Sentenza  189/2025 (ECLI:IT:COST:2025:189) Comunicato
Giudizio:  GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: AMOROSO - Redattore:  PITRUZZELLA
Udienza Pubblica del 21/10/2025;    Decisione  del 21/10/2025
Deposito del 18/12/2025;    Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate:  Art. 46, c. 2° e 4° bis, della legge della Regione Campania 26/07/2002, n. 15, nel testo modificato, dapprima, dall'art. 1, c. 2°, della legge della Regione Campania 19/02/2004, n. 3 e, infine, dall'art. 1, c. 77°, della legge della Regione Campania 21/01/2010, n. 2.
Massime: 
Atti decisi: ord. 52/2025

Pronuncia

SENTENZA N. 189

ANNO 2025

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da: Presidente: Giovanni AMOROSO; Giudici : Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI, Massimo LUCIANI, Maria Alessandra SANDULLI, Roberto Nicola CASSINELLI, Francesco Saverio MARINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 46, commi 2 e 4-bis, della legge della Regione Campania 26 luglio 2002, n. 15 (Legge Finanziaria Regionale per l’anno 2002), nel testo modificato, dapprima, dall’art. 1, comma 2, della legge della Regione Campania 19 febbraio 2004, n. 3 (Modifica della legge regionale 26 luglio 2002, n. 15, articolo 46), e, infine, dall’art. 1, comma 77, della legge della Regione Campania 21 gennaio 2010, n. 2 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Campania – Legge finanziaria anno 2010), promosso dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Campania, nel giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione Campania per l’esercizio finanziario 2023, con ordinanza del 3 marzo 2025, iscritta al n. 52 del registro ordinanze 2025 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell’anno 2025.

Visti l’atto di costituzione della Regione Campania, nonché l’atto di intervento del Procuratore generale della Corte dei conti;

udito nell’udienza pubblica del 21 ottobre 2025 il Giudice relatore Giovanni Pitruzzella;

udita l’avvocata Almerina Bove per la Regione Campania;

deliberato nella camera di consiglio del 21 ottobre 2025.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza del 3 marzo 2025, iscritta al n. 52 del registro ordinanze 2025, la Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Campania, ha sollevato, in riferimento agli artt. 81, 97, primo comma, 117, secondo comma, lettera l), e 119, primo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 46, commi 2 e 4-bis, della legge della Regione Campania 26 luglio 2002, n. 15 (Legge Finanziaria Regionale per l’anno 2002), nel testo modificato dapprima dall’art. 1, comma 2, della legge della Regione Campania 19 febbraio 2004, n. 3 (Modifica della legge regionale 26 luglio 2002, n. 15, articolo 46) e, infine, dall’art. 1, comma 77, della legge della Regione Campania 21 gennaio 2010, n. 2 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Campania – Legge finanziaria anno 2010).

La disciplina in esame è censurata nella parte in cui consente di distaccare o comandare presso la Regione il personale dipendente a tempo indeterminato di società e consorzi in cui la partecipazione pubblica non sia inferiore al 49 per cento (comma 2) ed equipara il comando al distacco (comma 4-bis).

1.1.– Il rimettente ha sospeso la decisione di parificazione sul rendiconto generale per l’esercizio finanziario 2023 con riferimento ai capitoli U0058 e U00008, limitatamente alle spese per il pagamento degli stipendi al personale distaccato o comandato, rispettivamente, presso la Giunta regionale (per un importo pari a euro 739.996,2) e presso il Consiglio regionale (per un importo pari a euro 1.217.604,67).

In punto di rilevanza, il giudice a quo evidenzia che i distacchi e i comandi sono stati attivati o prorogati per far fronte alle esigenze degli uffici di diretta collaborazione con il Consiglio regionale o con la Giunta regionale e si fondano sulla disposizione censurata, contraddistinta da un tenore letterale inequivocabile, a suo avviso incompatibile con un’interpretazione costituzionalmente orientata.

