
che, successivamente a tale ordinanza, questa Corte, con la sentenza n. 117 del 2025, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 69, quarto comma, cod. pen., nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante del fatto di lieve entità, introdotta con la sentenza n. 86 del 2024 in relazione al delitto di rapina, propria e impropria, sulla circostanza aggravante della recidiva reiterata di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen.;
che, in linea con la giurisprudenza costituzionale che aveva già dichiarato l’illegittimità costituzionale parziale dell’art. 69, quarto comma, cod. pen. in relazione a circostanze attenuanti espressive di un minor disvalore del fatto nella sua dimensione offensiva, nella sentenza n. 117 del 2025 questa Corte ha accertato che la norma censurata vanifica irragionevolmente la funzione di “valvola di sicurezza” alla radice dell’addizione operata con la sentenza n. 86 del 2024 e impedisce al giudice di applicare sanzioni diverse per situazioni distinte sul piano dell’offensività della condotta, in violazione dell’art. 3, primo comma, Cost. sia sotto il profilo della ragionevolezza, che sotto il profilo del principio di eguaglianza;
che, inoltre, a fronte di una fattispecie astratta connotata da intrinseca variabilità nella manifestazione in concreto degli elementi costitutivi, quale quella della rapina, l’impossibilità per il giudice di ritenere prevalente l’attenuante contraddice il principio di individualizzazione della pena (art. 27, primo comma, Cost.), che richiede di tenere conto dell’effettiva entità e delle specifiche esigenze dei singoli casi, e il principio di finalità rieducativa della pena, che deve orientare sia le scelte del legislatore nella individuazione del trattamento sanzionatorio, sia le decisioni dei giudici che determinano la pena da irrogare in concreto (sentenza n. 86 del 2024);
che il divieto inderogabile di prevalenza dell’attenuante in esame non è stato ritenuto compatibile neppure con il principio di proporzionalità della pena, idonea a tendere alla rieducazione del condannato ai sensi dell’art. 27, terzo comma, Cost., che implica un costante principio di proporzione tra qualità e quantità della sanzione, da una parte, e offesa, dall’altra (sentenza n. 117 del 2025, che richiama la sentenza n. 143 del 2021);
che la sopravvenuta declaratoria di illegittimità costituzionale della norma censurata, in accoglimento di questioni sovrapponibili alle odierne, rende queste ultime ormai prive di oggetto e, quindi, per giurisprudenza costante, ne determina la manifesta inammissibilità (da ultimo, ordinanza n. 35 del 2025).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 69, quarto comma, del codice penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Genova con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 1° dicembre 2025.
F.to:
Giovanni AMOROSO, Presidente
Stefano PETITTI, Redattore
Igor DI BERNARDINI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 29 dicembre 2025
Il Cancelliere
F.to: Igor DI BERNARDINI
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