ORDINANZA N. 192
ANNO 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta da: Presidente: Giovanni AMOROSO; Giudici : Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI, Massimo LUCIANI, Maria Alessandra SANDULLI, Roberto Nicola CASSINELLI, Francesco Saverio MARINI,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 69, quarto comma, del codice penale, come sostituito dall’art. 3 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), promosso dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Parma, nel procedimento penale a carico di E. Y.M.T.M. con ordinanza dell’8 ottobre 2024, iscritta al n. 248 del registro ordinanze 2024 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell’anno 2025, la cui trattazione è stata fissata per l’adunanza in camera di consiglio del 1°dicembre 2025.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 2 dicembre 2025 il Giudice relatore Francesco Saverio Marini;
deliberato nella camera di consiglio del 2 dicembre 2025.
Ritenuto che, con ordinanza dell’8 ottobre 2024 (reg. ord. n. 248 del 2024), il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Parma ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 69, quarto comma, del codice penale, come sostituito dall’art. 3 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62-bis cod. pen. sulla recidiva reiterata, prevista dall’art. 99, quarto comma, cod. pen.;
che il rimettente espone di dover giudicare, in sede di rito abbreviato, E. Y.M.T.M., imputato del delitto di rapina, per aver colpito con un pugno il commesso di un minimarket ed essersi impossessato di due bottiglie di liquore esposte in vendita «del valore complessivo di circa 7-8 euro»;
che, in punto di rilevanza, il giudice a quo ritiene sussistente la contestata recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale, avendo l’imputato riportato due precedenti condanne per reati (resistenza a pubblico ufficiale, rapina aggravata e lesioni personali) connotati anch’essi da violenza e minaccia alla persona, che sarebbero «manifestazione [della sua] accresciuta pericolosità sociale e della [sua] più accentuata colpevolezza […], poiché egli è rimasto del tutto sordo ai severi moniti ripetutamente rivoltigli dall’ordinamento»;
che l’imputato ha, però, offerto alla persona offesa una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno, la quale, ancorché non integri la circostanza attenuante di cui all’art. 62, numero 6), cod. pen., perché «non può reputarsi sufficiente per risarcire integralmente il danno morale patito da R. M., considerato il trauma anche psicologico derivante dall’aggressione subita», ben può essere «valorizzat[a] ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche»;
che, ad avviso del rimettente, le riconosciute attenuanti generiche dovrebbero essere ritenute prevalenti rispetto alla recidiva reiterata, in quanto, altrimenti, la pena detentiva minima, ancorché «ridotta di un terzo in virtù della scelta processuale», risulterebbe «sproporzionata in sé rispetto alla concreta offensività del fatto, nella sua dimensione obiettiva e soggettiva»;
che, tuttavia, la preclusione introdotta dalla norma censurata impedirebbe di tener conto dell’«effetto mitigatore dell’articolo 62-bis del codice penale»;
che, in punto di non manifesta infondatezza, il giudice a quo ritiene che l’art. 69, quarto comma, cod. pen. «presenti profili di irragionevolezza, in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione»;
che la norma censurata, infatti, disincentiverebbe l’imputato recidivo reiterato dal «risarcire, anche solo parzialmente, la persona offesa» o dal «tenere successivamente al reato un comportamento che ne manifesti il genuino pentimento e la volontà di reinserimento sociale»;
che, inoltre, il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla recidiva reiterata impedirebbe di «tenere in debito conto cambi di vita dell’imputato, tali da incidere, mitigandola, sulla maggiore colpevolezza e pericolosità sociale dimostrata con la ricaduta nel delitto», così attribuendole una rilevanza preponderante rispetto alla gravità del fatto concreto nel processo di individualizzazione della pena;
che la norma censurata comporterebbe, infine, «l’applicazione dello stesso trattamento sanzionatorio a condotte dal disvalore diverso», anche «in virtù di elementi che intervengono successivamente alla commissione del reato di rapina» e sono «sintomatici di una positiva evoluzione in atto della personalità del condannato», tale da renderlo «meno meritevole e bisognos[o] di pena, perché in condizioni economiche o sociali particolarmente disagiate, come nella fattispecie»;