Né si potrebbero evocare le previsioni dell’art. 19, comma 9-bis, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica), aggiunto dall’art. 1, comma 898, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025). Tali innovazioni sarebbero inapplicabili ai comandi attivati in epoca precedente, come quelli disposti dalla Giunta regionale con i decreti del 29 e 30 dicembre 2022, n. 119 e n. 125, e alle loro proroghe. Peraltro, le previsioni della disciplina sulle società a partecipazione pubblica non sarebbero state richiamate neppure per i comandi e i distacchi disposti successivamente.

Ove si procedesse alla parificazione, in applicazione della disciplina regionale vigente, si validerebbe un risultato di amministrazione derivante «dall’indebito impiego di risorse destinate al pagamento delle spettanze stipendiali del personale distaccato/comandato rispettivamente presso la Giunta e il Consiglio regionale».

1.2.– Con riferimento alla non manifesta infondatezza, la sezione rimettente osserva che l’estensione delle possibilità di comando e distacco al personale delle società con partecipazione pubblica non inferiore al 49 per cento e l’assimilazione del comando e del distacco ledono la competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia «ordinamento civile» (art. 117, secondo comma, lettera l, Cost.), in quanto contrasterebbero con le scelte discrezionali operate dal legislatore statale, che, in tali fattispecie, non consentirebbe comandi e distacchi.

Dalla previsione censurata conseguirebbe, inoltre, la «lesione dell’equilibrio di bilancio» e della «sana gestione finanziaria», in contrasto con gli artt. 81, 97, primo comma, e 119, primo comma, Cost.

2.– Con atto depositato il 10 aprile 2025, si è costituita in giudizio la Regione Campania, chiedendo di dichiarare inammissibili o, comunque, non fondate le questioni sollevate dalla Corte dei conti.

3.– Nel giudizio dinnanzi a questa Corte ha chiesto di intervenire il Procuratore generale della Corte dei conti, prospettando la sussistenza di un interesse concreto e attuale e, dunque, l’ammissibilità del proprio intervento e deducendo, quanto al merito, l’illegittimità costituzionale delle disposizioni censurate, in virtù degli argomenti già enunciati dal rimettente.

4.– In prossimità dell’udienza pubblica, la Regione Campania ha depositato memoria illustrativa, confermando le conclusioni rassegnate nell’atto di costituzione.

4.1.– In linea preliminare, le questioni di legittimità costituzionale sarebbero irrilevanti, in quanto, dal 2023, la normativa statale consentirebbe alle amministrazioni pubbliche il comando di personale proveniente da società partecipate e in controllo pubblico. I comandi, pur disposti dalla Regione in attuazione della normativa censurata, sarebbero pienamente conformi alle previsioni dell’art. 19, comma 9-bis, del d.lgs. n. 175 del 2016.

4.2.– Le questioni sarebbero, comunque, non fondate.

Non sarebbe pertinente, innanzitutto, il richiamo ai princìpi affermati da questa Corte con la sentenza n. 227 del 2020, che riguarderebbe una legge regionale destinata a far gravare gli oneri del comando sulle stesse società. Per contro, la legge regionale oggi censurata porrebbe a carico della Regione gli oneri principali e accessori del personale comandato o distaccato. Tale differenza sarebbe decisiva in un giudizio incentrato sull’alterazione dei bilanci pubblici.

Né l’art. 46, comma 2, della legge reg. Campania n. 15 del 2002 interverrebbe sul regime contrattuale del personale comandato. Neppure da questo punto di vista, dunque, si potrebbe ravvisare la paventata violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia «ordinamento civile».

Infine, non sarebbero fondate le questioni concernenti l’equiparazione del personale in comando e di quello in distacco. Le previsioni censurate si limiterebbero ad abrogare la normativa di organizzazione interna che vincolava il ricorso all’uno o all’altro istituto, nel contesto di una disciplina statale disomogenea e frammentaria.

5.– All’udienza pubblica la Regione Campania ha insistito per l’accoglimento delle conclusioni formulate negli scritti difensivi.

