Sentenza  200/2025 (ECLI:IT:COST:2025:200) Comunicato
Giudizio:  GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA PRINCIPALE
Presidente: AMOROSO - Redattore:  LUCIANI
Udienza Pubblica del 18/11/2025;    Decisione  del 18/11/2025
Deposito del 23/12/2025;    Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate:  Art. 1, c. 1°, della legge 28/02/2025, n. 20, nella parte in cui introduce, nel testo del decreto-legge 31/12/2024, n. 208, l’art. 9-bis, c. 2°.
Massime: 
Atti decisi: ric. 18/2025

Pronuncia

SENTENZA N. 200

ANNO 2025

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da: Presidente: Giovanni AMOROSO; Giudici : Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Massimo LUCIANI, Maria Alessandra SANDULLI, Roberto Nicola CASSINELLI, Francesco Saverio MARINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della legge 28 febbraio 2025, n. 20 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 dicembre 2024, n. 208, recante misure organizzative urgenti per fronteggiare situazioni di particolare emergenza, nonché per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza), nella parte in cui introduce, nel testo del decreto-legge 31 dicembre 2024, n. 208 (Misure organizzative urgenti per fronteggiare situazioni di particolare emergenza, nonché per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza), l’art. 9-bis, comma 2, promosso dalla Regione Toscana, con ricorso notificato il 16 aprile 2025, depositato in cancelleria il successivo 17 aprile, iscritto al n. 18 del registro ricorsi 2025 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell’anno 2025.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 18 novembre 2025 il Giudice relatore Massimo Luciani;

uditi l’avvocato Marcello Cecchetti per la Regione Toscana, nonché gli avvocati dello Stato Laura Paolucci ed Emanuele Feola per il Presidente del Consiglio dei ministri;

deliberato nella camera di consiglio del 18 novembre 2025.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso notificato il 16 aprile 2025, depositato il successivo 17 aprile e iscritto al n. 18 del registro ricorsi 2025, la Regione Toscana ha promosso, in riferimento agli artt. 5, 117, terzo comma, e 118, primo e secondo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della legge 28 febbraio 2025, n. 20 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 dicembre 2024, n. 208, recante misure organizzative urgenti per fronteggiare situazioni di particolare emergenza, nonché per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza), nella parte in cui introduce, nel testo del decreto-legge 31 dicembre 2024, n. 208 (Misure organizzative urgenti per fronteggiare situazioni di particolare emergenza, nonché per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza), l’art. 9-bis, comma 2.

1.1.− L’art. 9-bis, comma 2, ora menzionato, dispone che «[a]ll’articolo 19, comma 5-quater, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al terzo periodo, le parole: “entro il 30 novembre” sono sostituite dalle seguenti: “entro il 31 ottobre”; b) al quarto periodo, le parole: “Con deliberazione motivata della regione” sono sostituite dalle seguenti: “Con decreto del Ministro dell’istruzione e del merito”».

1.2.− La ricorrente ritiene che tale previsione normativa leda le attribuzioni regionali in materia di istruzione, in particolare per quanto concerne il dimensionamento scolastico, in quanto: i) l’anticipazione del termine di conclusione dell’iter per l’approvazione dei piani di dimensionamento della rete scolastica pregiudicherebbe il corretto esercizio della programmazione; ii) la previsione di un decreto ministeriale per prorogare il termine di approvazione dei piani esautorerebbe la Regione.

Più specificamente, la ricorrente sostiene che quelle impugnate sarebbero norme di dettaglio e autoapplicative, direttamente conformative delle modalità di esercizio della funzione di programmazione della rete scolastica, sicché ne risulterebbero compromesse le competenze legislative e amministrative regionali in materia di istruzione, di cui all’art. 117, terzo comma e all’art. 118, primo e secondo comma, Cost.

1.3.− La Regione ricorrente afferma che la normativa di cui ai commi 5-quater, 5-quinquies e 5-sexies dell’indicato art. 19, introdotta dall’art. 1, comma 557, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025) aveva previsto una nuova procedura per la quale, a decorrere dal 2023 (dunque a partire dal procedimento relativo all’anno scolastico 2024/2025), entro il 15 aprile il Ministero dell’istruzione e del merito avrebbe dovuto trasmettere alla Conferenza unificata lo schema di decreto che determinava su base triennale (con possibili modifiche annuali) i criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici (DS) e dei direttori dei servizi generali e amministrativi (DSGA) e la sua distribuzione tra le regioni. Questi criteri avrebbero dovuto tenere conto della consistenza della popolazione scolastica della singola regione e della necessità di salvaguardare le specificità delle istituzioni presenti nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da peculiarità linguistiche. Lo schema di decreto avrebbe dovuto essere inoltrato alla Conferenza unificata, al fine dell’accordo con la medesima e della successiva adozione del decreto, da parte del Ministro dell’istruzione e del merito di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro il 31 maggio dell’anno solare precedente all’anno scolastico di riferimento. Decorso inutilmente il termine del 31 maggio, il contingente organico dei DS e dei DSGA e la sua distribuzione tra le regioni sarebbero stati definiti con analogo decreto del Ministro dell’istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro il 30 giugno, sulla base di criteri puntualmente stabiliti nel comma 5-quinquies dell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito.

La Regione Toscana precisa che la legge n. 197 del 2022 aveva poi previsto che, a seguito di tale decreto interministeriale, le regioni avrebbero dovuto provvedere al dimensionamento della rete scolastica entro il 30 novembre di ogni anno e che tale termine avrebbe potuto essere differito fino a trenta giorni, con deliberazione regionale motivata.

1.4.− Nel ricorso si evidenzia che alcune regioni, tra cui la stessa Regione Toscana, avevano impugnato innanzi a questa Corte la suddetta normativa nella parte in cui aveva introdotto una nuova procedura ai fini dell’individuazione del contingente dei DS e dei DSGA, cui dovevano necessariamente corrispondere altrettante istituzioni scolastiche autonome. In occasione dello scrutinio dei relativi ricorsi, questa Corte aveva sì ritenuto che le disposizioni impugnate avessero fondamento in diversi titoli della competenza legislativa esclusiva statale (lettere g e n dell’art. 117, secondo comma, Cost.), ma anche che «non può essere negato che i commi 5-quater, 5-quinquies e 5-sexies dell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, inseriti dall’impugnato comma 557, interferiscono con la competenza legislativa regionale concorrente in materia di istruzione, sotto il profilo del dimensionamento scolastico, costantemente inquadrato in tale ambito materiale dalla giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 147 del 2012, n. 200 del 2009, n. 34 del 2005 e n. 13 del 2004)» (la ricorrente richiama la sentenza n. 223 del 2023).

1.5.− La Regione Toscana evidenzia che: in data 24 aprile 2023 era stato trasmesso alle regioni, ai fini dell’accordo in Conferenza unificata, lo schema del decreto interministeriale (previsto dalla stessa legge n. 197 del 2022) per la definizione dei criteri per l’individuazione del contingente organico dei DS e DSGA e relativa distribuzione tra le regioni per il triennio 2024/2027; che la Conferenza unificata, nella seduta del 24 maggio 2023, non aveva espresso parere favorevole; che, quindi, non era stato raggiunto il previsto accordo, essendo rimaste irrisolte le criticità rilevate dalle regioni in merito ai criteri assunti con tale decreto ai fini della definizione del contingente dei DS e dei DSGA. In data 25 luglio 2023, con nota n. 0003489, il Ministro dell’istruzione e del merito aveva dunque trasmesso alle regioni il decreto, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, 30 giugno 2023, n. 127 (Definizione contingente organico DS e DSGA – triennio 2024/2027, come risulta dalla pagina web del Ministero dell’istruzione e del merito). Successivamente, con nota 4 agosto 2023, n. 3723, il suddetto decreto era stato nuovamente inviato ai presidenti delle regioni, con la specificazione dell’avvenuta registrazione da parte della Corte dei conti in data 2 agosto 2023 e della conseguente sua efficacia dalla stessa data.

Nel ricorso si specifica che tale decreto aveva assegnato alla Regione Toscana 455 dirigenti scolastici per l’anno scolastico 2024/2025, 452 per l’anno scolastico 2025/2026 e 446 per l’anno scolastico 2026/2027, con una corrispondente riduzione di 24 istituzioni scolastiche rispetto a quelle contemplate prima dell’adozione del d.interm. n. 127 del 2023.

La ricorrente afferma di aver impugnato innanzi il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio il d.interm. n. 127 del 2023 e che il ricorso era stato discusso e trattenuto in decisione all’udienza pubblica del 2 aprile 2025, ma che al momento della proposizione del ricorso qui in esame, non era ancora intervenuta la relativa pronuncia.

1.6.− Nel ricorso si evidenzia che, successivamente al ricordato d.interm. n. 127 del 2023, per l’anno scolastico 2024/2025, il legislatore statale aveva introdotto l’art. 5 del decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215 (Disposizioni urgenti in materia di termini normativi), convertito, con modificazioni, in legge 23 febbraio 2024, n. 18, con il quale aveva stabilito che «[f]ermi restando il contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni definiti, per gli anni scolastici 2025/2026 e 2026/2027, dal decreto del Ministro dell’istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, n. 127 del 30 giugno 2023, le regioni, per il solo anno scolastico 2024/2025, possono attivare un ulteriore numero di autonomie scolastiche in misura non superiore al 2,5 per cento del contingente dei corrispondenti posti di dirigente scolastico e di direttore dei servizi generali e amministrativi definito, per ciascuna Regione, per il medesimo anno scolastico 2024/2025, dal citato decreto n. 127 del 2023, alle quali attribuire solo reggenze e senza un corrispondente incremento delle facoltà assunzionali».