che, ad avviso del rimettente, sarebbe altresì violato l’art. 27, terzo comma, Cost., perché la preclusione posta dall’art. 69, quarto comma, cod. pen. enfatizzerebbe «in modo abnorme il ruolo della recidiva, sino a vanificare la valenza della condotta susseguente al reato», che ben può esprimere una «riconsiderazione critica del proprio operato e l’accettazione di quei valori di ordinata e pacifica convivenza, nella quale si esprime l’oggetto della rieducazione»;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale, in via preliminare, ha eccepito l’inammissibilità delle questioni per incompleta ricostruzione del quadro normativo;
che, secondo la difesa statale, il rimettente non si sarebbe confrontato con la sentenza n. 86 del 2024 di questa Corte, che ha inserito, nel delitto di rapina, la circostanza attenuante del fatto di lieve entità, nonostante abbia ravvisato, nella fattispecie concreta, «fattori di attenuazione della pena, che […] in parte riguardano la gravità del fatto», oltre alla «condotta post delictum»;
che, nel merito, le questioni sarebbero manifestamente infondate, «conformemente all’orientamento […] costantemente espresso [dalla] Corte di Cassazione, orientamento con il quale [peraltro] l’ordinanza di rimessione non si misura».
Considerato che il GUP del Tribunale di Parma dubita, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost., della legittimità costituzionale dell’art. 69, quarto comma, cod. pen., come sostituito dall’art. 3 della legge n. 251 del 2005, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62-bis cod. pen. sulla recidiva reiterata, prevista dall’art. 99, quarto comma, cod. pen.;
che, successivamente all’ordinanza di rimessione, questa Corte, con la sentenza n. 117 del 2025, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 69, quarto comma, cod. pen., «nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante del fatto di lieve entità, introdotta con sentenza n. 86 del 2024 di questa Corte in relazione al delitto di rapina, sulla circostanza aggravante della recidiva reiterata di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen.»;
che, per effetto di detta pronuncia, la circostanza attenuante del fatto di lieve entità del delitto di rapina è stata sottratta al divieto di prevalenza in esito al giudizio di bilanciamento con l’aggravante della recidiva reiterata, posto dalla norma censurata;
che, pertanto, l’eventuale riconoscimento, nel giudizio a quo, di detta attenuante consentirebbe al rimettente di procedere al bilanciamento con la recidiva reiterata e, in caso di prevalenza, di diminuire la pena «in misura non eccedente un terzo», indipendentemente dall’applicabilità delle circostanze attenuanti generiche;
che, secondo la costante giurisprudenza costituzionale, «“a fronte del sopraggiungere di pronunce di illegittimità costituzionale (ordinanza n. 26 del 2009) spetta al giudice rimettente valutare in concreto l’incidenza delle sopravvenute modifiche sia in ordine alla rilevanza, sia in riferimento alla non manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate (ex plurimis, ordinanze n. 182 del 2019 e n. 154 del 2018)” (ordinanza n. 49 del 2020)» (ordinanze n. 184 e n. 183 del 2020);
che «tale verifica assume rilievo pregiudiziale rispetto all’esame dei vizi di legittimità costituzionale dedotti» nell’ordinanza di rimessione (ordinanza n. 184 del 2020; nello stesso senso, ordinanza n. 183 del 2020), con cui si lamenta, in sostanza, che la preclusione posta dall’art. 69, quarto comma, cod. pen. impedirebbe di adeguare la pena «alla concreta offensività del fatto, nella sua dimensione obiettiva e soggettiva»;
che, pertanto, deve essere disposta la restituzione degli atti al giudice rimettente per un nuovo esame della rilevanza e della non manifesta infondatezza delle questioni, alla luce del mutato contesto normativo.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti al giudice rimettente.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 dicembre 2025.
F.to:
Giovanni AMOROSO, Presidente
Francesco Saverio MARINI, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 19 dicembre 2025
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
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