Considerato in diritto

1.– Con l’ordinanza indicata in epigrafe (reg. ord. n. 52 del 2025), la Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Campania, dubita della legittimità costituzionale dell’art. 46, commi 2 e 4-bis, della legge reg. Campania n. 15 del 2002, come successivamente modificato dalle leggi reg. Campania n. 3 del 2004 e n. 2 del 2010, in riferimento agli artt. 81, 97, primo comma, 117, secondo comma, lettera l), e 119, primo comma, Cost.

1.1.– Le censure del rimettente si appuntano, innanzitutto, sull’art. 46, comma 2, primo periodo, della legge reg. Campania n. 15 del 2002, dapprima soppresso dall’art. 30, comma 8, della legge della Regione Campania 29 dicembre 2005, n. 24 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della regione Campania – Legge finanziaria 2006) e poi ripristinato dall’art. 31, comma 39, della legge della Regione Campania 19 gennaio 2007, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Campania – Legge finanziaria regionale 2007).

Tale previsione, nel testo modificato dall’art. 1, comma 77, della legge reg. Campania n. 2 del 2010, consente al Consiglio regionale, alla Giunta regionale e agli enti strumentali della Regione Campania di chiedere il distacco nei confronti di personale dipendente a tempo indeterminato di società e consorzi in cui la partecipazione pubblica non sia inferiore al 49 per cento.

Il giudice a quo denuncia, inoltre, l’art. 46, comma 4-bis, della legge reg. Campania n. 15 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 2, della legge reg. Campania n. 3 del 2004.

Tale disposizione abolisce ad ogni effetto «nell’assegnazione del personale proveniente dagli enti esterni al Consiglio regionale, la distinzione tra distacco e comando di cui alla legge regionale 25 agosto 1989, n. 15, articolo 9 – ultimo comma – e articolo 14 – ultimi due commi».

1.2.– Le previsioni censurate si inquadrano nella disciplina del comando e del distacco presso le amministrazioni pubbliche.

Se il comando prevede la temporanea destinazione del pubblico impiegato a prestare servizio presso altra amministrazione o diverso ente pubblico, per esigenze esclusive di tale amministrazione o di tale ente, il distacco presuppone che il dipendente pubblico sia temporaneamente impiegato per la stessa amministrazione pubblica di appartenenza e per esclusive esigenze di quest’amministrazione, in un ufficio diverso da quello nel quale formalmente è incardinato (Corte di cassazione, sezione quarta civile, sentenza 1° aprile 2025, n. 8672).

Al comando, in particolare, fa riscontro la dissociazione tra la titolarità del rapporto d’ufficio, che permane in capo all’amministrazione di provenienza, e l’esercizio dei poteri di gestione: si modifica il rapporto di servizio, in quanto il dipendente è inserito sotto il profilo organizzativo-funzionale e sotto il profilo gerarchico e disciplinare nell’amministrazione di destinazione.

Nel distacco, per contro, il dipendente pubblico non è assegnato a un’amministrazione diversa da quella di appartenenza, ma a un diverso ufficio del medesimo datore di lavoro, per esigenze proprie di quest’ultimo (Corte di cassazione, sezione quarta civile, ordinanza 15 gennaio 2024, n. 1471).

2.– La disciplina regionale, nell’estendere la facoltà di comando e di distacco e nell’equiparare il comando e il distacco, si porrebbe in antitesi con le «scelte discrezionali compiute dal legislatore statale nell’esercizio della competenza esclusiva in materia di ordinamento civile» (è citata la sentenza n. 227 del 2020), che non contemplerebbero alcuna facoltà di comando per il personale delle società a partecipazione pubblica. Da qui il contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.

L’autorizzazione di «una spesa non sostenibile in considerazione dell’impiego di personale comandato da società pubbliche non ammissibile in quanto materia riservata alla competenza esclusiva del legislatore statale» determinerebbe, inoltre, la «lesione dell’equilibrio di bilancio» e pregiudicherebbe la «sana gestione finanziaria», in contrasto con gli artt. 81, 97, primo comma, e 119, primo comma, Cost.