La Regione Toscana afferma di aver esercitato la facoltà così prevista con deliberazione della Giunta della Regione 4 gennaio 2024, n. 1 (Approvazione del piano regionale dell’offerta formativa e del dimensionamento della rete scolastica per l’anno scolastico 2024/2025) e che, conseguentemente, per l’anno scolastico 2024/2025, la stessa aveva potuto prevedere 466 istituzioni scolastiche autonome, in luogo delle 455 che sarebbero state previste applicando il d.interm. n. 127 del 2023.

1.7.− Nel ricorso si precisa che lo Stato è poi intervenuto per l’anno scolastico 2025/2026 con il decreto-legge 16 gennaio 2025, n. 1 (Misure urgenti in materia di riforma R.1.3 «Riorganizzazione del sistema scolastico» della Missione 4 - Componente 1 del Piano nazionale di ripresa e resilienza), con il quale ha modificato l’art. 1 della legge 13 luglio 2015, n. 107 (Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti), prevedendo la possibilità per le regioni di: i) adottare la delibera di dimensionamento della rete scolastica, entro e non oltre dieci giorni dalla data di entrata in vigore di tale decreto; ii) attivare, per il solo anno scolastico 2025/2026, un ulteriore numero di autonomie scolastiche in misura non superiore al 2,99 per cento del contingente dei posti di DS e DSGA definito, per ciascuna regione e per il medesimo anno scolastico 2025/2026, dal d.interm. n. 127 del 2023, ancora una volta ricorrendo alle reggenze e senza un corrispondente incremento delle facoltà assunzionali.

È peraltro opportuno precisare che detto decreto-legge non è stato convertito.

La Regione Toscana afferma di aver deciso di avvalersi della facoltà dell’incremento del 2,99 per cento rispetto all’organico indicato nel d.interm. n. 127 del 2023, così come prevista dal d.l. n. 1 del 2025, rimanendo per l’effetto invariato per l’anno scolastico 2025/2026 il numero di 466 istituzioni scolastiche autonome attualmente presenti in Toscana (deliberazione della Giunta della Regione Toscana 20 gennaio 2025, n. 36, recante «Approvazione del piano regionale dell’offerta formativa e del dimensionamento della rete scolastica per l’anno scolastico 2025/2026, ai sensi di quanto previsto dal Decreto Legge 16 gennaio 2025, n. 1»).

1.8.− Infine, la Regione Toscana evidenzia che, con la legge n. 20 del 2025, è stato convertito in legge, con modificazioni, il d.l. n. 208 del 2024, e che con tale legge di conversione è stato formalmente abrogato il succitato d.l. n. 1 del 2025, fermi restando gli atti e i provvedimenti adottati, e sono stati fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo d.l. n. 1 del 2025. Tuttavia, la disciplina prevista da tale decreto-legge è stata sostanzialmente riprodotta dal comma 1 dell’art. 9-bis del d.l. n. 208 del 2024, inserito dalla legge di conversione. In particolare, il comma 1 di tale articolo prevede l’inserimento, dopo il comma 83-quater dell’art 1 della legge n. 107 del 2015, dei commi 83-quinquies, 83-sexies, 83-septies e 83-octies, contenenti una disciplina derogatoria per l’anno scolastico 2025/2026, sostanzialmente analoga a quella già recata dall’abrogato d.l. n. 1 del 2025. Con il comma 2 del medesimo art. 9-bis, introdotto in sede di conversione del d.l. n. 208 del 2024 dalla legge n. 20 del 2025, inoltre sono state apportate modifiche all’art. 19, comma 5-quater, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), ovvero disponendo che «a) al terzo periodo, le parole: “entro il 30 novembre” sono sostituite dalle seguenti: “entro il 31 ottobre”; b) al quarto periodo, le parole: “Con deliberazione motivata della regione” sono sostituite dalle seguenti: “Con decreto del Ministro dell’istruzione e del merito”».

1.9.− Tanto premesso, la Regione Toscana sostiene che la disciplina previgente prevedeva che la possibilità di prorogare il termine per l’approvazione del piano di dimensionamento scolastico fosse rimessa alle valutazioni della regione, soggetto titolare del complesso iter di formazione del piano. La ricorrente, a titolo esemplificativo, evidenzia che per la programmazione della rete scolastica, così come declinato al Titolo V del regolamento 8 agosto 2023 [recte: 2003], n. 47/R, recante «Regolamento di esecuzione della L.R. 26.7.2002, n. 32 (Testo unico della normativa della Regione Toscana in materia di educazione, istruzione, orientamento, formazione professionale, lavoro)», è prevista la necessaria partecipazione e concertazione di una platea di soggetti ed enti, tra cui le istituzioni scolastiche autonome, i comuni (pel tramite delle Conferenze zonali), le Province e le Città metropolitane.

1.10.− Nel ricorso si ribadisce che, per l’effetto delle modifiche al succitato comma 5-quater apportate dalla legge n. 20 del 2025, la scadenza prevista per l’adozione del piano di dimensionamento, già fissata al 30 novembre, è stata anticipata al 31 ottobre e, soprattutto, la decisione circa l’eventuale proroga di tale scadenza di trenta giorni è stata rimessa al Ministro dell’istruzione e del merito, mediante apposito decreto e non più alle singole regioni.

Secondo la Regione Toscana, tale modifica legislativa non si sarebbe dunque limitata a comprimere la tempistica di un procedimento particolarmente complesso, che coinvolge sia l’ente regionale sia altri soggetti ed enti, ma avrebbe altresì privato in modo arbitrario la Regione stessa della facoltà di prorogare la scadenza di trenta giorni con un proprio atto.

1.11.− A parere della ricorrente, la modifica normativa di cui alla legge n. 20 del 2025 incide in un ambito materiale, quale l’istruzione, di competenza legislativa concorrente.

Per questo profilo, la Regione Toscana evidenzia che gli artt. 137 e 138, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), hanno, rispettivamente, confermato l’attribuzione allo Stato delle funzioni concernenti i criteri e i parametri per l’organizzazione della rete scolastica, previo parere della Conferenza unificata, e delegato alle regioni le funzioni amministrative relative alla programmazione della medesima rete, sulla base dei piani provinciali. Inoltre, il d.P.R. 18 giugno 1998, n. 233 (Regolamento recante norme per il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche e per la determinazione degli organici funzionali dei singoli istituti, a norma dell’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59) ha disposto, all’art. 2, che l’autonomia amministrativa, organizzativa, didattica, nonché di ricerca e progettazione educativa, è riconosciuta alle istituzioni scolastiche che raggiungono le dimensioni idonee a garantire l’equilibrio ottimale fra domanda di istruzione e organizzazione dell’offerta formativa, prevedendo, a tal fine, la definizione dei piani provinciali di dimensionamento.

Nel ricorso si precisa che, con la riforma del Titolo V della Costituzione, è stata riconosciuta allo Stato la competenza esclusiva sulla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale e sulle norme generali sull’istruzione, ai sensi dell’art. 117, lettere m) e n), Cost., mentre alle regioni è stata attribuita la potestà legislativa concorrente in materia di istruzione.

La ricorrente richiama, a tal proposito, giurisprudenza costituzionale a tenor della quale, sostiene, il dimensionamento scolastico e la programmazione della rete scolastica non potrebbero ricondursi alle norme generali sull’istruzione e andrebbero invece ricompresi nella materia di competenza legislativa concorrente «istruzione» (si richiamano le sentenze n. 92 del 2011, n. 235 del 2010 e n. 200 del 2009).

Il ricorso si sofferma, in particolare, sulla citata sentenza n. 200 del 2009, la quale, tra l’altro, avrebbe affermato che il dimensionamento della rete delle istituzioni scolastiche è un ambito che deve ritenersi di spettanza regionale.

I princìpi della sentenza n. 200 del 2009 sarebbero stati confermati nella successiva sentenza n. 147 del 2012, in riferimento all’art. 19, comma 4, del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, nonché nella più recente sentenza n. 223 del 2023, che, pur avendo negato l’illegittimità costituzionale, tra gli altri, del comma 5-quater dell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, nella versione antecedente la modifica, avrebbe comunque sottolineato l’interferenza della disciplina di cui ai commi 5-quater, 5-quinquies e 5-sexies dell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011 con la competenza legislativa regionale concorrente in materia di istruzione, ribadendo che il profilo del dimensionamento scolastico era stato costantemente inquadrato dalla giurisprudenza di questa Corte nell’ambito materiale di competenza regionale.

1.12.− La ricorrente soggiunge, infine, che, laddove si prevede l’intervento unilaterale e autoritativo del Ministro dell’istruzione e del merito nell’esercizio della facoltà di proroga del termine, si violerebbero anche i princìpi di leale collaborazione e di chiamata in sussidiarietà, ai sensi degli artt. 5, 117, terzo comma e 118, primo e secondo comma, Cost.

Nel ricorso si precisa che il concorso di competenze legislative statali con quelle regionali operante nella materia «istruzione», in particolare quando è interessato il dimensionamento della rete scolastica cui atterrebbe la norma impugnata, dovrebbe trovare composizione tramite la leale collaborazione «che per la sua elasticità consente di aver riguardo alle peculiarità delle singole situazioni» e imporrebbe alla legge statale di predisporre adeguati strumenti di coinvolgimento delle regioni, a salvaguardia delle loro competenze (si citano le sentenze di questa Corte n. 44 del 2014, n. 234 del 2012, n. 187 del 2012; n. 88 del 2009, n. 50 del 2008, n. 213 del 2006, n. 133 del 2006, n. 231 del 2005, n. 219 del 2005 e n. 50 del 2005).

