ORDINANZA N. 208
ANNO 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta da: Presidente: Giovanni AMOROSO; Giudici : Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI, Massimo LUCIANI, Maria Alessandra SANDULLI, Roberto Nicola CASSINELLI, Francesco Saverio MARINI,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 583-quinquies del codice penale, inserito dall’art. 12, comma 1, della legge 19 luglio 2019, n. 69 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere), promosso dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Napoli, nel procedimento penale a carico di A. P. e A. A. con ordinanza del 21 marzo 2025, iscritta al n. 77 del registro ordinanze 2025 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell’anno 2025.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 1° dicembre 2025 il Giudice relatore Stefano Petitti;
deliberato nella camera di consiglio del 1° dicembre 2025.
Ritenuto che, con ordinanza del 21 marzo 2025, iscritta al n. 77 del registro ordinanze 2025, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Napoli ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27, commi primo e terzo, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 583-quinquies del codice penale, inserito dall’art. 12, comma 1, della legge 19 luglio 2019, n. 69 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere), «nella parte in cui non prevede una diminuente quando per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità»;
che il rimettente espone di essere chiamato a giudicare, con il rito abbreviato, due persone imputate del reato di cui alla norma censurata – ovvero, deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso – per avere esse, in concorso tra loro, causato a una terza persona lesioni gravissime, con parziale distacco di un padiglione auricolare;
che, in ordine alla rilevanza delle questioni, il giudice a quo deduce che, nell’ipotesi di condanna, pur applicando le riduzioni per le attenuanti generiche e la scelta del rito, non potrebbe irrogare, atteso il minimo edittale di otto anni di reclusione e l’omessa previsione della diminuente del fatto di lieve entità, una pena inferiore a tre anni, sei mesi e venti giorni di reclusione, a suo avviso sproporzionata rispetto alla gravità concreta del fatto;
che, in ordine alla non manifesta infondatezza, il rimettente reputa difforme dai principi di ragionevolezza, proporzionalità e finalità rieducativa della pena la rigidità del trattamento sanzionatorio disposto dalla norma censurata, poiché esso non consente al giudice di temperare la pena riguardo a «condotte lesive che, pur attingendo il volto, siano da ritenersi di minore gravità» in quanto, «sulla scorta di parametri oggettivi e verificabili, ad esempio la localizzazione in aree periferiche del volto stesso, oppure le dimensioni ridotte del segno lasciato», non determinino – come nella specie – «una alterazione sensibile dei tratti somatici della persona e, quindi, una lesione o una messa in pericolo, significativa e distintamente percepibile, dell’identità dell’individuo»;
che il giudice a quo sollecita pertanto un’additiva, che introduca per il reato di cui all’art. 583-quinquies cod. pen. l’attenuante della particolare tenuità del fatto, in linea con alcuni precedenti della giurisprudenza di questa Corte (sono menzionate le sentenze n. 86 del 2024 e n. 120 del 2023);
che, intervenuto in giudizio tramite l’Avvocatura generale dello Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri ha chiesto che le questioni siano dichiarate inammissibili o non fondate;
che, per la difesa statale, l’inammissibilità deriverebbe da un difetto di rilevanza, avendo lo stesso rimettente presentato la lesione al volto, oggetto del giudizio principale, come inidonea a integrare uno sfregio permanente, riconducibile alla previsione della norma censurata;
che le questioni sarebbero comunque non fondate, trovando il pur severo minimo edittale di cui alla norma stessa una ragionevole giustificazione nella «particolare gravità di una condotta che lede non solo l’integrità fisica ma la stessa individualità e dignità della vittima, incidendo sulla sua immagine, ovvero ciò che costituisce veicolo essenziale nei rapporti interpersonali».
Considerato che, con l’ordinanza indicata in epigrafe, il GUP del Tribunale di Napoli ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27, commi primo e terzo, Cost., questioni di legittimità costituzionale dell’art. 583-quinquies cod. pen., inserito dall’art. 12, comma 1, della legge n. 69 del 2019, «nella parte in cui non prevede una diminuente quando per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità»;
che, ad avviso del rimettente, tale omessa previsione lede i principi di ragionevolezza, proporzionalità e finalità rieducativa della pena, in quanto non consente al giudice di moderare la pena in rapporto alla gravità concreta del fatto, pur a fronte dell’elevato minimo edittale di otto anni di reclusione;
che, successivamente all’ordinanza di rimessione, questa Corte, con la sentenza n. 83 del 2025, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 583-quinquies, primo comma, cod. pen., «nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità»;
che tale sentenza ha riscontrato la violazione dei principi costituzionali di proporzionalità, personalizzazione e finalità rieducativa della pena, in quanto la norma censurata, per l’assenza della “valvola di sicurezza” dell’attenuante del fatto di lieve entità, «al cospetto di un minimo edittale di eccezionale asprezza e di una gamma multiforme di condotte punibili, determina il rischio di irrogazione di una sanzione eccessiva in concreto, pertanto insensibile al giudizio sulla personalità del reo e inidonea allo scopo della sua risocializzazione»;
che la sopravvenuta declaratoria di illegittimità costituzionale della norma censurata, in accoglimento di una questione sovrapponibile a quella in scrutinio, rende quest’ultima priva di oggetto e ne determina, quindi, la manifesta inammissibilità (tra molte, specificamente in materia penale, ordinanze n. 35 del 2025, n. 186 del 2024 e n. 86 del 2023);
che tale ragione di inammissibilità, per il suo carattere manifesto e radicale, assorbe l’eccezione di difetto di rilevanza delle questioni, sollevata dall’Avvocatura generale dello Stato.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 583-quinquies del codice penale, inserito dall’art. 12, comma 1, della legge 19 luglio 2019, n. 69 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere), sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 27, commi primo e terzo, della Costituzione, dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Napoli, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 1° dicembre 2025.
F.to:
Giovanni AMOROSO, Presidente
Stefano PETITTI, Redattore
Igor DI BERNARDINI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 29 dicembre 2025
Il Cancelliere
F.to: Igor DI BERNARDINI
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