3.– In primo luogo, occorre ribadire che la Corte dei conti, sezione regionale di controllo, è legittimata a sollevare questioni di legittimità costituzionale delle leggi che la stessa debba applicare nel corso del giudizio di parificazione del rendiconto delle regioni, in relazione a profili che abbiano una incidenza, diretta o mediata, sugli equilibri di bilancio (da ultimo, sentenza n. 165 del 2025, punto 3 del Considerato in diritto; nello stesso senso, sentenza n. 39 del 2024, punto 2 del Considerato in diritto) «e dunque, rispetto a disposizioni lesive sia dei principi che direttamente tutelano l’equilibrio di bilancio e la corretta gestione finanziaria (artt. 81 e 97, primo comma, Cost.), sia di quelli che sovrintendono al riparto di competenze fra Stato e regioni, allorché si configuri una “correlazione funzionale” (sentenza n. 253 del 2022) fra la lesione del parametro concernente la competenza e la violazione degli stessi parametri finanziari» (sentenza n. 185 del 2024, punto 2 del Considerato in diritto).

4.– In via preliminare, occorre, inoltre, dichiarare inammissibile l’intervento del Procuratore generale della Corte dei conti, spiegato nel presente giudizio.

4.1.– Per costante giurisprudenza di questa Corte, sono ammessi a intervenire nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale (artt. 3 e 4 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale) i soli soggetti parti del giudizio a quo, oltre al Presidente del Consiglio dei ministri e, nel caso di legge regionale, al Presidente della Giunta regionale (tra le molte, sentenze n. 39 del 2024, con allegata ordinanza letta all’udienza pubblica del 24 gennaio 2024, n. 206 del 2019, con allegata ordinanza letta all’udienza pubblica del 4 giugno 2019, e n. 173 del 2019, con allegata ordinanza letta all’udienza pubblica del 18 giugno 2019).

Nei giudizi incidentali di legittimità costituzionale, l’intervento di soggetti estranei al giudizio principale (art. 4, comma 3, delle Norme integrative) è ammissibile soltanto per i terzi titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto sostanziale dedotto in giudizio, come si evince dalle pronunce prima richiamate.

4.2.– Il Procuratore generale della Corte dei conti, nel caso specifico, non è parte del giudizio a quo e non può ritenersi titolare di un interesse qualificato, idoneo a legittimarne l’intervento nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale, secondo quanto stabilito dall’art. 4, comma 3, delle Norme integrative.

I principi evocati a sostegno dell’ammissibilità dell’intervento del Procuratore generale della Corte dei conti sono stati affermati da questa Corte nei giudizi per conflitto di attribuzione tra enti, in cui il Procuratore generale rivestiva la qualità di parte, e non si rivelano, dunque, pertinenti nell’ipotesi in esame (sentenza n. 123 del 2023, punto 2 del Considerato in diritto), come questa Corte, anche di recente, ha ribadito (sentenze n. 174 e n. 165 del 2025, con allegate ordinanze lette, rispettivamente, all’udienza pubblica del 21 ottobre e del 7 ottobre 2025, e sentenza n. 150 del 2025, punto 2 del Considerato in diritto).

5.– All’esame delle questioni giova premettere l’analisi delle sopravvenienze normative che hanno inciso sulla disciplina censurata.

5.1.– L’art. 46, comma 2, primo periodo, della legge reg. Campania n. 15 del 2002 è stato modificato dall’art. 49 della legge della Regione Campania 30 dicembre 2024, n. 25 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione finanziario per il triennio 2025-2027 della Regione Campania – Legge di stabilità regionale per il 2025) e, da ultimo, dall’art. 11 della legge della Regione Campania 22 luglio 2025, n. 13 (Misure per il riordino e l’adeguamento della legislazione).

Il legislatore regionale ha dapprima esteso l’ambito applicativo della disciplina al comando richiesto «in forza delle disposizioni di cui all’articolo 19, comma 9 bis del decreto legislativo 19 agosto 2016 n. 175 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica)» (art. 49 della legge reg. Campania n. 25 del 2024) e ha quindi puntualizzato che attualmente viene in rilievo il comando richiesto in forza delle disposizioni «di cui all’articolo 8, comma 3 del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25 (Disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni - Decreto PA) convertito con modificazioni dalla legge 9 maggio 2025, n. 69 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni)» (art. 11 della legge reg. Campania n. 13 del 2025).