Secondo la Regione Toscana, tale principio sarebbe evidentemente violato dalla norma in esame, che attribuisce esclusivamente al Ministro dell’istruzione e del merito la decisione in merito alla proroga del termine di conclusione del procedimento relativo all’approvazione del piano di dimensionamento scolastico, senza alcun effettivo coinvolgimento della regione stessa.

Ad avviso della Regione Toscana, quindi, risulterebbero violati anche i princìpi in materia di chiamata in sussidiarietà, non sussistendone – nel caso di specie – i presupposti. Pertanto, la disposizione impugnata sarebbe costituzionalmente illegittima anche per violazione dell’art. 118, primo e secondo comma, Cost., in quanto verrebbe allocata in capo al Ministro dell’istruzione e del merito la decisione sulla proroga del termine, con palese e diretta incidenza nel procedimento per la programmazione della rete scolastica, in assenza di esigenze di carattere unitario e di un procedimento basato sulla leale collaborazione che garantisca l’effettiva partecipazione della regione, la quale non risulterebbe neanche «sentita», in contrasto con lo statuto giuridico della chiamata in sussidiarietà, come elaborato dalla giurisprudenza costituzionale (si richiama la sentenza n. 6 del 2023).

Secondo la Regione Toscana, la denunciata illegittimità costituzionale troverebbe conferma nel fatto che la norma in esame: i) non esprimerebbe esigenze di carattere unitario alla stregua dei valori da tutelare e non riguarderebbe norme generali sull’istruzione o princìpi generali della materia; ii) non conterrebbe «le indicazioni delle finalità» della scuola; iii) non porrebbe «condizioni minime di uniformità in materia scolastica»; iv) non esprimerebbe essenziali interventi volti a garantire l’eguaglianza sostanziale nell’accesso e nella fruizione della cultura, da doversi applicare indistintamente su tutto il territorio nazionale.

Alla luce di tali premesse ricostruttive, la ricorrente ritiene che l’impugnata disposizione di legge violi il principio di leale collaborazione di cui all’art. 5 Cost. e, ulteriormente, le competenze amministrative della Regione in materia di istruzione, di cui all’art. 118, primo e secondo comma, Cost., in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost.

2.− Con atto depositato in data 26 maggio 2025 si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia rigettato.

2.1.− All’illustrazione dell’infondatezza delle questioni sollevate, la difesa statale antepone talune premesse ricostruttive del quadro normativo, anche europeo, e della posizione assunta nel ricorso dalla Regione Toscana.

2.2.− Più nello specifico, il Presidente del Consiglio dei ministri afferma che la legge n. 19 [recte:197] del 2022, con l’art. 1, comma 557, aveva inserito i commi 5-quater, 5-quinquies e 5-sexies dopo il comma 5-ter dell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, al fine di dare attuazione alla riorganizzazione del sistema scolastico prevista nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR M4 C1 - Riforma 1.3).

La difesa statale evidenzia che le disposizioni in esame sono state introdotte nell’ordinamento italiano in attuazione degli impegni internazionali assunti dall’Italia con gli altri Stati europei e con le Istituzioni europee di cui al regolamento (UE) 2021/241, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2021, che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza (RRF), e che – quindi – sussisterebbe una stretta e imprescindibile connessione tra la normativa oggetto di censura e l’attuazione del PNRR.

Si soggiunge che la decisione di esecuzione del Consiglio relativa all’approvazione del menzionato PNRR aveva precisato espressamente che l’obiettivo della «Riforma M4C1R1.3» relativa all’organizzazione del sistema scolastico era duplice, ossia: i) ridurre il numero degli alunni per classe e migliorare gradualmente il rapporto tra il numero degli alunni e il numero degli insegnanti; ii) riformare le norme relative al dimensionamento scolastico, prevedendo quale “parametro efficace” per l’individuazione dei plessi da accorpare ad altri istituti la popolazione scolastica regionale anziché quella del singolo istituto, e che a tal fine la Commissione europea aveva inserito nel citato PNRR una specifica milestone “M4C1-5” al 31 dicembre 2022 per la definizione della normativa primaria, completa della relativa pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

La difesa statale evidenzia che questa milestone era stata raggiunta ed era stata già rendicontata alla Commissione, superando positivamente la valutazione nel periodo di assesment; in particolare, essa sarebbe stata raggiunta in relazione alla riforma “M4C1R1.3” proprio con l’introduzione dell’art. 1, comma 557, della legge n. 197 del 2022, che – a decorrere dal 1° gennaio 2023 – aveva riformato la disciplina relativa alla definizione e distribuzione dell’organico dei DS e dei DSGA, in ossequio alle puntuali indicazioni europee volte a adeguare la rete scolastica all’andamento demografico della popolazione studentesca.

Nell’atto di costituzione si specifica che, in sede di prima applicazione, era stato adottato il d.interm. n. 127 del 2023, di definizione del contingente organico dei DS e dei DSGA nonché della sua distribuzione tra le regioni per il triennio 2024/25, 2025/26 e 2026/27. Tuttavia, nei primi due anni di applicazione del nuovo quadro normativo di riferimento, tanto nel procedimento relativo all’anno scolastico 2024/2025 quanto in quello relativo all’anno scolastico 2025/2026, alcuni enti regionali, chiamati all’adozione degli atti amministrativi di propria competenza, avevano reiteratamente superato i termini di conclusione del procedimento senza poi procedere al dimensionamento scolastico ovvero procedendovi in modo difforme da quanto previsto nella normativa primaria, costringendo il legislatore nazionale a intervenire con urgenza mediante norme di carattere straordinario, al fine di garantire il regolare avvio dell’anno scolastico.

A titolo esemplificativo, la difesa statale rileva che il termine per l’apertura delle iscrizioni attraverso la piattaforma unica riferita all’anno scolastico 2025/26 «per tutte le classi iniziali della scuola primaria, secondaria di primo e secondo grado», inizialmente fissato all’8 gennaio 2025, è stato differito al successivo 21 gennaio proprio in ragione della mancata adozione da parte di alcune regioni dei relativi piani di dimensionamento scolastico.

Sostiene poi che, per garantire l’ordinato avvio dell’anno scolastico, consentendo alle famiglie di presentare le domande di iscrizione, le operazioni connesse alla definizione della rete scolastica devono concludersi non oltre l’anno solare precedente, affinché sia possibile iscrivere gli allievi presso le sedi scolastiche effettivamente disponibili.

Peraltro, la disciplina previgente avrebbe lasciato un esiguo margine di tempo tra la conclusione delle operazioni di competenza delle regioni e l’avvio della fase di registrazione delle iscrizioni da parte delle famiglie.

Ciò ha fatto sì che nei primi due anni di applicazione della disciplina in materia sia stato necessario introdurre per legge misure straordinarie, differendo i termini di conclusione delle operazioni di dimensionamento (fissati con il d.l. n. 215 del 2023, come convertito, al 5 gennaio 2024 e, con il d.l. n. 1 del 2025, al 26 gennaio 2025).

Nell’atto di costituzione si precisa che i maggiori oneri derivanti dagli interventi normativi appena citati avevano, seppur temporaneamente, limitato l’impatto positivo del nuovo quadro normativo in materia di dimensionamento della rete scolastica con il quale il legislatore statale avrebbe inteso «realizzare in via mediata una finalità […] riconducibile al coordinamento dinamico della finanza pubblica», in quanto diretta a riorientare virtuosamente «la spesa pubblica» (sul punto si richiama la sentenza di questa Corte n. 78 del 2020).

Secondo la difesa statale la complessa sequenza delle fasi procedimentali propedeutiche all’avvio dell’anno scolastico necessita della puntuale osservanza, da parte di tutte le regioni, delle scadenze stabilite dalla legge.

Al riguardo basterebbe considerare che le procedure di mobilità del personale sono a carattere nazionale e che, di conseguenza, per definire i trasferimenti del personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario sarebbe necessario il completamento di tutte le fasi di iscrizione e formazione delle classi di ogni istituzione scolastica su tutto il territorio nazionale, sicché la presenza anche di una sola regione inadempiente, o comunque in ritardo sui termini di legge, inficerebbe l’intera procedura, costringendo il legislatore nazionale a intervenire, in via derogatoria, con appositi aggiornamenti normativi.

Si evidenzia, poi, che l’introduzione, con le citate norme straordinarie, di modalità e termini più ampi per la definizione, da parte delle regioni, dei rispettivi piani di dimensionamento, in deroga quindi agli obiettivi di riduzione del numero delle autonomie scolastiche imposti dal PNRR, è stata possibile soltanto perché gli obiettivi finali della riforma sarebbero stati valutati dalla Commissione europea al termine del primo triennio di applicazione della misura. In altre parole: tali interventi – si sostiene – sono stati possibili solo a fronte dell’impegno dello Stato con le Istituzioni europee a mantenere impregiudicato il raggiungimento dell’obiettivo finale di attuazione della riorganizzazione del sistema scolastico indicato dal citato d.interm. n. 127 del 2023 per l’anno scolastico 2026/27.

