Sentenza  175/2025 (ECLI:IT:COST:2025:175)
Giudizio:  GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: AMOROSO - Redattore:  PATRONI GRIFFI
Camera di Consiglio del 06/10/2025;    Decisione  del 06/10/2025
Deposito del 28/11/2025;    Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate:  Art. 92 del decreto legislativo 06/09/2011, n. 159.
Massime: 
Atti decisi: ord. 58/2025

Pronuncia

SENTENZA N. 175

ANNO 2025

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da: Presidente: Giovanni AMOROSO; Giudici : Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI, Massimo LUCIANI, Maria Alessandra SANDULLI, Roberto Nicola CASSINELLI, Francesco Saverio MARINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 92 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sezione prima, nel procedimento vertente tra A. N. e Ministero dell’interno e Ufficio territoriale del Governo di Genova, con ordinanza del 10 marzo 2025, iscritta al n. 58 del registro ordinanze 2025 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell’anno 2025.

Udito nella camera di consiglio del 6 ottobre 2025 il Giudice relatore Filippo Patroni Griffi;

deliberato nella camera di consiglio del 6 ottobre 2025.

Ritenuto in fatto

1.− Con ordinanza del 10 marzo 2025, iscritta al n. 58 del registro ordinanze 2025, il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sezione prima, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 4 e 41 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 92 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136), nella parte in cui «non consente al Prefetto di valutare l’impatto dell’informazione interdittiva sulle condizioni economiche del destinatario e, se del caso, di escluderne gli effetti, che incidono funditus sulle attività imprenditoriali».

Quanto a tali effetti, assume il rimettente che, ai sensi dell’art. 94 del d.lgs. n. 159 del 2011, le imprese colpite dall’informazione interdittiva antimafia non possono ottenere o mantenere contratti con le amministrazioni né erogazioni pubbliche, ma neppure provvedimenti amministrativi legittimanti l’esercizio di attività economiche, quali licenze, autorizzazioni, iscrizioni in elenchi e registri ed altri.

Il TAR Liguria riferisce di essere chiamato a decidere sulla domanda, proposta da una imprenditrice individuale, di annullamento dell’informazione interdittiva antimafia adottata dal Prefetto di Genova in esito al riscontro del tentativo di infiltrazione nell’impresa da parte di una organizzazione «ndranghetista» locale.

L’impugnazione è stata spiegata con cinque motivi di ricorso, tutti incentrati sulla illegittimità della valutazione prefettizia in ordine al rapporto (di agevolazione o condizionamento) tra impresa e clan. Di tali censure il Tribunale amministrativo afferma l’infondatezza, alla luce della irreprensibilità della decisione del prefetto quanto al riscontro di elementi chiaramente rivelatori del tentativo di infiltrazione mafiosa.

Tuttavia, il rimettente rappresenta che la ricorrente ha anche lamentato gli effetti gravemente pregiudizievoli dell’informazione interdittiva che le precludono l’esercizio dell’attività di lavanderia e stireria, dalla quale la stessa trarrebbe i mezzi di sostentamento per sé e per il proprio figlio disabile, con lei convivente. In proposito, lo stesso TAR dà atto di aver sospeso, con precedente ordinanza cautelare, l’efficacia dell’atto gravato, avendo ritenuto «che l’inibizione dello svolgimento dell’attività commerciale, costituente conseguenza della cautela antimafia, sia suscettibile di arrecare all’interessata un danno grave e irreparabile».

1.1.− In punto di rilevanza, il giudice a quo assume che, per la ritenuta infondatezza dei motivi di impugnazione, il ricorso sarebbe da rigettare, ma che il giudizio avrebbe esito diverso in caso di accoglimento delle questioni prospettate: infatti, la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 92 cod. antimafia «comporterebbe l’annullamento dell’informazione interdittiva, adottata dall’autorità prefettizia senza valutare le conseguenze sui mezzi di sostentamento». L’imprenditrice avrebbe, infatti, dimostrato che l’attività commerciale è l’unica fonte di guadagno con cui sostiene le indispensabili esigenze di vita sue e del figlio, bisognoso di costanti cure mediche.

1.2.− In punto di non manifesta infondatezza, il rimettente lamenta, anzitutto, la disparità di trattamento tra i soggetti destinatari della informazione interdittiva e quelli interessati da misure di prevenzione personale applicate dall’autorità giudiziaria.