L’art. 19, comma 9-bis, del d.lgs. n. 175 del 2016, aggiunto dall’art. 1, comma 898, della legge n. 197 del 2022, consente, per la durata di un anno e non oltre il 31 dicembre 2026, di applicare gli istituti del comando e del distacco nell’ambito dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle società a controllo pubblico, «anche per esigenze strettamente collegate all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza».

L’art. 8, comma 3, del d.l. n. 25 del 2025, come convertito, aggiunge un periodo all’art. 3, comma 1, del decreto-legge 22 aprile 2023, n. 44 (Disposizioni urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni pubbliche), convertito, con modificazioni, nella legge 21 giugno 2023, n. 74, e accorda alle regioni la facoltà di assegnare agli uffici di diretta collaborazione «proprio personale di ruolo e personale proveniente da società a partecipazione pubblica».

Le regioni si possono così avvalere, anche in favore dei propri dipendenti, degli istituti previsti dall’art. 14, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) e, in particolare, delle posizioni di «aspettativa, fuori ruolo o comando», dei «contratti a tempo determinato disciplinati dalle norme di diritto privato», degli «incarichi di collaborazione coordinata e continuativa» e di altri istituti analoghi.

5.2.– Tali modifiche, volte a raccordare la normativa regionale con l’evoluzione di quella statale in tema di comando, non incidono, tuttavia, sul thema decidendum, che investe i comandi e i distacchi attivati in applicazione della disciplina previgente.

5.3.– Inoltre, con motivazione adeguata, che supera il vaglio di non implausibilità demandato a questa Corte in punto di rilevanza (fra le molte, sentenze n. 137 del 2025, punto 2 del Considerato in diritto, e n. 105 del 2025, punto 4.1. del Considerato in diritto), il giudice a quo ha avvalorato la necessità di applicare le disposizioni censurate, nella formulazione vigente ratione temporis, allo scopo di definire il giudizio di parificazione, e ha negato che la fattispecie controversa possa essere ricondotta alla disciplina posteriore, dettata dal citato art. 19, comma 9-bis, del d.lgs. n. 175 del 2016.

Devono essere disattese, pertanto, le eccezioni di inammissibilità formulate dalla Regione Campania nella memoria illustrativa in ordine alla carente motivazione sulla rilevanza.

6.– Le questioni sono fondate, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.

7.– Chiamata a vagliare la legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 3, lettera i), della legge della Regione Molise 10 maggio 2019, n. 4 (Legge di stabilità regionale 2019), che consentiva l’utilizzazione temporanea del personale delle società partecipate presso altri enti regionali, questa Corte ha chiarito che le disposizioni inerenti all’attività di società partecipate dalle regioni e dagli enti locali, in quanto volte a definire il regime giuridico di soggetti di diritto privato, sono riconducibili, tra l’altro, alla materia «ordinamento civile» (sentenza n. 227 del 2020, punto 10 del Considerato in diritto) evocata anche nell’odierno giudizio.

La disciplina statale allora vigente, che rileva anche nella questione oggi sottoposta al vaglio di questa Corte, non aveva previsto la possibilità del comando presso le amministrazioni per il personale dipendente delle società a partecipazione pubblica.

Tale scelta, compiuta dalla legge dello Stato «nell’esercizio della competenza esclusiva in materia di ordinamento civile», rispecchia la «natura strettamente privatistica del rapporto» e traccia una netta linea di demarcazione tra il personale delle società a partecipazione pubblica e quello dipendente delle pubbliche amministrazioni (ancora, sentenza n. 227 del 2020, nel già richiamato punto 10 del Considerato in diritto).

8.– La ratio decidendi della pronuncia menzionata si incardina nell’attinenza della disciplina dei comandi e dei distacchi alla materia dell’ordinamento civile.