Si afferma, ancora, che, proprio in considerazione di ciò, tenuto conto della vicina e inderogabile scadenza imposta dal PNRR, si era reso necessario l’intervento normativo oggetto di censura, teso a garantire stabilmente la partecipazione delle regioni al procedimento amministrativo e, allo stesso tempo, il soddisfacimento dell’imprescindibile esigenza di consentire il corretto avvio dell’anno scolastico. Per questa ragione, la legge n. 20 del 2025, con la quale è stato convertito in legge, con modificazioni, il d.l. n. 208 del 2024, aveva introdotto – mediante il citato art. 9-bis, comma 2, lettere a) e b) – le seguenti modifiche: i) una nuova data “ordinaria” entro la quale le regioni devono concludere la pianificazione della rete scolastica, individuata nel 31 ottobre del precedente anno scolastico; ii) la possibilità di un differimento del suddetto termine ordinario di non oltre trenta giorni mediante decreto del Ministro dell’istruzione e del merito.

Secondo la difesa statale, quindi, la scelta legislativa mira a garantire la piena partecipazione delle regioni al procedimento amministrativo in esame, evitando, tuttavia, che i ritardi e/o le omissioni imputabili ad alcune di esse possano pregiudicare in modo grave e irreparabile l’intero sistema scolastico e dar luogo a un inadempimento dell’Italia quanto agli impegni assunti in sede europea.

Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, nel valutare il bilanciamento tra gli interessi in gioco, va anche considerato che, sulla base della normativa de qua, i contingenti dei DS e dei DSGA, costituenti il parametro per il dimensionamento scolastico da parte delle regioni, sono definiti su base triennale e, quindi, sono noti con largo anticipo agli enti regionali.

Ad avviso della difesa statale, pertanto, non coglierebbero nel segno le censure secondo le quali le nuove previsioni normative avrebbero un impatto che «incide in modo significativo sullo svolgimento dell’iter di formazione del Piano, stabilendo una tempistica stringente e non adeguata al complesso procedimento per l’approvazione del Piano stesso», implicando – altresì – «l’estromissione della Regione da ogni decisione in merito alla proroga del termine».

Le suddette affermazioni sarebbero errate anzitutto in punto di fatto, in considerazione dell’iter procedurale sopra delineato, e lo sarebbero anche in punto di diritto, alla luce di quanto rilevato da questa Corte nella sentenza n. 223 del 2023, laddove – in ordine al riparto di competenze nella materia de qua – si è definitivamente chiarito che le disposizioni sul dimensionamento scolastico si fondano «in via prevalente, su diversi titoli della competenza esclusiva statale. Va infatti considerato che queste norme, sia sotto il profilo della determinazione del contingente che sotto quello della scelta del superamento, nei termini precisati, dell’istituto giuridico della reggenza, sono relative a personale inserito nel pubblico impiego statale, perché “i dirigenti scolastici sono dipendenti pubblici statali e non regionali – come risulta sia dal loro reclutamento che dal loro complessivo status giuridico” (sentenza n. 147 del 2012 e già, nello stesso senso, sentenza n. 200 del 2009, con riguardo al personale scolastico). Esse rientrano a pieno titolo, quindi, nella materia “ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato”, di competenza esclusiva statale in base alla lettera g) del secondo comma dell’art. 117 Cost.».

Secondo la difesa statale «[l]e disposizioni in esame [sarebbero] qualificabili, sotto un duplice profilo, anche come norme generali sull’istruzione, rientranti nella potestà legislativa esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera n), Cost. In primo luogo, perché, come già affermato da questa Corte per altre categorie di personale scolastico, la “revisione di criteri e parametri per la determinazione complessiva degli organici” (sentenza n. 200 del 2009, punto 34 del Considerato in diritto), rientra tra le norme generali sull’istruzione. In secondo luogo, perché tali norme mirano a ridefinire un aspetto di fondo dell’autonomia funzionale – la cui disciplina questa Corte ha già ricondotto alle “norme generali sull’istruzione” (sentenza n. 200 del 2009, punto 21 del Considerato in diritto) – che caratterizza le istituzioni scolastiche, essendo rivolte a istituire un necessario binomio tra l’autonomia e la titolarità effettiva di un dirigente, sicché non si dà più la prima in assenza di tale figura».

Pertanto, la scelta di anticipare di trenta giorni la scadenza di adozione del piano regionale costituirebbe una modificazione dei termini procedimentali che troverebbe piena giustificazione in titoli competenziali quali «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato» e «norme generali sull’istruzione». Si dovrebbero inoltre considerare l’esigenza di garantire l’osservanza degli impegni assunti in sede europea e quella di consentire il regolare avvio dell’anno scolastico.

Tali esigenze giustificherebbero non solo la menzionata anticipazione del termine procedimentale, ma anche la scelta del legislatore di attribuire al Ministro dell’istruzione e del merito il potere di disporre un suo eventuale differimento, in quanto il possibile ritardo da parte anche di una sola regione inciderebbe negativamente su tutto il sistema a livello nazionale e, proprio per tale ragione, anche le scelte relative all’eventuale differimento del termine dovrebbero vagliarsi a livello centrale, potendo esse pregiudicare un diritto fondamentale degli utenti quale il diritto all’istruzione.

La difesa statale, al fine di dimostrare quanto affermato, richiama una tabella riportante le principali fasi propedeutiche all’avvio del nuovo anno scolastico, fissato per il mese di settembre 2025.

In particolare, dalla tabella si evincerebbe che, al fine di garantire il regolare avvio dell’anno scolastico, sarebbe indispensabile definire compiutamente il piano triennale dell’offerta formativa (che rappresenterebbe il fulcro dell’autonomia scolastica) in base al quale le famiglie possono esercitare compiutamente la loro libertà di scelta educativa, che a sua volta richiederebbe l’esatta e tempestiva individuazione del numero, del tipo, dell’ubicazione e delle modalità di aggregazione dei plessi scolastici.

Si evidenzia altresì che l’autonomia scolastica ha trovato esplicito riconoscimento nella Costituzione (art. 117, terzo comma), il cui rispetto esige che alle istituzioni scolastiche siano lasciati adeguati spazi di autonomia che le leggi statali e quelle regionali, nell’esercizio della potestà legislativa concorrente, non possono pregiudicare (si richiama la sentenza di questa Corte n. 13 del 2004).

Pertanto, la disposizione impugnata sarebbe anche rivolta a tutelare tali spazi di autonomia, garantendo alle istituzioni scolastiche il tempo necessario all’assunzione delle scelte organizzative e progettuali concernenti l’attività formativa. Essendo le modifiche normative oggetto di censura preordinate anche al raggiungimento di siffatto obiettivo su tutto il territorio nazionale, l’adozione di quelle scelte rientrerebbe a pieno titolo tra le competenze legislative dello Stato, come sarebbe stato peraltro evidenziato da questa Corte nella già menzionata sentenza n. 223 del 2023.

3.− In data 23 ottobre 2025 il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato una memoria d’udienza, ribadendo quanto già sostenuto nell’atto di costituzione ed evidenziando che, con riferimento all’anno scolastico 2026/2027, con deliberazione 29 settembre 2025, n. 1455 (Approvazione degli indirizzi regionali per il dimensionamento della rete scolastica per l’anno scolastico 2026/2027), la Giunta della Regione Toscana ha stabilito di sospendere il procedimento regionale di definizione degli istituti, mantenendo invariato il numero delle autonomie scolastiche.

4.– In data 27 ottobre 2025 la Regione Toscana ha depositato una memoria d’udienza, contestando le argomentazioni della difesa statale ed evidenziando in particolare che i termini del procedimento per l’approvazione del piano di dimensionamento sarebbero stati di norma rispettati dalle regioni, che non avrebbero mai pregiudicato i tempi per le iscrizioni e per il corretto avvio dell’anno scolastico.

La Regione Toscana sostiene che la difficoltà scaturente dalla legge n. 197 del 2022 sarebbe dipesa, invece, dalla riduzione del numero del personale assegnato alle regioni, che sarebbero state chiamate a adottare un dimensionamento scolastico contando su meno personale e dovendo pertanto accorpare gli istituti, il che avrebbe reso ancora più complesso il procedimento di dimensionamento (nel quale, del resto, le regioni sarebbero chiamate necessariamente a coinvolgere gli enti locali e le stesse istituzioni scolastiche).

Più nello specifico, la Regione Toscana afferma di aver sempre rispettato i termini stabiliti dalle norme statali per l’approvazione dei piani di dimensionamento della rete scolastica di riferimento, come si evincerebbe da quelli succedutisi negli anni (sono allegate le delibere della Giunta regionale di approvazione dei piani), precisando che quelli relativi agli anni scolastici 2024/2025 e 2025/2026 erano stati approvati nel rispetto dei termini e delle deroghe concesse, rispettivamente, con il d.l. n. 215 del 2023, come convertito, e con il d.l. n. 1 del 2025.

Secondo la Regione Toscana, quindi, le difficoltà operative non erano dipese dai termini del procedimento per l’approvazione del piano di dimensionamento scolastico.

Nella memoria si evidenzia che le deroghe apportate con i decreti-legge sopra richiamati avevano consentito l’attivazione, per gli anni scolastici 2024/2025 e 2025/2026, di un numero superiore di autonomie scolastiche rispetto al contingente dei corrispondenti posti di DS e di DSGA definito dal d.interm. n. 127 del 2023 e che questo aveva permesso di superare le criticità riscontrate ed evidenziate dalle regioni rispetto agli accorpamenti necessari derivanti dal minor numero del personale a disposizione. Si precisa altresì che tali deroghe si sarebbero rese necessarie proprio per superare alcune criticità riscontrate nella definizione del contingente di personale da assegnare a ciascuna regione (si riporta un esempio di criticità che aveva interessato proprio la Regione Toscana, in relazione alla quale, fra gli studenti considerati dal Ministro dell’istruzione e del merito nell’adozione del d.interm. n. 127 del 2023, non erano stati conteggiati gli studenti degli undici centri provinciali per l’istruzione degli adulti).