Per queste ultime, infatti, l’art. 67, comma 5, cod. antimafia attribuisce al tribunale della prevenzione la facoltà di escludere le decadenze e i divieti di cui ai commi 1 e 2 del medesimo articolo, «nel caso in cui per effetto degli stessi verrebbero a mancare i mezzi di sostentamento all’interessato e alla famiglia». Per contro, analogo potere di esclusione delle conseguenze della misura non risulterebbe previsto dall’art. 92 cod. antimafia in capo al prefetto che adotta l’informazione interdittiva, e ciò nonostante la sostanziale coincidenza dei suoi effetti, sul versante considerato, con quelli propri delle misure di prevenzione personali.

Secondo l’ordinanza di rimessione, la differente disciplina sarebbe irragionevole atteso che le misure di prevenzione giudiziaria e quelle di prevenzione amministrativa sarebbero in egual modo misure anticipatorie in difesa della legalità. In proposito, il TAR Liguria richiama la sentenza n. 180 del 2022 di questa Corte nella parte in cui ha affermato che gli elementi di differenziazione dei due istituti (per autorità emanante e presupposti applicativi) non sono sufficienti a giustificare il fatto che la tutela dei bisogni primari di sostentamento economico sia assicurata solamente alle persone colpite dalla prima categoria di misure.

A dire del rimettente, la diseguaglianza si paleserebbe in modo manifesto proprio nel caso del destinatario dell’interdittiva che gestisca una microimpresa individuale, in quanto questa è la sua unica fonte di reddito con cui provvede ai bisogni propri e della sua famiglia.

1.2.1.− Non attenuerebbero il lamentato contrasto con il principio di eguaglianza altre previsioni che l’ordinamento detta in tema di effetti dell’interdittiva.

In primo luogo, la violazione dell’art. 3, primo comma, Cost. non sarebbe elisa dall’onere dell’amministrazione di verificare la persistenza dei presupposti della misura dopo dodici mesi, «ai sensi dell’art. 86, comma 2» cod. antimafia, sia perché il prefetto potrebbe non ravvisare delle sopravvenienze tali da superare il ravvisato pericolo di infiltrazione, sia perché l’interruzione dell’attività economica per un anno potrebbe già aver sortito conseguenze irreversibili sulla sopravvivenza dell’impresa.

In secondo luogo, la disparità di trattamento non sarebbe neppure ovviata dalla facoltà per l’imprenditore di accedere al controllo giudiziario di cui all’art. 34-bis cod. antimafia, che consente la prosecuzione dell’attività economica nel rispetto di obblighi e sotto la vigilanza di un “controllore giudiziario” e del giudice delegato del tribunale della prevenzione. Questa misura, infatti: 1) può essere concessa dal giudice della prevenzione nel solo caso di agevolazione occasionale dell’associazione malavitosa da parte dell’impresa; 2) non ha efficacia retroattiva (salvo nelle procedure di evidenza pubblica, «ai sensi dell’art. 92, comma 2, [recte: 94, comma 2,]» del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, recante «Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici»); 3) comporta un compenso del “controllore” che viene posto a carico dell’imprenditore, il quale vede, pertanto, ridotto l’utile ricavato dall’esercizio dell’attività economica controllata da destinare al sostentamento proprio e della sua famiglia.

1.2.2.− Il TAR Liguria rammenta ancora che con la citata sentenza n. 180 del 2022, e già in precedenza con la sentenza n. 57 del 2020, questa Corte ha invitato il legislatore a porre rimedio al vulnus in parola, ma questo non vi ha provveduto. Tale protratta inerzia legittimerebbe, allora, l’adozione di una pronuncia manipolativa per accordare la protezione a diritti fondamentali.

1.3.− Il giudice a quo prospetta, inoltre, la violazione degli artt. 4 e 41 Cost.

La lesione dei citati parametri costituzionali sarebbe evidente nella fattispecie al suo esame in cui, a seguito dell’emissione della informazione interdittiva da parte del prefetto, l’amministrazione comunale ha avviato il procedimento di revoca del titolo abilitativo per l’esercizio dell’attività commerciale di lavanderia.

Infatti, per un verso, nei casi di «sostanziale sovrapposizione fra persona [e] attività economica», come nell’impresa individuale, il provvedimento interdittivo comprimerebbe direttamente il diritto al lavoro del suo destinatario. Tale diritto fondamentale riconosciuto a tutti i cittadini, e persino al detenuto a seguito di condanna, dovrebbe essere garantito a fortiori al soggetto interdetto per cui non vi è un accertamento di responsabilità penale.

Inoltre, per altro verso, il travolgimento dei titoli abilitativi di natura amministrativa per l’esercizio delle attività economiche prettamente privatistiche, che discende dall’interdittiva, comporta l’espulsione dell’imprenditore dal circuito dell’economia legale con pregiudizio non soltanto del diritto individuale costituzionalmente tutelato alla libertà di impresa, ma anche dell’interesse pubblico a sottrarre spazi di intervento e di influenza alle organizzazioni mafiose (si cita ancora la sentenza n. 180 del 2022 di questa Corte).