Spetta al legislatore statale il compito di delineare i tratti salienti di tali istituti, inscindibilmente connessi all’assetto dei rapporti di lavoro, anche al fine di presidiare nel modo più efficace i princìpi sanciti dall’art. 97 Cost., nel rispetto dei vincoli di bilancio.

Anche nelle odierne questioni, il riparto delle competenze riveste rilievo dirimente rispetto al profilo della distribuzione degli oneri tra i datori di lavoro coinvolti, valorizzato dalla difesa regionale nella memoria illustrativa.

8.1.– L’art. 46, comma 2, primo periodo, della legge reg. Campania n. 15 del 2002, nell’ampliare il perimetro del comando e del distacco e nel definire aspetti coessenziali alla disciplina del rapporto di lavoro e, perciò, bisognosi di una regolamentazione uniforme, ha dunque travalicato i limiti delle competenze regionali.

8.2.– Le medesime considerazioni si attagliano anche all’integrale equiparazione del comando e del distacco nell’assegnazione del personale degli enti esterni al Consiglio regionale, nei termini previsti dal censurato art. 46, comma 4-bis, della medesima legge reg. Campania n. 15 del 2002.

È riservata al legislatore statale l’individuazione dei tratti distintivi tra due strumenti parimenti funzionali alle esigenze organizzative delle amministrazioni pubbliche e gravidi di implicazioni sulla disciplina del rapporto di lavoro, in riferimento alle stesse modalità di svolgimento della prestazione lavorativa e all’atteggiarsi dei suoi diversi profili, anche retributivi (sentenza n. 172 del 2018, punto 9.2. del Considerato in diritto, in tema di comando).

Né l’asserita frammentarietà della disciplina statale, posta in risalto nella memoria illustrativa della Regione Campania, può legittimare l’intervento del legislatore regionale in un ambito che esorbita dalle sue attribuzioni.

9.– Si deve dichiarare, pertanto, l’illegittimità costituzionale dell’art. 46, comma 2, primo periodo, della legge reg. Campania n. 15 del 2002, nel testo ripristinato dall’art. 31, comma 39, della legge reg. Campania n. 1 del 2007 e, quindi, modificato dall’art. 1, comma 77, della legge reg. Campania n. 2 del 2010, nella formulazione antecedente le modifiche dettate dall’art. 49 della legge reg. Campania n. 25 del 2024 e dall’art. 11 della legge reg. Campania n. 13 del 2025, e dell’art. 46, comma 4-bis, della medesima legge reg. Campania n. 15 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 2, della legge reg. Campania n. 3 del 2004.

10.– È assorbito l’esame delle restanti censure.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 46, comma 2, primo periodo, della legge della Regione Campania 26 luglio 2002, n. 15 (Legge Finanziaria Regionale per l’anno 2002), nel testo ripristinato dall’art. 31, comma 39, della legge della Regione Campania 19 gennaio 2007, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Campania – Legge finanziaria regionale 2007) e quindi modificato dall’art. 1, comma 77, della legge della Regione Campania 21 gennaio 2010, n. 2 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Campania – Legge finanziaria anno 2010), nella formulazione antecedente le modifiche dettate dall’art. 49 della legge della Regione Campania 30 dicembre 2024, n. 25 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione finanziario per il triennio 2025-2027 della Regione Campania – Legge di stabilità regionale per il 2025) e, infine, dall’art. 11 della legge della Regione Campania 22 luglio 2025, n. 13 (Misure per il riordino e l’adeguamento della legislazione);

2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 46, comma 4-bis, della legge reg. Campania n. 15 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 2, della legge della Regione Campania 19 febbraio 2004, n. 3 (Modifica della legge regionale 26 luglio 2002, n. 15, articolo 46);

3) dichiara inammissibile l’intervento spiegato dal Procuratore generale della Corte dei conti.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, 21 ottobre 2025.

F.to:

Giovanni AMOROSO, Presidente

Giovanni PITRUZZELLA, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 18 dicembre 2025

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Roberto MILANA