La Regione Toscana soggiunge che l’operazione volta alla definizione del contingente organico non era risultata agevole, in prima applicazione, neanche per l’amministrazione statale; infatti, per la definizione degli organici dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi di cui al d.interm. n. 127 del 2023, si sarebbe preso in considerazione un dato della popolazione scolastica rivelatosi sottostimato rispetto alla sua reale consistenza. Per questa ragione si era dovuto intervenire con i citati decreti-legge in deroga volti ad aumentare in percentuale il numero delle autonomie scolastiche attivabili (d.l. n. 215 del 2023, come convertito, e d.l. n. 1 del 2025).

Si evidenzia pure che lo Stato era intervenuto, con decreto interministeriale 30 giugno 2025, n. 124, procedendo alla revisione in aumento del contingente organico dei DS e dei DSGA per l’anno scolastico 2026/2027, riconoscendo, nel suo considerato, «una incidenza del calo demografico nel periodo temporale in analisi meno significativa rispetto ai valori posti come base di calcolo per la definizione del citato DI n. 127 del 2023 con relativa riduzione del tasso di denatalità».

Secondo la Regione Toscana la conferma della sottostima del dato della popolazione scolastica, utilizzato per la definizione del contingente dei DS e dei DSGA, operata dal d.interm. n. 127 del 2023, si ricaverebbe anche dalla recente sentenza del TAR per la Campania, sezione quarta, 21 ottobre 2025, n. 6842.

Alla luce di tali considerazioni, la Regione Toscana sostiene che sarebbe immotivata, infondata e priva di riscontro la tesi – sostenuta dalla difesa statale – che le deroghe concesse con i d.l. n. 215 del 2023, come convertito, e n. 1 del 2025 si sarebbero rese necessarie a causa del comportamento inadempiente delle regioni nell’approvazione dei piani di dimensionamento scolastico. Si rileva che l’amministrazione statale non aveva attivato alcun procedimento propedeutico all’esercizio dei poteri sostitutivi, in attuazione dell’art. 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), e non aveva seguito neppure il particolare iter procedurale previsto all’art. 12 del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77 (Governance del Piano nazionale di rilancio e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure), convertito, con modificazioni, in legge 29 luglio 2021, n. 108, riguardante l’esercizio del potere sostitutivo nell’ambito della governance del PNRR, che trova applicazione nel caso di mancato rispetto, da parte delle regioni o degli enti locali, degli obblighi e impegni finalizzati all’attuazione del PNRR, ove sia messo a rischio il conseguimento degli obiettivi intermedi e finali del piano stesso. A parere della Regione Toscana ciò confermerebbe che le disposizioni impugnate non sarebbero funzionali all’attuazione del PNRR.

Nella memoria si evidenzia che, con nota regionale del 21 ottobre 2025, senza prestare acquiescenza alla disciplina oggi impugnata, la Regione Toscana si era trovata costretta a presentare istanza al Ministero dell’istruzione e del merito per il differimento del termine di conclusione del procedimento di dimensionamento scolastico per l’anno scolastico 2026/2027.

Secondo la Regione Toscana, non sussisteva la necessità di ridurre il termine per il dimensionamento della rete scolastica da parte delle regioni né quella di sottrarre loro il potere di disporre in autonomia il differimento di detto termine, posto che la previgente scansione temporale e procedurale sarebbe stata già ampiamente adeguata a garantire l’apertura delle iscrizioni per l’anno scolastico di riferimento.

Ancora, la Regione Toscana ritiene infondata la tesi, del Presidente del Consiglio dei ministri, che le disposizioni sul dimensionamento scolastico si fonderebbero in via prevalente su titoli di competenza statale, così come già affermato da questa Corte con la sentenza n. 223 del 2023. Essa, infatti, richiamerebbe e confermerebbe la precedente giurisprudenza costituzionale in base alla quale il dimensionamento scolastico e la programmazione della rete scolastica non possono ricondursi alle norme generali sull’istruzione e andrebbero, invece, ricompresi nella competenza legislativa concorrente nella materia «istruzione».

Più nello specifico, non sarebbe pertinente l’avverso richiamo alla competenza legislativa statale in materia di ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali, la quale sarebbe richiamata nella sentenza n. 223 del 2023 a fondamento della disciplina nazionale per la definizione del contingente organico dei DS e dei DSGA e la sua distribuzione tra le regioni (si richiama anche la sentenza di questa Corte n. 168 del 2024).

La Regione Toscana osserva che tale competenza legislativa riconosciuta allo Stato riguarderebbe le norme nazionali che disciplinano le modalità di definizione del contingente organico dei DS e dei DSGA e la sua distribuzione tra le regioni, mentre la competenza legislativa regionale sul dimensionamento scolastico sarebbe fatta salva e ricondotta alla potestà concorrente relativa all’«istruzione».

Sarebbe pertanto indubbio che nel caso in esame venga in rilievo un concorso di competenze legislative statali con quelle regionali, che avrebbe reso necessaria la previsione di adeguati strumenti di leale collaborazione.

L’ambito materiale prevalente di competenza statale non potrebbe quindi configurarsi in relazione alle attribuzioni concernenti il dimensionamento scolastico, confermate di competenza legislativa concorrente regionale dalla giurisprudenza costituzionale.

La Regione Toscana evidenzia infine che, comunque, la «chiamata in sussidiarietà», con cui lo Stato attrae a sé compiti che incidono in materie rientranti nella competenza legislativa regionale, richiede il rispetto del principio di leale collaborazione, mentre nel caso in esame non sarebbe garantita l’effettiva partecipazione della regione, la quale non risulterebbe neanche «sentita».

Considerato in diritto

1.– La Regione Toscana ha promosso con il ricorso indicato in epigrafe (reg. ric. n. 18 del 2025) questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della legge n. 20 del 2025, nella parte in cui ha inserito nel testo del d.l. n. 208 del 2024 l’art. 9-bis, comma 2, in riferimento agli artt. 5, 117, terzo comma, e 118, primo e secondo comma, Cost.

1.1.− La disposizione impugnata stabilisce che all’art. 19, comma 5-quater, del d.l. n. 98 del 2011 «sono apportate le seguenti modificazioni: a) al terzo periodo, le parole: “entro il 30 novembre” sono sostituite dalle seguenti: “entro il 31 ottobre”; b) al quarto periodo, le parole: “Con deliberazione motivata della regione” sono sostituite dalle seguenti: “Con decreto del Ministro dell’istruzione e del merito”».

1.2.− La ricorrente ritiene che tali previsioni normative ledano le attribuzioni regionali in materia di istruzione, in particolare in materia di dimensionamento scolastico, in quanto: i) l’anticipazione del termine per la conclusione dell’iter di approvazione dei piani di dimensionamento della rete scolastica pregiudicherebbe il corretto esercizio della sua programmazione; ii) la previsione di un decreto ministeriale per disporre la proroga del termine di approvazione dei piani esautorerebbe la Regione.

1.3.− Più specificamente, la ricorrente sostiene che quelle impugnate sarebbero norme di dettaglio e autoapplicative, direttamente conformative delle modalità di esercizio della funzione di programmazione della rete scolastica, sicché sarebbero compromesse le competenze legislative e amministrative regionali in materia di istruzione, di cui all’art. 117, terzo comma, e all’art. 118, primo e secondo comma, Cost.

1.4.− Viene richiamata, a tal proposito, giurisprudenza costituzionale a tenor della quale, sostiene, il dimensionamento scolastico e la programmazione della rete scolastica non potrebbero ricondursi alle norme generali sull’istruzione e andrebbero invece ricompresi nella materia di competenza legislativa concorrente «istruzione» (si menzionano le sentenze n. 223 del 2023, n. 147 del 2012, n. 92 del 2011 e n. 235 del 2010).

1.5.− La Regione Toscana soggiunge che laddove si prevede l’intervento unilaterale e autoritativo del Ministro dell’istruzione e del merito al fine di disporre la proroga del termine si violerebbero anche i princìpi di leale collaborazione e di chiamata in sussidiarietà, ai sensi degli artt. 5, 117, comma terzo, e 118, primo e secondo comma, Cost.

2.− Resiste al ricorso il Presidente del Consiglio dei ministri, sostenendo la non fondatezza di tutte le censure.

La difesa statale premette, nell’atto di costituzione in giudizio, che le disposizioni in esame sono state introdotte in attuazione degli impegni assunti dall’Italia con gli altri Stati europei e con le Istituzioni europee in ordine al dispositivo per la ripresa e la resilienza e sarebbero quindi attuative del PNRR.

Sostiene, poi, che per garantire l’ordinato avvio dell’anno scolastico, consentendo alle famiglie di presentare le domande di iscrizione, le operazioni connesse alla definizione della rete scolastica devono concludersi non oltre l’anno solare precedente, affinché gli alunni possano essere iscritti presso le sedi scolastiche effettivamente disponibili.

Peraltro, la disciplina previgente avrebbe lasciato un esiguo margine di tempo tra la conclusione delle operazioni di competenza delle regioni e l’avvio della fase di registrazione delle iscrizioni da parte delle famiglie.

Ciò ha fatto sì che nei primi due anni di applicazione della disciplina in materia sia stato necessario introdurre per legge misure straordinarie, differendo i termini di conclusione delle operazioni di dimensionamento.