2.− Il Presidente del Consiglio dei ministri non è intervenuto in giudizio.

Considerato in diritto

1.− Il TAR Liguria dubita, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 4 e 41 Cost., della legittimità costituzionale dell’art. 92 del d.lgs. n. 159 del 2011, nella parte in cui non prevede in capo al prefetto, che emette l’informazione interdittiva, il potere di escluderne gli effetti che impediscono o pregiudicano l’esercizio delle attività imprenditoriali, se da essi derivi la mancanza di mezzi di sostentamento per il destinatario del provvedimento e per la sua famiglia.

Per il giudice rimettente, l’omessa previsione determinerebbe, in primo luogo, l’irragionevole disparità di trattamento dell’interdetto rispetto al destinatario delle misure di prevenzione personali, in favore del quale, invece, l’art. 67, comma 5, cod. antimafia riconosce all’autorità giudiziaria siffatto potere; in secondo luogo, vulnererebbe il diritto al lavoro e la libertà di iniziativa economica dell’imprenditore individuale.

2.− In via preliminare, occorre dare conto della circostanza che, poco dopo il deposito dell’ordinanza di rimessione (10 marzo 2025), il potere, di cui il rimettente censura la mancata attribuzione al prefetto, è stato assegnato a tale organo dall’art. 3, comma 1, lettera b), del decreto-legge 11 aprile 2025, n. 48 (Disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario), convertito nella legge 9 giugno 2025, n. 80.

Come espressamente indicato nella relazione illustrativa al disegno di legge di conversione, la disposizione è stata introdotta per dare seguito al monito espresso da questa Corte con la sentenza n. 180 del 2022, che, dopo aver riscontrato l’ingiustificata disparità di trattamento dell’interdetto rispetto al prevenuto, quanto al diverso regime giuridico della esclusione delle conseguenze “di natura amministrativa” che dalle due misure derivano, ha ritenuto che fosse rimessa alla discrezionalità legislativa la scelta della disciplina con cui rimediare a tale vulnus.

In particolare, il legislatore, con la su richiamata novella, ha inserito nel codice antimafia − di seguito all’art. 94, che stabilisce gli «[e]ffetti delle informazioni del prefetto» − l’art. 94.1, rubricato «[l]imitazione degli effetti delle informazioni del prefetto per le imprese individuali».

Tale disposizione ora prevede che il prefetto, «qualora ritenga sussistenti i presupposti per l’adozione dell’informazione antimafia interdittiva, può escludere uno o più divieti e decadenze previsti all’articolo 67, comma 1» quando dall’interdizione derivi la mancanza dei mezzi di sostentamento al destinatario e alla sua famiglia (comma 1). Il beneficio della modulazione degli effetti dell’interdittiva è concedibile «su documentata istanza del titolare dell’impresa individuale, all’esito di verifiche effettuate dal gruppo interforze istituito presso la prefettura competente» (comma 2).

L’introduzione dell’istituto non è stata accompagnata da una apposita disciplina transitoria, ma − secondo la prima giurisprudenza (TAR per la Sicilia, sezione prima, ordinanza 10 settembre 2025, n. 461 e TAR per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, sezione prima, ordinanza 4 settembre 2025, n. 796) e la prassi amministrativa (per esempio, provvedimento del Prefetto di Palermo 13 agosto 2025) − anche il destinatario delle informazioni antimafia emesse anteriormente all’entrata in vigore dell’art. 94.1 del d.lgs. n. 159 del 2011 ha facoltà di proporre istanza all’organo amministrativo per ottenere la limitazione degli effetti interdittivi in atto.

2.1.− Alla luce della descritta portata della novella, deve escludersi che questa dia luogo alla restituzione degli atti al giudice a quo per un nuovo esame della rilevanza e della non manifesta infondatezza delle questioni.

Benché, infatti, l’art. 94.1 cod. antimafia abbia certamente modificato in modo significativo il quadro normativo in cui si inserisce la disposizione censurata, la novella è ininfluente nella definizione del processo principale (tra le tante, sentenze n. 203 e n. 172 del 2024, n. 193 del 2022 e n. 253 del 2017).

Infatti, il TAR Liguria è chiamato a giudicare dell’impugnazione di un provvedimento prefettizio di informazione interdittiva antimafia e, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, lo ius superveniens che riguarda i «parametr[i] [e il] fondamento» del potere amministrativo esercitato (ordinanza n. 30 del 2024) non spiega effetti sul sindacato di legittimità degli atti dell’amministrazione. Questo, infatti, è sottoposto al principio del tempus regit actum e va, dunque, condotto in base alle norme vigenti al momento della loro adozione (ex plurimis, sentenze n. 172 del 2024, n. 227 del 2021, n. 170 e n. 7 del 2019 e n. 240 del 2018).