Pertanto, la scelta di anticipare di trenta giorni il termine per l’adozione del piano regionale sarebbe giustificata e si fonderebbe su titoli competenziali quali «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato» (art. 117, secondo comma, lettera g, Cost.) e «norme generali sull’istruzione» (art. 117, secondo comma, lettera n, Cost.).

3.− Il Presidente del Consiglio dei ministri ha poi depositato memoria, nella quale fra l’altro si evidenzia che, con riferimento all’anno scolastico 2026/2027, la Giunta della Regione Toscana ha adottato la deliberazione n. 1455 del 2025, stabilendo di sospendere il procedimento di definizione degli istituti, mantenendo invariato il numero delle autonomie scolastiche.

4.– Memoria ha depositato anche la Regione Toscana, evidenziando fra l’altro che i termini del procedimento per l’approvazione del piano di dimensionamento sarebbero stati di norma rispettati dalle regioni e non avrebbero mai pregiudicato i tempi utili per le iscrizioni e per il corretto avvio dell’anno scolastico.

Nella memoria si riferisce altresì che, senza prestare acquiescenza alla disciplina qui censurata, la Regione Toscana si era trovata costretta a presentare (con nota regionale del 21 ottobre 2025) istanza al Ministero dell’istruzione e del merito per il differimento del termine di conclusione del procedimento di dimensionamento scolastico per l’anno scolastico 2026/2027.

5.– Al fine della delimitazione del thema decidendum è necessario osservare che le censure prospettate dalla Regione Toscana si incentrano principalmente sulla violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto le norme impugnate, in particolare pel profilo del dimensionamento scolastico, atterrebbero alla materia «istruzione», rimessa alla potestà legislativa concorrente, e non alla materia di competenza esclusiva dello Stato di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost. («ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato»), ovvero lettera n) («norme generali sull’istruzione»). Ciò escluderebbe la legittimità costituzionale di disposizioni statali di dettaglio e autoapplicative.

Inoltre, per quanto riguarda il potere ministeriale di disporre, senza il coinvolgimento delle regioni, la proroga del termine fissato al 31 ottobre per l’approvazione del piano di dimensionamento scolastico, si deduce anche la violazione degli artt. 5, 117, terzo comma, e 118, primo e secondo comma, Cost.

6.– Poiché la Regione Toscana lamenta, quale vizio principale, la violazione del riparto costituzionale delle competenze, occorre anzitutto individuare la materia cui ricondurre le norme impugnate, tenendo conto, giusta i criteri enunciati dalla costante giurisprudenza di questa Corte, dell’oggetto, della ratio e della finalità delle norme medesime, tralasciando gli aspetti marginali e gli effetti riflessi, così da identificare correttamente anche l’interesse tutelato (tra le tante, sentenze n. 6 del 2023, n. 193 e n. 70 del 2022, n. 104 del 2021, n. 56 del 2020, n. 116 del 2019, n. 108 del 2017, n. 175 del 2016 e n. 245 del 2015).

7.– Il comma 5-quater dell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito e così come modificato dall’art. 9-bis, comma 2, del d.l. n. 208 del 2024, come convertito, interseca la competenza legislativa regionale concorrente in materia di istruzione pel profilo del dimensionamento scolastico, costantemente inquadrato in tale ambito materiale da questa Corte (sentenze n. 168 del 2024, n. 223 del 2023, n. 284 del 2016, n. 147 del 2012, n. 92 del 2011, n. 235 del 2010, n. 200 del 2009, n. 34 del 2005, n. 13 del 2004 e ordinanza n. 199 del 2024).

Va tuttavia evidenziato che la giurisprudenza costituzionale ha ricondotto all’ambito della programmazione della rete scolastica o del “dimensionamento scolastico” e, quindi, ha ascritto alla disciplina di dettaglio in materia di istruzione in particolare: i) le disposizioni concernenti la definizione delle dotazioni organiche del personale docente (sentenza n. 13 del 2004); ii) la definizione di «criteri per la definizione dell’organizzazione della rete scolastica, ivi compresi i parametri dimensionali delle istituzioni scolastiche» (sentenza n. 34 del 2005); iii) la preordinazione dei criteri volti al dimensionamento della rete scolastica, avente «una diretta ed immediata incidenza su situazioni strettamente legate alle varie realtà territoriali ed alle connesse esigenze socio-economiche di ciascun territorio, che ben possono e devono essere apprezzate in sede regionale» (sentenza n. 200 del 2009); iv) la definizione di modalità e criteri per la distribuzione del personale docente tra le istituzioni scolastiche autonome (sentenza n. 235 del 2010); v) l’istituzione di nuove scuole e di nuove sezioni nelle scuole dell’infanzia già esistenti (sentenza n. 92 del 2011); vi) l’obbligatoria e immediata costituzione di istituti comprensivi, mediante l’aggregazione della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e di quella secondaria di primo grado, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche costituite separatamente, e la definizione della soglia numerica di 1.000 alunni che gli istituti comprensivi devono raggiungere per acquisire l’autonomia, soglia ridotta a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche (sentenza n. 147 del 2012).

Emerge dunque dalla pregressa giurisprudenza come le norme ricondotte da questa Corte alla materia «dimensionamento scolastico» attengano al profilo sostanziale delle scelte amministrative.

8.– Per converso, le norme impugnate si limitano a prevedere: i) un termine più breve per l’adozione del piano di dimensionamento; ii) un potere ministeriale di proroga di tale termine.

Tali norme, pertanto, attengono al profilo procedimentale a monte dell’attività amministrativa – sostanziale – di predisposizione del piano di dimensionamento. Ne consegue che questa è – e rimane – una funzione di competenza legislativa regionale, non potendo ravvisarsi nella disciplina impugnata alcuna avocazione di funzioni da parte dello Stato che configuri l’ipotesi della chiamata in sussidiarietà.

9.– Più in generale, le norme impugnate si inseriscono in un più ampio programma di riorganizzazione del sistema scolastico, connesso a un preciso impegno assunto dall’Italia con il PNRR (Riforma 1.3 «Riorganizzazione del sistema scolastico» della Missione 4 «Istruzione e Ricerca», Componente 1 «Potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nidi alle università»). Significativa è la rubrica dell’art. 9-bis: «Disposizioni urgenti per l’attuazione della riforma 1.3 “Riorganizzazione del sistema scolastico” della Missione 4 – Componente 1 del PNRR» e, prima ancora, quella del Capo II, all’interno del quale l’art. 9-bis è inserito: «Disposizioni urgenti per l’attuazione del PNRR».

Nondimeno, come ha già avuto modo di evidenziare questa Corte, tale tratto (assunzione di impegni da parte dell’Italia attraverso il PNRR) «non vanifica, di per sé, le competenze regionali: come risulta dall’art. 117, quinto comma, Cost., infatti, queste sono chiamate in causa nel provvedere “all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza”» (sentenza n. 223 del 2023).

Rilevare il collegamento con gli impegni sovranazionali assunti dallo Stato italiano, tuttavia, è utile a determinare l’esatto contesto normativo, al fine di individuare la materia cui ricondurre le norme impugnate, verificando se esse siano ascrivibili, come vuole la Regione, alla materia «istruzione» oppure – come vuole lo Stato – alla materia «norme generali in materia di istruzione» o ad altra materia di competenza legislativa esclusiva statale.

10.– Il presente giudizio ruota attorno soprattutto al sintagma «norme generali sull’istruzione» per come impiegato dall’art. 117 Cost., nel testo novellato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione). Esso, al secondo comma, lettera n), attribuisce allo Stato, in via esclusiva, la relativa potestà legislativa e, al terzo comma, assegna la materia dell’istruzione, «salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale», alla potestà legislativa concorrente.

Il sintagma, peraltro, si rinviene anzitutto all’art. 33, secondo comma, Cost., in forza del quale «[l]a Repubblica detta le norme generali sull’istruzione [...]». Ed è in primo luogo dallo stesso art. 33, in una col successivo art. 34 Cost., esso pure avente a oggetto l’istruzione scolastica, che l’ambito di tali norme generali, che hanno logicamente una valenza unitaria, può essere desunto.

A tal proposito, va ricordato che questa Corte (sentenza n. 200 del 2009) ha avuto modo di evidenziare come la Costituzione abbia inteso individuare già agli artt. 33 e 34 le caratteristiche basilari del sistema scolastico, cioè, fra l’altro: a) istituzione di scuole per tutti gli ordini e gradi (art. 33, secondo comma, Cost.); b) diritto di enti e privati di istituire scuole e istituti di educazione, ma senza oneri per lo Stato (art. 33, terzo comma, Cost.); c) parità tra scuole statali e non statali per gli aspetti della loro piena libertà e dell’uguale trattamento degli alunni (art. 33, quarto comma, Cost.); d) necessità di un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuola nonché per la conclusione dei relativi cicli di istruzione (art. 33, quinto comma, Cost.); e) apertura delle scuola a tutti (art. 34, primo comma, Cost.); f) obbligatorietà e gratuità dell’istruzione inferiore (art. 34, secondo comma, Cost.); g) diritto degli alunni capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, di raggiungere i gradi più alti degli studi (art. 34, terzo comma, Cost.); h) necessità di rendere effettivo quest’ultimo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie e altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso (art. 34, quarto comma, Cost.).

11.– Le esigenze unitarie sottese alle norme generali sull’istruzione sono perimetrate solo in via di prima approssimazione dagli artt. 33 e 34 Cost., poiché spetta evidentemente al legislatore statale identificarle più precisamente, pur nel rispetto di quanto ivi disposto e in osservanza di tutti gli altri parametri costituzionali, a cominciare dall’art. 3 Cost. e dal principio di ragionevolezza che se ne desume.

È per questo che la menzionata sentenza n. 200 del 2009 ha individuato l’ambito delle «norme generali sull’istruzione» anche alla luce della legge 28 marzo 2003, n. 53 (Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale), e dei relativi decreti legislativi attuativi.

Sempre la medesima pronuncia, poi, ha affermato che sono «in linea di principio» norme generali sull’istruzione anche quelle «sull’autonomia funzionale delle istituzioni scolastiche, di cui all’art. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa), quelle sull’assetto degli organi collegiali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 1999, n. 233 (Riforma degli organi collegiali territoriali della scuola, a norma dell’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59), nonché quelle sulla parità scolastica e sul diritto allo studio e all’istruzione, di cui alla legge 10 marzo 2000, n. 62 (Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione)».

In quella occasione, infine, si è concluso nel senso che «[i]l complesso delle suindicate fonti legislative rappresenta, per la sua valenza sistematica volta a definire espressamente l’ambito materiale di intervento esclusivo dello Stato, un significativo termine di riferimento per valutare se nuove disposizioni, contenute in altre leggi, possano essere qualificate allo stesso modo». È in questa direzione che – pertanto – deve muoversi l’indagine necessaria per la definizione del presente giudizio.

In tale indagine devono peraltro essere tenuti presenti anche i princìpi affermati dalla giurisprudenza costituzionale in ordine al riparto della potestà legislativa tra Stato e regioni nella materia dell’istruzione.

12.– Con la sentenza n. 13 del 2004 questa Corte ha affermato che «[n]el complesso intrecciarsi in una stessa materia di norme generali, principî fondamentali, leggi regionali e determinazioni autonome delle istituzioni scolastiche, si può assumere per certo che il prescritto ambito di legislazione regionale sta proprio nella programmazione delle [recte: della] rete scolastica. È infatti implausibile che il legislatore costituzionale abbia voluto spogliare le Regioni di una funzione che era già ad esse conferita nella forma della competenza delegata dall’art. 138 del decreto legislativo n. 112 del 1998» (sul punto, più di recente, sentenze n. 168 del 2024, n. 223 del 2023, n. 284 del 2016, n. 147 del 2012, n. 92 del 2011, n. 235 del 2010, n. 200 del 2009, n. 34 del 2005 e ordinanza n. 199 del 2024).

Con la sentenza n. 34 del 2005 questa Corte, nel richiamare la sentenza n. 13 del 2004, ha affermato che «l’ampio decentramento delle funzioni amministrative delineato dalla legge del 15 marzo 1997, n. 59 ed attuato con il decreto legislativo del 31 marzo 1998, n. 112, ha visto delegare importanti e nuove funzioni amministrative alle Regioni, fra cui anzitutto quelle di programmazione dell’offerta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale (art. 138, comma 1, lettera a), e di programmazione della rete scolastica (art. 138, comma 1, lettera b)».

Con la sentenza n. 120 del 2005, infine, pronunciandosi in tema di disciplina degli asili nido, questa Corte ha chiarito che l’individuazione degli standard strutturali e qualitativi di questi ultimi non può essere ricompresa «nelle norme generali sull’istruzione e cioè in quella disciplina caratterizzante l’ordinamento dell’istruzione»; ciò in quanto siffatta individuazione «presenta un contenuto essenzialmente diverso da quello lato sensu organizzativo nel quale si svolge la potestà legislativa regionale» (sul punto, più di recente, sentenza n. 284 del 2016).

13.– Come ha posto in evidenza la citata sentenza di questa Corte n. 13 del 2004, nella materia dell’istruzione si intrecciano «norme generali, principî fondamentali, leggi regionali», oltre che «determinazioni autonome delle istituzioni scolastiche».

In tale contesto assume dunque particolare importanza l’individuazione di una precisa linea di demarcazione tra le «norme generali sull’istruzione» e i «princìpi fondamentali» di tale materia, dato che le prime sono espressive di competenza legislativa esclusiva dello Stato mentre i secondi costituiscono esercizio di una competenza legislativa concorrente con quella regionale.

Tale linea di demarcazione è stata già individuata, in via generale, da questa Corte con la sentenza n. 279 del 2005, ove si è chiarito che «le norme generali in materia di istruzione sono quelle sorrette, in relazione al loro contenuto, da esigenze unitarie e, quindi, applicabili indistintamente al di là dell’ambito propriamente regionale» e che «[l]e norme generali così intese si differenziano, nell’ambito della stessa materia, dai principi fondamentali i quali, pur sorretti da esigenze unitarie, non esauriscono in se stessi la loro operatività, ma informano, diversamente dalle prime, altre norme, più o meno numerose».

Successivamente, con la più volte ricordata sentenza n. 200 del 2009, questa Corte ha affermato che appartengono alle norme generali sull’istruzione le disposizioni statali che «definiscono la struttura portante del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di essere applicate in modo necessariamente unitario ed uniforme in tutto il territorio nazionale, assicurando, mediante una offerta formativa omogenea, la sostanziale parità di trattamento tra gli utenti che fruiscono del servizio dell’istruzione (interesse primario di rilievo costituzionale), nonché la libertà di istituire scuole e la parità tra le scuole statali e non statali in possesso dei requisiti richiesti dalla legge. In questo ambito si colloca anche la disciplina relativa alla “autonomia delle istituzioni scolastiche”, facenti parte del sistema nazionale di istruzione, autonomia cui fa espresso riferimento il terzo comma dell’art. 117 della Costituzione», mentre appartengono alla categoria dei «princìpi fondamentali» della materia «istruzione», «quelle norme che, nel fissare criteri, obiettivi, direttive o discipline, pur tese ad assicurare la esistenza di elementi di base comuni sul territorio nazionale in ordine alle modalità di fruizione del servizio dell’istruzione, da un lato, non sono riconducibili a quella struttura essenziale del sistema d’istruzione che caratterizza le norme generali sull’istruzione, dall’altro, necessitano, per la loro attuazione (e non già per la loro semplice esecuzione) dell’intervento del legislatore regionale il quale deve conformare la sua azione all’osservanza dei principi fondamentali stessi», evidenziando che: «lo svolgimento attuativo dei predetti principi è necessario quando si tratta di disciplinare situazioni legate a valutazioni coinvolgenti le specifiche realtà territoriali delle Regioni, anche sotto il profilo socio-economico» e che «[i]n questa prospettiva viene in rilievo […] sia il settore della programmazione scolastica regionale sia quello inerente al dimensionamento sul territorio della rete scolastica» (più di recente, sentenze n. 48 del 2025, n. 192 e n. 168 del 2024, n. 223 del 2023, n. 62 del 2013, n. 279 e n. 147 del 2012, n. 92 del 2011 e ordinanza n. 199 del 2024).

Sempre nella sentenza n. 200 del 2009 si precisa altresì che «[l]e norme sin qui richiamate – che, dettando discipline che non necessitano di ulteriori svolgimenti normativi a livello di legislazione regionale, delineano le basi del sistema nazionale di istruzione – sono funzionali, anche nei lori profili di rilevanza organizzativa, ad assicurare, mediante […] la previsione di una offerta formativa sostanzialmente uniforme sull’intero territorio nazionale, l’identità culturale del Paese, nel rispetto della libertà di insegnamento di cui all’art. 33, primo comma, Cost.».

In sintesi, ha affermato la riferita pronuncia: «deve ritenersi che il sistema generale dell’istruzione, per sua stessa natura, riveste carattere nazionale, non essendo ipotizzabile che esso si fondi su una autonoma iniziativa legislativa delle Regioni, limitata solo dall’osservanza dei principi fondamentali fissati dallo Stato, con inevitabili differenziazioni che in nessun caso potrebbero essere giustificabili sul piano della stessa logica» e che di talché «[s]i tratta […] di conciliare, da un lato, basilari esigenze di “uniformità” di disciplina della materia su tutto il territorio nazionale, e, dall’altro, esigenze autonomistiche che, sul piano locale-territoriale, possono trovare soddisfazione mediante l’esercizio di scelte programmatiche e gestionali rilevanti soltanto nell’ambito del territorio di ciascuna Regione».

14.– Dato questo quadro normativo e giurisprudenziale, appare agevole osservare che la previsione di un termine più ravvicinato (31 ottobre anziché 30 novembre) per l’approvazione del piano di dimensionamento scolastico, vincolante (salva proroga) per tutte le regioni, risponde proprio a una necessità organizzativa di matrice unitaria, soddisfacendo l’esigenza di garantire l’ordinato avvio dell’anno scolastico e consentendo alle famiglie di iscrivere gli alunni presso le sedi effettivamente disponibili. A tal fine, infatti, le operazioni connesse alla definizione della rete scolastica devono concludersi non oltre l’anno solare precedente.

Anche nel dossier n. 422/2 del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati del 18 febbraio 2025 (Misure organizzative urgenti per fronteggiare situazioni di particolare emergenza, nonché per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. D.L. 208/2024 - A.S. 1384) si legge, alla pag. 108: «[l]a relazione illustrativa afferma che la disposizione si rende necessaria alla luce delle difficoltà riscontrate, a decorrere dall’entrata in vigore della riforma del PNRR sul dimensionamento scolastico, in relazione al dimensionamento da parte delle regioni e all’eccessiva prossimità del termine del 30 dicembre rispetto all’avvio delle iscrizioni da parte delle famiglie, da svolgersi necessariamente entro il mese di gennaio al fine di garantire il regolare avvio dell’anno scolastico successivo».