Inoltre, l’ordinanza di rimessione non riferisce che sia stata avanzata dalla ricorrente, né prima né durante il processo amministrativo, una apposita domanda al prefetto per limitare gli effetti interdittivi.

3.− Tanto premesso, le questioni sollevate sono inammissibili per difetto di rilevanza.

In particolare, il rimettente chiede l’addizione di una norma di cui non sarebbe chiamato a fare applicazione (tra le altre, sentenze n. 127 del 2025, n. 20 del 2019 e n. 177 del 2018; ordinanze n. 130 del 2021 e n. 259 del 2016), secondo quanto emerge chiaramente dal thema decidendum del giudizio a quo.

Infatti, l’ordinanza espone che i cinque motivi di impugnazione proposti dalla ricorrente vertono esclusivamente sulla illegittimità del giudizio prefettizio di sussistenza del tentativo di infiltrazione mafiosa nell’impresa, in base al quale è stato adottato il provvedimento interdittivo.

Diversamente, gli effetti fortemente pregiudizievoli della misura interdittiva di cui si è «altresì» lamentata l’imprenditrice − costituiti dall’inibizione dell’esercizio della sua attività commerciale che costituirebbe l’unica fonte per il sostentamento proprio e del figlio disabile – sono stati qualificati dal TAR rimettente come danno grave e irreparabile che ha giustificato la sospensione dell’informazione interdittiva nella già celebrata fase cautelare.

Ebbene, in tale quadro processuale, non supera il vaglio di plausibilità la motivazione sulla rilevanza, secondo cui, nonostante «l’impugnativa appa[ia] insuscettibile di accoglimento» per infondatezza dei motivi di ricorso, la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 92 del d.lgs. n. 159 del 2011 «comporterebbe l’annullamento dell’informazione interdittiva, adottata dall’autorità prefettizia senza valutare le conseguenze sui mezzi di sostentamento» che all’interdetta derivano in virtù delle decadenze e dei divieti che la legge riconnette all’emissione di quel provvedimento.

È dirimente, infatti, la considerazione che la norma di cui il rimettente invoca l’aggiunta (la previsione in capo al prefetto del potere di modulare l’efficacia del provvedimento interdittivo) non attiene alla valutazione discrezionale sulla sussistenza del rischio infiltrativo che costituisce uno dei presupposti per l’emissione dell’informazione antimafia (artt. 84, commi 3 e 4, 91, comma 6, e 92, comma 1, cod. antimafia), bensì riguarda la limitazione degli effetti che discendono dall’adottata interdizione (artt. 91, commi 1 e 1-bis, e 94, commi 1 e 2, cod. antimafia, nonché, secondo la corrente giurisprudenza amministrativa, art. 89-bis cod. antimafia).

Ma le norme sugli effetti della misura non sono quelle alla luce delle quali il TAR Liguria è chiamato a giudicare le censure proposte dalla ricorrente, proprio perché con queste è stato contestato solo l’an del provvedimento interdittivo e non la portata della sua efficacia.

Nella stessa prospettiva, deve escludersi ancora che il TAR possa d’ufficio dichiarare la nullità dell’informazione interdittiva ai sensi dell’art. 31, comma 4, dell’Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo): infatti, l’unica ipotesi in cui la giurisprudenza amministrativa riconosce che il provvedimento è nullo per «difetto assoluto di attribuzione» (art. 21-septies, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241, recante «Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi»), a causa del sopravvenire di una sentenza di illegittimità costituzionale di una disposizione che disciplina l’azione amministrativa, è quella in cui è caducata una norma che attribuisce il potere esercitato e non già quella in cui è colpita una norma che ne disciplina le modalità di esercizio (si vedano, tra le altre, Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 24 luglio 2025, n. 6603; sezione quarta, sentenza 3 marzo 2014, n. 993).

In conclusione, è evidente che, nella specie, è carente il necessario rapporto di strumentalità e di pregiudizialità tra la risoluzione del dubbio di legittimità costituzionale e la decisione della controversia oggetto del giudizio principale (ex plurimis, sentenza n. 249 del 2021; ordinanza n. 194 del 2022).

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 92 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136), sollevate, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 4 e 41 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sezione prima, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 ottobre 2025.

F.to:

Giovanni AMOROSO, Presidente

Filippo PATRONI GRIFFI, Redattore

Igor DI BERNARDINI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 28 novembre 2025

Il Cancelliere

F.to: Igor DI BERNARDINI


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