Ebbene: la complessa sequenza delle fasi procedimentali propedeutiche all’avvio dell’anno scolastico tocca esigenze dell’intera comunità nazionale e necessita della puntuale osservanza, da parte di tutte le regioni, delle scadenze stabilite dalla legge. E nel caso che ci occupa lo Stato ha adottato norme concernenti il (solo) procedimento, volte proprio al soddisfacimento delle segnalate esigenze unitarie.

15.– Al riguardo, basta considerare che le procedure di mobilità del personale sono a carattere nazionale e che, di conseguenza, per definire i trasferimenti di docenti e personale amministrativo, tecnico e ausiliario è necessario il completamento di tutte le fasi di iscrizione e formazione delle classi di ogni istituzione scolastica su tutto il territorio nazionale, di talché la presenza anche di una sola regione inadempiente, o comunque in ritardo rispetto ai termini di legge, inficerebbe l’intera procedura.

16.– Inoltre, come evidenziato dall’Avvocatura dello Stato, al fine di garantire il regolare avvio dell’anno scolastico, è indispensabile definire compiutamente il piano triennale dell’offerta formativa, in base al quale le famiglie possono esercitare compiutamente la loro libertà di scelta educativa, che a sua volta richiede l’esatta e tempestiva individuazione del numero, del tipo, dell’ubicazione e delle modalità di aggregazione dei plessi scolastici. Le norme impugnate, pertanto, sono anche intese a tutelare tali spazi di autonomia, garantendo alle istituzioni scolastiche il tempo necessario all’assunzione delle scelte organizzative e progettuali dell’attività formativa.

17.− Sulla base di queste considerazioni, le norme impugnate sono riconducibili alla materia di competenza legislativa esclusiva dello Stato «norme generali sull’istruzione», di cui all’art. 117, secondo comma, lettera n), Cost., dal momento che la loro funzione consiste nell’introdurre una disciplina dei “termini” che per ragioni di necessaria unità e uniformità deve essere operante sull’intero territorio nazionale (sul punto, sentenze n. 62 del 2013 e n. 200 del 2009). Ciò al fine di garantire il regolare avvio dell’anno scolastico nonché adeguati spazi di autonomia alle istituzioni scolastiche, tenuto altresì conto del complessivo programma di riorganizzazione del sistema scolastico nel quale esse sono inserite e del preciso impegno assunto dall’Italia con il PNRR.

18.− In quanto riconducibili a un ambito materiale di competenza legislativa esclusiva dello Stato, anzitutto la norma concernente lo spostamento del termine risulta espressione di attribuzioni statali, legittimamente esercitate.

Infatti, se è pur vero che, come evidenziato da questa Corte nella sentenza n. 223 del 2023, il comma 5-quater dell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, si riflette sul dimensionamento scolastico di competenza legislativa regionale, si tratta, a ben vedere, di un’incidenza mediata, poiché tale intervento è comunque prevalentemente riconducibile alla materia «norme generali sull’istruzione».

La giurisprudenza costituzionale ha invero precisato che, qualora una normativa intersechi più materie attribuite dalla Costituzione alla potestà legislativa statale e a quella concorrente (o residuale) delle regioni, occorre individuare l’ambito materiale che deve considerarsi, nei singoli casi, prevalente (ex plurimis, sentenza n. 44 del 2014, che richiama le sentenze n. 118 del 2013, n. 334 del 2010, n. 237 del 2009 e n. 50 del 2005).

Alla luce delle considerazioni che precedono, la circostanza che all’art. 138, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 112 del 1998 rientri tra le «funzioni amministrative» che sono state «delegate alle regioni» quella di provvedere in materia di programmazione scolastica territoriale, non toglie che, al fine di soddisfare esigenze nazionali, lo Stato abbia un autonomo titolo di legittimazione a dettare una disciplina legislativa generale concernente tanto la programmazione in tema di istruzione quanto le linee generali dell’organizzazione scolastica (così, ancora, sentenza n. 200 del 2009).

19.– Consolida tale approdo interpretativo la sentenza n. 223 del 2023, che ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 557, della legge n. 197 del 2022, nella parte in cui inserisce i commi 5-quater e 5-quinquies nell’art. 19 del d.l. n. 98 del 2011, promossa dalle Regioni Toscana, Emilia-Romagna e Puglia, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, 118, primo e secondo comma, Cost. e al principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost., proprio affermando che tali disposizioni si fondavano in via prevalente su diversi titoli di competenza legislativa esclusiva statale, quali «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato» (art. 117, secondo comma, lettera g, Cost.) e «norme generali sull’istruzione» (art. 117, secondo comma, lettera n, Cost.).

20.– Alla luce delle osservazioni che precedono, la questione di legittimità costituzionale della norma che anticipa il termine di conclusione dell’iter di approvazione dei piani di dimensionamento della rete scolastica, per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., non è fondata.

21.– Una volta accertato che la norma che anticipa il termine di conclusione dell’iter di approvazione dei piani di dimensionamento della rete scolastica è stata adottata nell’esercizio del titolo di competenza legislativa esclusiva statale «norme generali sull’istruzione», lo stesso deve dirsi per quella che dispone l’intervento ministeriale per la concessione della proroga. Poiché, poi, quel titolo competenziale necessariamente prevale sugli altri coi quali si interseca, non può neppure ravvisarsi un difetto di leale collaborazione nel conferimento al Ministro dell’istruzione e del merito del potere di concedere la proroga del termine del 31 ottobre.

La previsione del potere di proroga, infatti, non può essere sganciata da quella della fissazione del termine.

La considerazione del potere di proroga come avulso dalla valutazione complessiva della disciplina prevista dall’art. 9-bis del d.l. n. 208 del 2024, come convertito, conduce invece la Regione ricorrente a ritenere tale previsione non collegata al generale riassetto del sistema dell’istruzione. Il ricorso non considera, però, l’obiettivo generale dell’art. 9-bis, indicato precisamente nella rubrica dello stesso: «Disposizioni urgenti per l’attuazione della riforma 1.3 “Riorganizzazione del sistema scolastico” della Missione 4 – Componente 1 del PNRR». Tale obiettivo esige una disciplina procedimentale unitaria, che ben può contemplare un potere ministeriale di proroga, da esercitarsi nella considerazione complessiva delle esigenze prospettate dalle singole regioni. In ogni caso detto potere di proroga ha l’effetto di rendere meno rigido per le regioni il termine fissato ex lege al 31 ottobre, consentendo quindi, in caso di necessità (come è avvenuto nella fattispecie in esame) di chiedere un differimento del termine stesso.

È comunque opportuno – data, come si è visto, l’interferenza della suddetta disciplina con il dimensionamento scolastico di competenza legislativa regionale – un approfondimento quanto alla censura relativa al mancato coinvolgimento regionale ai fini della concessione della proroga.

Va ricordato che, nel verificare il rispetto delle attribuzioni regionali, questa Corte ha ribadito, anche di recente, che «i necessari strumenti di collaborazione non sono univoci, ma si diversificano “in relazione al tipo di interessi coinvolti e alla natura e all’intensità delle esigenze unitarie che devono essere soddisfatte” (sentenza n. 62 del 2005) nonché alle competenze incise» (sentenza n. 6 del 2023, ma si veda anche già la sentenza n. 169 del 2020, che valorizza le «concrete modalità di esercizio delle competenze in un determinato ambito materiale»).

Proprio in considerazione del «livello degli interessi coinvolti» (sentenze n. 168 del 2021 e n. 179 del 2019), mette conto evidenziare che l’adozione del piano di dimensionamento costituisce un adempimento indefettibilmente cadenzato in modo che sia operativo prima dell’avvio di ogni anno scolastico, che altrimenti rischierebbe di essere rinviato.

In altri termini: le esigenze di funzionalità del sistema scolastico non possono non riverberarsi sulla valutazione delle modalità di un coinvolgimento regionale.

A tal proposito, va detto che la sequenza procedimentale caratterizzante la concessione della proroga del termine per l’approvazione del piano di dimensionamento ha inizio con una specifica richiesta della regione (così come peraltro è avvenuto anche nel caso in esame), nella quale possono essere indicate tutte le ragioni che potrebbero giustificare la concessione della proroga.

Ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), che esprime una generale esigenza di strutturazione pluralistica dei procedimenti amministrativi, dovrà poi essere garantita la più idonea collaborazione tra le amministrazioni coinvolte.

Nel regime disegnato dalle norme impugnate sono dunque in re ipsa il coinvolgimento di entrambi i soggetti istituzionali interessati e la garanzia della loro leale collaborazione.

22.– Deve, quindi, dichiararsi non fondata anche la questione relativa alla violazione degli artt. 5, 117, terzo comma, e 118, primo e secondo comma, Cost.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della legge 28 febbraio 2025, n. 20 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 dicembre 2024, n. 208, recante misure organizzative urgenti per fronteggiare situazioni di particolare emergenza, nonché per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza), nella parte in cui introduce, nel testo del decreto-legge 31 dicembre 2024, n. 208 (Misure organizzative urgenti per fronteggiare situazioni di particolare emergenza, nonché per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza), l’art. 9-bis, comma 2, promosse, in riferimento agli artt. 5, 117, terzo comma, e 118, primo e secondo comma, della Costituzione, dalla Regione Toscana con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 novembre 2025.

F.to:

Giovanni AMOROSO, Presidente

Massimo LUCIANI, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 23 dicembre 2025

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Roberto MILANA